La trasmissione di millenari “saperi” cristallizzata nelle fotografie di Tiziana e Gianni Baldizzone, in mostra al Museo del Risorgimento di Torino
Fino al 30 agosto 2020

Il loro viaggio (vario armamentario fotografico a spalle) è durato oltre sette anni, dal 2010 al 2018. Instancabili, curiosi e appassionati globetrotters in Asia, in Africa e in Europa. Senza dimenticare l’Italia e lo stesso Piemonte. L’obiettivo, maturato dopo una lunga esperienza fra i popoli nomadi (“in deserti di sabbia, d’erba e di neve”) – per i quali fondamentale diventa la pratica trasmissione, dai vecchi ai giovani, degli strumenti, delle conoscenze e dei valori che permettono di vivere e sopravvivere in ambienti spesso estremi – quello di riflettere, oggi e a diverse latitudini, sul passaggio del testimone, del “sapere” e del “saper fare”, non come atto banale e ripetitivo o imposto dall’alto ma come prodigioso miracolo di avventure esistenziali che si incontrano, si annusano e si amano alla follia, per condividere esperienze che diventano concretezza di sogni e di gesti capaci di portare in volo l’umana quotidianità: di mestiere in mestiere di generazione in generazione di padre in figlio da maestro a discepolo da occhi a cuore. Da Oriente a Occidente. Storie universali. People – to – people.
Nasce così la mostra “Transmittions” a firma di Tiziana e Gianni Baldizzone (compagni di vita e di mestiere, da oltre trent’anni impegnati in progetti fotografici pluriennali su temi specifici e al loro attivo 25 libri pubblicati in Italia e all’estero da importanti editori), ospitata – dopo un’anteprima a Milano nella Pinacoteca di Brera e due importanti esposizioni a Tokyo e a Parigi – nel corridoio monumentale della Camera italiana al Museo Nazionale del Risorgimento di Torino, fino al 30 agosto del 2020. Curata da Tiziana Bonomo, l’esposizione torinese mette insieme 60 fotografie (alcune inedite) in grande formato, a colori e in bianco e nero che raccontano per l’appunto la “trasmissione del sapere” in paesi e culture diverse, attraverso scatti di notevole levatura tecnica e poetica, protagonisti circa 200 fra maestri e allievi, maitres d’art francesi, “Tesori Umani Viventi” del Giappone, artisti, artigiani celebri o sconosciuti, depositari di più di 40 discipline. Dicono i Baldizzone: “Quello che ci interessa cogliere è il rapporto umano, il vivere insieme, il dialogo maestro-allievo per maturare la condivisione e i legami generati dall’atto di trasmissione: intergenerazionali, interculturali, interprofessionali”.

Ecco allora in parete, fra le tante (e molte potrebbero diventare incredibili soggetti cinematografici), la storia di Aboubakar Fofana, oggi giovane uomo del Mali che all’età di sette anni sente raccontare da una donna come con le foglie verdi dell’indaco si possa dipingere di blu una stoffa. Ne resta folgorato. Studia in Francia, ma l’ossessione di quel colore gli resta appiccicata al corpo e all’anima; fondamentale, anni dopo, l’incontro in Giappone con l’arte della calligrafia e con il maestro Akiyama che gli disvela tutti i segreti di quell’ideale connubio, vecchio di 5mila anni, fra blu e viola. “Salvaguardare l’indaco, conservare una memoria perduta dell’Africa occidentale – racconta Aboubakar – è diventata la mia ossessione e il mio progetto di vita”. Oggi Fofana è artista e textile designer di fama internazionale. Accanto alla sua, troviamo la bella favola dell’apprendista calderaio diventato maestro orafo per Hermés e quella di Eriko Horiki, ex-impiegata di banca giapponese e oggi artista, notissima a livello mondiale, di carta washi (translucida e fatta a mano) per l’architettura d’interni. Estelle Guénégo è invece la giovane francese con una passione indomabile per l’argilla che la porta a diventare la prima donna tornitrice di porcellana alla manifattura di Sèvres dal 1741. Allievi e bravi maestri. I maestri che sanno “spingere l’allievo a superarli”: parola di Serge Pascal, fabbro d’arte dei “Compagnons du devoir”, anche lui celebrato nel panorama fotografico dei Baldizzone in un corposo toccante “zibaldone” di immagini, pensieri e storie “che vanno in alto – scrive Tiziana Bonomo – come il ventaglio di sciarpe nei diversi colori dell’indaco a guardare il cielo…incantato dalla luce del tramonto. Artigianato? Mondo antico e perduto? No. Modernità che irrompe e crea e si moltiplica”.
Gianni Milani
“Transmissions people – to people”
Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, piazza Carlo Alberto 8, Torino; tel. 011/5621147 o www.museorisorgimentotorino.it
Fino al 30 agosto 2020
Orari: dal mart. alla dom. 10/18; lunedì chiuso

Nelle foto
– “Scuola dell’Acqua SMAT”, 2019, Italia
– “Aboubakar Fofana, artista maestro dell’indaco”, 2011, Mali
– “Comunità di vasai”, 2011, Birmania




Orbene, un piccolo suggestivo nucleo di queste “figure metalliche” le troviamo esposte, per la prima volta in Italia, fino al 26 gennaio del 2020, negli spazi della Wunderkammer della GAM di Torino, in collaborazione con il Centro Internazionale di Studi Primo Levi e in occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita dello scrittore, nato a Torino il 31 luglio del 1919 e a Torino tragicamente scomparso l’11 aprile dell’ ‘87. Curata da Fabio Levi e Guido Vaglio, con il progetto di allestimento di Gianfranco Cavaglià in collaborazione con Anna Rita Bertorello, la rassegna accosta 17 opere, che sono esaltazione del lavoro libero e del confronto ludico “alla Bruno Munari” (autore, fra l’altro, nel ’58 della sovracoperta di “Se questo è un uomo”, in edizione Einaudi) con la materia, che, se compresa, rivela per davvero i segreti più profondi atti a interpretare il mondo. A commento delle “figure”, sono state scelte dai curatori citazioni letterarie – tratte per lo più dall’opera di Levi e, in alcuni casi, da alcuni dei suoi autori prediletti – anziché puntuali didascalie. Scelta che lo stesso scrittore avrebbe condiviso.
Lui che affermava: “Non conosco noia maggiore di un curriculum di letture ordinato e credo invece negli accostamenti impossibili”. Così accanto alla figura del “ragno”, leggiamo “meraviglia, meditazioni, stimoli e brividi”; a quella del “gufo”, “ho sentito il gufo ripetere la sua concava nota presaga” e a quella del “guerriero”, “Noi propaggine ribelle Di molto ingegno e poco senno”. Citazioni che pure aiutano a scoprire tratti inediti di una personalità così sfaccettata e complessa come quella di Levi, aprendoci un piccolo varco in quell’“ecosistema – asseriva arguto lo stesso scrittore – che alberga insospettato nelle mie viscere, saprofiti, uccelli diurni e notturni, rampicanti, farfalle, grilli e muffe”.









