CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 644

“The Broken Key”. Alla ricerca del Sacro Graal

Il 14 novembre prossimo al cinema Ideal anteprima del nuovo film del regista torinese Louis Nero. Nel cast di eccezione Franco Nero e Rutger Hauer 

 

 

Dopo aver esplorato i segreti di Dante nel docufilm intitolato “Il mistero di Dante”, il regista torinese Louis Nero è tornato dietro la macchina da presa, immergendosi nuovamente nei misteri della storia italiana e scegliendo, ancora una volta, una città ricca di esoterismo e di radici mitiche quale Torino. Lo ha fatto con il suo ultimo film dal titolo The Broken Key, che vanta un cast di tutto rispetto, con attori quali Christopher Lambert, Rutger Hauer (l’attore in Blade runner, protagonista del monologo “Ho visto cose che voi umani. ..”), Geraldine Chaplin, William Baldwin, Michael Madsen, Franco Nero, Kabir Bedi e Maria De Medeiros. Il film, che uscirà nelle sale dal 16 novembre prossimo, verrà presentato in anteprima in una serata speciale per il pubblico martedì 14 novembre prossimo, con proiezione alle 21.30 al cinema Ideal di Torino, in corso Beccaria 4. ” The Broken Key – spiega il regista Louis Nero – vuole rappresentare la ricerca del Sacro Graal, che si concentra nella chiave spezzata. Il protagonista, il ricercatore inglese Arthur J. Adams, viene spinto a compiere questo percorso avventuroso dal suo mentore, il professor Moonlight.

La sua ricerca del frammento mancante di un antico papiro, protetto dalla misteriosa confraternita dei seguaci di Horus, risulta ostacolata da una serie di misteriosi omicidi legati ai sette peccati capitali. Uno di questi, l’accidia, è impersonato dall’attrice Geraldine Chaplin, che è anche il guardiano del paradiso celeste, con sede nella Mole, punto centrale di tutto il film”. “Sono tuttavia molte le location che ho scelto per girare il film – aggiunge Louis Nero – tra cui alcune delle più belle piazze torinesi, quali piazza Castello e piazza Statuto, carica di esoterismo, alcuni palazzi prestigiosi come Palazzo Cisterna, dove ho collocato l’abitazione del professor Moonlight, il Palavela, dove ho girato alcune scene sul tetto, la galleria di Diana della Reggia di Venaria, il Museo Egizio e la Sacra San Michele, sede del paradiso terrestre”. “Il protagonista del mio film – conclude Louis Nero- dovrà anche addentrarsi nei meandri di una metropoli del futuro, una Torino del 2033, specchio della sua anima, dove circoleranno soltanto più quali auto delle Jaguar degli anni Settanta, ma riattualizzate in versione elettrica e con I Pad sul cruscotto, e sarà lì che riuscirà a ritrovare il pezzo mancante della chiave e a salvare l’umanità”.

 

Mara Martellotta

 

Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura

FINO AL 18 FEBBRAIO 2018 San Secondo di Pinerolo (Torino)

La sua prima mostra, ospitata nel 1935 alla Galleria “Il Milione” di Milano, dove espose opere di pura “astrazione musicale”, fu impietosamente stroncata nientemeno che dall’allora futurista Carlo Carrà, che le dichiarò “opere intelligenti, ma non sculture”. Troppo spigolose, troppo essenziali, prive di pathos. Troppo astratte (e per di più con quella strana declinazione al “musicale”) per essere allora comprese nella loro intima cifra stilistica ed emozionale. Si dovrà arrivare del resto agli anni Sessanta – con Calder o con Giacometti, solo per fare qualche nome – per concedere anche alla scultura quell’“audacia concettuale” già in precedenza sperimentata senza grossi inciampi interpretativi in campo pittorico. Certo, per l’allora trentaquatrenne Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986), dovettero rappresentare un boccone piuttosto amaro le dure parole riservate da cotanto maestro alla sua opera, dove “la musica– scriveva l’artista – mi ha richiamato, disciplinando con le sue leggi, distrazioni e divagazioni in un discorso equilibrato”. Ma non per questo allentò la forte passione e la voglia di ricerca tesa alla realizzazione della “forma pura” su cui per anni aveva lavorato a Torino nello studio di Pietro Canonica e poi all’Accademia di Brera a Milano come allievo di Adolfo Wildt e fianco a fianco con Lucio Fontana con cui strinse un lungo importante sodalizio, aderendo anche al “Kn”, il Manifesto di Carlo Belli, che Kandinsky definì come il “Vangelo dell’arte astratta”, così come al movimento parigino “Abstraction-Création”. Per non dimenticare la convinta partecipazione, insieme al gruppo degli astrattisti milanesi, alla prima mostra collettiva di arte astratta tenutasi nello studio di Casorati e Paulucci a Torino. Ingegnere per formazione (si laureò al Politecnico di Milano nel 1924, diplomandosi nello stesso anno anche come pianista professionista) ed artista per vocazione, a Melotti – che alla giusta notorietà arriverà alla fine degli anni Sessanta con due grandi personali meneghine alla “Toninelli” e a “Palazzo Reale” seguite da un’altra dedicatagli dal “Forte Belvedere” di Firenze, affermandosi come uno dei massimi esponenti dell’arte del Novecento – la “Fondazione Cosso” dedica, nelle sale del Castello di Miradolo, una bella retrospettiva dal titolo esemplare, “Quando la musica diventa scultura”, tesa anche a festeggiare (anniversario nel 2018) i primi dieci anni di attività della Fondazione. Artista poliedrico, Melotti fu insieme scultore, pittore, ceramista, scrittore e grande appassionato di musica. Della sua ricerca creativa, la mostra, curata da Francesco Poli e da Paolo Repetto, vuole sottolineare i due principali aspetti: da un lato i temi connessi alla sua profonda ispirazione musicale (con sculture che ricordano partiture musicali, perfino nei titoli che vanno da “Preludio” a “Contrappunto piano” così come a “Tema e Variazione” o a “Scala Musicale”), dall’altro quelli con valenze “più narrative, mitiche e favolistiche”. Il tutto attraverso un percorso espositivo contraddistinto da oltre ottanta opere – dalle note sculture in ottone e acciaio, alle raffinatissime ceramiche e ai dipinti, in prevalenza tecniche miste su carta o su pannelli in gesso – esposte in quattordici sale del Castello, dov’ è possibile apprezzare anche la bellezza e la singolarità dei suoi “pensieri” e “aforismi”. Di grande interesse anche la sezione centrale della rassegna “Assonanze”, dove le opere di Melotti sono poste a “dialogare” con quelle di grandi artisti che ne influenzarono la produzione o con i quali si legò di profonda amicizia. A cominciare da Fortunato Depero, anche lui roveretano e frequentato nella città capoluogo della Vallagarina, insieme all’architetto Gino Pollini – fra i fondatori del razionalismo italiano – al compositore Riccardo Zandonai e soprattutto al nipote prediletto, il celebre pianista Maurizio Pollini, del quale incoraggiò la carriera; per proseguire con Arturo Martini, Giorgio De Chirico, via via fino a Giorgio Morandi, Paul Klee, Vassili Kandinsky, Joan Mirò, Alexander Calder, Lucio Fontana per finire con Osvaldo Licini, Atanasio Soldati ed Ezio Gribaudo. A fare da suggestivo corollario all’esposizione, anche un’inedita installazione sonora di Roberto Galimberti (progetto artistico “Avant-dernière pensèe”), sulle note della rara partitura “44 Harmonies from Apartment House 1776”, composta da John Cage nel 1976 e presentata nella versione per quartetto d’archi di Irvine Arditti. E, in conclusione una particolare novità: la rassegna prevede infatti uno speciale allestimento per i più piccoli, per le scuole e le famiglie, dal titolo “Da un metro in giù”, con spazi espositivi che si compongono di pareti tattili e sensoriali, di quadri luminosi e pavimenti trasformati in scacchiere, mondi di narrazioni e personaggi immaginari.

Gianni Milani

“Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura” – Fondazione Cosso – Castello di Miradolo, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (To), tel. 0121/376545 – www.fondazionecosso.com Fino al 18 febbraio 2018 – Orari: ven. 14/18,30; sab. dom. e lun. 10/18,30 tutti i giorni possibilità di visita su prenotazione

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Nelle immagini:

– Fausto Melotti: “Scultura n. 11”, gesso, 1934

– Fausto Melotti: “Preludio II”, ottone, 1961

– Fausto Melotti: “Contrappunto piano”, ottone, 1973

– Fausto Melotti: “Kore”, ceramica, 1950

– Fausto Melotti: “Scultura n. 16”, 1935

Omaggio a Ceronetti

A Palazzo Cisterna, sede della Città Metropolitana di Torino (via Maria Vittoria, 12), avrà luogo l’OMAGGIO A GUIDO CERONETTI, TORINESE FUORI ORDINANZA. UN POETA CONTRO IL CONFORMISMO ED IL CONSUMISMO


L’omaggio a Guido Ceronetti, poeta, filosofo, scrittore, traduttore, giornalista, drammaturgo, che ha compiuto 90 anni l’agosto scorso, indagherà i multiformi aspetti del “genio” dell’autore, ad esempio, come traduttore dei classici latini e della Bibbia, come poeta anticonformista contro il consumismo imperante, come autore ed animatore del “Teatro dei Sensibili”, come assertore della scelta vegetariana.

Relazioni di: GUIDO DAVICO BONINO, storico del teatro; GIUSEPPE BIONDI, Ordinario di Lingua e Letteratura Latina; SARA KAMINSKI, Docente di Ebraico Moderno; VALTER VECELLIO, giornalista; CARMEN NICCHI SOMASCHI, Presidente nazionale dell’Associazione Vegetariana Italiana; GIOVANNI RAMELLA, critico letterario. Verrà inoltre proiettata la video intervista a Ceronetti realizzata dalla giornalista Vinicia Tesconi nella sua abitazione a Cetona. Coordinerà Marina ROTA.

Fois e la Grazia perduta

Un omaggio  all’unico premio nobel femminile italiano con una serata e un reading ispirati al “romanzo in forma di teatro” Quasi Grazia Sabato 18 novembre – ore 21 Biblioteca MoviMente piazzale 12 maggio 1944, 8 – Chivasso. Ingresso libero

Riscoprire Grazia Deledda insieme a Marcello Fois e al suo “romanzo in forma di teatro” Quasi Grazia con un incontro e un reading organizzati dal Premio Italo Calvino e dal Festival I luoghi delle parole. Sabato 18 novembre alle ore 21, negli spazi della biblioteca MoviMente di Chivasso, verrà reso omaggio all’unico premio Nobel femminile italiano a partire dalle pagine di un testo teatrale concepito per fornire un ritratto “in carne e ossa” della Deledda donna e scrittrice. Ad affiancare Marcello Fois nella riscoperta del valore letterario e della carica profondamente attuale di un’autrice troppo a lungo sottovalutata, saranno presenti Mario Marchetti, presidente del Premio Calvino, e le attrici Federica Bonani ed Eleni Molos, che proporranno alcune letture dal testo dello scrittore nuorese. «La mia idea, direi la mia ossessione, era che di questa donna, tanto importante per la cultura letteraria del nostro Paese, bisognasse rappresentare la carne. Come se fosse assolutamente necessario non fermarsi a una rievocazione “semplicemente” letteraria, quanto di una rappresentazione vivente». È con queste parole che Marcello Fois descrive il senso di Quasi Grazia (Einaudi, 2016), il testo teatrale con cui ha voluto celebrare una scrittrice che, ad oltre ottant’anni dalla morte, non ha ancora ricevuto il giusto riconoscimento, e di cui è necessario non solo rileggere l’opera, ma anche ricordare e ripercorrere l’esistenza: quella di una donna anticonformista, volitiva, troppo moderna per il suo tempo, e insieme, influenzata in modo profondo dai legami con una famiglia che osteggiò la sua vocazione letteraria, e con una terra, quella sarda, che non smise mai di chiamarla a sé. In Quasi Grazia, Fois fa emergere una Deledda intima, raccontandola attraverso tre momenti decisivi della sua vita. La immagina a Nuoro, la mattina in cui, a 29 anni, decide di lasciare la Sardegna e tutto quello che l’isola rappresenta; a Stoccolma, nel 1926, prima del conferimento del Nobel; a Roma, nel 1935, nell’ambulatorio medico in cui le viene diagnosticato il tumore che, un anno dopo, la porterà alla morte. Insieme a Grazia, Fois presenta le figure che più condizionarono la sua vita: la madre Francesca, che non condivise il suo entusiasmo per la letteratura e, anzi, osteggiò sempre il suo sogno di diventare scrittrice, e il marito Palmiro Madesani, che al contrario, si dedicò con tutto se stesso ad aiutare la moglie a realizzare la propria vocazione. Tre momenti, quelli immaginati da Fois, che permettono di seguire le tracce della vita di Grazia Deledda – della sua vocazione letteraria, della sua dedizione alla scrittura e della sua perseverenza all’interno di un contesto che non le riconosce il suo valore, del sodalizio con il marito Palmiro – ma che conducono anche a riflettere e interrogarsi sulla scrittura, l’amore coniugale, il ruolo della donna e il senso del fare artistico.  Quasi Grazia, per la regia di Veronica Cruciani e prodotta da Sardegna Teatro, ha debuttato a Nuoro il 27 settembre 2017. A interpretare il ruolo di Grazia Deledda Michela Murgia, al suo esordio sulla scena: «sarda, scrittrice e attivista per i diritti delle donne, era ideale per generare un effetto doppelgänger».

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Marcello Fois (Nuoro 1960) vive e lavora a Bologna. È un autore prolifico, non solo in ambito letterario, ma anche in campo teatrale, radiofonico e della fiction televisiva. Esordisce nel 1992 con il romanzo Picta, vincitore del Premio Italo Calvino. A questo sono seguiti numerosi altri libri, tra cui Nulla (Il Maestrale, 1997, Premio Dessì), Sempre caro (Il Maestrale – Frassinelli 1998, Premio Scerbanenco-Noir in festival e Premio Zerilli-Marimò, poi ripubblicato da Einaudi nel 2009), Gap (Frassinelli, 1999), Sangue dal cielo (Il Maestrale – Frassinelli, 1999), Dura madre (Einaudi, 2001), Piccole storie nere (Einaudi, 2002), L’altro mondo (Frassinelli – Il Maestrale, 2002), Materiali (Il Maestrale, 2002), Tamburini (Il Maestrale, 2004), Memoria del vuoto (Einaudi, 2007, Premio Super Grinzane Cavour, premio Volponi e premio Alassio), Stirpe (Einaudi, 2009), Nel tempo di mezzo (Einaudi, 2012, finalista al Premio Strega e al Premio Campiello), L’importanza dei luoghi comuni (Einaudi, 2013), Luce perfetta (Einaudi 2015), Quasi Grazia (Einaudi, 2016), Del dirsi addio (Einaudi, 2017).

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MARCELLO FOIS E LA GRAZIA PERDUTA: ALLA RICERCA DI DELEDDA DONNA E NARRATRICE

con Marcello Fois e Mario Marchetti, letture di Federica Bonani ed Eleni Molos

a cura del Premio Italo Calvino e del Festival I Luoghi delle Parole

sabato 18 novembre – ore 21 Biblioteca MoviMente – piazzale 12 maggio 1944, 8 – Chivasso

ingresso libero

www.premiocalvino.it

programma del Festival: http://www.associazione900.it

 

Sì della Città a “Torino Arti Performative”

Via libera  dalla Giunta comunale alle nuove linee guida per lo sviluppo e il sostegno alle arti perfomative nel triennio 2018-2020. Su proposta dell’assessora Francesca Leon l’esecutivo ha detto sì a “Torino Arti Performative”, un progetto volto a creare un rapporto di fiducia e ad attivare percorsi di collaborazione con i molti soggetti che compongono il mondo delle arti performative. Si tratta di un’iniziativa che si propone di rinnovare le modalità con cui la Città sostiene le attività teatrali e la danza. “Intendiamo lavorare ponendo attenzione alle realtà emergenti, sollecitando collaborazioni e contaminazioni tra professionisti diversi per vocazione e dimensione di impresa, in uno stretto rapporto con il territorio su cui insistono – sottolinea l’assessora alla CulturaFrancesca Leon -. Per renderlo possibile – continua Leon – è necessario disporre di un modello operativo con risorse economiche dedicate che permetta una maggiore inclusione, premi la capacità di elaborare idee di qualità e valorizzi l’impegno per realizzarle”.  Il nuovo modello, elaborato dall’assessorato alla Cultura a seguito dei numerosi incontri con le Fondazioni partecipate, agis, comitato emergenza cultura e compagnie teatrali e di danza, ha l’obiettivo di ridefinire e ampliare il precedente Sistema Teatro Torino, recependo anche i recenti cambiamenti della normativa che regolamenta il Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo). Torino Arti Performative prevede una Cabina di regia composta da Città di Torino Ufficio Arti Performative, dalle Fondazioni Teatro Stabile di Torino, Teatro Ragazzi e Giovani, Teatro Piemonte Europa e Piemonte dal Vivo(quale strumento della Regione Piemonte). Tale organismo avrà tra le sue finalità la condivisione delle linee guida per l’attribuzione delle risorse, azioni di supporto rivolte agli operatori del settore come, per esempio, fornire assistenza tecnica, organizzativa e produttiva e la definizione di strumenti di valutazione e monitoraggio delle attività i cui risultati saranno condivisi con i soggetti interessati.  L’attuazione delle linee guida stabilite nella Cabina di regia sarà a cura della Fondazione del Teatro Stabile di Torino che attiverà sinergie artistiche e operative attraverso azioni specifiche tramite bandi e convenzioni; la messa a disposizione di spazi, risorse tecniche e organizzative. Compito delle Fondazioni Teatro Ragazzi e Giovani e Teatro Piemonte Europa, sarà quello di contribuire attraverso risorse organizzative, tecniche e spazi, individuando in Piemonte dal Vivo un ruolo specifico nell’ambito della distribuzione e della formazione. Compito dell’ufficio Arti Performative sarà coordinare la Cabina di regia; promuovere e predisporre tavoli di lavoro con gli operatori del settore per consentire un confronto continuo sulle linee di indirizzo e sui risultati; verificare e monitorare in itinere le attività previste dalle convenzioni stipulate dal Teatro Stabile di Torino e con le Fondazioni partecipate. Queste, oltre a interagire con la rete territoriale, contribuiranno al sistema teatro-danza con attività di produzione, co-produzione, ospitalità, progetti di formazione e fornitura di servizi.

Il Falstaff al Regio per la regia di Abbado

L’ultima opera di Verdi di ispirazione shakespeariana

Al Teatro Regio, mercoledì 15 novembre  alle 20, va in scena lo spirito giovane del Verdi anziano con il Falstaff, che trae punto dalla commedia shakespeariana de “Le allegre comari di Windsor”. Ma alla sua origine ci sono anche lo straordinario amore del compositore per Shakespeare, che gli fece accarezzare il progetto di musicare anche il Re Lear, e il desiderio di comporre un’opera comica, dopo che, nel 1840, il suo “Un giorno di regno” riscosse un clamoroso insuccesso, tanto che Rossini affermò che egli non aveva talento comico. Tra i suoi 76 e 79 anni Verdi lavorò al Falstaff, dopo il successo ottenuto con l’Otello su libretto di Arrigo Boito, andato in scena alla Scala di Milano il 5 febbraio 1887. Il soggetto del Falstaff, già musicato da Salieri nel 1798 e da Otto Nicolai nel 1849, andò in scena davanti al pubblico scaligero il 9 febbraio 1893, alla presenza di eminenti personalità del mondo della cultura, quali Carducci, Matilde Serao, Leoncavallo, Puccini e Mascagni. L’opera otteneva uno straordinario successo, presentava un libretto screziato in filigrana di alcuni preziosismi linguistici, le romanze erano poche, le forme chiuse erano state abolite, il tutto era percorso da una sottile ironia. Per la maggior parte della critica il Falstaff risulta l’opera più perfetta tra quelle verdiane, quella che in sé assomma tutte le virtù, la punta più elevata di una ricerca proiettata su un nuovo secolo, capace di intessere relazioni con la tradizione europea, pur rimanendo salda alle sue radici italiane. In questa opera Verdi, con il contributo fondamentale della cultura cosmopolita di Boito come librettista, è riuscito a realizzare nella sua tarda età una visione del mondo traboccante di giovinezza e di spirito, se non addirittura giovanile. Falstaff rappresenta, infatti, una conquista sia umana sia artistica; incarna il punto di vista di chi, celebrando la superiorità intuitiva delle donne sulla forza raziocinante degli uomini, è perfettamente consapevole che il futuro appartiene alle Nanette e ai Fanton ma, al tempo stesso, è conscio che la vita, anche al suo declinare, rimane sempre il sogno di un’eterna giovinezza. Accanto all’ Orchestra e Coro del Teatro Regio, diretti dal maestro Donato Renzetti, interpreti dell’opera, di cui firma la regia Daniele Abbado, saranno i baritoni Corrado Alvarez nel ruolo di Sir John Falstaff e Tommy Hakala in quello di Ford, marito di Alice, il tenore Francesco Marsiglia nel ruolo di Fenton, e la soprano Erika Grimaldi in quello di Mrs Alice Ford.

 

Mara Martellotta

 

“The broken key” arriva sugli schermi

Alla Mole Antonelliana di Torino, sede del Museo nazionale del Cinema, si è svolta la presentazione di The broken key, il nuovo film di Louis Nero

DAL 16 NOVEMBRE TUTTI AL CINEMA CON THE BROKEN KEY

Giovedì 16 novembre esce nelle sale di tutta Italia (nel numero di ben 220 copie) l’ultimo film di Louis Nero ” The broken key”, prodotto da Louis Nero Film, TFP, la britannica Red Rock Entertainment, l’americana Fantastic Film International e realizzato con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte. Il film – realizzato in circa 10 settimane di riprese svoltesi tra novembre 2015 e giugno 2016 – si muove tra le atmosfere del thriller e della fantascienza, offrendoci l’immagine di una esoterica Torino del futuro. ” Il mio intento – ha spiegato il regista durante la conferenza stampa di presentazione alla Mole – è quello di far rivivere al pubblico, come al protagonista, un percorso di purificazione spirituale dai peccati. Un film concepito sulla linea orizzontale delle Sette Arti Liberali , la cui pratica ascetica – secondo l’interpretazione dantesca – può portare alla trasmutazione dei Sette Peccati capitali nelle corrispondenti Virtù Cardinali”. La storia è ambientata in un futuro non lontano, in un mondo controllato dalla ” Grande Z”: la Zimurgh Corporation, un mondo nel quale la carta è un bene raro e stampare è reato. Il protagonista, il ricercatore inglese Arthur J.Adams, si mette alla ricerca del frammento mancante di un antico papiro, protetto dalla misteriosa confraternita dei seguaci di Horus, ma viene ostacolato da indecifrabili omicidi legati ai sette peccati capitali. Arthur dovrà addentrarsi nei meandri di un’impenetrabile metropoli del futuro , specchio della sua anima, per ritrovare il pezzo mancante e salvare così l’umanità intera. Paolo Damilano, Presidente di FCTP, riconosce a Louis Nero il grande merito di riuscire sempre ad arruolare nomi del calibro di Christopher Lambert, Rudger Hauer, Geraldine Chaplin, Michael Madsen, Franco Nero, William Baldwin , Maria De Madeiros, Kabir Bedi. Tra gli interpreti ” nostrani” anche Andrea Cocco ( ex GF) e Diana Dell’Erba. “The broken key è stato realizzato da due importanti realtà produttive torinesi , che mediante questo ambizioso progetto – ha sottolineato Paolo Tenna, AD di FIP Film Investimenti Piemonte – contribuiranno a diffondere in oltre 60 paesi un’immagine nuova e originale della nostra città. Louis Nero è la dimostrazione vivente che è possibile fare un cinema di qualità uscendo dalle tradizionali logiche commerciali”. Paolo Manera, Direttore di Film Commission Torino Piemonte, ha evidenziato l’ampio utilizzo delle location di prestigio – tra cui la Sacra di San Michele, l’Accademia delle Scienze, il Museo Nazionale del Cinema, il Museo Egizio, l’Archivio di Stato, la Reggia di Venaria, il Mauto – è stato reso possibile grazie alla sinergia tra la produzione e FCTP e alla disponibilità degli enti coinvolti , che hanno compreso le potenzialità del film come veicolo promozionale”. Secondo Franco Nero, che da quindici anni collabora con Louis e che insieme a lui ha fatto diversi lavori, a cominciare dal film Hans ” Louis con The broken key ha fatto un film fuori dai suoi canoni, un film di genere, ma con l’intellettualità tipica di Louis. Ha fatto un gran lavoro con pochissimo budget. Per un film del genere negli USA avrebbero speso 20-30 milioni di euro”. Luigi Boggio, distributore e proprietario del Cinema Ideal, che ospiterà l’anteprima del film martedì 14 novembre,definisce questo film come”Industria” con la i maiuscola. Non ha niente da invidiare ai prodotti americani sia per il copione sia per la recitazione sia per la fotografia. Per non parlare delle musiche originali di Lamberto Curoni. Louis è un meticoloso: ha fatto anche 50 ciak per la stessa scena”.

Helen Alterio

Alla presentazione Sono intervenuti, oltre al regista Louis Nero:
Francesca Leon, Assessora alla Cultura, Città di Torino:
Avere Torino protagonista di un film così importante è per noi motivo di orgoglio e significativo. Il cinema può aiutare la città a costruire una immagine di sé. E può portare lavoro concreto sul territorio Siamo grati alla produzione che ha lavorato sulla città e sul patrimonio culturale.
Paolo Damilano, Presidente Film Commission Torino Piemonte
Louis Nero è uno dei ragazzi più intraprendenti del nostro cinema. Utilizza maestranze locali e valorizza luoghi e location del Piemonte, che è esattamente uno degli obiettivi di Film Commission. Inoltre Louis ha la grande capacità di riuscire a coinvolgere star importanti. 
Paolo Tenna, Presidente e AD FIP – Film Investimenti Piemonte
Possiamo definire Louis Nero con quattro qualità: capacità, intelligenza, tenacia, caparbietà. Lui è la dimostrazione vivente che è possibile fare un cinema di qualità uscendo dalle tradizionali logiche commerciali. E siamo orgogliosi di averlo sostenuto. Il film è stato girato al 100% a Torino e in Piemonte ma ha respiro internazionale, e contribuisce a alla creazione di una classe produttiva e dirigenziale che può dimostrare come il nostro territorio sia in grado di produrre e non solo di accogliere.
Franco Nero, attore
Da quindici anni collaboro con Louis. Abbiamo fatto tanti lavori insieme, fin dal film Hans.Louis con The Broken Key ha fatto un film fuori dai suoi canoni. Si tratta di un film di genere, ma con l’intellettualità tipica di Louis. Ha fatto un gran lavoro con pochissimo budget. Per un film del genere in USA avrebbero speso 20-30 milioni di euro.
Luigi Boggio, distributore (proprietario cinema IDEAL)
Se fossi un giornalista scriverei: “questo film è Industria con la i maiuscola. Non ha niente da invidiare ai prodotti americani. Sia per il copione, sia per la recitazione, sia per la fotografia.” Louis è un meticoloso: ha fatto anche 50 ciak per la stessa scena. 

Gino Bartali, il campione su due ruote che salvò la vita a centinaia di ebrei

Grande campione sui pedali e nella vita, a Gino Bartali è stato riconosciuto – quattro anni fa –  il titolo di “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem, il memoriale  delle vittime ebree dell’olocausto fondato di Gerusalemme. Un titolo denso di valore e significato, assegnatogli alla memoria per la sua vicenda umana straordinaria. E’ documentato come il famoso “Ginettaccio” , nato nel 1914 a Ponte Ema, un sobborgo di Firenze, e scomparso nel 2000, durante il fascismo salvò centinaia di ebrei dalla deportazione. Il campione, che divise l’Italia nella sana rivalità con il piemontese Fausto Coppi non fu solo grande sui pedali, vincendo tre Giri d’Italia (1936, 1937 e 1946) e due Tour de France (1938 e 1948). Grazie  alle ricerche negli archivi francesi e italiani, e all’ascolto di testimoni e familiari , è emerso l’impegno  concreto e generoso con il quale contribuì, correndo grandi rischi, a salvare in silenzio centinaia di  ebrei. Per lo Yad Vashem Gino Bartali “un cattolico devoto, nel corso dell’occupazione tedesca in Italia ha fatto parte di una rete di salvataggio i cui leader sono stati il rabbino di Firenze Nathan Cassuto e l’arcivescovo della città cardinale Elia Angelo Dalla Costa“. Il grande ciclista, si legge sul sito dell’Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele di Gerusalemme , agì “come corriere della rete, nascondendo falsi documenti e carte nella sua bicicletta e trasportandoli attraverso le città, tutto con la scusa che si stava allenando. Pur a conoscenza dei rischi che la sua vita correva per aiutare gli ebrei, Bartali ha trasferito falsi documenti a vari contatti e tra questi il rabbino Cassuto“. ll periodo in cui lavorò più intensamente per mettere in salvo gli ebrei è tra il settembre 1943 e il giugno 1944.  Bartali  divise il tifo sportivo di tutta una nazione nella storica rivalità con Fausto Coppi ed ha sempre avuto molti estimatori anche in Piemonte. Poco oltre il confine del Monginevro, a Briançon c’è una targa che ricorda le sue imprese più grandi, come quella del 15 luglio 1948 quando – partito da Cannes e dopo aver attraversato i colli d’Allos, di Vars e soprattutto dell’Izoard, Bartali entrò nella storia, recuperando i venti minuti di svantaggio che lo separavano dalla maglia gialla Louison Bobet e avviandosi a vincere il suo secondo e ultimo Tour de France. Notissimo oltre che per le imprese sui pedali anche per le memorabili e fulminanti  battute, condite con l’immancabile  «L’è tutto sbagliato l’è tutto da rifare» ,  rimarrà nei ricordi di tutti. Di questa straordinaria prova di altruismo non si  vantò mai. E questo lo rende ancora più grande.

Marco Travaglini

Oggi al cinema

TUTTE LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

Addio fottuti musi verdi – Commedia. Regia di Francesco Ebbasta, con Simone Ruzzo, Fabio Balsamo, Beatrice Arnera, Roberto Zibetti e Ciro Priello. Il gruppo di videomaker The Jackal arriva al cinema con il tema della disoccupazione: scomodando persino gli alieni. Napoletano in cerca di lavoro, Ciro, di professione grafico, quel lavoro proprio non lo trova. I culliculum li ha mandati in ogni parte ma niente. Perché, ultima spiaggia, non mandarne pure uno nello spazio? Là troverà una società aliena che ha i propri pilastri nella professionalità, nella estrema competenza e nella meritocrazia, cose che in terra manco sanno che sono. Durata 93 minuti. (Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Auguri per la tua morte – Horror. Regia di Christopher Landon, con Israel Broussard, Ruby Modine e Jessica Roth. Tree, giovane studentessa, si sveglia dopo una notte di bevute nella camera dell’altrettanto giovane Carter. La sera è vittima di un assassino: per risvegliarsi il giorno successivo nelle medesime modalità e per vedere continuamente ripetute vita e morte. Dovrà scoprire il proprio assassino se vorrà interrompere gli eventi. Durata 96 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci anche in V.O.)

 

Borg McEnroe – Drammatico/biografico. Regia di Janus Metz Pedersen, con Shia LaBeouf, Sverrir Gudnason e Stellan Skarsgård. Due campioni, due storie e due personalità diversissime, gli stili che catturano opposte folle di fan, i movimenti freddi e calibrati dell’uno contro quelli nervosi e impetuosi dell’altro, la calma contro il nervosismo, la loro rivalità che li vide a confronto per 14 volte tra il ’78 e il 1981, fino alla finale di Wimbledon, che qualcuno ancora oggi considera una delle più belle partite della storia del tennis. Fino alla loro amicizia, fuori dai campi. Durata 100 minuti. (Centrale V.O., Massaua, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Dove non ho mai abitato – Commedia. Regia di Paolo Franchi, con Fabrizio Gifuni, Emmanuelle Devos e Giulio Brogi. Dall’autore di “Nessuna qualità agli eroi” con Elio Germano. Dove un anziano architetto riesce a riunire, in occasione della costruzione di una villa, la figlia che vive a Parigi dopo aver sposato un ricco finanziere e l’allievo in cui ha sempre maggiormente creduto, ambizioso. Un nuovo rapporto, nuovi sentimenti. Girato a Torino. Durata 93 minuti. (Massimo sala 2)

 

Geostorm – Azione. Regia di Dean Devlin, con Gerard Butler, Jim Sturgess, Abbie Cornish, Andy Garcia e Ed Harris. Due fratelli impegnati a salvare il mondo da un’imminente catastrofe. Mentre i capi di stato delle maggiori potenze mondiali si riuniscono per definire la realizzazione di una complessa rete di satelliti in grado di controllare le condizioni meteorologiche e garantire la sicurezza dei cittadini, ecco che per un malfunzionamento tecnico il sistema che dovrebbe porre tutti in salvo è la causa della imminente distruzione della Terra: tempeste, tsunami, frane, uragani e terremoti. In una corsa contro il tempo i due uomini dovranno tentare di salvare ogni essere umano. Durata 109 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

Gifted – Il dono del talento – Regia di Marc Webb, con Chris Evans, Mckenna Grace e Octavia Spencer. Al centro Mary, una ragazzina di sette anni, che come la madre ha una passione incondizionata per la matematica; accanto a lei lo zio Franck che vorrebbe offrire alla nipotina una vita normale e la nonna materna per cui quella passione va di giorno in giorno accresciuta. Durata 101 minuti. (Greenwich sala 1, Uci)

 

Good Time – Azione. Regia di Benny e Joshua Safdie, con Robert Pattinson, Jennifer Jason Leigh e Benny Safdie. Connie e Nick, due fratelli, una rapina in banca per sottrarre alla cassa 65mila dollari. L’uno è l’asse portante della coppia, il motore che fa girare la vita dell’altro e le differenti storie tutte intorno, Nick è il ragazzo più debole, che si fida ciecamente del fratello, quello fuori di testa che va sorretto ad ogni istante. La rapina non è proprio un successo e Nick ci casca, carcere e ospedale, anche con il tentativo di Connie di rapirlo e strapparlo alla struttura, con il risultato di portarsi l’uomo sbagliato. Intorno la notte, la New York dei Queens, gli altri sbandati incontrati per strade: con la critica unanime a ripetere che Pattinson, nella gran voglia di scuotersi di dosso il personaggio di “Twilight”, sta sulla scena con la verità di un consumatissimo e maturo attore. Durata 100 minuti. (Classico anche in V.O.)

 

IT – Horror. Regia di Andrés Muschietti, con Bill Skarsgård, Sophia Lillis, Jeremy Ray Taylor e Jaeden Lieberher. Tratto dal romanzo del “maestro” Stephen King, perla rara nel genere ai recenti botteghini Usa. Durante un temporale, il giovanissimo George guarda la sua barchetta di carta scendere giù per i rivoli d’acqua e scomparire nella fogna di Derry, piccola città del Maine che sembra il ricettacolo di ogni male. Là è nascosto IT, che si nasconde sotto gli abiti e il viso colorati di Pennywise, vero orco per le giovani vittima che scoverà in città. Sette ragazzini pieni di paure, molestati, dalla debole salute, grassi e spaventati, con grosse lenti poggiate sul naso, neri ed ebrei. Tutti pronti a unirsi pur di distruggere il Male. Salvo rimandare la conclusione delle gesta ad un prossimo capitolo, buttato al di là di una trentina d’anni, in un’età più che matura. Durata 135 minuti. (Massaua, Lux sala 3, The Space, Uci)

 

Malarazza – Drammatico. Regia di Giovanni Virgilio, con Stella Egitto, Paolo Briguglia e David Coco. Degrado e bellezza a Catania, al centro della storia una famiglia mafiosa, una moglie maltrattata e un figlio che attorno a sé non vede altro che male, la speranza di un riscatto sociale, un nuovo boss emergente, lo spaccio della droga. Durata 94 minuti. (Uci)

 

Il mio Godard – Biografico. Regia Michel Hazanavicius, con Louis Garrel, Bérénice Bejo e Stacy Martin. Con una buona dose di ironia nei confronti di quella critica francese che dagli anni Sessanta ha guardato alla figura di Godard in un misto di rispetto ed esaltazione, Hazanavicius – sopravvalutassimo autore oscarizzato con il muto “The Artist”, (ri)caduto con “The search” – tenta di descrivere il Sessantotto, il maoismo, le proteste contro la guerra in Vietnam, gli scritti e le arringhe, la politica nella vita e dietro la macchina da presa, l’amore per Anne Wiazemsky, la gelosia e il possesso dell’autore della “Cinese”. Durata 107 minuti. (Romano sala 3)

 

Mistero a Crooked House – Drammatico. Regia di Gilles Paquet-Brenner, con Glenn Close, Christina Hendricks, Max Irons, Julian Sands e Gillian Anderson. Basato sul romanzo di Agata Christie pubblicato in Italia con il titolo “È un problema”, il film è un giallo corale, quelli che tanto piacevano all’autrice: un confronto incrociato tra i componenti di una ricca famiglia inglese. Per ottenere finalmente la mano della ricca Sophia, il giovane investigatore privato Charles Hayword deve risolvere il mistero che avvolge la morte del nonno della ragazza. Mentre tutti puntano il dito contro la giovane seconda morte dello scomparso, spetterà a Charles scoprire nuovi moventi e indizi e la verità. Per chi già non conosce il romanzo di partenza, una inaspettata risoluzione finale, magari anche troppo fuori da quella umanità corrotta su cui la Christie ha per anni indagato. Un buon prodotto, con le carte in regola, di sceneggiatura e interpretative soprattutto, con il piacere da parte dello spettatore di inseguire sviluppi e finali. Durata 105 minuti. (Eliseo Grande, Nazionale sala 1, Uci)

 

Mr. Ove – Commedia. Regia di Hannes Holm, con Rolf Lassgård, Ida Engvoll e Bahar Pars. Il signor Ove è un pensionato isolato e sempre di malumore, che trascorre le proprie giornate a far rispettare le regole dell’associazione dei condomini – che un giorno presiedeva – e andando a far visita alla tomba della moglie, un uomo che pare aver rinunciato del tutto alla vita. Finché un giorno ecco comparire i nuovi vicini di casa: con essi il signor Ove pare stringere una nuova amicizia. Durata 116 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Romano sala 3)

 

Non c’è campo – Commedia. Regia di Federico Moccia, con Gianmarco Tognazzi e Vanessa Incontrada. Tempi duri per le gite scolastiche. Due insegnanti sono alle prese con una di queste, chiaramente con tanto di discepoli al seguito, verso un grazioso paesello dove un artista con i piedi ben piantati nella sperimentazione più attuale li attende per una settimana di studi ed esercitazioni. Ovvero la creatività al potere. Ma tutto sembra ridursi ad un buco del mondo: soprattutto per il fatto che, come sintetizza il titolo, i telefonini in quel tetro angolo non prendono. Come faranno i nostri, adulti e no, a sopravvivere? Durata 90 minuti. (Uci)

 

Paddington 2 – Commedia. Regia di Paul King, con Brendan Gleeson, Hugh Grant, Sally Hawkins e Ben Whishaw. L’orsetto inventato dalla fantasia dello scrittore inglese Michael Bond è in cerca di un regalo per la centenaria zia Lucy. Scova nel negozio di antiquariato del signor Gruber un antico libro, prezioso, che verrà rubato e del cui furto verrà sospettato un fascinoso attore. Durata 95 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

La ragazza nella nebbia – Thriller. Regia di Donato Carrisi, con Toni Servillo, Alessio Boni, Galatea Renzi, Michela Cescon e Jean Reno. Lo scrittore Carrisi passa dietro la macchina da presa, adattando per lo schermo un suo romanzo di successo. Narrando del detective Vogel inviato in un piccolo paese di montagna, vittima sotto choc di un incidente, incolume ma con gli abiti sporchi di sangue, un mite e paziente psichiatra che tenta di fargli raccontare quanto è accaduto. Vogel è lì per occuparsi della sparizione di una ragazzina di soli sedici anni, avvenuta alcuni mesi prima: un groviglio di segreti che arriva dal passato, un piccolo paese dove nulla è ciò che sembra e nessuno dice tutta la verità. Impianto ferreo ma pure con qualche scricchiolio nella parter finale; soprattutto un gioco di scatole cinesi che suona come uno snocciolarsi di colpi di scena ma che è anche un aggrovigliarsi che sbanda e fuoriesce dal campo della chiarezza. Servillo è ormai Servillo, quasi monumento a se stesso, Boni produce qualche bella emozione in più, la Cescon piuttosto inverosimile, gli altri a far parte di un piccolo presepe di montagna ormai cristallizzato. Comunque se dovessimo buttar giù una classifica con “L’uomo di neve” l’Italia batterebbe la fredda Norvegia per molti punti a zero: da noi c’è parecchia più vita, pur tra rapimenti e morti. Durata 127 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Saw: Legacy – Horror. Regia di Michael e Peter Spierig, con Tobin Bell e Laura Vandervoort. Se il seriakiller di un tempo è morto, eccone un altro fresco fresco con la stessa volontà, a voler far fuori quanti si sono prodotti in crimini e colpe per i quali dovranno pagare. E se fosse Kramer tornato a continuare la proprie personali vendette? E se al contrario qualcuno ne volesse emulare le gesta (e gli effettacci)? Durata 91 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

Terapia di coppia per amanti – Commedia. Regia di Alessio Maria Federici, con Ambra Angiolini, Pietro Sermonti e Sergio Rubini. Tratto da un romanzo di Diego De Silva, narra di Viviana e Modesto, un tempo vivaci amanti ormai in definitivo tempo di crisi. Un aiutino per salvare la loro situazione, se possibile, e con essa quella delle rispettive famiglie: ed ecco allora che non si può far altro che rivolgersi ad un terapeuta che ha la faccia di Rubini. Pure lui non privo di qualche piccolo problema da risolvere in campo sentimentale. Durata 97 minuti. (Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

The Place – Drammatico. Regia di Paolo Genovese, con Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Sabrina Ferilli, Giulia Lazzarini, Silvio Muccini, Vittoria Puccini, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi. Un film corale, un’ambientazione unica, una bella carrellata di attori italiani per altrettanti personaggi che Paolo Genovese – l’autore di quel piccolo capolavoro che è “Perfetti sconosciuti” – ha basato su una serie americana, ripensata e adattata, “The Booth at the Edge”, creta dall’autore e produttore Christopher Kubasik nel 2010. Un uomo misterioso, giorno e notte ospite abituale di un bar, con il suo tavolo sul fondo del locale, e personaggi e storie che a lui convogliano, di uomini e donne, lui pronto a esaudire desideri e a risolvere problemi in cambio di alcuni “compiti” da svolgere. Tutti saranno pronti ad accettare quelle richieste? Durata 105 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 2, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

The Square – Drammatico. Regia di Ruben Östlund, con Elisabeth Moss, Dominic West, Claes Bang, Terry Notary e Linda Anborg. Palma d’oro all’ultimo Cannes. Protagonista del film è Christian, curatore di un importante museo di Stoccolma, divorziato e amorevole padre di due bambine, sempre all’inseguimento delle buone cause. Nel museo c’è grande fermento per il debutto di un’installazione, “The Square”, che invita all’altruismo e alla condivisione: ma quando gli viene rubato il cellulare per strada, Christian reagisce in modo scomposto. Nel frattempo, l’agenzia che cura le pubbliche relazioni del museo crea un’inaspettata campagna pubblicitaria a promuovere l’installazione, ottenendo una risposta da parte del pubblico che manda in crisi sia Christian che il museo stesso. Durata 142 minuti. (Massimo sala 1anche in V.O., Nazionale sala 2, Uci)

 

Thor: Ragnarok – Fantasy. Regia di Taika Waititi, com Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Cate Blanchett e Tom Hiddleston. Il verde Hulk a dare una mano al dio del tuono, questa volta privato del suo fantastico martello e in lotta con Hela, la dea della morte, che vorrebbe prendersi il trono di Asgard, e ancora prigioniero in una terra lontana dove è costretto a combattere per il piacere di un tiranno amante del rischio e pronto a manipolare le deboli vite altrui. Durata 130 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Una donna fantastica – Drammatico. Regia di Sebastiàn Leilo, con Daniela Vega. Marina è una donna giovane e attraente, innamorata di un uomo di vent’anni maggiore di lei. All’improvviso l’uomo muore: è in quel momento che la sua natura transgender la metterà di fronte ai pregiudizi della società in cui vive. Ma lei è una donna forte e coraggiosa, pronta a battersi contro tutto e contro tutti per difendere la propria identità e i propri sentimenti. Durata 104 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Una questione privata – Drammatico. Regia di Paolo e Vittorio Taviani, con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellè. Dal romanzo di Beppe Fenoglio. “Over the rainbow” è il disco più amato da tre ragazzi nell’estate del ’43. Si incontrano nella villa estiva di Fulvia, che gioca con i sentimenti di entrambi: con quelli di Milton, pensoso e riservato, con quelli di Giorgio, bello ed estroverso. Un anno dopo Milton, partigiano, si ritrova davanti alla villa di Fulvia ormai chiusa, il custode lo riconosce e insinua un dubbio, che Fulvia, forse, abbia avuto una storia con Giorgio. Ogni cosa pare fermarsi per il ragazzo, la vita, le amicizie, la lotta partigiana, è ossessionato dalla gelosia e vuole scoprire la verità. Deve ritrovare Giorgio ma l’amico di un tempo è stato fatto prigioniero dai fascisti. Durata 84 minuti. (Romano sala 2)

 

Vittoria e Abdul – Drammatico (ma piuttosto commedia). Regia di Stephen Frears, con Judy Dench, Ali Fazal, Michael Gambon e Olivia Williams. Nel 1887 Abdul lascia l’India per Londra, per poter donare alla regina settantenne, sul trono da oltre cinquant’anni, una medaglia, proprio in occasione del suo Giubileo d’Oro. La sovrana è attratta dalla cultura che l’uomo porta con sé, dalla sua giovinezza e dalla prestanza, contro lo scandalo che il suo nuovo amico semina in tutta la corte, che non esita a bollarla come pazza. Più “storiucola” che Storia, a tratti imbarazzante per quell’aria di operetta senza pensieri che circola all’interno: naturalmente per il regista di “Philomena” (da ricordare) e di “Florence” (da dimenticare) il ventiquattrenne Abdul è senza macchia, la vecchia e inamidata corte inglese da mettere alla berlina e allo sberleffo, il piccolo entourage regale che grida “sommossa” se ne ritorna tranquillo a servire la vecchia sovrana. Ma ci voleva ben altro polso e visuale, e qui Frears ha tutta l’aria di voler andare in pensione. Durata 112 minuti. (Ambrosio sala 3, Eliseo Blu, Reposi, Uci)