CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 675

“La sinfonia del vento”

Maura Maffei è sicuramente la scrittrice monferrina del momento e il 2017 è decisamente per lei un anno davvero molto prolifico sotto l’aspetto dei parti artistici. Dopo aver dato alle stampe ad inizio anno “L’astuzia della voltpe”,   terzo ed ultimo volume della trilogia “Dietro la tenda” con le Edizioni Parallelo 45, e in primavera “Anna che custodì il giovane mago” con la casalese Edizioni della Goccia di Davide Indalezio, adesso ha licenziato un terzo scritto, sempre con Parallelo 45, “La sinfonia del vento”. “E’ sicuramente una pubblicazione cui tenevo molto – dice Maura Maffei – perché con questo romanzo avevo vinto nel 2015 il primo premio assoluto del Concorso letterario internazionale San Domenichino – Città di Massa”. L’autrice, che a guisa di globe trotter, sta girando librerie e tiene conferenze in tutto il Nord Italia per la presentazione dei suoi libri, ne ha avuta una particolarmente significativa proprio questa settimana a Marina di Massa, alla presenza, tra gli altri, del vescovo di Albenga, Guglielmo Borghetti, in attesa della presentazione di “Anna che custodì il giovane mago” che verrà fatta a Crea dopo il periodo estivo, in collaborazione tra il Santuario e l’Unione dei Comuni della Valcerrina. La “Sinfonia del vento” ha come tutte le opere di Maffei, l’Irlanda come momento di ispirazione. Le vicende prendono le mosse nell’ottobre del 1915 a Genova, dove in occasione di un concerto nasce l’amicizia tra Ciaran direttore d’orchestra irlandese e Gabriele, professore di conservatorio. La vicenda che si dipana per oltre 320 pagine, ha un sottofondo tragico, quello dei combattimenti della prima guerra mondiale sul fronte alpino e quello della tragica rivolta della Pasqua 1916, a Dublino, soppressa dall’oppressore inglese. Ad introdurre il lavoro un contributo del giornalista e scrittore Fulvio Scaglione.

Massimo Iaretti

 

 

Universo donna tra passato e futuro

Prosegue, fino al 13 settembre, nella Sala espositiva dell’Urp del Consiglio regionale del Piemonte, in via Arsenale 14/G, a Torino, la mostra “Universo donna – Tra passato e futuro”

L’allestimento, curato dalla Compagnia Artisti e Autori e inaugurato lunedì 31 luglio, è costituito da ventiquattro opere d’arte varia, dal figurativo all’astratto, sul variegato mondo femminile. Dodici di esse verranno giudicate da un’apposita commissione e le migliori premiate, sempre all’Urp, mercoledì 13 settembre. Moderate dal dirigente del settore Informazione dell’Assemblea Cosimo Poppa, sono intervenute la presidente della Compagnia Giusy Patti e la regista Annarita Soddu, autrice del cortometraggio “Di Rosa e d’Azzurro: storia di donna”, sul tema dello stalking, che è stato proiettato nel corso dell’incontro. “La nostra intenzione – ha dichairato Giusy Patti – è ampliare di anno in anno l’angolo visuale sul mondo delle donne utilizzando l’arte come strumento educativo. A tal fine abbiamo siglato un accordo con l’Istituto professionale per i Servizi pubblicitari Albe Steiner di Torino per la realizzazione di dieci progetti di comunicazione che verranno presentati a novembre in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne”.  La mostra è visitabile dal lunedì al giovedì dalle 9 alle 12.30 e dalle 14 alle 15.30 e il venerdì dalle 9 alle 12.30.

“Maestre d’Italia”, 150 anni di storia

Sabato 12 agosto alle ore 21,30 nel Chiostro “Ester Siccardi”, in viale Martiri della Libertà 1 ad Albenga, il Vice Presidente del Consiglio regionale del Piemonte Nino Boeti e lo storico Pier Franco Quaglieni presenteranno il libro di Bruna Bertolo “Maestre d’Italia”, Edizioni Neos. La scrittrice racconta più di  150  anni della storia del nostro Paese, attraverso un’approfondita ricerca storica negli archivi e nelle biblioteche, in cui tratteggia figure di donne che, impegnate nell’insegnamento nella scuola elementare, si adoperarono per il miglioramento della società, combattendo l’analfabetismo e l’ignoranza, dall’inizio del Regno d’Italia ad oggi. Organizza  il Centro Pannunzio  e il DLF di Albenga.

Dalla Città di Alassio benemerenza a Quaglieni

Il Sindaco di Alassio Canepa  ha insignito il prof.  Pier Franco Quaglieni con una speciale benemerenza per i cinquant’anni del Centro Pannunzio e per il suo impegno culturale e civile nel corso dei decenni “all’insegna dell’indipendenza  e del porsi al  servizio in tante occasioni della cultura italiana,internazionale e  alassina”. Il prof. Quaglieni e’ alassino d’oro dal 2007 e ,sempre nello stesso, anno firmo ‘ la piastrella sul Muretto di Alassio. Quaglieni ha ringraziato il Sindaco per questa distinzione di cui si sente molto onorato. Al professor Quaglieni, che i nostri lettori conoscono per gli articoli di spessore culturale che scrive per il “Torinese”, ad incominciare dalla seguitissima “Rubrica della domenica”, le congratulazioni della redazione.

La Pinacoteca Agnelli: storia di uno «scrigno» ricco di tesori

La Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino è uno di quei musei che almeno una volta nella vita bisogna visitare non solo perché custodisce una collezione di dipinti e sculture tanto piccola quanto preziosa, ma anche perché rispecchia alla perfezione la trasformazione da centro industriale a polo culturale che ha caratterizzato gli ultimi decenni di vita della città. Il museo, che il mese prossimo festeggerà il quindicesimo anno dall’apertura, rappresenta infatti l’ultimo tassello del processo di conversione del Lingotto da dismesso stabilimento della Fiat a spazio di vita culturale e sociale che, aprendosi alla collettività, ha comunque preservato l’identità storica, senza rinnegare le proprie origini di cui è volutamente testimone anche la Pinacoteca. Nello specifico, quest’ultima, che ha sede nello «scrigno» progettato da Renzo Piano sul tetto del Lingotto per stare in sospensione tra terra e cielo, è completamente circondata dalla pista lunga un chilometro, in passato impiegata per la prova e il collaudo delle automobili, che oggi permette ai visitatori di osservare la città dall’alto e a trecentosessanta gradi.

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Se gli esterni del museo consentono di godere di una vista mozzafiato su Torino, le opere d’arte conservate al suo interno ne costituiscono un inestimabile tesoro frutto dell’appassionato collezionismo dell’avvocato Agnelli e della moglie Marella e della loro volontà di condividere la gioia e il benessere derivanti dall’osservazione di dipinti e sculture con i concittadini torinesi e i turisti in visita in città.  Osservando i ventitré dipinti su tela e le due sculture della collezione permanente della Pinacoteca si compie un vero e proprio viaggio nella storia dell’arte degli ultimi tre secoli. Il Settecento è rappresentato dall’Alabardiere in un paesaggio di Giambattista Tiepolo e dalle straordinarie vedute di Canaletto e Bernardo Bellotto, mentre a raccontare la pittura del Novecento sono le opere dei futuristi Giacomo Balla e Gino Severini, di Picasso, Amedeo Modigliani e soprattutto di Matisse, di cui il museo conserva sette tele che costituiscono una raccolta unica in Italia e che dimostrano la passione evidente degli Agnelli nei confronti del maestro del colore. L’Ottocento è infine rappresentato dai gessi bianchi delle due eleganti ed eteree Danzatrici di Antonio Canova e dalle due tele degli impressionisti Manet e Renoir, rispettivamente La Négresse La Baigneuse blonde. Quest’ultimo dipinto, oltre che per le dense pennellate di colore, colpisce per la straordinaria storia che porta con sé. La bagnante dai lunghi capelli biondi ritratta con alle spalle il Vesuvio fumante è la giovane Aline Charigot, promessa sposa di Renoir: «Siccome non aveva i soldi per acquistare un anello di fidanzamento, l’artista decide di realizzare il ritratto della donna rappresentatola con una fede all’anulare cosicché la tela diviene il suo pegno d’amore», spiega Ginevra Elkann, presidente della Pinacoteca Agnelli e nipote Giovanni e Marella, nel contributo dedicato al dipinto cui è possibile accedere durante la visita utilizzando la tecnologia dei QR code.  L’impiego di tale tecnologia è solo una delle prove evidenti del fatto che il museo si aggiorna e evolve continuamente con l’obiettivo di stare il più possibile al passo con i tempi.

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La partecipazione della Pinacoteca al progetto Google Art, la collaborazione con Eataly e con le altre realtà commerciali del Lingotto, le visite tematiche della domenica e quelle guidate all’ora della pausa pranzo, le attività dal dipartimento educazione destinate alle famiglie, alle scuole e ai centri estivi, le conversazioni sul collezionismo e le mostre temporanee curate nei minimi dettagli – come quella ora in corso, Il viaggio dell’eroe. Da Atene alla Magna Grecia, dal racconto all’immagine che propone una selezione di ceramiche provenienti dalla collezione Intesa Sanpaolo – raccontano di un museo che nei suoi primi quindici anni di vita ha saputo costruire un solido rapporto con il territorio e che si propone di offrire al pubblico, costituito da circa cinquantamila visitatori all’anno, stimoli sempre nuovi per non tradire la missione con cui è nato: dare l’opportunità di fare ogni volta dei viaggi diversi e entusiasmanti in mondi sconosciuti.

 

Giulia Amedeo

L’antica Pulcherada

San Mauro Torinese è un comune dalla storia antica il cui nucleo originario è situato sulla sponda destra del Po, lungo l’antica strada che in epoca romana collegava la Porta Pretoria di Augusta Taurinorum ai villaggi limitrofi. Il primo nome dato al paese, del resto, ne testimonia le origini: Pulchra Rada o Pulcherada che dal latino sta a significare “bella spiaggia” o “porto” per la favorevole posizione che aveva sul fiume. Un documento del 991 ricorda invece la fondazione dell’antica abbazia benedettina, la cui unica testimonianza è rappresentata dalla chiesa parrocchiale di Santa Maria di Pulcherada, soprattutto per quanto riguarda gli esterni, mentre gli interni avevano subito diversi mutamenti con il tempo. Nel 2010 il Consorzio di San Luca, in collaborazione con il Comune e la Soprintendenza, decideva di riportare all’originaria veste romanica il catino absidale della chiesa. E i rilievi effettuati sotto la superficie barocca hanno consentito di riportare alla luce uno splendido Cristo Pantocratore a decorazione centrale della volta, unitamente ad altri affreschi, risalente al periodo ottoniano, unico esempio in Piemonte di quel periodo. Per valorizzare questo tesoro artistico è nato nel 2012, inizialmente come gruppo parrocchiale, poi nel 2014 è diventata associazione “La Pulchra Rada” con l’obiettivo della valorizzazione del patrimonio storico, artistico, socio – culturale e folkloristico di San Mauro Torinese. Presidente ne è Giada Boasso, vice presidente Ginevra Debrevi, segretario Claudio Cericola, tutti giovani dotati di professionalità nei rispettivi settori ed “armati” di grande passione. L’associazione organizza, su prenotazione e seguendo il calendario eventi associativo e comunale (la chiesa, a partire dal periodo napoleonico, è proprietà del Comune di San Mauro Torinese) visite guidate alla scoperta del territorio e della storia dell’antica abbazia benedettina, attività didattiche in collaborazione con gli istituti scolastici cittadini per rendere il patrimonio locale un bene comune per le generazioni future, laboratori con un programma variegato, tenendo conto che Pulcherada è bene bandiera di San Mauro Torinese all’interno della Riserva di Biosfera Mab Unesco.

Massimo Iaretti

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Maria Adriana Prolo, la signora del cinema

Maria Adriana Prolo nacque nel 1908 a Romagnano Sesia, comune novarese al confine con la provincia di Vercelli. E lì è morta, poco più che ottantenne, nel 1991. Il paese sulla sponda sinistra del Sesia, in sua memoria, le ha intitolato una via. La Prolo, ultima di tre sorelle di un’agiata famiglia borghese dai forti interessi culturali, ha legato il suo nome alla stagione pionieristica del cinema italiano, come storica e fondatrice del Museo nazionale del cinema di Torino. E’ nella città della Mole che ha vissuto gran parte del suo tempo, impegnandosi fino a raccogliere il frutto del suo lavoro. Nel 1938, sulla rivistaBianco e nero pubblicò un memorabile articolo intitolato “Torino cinematografica prima e durante la guerra” e tre anni dopo, nel ‘41, iniziò a pensare alla costituzione di un museo del cinema, avviando un lavoro di raccolta e di conservazione dei documenti e dei materiali del cinema torinese. Fu lei, nel 1953, a promuovere l’Associazione Culturale Museo del cinema che si proponeva di “raccogliere, conservare ed esporre al pubblico tutto il materiale che si riferisce alla documentazione e alla storia delle attività artistiche, culturali, tecniche e industriali della cinematografia e della fotografiaI locali adatti vennero ricavati in un’ala di Palazzo Chiablese, al numero 2 di piazza San Giovanni, nel cuore del centro storico di Torino. La mostra dei cimeli fu allestita al piano terreno, mentre al piano superiore trovarono ospitalità una sala di proiezione, la cineteca e la biblioteca. Il 27 settembre del 1958, il museo venne inaugurato e Adriana Prolo ne fu nominata direttrice a vita . L’avventura terminò però venticinque anni dopo quando, nel 1983, il museo chiuse i battenti per carenza di risorse e l’impossibilità di adeguare la struttura alle nuove disposizioni di sicurezza. Quasi un decennio dopo la scomparsa della Prolo, nel luglio del 2000, il Museo del Cinema, come una moderna  araba fenice, risorse nella nuova – e attuale- sede all’interno della Mole Antonelliana dove gli allestimenti sono stati visitati da milioni di persone. Oltre a dedicare gran parte della sua vita a raccogliere un enorme patrimonio legato all’arte “che racchiude in sé molte altre arti”, come disse Akira Kurosawa, Maria Adriana Prolo si segnalò anche per la sua attività di storica del cinema. La sua opera, “Storia del cinema muto italiano”, pubblicata nel 1951, ha costituito per lungo tempo il testo di riferimento per chi volesse indagarne le origini. La sua impronta culturale è tutt’ora viva e presente, come se il suo fantasma – nell’esoterico simbolo di Torino – vegliasse sulla sua creatura.

 

Marco Travaglini

“Sera d’Estate 2017”, il “Pannunzio” in Liguria

Lunedì 7 agosto alle ore 21,30, ad Alassio in piazza della Libertà (giardini antistanti il Palazzo del Comune), il Centro “Pannunzio” organizza la “Sera d’Estate 2017” durante la quale verranno conferiti il Premio “Pannunzio Alassio 2017” al Generale dei Carabinieri Mario Mori , già  comandante dei Ros ,protagonista della lotta al terrorismo con il gen. dalla Chiesa e alla mafia ,prefetto della Repubblica, cavaliere di gran Croce,vittima di pentiti che lo hanno accusato ingiustamente  come acclarato con sentenza definitiva dalla Magistratura;

 il Premio “Flaiano Cultura 2017” a Francesca Rotta Gentile, docente e promotrice culturale nel Ponente e a Cervo e San Remo,in modo particolare ;

 il Premio “Mario Soldati 2017” a Bianca Vera Volpe e Sara Bajardo, imprenditrici dell’accoglienza turistica alassina,tra l’altro, con gli Hotel Savoia ,dei Fiori  e La spiaggia,il ristorante Prua, un’ eccellenza gastronomica   ligure .
Dice Pier Franco Quaglieni  presidente dei premi : “E’ un’occasione importante ,un evento – clou dell’estate alassina che io dedico al ricordo di Romano Strizioli e Roberto Baldassarre,Lelio Speranza.”

 Porterà il saluto della Città di Alassio il Sindaco Enzo Canepa.
 
Luisella Berrino presenterà il libro di Pier Franco Quaglieni “Figure dell’Italia civile”, Golem Edizioni.Trenta  ritratti di grandi italiani tra  cui i giornalisti Carlo Casalegno,Alberto Ronchey , Giovanni Spadolini, Indro Montanelli, il filosofo Norberto Bobbio,lo scrittore Primo Levi,gli imprenditori Olivetti e Pininfarina,gli storici Venturi e Valiani,Luraghi,docente a Genova. Al termine, Luisella Berrino farà firmare  al giornalista Sandro Chiaramonti la piastrella del Muretto di Alassio come attestazione del lungo e importante impegno giornalistico in difesa  e promozione della Liguria  e di Alassio  anche in ricordo di Mario Berrino.Lo scorso anno firmo’ la piastrella Maurizio Molinari e due anni fa  Arrigo Cipriani.

Estate al Museo del Risorgimento

METTI IN GIOCO LA STORIA

Torna anche questa settimana al Museo Nazionale del Risorgimento l’appuntamento con  METTI IN GIOCO LA STORIA, l’iniziativa che si realizza in collaborazione con le associazioni LudiChieri, GiocaTorino, Una Mole di Dadi ed altre presenti sul territorio metropolitano di Torino. Si tratta di una proposta che abbina alla visita al museo la possibilità di giocare a giochi da tavolo in diversi punti del percorso. L’obiettivo è di valorizzare la concezione del gioco come elemento di attrazione per le famiglie, ma anche come veicolo di diffusione culturale e attività che permette di unire divertimento e formazione. Sabato prossimo 5 agosto 2017 dalle ore 14 alle ore 18, i visitatori potranno dunque scegliere di misurarsi insieme ai componenti delle associazioni in attività ludiche di simulazione storica e scoprire che il gioco è non solo una fonte di divertimento fruibile per ogni fascia di età, ma anche uno strumento per lo sviluppo culturale e delle  capacità intellettive e sensoriali.Ci si potrà sfidare a Torinopoli, Carcassonne, Diplomacy, ma anche con giochi che richiamano il periodo storico raccontato dal Museo: Risorgimento 1859 (che è la simulazione di tre battaglie dell’epoca: Magenta, Solferino e San Martino), Battle Cry, There must be a victory e Garibaldi (quest’ultimo un gioco “asimmetrico e deduttivo” durante il quale una persona finge di essere l’eroe dei due mondi che deve sfuggire ai nemici, mentre tutti gli altri giocatori al tavolo, non sapendo dove si nasconde, cercheranno di incastrarlo e catturarlo attraverso vari indizi). Da non perdere poi il tavolo con la riproduzione del Gioco dell’Oca edito dalComitato patronesse della assistenza pubblica milanese nel 1916. Una copia originale è esposta nella sala 29 del Museo: si tratta di un esempio della capillare opera di mobilitazione e assistenza della popolazione verso il fronte, nel corso della Prima guerra mondiale. Conosciuto come “Gioco dell’aquila sotto mentita veste”, con esplicito riferimento all’aquila a due teste austriaca, nell’illustrazione riporta l’invito a devolvere i soldi guadagnati nel gioco alla raccolta di lana per i soldati al fronte.

L’iniziativa è gratuita per tutti i visitatori che avranno pagato il normale biglietto di ingresso secondo le consuete tariffe e riduzioni. Segnaliamo in particolare il biglietto famiglia che consente l’ingresso a soli 18 euro ai gruppi di max cinque persone, di cui due adulti e tre bambini o ragazzi. Non occorre prenotazione.

Estate al Museo del Risorgimento  – REALI SENSI: L’OLFATTO

Nell’ambito dell’iniziativa Reali Sensi,  domenica 6 agosto alle ore 15.30 il Museo propone la visita tematica multimediale “Profumo di libertà: popoli in cerca di futuro”: la conquista della libertà in Europa dalla Rivoluzione francese ai processi di nazionalità che si compirono nella seconda metà dell’Ottocento. Un viaggio nella storia di chi allora, esattamente come accade oggi, cercava un riscatto personale e collettivo. Info e prenotazioni su www.residenzereali.it

Per ulteriori informazioni e aggiornamenti sui giorni e gli orari delle varie iniziative in programma si consiglia di consultare il sito www.museorisorgimentotorino.it.

Rigoni Stern, il coraggio di dire no

Se n’è andato a 86 anni , il 16 giugno di nove anni fa, sul finire della primavera. Mario Rigoni Stern aveva descritto in un libro, “Stagioni”, cosa significasse per lui lo scorrere del tempo. Se dell’inverno  ricordava la legna secca che brucia nelle cucine, il freddo e la neve, dell’estate rammentava i salti sui mucchi di fieno e le cacce ai nidi di calabroni mentre l’autunno era stagione di rientro delle greggi, delle cacce, delle escursioni tra i boschi. In primavera, invece, partivano gli emigranti stagionali per la Prussia o la Boemia, ma era anche il momento del risveglio della natura e del ritorno dei rondoni, oltre che il periodo migliore per morire, come avvenne al nonno di Mario, a sua madre e a lui stesso. Morire mentre rinasce la vita. Forse è anche per questo che il tempo che scorre non affievolisce la voce che esce dalle pagine che ci ha lasciato. Una voce potente che si può udire leggendo la raccolta di 27 interviste fra le tante concesse dallo scrittore di Asiago nell’arco di tempo compreso fra il 1963 ( quando vinse il Bancarellino con “Il sergente nella neve”) e il 2007, l’anno prima della sua morte. Le pubblicò Einaudi col titolo ”Il coraggio di dire no”, a cura di Giuseppe Mendicino.I  testi si suddividono in quattro parti : “La vita”, “I libri”, “Le guerre”, “La natura, le montagne, la caccia”, riassumendo la biografia e l’orizzonte etico-culturale di Mario. Rigoni Stern non si è mai considerato un vero e proprio romanziere ma semmai un narratore, un testimone, un “cancelliere della memoria”, come lo definì acutamente Corrado Stajano. La raccolta inizia con un monologo dello stesso scrittore, che racconta il suo grande “rifiuto”, dopo essere stato fatto prigioniero dai nazisti e internato in un lager in Masuria, vicino alla Lituania.  Scrive, Rigoni Stern: “Dopo quattro o cinque giorni, ci proposero di arruolarci nella repubblica di Salò, ossia di aderire all’Italia di Mussolini. Eravamo un gruppo di amici che avevano fatto la guerra in Albania e in Russia. Eravamo rimasti in pochi. Ci siamo messi davanti allo schieramento, e quando hanno detto «Alpini, fate un passo avanti, tornate a combattere!», abbiamo fatto un passo indietro. Gli altri ci hanno seguito… Abbiamo resistito.. Avevamo imparato a dire no sui campi della guerra. È molto piú difficile dire no che sí.”. La sua narrazione è chiara, calda, antiretorica. Trasmette per intero il suo codice etico dove trovano spazio il senso di giustizia, il coraggio, l’amore per la natura, la generosità verso gli altri, l’indipendenza di giudizio, la passione civile. In un colloquio del 2004 per “La Regione Ticino”,Rigoni Stern mise in luce il suo lato ironico, raccontando di una specie di scherzo che faceva con Giulio Einaudi andando in giro per le librerie e rivoltando verso l’interno i dorsi dei libri che non gradivano. In questa come in tutte le sue opere, Mario Rigoni Stern riflette l’immagine di una persona saggia, severa con se stesso prima ancora che con gli altri, ma capace anche di grande ironia. E di una forza che, per fortuna, attraverso i libri, non ha mai smesso di parlarci e farci compagnia.

Marco Travaglini