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CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 644

Il successo del Salone tra problemi di logistica e tardivi digitali

Il primo giorno accedere al Salone del Libro di Torino è stato uno strazio così come trovarne la porta per uscire. Questione di logistica e di informazioni che non circolavano fra gli addetti, ma anche di personale insufficiente per gestirne il flusso

A parte questo, il Salone è stato un successo (meritato) e prevedibile, ma anche superiore alle aspettative e questo ha creato la ressa. Se non si finisce mai di imparare, vuol dire che si resta sempre giovani. Per dirla con altre parole, un novello Peter Pan e per me la sindrome di Peter non è un dispregiativo, ma un desiderio di voler essere parte del mondo, avere tanti interessi e mettersi in gioco continuamente. Chi al Salone ci è andato con questo spirito ha certamente avuto ragione delle aspettative. Per me che non sono un nativo digitale, ma un “tardivo”, data l’età, il Salone (questo più che mai) è sempre stata un’occasione per imparare…ancora. Forse, per questo, mi ha incuriosito, particolarmente, la presentazione, nello stand Hoepli, della Netlife di Francesca Anzalone, PR Manager e Digital PR per le nuove figure professionali nell’era della trasformazione digitale. L’Anzalone, fra le tantissime attività che cura (in modo eccellente), c’è pure quella dei mediatori di segni. La PR, nel web dal 1997, ha fatto del “villaggio globale” la sua casa e con questo straordinario mezzo di comunicazione che permette formazione permanente, condivisione della conoscenza e diffusione delle informazioni in tempo reale ha stretto con la Community un patto indissolubile. Non basta: alla fine degli anni Novanta ha creato “Ciberino”, un robottino che attraverso le fiabe racconta il digitale ai piccoli. Chissà perché, per assonanza, mi viene in mente il concorso il Bosco Stregato, le sue fiabe e gli ex libris. Saranno affinità elettive o più semplicemente voglia di rimanere sempre giovani?

 

International Book Forum, un successo

Oltre 500 iscrizioni già prima dell’inizio del Salone e almeno altri 100 operatori che si sono aggiunti a lavori iniziati. Seimila richieste di appuntamento che hanno generato 3 mila incontri one to one, attraverso la piattaforma di matching appositamente messa a punto dalla società torinese Risolviamo

Sono questi i numeri del successo dell’edizione 2018 di Ibf – International Book Forum, l’area business del Salone in cui il mondo dell’editoria internazionale, del cinema e della televisione ha avuto l’opportunità di incontrare tutti gli editori italiani e i loro libri per trattarne e acquistarne i diritti di traduzione, di adattamento, di serializzazione.

In tutto, sono stati 36 i paesi rappresentati a questa diciassettesima edizione: Albania, Argentina, Austria, Bangladesh, Canada, Cina, Danimarca, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Federazione Russa, Francia, Georgia, Germania, Grecia, India, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lussemburgo, Macedonia, Messico, Monaco, Norvegia, Paesi Bassi, Palestina, Polonia, Regno Unito, San Marino, Siria, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia.

L’intero progetto Ibf è realizzato grazie al sostegno della Regione Piemonte e di Ita–Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. La Fellowship per l’editoria è sostenuta da Ita-Ice, quella per i media è sostenuta dal Mibact e patrocinata dal prestigioso programma Eurimages (il fondo del Consiglio d’Europa per la co-produzione, la distribuzione, l’esposizione e la digitalizzazione delle opere cinematografiche europee).

La regina del giallo scrive (anche) di cucina

di Laura Goria

Leggendo i gialli di Viveca Sten viene voglia di andare alla scoperta di Sandhamn, la piccola isola affacciata sul Mar Baltico, nell’arcipelago di Stoccolma, dove lei ambienta trame omicide.

La scrittrice in questi giorni è al Salone del libro di Torino per presentare “Estate senza ritorno” (Marsilio), suo 5° libro tradotto in Italia, mentre oggi in Svezia è stato pubblicato il 9°. Arriva con i suoi abbaglianti occhi che virano al color fiordaliso, simpatia a mille e una disponibilità -rara nell’Olimpo degli autori- che conquista. E’ una delle autrici scandinave di “crime” di maggior successo: pubblicata in 24 paesi, 4 milioni di copie vendute nel mondo ed ha ispirato la serie televisiva “Omicidi a Sandhamn” seguita da 30 milioni di spettatori, andata in onda anche in Italia. Ci si appassiona parecchio alle sue storie ambientate a Sandhamn; protagonisti fissi il detective Thomas Andreasson -uomo disilluso e provato dalla morte in culla della figlioletta- e la sua amica avvocato Nora Linde, alle prese dapprima con la difficile gestione di matrimonio e carriera, poi con il divorzio e due figli da crescere. Nei suoi libri sembra alto il tasso di mortalità del luogo; ma dalle pagine emerge anche il fascino di un’atmosfera fuori dal mondo, tra colorate case del villaggio, mare e cielo sconfinati.In “Estate senza ritorno” sempre di delitto si parla e sempre a Sandhman scorre il sangue durante il weekend di solstizio, festa tradizionale di mezza estate, che attira turisti a frotte. Tra villeggianti e gruppi di giovani, nessuno ode il grido di aiuto di una ragazza che si accascia priva di sensi. Anche Nora si prepara a far festa insieme al suo nuovo compagno Jonas, quando ecco che scompare la figlia di lui, la 14enne Wilma, e sulla spiaggia viene trovato il cadavere di un suo amico.


Come nasce l’ispirazione per le sue trame? E’ vero che a volte per i nomi s’ispira alle tombe del piccolo cimitero dell’isola?

«Si perché mi piace l’idea di riciclare e utilizzando i nomi di queste persone, in un certo senso, le faccio rivivere. Nei miei gialli ci sono sempre l’isola di Sandhman, Thomas e Nora, ma poi ho bisogno anche di altri personaggi».

Com’è nata l’idea di questa storia?

«Quando l’ho scritta i miei figli avevano 13,16 e 19 anni: ero la madre di adolescenti e quindi potevo capire benissimo l’ansia, la preoccupazione e la paura. Ogni volta che uscivano non dicevano con chi, né dove andavano, non rispondevano al telefono e non rientravano all’ora stabilita. Così ho pensato a una storia in cui potessero riconoscersi i genitori di figli nel pieno dell’età più difficile».

Dai suoi gialli è stata tratta una fiction di successo…lei ha partecipato in qualche modo?

«Si, leggo la sceneggiatura ma non la scrivo, perché i copioni richiedono una tecnica diversa.Di solito appaio in ogni stagione almeno per 5 secondi, anche se magari si vedono solo i miei capelli castani. Sono stata una cameriera, l’ospite a un cocktail party, una mamma con bambini….in qualche modo ci sono sempre».

La sua famiglia da generazioni ha una casa a Sandhamn, qual è il suo rapporto con l’isola e come la descriverebbe?

«Per me è un po’ come una seconda casa, dove vorrei sempre essere. E’ anche il 3° personaggio protagonista delle mie storie, oltre a Thomas e Nora. Ho pensato che fosse perfetta per il romanzo poliziesco perché è un luogo bellissimo, un vero e proprio paradiso estivo; però è giusto che in questo tipo di romanzi ci sia contrasto con la presenza di un assassino che aspetta nell’ombra».

C’è qualcosa di lei in Nora?

«Nonostante lei sia un avvocato come me, non volevo darle la mia personalità e ci tenevo che fossimo differenti. Io mi sento molto più simile a Pernilla, la moglie di Thomas. Nora è ansiosa, sempre lì che si chiede se ha fatto la cosa giusta o sbagliata; io invece decido in modo molto veloce e penso all’azione».

In quest’ultima avventura, Nora dopo il divorzio ha una storia con Jonas: lei sta per compiere 41 anni , lui ne ha 7 di meno. Lei come vede le unioni in cui la donna è più grande?

«Dico finalmente!».

Si prospetta anche l’idea di una famiglia allargata con i figli di Nora e Jonas…cosa ne pensa?

«Oggi è una cosa abbastanza comune ovunque, perché il concetto di famiglia sta cambiando, ci sono anche bambini che hanno 2 papà o 2 mamme. Sicuramente non è semplice. Ho voluto raccontare quanto sia già difficile riuscire a gestire dei bambini quando si è sposati; se poi ci sono coppie diverse ed ex coniugi che devono sincronizzarsi è ancora più complicato. Nella loro relazione Nora e Jonas hanno standard diversi e qualche tensione: lei pensa che lui sia troppo indulgente con Wilma…ed è un esempio dei problemi che possono sorgere».

E per il detective Thomas Andreasson a chi si è ispirata?

«Volevo creare un poliziotto che fosse una persona reale e non un cliché; mi ero un po’ stancata di quelli americani che bevono troppo, non hanno bisogno di dormire o mangiare, non costruiscono relazioni, oppure le hanno pessime, specie quelle coi figli. Thomas è più vero e apprezzabile, tanto che a volte i lettori mi chiedono il suo numero di telefono: lo amano e seguono le sue vicende private ancor più della trama gialla… questo mi piace molto».

Perché ha deciso di rendergli la vita particolarmente tragica?

«Quando ho iniziato a scrivere questi gialli Thomas aveva 39 anni ed ho pensato che nessuno arriva a quell’età senza essere stato toccato da qualcosa nella vita, sicuramente ci sono stati eventi tragici e altri felici. L’ho creato compassionevole verso gli altri, ma anche con un profondo dolore dentro ed ho deciso che il motivo fosse la morte della figlia».

Lei vive a nord di Stoccolma con suo marito e i vostri tre figli, come descrive la sua famiglia e la sua vita?

«Mi definirei un po’ il motore della mia famiglia, il centro. Ma siamo tutti molto uniti. Quando viaggiamo, nonostante i figli abbiano 19, 22 e 25 anni, condividono ancora la stanza e amano stare vicini; cosa che mi rende molto felice perché volevo proprio che diventassero un team. Fin da quando erano piccoli ho voluto trasmettere l’idea che io e mio marito, felicemente sposati da 28 anni, avevamo stessi principi, valori e una parola univoca».

Perché ha smesso di fare l’avvocato per dedicarsi alla scrittura di crime story?

«I primi 4 libri li ho scritti mentre ancora lavoravo, poi è arrivato il successo internazionale, la serie tv ed era praticamente impossibile gestire entrambe le cose. Così ho preso la decisione di abbandonare l’avvocatura e non mi sono mai pentita».

Cosa l’affascina delle trame con delitto?

«In realtà ho un ventaglio di interessi più ampio. Oltre a 9 polizieschi ho scritto anche 1 libro di cucina; insieme a mia figlia 3 libri fantasy per adolescenti tra i 10-15 anni, ambientati sempre nell’arcipelago; e 3 libri di natura giuridico – legale».

In Svezia il tasso di violenza è piuttosto basso, come si spiega il grande successo della letteratura noir?

«Se si vive in un ambiente sicuro ci si può permettere di leggere di crimini o catastrofi apprezzandone la tensione, perché alla fine della giornata si dorme nel proprio letto in un ambiente pacifico e calmo. Mentre penso che se si vive, per esempio, in zona di guerra non si ha voglia di leggere altra violenza».

La sua giornata tipo?

«Dipende, se sono in tour promozionale, come la scorsa settimana in Canada, le cose sono diverse. Ma normalmente quando sono a casa mi sveglio e faccio esercizi per 45 minuti perché ho avuto problemi con la schiena; poi se la giornata è dedicata alla scrittura mi ci dedico fino alle 18 con qualche intervallo per caffè, incombenze domestiche, esigenze dei figli e un po’ di stretching. Se invece sono sola a Sandhman posso scrivere fino a tarda sera».

Le sue grandi passioni? Quando non scrive cosa ama fare?

«Lo sci d’inverno nel nord della Svezia; poi mi piace molto cucinare…fare pane, biscotti…».

 

 “Estate senza ritorno” (Marsilio)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando il fumetto racconta il museo

Chi l’avrebbe detto che fumetti e musei potessero andare perfettamente d’accordo? Eppure è così: Fumetti nei musei ne è la prova lampante.  I due mondi, solo apparentemente distanti, dialogano perfettamente e dal loro incontro è nata una serie di ventidue albi che raccontano altrettanti musei


L’iniziativa nasce dalla volontà di far conoscere ai ragazzi le collezioni dei musei italiani attraverso un linguaggio inedito, quello delle graphic novel, con l’obiettivo di rendere la visita un’esperienza formativa e allo stesso tempo divertente. Ma non solo: la straordinaria forza narrativa del fumetto permette di raccontare la contemporaneità dei musei italiani come luoghi vivi dove accadono storie incredibili. Il progetto sarà presentato al Salone del Libro di Torino domenica 13 maggio alle ore 11,30 nello Spazio Stock del Bookstock Village e, in questa occasione, verrà svelato l’albo realizzato da Lorena Canottiere per i Musei Reali di Torino, intitolato Io più fanciullo non sono: Eugenio di Savoia-Soissons era un bambino gracile, malaticcio, sempre deriso dai bulli, che però non smise mai di crederci e, a dispetto di tutti, sarebbe diventato un grande condottiero. Oggi la sua statua equestre parla a Giovanni, un ragazzo introverso in gita con la scuola ai Musei Reali…  Il fumetto trae ispirazione dalle collezioni conservate nel museo che custodiscono quadri provenienti dalla raccolta del principe, giunta in Piemonte tra 1737 e 1741, finimenti, armi e armature a lui appartenute, nonché dalle molte raffigurazioni presenti lungo il percorso di visita, primo tra tutti il grande ritratto equestre dipinto da Jacob van Schuppen, esposto in Galleria Sabauda. L’autrice, artista e illustratrice che ha pubblicato le sue tavole su riviste italiane come InternazionaleFocus Junior e La Lettura del Corriere della Sera, sarà inoltre protagonista del workshop gratuito Fumetti, ogni storia è REALE che si svolgerà in Galleria Sabauda sabato 19 maggio alle 16,30, in occasione della Festa dei Musei (età consigliata dai 12 ai 16 anni, prenotazione obbligatoria all’indirizzo: mr-to.edu@beniculturali.it). Fumetti nei musei è un progetto ideato e curato dall’Ufficio Stampa e Comunicazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, realizzato in collaborazione con Coconino Press – Fandango e con il supporto di Ales Spa, del Sed – Centro per i Servizi educativi e della Direzione Generale Musei MiBACT. La collana di graphic novel, ideata per la didattica museale, inaugura un nuovo dialogo tra ragazzi e musei con l’obiettivo di rendere la visita un’esperienza formativa e allo stesso tempo divertente. Il progetto prende vita dall’incontro tra i direttori dei musei italiani e alcuni tra i fumettisti più celebri del panorama nazionale che, prendendo spunto da elementi storici e artistici veri, hanno raccontato il patrimonio museale italiano attraverso storie di fantasia. In occasione di visite e laboratori didattici, i servizi educativi dei musei partecipanti potranno distribuire gratuitamente il proprio fumetto a bambini e a ragazzi.

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I protagonisti
I 22 volumi della prima edizione del 2018 hanno visto l’incontro tra: la Galleria Borghese e Martoz, la Galleria dell’Accademia di Firenze e Tuono Pettinato, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e LRNZ, la Galleria Nazionale dell’Umbria e Andrea Settimo, la Galleria Nazionale delle Marche e Maicol&Mirco, le Gallerie degli Uffizi e Alessandro Tota, le Gallerie dell’Accademia di Venezia e Alice Socal, le Gallerie Nazionali d’Arte Antica in Palazzo Barberini e Paolo Parisi, i Musei Reali di Torino e Lorena Canottiere, il Museo e Real Bosco di Capodimonte e Lorenzo Ghetti, i Musei del Bargello e Otto Gabos, il Palazzo Reale di Genova e Fabio Ramiro Rossin, il Parco Archeologico di Paestum e Dr. Pira, la Pinacoteca di Brera e Paolo Bacilieri, la Reggia di Caserta e Maicol&Mirco, le Gallerie Estensi e Marino Neri, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e Zuzu, il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria e Vincenzo Filosa, il Museo Archeologico Nazionale di Taranto e Squaz, il Palazzo Ducale di Mantova e Sara Colaone, il Parco Archeologico di Pompei e Bianca Bagnarelli, il Parco Archeologico del Colosseo e Roberto Grossi.

Con Markaris vanno in scena il delitto e le denunce sociali

Petros Markaris affascina e diverte presentando al 31° Salone Internazionale del Libro di Torino il suo nuovo romanzo “L’università del crimine”, un’occasione per parlare anche dei problemi della Grecia, della crisi che non ha colpito soltanto la popolazione, ma anche l’istruzione, l’università e delle ambizioni di tanti intellettuali.

Definito da molti critici il Camilleri greco, da altri accostato a Georges Simenon, Markaris, classe 1937, è nato ad Istanbul, terra della quale ha confessato di avere portato per tutta la vita le stimmate, ed è stato legato da una lunga collaborazione al regista Theo Angelopoulos con il quale ha lavorato a numerose sceneggiature, tra le quali “L’eternità e un giorno” (Palma d’oro a Cannes nel 1998). Nel 1995 Markaris ha pubblicato il suo primo libro giallo, creando la figura del commissario Kostas Charitos, figura metodica, tranquilla, abitudinaria, e della sua famiglia, la moglie Adriana, intransigente e testarda, la figlia Caterina, avvocato idealista, e delineando, romanzo dopo romanzo, la situazione della società greca alle prese con i diversi problemi e con una crisi – ha spiegato lo scrittore – che è stata oscurata da false verità da parte della politica.

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Con “L’università del crimine” gli omicidi di tre docenti universitari, diventati ministri, sono lo spunto per affrontare il problema più importante dei professori che non considerano l’insegnamento come una vocazione, ma come un lavoro al quale tornare una volta terminate o fallite le ambizioni politiche. I posti all’università restano scoperti anche per colpa di coloro che scelgono la carriera politica, ma conservano la cattedra, impedendo così le sostituzioni e impoverendo il mondo accademico. L’università in Grecia incontra, giorno dopo giorno, sempre maggiori difficoltà, non ci sono fondi, eppure i professori che lasciano la cattedra per entrare in politica sono moltissimi e i giovani ricercatori non possono essere assunti perché la cattedra è congelata. Si tratta di una situazione assurda, ma alla quale nessuno pone rimedio. Markaris ha spiegato che i suoi libri nascono innanzitutto dai temi che lo indignano, che lo fanno letteralmente “impazzire” e contro i quali decide di prendere posizione e ha criticato il pressapochismo di una società dove esprimere un’opinione è diventato troppo facile e possibile a tutti, grazie ai social network che consentono a chiunque di dire qualsiasi cosa. Sferzante, persino duro, sempre lucido, Petros Markaris ha annunciato il titolo del suo prossimo romanzo “L’età dell’ipocrisia”, tema quanto mai attuale e non soltanto in Grecia.

 

Barbara Castellaro

 

 

 

 

E se la signora si ritrovasse uno sconosciuto nel proprio letto?

Anche il cinema, quasi inevitabilmente, s’interessò al divertimento della commedia di Claude Magnier (qualcuno ricorda ancora “Che cosa hai fatto quando siamo rimasti al buio?”, ultimo titolo – era il 1968 – della “fidanzata d’America” Doris Day prima che si ritirasse dallo schermo, forse offesa che qualcuno, togliendole il ruolo eterno della ragazza della porta accanto, tutta sorrisi e innocue passioni e con il sesso tenuto fuori della porta di casa, le proponesse il ruolo di Mrs. Robinson nel “Laureato” di Nichols?). Tipico esempio di teatro boulevardier, comparve sui palcoscenici parigini nel ’56 e fu subito un successo assicurato. Che dura ancora, un ingranaggio e un dialogo senza ombre, che in queste sere (repliche fino a domenica) coinvolge il pubblico del Gioiello, tra risate e applausi, immancabili. Che cosa hai fatto quando eravamo al buio (questo il titolo oggi scelto) è la storia della giovane Jacqueline, moglie trascurata di Robert e amante sempre in attesa di Jean, che da qualche tempo non si fa vedere troppo dalle sue parti. Nervosa, annoiata, del tutto sconsolata, cerca rifugio nelle chiacchierate con l’amica del cuore e soprattutto nei sonniferi, che una notte le fanno un brutto scherzo se non s’accorge che in quattro e quattr’otto uno sconosciuto le piomba in casa, e la macchina in panne può sempre essere un motivo più che valido, fa un paio di telefonate, manda giù quel che resta di quel beveraggio soporifero e s’accomoda senza esitazioni nel suo letto. L’arrivo di Robert dovrebbe far precipitare la situazione, se l’ospite Monsieur Masure non sapesse rigirarla a proprio vantaggio, stringendo amicizia con il cornuto di turno e sbandierando una nuova passione per la bionda padrona di casa. Ma non è il caso di andare oltre e lasciare la conclusione a chi vorrà (dovrà? un consiglio, sì, se cercate una serata all’insegna della risata) vedere lo spettacolo. Una scrittura essenziale, dialoghi spudoratamente congegnati, battute e piccoli colpi di scena a raffica, entrate e uscite perfettamente calibrate, intromissioni ad effetto, caratteri delineati come si deve, una regia – di Giorgio Caprile, che si ritaglia anche quel marito troppo preso dai propri affari e non soltanto – che dà libero sfogo ai tanti suggerimenti dell’autore e condisce di suo. A guidare la cordata un Alessandro Marrapodi da fuochi d’artificio, con un certo fascino da spendere ma seduttore inaspettatamente sedotto, latin lover fino a un certo punto ma dai ritmi teatrali davvero ineccepibili sempre. Al centro dei sogni proibiti di entrambi la Jacqueline di Miriam Mesturino, brava nel giocarsi il ruolo buttato su differenti binari, credibile nelle battaglie come nelle rappacificazioni, disinvoltamente pronta a far breccia dall’una come dall’altra parte.

 

Elio Rabbione

Notte bianca “risorgimentale”

 

Nell’ambito della prima edizione di Fo.To. – Fotografi a Torino il Museo Nazionale del Risorgimento resterà  straordinariamente aperto fino alle ore 24 per la Notte Bianca della Fotografia

Si potranno visitare, pagando il consueto biglietto di ingresso, sia l’esposizione permanente sia la mostra fotografica “Arma il prossimo tuo. Storie di uomini, conflitti, religioni”.  Promossa e realizzata dal MEF in collaborazione con le realtà aderenti all’iniziativa, Fo.To. coinvolge oltre 80 strutture cittadine dal centro alla periferia: musei pubblici e privati, gallerie d’arte, fondazioni, associazioni, spazi no-profit, istituti d’arte e di design, per la promozione di mostre ed eventi legati al tema della fotografia. Per info www.fotografi-a-torino.it

 

– SALONE DEL LIBRO OFF, Reading con Marcello Fois

Alle ore 21.00 presso la Sala Codici del Museo, Marcello Fois legge il suo ultimo libro “Renzo, Lucia e io. Perchè per me I Promessi Sposi è un romanzo meraviglioso”L’ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti.“I ‘Promessi Sposi sono il paradigma –si legge- di quanta strada si debba fare per ottenere un classico, un testo cioè che non ha paura del tempo, dei programmi scolastici, degli insegnanti annoiati e dei lettori pigri. Questo romanzo non insegna qualcosa solo agli scrittori, ma anche a tutti coloro che pensano alla gratuità come benefit. A tutti quei genitori, insegnanti, educatori, che hanno paura, o pudore, a usare la parola fatica. Attraverso questo capolavoro si può imparare che senza eroismo, curiosità, presunzione, coraggio, non si può affrontare l’esistenza. I ‘Promessi Sposi’ è il nostro romanzo fondativo, è nato vent’anni prima della nostra Nazione”.

Marcello Fois vive e lavora a Bologna. Tra i suoi libri ricordiamo: Picta (premio Calvino 1992), Ferro Recente, Meglio morti, Dura madre, Piccole storie nere, Sheol, Memoria del vuoto, Stirpe, Nel tempo di mezzo (finalista al premio Campiello e al premio Strega 2012), L’importanza dei luoghi comuni, Luce perfetta, Manuale di lettura creativa, Quasi Grazia e Del dirsi addio. È direttore artistico del Festival Letterario di Gavoi, “L’Isola delle Storie”. Per informazioni: tel. 011/5621147www.museorisorgimentotorino.it

 

g.m.

La torre di Trana

9 / Questa storia è dedicata agli scettici, a chi non vuole sentir parlare né di aldilà, né di spiriti, né di anime, a chi crede solo nel freddo e cinico razionalismo.

Fantasma, è termine greco, che significa “Immagine”, connesso con il verbo phantàzomai, “mi mostro, appaio”. Come da definizione del dizionario esso indica l’immagine creata dalla fantasia senza alcuna corrispondenza con la realtà delle cose, ma è anche l’immagine di persona defunta che una fantasia allucinata rievoca e ritiene reale. Dunque i fantasmi. Essi presentano caratteristiche specifiche, sono eterei, luminescenti e fluttuanti, sono abitudinari, si aggirano sempre in luoghi cupi, bui ed inquietanti; appaiono di notte, nel momento in cui il buio sovrasta il mondo; amano molto anche le tempeste, quando possono approfittare dell’inquietudine provocata dagli improvvisi lampi e tuoni. Alcuni di loro mostrano un carattere più romantico e aspettano la luce tenue del plenilunio per manifestarsi ed accentuare il proprio pallore. Essi sono figure centrali e ricorrenti nelle tradizioni popolari di tutto il mondo. Per chi crede a queste storie -e soprattutto per chi non ci crede- ci sono luoghi in cui assistere ad apparizioni sovrannaturali è più facile rispetto ad altre parti. Si tratta di zone particolari, a cui gli spiriti rimangono strettamente legati, scenari di vicende antiche, talvolta quasi dimenticate.Uno di questi luoghi peculiari è il piccolo paesino di Trana, in cui si trova una solitaria torre di epoca medievale, che parrebbe essere un ricettacolo di anime inquiete. Pare che proprio qui siano solite mostrarsi luminose figure, spiriti fatti di luce, non si sa chi o cosa siano, né se siano portatori di specifici messaggi. È surreale la quantità di testimonianze che riguardano tali apparizioni. In molti sostengono di aver visto due figure femminili, particolarmente iridescenti, una con lunghissimi capelli corvini. Questi spiriti compaiono nella notte e vagano come stelle cadute che non sanno come tornare a casa.  È decisamente il giorno sbagliato per andare verso le montagne, l’aria è fredda, ai bordi della strada persiste la neve, guido piano perché ho paura di scivolare sulla strada a tratti ghiacciata.È un viaggio lungo quello di oggi, perché sono sola e l’assenza di compagnia aumenta le distanze e abbassa ulteriormente le temperature già fredde.

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Il cartello “Trana” appare proprio quando mi viene il timore di essermi persa; vado ancora avanti per una decina di minuti prima di arrivare al centro del paese e alla mia reale meta. Compare all’altezza dell’orizzonte, preciso di fronte a me, il mistico mastio di trenta metri di altezza, ultima testimonianza della presenza di un castello risalente al X, XI secolo, raso al suolo dalle truppe francesi dei Catinat, sul finire del XVII secolo. La torre era un tempo proprietà degli Orsini, successivamente, nel 1581, passò alla famiglia Gromis. Riesco a lasciare la macchina in un piccolo spiazzo proprio ai piedi della modesta collina su cui si trova la costruzione che mi interessa visitare, scendendo dalla vettura vengo immediatamente presa a schiaffi dall’aria gelida, socchiudo gli occhi e sprofondo all’interno dello sciarpone invernale, così imbacuccata faccio forza su di me e parto per la mia solitaria perlustrazione.La neve ricopre tutto, la stradina che sto percorrendo a piedi, che dallo spiazzo sembra condurre verso l’alto della collina, i tetti delle case, la copertura del ponte in legno che attraversa il Sangone e l’altura che avevo scioccamente immaginato di risalire per arrivare ai piedi della torre. L’atmosfera è spettrale, poca luce che riesce a penetrare attraverso le nuvole che ricoprono il cielo per intero, sono talmente tante che potrebbero avvolgere il Mondo, il terreno è un’enorme coperta, vecchia, usurata, strappata dagli alberi che spuntano slanciandosi con violenza verso l’alto. Con l’illuminazione di quel giorno i toni dei colori si abbassano, il marrone dei tronchi è quasi pece, il verde dell’edera che serpeggia tra gli alberi è smorto e propende verso la gamma dei grigi. I rami crescono selvaggi uno sull’altro, allungano i rami esili e nodosi verso l’alto, sembrano volersi impossessare del cielo.

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Sto continuando a seguire la stradina scivolosa, ma ben presto mi rendo conto che continuare su questa via non sarà d’aiuto al mio intento, inoltre compare un dettaglio a cui non avevo pensato: una recinzione che circonda la collina. Noto che la rete presenta delle aperture, segno che qualche altro curioso ha anticipato i miei passi, ma la neve ghiacciata rende il terreno scivoloso e l’arrampicata rischiosa, più che per me, per la mia reflex. Mi fermo a guardare la torre da quella bassa prospettiva, di lì, mi ricorda una divinità arcaica posta nel mezzo di un rituale di adorazione, i rami sembrano protendere verso di lei, quasi in segno di supplica. Oggi non c’è molto che io possa fare, se non ridiscendere con attenzione. Ora che il mio primo obbiettivo è sfumato posso passare ad altre considerazioni, prima fra tutte il fatto che una località così piccola abbia così tanta storia da raccontare: il paesino di Trana, in epoca antica strettamente collegato alla fortuna e al destino della famiglia Gromis, in tempi meno antichi aveva assunto una posizione di rilievo nella lotta partigiana durante la Seconda Guerra Mondiale. Mi viene in mente che, oltre alla valenza prettamente storica, c’è anche un aspetto antropologico per cui questa terra è conosciuta, cioè la presenza di imponenti menhir sul vicino monte Pietra Borga. Intorno a tali preistoriche testimonianze di insediamenti umani circolano altre storie, che alludono alle masche e agli spiriti dei boschi. Le storie di queste zone confinano tra loro, dove termina una, subito ne inizia un’altra. È possibile che in una tale moltitudine di leggende non ci sia nulla di vero? Prima di risalire in macchina mi volto a guardare quel paesaggio perfetto nel suo essere spettrale, il cielo si è rabbuiato ancora, così come i tratti delle ombre sono più calcati. Penso che l’unico motivo per cui non mi sono imbattuta in nessuno spettro è che dietro le nuvole è ancora giorno, i fantasmi sono creature abitudinarie, appaiono solo di notte. Nessuna eccezione, nemmeno per i curiosi forestieri come me.

 

Alessia Cagnotto

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A beautiful day – Drammatico. Regia di Lynne Ramsay, con Joaquin Phoenix e Judith Roberts. Un uomo nella cui mente trovano posto ricordi dolorosi, un passato di guerra, una infanzia di abusi, un figlio che si prende cura della madre anziana. Anche un sicario che entra nella vicenda sporca e infelice della figlioletta di un senatore, portata via per essere fatta sprofondare nel buio della prostituzione minorile. Con il viso dolente e con la robusta interpretazione di Phoenix premiato a Cannes quale migliore attore. Il film s’è anche aggiudicato il Palmarès per la migliore sceneggiatura. Durata 95 minuti. (Ambrosio sala 2, Uci)

 

Arrivano i prof – Commedia. Regia di Ivan Silvestrini, con Claudio Bisio, Maurizio Nichetti e Lino Guanciale. Il liceo si può gloriare di essere il peggiore liceo della nazione: ecco che allora il preside accetta la proposta del provveditore e assume i peggiori insegnanti, nella sfida che dove i migliori hanno fallito, siano i peggiori a ottenere dei risultati. Arrivano sette insegnanti, uno peggio dell’altro, con i loro metodi precisi ma sgangherati, con il loro modo di insegnare bel oltre le righe. Ma per i ragazzi cambierà qualcosa. Durata 100 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Avengers: Infinity War – Fantasy. Regia di Anthony e Joe Russo, con Chris Evans, Robert Downing jr, Zoe Saldana e Chris Pratt. Contro gli eroi (buoni) di Marvel nell’ultimo episodio della saga c’è Thanos (cattivissimo), che grazie al potere delle Gemme dell’Infinito vuole impadronirsi e distruggere circa la metà di questa nostra povera terra. Ecco che allora gli Avangers sentono la necessità di riunirsi e di chiedere pure l’aiuto dei Guardiani della Galassia, insomma tutti insieme appassionatamente per far fuori il fellone. Per la gioia di grandi e bambini ci sono proprio tutti nell’affollato pentolone, Capitan America e Spiderman, la Vedova Nera e Thor, Iron Man e Black Panter. Durata 149 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space anche 3D, Uci 3D e V.O.)

 

Benvenuto in Germania – Commedia. Regia di Simon Verhoeven, con Senta Berger, Heiner Lauterbach e Florian David Fitz. Un’insegnante di tedesco da poco andata in pensione, due figli ormai adulti, un marito chirurgo ortopedico, un gatto. Un giorno decide di ospitare un rifugiato in cerca di una nuova patria e di un po’ di fortuna: nemmeno a dirlo, il nuovo arrivo metterà a dura prova la vita all’interno della casa, la coabitazione, le giornate, il matrimonio dei due padroni di casa. Durata 116 minuti. (F.lli Marx sala Chico)

 

La casa sul mare – Drammatico. Regia di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darrousin, Anaïs Demoustier e Jacques Boudet. Una casa affacciata sul mare, poco fuori Marsiglia, due fratelli con la sorella vi si ritrovano all’indomani dell’ictus che ha colpito il padre anziano. Uno è un ex sindacalista, aspirante scrittore, con una fidanzata al seguito che ha la metà dei suoi anni, l’altro è rimasto ad abitare nella casa per far andare avanti la trattoria di famiglia, lei è un attrice, trasferita a Parigi per inseguire la sua carriera e lasciarsi alle spalle la perdita della figlia. Altre persone circolano attorno a loro, tutti a fare i conti, un bilancio tra ideali ed emozioni, tra aspirazioni e nostalgie, con un passato più o meno recente, a guardare il piccolo paese che ormai si è svuotato, lasciando le vecchie case agli speculatori, a parlare di politica, tra Macron e Le Pen, a guardare ai figli, anch’essi confusi. Un piccolo gruppo di giovanissimi profughi, senza genitori, obbligherà con il loro arrivo quelle scelte che tutti quanti gli abitanti della “villa” (questo il titolo originale del film), dovranno affrontare. Un film che per buona parte segue un filo di ricordi e di eventuali costruzioni, che comincia inspiegabilmente a sfilacciarsi con un doppio suicidio, che nel finale s’inventa il ritrovamento dei ragazzini venuti dal mare per cogliere senza necessità un racconto dell’oggi che viviamo. Senz’altro ci si aspettava di più. Durata 107 minuti. (Nazionale 1)

 

Cosa dirà la gente – Drammatico. Regia di Iram Haq, con Maria Mozhdah. La sedicenne Nisha vive una doppia vita. A casa, in famiglia, è la perfetta figlia pachistana, ma quando esce con gli amici è una normale adolescente norvegese. Quando però il padre sorprende Nisha in intimità con il suo ragazzo, i due mondi della ragazza entrano violentemente in collisione: i suoi stessi genitori la rapiscono per portarla in casa di alcuni parenti in Pachistan. Lì, in un paese in cui non è mai stata prima, Nisha è costretta ad adattarsi alla cultura di suo padre e di sua madre. Durata 106 minuti. (Romano sala 1)

 

Dopo la guerra – Drammatico. Regia di Annarita Zambrano, con Giuseppe Battiston e Barbora Bobulova. Presentato lo scorso anno a Cannes alla vetrina di Un certain regard, il film si riallaccia all’uccisione del giuslavorista Marco Biagi nella Bologna del 2002. Qui dell’omicidio di un professore universitario è accusato l’ex militante Marco, fuggito in Francia con la figlia grazie alla”dottrina Mitterand” e di cui lo stato italiano chiede l’estradizione. Intanto in Italia la madre, la sorella e il cognato sono al centro di sospetti e finiscono al centro dell’attenzione mediatica. Durata 95 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)

 

Escobar – Il fascino del male – Drammatico. Regia di Fernando Leon de Aranoa, con Penelope Cruz e Javier Bardem. Tratto dal libro che Virginia Vallejo, volto un tempo noto della tivù colombiana e oggi donna sotto protezione negli Stati Uniti, ha scritto intorno alla sua relazione con il gran capo della droga tra il 1981 e il 1987, è il resoconto di quegli anni, da un lato l’amante gentile e affascinante, dall’altro il mandante delle uccisioni di magistrati e poliziotti, di politici e di avversari, al fine di una scalata sempre più completa. Durata 105 minuti. (Greenwich sala 2, Ideal, The Space, Uci)

 

Il giovane Karl Marx – Drammatico. Regia di Raoul Peck, con August Diehl, Stephan Konarske e Vicky Krieps. Gli anni Quaranta del XIX secolo, l’esilio da Berlino e le fughe attraverso l’Europa, la povertà e gli stenti, la polizia sempre incalzante, le idee in crescita contro una classe dirigente e un capitalismo volti allo sfruttamento e alle ingiustizie, l’amicizia con Engels, figlio ribelle di un ricco industriale, la stesura del “Manifesto del partito comunista”. Durata 112 minuti. (Centrale anche in V.O.)

 

Eva – Drammatico. Regia di Benoît Jacquot, con Isabelle Huppert e Gaspard Ulliel. Bertrand è un giovane e promettente scrittore, ma il suo successo nasconde un terribile segreto. Quando incontra Eva, prostituta d’alto bordo con un passato altrettanto misterioso, decide di sedurla a ogni costo e usare la sua storia come ispirazione letterari, anche mettendo a rischio il fidanzamento con l’ingenua Caroline. Ma Eva non si lascia manipolare facilmente e trasvina presto Bertrand in una spirale di menzogne, violenza e tradimento. Durata 102 minuti. (Eliseo Blu)

 

Game Night: indovina chi muore stasera? – Commedia drammatica. Regia di John Francis Daley e Jonathan Goldstein, con Rachel McAdams e Jason Bateman. Ogni settimana Annie e Max amano inventare giochi di vario genere per divertire se stessi e gli amici. Il fratello di Max inventa un inaspettato gioco con un rapito, che è il padrone di casa, chi dovrebbe trovarlo e liberarlo: è una finzione o non piuttosto una ingombrante realtà? Durata 100 minuti. (Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

L’isola dei cani – Animazione. Regia di Wes Anderson. In un Giappone di epoca futura, il sindaco di una città denominata Megasaki ha ordinato di rinchiudere in un isola deserta e adibita a discarica ogni cane esistente, causa un mistorioso virus che li colpirebbe tutti. Il motivo vero è poter fare affari alla faccia dei simpatici amici dell’uomo. Dovranno intervenire un bambino e la giovane giornalista in erba Tracy a svelare le reali mire del primo cittadino e di tutto quanto il governo. Orso d’argento a Berlino per la miglior regia. Durata 101 minuti. (Massimo sala 1 anche V.O., Reposi, Uci)

 

Loro 1 – Commedia. Regia di Paolo Sorrentino, con Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Anna Bonaiuto, Riccardo Scamarcio, Fabrizio Bentivoglio e Kasia Smutniak. “Loro” sono quelli che in forma di gran baraccone con reminiscenze felliniane gravitano nell’universo berlusconiano, vero? tutto falso? opportunamente e malvagiamente esagerato?, uomini e donne in cerca di affermazione, non importa come, importa il quando, subito!, il ragazzo del sud (leggi Tarantini) che recluta ragazze e droga, gli affari poco puliti, gli amici e i nemici, il potere a ogni costo, la politica e i contratti con gli Italiani, le ville e le feste, la volgarità, il rapporto con Veronica: questo e molto altro nel primo capitolo di una vicenda che tutti abbiamo attraversato e che stiamo ancora attraversando. Comunque: primo, un film di cui non si sentiva assolutamente la necessità; secondo, piuttosto deludente, con quella prima parte dove impera il pur bravo Scamarcio, con le sue festicciole e le sue assatanate. Poi Servillo truccatissimo (ma si poteva fare di meglio), che ammaestra il nipotino e fa gli occhi dolci a Veronica, e allora il film ha qualche tocco d’ala. Ma sono davvero pochi. Durata 106 minuti. (Ambrosio sala 3, Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Harpo, Ideal, Lux sala 1, Reposi, Romano sala 3, The Space, Uci)

 

Loro 2 – Commedia. Regia di Paolo Sorrentino. Il lato umano, a tratti godereccio, a tratti disperato, del ex premier, tutti i riferimenti agli inverni del nostro scontento e alle cronache quotidiane, il matrimonio andato a pezzi, le olgiattine e i festini, le biondine più che appetitose e disponibili, l’entourage in cerchia di soldi e di celebrità, le piscine, la gran folla. E poi l’ambiguità, il potere. Tutto con gli occhi dell’autore della “Grande bellezza”. Con la scusa che la seconda parte del film era in uscita in Italia, niente concorso a Cannes, così decretò Thierry Frémaux: ma visto che l’accoppiata – in numero uno e il numero due – ci guadagnerebbe, e Dio solo sa quanto!, non si sarebbe potuto sfrondare e farlo in qualche modo sulla Croisette? Durata 100 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Due Giardini sala Nirvana e Ombrerosse, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 3, Reposi, Romano sala 2, The Space, Uci)

 

La mélodie – Drammatico. Regia di Rachid Hami, con Kad Merad, Jean-Luc Vincent e Samir Guesmi. Simon è un famoso musicista ormai disilluso, arriva in una scuola alle porte di Parigi per dare lezioni di violino. I suoi metodi d’insegnamento piuttosto rigidi non facilitano i rapporti con gli allievi problematici. Tra di loro c’è Arnold, un timido studente affascinato dal violino che scopre di avere una forte predisposizione per lo strumento. Grazie al talento di Arnold, Simon riscopre a poco a poco le gioie della musica. Riuscirà a ritrovare l’energia necessaria per superare gli ostacoli e mantenere la promessa di portare i bambini a suonare alla Filarmonica di Parigi?Durata 102 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Molly’s game – Drammatico. Regia di Aaron Sorkin, con Jessica Chastain, Kevin Costner e Idris Elba. Da una storia vera. Dove Molly è una eccellente sciatrice avviata verso i successi olimpici se una brutta e irrimediabile caduta non ponesse termine ad una promettente carriera. La vita richiede di cambiare registro e sfide. Ecco allora Molly ingegnarsi a divenire apprezzata organizzatrice di serate attorno ai tavoli del poker, con clientela di riguardo, dagli attori – leggi Di Caprio, Damon, Ben Affleck e altri qui ben camuffati – ai politici agli sportivi, tavoli attorno ai quali finiscono anche la droga e tipi russi poco raccomandabili, per cui l’FBI tiene le antenne ben alzate. Regia numero uno di uno dei maggiori sceneggiatori di Hollywood premio Oscar per The Social Network. Durata 140 minuti. (Greenwich sala 1)

 

I segreti di Wind River – Thriller. Regia di Taylor Sheridan, con Jeremy Renner, Elizabeth Olsen e Julia Jones. Tra le distese di neve del Wyoming viene inviata una giovane agente federale, non certo preparata a quelle temperature e soprattutto alla violenza che circola più o meno silenziosa in quei luoghi, per investigare sul ritrovamento del corpo martoriato di una ragazza scomparsa. Le dà sostegno e aiuto Cory, un navigato cacciatore impiegato a difendere il bestiame dagli attacchi dei predatori sempre in agguato, un animo tormentato, abbandonato dalla moglie dopo la scomparsa della figlia maggiore. Entrambi alla ricerca del colpevole, in un territorio dove ogni cosa sembra essere abbandonato alla violenza, in cui forse è necessario agire e rispondere esclusivamente con le sue stesse leggi. Dallo sceneggiatore di “Sicario” e “Hell or High Water”, terzo capitolo di una trilogia che ha affrontato il tema della frontiera americana oggi. Miglior regia a Un certain regard a Cannes lo scorso anno, grande successo al TFF. Durata 107 minuti. (Eliseo Blu)

 

Si muore tutti democristiani – Commedia. Regia di Marco Ripoldi, Davide Rossi, Andrea Mazzarella, Davide Bonacina e Andrea Fadenti, con Massimiliano Loizzi. Stefano con Fabrizio ed Enrico, stessi ideali e stessi sogni. Insieme gestiscono una piccola casa di produzione nella speranza di realizzare documentari a tema sociale. Forse un progetto ci sarebbe, con un considerevole guadagno economico: ma c’è un “ma”. E allora meglio fare cose pulite con i soldi sporchi o cose sporche con soldi puliti? Una riflessione ironica e impietosa sul compromesso. Durata 89 minuti. (Eliseo Rosso, Greenwich sala 3, The Space, Uci)

 

The Happy Prince – Drammatico. Regia di Rupert Everett, con Rupert Everett, Colin Morgan, Colin Firth e Tom Wilkinson. Oscar Wilde al centro della società londinese di fine Ottocento, pieno di successo, tutti corrono a vedere le sue commedie a teatro e leggono i suoi libri: poi, improvviso, il tracollo, il processo per ammissione di omosessualità e la condanna a due anni di lavori forzati, l’esilio parigino, il tentativo di recuperare il rapporto con la moglie, la volontà di avvicinarsi nuovamente al giovane Douglas, la morte. Everett racconta nella sua opera prima l’ultimo periodo della vita dello scrittore, lasciando libero sfogo ai ricordi. Durata 105 minuti. (Greenwich sala 1)

 

Tonno spiaggiato – Commedia. Regia di Matteo Martinez, con Frank Matano. Opera prima. La storia di Francesco, vorrebbe fare il comico ma alle sue esibizioni non ride mai nessuno. Fino a quando non infila una battuta dietro l’altra sulla sua ragazza grassa: il pubblico ride, lei lo lascia. Per riconquistarla, dal momento che al funerale della nonna di lei, s’è guadagnato un bell’abbraccio, provvederà a far fuori qualche altro parente e così gli affetti saranno ristabiliti. Ma le cose non si mettono al meglio, come Francesco spererebbe. Durata 91 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Quando la pittura religiosa fa suo il linguaggio astratto

Al mondo esiste un certo (esiguo: ne vorremmo di più) numero di pittori di qualità.

Al mondo esiste un certo (cospicuo: la moda è moda) numero di pittori astrattisti.
Al mondo esiste un certo (calante: la moda passa) numero di pittori di tematica religiosa.

Pittori di qualità che fanno astrattismo di tema religioso, invece, non ce ne sono molti. Ne segnalo uno, di livello sublime, che sta attualmente esponendo a Torino. Con “La luce dell’AnnuncioRoberto Demarchi percorre a ritroso tre lustri di produzione, con ventiquattro tavole realizzate tra il 2004 e questi primi cinque mesi del 2018. La sensazione che il fascino dei dipinti aumenti avvicinandosi ai giorni nostri (i più recenti lavori sono più splendidi dei più datati) è stata avvertita con nettezza da chi scrive queste righe. Ecco le parole del maestro: «Ogni annuncio porta in sé il senso di una promessa futura, di qualcosa di inaudito (in senso etimologico: mai udito prima); ma, anche, qualcosa d’altro che è sostituito, che finisce, che muore. Il Vangelo (la Buona Novella) è qualcosa in più: il proclama al mondo di quanto di più grande, ineffabile e misterioso possa esistere: Dio stesso. Nella buia tenebra del mistero risplende la luce della Rivelazione». Non solo pittura astratta: in corso Rosselli 11 a Torino, fino a giovedì 31 maggio, è esposta anche una scultura di Francesco Zavattaro Ardizzi: il piccolo bronzo è una reinterpretazione tridimensionale della “Madonna della Scala”, bassorilievo giovanile di Michelangelo Buonarroti.

 

Andrea Donna