CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 676

Focus young arab coreographers

Prima tappa: Torino INTERPLAY/17 – 26- 27 Maggio 2017
Parte ufficialmente da Torino il 26 maggio il progetto internazionale di danza contemporanea FOCUS YOUNG ARAB CHOREOGRAPHERS, mirato al dialogo interculturale tra gli artisti arabi e le realtà del territorio italiano sviluppata, con ben 11 festival-partner della nostra penisola, attraverso momenti di incontro, sessioni di lavoro e serate di spettacolo.

Selezionati all’interno della BIPOD/Beirut international platform of dance, in collaborazione con la Maqamat Dance Theatre di Beirut, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBACT) e il Ministero degli Affari Esteri (MAE), sei giovani coreografi, tutti provenienti da paesi del bacino del Mediterraneo, sperimenteranno i propri lavori di ricerca presentando in spazi e contesti molto diversi tra di loro: un tour che toccherà ben 9 regioni italiane. Nell’ambito del festival INTERPLAY/17 – Festival Internazionale di Danza Contemporanea (Direzione artistica Natalìa Casorati, a cura di Associazione Mosaico Danza), saranno tre gli artisti che il 26 e 27 maggio p.v. daranno vita alle proprie performance e incontreranno studenti, docenti e coreografi tramite incontri e masterclass. Alle Fonderie Teatrali Limone, venerdi 26, a partire dalle 21 avranno luogo ben tre prime nazionali: Time Takes The Time Time Takes (TTTTTT), del libanese Guy Nader, progetto che nasce dall’ammirazione per il ritmo e la musicalità creati dai movimenti, basandosi sul concetto di tempo-ripetizione; Under the flesh del libaneseBassam Abou Diab, una visione ironica personale della guerra, da chi l’ha vissuta, attraverso alcune strategie di sopravvivenza; Tu Meur(S) De Terre del tunisino Hamdi Dridi, una danza fisica dei ricordi che ricostruisce la figura del padre imbianchino nel suo luogo di lavoro, un duetto sinfonico in cui il dolore della malattia si trasforma in una poesia incantata. A seguire si terrà un incontro tra il pubblico e gli artisti ospiti in collaborazione con il DAMS/UniTO coordinato dal Prof. Alessandro Pontremoli. Il giorno successivo, presso la Sala Grande Stireria della Lavanderia a vapore di Collegno verranno invece organizzate due masterclass (iscrizione obbligatoria al sitonuovaofficinadelladanza.org) con Bassam Abou Diab e Guy Nader. Il percorso artistico dei giovani coreografi e danzatori arabi proseguirà poi a Firenze, dal 28 al 30 maggio, nell’ambito di FabbricaEuropa Festival.

PROGRAMMA FYA/INTERPLAY

Venerdì 26 maggio
FONDERIE TEATRALI LIMONE
Via Pastrengo, 88, 10024 Moncalieri TO

ORE 20.00
Aperitivo + Dj Set

ORE 21.00
PRIMA NAZIONALE
TIME TAKES THE TIME TIME TAKES (60’)
GN|MC Guy Nader|Maria Campos (LB/ES)
Coreografia di Guy Nader | Maria Campos
Con Maria Campos, Guy Nader, Magí Serra, Sol
Vazquez, Lisard Tranis
Musiche Miguel Marin
Disegno luci Israel Quintero e Lidia Ayala
Tecnico luci Jordi Baldó / Costumi Viviane Calvitti, GN|MC
Produzione Raqscene
Coproduzione Mercat de les Flors
Con il supporto di Graner fàbrica de creació, L’Estruch, CO2
Festival/Maqamat, La Caldera, Paso a 2 e Universidad CarlosIII
In collaborazione con il Dipartimento della Cultura –
Generalitat de Catalunya
Prima fase di creazione Francesco Barba, Charlotte Mathiessen
Spettacolo premio del pubblico al Festival
Internacional de Teatro y Danza di Huesca 2015
Coreografo vincitore MasDanza15 Gran Canaria 2010

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PRIMA NAZIONALE
UNDER THE FLESH (15’)
Bassam Abou Diab (LB)
Di e con Bassam Abou Diab
Musiche ed esecuzione live Samah Tarabay
Artista affiliato a Maqamat Beit el Raqs

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PRIMA NAZIONALE
TU MEUR(S) DE TERRE (30’)
Hamdi Dridi (TN/FR)
Di e con Hamdi Dridi
Coreografo vincitore del Primo Premio della Giuria Les
Hivernales d’Avignon 2014-15

Dopo gli spettacoli seguirà un incontro tra il pubblico e gli artisti ospiti in collaborazione con il DAMS/UniTO coordinato dal Prof. ALESSANDRO PONTREMOLI

Sabato 27 maggio
LAVANDERIA A VAPORE COLLEGNO (SALA GRANDE STIRERIA)
Corso Pastrengo, 51, 10093 Collegno TO

PROGETTI DI FORMAZIONE
MASTERCLASS con gli ARTISTI OSPITI DI INTERPLAY
in partnership con ICD/Programma internazionale di danza contemporanea
promosso da NOD/Nuova Officina della Danza di Silvana Ranaudo
Info e iscrizioni su: nuovaofficinadelladanza.org

ORE 11.30 – 13.30
BASSAM ABOU DIAB (LB)
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ORE 13.30 – 15.30
GUY NADER (LB/ES)

“Maraviglioso Seicento”

A Carmagnola, in Palazzo Lomellini, opere da una collezione privata piemontese

Carmagnola (Torino)- Meraviglioso. Anzi, “Maraviglioso Seicento”. Non poteva scegliersi attributo più calzante (“maraviglioso, per l’appunto, con quella piena e perfino ingombrante “a” che amplifica il concetto del termine) per titolare la mostra ospitata, fino al 16 luglio, nelle sale di Palazzo Lomellini, insieme alla Casa Cavassa fra i più interessanti edifici storici di Carmagnola, nel torinese. E per qualificare in modo netto opere – nature morte, ritratti e paesaggi- che di quel secolo e della sua arte, dopo il manierismo di fine Cinquecento, ne esprimono tutta la voglia di stupire, di creare “mirabilia” e di esagerare in bizzarrie ed eccessi formali, che gli incollano addosso la definizione (con valenze del tutto negative già a partire dal Settecento e riviste solo in tempi moderni con maggiore benignità) di “Barocco”: dall’antico spagnolo “barrueco” o dal francese “baroque”, ovvero “perla di forma inconsueta”.

 

Traduzione che ben inquadra la cifra stilistica degli artisti di un’epoca che fu anche e soprattutto quella della Controriforma cattolica che alla grande influì pure in campo artistico-culturale, oltreché politico e sociale. Come dimostrano la grandiosità e la sacralità di molte delle quarantaquattro opere esposte a Palazzo Lomellini, in una rassegna curata con passione e certosina cautela da Elio Rabbione (in stretta collaborazione con il Comune carmagnolese e un buon numero di Associazioni locali, fra cui la neonata “Amici di Palazzo Lomellini”) e concretamente realizzata grazie alla preziosa disponibilità di un importante collezionista piemontese, Roberto Rubiola, che generosamente ha messo a disposizione per l’evento parte delle opere seicentesche di sua proprietà, appartenenti a una raccolta “che non sceglie – precisa Rabbione – di accostare in principal modo nomi di primissimo piano da chiunque già frequentati nei vari musei italiani ed esteri, ma che dà spazio, in un ventaglio di proposte quanto mai ampio e ricco di confronti, a quegli artisti che qualcuno potrebbe definire troppo velocemente come minori”. La mostra di Carmagnola rappresenta dunque un viaggio emozionante attraverso l’espressività artistica di un Barocco europeo (italiano, fiammingo, olandese, ma anche tedesco, francese e spagnolo) in cui ricorrono i nomi passati un po’ più in sordina nel corso dei secoli – autori “altri” dai massimi Caravaggio o Carracci o dai Rembrandt o dai Rubens e dai van Dyck – ma non meno capaci di rendere “maravigliosa” l’arte del Seicento. Alle bianche pareti di Palazzo Lomellini sfilano così, in un percorso a tratti cronologico e a tratti tematico, artisti come il fiammingo Peter Boel (sua una grandiosa, autentico elogio alla ridondanza, “Natura morta con strumenti musicali, cigno, pavone e frutta”), accanto al toscano – allievo di Lorenzo Lippi – Bartolomeo Bimbi, al romano Bartolomeo Castelli e al lombardo Francesco Mantovano con le loro minuziose “nature morte” dagli squillanti contrasti di colore, in cui si celebrano i più fantasiosi e improbabili connubi fra fiori, frutti d’ogni genere, strumenti musicali, armature, cacciagione e oggetti di ordinaria quotidianità. Di grande effetto anche alcune opere di “autore ignoto” riconducibili alle botteghe o alla cerchia di maestri al top quali Rubens e Rembrandt (“San Matteo” o la vicenda biblica di “Sara e Agar”, trattata pure dall’italiano Panfilo Nuvolone, in collaborazione con il figlio Giuseppe), l’orgiastico “Baccanale con Sileno” del fiammingo Jacob Jordaens e alcuni “Interni” di stupefacente e accuratissima descrizione scenica come quelli a firma degli olandesi Dirck van Delen e Jacques de Claeuw.   Straordinaria, per potenza compositiva e per l’intima emozionalità che luce e colore trasmettono al dipinto, è anche la popolare “Pietà” di pittore romano ignoto attivo nella prima metà del secolo, così come il “San Giuseppe” (con in mano il bastone fiorito) dello spagnolo Jusepe de Ribera, operante a Napoli dal 1616, fortemente attento all’opera del Caravaggio e sicuramente fra i più importanti esponenti della pittura partenopea seicentesca. Fra gli italiani, una menzione particolare meritano ancora artisti come Sebastiano Conca da Gaeta, rappresentato in mostra da una paciosa “Sacra famiglia con San Giovannino” (e che ebbe modo di lavorare anche a Torino nell’oratorio di San Filippo Neri e nella Chiesa di Santa Teresa), il siciliano Pietro Novelli (suo uno splendido “Ritratto di vecchio” che emerge dall’ombra), accanto al romano Andrea Locatelli, fra i rappresentanti di maggior interesse della “Scuola dei bamboccianti” – specializzata nel racconto della vita quotidiana romana accostata spesso alla riproposta di reperti dell’antica Roma – fino al veneziano Bernardo Canal, autore di due preziose “vedute” della città lagunare, abile scenografo teatrale, ma come pittore vissuto sempre all’ombra del figlio Giovanni Antonio, l’assai più noto Canaletto.

Gianni Milani

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“Maraviglioso Seicento”

Palazzo Lomellini, piazza Sant’Agostino 17, Carmagnola (To), tel. 011/9724238

Fino al 16 luglio – Orari: da giov. a sab. 15,30/19; dom. 10/12,30 e 15,30/19 – Ingresso libero

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Foto: Claudio Massarente
– Peter Boel: “Natura morta con strumenti musicali, cigno, pavone, frutta”, olio su tela
– Pittore romano: “Pietà”, olio su tela
– Sebastiano Conca: “Sacra Famiglia con San Giovannino”, olio su tela
– Jusepe de Ribera:  “San Giuseppe”, olio su tela
– Jacques de Claeuw: “La bottega dell’arte”, olio su tela

Quaglieni: “I miei 50 anni di ricordi”

L’ANNIVERSARIO DEL CENTRO PANNUNZIO

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Di Pier Franco Quaglieni *

Nel 1966 “Il Mondo” di Pannunzio sospendeva le pubblicazioni. A Torino nel 1967 ,per volontà di Arrigo Olivetti, imprenditore di Ivrea ed editore del settimanale, si costituì l’associazione degli Amici del “Mondo” che ,alla morte di Pannunzio nel febbraio 1968, si intitolò a lui, assumendo l’attuale denominazione di Centro Pannunzio. Fra i primi soci ricordo Carlo Casalegno, l’appoggio determinante dei due direttori de “La stampa” De Benedetti e Ronchey che intervenivano spesso  ai nostri incontri. Il capo cronista Ferruccio Borio e Giorgio Calcagno  diedero  subito spazio ai nostri eventi su “La stampa”. Carla Gobetti come segno di buon augurio ci regalò una fotografia di Piero che è rimasta nella nostra  sede a fianco di una di Piero Calamandrei  donata dalla nipote. Furono, da subito, molto  presenti tra gli altri Frida Malan, Valdo Fusi, Paolo

Foto Daniele Solavaggione

Greco e tanti altri. Tra i sindaci attenti al Centro Pannunzio vanno citati  Cardetti, Magnani Noya, Zanone, Castellani, Fassino. In Regione i presidenti Oberto, Viglione ,Brizio, Ghigo. Con gli assessori regionali alla cultura Fiorini, Leo e Oliva c’è stata molta intesa e nacque anche un’amicizia personale. Con il Vice presidente del Consiglio regionale Boeti è nata soprattutto un’amicizia personale ed anche con sua moglie Bruna Bertolo si è stabilita una collaborazione proficua .Per me la simpatia umana e la stima hanno sempre avuto il sopravvento, il tornaconto non mi ha mai interessato, anzi ho cercato di evitarlo. Il Centro in pochi mesi raggiunse più di un centinaio di associati, destinati negli anni ad arrivare a mille, diffusi in tutta Italia. Giunse subito un telegramma di felicitazioni  del Presidente della Repubblica Saragat  che ci  ricevette  al Quirinale.

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Noi combattemmo da subito una ferma battaglia nell’Università contro le intolleranze della contestazione e per il rinnovamento della scuola e dell’Università. Molti docenti furono con noi. Da Franco Venturi ad Aldo Garosci, da Alessandro Passerin d’Entreves. Da Giorgio Gullini ,ad altri. Durante gli anni del terrorismo Carlo Casalegno mi disse una volta a bruciapelo: “Il Centro Pannunzio non si lascia mettere in riga”. Le sue parole furono come un viatico, specie dopo che venne

Foto Daniele Solavaggione

ammazzato dai Brigatisti, nei momenti più difficili ho pensato alle sue parole e al suo esempio. E’ stato difficile rimanere fedeli a quelle parole. Poi vennero l’amicizia con Rosario Romeo, il grande storico di Cavour, e con Giovanni Spadolini ,Leo Valiani e Marco Pannella  , per ciò che riguardava l’impegno per i diritti civili, in primis il divorzio. Jemolo fu un altro punto di riferimento : il nostro manifesto contro il finanziamento pubblico  dei partiti e la moralizzazione della vita pubblica  lo rivide lui, come l’articolo 1 dello Statuto fu ispirato da Bobbio che partecipò a tanti nostri incontri come relatore e come semplice spettatore. Tra gli eventi più importanti è da

Foto Daniele Solavaggione

ricordare  nel 1975 la mostra dei disegni di Leonardo conservati alla Biblioteca Reale di Torino, vincendo  mille resistenze burocratiche. Nel 1975 avemmo oltre 150 mila visitatori, un manifesto in giro per il mondo  in quattro lingue realizzato da Armando Testa che creò anche la famosa “testa rossa” diventato il logo del Centro.

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 Organizzammo   migliaia di eventi, realizzammo mostre storiche sul “Mondo”, sui suoi principali collaboratori, grandi convegni per gli studenti riempendo  persino il teatro Colosseo, il più  grande di Torino, per un evento su Gabriele d’Annunzio presieduto da  Giorgio Barberi Squarotti. Nel 1988 venne Indro Montanelli a commemorare Pannunzio a Palazzo Lascaris. Molto importante fu la collaborazione con il presidente Aldo Viglione. E poi i premi “ Pannunzio” dal 1982 conferiti, tra gli altri, a Spadolini, Bocca, Montanelli, Bettiza, Abbagnano, Barbara Spinelli, Galante Garrone, Ronchey, Forattini, Mila, Romano, Piero e Alberto Angela, Claudio Magris, Emma Bonino, Allegra Agnelli… Il Premio “Valdo Fusi” assegnato ,tra gli altri, a Riotta, Botto, Gramellini,ai magistrati Silvio Pieri e Mario Garavelli, Giovanni Giovannini, Tullio Regge. Non tutti i premi assegnati si rivelarono,  sulla lunga distanza, meritati. Anche molti Premi Nobel ebbero lo stesso destino… Mario Soldati che fu presidente

 Foto Daniele Solavaggione

del centro per 20 anni e lo aprì ad un pubblico più ampio, liberandolo da un certo accademismoo che lo caratterizzò durante altre presidenze. Lui, grande comunicatore, volle una svolta decisa verso il grande pubblico. E’ il periodo in cui nascono i viaggi del “Pannunzio”  in giro per Torino e l’Italia  e per il mondo: Usa, Russia, Egitto, Grecia, Romania e mille altre mete. Sempre con obiettivi culturali.Primo Levi venne a tenere una conferenza sull’intolleranza razziale che abbiamo pubblicato tante volte. Meriterebbe una riedizione soprattutto oggi.

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Foto Daniele Solavaggione

Sarebbe impossibile elencare le migliaia e migliaia di conferenzieri venuti dall’Italia e dall’estero a parlare. Ricordo il filosofo Karl Popper, uno dei tutti. Il Centro ha avuto più sedi da quella piccolissima e modesta di via Bava a quella che ci mise generosamente  a disposizione per anni Sergio Pininfarina, alla attuale dove ci siamo trasferiti nel 1988, in via Maria Vittoria, a due passi da Palazzo nuovo per mantenere i rapporti con l’Università con cui c’è stata una costante collaborazione. Non a caso, abbiamo ricordato i 50 anni nell’Aula Magna che vide nascere i primi incontri del Centro. I giovani sono stati presenti da subito. Appartenevo al gruppo originario .Eravamo studenti di lettere, di legge, scienze politiche e del Politecnico. Un gruppo che è stato determinante nei primi anni e che è rimasto un elemento di forza del Centro che riesce a parlare con i giovani anche oggi. I presidenti del Centro sono stati Arrigo Olivetti, Mario Bonfantini, francesista  e resistente, Luigi Firpo, Edoardo Ruffini, uno dei dodici professori che non giurarono al fascismo nel 1931, Mario Soldati, Alda Croce, Camillo Olivetti. Alda Croce, torinese di nascita e figlia del filosofo napoletano, presidente dal 1997 al 2003 , ha promosso soprattutto  l’attività editoriale  del Centro con la nascita degli “Annali” e la pubblicazione del “Perché non possiamo non dirci cristiani”, il saggio scritto da suo padre nel 1942 che molti citano ,ma pochi hanno letto. A giugno eleggeremo un nuovo presidente. Io stesso lascerò la direzione. Non abbandonerò le attività del Centro, ma assumerò compiti meno impegnativi. Vorrei dedicarmi  di più alla scrittura di libri programmati ,ma sempre rinviati. Molti presidenti della Repubblica hanno dedicato la loro attenzione al Centro Pannunzio. Pertini mandò un suo assegno personale di mezzo milione a sostegno del Centro, Cossiga venne ad inaugurare la mostra “Cavour nella caricatura” allestita alla biblioteca nazionale, Ciampi appoggiò tante iniziative con messaggi non formali. 

Foto Daniele Solavaggione CONCERTO DEL PIANISTA SANDRETTO PER I 50 ANNI DEL CENTRO PANNUNZIO NELL’AULA MAGNA DEL RETTORATO

Giorgio Napolitano ha scritto “Il Centro in questo lungo periodo di vita si è sempre distinto per aver perseguito  e promosso una attività di ricerca  ispirata ad un ampio  scambio di esperienze e di idee”. Ignazio Silone, poco dopo che nacque il Centro  scrisse :” Il Centro Pannunzio è una tradizione che vive ,una voce che conta, un’associazione che cresce.” Dopo cinquant’anni quello che era un augurio, malgrado le tantissime difficoltà, è diventato una realtà. 

 

*Direttore del Centro Pannunzio

Librolandia secondo Culicchia: “La sfida con Milano? Uno stimolo. Ma la politica sappia dialogare”

di Laura Goria

Reading in mongolfiera o, se siete tipi più acquatici, in sottomarino. Sono due delle tante idee geniali di Giuseppe Culicchia per il XXX° Salone del libro di Torino, di cui è consulente ed artefice della sezione “Festa Mobile”.

Lui che da anni è una delle colonne portanti della kermesse torinese, mai come ora -di fronte alla sfida milanese- si rivela ancor più strategico. Scrittore di successo – da poco ha pubblicato il suo ultimo romanzo “Essere Nanni Moretti” (Mondadori)- legatissimo al capoluogo subalpino, ma con uno sguardo più ampio come esperto e traduttore di letteratura anglosassone, ci racconta il grande lavoro per un Salone del libro subalpino che lascerà senza fiato…

Come ti è venuta l’idea dei reading in location così inusuali?

«Volevo che questa edizione lasciasse il segno e avesse qualcosa di davvero particolare da proporre. E questi due posti sono molto speciali. Immagino l’emozione che sarà possibile provare a 150 metri di altezza nel cielo sopra Torino ascoltando le pagine di uno scrittore che amiamo, lette da un altro autore. Saranno occasioni uniche e penso che chi salirà sulla mongolfiera poi lo racconterà a tutti….perché dove altro è possibile fare una cosa del genere!».

Secondo te quali sono i fiori all’occhiello di questa edizione?

«Abbiamo ospiti stranieri decisamente notevoli; negli anni scorsi non ce ne stati mai così tanti. Scrittori di grandissimo livello che sarà interessante ascoltare, come Richard Ford e Hanif Kureishi. Poi ci sono letture ad alta voce in cui credo molto come invito alla lettura; più che alla classica formula di presentazione del libro, che ha fatto un po’ il suo tempo. I libri suonano, ci parlano. Credo sia bene ascoltarli. Ed è bella la generosità degli scrittori che ho invitato, disposti a leggere pagine di altri e non le loro».

Il titolo “Oltre il confine” si presta a quali riflessioni in epoca di Brexit, Trump, Corea del Nord, muri vari e Isis?

«Titolo quanto mai attuale. Ci siamo cullati per molto tempo nell’idea che, per esempio, l’Europa non avesse più confini; ma è facile che le cose che diamo per scontate, in realtà, non lo siano affatto. Pochi mesi fa alla GAM ho visto il film-documentario “The great european disaster movie”che aveva proprio questo tema portante. Immaginava l’Europa di nuovo divisa e un aereo che, nonostante la tempesta, non poteva atterrare in nessun aeroporto perché ovunque c’era sempre qualche passeggero impossibilitato a sbarcare, a causa del suo passaporto. Un’altra scena significativa era l’intervista ad una signora tedesca che mostrava le croci di ferro ottenute in guerra dai suoi antenati –da quella franco-prussiana del 1871 alla 2° Guerra Mondiale- e si augurava che suo figlio non dovesse mai essere insignito di una medaglia al valor militare».

Tu sei l’artefice della sezione “Festa Mobile”: nata perché e cosa dobbiamo aspettarci?

«Ho avuto la fortuna di lavorare al Salone fin dalla 1° edizione, con lui sono cresciuto, gli sono grato, e volevo celebrare l’ importante traguardo dei 30 anni. “Festa mobile” prevede un programma di letture al Lingotto, nella sala che ho chiamato “Filadelfia”; ma anche in luoghi scenograficamente singolari della città. Per esempio, Marco Malvaldi leggerà “Assassinio sul Nilo” nello statuario del Museo Egizio; Marcello Fois pagine de “Il tamburino sardo” dal libro “Cuore” a Palazzo Carignano, dove fu edificato il 1° Parlamento italiano, mai usato. Poi ci sarà un appuntamento davvero speciale con Pietrangelo Buttafuoco, a Lampedusa, porta di Italia ed Europa da cui entrano in modo tragico uomini, donne e bambini che vogliono diventare cittadini europei. Luogo ideale per la lettura di un poeta siculo-arabo del XII° secolo. Quando in Sicilia c’era la corte più aperta dell’epoca, in cui convivevano culture e religioni diverse: quella di Federico II di Svevia, noto come “stupor mundi”».

Hai organizzato anche letture all’estero?

«Ho chiesto ad alcuni Istituti Italiani di Cultura, a Parigi, Londra, Berlino e New York, di fare delle serate che fossero un omaggio alla letteratura del nostro paese. Così, per esempio, il 17 nella Grande Mela William Finnegan parlerà della “sua” Elena Ferrante; mentre a Parigi verrà ricordato Antonio Tabucchi».

Tu dialogherai con Brian Turner: perché proprio questo autore e cosa dovremmo sapere di lui?

«E’ un militare americano che ha combattuto in Jugoslavia e Iraq ed ha scritto il suo primo romanzo ”La mia vita è un paese straniero” pubblicato da NNE, che ho avuto la fortuna di leggere ancora in bozze. Raramente ho trovato pagine sulla guerra raccontate in maniera così onesta, alcune sono profondamente emozionanti».

Quali sono le principali responsabilità di chi fa cultura?

«In teoria dovrebbe preoccuparsi innanzitutto di essere onesto e fare proposte che aiutino a decifrare noi stessi e il mondo che ci circonda. La cultura e l’arte sono questo: rappresentazioni di cose apparentemente lontane, ma che in realtà hanno sempre a che vedere con noi».

Come hai vissuto l’arroganza e la sfida del salone milanese?

«Abbastanza bene. Viviamo in un mondo in cui vige libera impresa e concorrenza; tutto sommato è stato anche uno stimolo positivo. In prospettiva mi auguro che, anche con la politica, ci si possa sedere ad un tavolo, parlare e addivenire ad una soluzione un po’meno cruenta. Anche perché due manifestazioni legate al libro a distanza di un mese l’una dall’altra, in un paese che purtroppo legge poco, non mi sembra la cosa più geniale di questo mondo».

Al Salone di Torino c’è una parte dedicata all’America, compresa una rilettura di Steinbeck; tu che sei anche traduttore che consigli di lettura a stelle e strisce puoi darci?

«In assoluto per capire l’America si dovrebbe leggere “Le avventure di Huckleberry Finn” di Mark Twain, erroneamente considerato per ragazzi; invece racconta la frontiera, il razzismo e la parte migliore del paese, quella stracciona che si ribella a convenzioni ed ipocrisia della società perbenista. Altro libro straordinario è “Moby Dick” di Herman Melville che parla di lotta tra l’uomo e la morte, destino e, senza voler essere blasfemo, potrebbe essere associato alla lettura della Bibbia e dei Vangeli, perché tocca questioni fondamentali dell’esistenza. Poi “American psycho” di Bret Easton Ellis, e non perché l’ho tradotto, ma perché, anche se racconta l’America a cavallo tra gli anni 80-90, ce la mostra molto vicina a quella odierna. Basti pensare che il protagonista cita Donald Trump almeno una cinquantina di volte: è il suo idolo e l’America fondamentalmente è rimasta un po’ quella… La presidenza Obama non è stata una rivoluzione».

 

 

 

28 artisti per il Mozambico

Giovedì 25 maggio 2017, ore 18.00

 MUSEO ETTORE FICO

Via Francesco Cigna, 114 Torino

 

28 importanti artisti, tra i più rappresentativi del panorama artistico italiano ed internazionale, mettono le loro opere all’asta per sostenere un importante progetto di solidarietà in Mozambico promosso dall’associazione OAF-I (Organizzazione di Aiuto Fraterno – Italia).

Arte e solidarietà tornano ad abbracciarsi giovedì 25 maggio, in occasione della quinta edizione di SolidArte, asta d’arte di beneficenza che si svolgerà alle ore 18.00 presso il Museo Ettore Fico di Torino (Via F. Cigna, 114).

 

Questi gli artisti che hanno aderito all’iniziativa promossa da OAF-I Ong-Onlus:

 

Airò Mario, Andreotta Calò Giorgio, Barocco Francesco, Basta Marco,

Benassi Elisabetta, Benetti Mauro, Ceccobelli Bruno, Cerutti Manuele,

Cresci Mario, Cuoghi Roberto, Cuoghi&Corsello, Dessì Gianni,

Fioroni Giosetta, Frapiccini Eva, Isgrò Emilio, Jodice Francesco,

Romano Andrea,  Samorì Nicola, Sciaraffa Alessandro, Spalletti Ettore,

Tibaldi Eugenio, Tosatti Gian Maria, Varisco Grazia, Vascellari Nico,  Vedovamazzei,  Verteramo Roberta, Vetrugno Maurizio, Vitone Luca

 

Le opere saranno visionabili presso il Museo Ettore Fico dalle ore 16.00 di giovedì 25 maggio, mentre l’asta si aprirà alle ore 18.00: dopo la presentazione di Maurizio Irrera (Presidente OAF-I). Le opere saranno presentate da Angelo Mistrangelo, critico d’arte e giornalista di La Stampa e Torino Sette, e battute da Vanessa Carioggia della Casa d’Aste Sant’Agostino.

La vendita dei lavori proseguirà nelle due settimane successive.Il linguaggio dell’arte si fa, dunque, universale e diventa eccellente veicolo sociale, parlando di solidarietà attraverso la bellezza, la verità, la forma, la spoliazione della forma, il colore, i segni. SolidArte è un evento organizzato dall’associazione OAF-I (Organizzazione di Aiuto Fraterno – Italia), curato da Michela Frittola, realizzato in collaborazione con la Casa d’Aste Sant’Agostino e il Museo Ettore Fico, con il Patrocinio del Consiglio regionale del Piemonte e della Città di Torino. Solidarte è giunta alla quinta edizione ed ancora una volta siamo orgogliosi di poter contare sull’adesione di artisti prestigiosi che hanno donato una loro opera per aiutarci alla realizzazione di un progetto educativo in Mozambico – dichiara Maurizio Irrera, Presidente di OAF-I – possiamo dire che Solidarte in questi anni ha saputo essere una vetrina delle eccellenze dell’arte contemporanea italiana: affermati ed apprezzati artisti, protagonisti di diverse esperienze artistiche, riconosciuti Maestri e giovani già apprezzati e quotati, che hanno contribuito con opere significative certamente apprezzate non solo dai collezionisti e dagli appassionati ma da chiunque voglia provare l’emozione di avere nella propria casa un vero e proprio capolavoro.” Le opere donate dai 28 artisti che hanno aderito a SolidArte 2017 saranno allestite negli spazi del Museo Ettore Fico, che attualmente ospita la grande antologica di Bruno Munari: circondate dalle sculture aree e dalle macchine inutili di Munari, le opere di SolidArte diventeranno così una sorta di mostra dentro ad una mostra. Si potranno ammirare giganti dell’Arte contemporanea come Ettore Spalletti, Giosetta Fioroni ed Emilio Isgrò; giovani artisti ora protagonisti alla Biennale di Venezia come Roberto Cuoghi e Giorgio Andreotta Calò o che hanno preso parte alle edizioni precedenti come Nicola Samorì; artisti che utilizzano il medium fotografico come Mario Cresci e Francesco Jodice ai quali recentemente Camera ha dedicato importanti rassegne; artisti presenti nelle collezioni dei più importanti musei pubblici e privati come Mario Airò, Elisabetta Benassi e Bruno Ceccobelli; Eugenio Tibaldi che proprio al Museo Ettore Fico ha realizzato una suggestiva e complessa installazione dal titolo “Seconda Chance”, e poi alcuni dei protagonisti della scena artistica torinese come il duo Vedovamazzei, Francesco Barocco, Mauro Benetti, Manuele Cerutti, Eva Frapiccini, Alessandro Sciaraffa, Roberta Verteramo, Maurizio Vetrugno.

 

 

IL PROGETTO IN MOZAMBICO

 

Tutto il ricavato di SolidArte sarà destinato al sostegno delle attività della Scuola Secondaria Sant’Ignazio di Loyola di Msaladzi, nell’Altopiano di Angonia, zona un tempo considerata il granaio del Mozambico e i cui abitanti ora sono invece costretti a convivere con lunghi periodi di carestie e frequenti inondazioni. Queste, insieme a cattivi investimenti infrastrutturali, hanno fatto sì che non si sia riuscito fino ad oggi a trarre frutto dal pur elevato potenziale di questa terra. I lavori per la sua costruzione che sono stati in gran parte realizzati verranno completati nel 2017.

Per questo OAF-I vuole dare il suo contributo alla promozione e al sostegno di uno sviluppo rurale delle comunità che abitano i villaggi sparsi nella zona della provincia di Tete, coinvolta dal progetto (distretti di Angonia e Tsangano). Il sostegno alla scuola, vuole infatti dare l’opportunità a 300 giovani di frequentare i corsi di agropecuaria (basi di agricoltura e zootecnia), sperimentare attivamente quanto appreso e di trasmetterlo poi nei loro villaggi; essi diventeranno così i protagonisti di tale sviluppo del Mozambico.

 

Storie di oppressi e oppressori

INTERVISTA DI LAURA GORIA

Rapimenti, tortura, desaparecidos e voli della morte: sono le pagine infami della guerra sporca che ha attanagliato l’Argentina durante la dittatura militare di Videla, dal 1976 all’83. Storia vecchia? Niente affatto perché continua a parlarne la grande scrittrice argentina Elsa Osorio, che al Salone del libro di Torino è venuta a presentare il suo ultimo romanzo“Doppio fondo” (Guanda), in cui s’intrecciano due storie a distanza di 30 anni l’una dall’altra. Inizia tutto da una morte misteriosa che, grazie alle indagini della giornalista Muriel Le Bris, trova soluzione dopo che sono stati riallacciati i fili col passato . Anno 2004, in un tranquillo villaggio di pescatori bretoni viene ripescato il cadavere di Marie, riservatissima dottoressa di origine argentina. Le ossa sono frantumate dall’impatto con l’acqua e nelle vene è rilevata la presenza del Pentonaval: l’anestetico che soprattutto la marina (da cui il nome Pentotal unito al termine “naval”) usava per sedare i prigionieri, trasferirli sui voli senza ritorno e gettarli, vivi, in mare). Sarà un suicidio o dietro si nasconde ben altro? La giornalista inizia a indagare e riporta alla luce pagine buie della storia. Buenos Aires 1977, nel pieno della dittatura militare, la giovane militante dei Montoneros, Juana, è catturata insieme al figlio Matias di 3 anni. Per metterlo in salvo lo deve abbandonare; mentre per scampare ai “voli della morte” finge di pentirsi, diventa amante-ostaggio del suo aguzzino Rulo e dell’Esma, l’abisso della tortura di quegli anni. E finisce per essere spedita in Francia con l’incarico di scoprire le mosse degli esuli sovversivi.

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Il romanzo è sulla scia del precedente -strepitoso-“I 20 anni di Luz”, divenuto un classico in America latina (al pari di “Se questo è un uomo” di Primo Levi da noi), che denuncia il terribile fenomeno dei“desaparecidos con vida”. Il sistema aberrante con cui gli aguzzini rubavano alla nascita i bambini delle prigioniere per darli a famiglie delle alte sfere e dei militari. Mentre le madri venivano immancabilmente ammazzate, senza lasciare traccia.

La dittatura quanto ha sconvolto la sua vita?

« Ha spezzato in due l’esistenza della mia generazione e lo ha fatto nel periodo in cui iniziavamo ad avere figli e una vita lavorativa. Io ho vissuto un esilio interno, nascondendomi per un po’ in Argentina con il mio ex marito; poi in Francia ed infine siamo tornati. Ma non potevo lavorare perché vigeva la legge di sicurezza nazionale ed ero stata licenziata. Ci tengo a chiarire che non ho mai fatto parte di gruppi armati; semplicemente ho sempre pensato con la mia testa e avevo rapporti con il sindacato».

La letteratura cosa e quanto può fare?

«Scrivere significa dare parole a questi fatti ed è importante soprattutto per il recupero della memoria storica. Credo che i popoli debbano tornare al loro passato per poter vivere il presente».

Per lei quanto è difficile scriverne?

«Ci sono riuscita solo a distanza di 20 anni dal golpe: per molto tempo non sono stata in grado di farlo, non per cause esterne, ma per una sorta di mia evoluzione interiore. Scrivendo riesco anche a capire meglio quello che nella vita mi sfugge ed è molto diverso da me: mettendomi nei panni di personaggi ripugnanti come i torturatori, riesco a decifrare meglio anche il loro lato di esseri umani».

Il confine tra fatti storici realmente accaduti e finzione narrativa?

«Invento liberamente, sempre basandomi però su fatti reali. Prendo elementi e caratteristiche di una persona o di un’altra, li metto insieme e costruisco un personaggio di finzione che faccio interagire con personaggi che hanno una realtà storica. Per esempio, in “Doppio fondo” Rulo è inventato, ma sono realmente esistiti i suoi compagni torturatori che cito».

In “Doppio fondo” ci si chiede perché, visto che i militari disprezzavano i prigionieri, prendevano e crescevano i loro bambini; effettivamente sembra un controsenso.

«Penso che abbiano voluto fare una sorta di esperimento. Allevare i figli del nemico, convertirli alla loro ideologia, renderli ostili ai genitori naturali. Significa sterminare un’ideologia dalle radici».

Nella storia ci sono stati altri stermini ,dai lager nazisti al genocidio attuato dai Khmer rossi di Pol Pot in Cambogia: la repressione argentina in che cosa è stata unica ?

«Proprio nel furto dei bambini e nell’averli fatti crescere dagli oppressori. Poi..ed è un tema centrale di “Doppio fondo”…ad un certo punto la persecuzione ha smesso di essere ideologica ed è diventata di stampo mafioso. Venivano sequestrate persone con fortune immense, che erano costrette a firmare documenti con cui cedevano tutti i loro beni ai torturatori».

Madri e poi abuelas, le nonne di Plaza de Mayo, quanto hanno fatto la differenza?

«Sono state l’unica vera resistenza alla dittatura. Recentemente ero a Plaza de Mayo per festeggiare i 40 dalla prima volta che iniziarono a chiedere cosa fosse successo a figli e nipoti. All’epoca c’era uno stato di assedio ed erano proibiti gli assembramenti di qualsiasi tipo. E cosa fecero? Al centro della piazza c’è un albero e loro, a 2 a 2, gli girarono intorno, continuando a manifestare in questo modo ogni giovedì».

A che punto è la ricerca dei neonati desaparecidos con vida?

«Ancora oggi si scava in quel periodo e continuano ad essere rintracciati quei bambini. Ora sono uomini e donne di circa 40 anni che credevano di essere figli di una certa coppia, ma non è così».

E’ vero, come ha scritto, che qualcuno nella gerarchia della chiesa argentina suggerì che era più cristiano mettere i prigionieri su un aereo che non sarebbe mai arrivato a destinazione”?

«Non lo dico io, è un fatto storico. La chiesa ha avuto sicuramente una responsabilità molto forte, è stata complice. Il Nunzio Apostolico disse alle abuelas che non dovevano preoccuparsi: i nipoti sarebbero cresciuti meglio nelle famiglie abbienti a cui erano stati dati, più che con i genitori e i nonni biologici».

Nell’87 la legge “dell’obbedienza dovuta” ha significato la libertà per migliaia di aguzzini ritenuti non responsabili perché avevano solo eseguito degli ordini. Oggi in Argentina la storia potrebbe ripetersi?

«Ci sono alcuni sintomi inquietanti. Si ipotizzano gli arresti domiciliari per i responsabili del genocidio; quasi fossero dei poveri vecchietti, invece che i responsabili di crimini contro l’umanità.

Due settimane fa c’è stato un tentativo da parte dei giudici della Corte Suprema di recuperare la legge del “2 per 1” con cui abbreviare le condanne dei responsabili del genocidio. La reazione popolare è stata enorme: più di mezzo milione di persone ha manifestato contro, c’ero anch’io e siamo riusciti a fermarla».

 

 

 

 

 

 

 

 

“Feel the Spirit” al Tempio valdese

L’associazione Incontrocanto ed il Tempio Valdese di Torino presentano il concerto Feel the Spirit per Coro, Mezzosoprano e Orchestra.

Il progetto nasce dalla collaborazione tra il Coro Incontrocanto di Torino, diretto dal Maestro Pietro Mussino, e l’Orchestra Orstäin (Orchestra Stabile Allievi Insegnanti) della Fondazione BiblioPan di San Maurizio Canavese ed ha come cuore centrale la famosa raccolta di spiritual del compositore inglese John Rutter Feel the spirit, da cui il titolo del concerto, interpretato da coro, orchestra e dal mezzosoprano Valentina Nicolotti.

Il programma propone una vera e propria immersione nella musica corale e nel “sentire lo spirito”. Si parte da lontano, con una delle più famose melodie sacre, il corale Jesus bleibet meine Freude di J. S. Bach e l’altrettanto famoso “Ave Verum” di Wolfgang Amadeus Mozart, qui presentato in una trascrizione inedita per coro femminile e archi. Di passa poi ad alcuni compositori del ‘900: Sally K. Albrecht, Samuel Barber, Alexander L’Estrange, Will Todd, John Tavener e, appunto, John Rutter . Il luogo del concerto è particolarmente adatto alla musica dello spirito e al canto corale, ma non è la prima volta che il Coro Incontrocanto ed il Tempio Valdese si incontrano. Un anno fa, infatti, il Coro Incontrocanto e l’Orchestra Orstäin hanno eseguito al Tempio di Corso Vittorio Emanuele II in prima esecuzione nazionale leSacred Songs di Karl Jenkins per coro, soprano e orchestra. “L’Associazione promuove la produzione di progetti concertistici che, oltre all’organico stabile del coro, coinvolgono un sempre crescente numero di coristi locali e, ove applicabile, giovani promettenti musicisti emergenti sia solisti che strumentisti” commenta Marco Annoni, presidente dell’associazione Incontrocanto. “Voglio sottolineare il fatto che il ricavato del concerto contribuirà alla manutenzione straordinaria necessaria per il restauro e l’ampliamento dell’organo bachiano “Pinchi, installato all’interno del Tempio Valdese” Il biglietto d’ingresso, a posto unico, è di 10 euro (ridotti a 5 euro per gli under 26).

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Tempio Valdese – C.so Vittorio Emanuele II 23, Torino

Per maggiori informazionicontatti@incontrocanto.net

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https://www.incontrocanto.net

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Il Maestro Pietro Mussino ha studiato Composizione, Direzione d’orchestra e Musica Elettronica presso il Conservatorio di Torino e Musica a Indirizzo Multimediale presso il Conservatorio di Bologna. Nel 1999 ha vinto il Premio di Composizione “Franco Alfano”. Dal 2000 dirige il Coro Incontrocanto di Torino, dal 2002 è Maestro del Coro dell’Accademia del Santo Spirito e dal 2010 direttore del Coro Femminile VocinCanto. È autore di composizioni originali e arrangiamenti commissionati da diversi ensemble vocali e strumentali italiani e stranieri. Collabora con l’Associazione Cantascuola di Torino, della quale è diventato Direttore Artistico nel 2012. Ha presso l’Accademia Corale “Stefano Tempia”, presso il Conservatorio di Torino e presso l’Università degli Studi di Torino. Come musicologo ha collaborato con MiTo Settembre Musica, con l’Unione Musicale, con la DeSono, con la Fondazione Micheli e con la rassegna Piemonte in Musica.

Valentina Nicolotti inizia a cantare alla sola età di 3 anni. Inizia i suoi studi musicali nel 2007 sotto la guida di Elisabetta Prodon e si laurea nel 2014 in Canto Jazz presso il Conservatorio Statale “Antonio Vivaldi” di Alessandria e successivamente frequenta il Corso di Alta Formazione in Vocologia Artistica presso l’Università di Bologna. Nel 2016 è assegnataria della borsa di perfezionamento ‘Talenti Musicali, Fondazione CRT – Conservatorio Statale di Musica “Giuseppe Verdi” – Torino ’. Ha studiato con insegnanti di fama internazionale come Sheila Jordan, Roberta Gambarini, Diana Torto, Tiziana Ghiglioni, Cinzia Spata, Gegè Telesforo. Collabora come cantante in diverse formazioni e si è esibita al Moncalieri Jazz Festival, Jazz around the Clock di Lanzo, Piossasco Jazz Festival e in diverse serate locali al Jazz Club Torino. Dal 2013 è vicedirettrice del coro giovanile SiFaSoul Singers, è corista nel coro gospel All Sisters diretto da E. Prodon. Insegna canto a Torino presso diverse scuole musicali.

Il Coro Incontrocanto ha tenuto numerosi concerti e partecipato a iniziative, tra cui l’allestimento, nel 1996, del “Requiem” di Mozart con l’Orchestra Filarmonica di Torino, nel 1998 a “LuciCanti” per l’Ostensione della Sindone e la collaborazione alla prima italiana dell’oratorio “Mal’hakim” di Riccardo Piacentini. Ha tenuto numerosi concerti in Italia, Francia, Ungheria. Nel 2010, in occasione dell’Ostensione della Sindone, ha promosso la rassegna di meditazioni musicali Passionis Mysterium. Nel 2013 ha celebrato il proprio Ventennale con diversi eventi corali aperti a coristi, appassionati e curiosi. Con organico allargato e collaborazioni varie ha messa in scena produzioni significative tra cui: la “Missa Katharina” dell’olandese Jacob de Haan, a Torino e a Schladming (A), diretta dallo stesso autore. Ha partecipato a “MiTo Settembre Musica / MiTo per la Città 2015” con il concerto “Ave Verum” per Soprano, Organo e Coro. A maggio 2016 in prima nazionale, ha eseguito “Sacred Songs” di Karl Jenkins, per coro, soprano e orchestra al Tempio Valdese di Torino.

L’orchestra ORSTÄIN (Orchestra Stabile Allievi Insegnanti) nasce da un progetto di “Accademia Musicale” promossa dalla Fondazione BiblioPan di San Maurizio Canavese (To). L’iniziativa, nata nel 2015 con l’obiettivo di costruire uno spazio ove fosse possibile praticare un’esperienza di formazione altamente qualificata e connotata dal punto di vista formativo e artistico, riunisce musicisti di diverse provenienze e studenti con ottima preparazione musicale.

L’attività dell’Accademia si sviluppa nel periodo luglio-dicembre e coinvolge tutti i partecipanti ammessi al progetto mediante bando di selezione. Da questa esperienza si forma poi l’Orchestra Stabile composta dai musicisti e dagli studenti che si sono distinti per capacità ed impegno nel periodo accademico. L’orchestra ORSTÄIN sviluppa una propria programmazione annuale, con produzioni e concerti, varie collaborazioni artistiche ed elaborazione di progetti cameristici.

L’Organo PINCHI OPUS 412 installato sotto l’ultima arcata tra la navata centrale e quella laterale nel Tempio Valdese è stato costruito nel 1996 ed è attualmente oggetto di manutenzione straordinaria. Si tratta di uno strumento costruito dalla ditta Pinchi di Foligno (unico esemplare in città) ispirato agli organi barocchi tedeschi con trasmissione integralmente meccanica  (meccanica sospesa per le tastiere e meccanica per il pedale e i registri). Ha due tastiere di 54 note ciascuna e pedaliera dritta di 30 note, 16 registri, 19 file, 954 canne. Lo strumento, ha temperamento non equabile (Werkmeister III) con La a 415 Hz, ma tre registri hanno temperamento equabile con La a 440 Hz. L’intervento di manutenzione prevede anche un ampliamento dello strumento con l’aggiunta di una nuova ancia al pedale e la trasformazione dei tre registri da temperamento 440 a temperamento 415. In questo modo lo strumento sarà finalmente corrispondente all’idea del progetto iniziale.

La Contrada animata dei Guardinfanti

Spettacolo itinerante alle ore 14.30, 16.30 e 18.30

Nell’ambito del Salone Off la Contrada dei Guardinfanti, situata tra via XX Settembre, via Mercanti e via Barbaroux, ospiterà il 25 maggio un nuovo appuntamento: uno spettacolo culturale itinerante a cura della Compagnia lilithteatronirico. Cortili, balconi e balconcini della Contrada diventeranno quinte teatrali e scenari di uno spettacolo che ne racconterà vite, segreti e pettegolezzi. Nel corso del pomeriggio la performance, attraverso le strette vie ciottolate del cuore di Torino, offrirà un tuffo nella storia attraverso i racconti dei personaggi più noti o degli abitanti più curiosi, ma anche la cultura del cibo, del buon mestiere, della tradizionale accoglienza delle botteghe.

L’appuntamento rappresenta una nuova tappa del programma promosso dall’Associazione Passages per scoprire e riscoprire, attraverso dimensioni narrative nuove e coinvolgenti, gli straordinari patrimoni conservati negli archivi e nelle biblioteche, mettendoli in dialogo con le memorie e le storie personali perché confluiscano in un racconto condiviso e in una riappropriazione della memoria. COMMONS. La Contrada si racconta è infatti un progetto articolato: iniziato con la raccolta di testimonianze legate alla Contrada dei Guardinfanti, prosegue ora incrociandole con i documenti d’archivio e il patrimonio culturale. Lo spettacolo del 25 maggio è la prima tappa di questo percorso cui seguiranno tour narrati e una mostra autunnale.

L’Associazione Passages promuove e coordina il più ampio progetto “COMMONS. Patrimoni in comune, storie condivise” – realizzato con il contributo della Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando OPEN_Progetti innovativi di audience engagement – in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi, l’Archivio Storico della Città di Torino, il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino e il Polo del ‘900.

“Lo spettacolo itinerante vuole essere un modo per coinvolgere il pubblico più ampio in un percorso di conoscenza dei patrimoni torinesi. Questo particolare angolo della città, così ricco di storie e di valenze culturali, tuttora poco note, merita di essere valorizzato. Può infatti dimostrare, anche in maniera sorprendente, di contribuire ancora oggi al nostro senso di identità e di appartenenza al territorio. L’Associazione Passages intende pertanto promuoverlo nell’ambito del progetto partecipato “COMMONS. Patrimoni in comune, storie condivise” che ha l’obiettivo di far emergere e trasmettere, attraverso differenti linguaggi (dal digital storytelling alla rappresentazione teatrale all’allestimento espositivo), le relazioni che ci legano a Torino, tanto ai suoi patrimoni pubblici quanto a quelli personali o “d’affezione”.

Anna Maria Pecci, coordinatrice del progetto, presidente dell’Associazione Passages

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Spettacolo culturale itinerante

“COMMONS. La Contrada si racconta. La Contrada animata dei Guardinfanti”

Performance a cura di lilithteatronirico. Drammaturgia e regia di Sonia Camerlo e Noemi Binda. Con le attrici e gli attori della Compagnia lilithteatronirico.

Col Patrocinio della Circoscrizione 1, in collaborazione con la Compagnia lilithteatronirico e l’Associazione di Via La Contrada dei Guardinfanti.

 

Giovedì 25 maggio 2017 Orario di partenza degli spettacoli itineranti: 14.30, 16.30 e 18.30

Punto di ritrovo partecipanti e inizio degli spettacoli negli orari indicati: Via San Tommaso angolo Via Garibaldi. Possibilità di aggregarsi nel corso dello spettacolo. Ogni spettacolo dura 45 minuti. Non occorre prenotare. Partecipazione gratuita.

 

Centro Pannunzio, mezzo secolo di libertà

Mezzo secolo di libertà, la libertà di tutti. Nasceva 50 anni fa il “Centro Pannunzio”, molto più di un circolo culturale. Un sodalizio controcorrente rispetto ai tanti conformismi – sempre diversi ma sempre uguali – che si sono succeduti in questi ultimi decenni durante i quali i pensieri dominanti del momento hanno tentato, spesso riuscendoci, di portare i cervelli all’ammasso. Tante  le battaglie condotte con  impegno. Intellettuale,  civile e liberale .

Foto Daniele Solavaggione

Laico ed apartitico il Centro venne fondato nel 1968 da Arrigo Olivetti, Mario Soldati, Pier Franco Quaglieni, con un preciso richiamo alla tradizione culturale de “Il mondo” di Mario PannunzioIl Centro venne insignito nel 1979,  dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini  della Medaglia d’Oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell’arte.

“Siamo orgogliosi del nostro passato – dice il fondatore e direttore Pier Franco Quaglieni – e siamo consapevoli dei nostri limiti e dei nostri errori. Il mondo è cambiato, anche noi siamo cambiati, ma lo spirito libero a cui ci siamo richiamati è rimasto lo stesso. In difesa della libertà di pensare, di discutere con calma, nel rispetto di tutte le opinioni. E’ importante un luogo in cui confrontarsi senza urlare, in cui chiarirci le idee a vicenda. Questo luogo, dopo mezzo secolo, resta il Centro Pannunzio . Guardando con speranza al futuro”.

Foto Daniele Solavaggione

Oggi , alla presenza delle autorità comunali, regionali e accademiche, nell’aula magna dell’Università di Torino hanno avuto inizio le celebrazioni del cinquantenario. Nel cortile d’onore del Rettorato l’omaggio alla statua di Francesco Ruffini, già Rettore dell’Ateneo. Poi il concerto per pianoforte di Fabrizio Sandretto che, dopo l’Inno Nazionale, ha eseguito brani di Bach, Beethoven, Chopin, Kaciaturian, Daquin, Schubert, Brahms, Grieg, Granados, Albeniz e Casella e la «Leggenda del Piave» di E.A.Mario. I brani sono stati illustrati da Loris Maria Marchetti e dall’attrice Carlotta Torrero. Nell’intervallo Pier Franco Quaglieni ha ricordato  nel centenario della nascita, la socia fondatrice del Centro Frida Malan.  Ha condotto la serata il giornalista Orlando Perera.

Foto Daniele Solavaggione

 

“La storia del Centro è tutta nella sua attività, nello spirito di libertà che lo ha sempre animato e nella figura del prof. Pier Franco Quaglieni, che io conobbi studente all’Università. Posso attestare, come suo vecchio insegnante, che fin d’allora egli aveva sentito il fascino del “Mondo”, e del suo direttore Mario Pannunzio. A questo spirito Quaglieni è rimasto fedele, trasfondendolo operosamente nel Centro. Sono contento della strada percorsa fino ad oggi dal mio allievo. Da quella sua giovanile ispirazione il Centro è nato. Non è stata un’impresa di poco conto”

Alessandro Galante Garrone

Il maggio dei libri

Anche quest’anno la Biblioteca della Regione Piemonte “Umberto Eco” aderisce alla campagna nazionale Il maggio dei libri, sostenuta dal Ministero per i Beni e le attività culturali per sottolineare il valore sociale della lettura nella crescita personale, culturale e civile.

L’iniziativa, inserita nella programmazione di Salone off, cioè il Salone del libro diffuso, che consiste nel portare libri e autori fuori dai padiglioni fieristici del Lingotto anche dopo la chiusura del Salone del libro, ha preso il via lunedì 22 maggio da piazza Castello, a Torino.

A bordo di un tram storico, che ha attraversato i luoghi più suggestivi del centro cittadino, i passeggeri hanno potuto assistere alla lettura di brani di due volumi editi da piccoli editori piemontesi – “Funky Monkey” di Stefano Garzaro (Pietro Pintore editore) e “Per tutte le stagioni” di Caterina Vitagliani (Associazione Crearte) – letti dall’attrice Patrizia Papandrea.

Il maggio dei libri, che propone una corsa giornaliera della durata di un’ora, si conclude venerdì 26 maggio. La partenza e l’arrivo del tram sono previsti da piazza Castello lato Teatro Regio. Si parte alle 16.30 con ritorno alle 17.30. La partecipazione all’iniziativa è gratuita fino ad esaurimento dei posti disponibili sul tram.

ct- www.cr.piemonte.it