La voce storica dei Matia Bazar regala una versione inedita del brano con cui il gruppo vinse per la seconda volta Sanremo nel 2002.
“Voglio darti un messaggio d’amore di poche parole/ Resta a casa è la cura migliore/ migliore che c’é…Sai quanto bene fai/ In fondo, puoi/posso farlo anche io/Uniti per vincere/Dai, forti più che mai/Che male fa non toccarti più/Chiunque tu sia/Questo è un messaggio d’amore per te”.
Sono queste le parole nate al tempo del Coronavirus della nuova versione di ‘Messaggio d’amore’ disponibile su YouTube al link https://youtu.be/vFyx9oEH2ro), canzone con la quale Silvia Mezzanotte e i Matia Bazar vinsero per la seconda volta nel 2002 il Festival di Sanremo.
Un invito in musica rivolto alle persone di cuore a restare a casa, e unirsi alla raccolta fondi “Manfredonia Anti-Covid19” disponibile sulla piattaforma di crowdfunding Gofundme.com e promossa da ‘Pop Officine Popolari’ a supporto dell’Ospedale cittadino ‘San Camillo’. Che al momento, grazie alla consueta generosità dei pugliesi, ha superato quota 13mila euro, garantendo già quattro forniture di DPI e strumenti per l’operatività del nosocomio sipontino.
“Felice di aver dato il mio contributo al più bel ‘Messaggio d’amore’ che ci sia: un inno alla vita, una coccarda al petto per chi lotta con coraggio ogni giorno in prima linea, donando instancabilmente tutto sé stesso per il bene della collettività”, esordisce la voce storica dei Matia Bazar. “La musica è un linguaggio universale, e ha come fine quello di parlare a ogni cuore, indistintamente. Oltre a teatri e palasport, esistono palcoscenici ben più importanti, che anche a luci spente e senza ribalta possono contribuire invece ad accendere i riflettori su iniziative degne di nota, come in questo caso”, prosegue Silvia Mezzanotte.
“In quest’ultimo mese e mezzo, da Nord a Sud, ho ricevuto una pioggia di richieste di aiuto: ho pronunciato subito il mio sì, come nel più importante dei matrimoni, a tutti coloro che mi hanno contattata. Un modo per restare vicina al pubblico, anche quello più bisognoso, in una ideale tournée fatta di mani che si stringono e corpi che si abbracciano dal valore ancora più prezioso, specialmente in vista di una stagione estiva dalle piazze mute per artisti e pubblico”.
Per poi concludere: “Ringrazio l’amico medico, il Dottor Matteo Vairo, impegnato in prima linea contro il Covid-19 per avermi coinvolta in questo progetto e per avermi fatto conoscere Alessandro Di Lascia e Simona Paciello che hanno dato vita a questa intensa rilettura di una fra le canzoni più importanti del mio percorso umano e artistico. E, con loro, anche il Collettivo Artisti di Manfredonia si è unito al mio canto: Anna Miucci, Monica Paciello, Jole Virgilio, Simona Paciello, Cristina Bisceglia, Michele Bottalico, Amon e Gianpio Notarangelo al violino, incluso il videomaker Claudio Antonio Perrino.
E, in particolar modo, i miei fidati quattro moschettieri con cui condivido da anni la scena: Riccardo Cherubini alle chitarre, Lino De Rosa Davern al basso, Claudio Del Signore alla batteria e Michele Scarabattoli alle tastiere per aver completamente risuonato e riarrangiato gratuitamente il brano”.



In missione, da Venaria Reale a Gerusalemme. Una missione molto speciale, unica, affascinante, da brividi. Restaurare l’interno del Santo Sepolcro, rimettere in sesto il pavimento di duemila anni fa composto da grosse pietre calpestate nei secoli da sovrani, imperatori, papi, crociati, sultani e califfi, nonché da milioni di turisti
straordinaria: sistemare la pavimentazione interna alla Basilica che racchiude il sepolcro di Cristo dentro l’Edicola. Il pavimento è oggi molto malmesso, con lastroni mancanti e pietre sconnesse che rendono disagevole il percorso. Un intervento eccezionale: ogni pietra, vecchia di secoli, verrà datata e mappata, ed è stato scoperto che ci sono ancora pietre che risalgono al 325, al tempo in cui Costantino fece edificare la prima chiesa sui luoghi della Passione di Gesù. Un lavoro reso ancora più complesso dalla presenza massiccia e continua dei pellegrini che possono visitare la basilica dal mattino fino alle otto di sera. Poi tocca alle tre comunità cristiane, la Custodia di Terrasanta, il Patriarcato armeno e il Patriarcato greco-ortodosso, ripulire il pavimento spargendo petrolio e risistemare l’intero ambiente. Finite le pulizie di rigore entrano in scena gli Indiana Jones di Venaria che però hanno a disposizione soltanto tre-quattro ore perchè a mezzanotte ripartono le funzioni religiose dei cristiani, una comunità alla volta, che proseguono tutta la notte. I lavori saranno finanziati dalle tre principali comunità cristiane presenti all’interno del Santo Sepolcro: i due Patriarcati, greco-ortodosso e armeno e la Custodia di Terrasanta.



Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
disuso….discarica per disertori da quattro soldi ricollocati e informatori allo sbando di infima categoria..” Ecco Nat alle prese con più problemi: oligarchi russi che nella city riciclano soldi sporchi, reclutamento di amanti di suddetti oligarchi, la moglie blasonata di uno dei capi dell’MI6 che intrallazza con i miliardari russi e mette i bastoni tra le ruote alle spie che cercano di incastrarli. Insomma gli elementi per una bella spy story ci sono tutti. Aggiungete personaggi interessanti come la giovane Florence (idealista che svetta a capo della scalcagnata squadra del Rifugio), la moglie paziente e la figlia ribelle di Nat, il ricercatore Ed (che odia la Brexit Trump e Putin). Collocateli tutti sullo sfondo di un’Inghilterra in cui non ci si riconosce più, ed avrete tutte le coordinate per un libro che trasuda anche una certa rabbia politica.
Protagonista di queste intese 205 pagine è Mangiaterra, ragazzina che scopre presto di avere un potere misterioso. Un dono che è anche una maledizione.
scritto e pubblicato nel 1991 da uno dei massimi scrittori argentini della seconda metà del 900, Juan José Saer (nato nel 1937, morto nel 2005), ora tradotto da Nuova Frontiera. Sulle sponde del Rio de la Plata -dove sorgono le metropoli di Buenos Aires e Montevideo- nel 1516 c’era l’assoluta desolazione.
Un lavoro importante che ripercorre la tensione dei giorni immediatamente successivi al golpe dell’11 settembre 1973 attraverso il dolore e la malattia, le parole e il senso di vuoto provocato dalla morte del premio Nobel, autore di opere indimenticabili come “Canto generale” e “Confesso che ho vissuto”.
chilometri a sud di Valparaiso dove Pablo visse i sui ultimi giorni. Dopo aver visto lo spettacolo l’autista di Neruda, Manuel Araya raccontò a Renzo Sicco i suoi sospetti sul possibile omicidio del poeta. Dalle sue parole nacque l’inchiesta che portò a esumarne la salma e a stabilire,alcuni anni fa, che il poeta cileno non morì di cancro, come recita il certificato di morte. Gli esperti identificarono “una tossina nelle ossa che potrebbe aver causato la morte” di Neruda. Un particolare importante che confermò le ombre sulle responsabilità della polizia segreta del regime di cui l’intellettuale era un fermo oppositore. Assemblea Teatro e Sepùlveda collaborarono molto anche nella rappresentazione scenica de “Le rose di Atacama” e di altri lavori, in un rapporto che dal teatro civile diventò amicizia fraterna, rinsaldando quel legame tra lo scrittore cileno e Torino che più volte Luis Sepùlveda volle rimarcare.