CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 678

Bruno Munari. Artista totale

“Un giorno sono andato in una fabbrica di calze per vedere se mi potevano fare una lampada – Noi non facciamo lampade, signore – Vedrete che le farete. E così fu”. A profetizzarlo (e a raccontare l’accaduto) con buona cognizione di causa, sia pure in un contesto quanto meno bizzarro, fu il grande Bruno Munari (Milano 1907 – 1998), che proprio utilizzando una maglia elastica tubolare prodotta nel calzificio di cui sopra, e che prendeva forma mediante l’inserimento di anelli metallici di vario diametro, disegnò e realizzò – nel ’64 per Danese- la lampada da soffitto “Falkland”, ancora oggi fra le più note del design italiano. L’ennesimo lampo di genio di un Maestro dalla poliedrica attività creativa, fra le figure più significative della cultura artistica internazionale del XX secolo, cui il Museo “Ettore Fico” di Torino dedica, fino al prossimo 11 giugno, un’importante rassegna espositiva curata da Claudio Cerritelli. Già il titolo – Bruno Munari. Artista totale – la dice lunga. In esposizione sono infatti oltre 300 opere che raccontano la multiforme ricerca e la mai doma voglia di sperimentazione di questo “leonardesco” artista. Al MEF, Munari viene infatti ricordato attraverso un ampio excursus delle sue operazioni creative: disegni, progetti, collage, dipinti, sculture, i suoi divertenti “libri illeggibili” (dove le parole spariscono fra carte dai colori diversi, con strappi, fori e fili che attraversano le pagine), oggetti di industrial design nonché esperienze di grafica editoriale e fantasiose proposte didattico- pedagogiche. Sono le tappe salienti di un lungo iter creativo, che corre dagli anni Trenta ai Novanta, solcate da un artista impossibile da etichettare in modo categorico e definitivo, pur raccontandone gli iniziali afflati astratti (nel ’48 fu fra i fondatori del MAC) e le premesse futuriste delle “tavole tattili” o della tempera “Futurista” del ‘31, sviluppate via via con fanciullesca lievità in “mirabilia” dal sapore quasi barocco: ecco allora le “sculture aeree” sospese nel vuoto, le “macchine inutili”, così come i “concavi-convessi” (nuvole in fil di ferro svolazzanti lungo i soffitti del corridoio museale), fino alle “sculture da viaggio” sfidanti la retorica della scultura monumentale. Opere in cui si fondono ironia, divertissement e quell’eterno spirito infantile che permette “di conservare– scriveva Munari – la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare”. Ben documentata anche la famosa serie “matematica” delle “Curve di Peano” del ’74 e il ciclo dei “Negativi-positivi” che lo impegna per quarant’anni, facendone una sorta di istrionico “operatore visivo”, creatore di effetti ottici mai univoci. Un autentico vulcano di idee. Ben attento, tuttavia, alla necessaria coesistenza di “regola” e “caso”, pur se capace di inventarsi qualcosa di sorprendente come le ludiche “Forchette parlanti”, o le “Scritture illeggibili di popoli sconosciuti” insieme a giochi grafici e ad altre “stramberie” quali la serie delle “cartoline modificate”. Un ricco campionario di oggetti che raccontano “meraviglie” mai più viste, inducendo a un sorriso che ci accompagna un po’ ovunque lungo gli spazi del Museo di via Cigna. In mostra c’è perfino un’improbabile “Sedia per visite brevissime”: nove esemplari progettati nel ’45 per la Zanotta, in noce lucidato a cera con intarsi e sedile in alluminio anodizzato. Particolarità più evidente: la seduta inclinata a 45° che probabilmente vuole proprio suggerire all’ospite poco gradito di non fermarsi troppo. Design? Gioco? O forse oggetto su cui impostare chissà quale diavoleria di disquisizione filosofica? Macché: la sedia di Munari “è intelligenza, è divertimento, è arte”. Poiché, come lui stesso ci insegna, “l’arte perde di significato proprio quando si cerca di capirla”.

Gianni Milani

***

“Bruno Munari. Artista totale”

Museo “Ettore Fico”, via Cigna 114, Torino, tel. 011/853065, www.museofico.it

Fino all’11 giugno

Orari: merc. – ven. 14 – 19, sab. e dom. 11 – 19

***

Nelle immagini:

I) Bruno Munari: “Positivo-Negativo”, 1995, collage e acrilico su cartone

II) Bruno Munari: “Scultura da viaggio”, 1959, cartoncino

III) Bruno Munari: “Futurista”, 1931, tempera su cartone
IV) Bruno Munari: “Sedia per visite brevissime”, 1945, noce e alluminio anodizzato

————————————————————————–

AL MEF ANCHE “PETROLIO” DI COSIMO VENEZIANO

Fino al 16 aprile il MEF ospita anche “Petrolio”, rassegna dedicata al giovane Cosimo Veneziano, moncalierese ma operante in Inghilterra, a Leeds. Ideate appositamente per gli spazi del Museo, le opere di Veneziano – presentate da Elena Forin – indagano il vasto universo di immagini del patrimonio sociale, architettonico e urbano, incentrandosi in modo particolare sulla natura dei monumenti e sulla loro identità contemporanea. Molto particolare é il corpus di disegni a china su feltro industriale che degli stessi monumenti prevedono la copertura parziale. Un atto di denuncia contro le barbarie umane e un invito al dialogo con la città.

g.m.

Stabile, Martone se ne va e arriva Binasco

Presentata al Carignano la stagione 2017/18


 

Una conferenza stampa “altra”, come credo non se ne fossero mai viste. Titoli, percentuali in crescita, parterre di attori, produzioni e ospitalità, ma in primo luogo s’è dovuto combattere con la lacrima che è lì lì per venir fuori, con il groppo in gola, con l’interruzione momentanea di una lettura, con l’abbraccio prolungato, con la pacca d’incoraggiamento o d’affetto: è il giorno finale di Mario Martone che, dopo dieci anni di fervore e a tratti di vera genialità, fa le valigie e passa il testimone a Valerio Binasco. Con un colpo basso, per legare il passato e il futuro, come da un cilindro, in maniera inaspettata, Filippo Fonsatti, direttore dello Stabile torinese – Teatro Nazionale, lancia sullo schermo alle sue spalle un’immagine che ritrae Martone e Binasco sul set di Noi credevamo, l’uno regista e l’altro attore pronto a raccogliere i suggerimenti: ed è un’immediata standing ovation. Dice oggi Martone: “Ciò che oggi mi colpisce è ricordare con quanta energia scrivevo il personaggio che Valerio avrebbe interpretato in Noi credevamo, come lo osservavo nel buio a prepararsi per la sua entrata in scena nell’Edipo a Colono, come ho pianto di commozione quando l’ho visto abbracciare, nei panni di Pietro Giordani, il giovane Leopardi sul set”. La staffetta è pronta, il testimone è già nell’altra mano. E ancora i ringraziamenti, a quanti l’hanno accompagnato in questi dieci anni, al gioco di squadra, a quella telefonata inattesa di Evelina Christillin, “io non avevo nessuna intenzione di tornare a dirigere un Teatro Stabile ma lei mi convinse, e oggi gliene sono profondamente grato; quando volevo lasciare lo Stabile qualche anno fa di nuovo mi convinse a restare, e di nuovo sono felice e grato di averla ascoltata”.

***

Poi si entra nell’ufficialità e Fonsatti snocciola dati su dati, che sono il fiore all’occhiello dell’Ente. Lo Stabile si conferma saldamente al secondo posto tra i Teatri Nazionali nella classifica ministeriale e per il decimo anno consecutivo il bilancio si è chiuso in pareggio a 12.825.488 euro, ai tagli dei trasferimenti agli enti locali si risponde con sempre maggior impegno e con la vicinanza della Città e della Regione, per il “raggiungimento di obiettivi ambiziosi”, utili anche a una prepotente ricaduta nello sviluppo del territorio: “A riprova di tale capacità – illustra Fonsatti – ora è ufficiale che il Teatro Stabile e la Scène Nationale de Chambéry et de la Savoie hanno vinto un bando europeo Interreg Alcotra aggiudicandosi un finanziamento di 1.650.000 euro sull’”Ricerca e innovazione”, che avrà una significativa ricaduta occupazionale”. E ancora, guardando ai recenti due anni, c’è stata una crescita di recite (da 315 a 354), con un aumento del 12,5%, il numero di biglietti venduti in sede e fuori cresce dell’8%, il fatturato per la vendita di spettacoli vede uno straordinario 85% in più, il numero degli abbonati continua a salire, da 17.579 a 18.381 ovvero del 4,5%, per finire con il dato riguardante il 2016, allorché per la produzione dei 14 titoli per le suddette 354 recite hanno lavorato per lo Stabile complessivamente 227 persone tra dipendenti, artisti e tecnici scritturati, essendo il 51% under 40. Se c’è una nota dolente, è l’aumento del costo degli abbonamenti del 7%, pur restando invariati i prezzi per gli studenti.

***

Per quando riguarda il cartellone, che porta il titolo di “Playlist”, si elencano 16 produzioni, di cui 5 nuove esecutive, 6 nuove coproduzioni e 5 riprese, con 29 spettacoli ospiti e 24 programmati per Torinidanza. Si prende il via il 9 ottobre con Disgraced del quarantasettenne pakistano Ayad Akhtar, interpreti Paolo Pierobon e Fausto Russo Alesi, per la regia dell’austriaco Martin Kušej, oggi direttore del Residenz Theater di Monaco di Baviera, un testo attualissimo, un atto unico che esplora temi come la libertà di parola e il bisogno di sentirsi integrati, vincitore del premio Pulitzer nel 2013. Ancora produzioni dello Stabile, da Binasco (a proposito, a chi stende queste note ha confessato in mattinata “ci divertiremo!”, con un sorriso stampato largo così), pronto a iniziare la propria avventura con il Don Giovanni di Molière (ad aprile), a Jurij Ferrini che proporrà le goldoniane Baruffe chiozzotte (tra novembre e dicembre), da Fabrizio Falco che, dopo le prove di Giordano (il loro Galois sarà ripreso al Gobetti nel mese di ottobre per partire poi in tournée in Italia) e di Leopardi, porta in scena L’illusion Comique di Pierre Corneille, capolavoro del teatro barocco, al Lewis Carroll di Alice nel paese delle meraviglie sotto lo sguardo di Marco Lorenzi. Per quanto riguarda le coproduzioni, Andrea De Rosa metterà in scena Le Baccanti con Cristina Donadio e attesissime, coprodotte con l’Odeon di Parigi, Les trois soeurs cecoviane, modernissime, uno spettacolo diretto dal trentatreenne di Basilea e talentoso Simon Stone, tra gli interpreti Valeria Bruni Tedeschi, reduce da quel capolavoro interpretativo che è la sua Beatrice nella Pazza gioia di Virzì e dalla vittoria del David di Donatello; e ancora la tragedia di Antigone riletta da Antonio Piccolo attraverso i sentimenti del cugino Emone, un omaggio a Gianmaria Testa con Da questa parte del mare proposto da Giuseppe Cederna e Giorgio Gallione, Mistero buffo di Fo in cui Eugenio Allegri dirigerà Matthias Martelli e i Marcido Marcidorjs che con la riscrittura di Marco Isidori porteranno in scena uno speciale Lear, schiavo d’amore.

 

***

Tra le riprese, l’applaudissimo Sindaco di rione Sanità eduardiano diretto da Martone (una lunga tournée da gennaio a maggio, “uno spettacolo che tutti i teatri ci hanno richiesto”, dice orgoglioso Fonsatti, e infatti Milano Napoli, Bologna, Firenze, Roma per dire dei maggiori), Il nome della rosa dal romanzo di Eco per la regia di Leo Muscato, che debutta al Carignano il prossimo 23 maggio, L’Arialda di Testori, regia di Valter Malosti, interprete la più che promettente Beatrice Vecchione. Lungo l’elenco degli ospiti: Liliana Cavani e la Filumena di Eduardo, Silvio Orlando, Carlo Cecchi che torna a Pirandello con Enrico IV, Lavia al Carignano con Il padre di Stridberg, Toni Servillo che dirige e interpreta Elvira riprendendo le “Sette lezioni” di Louis Jouvet sulla seconda scena del IV atto del Don Giovanni, Alessandro Gassmann regista di Qualcuno volò sul nido del cuculo, tratto dal romanzo di Ken Kesey e dalla sceneggiatura dell’indimenticabile film di Milos Forman. Per le feste natalizie arrivano con un brivido i Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, messi in scena dallo spagnolo Ricard Reguant con Ivana Monti, Luciano Virgilio, Carlo Simoni e Mattia Sbragia.

Elio Rabbione

 

Al Regio il “Flauto magico” di Mozart

Approda al teatro Regio di Torino martedì 16 maggio prossimo alle ore 20 il mondo della “Zauberoper”, ovvero dell’opera magica, che pervade il “Flauto   Magico” di Wolfgang Amadeus Mozart. Si tratta di un genere particolarmente amato dal pubblico tedesco e contraddistinto da una commistione dei temi magico, comico e tragico. La regia di Roberto Andò è ripresa da Riccardino Massa, direttore dell’Orchestra e Coro del Teatro Regio sarà un esperto conoscitore del repertorio austro-tedesco, Asher Fisch.

Il cast è di primo ordine, da Ekaterina Bakanova nel ruolo di Pamina a Markus Werba in quello di Papageno, da Elisabeth Breuer nei panni di Papagena a Antonio Poli in quelli di Tamino e di Olga Pudova in quelli della Regina della Notte. Il Flauto Magico di Mozart nasce proprio come Zauberoper e molte sono le fonti che lo ispirano, tra cui la più accreditata è “Lulu, ovvero il flauto magico” di August Jacob Liebeskind. Mozart compose l’opera per l’amico massone Emanuel Schikaneder, attore e impresario teatrale che gestiva il Theater auf der Wieden di Vienna, in cui avvenne il suo debutto, e che ne compose il libretto. Egli fu anche il primo interprete di Papageno. L’opera andò in scena a Vienna per la prima volta il 30 settembre 1791, due giorni dopo la stesura finale da parte del compositore della partitura dell’ouverture, con il solenne triplice accordo iniziale,   e compendia in sé diversi generi, da quello drammatico, essendo un’opera seria con accenti drammatici, a quello buffo, essendo un’opera ricca di manifestazioni di gioia, leggerezza e ironia. Ma risulta anche un’opera sacra, proto-romantica, un turbinio di registri cui Mozart è riuscito a conferire un’unità compiuta. Un altro suo aspetto rilevante è quello della possibilità di una sua lettura su diversi livelli: l’approccio più immediato è quello della fiaba, dato dalla storia che tradizionalmente si dipana tra dame da salvare, prove, imprevisti e numerosi elementi fantastici. Letture più raffinate colgono i riferimenti della storia di ispirazione illuminista nella contrapposizione tra la luna e il sole, il bene e il male, il vero e il falso. Infine sono noti i rimandi al mondo della massoneria e ai suoi riti di iniziazione con il ritorno continuo del numero 3, sia musicalmente sia nei personaggi, i simboli, i richiami alla fratellanza e all’evoluzione dell’uomo nel superamento delle prove.

Si narra che Mozart in letto di morte avesse chiesto che gli venissero cantate le arie di Papageno. Eugenio Montale ha ritenuto il Flauto Magico il “capolavoro poetico dell’Illuminismo”.

 

Mara Martellotta

 

I 30 anni di To7, giornale libero e aperto

di Pier Franco Quaglieni

Il venerdì le vendite de “La Stampa” hanno un’impennata. Molti che non comprano più il quotidiano di via Lugaro,non vogliono invece perdersi “Torino7” che compie oggi  30 anni di vita  e li festeggerà con un evento musicale importante in piazza San Carlo

Forse nessun giornale riuscirebbe ad affrontare oggi  lo spazio smisurato di quella piazza dove si tenevano grandi concerti al tempo del “Settembre musica “ e i grandi leader politici facevano i loro spettacolari comizi. E’ un supplemento  che ha decisamente  superato in vendite “Tuttolibri” che via via ha perso lo smalto che gli diede Carlo Casalegno e che ancora Bruno Quaranta aveva saputo mantenere.  L’attuale direttore è Cristina Caccia, giornalista colta, aperta, mite, figlia del magistrato Bruno Caccia ammazzato sotto casa nel 1983.Cristina fu la prima a vedere il padre in una pozza di sangue e portò via il cane che stava vicino a lui ed  abbaiava furiosamente. Un ricordo che segna la vita. Dopo trent’anni ,forse, un processo ci dirà chi furono gli assassini del Procuratore di ferro,nobile esempio della tradizione “sabauda” della Magistratura subalpina. L’inventore di Torino7 fu Franco  Pierini, creatore dei supplementi  del giornale durante la direzione di Giorgio Fattori. Era un uomo appartato e gioviale che veniva dalle fila della Resistenza, anche se non se ne vantava mai, come il mitico capo cronista Ferruccio Borio, un giornalista davvero fuori ordinanza. Era un piacere cenare con Pierini che , non torinese, era attento ad ogni aspetto della città ed aveva una conversazione molto piacevole. Nella creazione di Torino 7 ebbe un ruolo di primo piano Edoardo Ballone, responsabile della pagina “In città”, una novità per i quotidiani di quegli anni che  egli sapeva inventare ogni giorno con estremo equilibrio, spirito liberale, apertura. Era di madre viennese e ci teneva moltissimo alle sue radici ebraiche e mitteleuropee.

Aprì la pagina ai gay  in tempi in cui di questi temi proprio non si parlava. Era un uomo raffinato e colto. Non ebbe i riconoscimenti che meritava e morì ancora giovane. Oggi è dimenticato come Pierini. Gabriele Ferraris fu uno dei direttori più innovativi del supplemento  che “curò come un figlio”, per dirla con le sue parole. Ci sarebbero tanti altri nomi da ricordare ,a  partire da Alessandra Comazzi e il poliedrico Rocco Moliterni, ma l’importante è sottolineare che Torino7 ci dà ogni settimana il volto bello ed attrattivo della città. Una città policroma, viva, non condizionata dalla politica che spesso la degrada e la umilia.  Leggere Torino7 – a fianco di Cristina Caccia va ricordata la bravissima Alma Toppino- e’ un piacere a cui non so resistere anche quando sto lontano da Torino .Anzi, è un modo piacevole  per rimanere vicino ad un certo tipo di città, la 7 appunto,  che è l’unica che amo per la  ricchezza vitale delle sue proposte culturali, ma non soltanto culturali. Una volta andai a cercare, in fondo a corso Casale, un negozio che purtroppo non visse molto, dedicato agli amanti dei gatti. Senza To7 non lo avrei mai conosciuto. Articoli brevi, incisivi, spesso scritti da giovani capaci: uno per tutti, Marco Bobbio, il nipote del filosofo.Giovani disponibili, attenti, anche umili , pur nella loro bravura, che mettono entusiasmo  nello scrivere i loro pezzi, sempre precisi e puntuali. Anche il ricordo dei tempi passati di Torino, una rubrica seguitissima, si coniuga bene con le notizie sulle iniziative  promosse dai giovani che sono i primi lettori  di Torino7.Quei giovani che sembrano appiccicati solo al telefonino,amano To7. Gabriele Ferraris continua con la sua bella rubrica ad esprimere il suo dissenso verso le politiche  che non rispettano la vita culturale  torinese che Cristina Caccia fotografa , settimana dopo settimana, con obiettività e intelligenza. E’ quasi impossibile non trovare in quel supplemento un’iniziativa culturale promossa a Torino. E’  forse proprio questo il merito maggiore di “Torino7” che si è reso indispensabile per essere informati di tutto e di tutti in modo rapido e obiettivo.   

A Trieste, tra gli scaffali della libreria di Umberto Saba

La libreria antiquaria iniziò la sua attività al numero 30 di via San Nicolò, nel cuore di Trieste, nel 1904 con il nome del libraio-editore Giuseppe Mayländer e venne acquistata quindici anni dopo – nel 1919 – dal poeta Umberto Saba, diventando uno dei più importanti luoghi d’incontro gli intellettuali triestini. In quei locali, tra gli scaffali gonfi di libri e antiche carte, Saba s’incontrava con gli scrittori della “città dei venti” come Italo Svevo, Giani Stuparich e Virgilio Giotti, e altri autori come Carlo Levi e Giovanni Comisso. Così quella “strana bottega d’antiquario” che “s’apre, a Trieste, in una via secreta” dove “d’antiche legature un oro vario, l’occhio per gli scaffali errante allieta”, come la definì lo stesso Saba nel suo Canzoniere, entrò a far parte della storia letteraria della città dalla “scontrosa grazia”.
Varcarne la soglia, incontrare Mario Cerne – figlio di “Carletto”, il socio di Umberto Saba che ereditò la Libreria sessant’anni fa, alla morte del poeta, nel 1957 -, ascoltare i suoi racconti e perdersi tra i libri è un’emozione straordinaria, unica, intensa. La libreria oggi raccoglie un patrimonio unico, offrendo un’ampia scelta di libri antichi e rari, stampe e carte geografiche. La storia della “Libreria Antiquaria Umberto Saba“, il suo cammino “ atipico, complesso e complicato, ma a suo modo estremamente affascinante”,  è raccontato in un libro curato da Elena Bizjak Vinci e Stelio Vinci.
Dall’arrivo a Trieste da Pola del croato Mayländer nel 1904 – che intraprese l’attività di libraio, acquistando la sezione antiquaria della libreria Quidde – al trasferimento al pianoterra al “30” di via San Nicolò e alla cessione a Umberto Saba ( pseudonimo di Umberto Poli), le vicende di quello che il poeta descrisse come “l’antro oscuro” si affiancano alla storia di questa città di confine da sempre contesa. Tra le pareti della libreria, l’andirivieni degli “strani clienti” – come Saba usava chiamare i frequentatori dell’Antiquaria –, le chiacchiere e le ricerche di volumi e documenti prese forma una parte molto importante della vita intellettuale triestina. Da Mayländer al signor Stock ( imparentato con il fondatore della nota ditta di liquori, che Saba accettò come socio al cinquanta per cento all’inizio degli anni Trenta), fino al “commesso” Carlo Cerne, che riuscì a gestire con talento e oculatezza la libreria, ereditandola nel 1958,questa miscela di persone e storie ne ha fatto – in più di un secolo – un luogo di cultura unico e originale. Nella libreria, tra le varie pubblicazioni, non si può non acquistare la poesia “Trieste” , la prova del legame inscindibile del poeta  con la città dal grande fascino, sospesa tra il mare e l’asprezza delle colline carsiche. Scritta tra il 1910 e il 1912, “Trieste” è stata tradotta in una moltitudine di lingue e rappresenta la quintessenza di questa città in terra giuliana, al tempo stesso italiana, slovena e mitteleuropea. E’ un modo giusto per approssimarsi o concludere una visita alla libreria di Saba, “nutrendosi” con i versi che raccontano le piazze e le vie, le rive e il mare, dove soffia la bora e “ s’infrange l’ultima onda del Mediterraneo”.

Marco Travaglini

Oggi al Cinema

TUTTE LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 ***

A casa nostra – Drammatico. Regia di Lucas Belvaux, con André Dussolier e Émilie Dequenne. In una piccola città del Nord della Francia, la storia di Pauline, una infermiera a domicilio, divorziata, con due figli e vecchio padre a carico. Un partito di estrema destra la vorrebbe capolista alle municipali, lei, convinta per l’occasione di poter fare del bene alla sua gente, accetta. Tema attualissimo, racconto, nelle corde del regista, per scoperchiare i falsi metodi di rispettabilità e buone maniere che stanno da una certa parte politica: all’uscita francese ne febbraio scorso, grandi rimostranze nella destra; da noi “la Repubblica” gli ha riconosciuto uno sguardo “preciso e clinico” senza tuttavia nascondere il difetto “di essere troppo dimostrativo, troppo didascalico”. Durata 95 minuti. (Classico)

 

Adorabile nemica – Commedia. Regia di Mark Pellington, con Shirley MacLaine e Amanda Seyfried. Caratteraccio quello che sfodera Harriet, per questo ormai abituata a vivere in solitudine privata dell’affetto di tutti quanti, compreso quello della figlia. Niente di meglio che tramandare ai posteri un ricordo di sé un po’ più addolcito, grazie alle cure di una giovanissima giornalista, per il momento incaricata esclusivamente dei necrologi. Agli screzi iniziali subentrerà un rapporto forte e complice tra le due donne. Durata 108 minuti. (Romano sala 1)

 

Alien Convenant – Fantascienza. Regia di Ridley Scott, con Michael Fassbender, Katherine Waterston e Naomi Rapace. Il film è ambientato dieci anni dopo le azioni raccontate in “Prometheus” e racconta della missione di colonizzazione del pianeta Origae-6 da parte dell’astronave Convenant: raggiungerà a seguito di un’esplosione un luogo mai esplorato. Troveranno la carcassa di una nave aliena che nasconde al proprio interno il pericolo di mostruose creature. Durata 122 minuti. (Centrale V.O., Massara, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

L’altro volto della speranza – Commedia drammatica. Regia di Aki Kaurismaki, con Sherwan Haji. Khaled ha perso la propria famiglia nella violenza di Aleppo. Fugge e arriva a Helsinki nascosto nella stiva di un cargo, ma al rifiuto delle autorità di prendersi cura di lui preferisce la clandestinità. Mentre si mette alla ricerca della sorella salvatasi da quegli eccidi, trova rifugio nel ristorante di uno sperduto paese, di cui un commesso viaggiatore è appena venuto in possesso. Orso d’argento al FilmFest di Berlino. Durata 91 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Baby Boss – Animazione. Regia di Tom McGrath. Rivisto e rimpolpato per lo schermo da un breve racconto di Maria Fraaze, è la storia di un neonato e dello scombussolamento che procura in una coppia; ma è anche il racconto del rapporto che si instaura tra il bebè e il fratellino maggiore, prima di invidia e piccola cattiveria quotidiana, poi di immancabile affetto e solidarietà quando ci si trova a dover combattere il cattivo di turno. Durata 98 minuti. (Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Codice unlocked – Azione. Regia di Michael Apted, con Orlando Bloom, Michael Douglas, John Malkovic e Naomi Rapace. L’agente della CIA Alice Racine è stata relegata ad un lavoro di routine dopo che non è riuscita a sventare un attacco terroristico compiuto un paio di anni prima a Parigi. È durante l’interrogatorio di un terrorista che viene per caso a conoscenza di un nuovo attacco biologico che vedrà questa volta coinvolta la capitale inglese. Ha perso fiducia in se stessa, deve guardarsi da qualcuno che è pronto a eliminarla e soprattutto deve guardarsi dai colleghi che le stanno intorno per comprendere chi stia facendo il doppio gioco. Durata 98 minuti. (Ideal, Lux sala 2, Uci)

 

Le cose che verranno – Commedia drammatica. Regia di Mia Hansen Love, con Isabelle Huppert e André Marcon. Una insegnante di filosofia di un liceo parigino, di quelle che più che affidarsi ai sacri testi “insegnano ai giovani a pensare con le proprie teste”, due figli, al giro di boa dei sessanta, si ritrova a fare i conti con un marito che ha deciso di abbandonarla per una più giovane amante, l’età avanzata della madre con il bisogno continuo di attenzioni, un editore che non ha più bisogno di lei e dei suoi saggi. Con la vicinanza e la complicità intellettuale di un giovane ex studente, dovrà reinventarsi un percorso per il futuro. Durata 102 minuti. (Centrale, Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Famiglia all’improvviso – Istruzioni non incluse – Commedia. Regia di Hugo Gélin, con Omar Sy e Clémence Poésy. Ancora un’avventura per l’interprete un po’ sballato e dal cuore d’oro di “Quasi amici”. Questa volta, in quattro e quattr’otto, abituato all’allegria dell’animatore turistico, si ritrova padre di una neonata, sua figlia, il frutto di una relazione improvvisa quanto frettolosa. Che sulle prime non vorrebbe, ma poi l’amore di un padre ha il sopravvento e con l’amore i piccoli gesti della vita di ogni giorno: fino a che mamma, dopo otto anni, non si ripresenta l’uscio a reclamare la creatura. Con la vecchia domanda: di chi sono i figli, di chi li alleva o di chi li mette al mondo? Con la modernissima massima secondo cui l’amore c’è dove c’è famiglia. Durata 118 minuti. (Massaua, Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Chico, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Fast&Furious 8 – Azione. Regia di F. Gary Grey, con Vin Diesel , Michelle Rodriguez, Helen Mirren e Charlize Theron. Arrivata all’ottavo episodio, lasagna sembra non voler assolutamente tirare i remi in barca. Il pubblico applaude e si va avanti. Panorami che si chiamano New York o L’Avana o la lontana e fredda Siberia, macchine di ogni tipo, velocità e corse a più non posso, l’immancabile cattivo che ha i tratti biondi e gentili della Theron. Durata 128 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

Gold – La grande truffa – Commedia drammatica. Regia di Stephen Gaghan, con Matthew McConaughey, Edgar Ramirez e Bryce Dallas Howard. Ispirato a una storia vera, il film è la storia di un uomo, Kenny Wells, che nella giungla del Borneo in Indonesia stringe un patto con geologo, convinto costui di aver individuato una preziosa vena d’oro. Malaria e problemi con gli operai non lo distoglieranno dal suo sogno: ma dovrà ben presto accorgersi che non è certo tutto quell’oro a creare la sua nuova felicità. Durata 120 minuti. (Eliseo Rosso, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Guardiani della Galassia vol. 2 – Fantasy. Regia di James Gunn, con Chris Pratt, Kurt Russell e Zoe Saldana. Torna l’agguerrito gruppo del capitolo numero uno, squadra che vince non si cambia, con un bel guadagno alle spalle e tanta voglia di mettere in cantiere il capitolo numero tre. Adesso ecco la scoperta del padre di Star-Lord, l’aggiunta di qualche personaggio nuovo di zecca, ancora divertimento ed effetti speciali, colonna sonora roboante e accattivante. Durata 137 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

La guerra dei cafoni – Commedia. Regia di Davide Barletti e Lorenzo Conte, con Claudio Santamaria, Ernesto Mahieux e Leonardo Morello. A Torrematta, nel Salento degli anni ’70, territorio selvaggio e sconfinato in cui non vi è traccia di adulti, ogni estate si combatte una lotta tra bande: da una parte i figli dei ricchi, i signori, e dall’altra i figli dei poveri, i cafoni. A capo dei rispettivi schieramenti si fronteggiano il fascinoso Francisco Marinho e il torvo Scaleno. Quell’anno i cafoni decidono di ribellarsi alla supremazia dei signori: i simboli del potere sono presi di mira e poi letteralmente attaccati, trasformando lo scontro in una vera e propria guerra di conquista. Mentre nascono alla vita adulta, alle spalle di tutti i giovani protagonisti, muore un’epoca; e con essa l’ultima occasione per combattere una guerra fatta sì di violenza, ma anche di epica e di poesia. Dall’omonimo romanzo di Carlo D’Amicis. Durata 97 minuti. (F.lli Marx sala Chico)

 

Insospettabili sospetti – Commedia. Regia di Zach Braff, con Michael Caine, Morgan Freeman, Alan Arkin e Ann-Margret. Tre amici, tutti intorno agli ottanta, una vita di lavoro. Un bel giorno scoprono che la società per cui hanno lavorata è stata venduta all’estero, la loro pensione non esiste più e la banca con i loro risparmi ha fatto quel che ha voluto. L’assistere ad un colpo in banca spinge i tre ad una più che immediata imitazione. Ma sarà facile per questi onesti e vitali vecchietti trasformarsi in altrettanti svaligiatori? Nel momento cruciale avranno sul viso non le maschere dei presidenti americani in perfetto stile “Point Break”, bensì quelle di un altro celebre trio: Frank Sinastra, Dean Martin e Sammy Davis jr. Durata 96 minuti. (Massaua, Uci)

 

King Arthur – Il potere della spada – Avventura. Regia di Guy Ritchie, con Charlie Hunnam, Eric Bana e Jude Law. Il regista che ha riletto il mito di Sherlock Holmes, nel suo personale e scanzonato modo di fare cinema, va diritto adesso al medioevo di Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda, dall’assassinio del padre, il buon re Uther, ad opera del cattivo fratello Vortirgern, alla crescita del ragazzo e del suo desiderio di vendetta, dagli insegnamenti dei maghi ai poteri della famosa spada Excalibur. Durata 126 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci anche in 3D e V.O.)

 

Lasciati andare – Commedia. Regia di Francesco Amato, con Toni Servillo, Veronica Echequi e Carla Signoris. Costretto per problemi di salute a frequentare una palestra, lo psicanalista Elia. Qui incontra una petulante personal trainer e il di lei fidanzato piuttosto in debito con la legge, lasciata a casa la ex moglie che si è sempre presa cura di lui. Durata 102 minuti. Da saggiare Servillo, stranamente e inaspettatamente in veste divertente. (Ambrosio sala 3)

 

Libere, disobbedienti, innamorate – Commedia drammatica. Regia di Maysaloun Hamoud, con Sana Jammelieh, Shaden Kamboura e Mouna Hawa. Tre donne palestinesi, immigrate a Tel Aviv, Leila avvocato penalista single, Noor musulmana osservante, Salma per la sua omosessualità in contrasto con la famiglia cristiana. Tra idee, amori e vita sociale, tre esistenze che significano l’abbandono di una cultura per avvicinarsi ad un’altra, traducessi e sconfitte. Soltanto la solidarietà tutta femminile riuscirà a salvare le tre donne. Durata 96 minuti. (Massimo sala 1 V.O.)

 

Monster Trucks – Fantasy. Regia di Chris Wedge, con Jane Levy e Lucas Till. Un ragazzo, studente liceale, Tripp, costruisce un’auto con pezzi provenienti da vecchi rottami, mentre scopre una strana creatura del sottosuolo che ama la velocità. Durata 104 minuti. (Uci)

 

On the Milk Road – Drammatico. Regia di Emir Kusturica, con Monica Bellucci e Emir Kusturica. Il regista descrive la sua terra, dove tutto sembra essere violenza, dove si combatte e si tenta di sopravvivere: al centro lui, un poeta, che l’attraversa in una sorta di magica poesia a cavallo di un asino, e con lui la bellezza della Bellucci. Durata. 125 minuti. (Massimo sala 2 anche in V.O.)

 

Qualcosa di troppo – Commedia. Regia di Audrey Dana, con Christian Clavier e Audrey Dana. Jeanne si è appena separata dal marito, vede i figli ogni due settimane, sul lavoro è un ingegnere edile di scarso successo: con l’esistenza che conduce, è chiaro che il mondo maschile sia il suo primo bersaglio. Ma in una notte buia e tempestosa proprio lassa esistenza cambia: al suo corpo femminile s’aggiungerà qualcosa di davvero inaspettato. Un pene. Al di là dello shock iniziale, Jeanne imparerà a conviverci, con i vantaggi e gli svantaggi, provando a far parte anche lei di quel genere odiato. Durata 95 minuti. (Greenwich sala 2, The Space, Uci)

 

Sole cuore amore – Commedia drammatica. Regia di Daniele Vicari, con Isabella Ragonese, Francesco Montanari e Eva Grieco. Dal litorale romano, ogni giorno Eli parte per raggiungere con i mesi pubblici il bar del Tuscolano dove lavora, dove il padrone sottolinea i ritardi con un taglio sulla busta paga. Eli che è orfana, sposata con quattro figli e un marito disoccupato, e un’amica del cuore, Vale, di professione danzatrice, pronta a esibirsi in discoteca. Caratteri diversi, la stessa lotta per tirare avanti, la solidarietà e una montagna di affetto per costruirsi una vita, giorno dopo giorno. Durata 112 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Song to song – Drammatico. Regia di Terence Malick, con Ryan Gosling, Michael Fassbender, Rooney Mara, Natalie Portman e Cate Blanchett. Nella cornice di Austin, la storia del discografico Fassbender, del compositore Gosling e della giovane Mara che scrive canzoni, un triangolo amoroso, il coinvolgimento della giovane cameriera Portman, il mondo musicale a far da cornice, Patti Smith e Iggy Pop compresi, i sentimenti, la religiosità, ancora uno studio sull’amore. Il tutto nello sguardo rarefatto del regista di “Tree of Life” e si “Knight of Cups”. Durata 145 minuti. ( F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 1, ReposiThe Space, Uci)

 

La tenerezza – Drammatico. Regia di Gianni Amelio, con Renato Carpentieri, Elio Germano, Giovanna Mezzogiorno, Greta Scacchi e Micaela Ramazzotti. Tratto dal romanzo “La tentazione di essere felici” di Lorenzo Marone, è la storia di Lorenzo, un avvocato ultrasettantenne, vedovo, e del suo non-amore nei confronti dei figli, dei loro rapporti cancellati da anni. Qualcosa di nuovo sembra nascere nell’animo dell’uomo quando fa la conoscenza dei suoi nuovi vicini di casa, una coppia in apparenza serena, e dei loro bambini. Durata 103 minuti. (Ambrosio sala 1, Due Giardini sala Nirvana, Romano sala 2)

 

The circle – Drammatico. Regia di James Ponsoldt, com Tom Hanks e Emma Watson. La giovane Mae Holland viene assunta presso una potente azienda di comunicazioni, con grande successo: ma la situazione si può complicare pericolosamente se, dopo aver sottoscritto l’invito a eliminare la propria privacy per essere visibile in rete 24 ore su 24, la sua libertà è annientata e lei altro non è che in potere del grande capo Tom Hanks, capace di distruggere chiunque – anche le persone che alla ragazza sono più vicine – tenti di sottrarsi alla sua volontà e ai suoi disegni. Durata 110 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Rosso, The Space, Uci)

 

Tutto quello che vuoi – Commedia. Regia di Francesco Bruni, con Giuliano Montaldo, Donatella Finocchiaro e Andrea Carpenzano. Tratto liberamente dal romanzo “Poco più di niente” di Cosimo Calamini, è la storia del giovane Alessandro, romano di Trastevere, che vive le proprie giornate tra il bar, lo spaccio e l’amante che è la madre di un suo amico. Sarà l’incontro con un “non più giovane” poeta dimenticato a fargli riassaporare socialmente e culturalmente il gusto per la vita, in un bel rapporto che si va a poco a poco costruendo, senza lasciarsi alle spalle tutta la rabbia e quella speranza che i due si portano inevitabilmente appresso. Durata 106 minuti. (Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho, Reposi, Uci)

 

Una settimana e un giorno – Drammatico. Regia di Asaph polonski, con Sharon Alexander, Stai Avivi e Evgenia Dodina. Eyal e Vicki hanno trascorso la rituale settimana di lutto per la morte del giovane figlio prevista dalla religione ebraica. Quando lui si reca alla clinica per malati terminali per recuperare una coperta che apparteneva al giovane scomparso, trova una confezione di marjuana per uso medico: deciderà di appropriarsene e chiederà al figlio del vicino di casa di aiutarlo a farne uso. Durata 98 minuti. (Romano sala 3)

 

Virgin Mountain – Commedia drammatica. Regia di Dabur Kari, con Gunnar Jonsson e Siguriòn Hjartansson. Fùsi è un quarantenne che deve ancora trovare il coraggio di entrare nel mondo degli adulti. Conduce una vita monotona, dominata dalla routine. Nel momento in cui una donna con la sua bambina di otto anni entrano inaspettatamente nella sua vita, Fùsi è costretto ad affrontare un grande cambiamento. Durata 94 minuti. (Classico)

 

Il dramma dei migranti nelle foto di Paolo Pellegrin

 

“Proteggere i migranti è un imperativo morale”. Accoglierli, proteggerli, promuoverne l’integrazione: rimbalzano tristemente a vuoto le parole pronunciate da Papa Francesco al recente Forum Internazionale su “Migrazione e pace”, di fronte agli scatti in bianco e nero di Paolo Pellegrin, raccolti in anteprima mondiale nella mostra “Frontieres”, ospitata al Forte di Bard in collaborazione con l’Agenzia Magnum Photos di Parigi, in cui il fotografo romano (classe ’64, oggi residente a Londra) racconta il dramma dei viaggi della speranza di miglia e migliaia di migranti in fuga alla ricerca di un futuro migliore e di una vita – parola grossa su quei barconi maledetti dondolanti nelle acque di un mare che spesso per loro scrive solo pagine di morte – che sia possibile vivere in modo minimamente dignitoso.

Quanto lontane e, dai più, inascoltate ci accorgiamo essere allora le parole del Pontefice, allorché si va a cozzare (e l’impatto è davvero violento) in quei corpi sfiniti e ammassati gli uni sugli altri –così intensamente fermati nelle immagini di Pellegrin – in quelle braccia e in quelle mani protese alle corde di salvataggio o in quegli occhi senza vita che guardano il nulla alla ricerca di volti, storie e paesaggi perduti per sempre! L’orrore delle traversate del Mediterraneo in balia delle onde e trafficanti di essere umani senza scrupoli, l’esperienza degli sbarchi dopo le operazioni   di salvataggio di “Medici senza Frontiere” e la problematica permanenza nei Centri di accoglienza: su questi tre aspetti si sofferma il reportage esclusivo di Paolo Pellegrin realizzato nel 2015 e prodotto site specific per le sale espositive dell’“Opera Ferdinando”, il nuovo “Museo delle Fortificazioni e delle Frontiere” inaugurato lo scorso 30 aprile al primo livello della rocca fortificata di Bard. Fra i più importanti fotoreporter a livello mondiale, Pellegrin (che oltre ad essere membro di Magnum Photos, lavora con le più affermate testate internazionali e può vantare, in un palmarés d’eccezione, ben dieci “World Press Photo” oltreché la Medaglia d’oro “Robert Capa”) documenta nei suoi scatti i fatti di cui è testimone con acuto taglio giornalistico, ma soprattutto vuole interpretare la tragicità del fenomeno migratorio – che non si arresterà, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, prima del 2050 – attraverso la sua esperienza di essere umano. “Quella che mi interessa di più – ricorda – è una fotografia non finita, dove chi guarda ha la possibilità di cominciare un proprio dialogo…Io presento la domanda che mi sono fatto davanti ai morti, alle guerre, alla sofferenza, poi lascio spazio ad ognuno perché si interroghi, perché si faccia un’idea”. E questa ha da essere la giusta chiave di lettura della mostra al Forte, dove la maggior parte delle foto esposte racconta la situazione sull’isola greca di Lesbo, in cui, secondo i dati dell’ “Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati” (UNHCR), sono sbarcati più di 500mila degli 850mila migranti arrivati in Grecia nel corso del 2015. Senza possibilità di ritorno per molti. E con prospettive future assolutamente incerte. Emblematico, in questo caso, lo scatto dedicato al giovane Walid, 24enne fuggito da Raqqa in Siria, ritratto a Kos, con i pugni stretti ai fianchi ed incappucciato per non essere riconosciuto, evitando così ripercussioni sulla sua famiglia, rimasta a casa. Metterci di fronte a Walid e alla sua storia dovrebbe indurci a riflettere, e non solo (quando va bene) ad elargire facili pietismi, sul senso di “responsabilità” cui ognuno di noi è chiamato a rispondere al cospetto del dolore e del bisogno altrui. “Incontrare l’altro – scrive giustamente Enzo Bianchi – non significa farsi un’immagine della sua situazione, ma assumersi una responsabilità senza attendersi reciprocità, fino all’ardua ma arricchente sfida di una relazione asimmetrica, disinteressata e gratuita. Solo così la vicenda dell’incontro con lo straniero si fa occasione di umanità per tutti”. E su questa linea, la mostra di Pellegrin potrebbe indurci non solo a considerazioni puramente tecnico-estetiche sulle opere esposte, ma anche all’assunzione di concetti mentali e decisioni esistenziali assolutamente imprevedibili. Forse impensabili.

Gianni Milani

“Paolo Pellegrin. Frontieres”

Forte di Bard (Aosta); tel. 0125/833811 – www.fortedibard.it

Fino al 26 novembre

Orari: da mart. a ven. 11-18; sab. dom. e festivi 11-19; lun. chiuso

Credits: Paolo Pellegrin/Magnum Photos

 

 

Salone Off 2017, presentato il programma: oltre 500 eventi in 250 luoghi e 10 comuni 

 

Dalla «Città della Poesia» a quella della solidarietà: incontri, concerti, letture in luoghi aulici e non convenzionali per un vero «Salone parallelo»

 

È stata presentata stamane nello spazio Ex Incet di via Cigna 96/17 a Torino la 14a edizione del Salone Off, che espande il programma del 30° Salone in tutta la città di Torino e in 10 località dell’area metropolitana. Sono intervenuti il Presidente della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, Massimo Bray, il Vice-Presidente Delegato Mario Montalcini, l’Assessora alla Cultura della Città di Torino Francesca Leon, il Direttore editoriale del Salone Nicola Lagioia, e il Vice-Direttore editoriale e curatore del programma del Salone Off, Marco Pautasso, che ha illustrato il ricco cartellone della manifestazione. Ha introdotto la Presidente della Circoscrizione 6 della Città di Torino, Carlotta Salerno. Il Salone Off 2017, come l’ha definito l’Assessora Leon, è un vero «Salone parallelo», con oltre500 eventi in tutte le otto Circoscrizioni di Torino e 10 Comuni della Città Metropolitana: incontri con l’autore, reading, concerti, dj set, spettacoli teatrali, presentazioni e dibattiti. Quasi tutto a ingresso gratuito. Da quest’anno il Salone al Lingotto chiude i battenti alle ore 20.00. E la festa si sposta immediatamente in tutta la città. In centro, in periferia, in luoghi aulici e luoghi insoliti, con un programma serale in compagnia di grandi artisti. Spazio anche alla solidarietà con le letture e gli incontri organizzati in sei ospedali torinesi e il progetto Voltapagina in quattro Istituti carcerari del Piemonte. Tra le location del Salone Off molti luoghi  insoliti: dalla mongolfiera Turin Eye, al sommergibile Provana al Parco del Valentino e al Cimitero Monumentale. Qui Paolo Nori propone di sera una lettura tratta da ‘La dama di picche’ di Puskin in una  seduta spiritica per ‘riportare in vita’ lo scrittore.

 

(foto: il Torinese)

Psychiatric, il circo speciale torna a Torino

Dopo il grande successo di due anni fa, torna  lo show della compagnia teatrale che ha fatto impazzire tutta Italia. Promozione iniziale: venerdì 12 e sabato 13 maggio biglietti a 10 euro –

 

 

Da venerdì 12 maggio a domenica 4 giugno 2017 ritorna in Piazza d’Armi a Torino Psychiatric, lo spettacolo di circo-teatro rivelazione dell’anno. Dopo il grande successo di due anni fa e dopo un tour per tutta Italia, lo spettacolo che racconta le terrificanti vicende del manicomio di Bergen torna a Torino e lo fa in una nuovissima veste, ricca di sorprese e novità. I primi due giorni di programmazione, venerdì 12 e sabato 13 maggio, gli spettatori potranno ottenere un ingresso a 10 euro, inviando una mail con il nominativo e la scelta del giorno all’indirizzo di posta psychiatricgoa@libero.it.

Psychiatric è uno spettacolo di circo-teatro ideato dalla storica famiglia circense Bellucci-Medini. Un evento folle e divertente, con artisti di altissimo livello che porteranno in scena giochi di incastri tra acrobatica al suolo,verticalismo, danzacontorsionismo, e folle comicità per regalare agli spettatori risate a crepapelle. Rispetto a due anni fa, lo spettacolo si è arricchito di nuovi attori, artisti e comici, andando a formare un cast internazionale.

Psychiatric è ambientato negli anni Cinquanta e racconta la vita all’interno delmanicomio cattolico di Bergen, in Germania, gestito da Padre Josef, dottore e direttore, e dalle sue fedeli suore. Uno spettacolo di circo-teatro che si ispira alle suggestioni del Cirque du Soleil, un evento psicotico, un viaggio nella follia, un luogo in cui il senso delle cose è totalmente capovolto. «Si tratta di uno spettacolo dalle tinte forti che racconta, con il filtro dell’arte, quello che purtroppo è realmente accaduto nei manicomi – spiegano gli organizzatori –  il nostro intento non è la riflessione profonda, non sarebbe la nostra competenza. Il nostro obiettivo è coinvolgere il pubblico e soprattutto divertire. Torniamo a Torino con un cast più ricco e tante nuove idee da offrire agli spettatori, a partire dallo strambo personaggio di Suor Graziella, che siamo certi vi stupirà!».

 

Traendo ispirazione dai più celebri horror della storia del cinema e da serie TV come American Horror Story, e unendo questi spunti alla creatività e alla libertà, a volte dissacrante, del circo e del teatro, Psychiatric si propone al pubblico italiano ed europeo come una novità assoluta. Tanta interazione con il pubblico, per un evento ricco di colpi di scena, divertente e unico, con una colonna sonora pop-rock.

Per i suoi contenuti forti, lo spettacolo è vietato ai minori di 14 anni.

 Orari di programmazione: dal lunedì al sabato alle ore 21.30 (esclusi i martedì e mercoledì, giorni di riposo), la domenica alle ore 19.30.

 ***

BIGLIETTI disponibili in prevendita  www.ticketone.it , e direttamente alla cassa prima degli spettacoli.

VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=LmtTFR5T4Uw

INFORMAZIONI: www.psychiatricircus.com

Le storie tra laghi e monti

Il comune di Torre Canavese organizza, Venerdì 12 Maggio 2017,alle21.00, presso la Pinacoteca Comunale “Raissa Gorbaciova” ( Via Balbo 26) una serata letteraria. Nel corso dell’iniziativa, intitolata “La curva dei persici, il tempo dei maggiolini”, saranno presentate le storie “tra laghi e monti” di Marco Travaglini. Modererà la giornalista e scrittrice canavesana, Barbara Castellaro. Ne “La curva dei persici”, vengono narrate le storie di un gruppo di amici e di un luogo molto speciale, sul lago d’Orta. Un luogo immaginario, sospeso nel tempo, dove la vita scorre tra grandi e piccoli avvenimenti. Il lago di cui si racconta è battuto dal vento fresco delle Alpi, dove si assiste al cambiamento di colore delle acque o al transito dei battelli, al nascere e al morire di una stagione, alle piogge invernali e al comparire della neve sui monti. Ne “Il tempo dei maggiolini”  l’autore riporta alla memoria il passato, ai giorni dell’infanzia, della giovinezza, a tempi meno facili ma più ricchi di semplicità, di saggezza antica, di rapporto umano. Gli anni delle case di ringhiera, dei grandi prati non ancora invasi dal cemento; delle quattro stagioni; delle primavere verdi punteggiate di rondini e maggiolini; delle serate estive sfolgoranti di lucciole, sull’aia o davanti alla calma scura del lago ( in questo caso il Maggiore)  ancora impregnato dei caldi profumi del giorno e delle creme solari. Marco Travaglini, nato a Baveno, sul lago Maggiore vive attualmente a Torino. Giornalista, autore di narrativa e saggistica, fa parte del GISM, il gruppo italiano scrittori di montagna.