CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 644

L’elegante signore tenta la truffa ma il passato ritorna vendicativo e inaspettato

Sugli schermi “L’inganno perfetto” con Ian McKellen e Helen Mirren

 

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

 

 

La cena è fissata in un elegante ristorante londinese. Brian ed Estelle si sono conosciuti tra le domande e le risposte di un sito per cuori solitari, accampano la ricerca di un rapporto che li accompagni negli anni, loro oggi sulla soglia degli ottanta. Adesso sono seduti lì l’uno di fronte all’altra e lì si confessano di aver mescolato un po’ le carte, a cominciare dalle loro identità. Si chiamano Roy e Betty, lui è vedovo, un figlio in Australia, lei una ex docente di Oxford: pronta, dopo la piacevolezza della serata, con il passare dei giorni, ad aprirgli il cuore e la casa. Anche il conto in banca, a piccoli passi, con qualche cenno di (falso) tentennamento immediatamente rientrato, mentre un nipote (nipote?) attento e solerte ficcanaso s’interessa non poco al nuovo venuto. Ma la verità dove sta con esattezza, è quella che vediamo? se, alzatosi da tavola, Roy si dirige nel traffico verso un locale di lap dance per concludere la serata. E se, dando sfogo a quella che sembra essere la sua professione preferita, continua a spremere a suon di truffe quanti s’imbattono fiduciosi in lui e in quanti fanno parte del suo gruppo senza scrupoli. Non c’è bisogno di aspettare troppo tempo per rendersi conto di quanto l’elegante e sostanziosa vedova attiri economicamente l’affascinante e raffinato signore con il suo bel carico di menzogne, con la sua esistenza zeppa di sotterfugi, lei estremante disponibile, piena d’affetto, recalcitrante ai maturi consigli di chi gli sta accanto e cerca di metterla sulle difensive. Mentre vedrà lo spettatore quanto proceda la carriera di Roy, che non disdegna le strade ultime dell’assassinio pur di veder concretizzato ogni suo disegno.

Fin qui il regista Bill Condon, addentrandosi con L’inganno perfetto nella fitta rete di certezze e di sospetti, costruita con saggezza a tavolino (il film è tratto dal romanzo omonimo di Nicholas Searle), la butta in commedia, un po’ “carica” ma pur sempre commedia; saggia le atmosfere e i toni soprattutto di un’unione che tira via tranquillamente e lascia scoperto il nervo malato dell’uomo (relegando forse con un certo squilibrio le intenzioni e il gioco nascosto di Betty): poi, inaspettatamente, un soggiorno berlinese scava nel passato e in maniera disordinata – con un bel primo piano irriverente della sorpresa – dà il via ad un lungo flashback che capovolge quanto è stato finora, avanzando in una materia buia che ha le pretese di abbracciare le motivazioni del presente ma che allo stesso tempo fa non poco a pugni con il tessuto cadenzato delle truffe. Tutto arriva troppo inaspettato, non giocato nelle premesse e nei risultati, forzato nel racconto, mentre un’altra finestra si apre sulla vendetta di Betty, nel cambiamento e nel vuoto della sua casa un tempo ospitale.

Su questo materiale franoso, che la sceneggiatura di Jeffrey Hatcher non riesce ad arginare, anche Condon rimane inevitabilmente coinvolto, deve vedersela con il pericolo dell’assurdo: per fortuna può contare sulle prove maiuscole di Ian McKellen (già perfetto suo collaboratore in Mr Holmes – Il mistero del caso irrisolto e soprattutto Demoni e dei sulla vita di James Whale, l’autore di Frankenstein) e di Helen Mirren, abili nel costruire la loro sottile lotta del gatto col topo, lui un misto di eleganza e crudeltà, lei pronta ad attendere il proprio momento di vendetta tra affabilità e sorrisi di gentile dama britannica. È una gara che non risparmia sfumature da grandi attori, certo il punto più alto di un film che nella propria struttura pecca di un qualche smarrimento.

La Sanguigna di Leonardo di nuovo esposta

Dal  prossimo 10 dicembre sarà possibile ammirare nuovamente l’Autoritratto di Leonardo da Vinci, la celebre “sanguigna” ospitata a Torino. Si potrà vedere nell’ambito della rassegna “Leonardo. Disegnare il futuro”,  fino all’8 marzo,  nelle sale della  Biblioteca Reale nella mostra “Il tempo di Leonardo. 1452 – 1519”, a cura dei Musei Reali, in chiusura dell’anno dedicato al 500° anniversario della morte del genio toscano.

Racconti magici: i libri del Natale

DEDICATI AL PERIODO PIU’ AMATO DELL’ANNO

Natale si avvicina, nelle città cominciano a brillare le luminarie, le vetrine dei locali sono decorate a festa, i negozi espongono oggetti adornati in rosso e oro.
Si inaugurano i mercatini al profumo di zucchero filato e cannella, l’atmosfera, nonostante il clima freddo e frizzante, è calorosa e fatata. Nessuno, o quasi, è immune all’arrivo di questa festa, è praticamente impossibile non essere coinvolti nella ricorrenza per eccezione e sebbene il suo lato consumista è ragguardevole e per certi versi più eloquente del significato religioso e tradizionale, il suo potere armonico e la sua capacità di rinsaldare i legami, anche se solo per pochi giorni, è indiscutibile.


Cosa ci aspettiamo, ma soprattutto cosa regaleremo ai nostri cari è un quesito che comincia a girovagare nella nostra mente molto tempo in anticipo. L’offerta è sconfinata, oggetti di ogni tipo, cibo e ovviamente tanta tecnologia. Fortunatamente anche le librerie in questo periodo sono prese d’assalto e per una volta la coda alle casse è un belvedere, la prova che le parole sulla carta sono ancora amate, che i libri sono ancora oggetto di desiderio.

Dopo aver fatto l’albero, abbellito la casa con decorazioni evocative, bevuto una cioccolata al profumo d’arancia e messo su una raccolta di canzoni natalizie, cosa c’è di più celebrativo di un libro sul Natale, di storie che si intrecciano tra calendari dell’Avvento e abeti profumati? I volumi dedicati a questa festa sono molti e ogni anno se ne aggiungono altrettanti, sia per bambini che per adulti: racconti, rime, fiabe, righe e pagine emozionanti ci fanno sentire e vivere più intensamente il periodo della natività più famosa, di Babbo Natale, del pungitopo e di Rudolph, la renna dal naso rosso. Tra i libri più famosi dedicati al Natale troviamo Il Canto di Natale di Charles Dickens, un bellissimo romanzo che racconta della trasformazione del vecchio e tirchio Ebenezer Scrooge, visitato da tre spiriti la notte di Natale. Il racconto rappresenta anche una dura critica allo sfruttamento del lavoro minorile ed un sollecito sociale alla povertà dilagante di quel tempo. Il nostro Gianni Rodari ne Le più belle storie di Natale si rivolge ai più piccoli con filastrocche e poesie, “la neve è bianca come il sale, la neve è fredda, la notte è nera, ma per i bambini è primavera” scriveva e ancora “se fossi io il mago di Natale farei spuntare un albero di Natale in ogni casa”.

Il Ricordo di Natale, di Truman Capote, narra con grande intensità di un bambino lontano dai genitori, un’anziana cugina, una grande casa di campagna nell’Alabama piena di parenti che “hanno potere su di noi, e ci fanno spesso piangere”. Rosamunde Pilcher, in Solstizio d’inverno, racconta la storia tra Oscar ed Elfrida che delusi dalle loro vite decidono ricominciare in Scozia lasciandosi tutto alle spalle. La Leggenda della Rosa di Natale è la Svezia delle fiabe, di quelle antiche che Selma Lagerlöf racconta suggestivamente. Una foresta che si trasforma in giardino, montagne e ghiacci accudite da una vecchietta che non si rassegna alla solitudine. Decisamente meno spensierato ma dedito invece ad una riflessione sul Natale e le sue contraddizioni, come la speculazione cinica nello scambio dei regali mascherato da bontà ed altruismo da parte delle aziende, troviamo I figli di Babbo Natale, di Italo Calvino, uno scenario fulvo-amaro dove anche il “regalo distruttivo” trova spazio a favore del freddo e sprezzante denaro. Tra le novità troviamo Natale a Torino, quindici racconti al Museo, edito da Neos: quindici racconti ambientati nel periodo natalizio ci trasportano nei musei di Torino e ci fanno vivere avventure inconsuete, all’insegna dell’arte e del crimine, della grande storia, quella dei libri, o delle piccole storie, quelle stampate nei ricordi di bambini e nonni.

 

Maria La Barbera

Sono la linea…

Poesia e illustrazione di Sara Sciammaro

 

Sono la linea
su cui sei stato in equilibrio
prima di cadere

Profumo d’incenso,
divani impolverati
e vecchi dischi
Confortevole compagnia,
per gli sguardi incrociati,
prima del mio superamento

Quanta immobilità
si nasconde dietro
al desiderio di libertà?
Preferirei svanire
o viaggiare sul treno
di un fugace pensiero

Ma rimango qui
ad essere un limite
per chi non ha coraggio

La sadica carceriera non permette che la sua eroina possa morire

“Misery” al Gobetti per la stagione dello Stabile sino a domenica 15 dicembre

 

William Goldman – celebre sceneggiatore di Butch Cassidy e Billy the Kid e Tutti gli uomini del presidente che gli valsero due premi Oscar, nel ’70 e nel ’77, nonché autore del Maratoneta divenuto opera cinematografica di Dustin Hoffman e John Schlesinger (1976), adattò per il palcoscenico Misery dal film di Rob Reiner (Oscar per Kathy Bates nel 1991) che a sua volta aveva le proprie salde radici nel romanzo di Stephen King: e Misery è la nuova regia di Filippo Dini, anche interprete, per il cartellone del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale che produce con Fondazione Teatro Due di Parma e il Teatro Nazionale di Genova. Radici, si diceva, che affondano nei primi anni Ottanta, ricordava King, quando in viaggio con la moglie su un aereo dell’American Airlines immaginò “di un popolare scrittore caduto nelle grinfie di una fan psicopatica, emarginata da una crescente paranoia, che abitava in una fattoria spersa chissà dove. La tizia aveva una stalla con del bestiame, compreso un cucciolo di scrofa, battezzato Misery in omaggio alla protagonista della serie di bestseller scollacciati firmati dal suo idolo”.

All’apertura del sipario, lo scrittore Paul Sheldon è già intrappolato in un minuscolo letto, una spalla lussata e le gambe ancor più malconce. In quelle condizioni lo ha raccolto Anne, dalla sua macchina ricoperta dalla neve, disastrata, inservibile, lo ha portato in casa sua, lo ha curato forte dell’esperienza di ex infermiera, l’ha chiuso in quella stessa solitudine, in quell’isolamento ricercato in cui essa stessa vive e sopravvive. Perché tutto questo? Perché Anne è “l’ammiratrice numero uno” dello scrittore, dal primo romanzo edito segue le avventure di Misery, la considera un’eroina, per cui quando viene a sapere che il prossimo libro sarà l’ultimo concepito da Paul e che per di più vedrà la morte dell’eroina come un definitivo cambio di registro verso altre esperienze, si ribella: obbligherà lo scrittore a mutare parere, con qualsiasi mezzo, lecito e illecito, in una prigionia che si perpetua per settimane, con debolissimi momenti di ribellioni subito cancellati, con parole aspre e con supplizi, in una scrittura da parte di Goldman non poche volte vittima della ripetitività (qualche taglio gioverebbe a dare respiro allo spettacolo), che scende nell’azione e nelle parola che l’uomo e la donna instaurano nella claustrofobia di quel chiuso spazio. Che la scenografa Laura Benzi, priva com’è delle ricchezze cinematografiche, poggia su una pedana girevole per farci respirare ora nella piccola entrata, nella cucina o all’esterno della casa per un paio di arrivi di uno sceriffo che comprende troppo tardi lo svolgimento di quella prigionia. Vince su quell’azione, che potrebbe ristagnare e andare a scontrarsi con l’attenzione dello spettatore seduto nelle poltrone del Gobetti, per altro pronto a gustarsi anche gli spunti umoristici che inaspettatamente si ritrovano nella serata, è l’attenta regia di Filippo Dini, che sfrutta al meglio il soffoco di quelle stanze e le incredibili “stranezze” della folle carceriera (che folle non si ritiene, affatto, anzi più che equilibrata e normale, più di una volta declama l’amore che la lega a quell’uomo), ce ne mostra i mezzi, gli oggetti di convincimento, le tangibili prove con cui fino all’ultimo avviluppa lo scrittore nelle proprie decisioni.

Soprattutto fa un gran lavoro di cesello sulle psicologie, sui comportamenti dei personaggi, il suo trascorrere tra dolore e rabbia e terrore, il suo continuo inventarsi un sorriso e un accondiscendere ai progetti altrui, vittima che gioca ogni momento a reagire; che sono il succo della serata ad opera di Arianna Scommegna, feroce e implacabile (il momento in cui spezza le caviglie al malcapitato è, teatralmente, da brivido), ritratto esatto dell’esasperazione affascinata che abbraccia la pagina scritta e chi la compone, padrona di quegli spazi e di quella vita, che s’è inventata un lodevole modo di procedere, che si mostra già fin dall’aprire e dal chiudere soprattutto le porte di casa, anch’essa pronta a disegnare momenti più “dolci”, quasi allineati ad una certa debolezza, e altri introdotti da urla e comandi, pronti a sfociare in azioni barbare e sanguinolente, rivoli di follia che lo spettatore attende ma che si rivelano ancor più concreti di quanto già ci si possa aspettare. Ancora da ricordare, a stretto obbligo, le musiche di Arturo Annecchino, che percorrono e arricchiscono con vera suspence le azioni dello spettacolo.

 

Elio Rabbione

 

Le immagini dello spettacolo sono di Alice Pavesi

Arriva in città il musical di Alice nel Paese delle Meraviglie

Tra gli eventi da non perdere in questo fine settimana, vi segnaliamo il musical Alice nel Paese delle Meraviglie!

Proprio nel giorno dell’Immacolata, l’8 dicembre 2019, al Teatro Nuova va in scena il musical Alice nel Paese delle Meraviglie.

Perché vedere il musical di Alice nel Paese delle Meraviglie

Tratto dall’omonimo romanzo di Lewis Carrol, il grande classico della letteratura mondiale prende una nuova forma nel musical prodotto dalla Compagnia delle Formiche. Un cast eccezionale, spettacolari colonne sonore e una scenografia imponente daranno vita alla celebre storia. E, proprio come nel Paese delle Meraviglie, le emozioni (e le sorprese!) sono garantite!

Se non avete preso impegni, vi consigliamo di perdervi con Alice, lasciandovi guidare nella tana del Bianconiglio. Incontrerete gatti che parlano, bruchi esistenzialisti e moltissimi altri personaggi.

Qui trovate i biglietti.

Quando

8 dicembre 2019, dalle 15:30 alle 19:30

Primo spettacolo alle 15.30 e secondo spettacolo alle 18.30

Dove

Teatro Nuovo

Corso Massimo d’Azeglio, 17Torino

 

Un sabato sera al Planetario per guardare la Luna

Torna al Planetario di Torino l’appuntamento dal titolo Segui la Luna, una serata per osservare il cielo autunnale e, soprattutto, la Luna nel tardo pomeriggio.
Rientra nell’insieme di appuntamenti dedicati al 50esimo anniversario dello sbarco dell’uomo sulla Luna.

Cosa prevede l’evento al Planetario

Il programma dell’evento prevede una visita libera del Museo interattivo e uno spettacolo dal titolo Apollo 11 nel Planetario. Ciliegina sulla torta sarà l’osservazione della Luna, permessa grazie al telescopio sulla terrazza del Museo. 

E visto che siamo in autunno inoltrato ormai, il Museo ha pronto un piano B in caso di cattivo tempo: l’attività di osservazione lunare sarà sostituita da uno spettacolo con approfondimenti dedicati a Luna.

Tutte le informazioni

Dove e quando

7 dicembre 2019, dalle 19:00 alle 21:00

INFINI.TO – Museo dello spazio e Planetario Digitale

I biglietti della serata sono disponibili qui.

Scoprire i cantautori all’Unitre

Dal Piemonte

Due grandi cantautori, durante il corso di musica all’Unitre di Casale Monferrato, sono stati protagonisti di diverse approfondite lezioni tenute da Giorgio Belletti che ha riportato in vita Gianmaria Testa e Luigi Tenco attraverso precise ricostruzioni biografiche e significative testimonianze audiovisive.

Non famoso come Paolo Conte ma che in qualche modo gli può stare accanto, Gianmaria Testa (Cavallermaggiore 1958- Alba 2016) definito “Il cantante italiano che la Francia ci invidia” è stato ricordato sottolineandone la poliedrica personalità che lo ha consegnato a successi internazionali.


E’ bastato ascoltare alcuni brani di forte impegno sociale cantati con voce roca e vibrante oltre alla sincera semplice poesia di “Piccoli fiumi”, “Polvere di gesso”, “La tua voce” per cogliere l’alto livello di un cantautore dallo stile personalissimo e avvincente che ha intrecciato accenti di tango, habanera, bossa nova e jazz.

Più intimista, sommesso, intellettuale imbevuto di esistenzialismo e di poesia crepuscolare, fragile, seppur nei brani di protesta mostri un insolito fervore in nome della giustizia, della libertà e l’avversione alla guerra, Luigi Tenco(Cassine 1938- San Remo 1967) è stato ampiamente ricordato con belle emozionanti canzoni quali, tra le tante, “Se stasera sono qui”, “Lontano lontano”, “Mi sono innamorato di te “, “Vedrai vedrai” soffuse di malinconia, solitudine, rimpianto che hanno avuto il merito di rivoluzionare il modo di cantare i sentimenti con parole anticonvenzionali mai usate prima.

Attraverso collages audiovisivi, preparati dalla sapiente regia di Giorgio Belletti, è stato indagato ogni aspetto della vicenda umana e artistica del grande esponente della Scuola di Genova, che, come Fabrizio De Andre, Bruno Lauzi, Gino Paoli, ha portato le canzoni ad alto livello di spessore artistico tanto che, per sottolineare la differenza dalle banali canzonette, un giornalista del Corriere di Informazione definì, con una simpatica appropriata definizione, “Mica stupide”.

Ancora nel 1967 la differenza non fu capita se al festival sanremese furono preferite “ Io tu e le rose” e “La rivoluzione” senza premiare la superiorità di “Ciao amore ciao”.
A distanza di tempo, l’interessante lezione, è stata coinvolgente e illuminante sulla causa della cocente delusione di Tenco che ha visto in pochi minuti svanire il suo sogno ambizioso di educare il vasto pubblico alla canzone intelligente da non confinare esclusivamente nella nicchia.

L’ultimo scritto lasciato prima del suicidio ha documentato un atto di protesta talmente estremo da…… servire a chiarire le idee a qualcuno ….
Sicuramente al tragico gesto hanno concorso l’ipersensibilità, i traumi familiari, i sensi di colpa, il macerato compiacimento della solitudine, della sofferenza e della morte che lo avvicinano al clima dell’infelicità romantica ottocentesca, allo spleen del decadentismo e, in qualche modo, alla tipologia dell’artista maudit che tanto affascina da farlo entrare nel mito.

Giuliana Romano Bussola

“…Liberi tutti”. Se un Museo diventa palcoscenico teatrale

Succede al Museo Nazionale del Risorgimento di Torino

Domenica 8 dicembre ore 11/14,30/16

Provate ad immaginare. Attori al posto delle classiche, professionali “guide” museali. E da loro e a modo loro, immaginate di farvi accompagnare nella visita alle sale del più grande spazio espositivo di storia patria italiana. L’idea è sicuramente intrigante e piacevole. A proporla – e non per la prima volta – è il nostro blasonato Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, fondato a Torino nel 1878 e l’unico in Italia cui sia stato ufficialmente riconosciuto il titolo di “nazionale” con tanto di decreto regio datato 8 dicembre 1901. La proposta, in sintesi, consiste nell’offrire ai visitatori la possibilità di percorrere in “chiave teatrale”, se non tutte e trenta, almeno buona parte delle sale del Museo ospitato dal 1938 nel guariniano Palazzo Carignano, sede storica del Parlamento Subalpino (monumento nazionale, ancora oggi assolutamente integro, e ben visibile, nell’arredamento e negli scranni originari) e del primo Parlamento del Regno d’Italia. Un percorso recitato, insomma, fra cimeli di storia patria, vessilli, armi, uniformi, stampe e manoscritti (sono oltre 2.500 i reperti esposti), in cui al pubblico è dato modo di essere, a un tempo, spettatore partecipe ma anche coinvolto protagonista dei fatti narrati. L’appuntamento è per domenica 8 dicembre e la “visita teatrale”, dal titolo esemplare (dato il luogo) di “… Liberi tutti” si terrà, a scelta, alle ore 11 o nel pomeriggio alle 14,30 o alle 16. Ad organizzare il tutto, la subalpina Compagnia Teatro & Società.

“Lungo il percorso – sottolineano gli organizzatori – il pubblico sarà  invitato ad osservare le sale del Museo e le sue collezioni da un particolare e privilegiato punto di vista per scoprire quali siano i segni e i simboli di libertà che la Storia del Risorgimento ci ha tramandato”. L’obiettivo è quello di coinvolgere e catturare l’attenzione attraverso la magia della tecnica recitativa, sicuramente in grado di trascinare fisicamente ed emotivamente le persone all’interno del contesto storico raccontato. Senza dimenticare, anzi andando a creare l’imprevisto, l’immancabile coup de theatre. “Cosa succede infatti se, mentre si stanno cercando le tracce dell’antica e allo stesso tempo attuale libertà…irrompe uno strampalato personaggio che sta fuggendo da qualcosa o da qualcuno che lo minaccia? Un percorso avventuroso e ricco di suspense accompagnerà i visitatori con un finale a sorpresa”. Questa la chiara promessa degli attori – guida, ben intenzionati a “far riflettere gradevolmente il pubblico sui molteplici significati di uno dei valori più alti del nostro vivere civile: la libertà”.

Le visite sono previste su prenotazione. Il costo è di 6 € + 8 € di ingresso al Museo a persona. Per i possessori della Tessera Musei è previsto solo il pagamento del percorso teatrale.

Per prenotare la visita occorre telefonare al Museo Nazionale del Risorgimento (via Accademia delle Scienze 5, Torino), al numero 011/5621147.

 

g.m.

 

Nelle foto
– Attori della Compagnia “Teatro & Società”
– Museo Nazionale del Risorgimento – Aula del Parlamento Subalpino

 

“Promemoria. Monologo per persona sola “

STAGIONE TEATRALE 2019-2020

La stagione scelta dal pubblico di casa Fools. www.casafools.it/programma/

6 e 7 dicembre:
Promemoria.  Monologo per persona sola “
Sinossi: Promemoria  è un giallo domestico alla ricerca di qualcosa che sfugge: la propria memoria. Lo spettacolo, infatti, è il monologo tragicomico di un’anziana signora che, malata di Alzheimer, vive una quotidianità in salita, fatta di continue scoperte e perdite. Grazie alla collaborazione con il centro di cura per l’Alzheimer “Giovanni XXIII” di Bologna, Gloria Gulino, autrice e attrice dello spettacolo, è potuta entrare in contatto con i pazienti, raccogliendo le loro testimonianze dirette. Lo spettacolo racconta con delicata sincerità la condizione di coloro che sono affetti da questo morbo, dando voce alla solitudine e allo spiazzamento di chi ogni giorno lotta per conservare la propria identità.  La  malattia sarà l’occasione per parlare non solo della perdita della propria memoria ma anche di quella di un pezzetto della storia italiana: l’anziana donna, r ipercorrendo la propria gioventù, narrerà le vicende di una ragazza italiana in Libia in fuga dal nascente regime di Gheddafi. Prendendo spunto da episodi reali della storia della sua famiglia, Gloria Gulino lotterà  per non dimenticare la propria terra, la propria infanzia, e per dare un lieto fine alla propria storia  d’amore.

Gloria Gulino: attrice e autrice

Finalista per la miglior drammaturgia al “Roma Fringe Festival 2015

Finalista Premio Candoni “Anima e corpo del personaggio femminile” 2016

Lo spettacolo è stato scelto dal pubblico attraverso il collettivo Cartellone Condiviso: un gruppo di circa 15 abitanti del quartiere che, dopo aver visionato tutte le proposte, ha selezionato gli spettacoli della stagione L’arte di essere felici in programma fino marzo 2020.
Inizio spettacolo h 21.
Ingresso gratuito, uscita a cappello.