CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 599

Premio Inedito, designati i finalisti

Il Comitato di Lettura del Premio InediTO – Colline di Torino presieduto da Valentino Fossati e formato dallo stesso Fossati (sezione Poesia), Francesco Delle Donne (Narrativa-Romanzo), Valeria De Cubellis (Narrativa-Racconto), Alfredo Nicotra (Saggistica), Simone Carella (Testo Teatrale), Guido Nicolas Zingari (Testo Cinematografico) e Valerio Vigliaturo (Testo Canzone) ha concluso la lettura delle 593 opere iscritte alle sette sezioni (Poesia, Narrativa-Romanzo, Narrativa-Racconto, Saggistica, Testo Teatrale, Testo Cinematografico, Testo Canzone) degli autori iscritti alla XVIII edizione provenienti da tutta Italia e dall’estero (Australia, Inghilterra, Francia, Germania, Spagna, Svizzera, Croazia, Romania, Albania). Dopo un’attenta e scrupolosa selezione, in cui sono emersi tendenze, temi e stili diversi, sono stati designati i nomi dei 50 finalisti e dei 7 minorenni in gara per il premio speciale “InediTO Young” in collaborazione con Aurora Penne. Le loro opere saranno sottoposte alla valutazione della Giuria presieduta dalla scrittrice Margherita Oggero e formata da Maurizio CucchiPaolo LagazziDavide RondoniDario SalvatoriCristiano Godano (Marlene Kuntz), Paolo Di PaoloMelania GiglioAndrea ZirioEnrico RemmertGaia RayneriVito CioceLinda MesserklingerLeonardo CaffoTindaro Granata nonché dai vincitori della passata edizione (Thomas Tsalapatis, Anna Francesca Vallone, Luca Hopps e Giuseppe Della Misericordia, Piervittorio Formichetti, Roberto Bruni, Alma Carrano, Francesco Chini “Le Teorie di Copernico” e Giulia Pratelli). I finalisti saranno presentati all’Arena Piemonte del Salone del Libro di Torino domenica 12 maggio ore 10.30 alla presenza di autori, giurati, autorità e partner del concorso, mentre, da questa edizione, la premiazione si svolgerà entro il mese di giugno. 

Scopri i nomi dei finalisti di InediTO 2019

Legal Contest. Opere civili ed Opere penali

Trionfo della sua pittura post espressionista, declinata nella variante di un dialogo tra il chiaro e lo scuro

“Legal Contest. Opere civili ed Opere penali” è il titolo della personale dell’artista torinese Pier Tancredi de-Coll’ che si inaugurerà mercoledì 27 marzo prossimo nella storica sede della Fondazione Croce, a palazzo Capris, in via Santa Maria 1. Saranno presenti insieme all’artista lo scrittore torinese Federico Audisio di Somma, che ha curato con il pittore alcuni volumi di arte e prosa, la curatrice di libri d’arte Paola Gribaudo, l’avvocato Emiliana Olivieri, segretaria della Fondazione Croce, insieme alla storica dell’arte Liletta Fornasari, cui si deve la curatela della mostra. La dicotomia del chiaro e dello scuro rappresenta il fil rouge di un’esposizione in cui emerge in tutta la sua evidenza il carattere post espressionista della pittura di Tancredi de-Coll’, un chiaro ed uno scuro che sono espressioni non soltanto cromatiche, ma sono capaci, invece, di diventare metafore delle inquietudini espresse dalle tematiche che emergono dalle opere. È post espressionista la pittura di Pier Tancredi de-Coll’, in quanto risulta capace di inglobare una visione soggettiva sia nell’uso del colore, sia nella scelta dei soggetti figurativi, dai ritratti ai paesaggi, fino alle scene di vita quotidiana. L’uso che egli fa del colore risponde, infatti, ad una funzione emozionale e passionale, accompagnata da una estrema semplificazione delle forme, con una netta eliminazione degli elementi superflui. Tancredi de-Coll’, artista che ha mosso i suoi primi passi nel mondo della pittura presso lo studio del pittore Serafino “Sergi” Geninatti, ha poi esordito come vignettista per i quotidiani torinesi Stampa Sera (1982-95) e La Stampa (1984-1995), imponendosi come uno dei massimi rappresentanti della grafica italiana. Particolarmente significativa la sinergia che si è creata negli anni tra Tancredi de-Coll’ e lo scrittore torinese Federico Audisio di Somma, accomunati dal carattere post espressionista delle rispettive arti. Insieme il vincitore del Premio Bancarella nel 2002 per il romanzo intitolato “L’uomo che curava i fiori” ed il pittore hanno realizzato opere di disegni e pittura quali “Il jazz del torello verde” e “Femmes, donne elettriche” (1984) con la prefazione di Gianni Versace. Secondo premio al Concorso “Sunday Painters 2015”, in occasione della Fiera internazionale di Arte contemporanea Artissima di Torino, Tancredi de-Coll’ ha poi ottenuto il primo premio della giuria della Mostra internazionale Artes 2017. Lo scorso anno ha esposto in una personale curata da Diletta Fornasari presso la Galleria Comunale di arte contemporanea di Arezzo. Prossimi suoi appuntamenti artistici saranno la partecipazione fino al 27 aprile prossimo alla manifestazione curata a Vieste da Stefania Maggiulli Alfieri e, dal 10 al 26 maggio prossimi, ad una personale a Salerno curata dal maestro Antonio Perotti, presso il Teatro delle Arti.
 

Mara Martellotta

Andy Warhol. Due Capolavori dalla Collezione Cerruti

Fino al 22 aprile
Due opere – se, come queste, sono per davvero consacrati “capolavori” – possono bastare. Sono sufficienti le due “serigrafie su tela” appartenenti alla maturità artistica di Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 – New York, 1987) e finora conservate nelle sale “museali” di Villa Cerruti a Rivoli, per mettere in piedi, come avviene al Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, sotto la curatela di Fabio Belloni e fino al prossimo 22 aprile, un evento espositivo di indubbio e significativo richiamo. Primo: per la qualità e la “storicità” della coppia di quadri esposti, attraverso i quali rendere omaggio a un artista di fama mondiale, sicuramente fra i più eclettici e influenti del Novecento, dal look esageratamente e orgogliosamente eccentrico, star più delle star hollywoodiane che ossessivamente popolano i suoi quadri e sublime “sintesi artistico-umana” dell’idea di Pop Art. Secondo: perché le due opere, messe in bella evidenza al primo piano del Castello di Rivoli, vogliono ricordarci, con la loro provenienza dalla vicina Villa Cerruti, il futuro prossimo del Castello juvarriano e della stessa Villa, voluta dal noto imprenditore torinese Francesco Federico Cerruti per ospitare la propria formidabile collezione d’arte e destinata in tempi più che brevi a diventare parte integrante del Polo Museale di Rivoli. Eccoci allora alle due opere. E’ del 1975 l’acrilico e serigrafia su tela “Hélène Rochas”, uno dei quattro dipinti dedicati da Warhol all’ex modella francese, già direttrice del colosso “Rochas”. Intraprendente elegante e dallo sguardo senza limiti, lei. Geniale bizzarro provocatore e cinico, lui. I due sono in amicizia. Si vanno a genio. Nel Laboratorio- Factory, probabilmente quello all’860 di Broadway (Warhol ne cambiò diversi, ospitandovi altri famosi artisti come Basquiat o Clemente o Keith Haring e dove nascono anche le famose “Bottiglie della Coca Cola” così come le “Scatole della zuppa Campbell’s”) la fedele Polaroid fa il suo frenetico lavoro. Scelto lo scatto si passa alla serigrafia su una tela già dipinta con ampie pennellate di acrilici dominati dal verde. Di Madame Rochas colpisce la malia e la seduzione di un volto che ha perso contatti col tempo. L’opera appartiene ai “Celebrity Portraits”, dipinti su commissione iniziati nel 1972 e raffiguranti innumerevoli Vip dello star system internazionale (da Marilyn Monroe a Salvador Dalì, da Mick Jagger a Bob Dylan a Dennis Hopper e a Marcel Duchamp), per i quali l’essere ritratti da Warhol significava pur sempre la conferma del proprio “status sociale”; fra i ritratti italiani anche quelli di Gianni e Marella Agnelli (1972). Realizzato sette anni dopo, nel 1982, è invece il secondo quadro esposto a Rivoli. Si intitola “The Poet and His Muse”, appartiene al ciclo dedicato a Giorgio de Chirico e ripete (fascino della serialità) quattro volte sulla stessa tela un suo lavoro del 1959 raffigurante i celebri manichini “paludati all’antica”: un chiaro omaggio al Maestro della Metafisica, più volte incontrato nei suoi soggiorni italiani, ma solo in quell’anno (in una stagione segnata fra l’altro da frequenti tributi ai classici italiani, da Botticelli a Leonardo a Raffaello) “citato” su tela, dopo averne visitato la grande retrospettiva ordinata da William Rubin al “MoMA”. Un de Chirico che l’artista ama come inimitabile precursore dei tempi e che “ha ripetuto – affermava Warhol – le stesse immagini per tutta la vita”. “Probabilmente – continuava – è questo che abbiamo in comune…La differenza? Quello che lui ripeteva regolarmente anno dopo anno, io lo ripeto nello stesso giorno nello stesso dipinto”.

Villa Cerruti: aperta al pubblico dal prossimo 29 aprile
La “Collezione Cerruti”, da cui provengono le due opere di Andy Warhol in mostra al Castello di Rivoli, diventerà a breve parte integrante del Museo. Custodita in una Villa nelle vicinanze del Castello, finora chiusa al pubblico, rappresenta una collezione privata di altissimo pregio (fra le più importanti al mondo) che include quasi trecento opere scultoree e pittoriche che spaziano dal Medioevo al Contemporaneo, con libri antichi, legature, fondi d’oro, e più di trecento mobili e arredi tra i quali tappeti e scrittoi di celebri ebanisti. Capolavori che vanno dalle opere di Segno di Bonaventura, Bernardo Daddi e Pontormo a quelle di Renoir, Modigliani, Kandinsky, Klee, Boccioni, Balla, de Chirico e Magritte, per arrivare a Bacon, Burri, Warhol, De Dominicis e Paolini.Iniziata a metà degli anni Sessanta, la Collezione è il frutto della vita discreta e riservata di Francesco Federico Cerruti, imprenditore e collezionista nato a Genova nel 1922 e scomparso a Torino nel 2015 all’età di 93 anni, lasciando in eredità al Castello di Rivoli la curatela e la conservazione di quell’imponente patrimonio artistico, intorno al quale aveva costruito a protezione quella Villa in stile provenzale, dove si racconta abbia dormito una sola notte. Oggi, dopo due anni di restauro, la Villa è pronta al grande salto dell’apertura al pubblico. Si inizierà, con visite su prenotazione e a numero chiuso, il prossimo 29 aprile e il Castello di Rivoli- grazie ad un accordo firmato nel luglio del 2017 con la Fondazione Francesco Federico Cerruti – sarà il primo Museo d’Arte Contemporanea al mondo a includere una collezione enciclopedica fortemente datata, con l’intento di innescare un dialogo unico tra collezioni e artisti d’oggi e i capolavori del passato.

Gianni Milani

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“Andy Warhol. Due Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti”
Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, piazza Mafalda di Savoia, Rivoli (Torino); tel. 011/9565222 o www.castellodirivoli.org
Fino al 22 aprile – Orari: dal mart. al ven. 10/17, sab. e dom. 10/19
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Nelle foto:

– “Hélène Rochas”, acrilico e serigrafia su tela, 1975. Collezione Fondazione Francesco Federico Cerruti per  l’arte, Deposito a lungo termine al Castello di Rivoli-Museo d’Arte Contemporanea
– “The Poet and His Muse”, acrilico e serigrafia su tela, 1982. Collezione Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’arte, Deposito a lungo termine al Castello di Rivoli-Museo d’Arte Contomporanea
– Una stanza a Villa Cerruti

 
 
 
 
 
 

Mantegna, Madonna con bambino e sei santi: un’anima bronzea per le donne (in nero) a Torino

Per questa uscita di donne (in nero), mi sono recata di persona ai Musei Reali di Torino per vedere esposta al primo piano della Galleria Sabauda la Madonna con bambino e sei santi di Andrea Mantegna (1431-1506) di cui parliamo oggi

Trovarsi davanti al quadro del pittore veneto Andrea Mantegna è stata una grande emozione; mi era già capitato di vederlo dal vivo e anche quella volta come per la Madonna con bambino ai Musei Reali, ho provato lo stesso sentimento di gioia. Il Mantegna fa l’effetto di collegare direttamente a qualcosa di remoto, alla sensazione intorno a un bel ricordo legato a molto tempo fa, qualcosa di cui ne rimane solo l’essenza. Precedentemente abbiamo trattato di alcune opere che fanno parte della Collezione Gualini e quelle al momento non sono visibili, perché sono comprese nell’allestimento della mostra in apertura nel trimestre estivo dei Musei Reali, quindi bisognerà attendere il mese di giugno per poterle vedere di nuovo. La Madonna con il bambino e sei santi ha un mantello nero, cosa che la colloca a pieno titolo tra gli articoli di donne (in nero), serie che prende spunto per parlare delle donne della Storia Dell’Arte da Donne in Nero, l’omonimo movimento contro la guerra di origine israelita, supportato dalla Casa delle Donne di Torino con un presidio che si svolge in centro -nei pressi dell’incrocio tra via Garibaldi e via XX Settembre- ogni ultimo venerdì del mese dalle 18 alle 19. Donne in Nero manifesta in nero e in silenzio, usando uno striscione, dei volantini e poco altro oltre alla forza della presenza delle donne che chiedono che nessuna guerra sia dimenticata nella frenesia quotidiana, perché le prospettive di pace si mantengano e perché credono che il ruolo della donna nei confronti dei conflitti, tradizionalmente remissivo, debba essere rivalutato. L’opera del Mantegna è datata al 1485 circa e presenta una particolarità tipica dei secoli XV e XVI, per la quale vi chiedo di soffermarvi sull’opera e guardare bene tutte le figure dipinte. I lettori di donne (in nero) notano un certo distacco tra le persone che popolano il quadro, insomma i sei santi -di cui si riconosce Santa Caterina d’Alessandria sulla destra della tavola-, non sembrano e in effetti non sono in relazione tra di loro. In maniera cruda, sono alieni sia alla Madonna che al bambino e al San Giovannino. La spiegazione è banalmente legata al fatto che i cinque Santi rappresentati intorno ai tre al centro del quadro sono spiriti, in altre parole i santi sono apparizioni visibili che proteggono la Madonna, Cristo e San Giovanni Battista bambino. Insomma non si tratterebbe di un vero e proprio incontro tra Maria e i Santi che Andrea Mantegna ha ritratto, ma piuttosto di un’opera che riunisce insieme, prima nella mente poi nella pittura, figure neotestamentarie. Il Mantegna è in effetti uno dei più grandi del XV secolo e così lui riesce nel creare una circolarità, un movimento nel quadro, insomma a tratti potrebbe sembrare che Maria stessa sia per così dire assente, che essa sia spirito, che sia lì come entità sovrannaturale a proteggere la persona che ha accanto. Così via uno dopo l’altro si animano di carne e ossa per lasciare spazio al successivo; solo il bambin Gesù prende l’aspetto di essere vivo e il san Giovannino -con la sua schiettezza di bambino- porge un paragone all’altro infante mostrandone l’aria di sapienza, cosa che sottolinea la caratteristica divina del piccolo sul petto della donna, Santa Maria. Recandovi a vedere di persona il quadro del Mantegna vedrete che il nero del mantello portato da Maria sulla testa e sulle spalle ha, per così dire, un’anima bronzea, sembrerebbe che -oltre il nero- si trovi l’altro colore -il bruno dorato- che è il colore del risvolto. Nella prossima uscita di donne (in nero) vediamo un’altra donna in nero torinese e alcune curiosità, resta Connesso!

Elettra -ellie- Nicodemi 

 https://www.museireali.beniculturali.it/opere/madonna-bambino-santi/

Lo studio della Storia, necessario e fruttuoso

Di Stefano Casarino
Si è appena conclusa la Sessione Primaverile del Convegno della Delegazione di Cuneo dell’ A.I.C.C., articolata nei due pomeriggi di martedì 19 e giovedì 21 marzo presso l’Aula Bruno del Liceo “Vasco Beccaria Govone” di Mondovì (CN): tema di quest’anno, Il senso della storia, argomento che ha certamente incontrato l’interesse del numeroso pubblico – di docenti (per i quali ha anche valore di corso di aggiornamento), di studenti e di appassionati – che ha riempito la sala
Organizzato col Patrocinio del Comune di Mondovì e con la collaborazione di molte Associazioni Culturali, il Convegno intende offrire un’articolata riflessione pluridisciplinare sul valore della storia proprio ora che essa sembra avere un’importanza minore nei programmi scolastici e nel dibattito culturale. Si sono succeduti nelle due giornate ben sei interventi: il primo di chi scrive, teso a rimarcare l’importanza della storia nella cultura classica attraverso l’esame delle tesi di Erodoto, Tucidide e Polibio e lo stretto, indissolubile legame tra lo studio di tale disciplina e quello delle lingue classiche (non è affatto un caso che la nostra sia un’età di pericolosa eclissi di entrambi!); il secondo del Prof. Gigi Garelli, direttore dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Cuneo, che ha citato la longue durée di F.Braudel e la teoria dei cleavages di S.Rokkan e che, dopo aver proiettato un’impressionante sequenza del film Bastardi senza gloria (2009) di Quentin Tarantino, ha formulato alcune “conclusioni provvisorie” sul “senso della storia”: la storia non serve a dare risposte ma a evidenziare problemi; studiarla significa mettersi in prospettiva, destrutturare pregiudizi e apparenze; imparare a contestualizzare e a relativizzare. Ci consente una conoscenza imperfetta: come, in fondo, è ogni forma di conoscenza umana. Ha chiuso il primo pomeriggio Marco Travaglini, giornalista e scrittore, che ha illustrato i numerosi progetti e i concorsi organizzati dalla Regione Piemonte per sensibilizzare gli studenti alla storia: essi hanno come premio la visita a luoghi importanti, di grande potere evocativo. Egli ha giustamente insistito sulla ricaduta didattica e culturale del vedere coi propri occhi alcuni posti per riflettere sulla sovrapposizione tra spazio geografico e tempo storico: ad esempio, il lager di Buchenwald dista solo otto chilometri da Weimar, dalla casa di Goethe e le SS lasciarono in piedi lalbero di Goethe, sotto il quale il grande poeta sedeva a scrivere le sue opere, all’interno di Buchenwald. Il meglio e il peggio della storia di un popolo racchiusi in uno stesso posto. Il secondo pomeriggio è stato aperto dalla conferenza della Prof.ssa Lia Raffaella Cresci, dell’Università di Genova, che ha invitato a superare ogni ingenua fede in una sorta di legge del progresso storico e ha sapientemente illustrato la storia, ben poco nota, dell’Impero Romano d’Oriente, in cui epoche di apparente splendore contengono già i germi della futura decadenza e, viceversa, altre di crisi politica e militare garantirono invece un maggior benessere alla popolazione: una storia quasi “a fisarmonica”, interessantissima e che andrebbe certamente molto meglio conosciuta per comprendere oggi i rapporti tra Europa occidentale e orientale. Il Prof. Stefano Sicardi, dell’Università di Torino, ha invece illustrato il processo costituzionale italiano tra storia, politica e diritto, realizzatosi incredibilmente in soli quattro anni, dal 1943 al 1947, ricostruendone accuratamente procedure e tempistica e rimarcando che il prodotto finale fu votato a scrutinio segreto e ottenne un’amplissima maggioranza: sarebbe auspicabile, a parer mio, che si tenesse ben presente ciò, prima di procedere, come recentemente e un po’ avventatamente è stato fatto, a qualsivoglia tipo di massiccia revisione della nostra Costituzione.
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Ha chiuso il secondo pomeriggio e l’intera Sessione Primaverile del Convegno la relazione di Daniele La Corte, giornalista e autore del recente Resistenza svelata (Fusta Ed. Saluzzo): mi fa piacere ricordare che in anteprima nazionale tale romanzo storico è stata presentato, a cura del sottoscritto, a Mondovì il 27 ottobre 2018. Come Travaglini aveva insistito sul “vedere”, La Corte insiste sull’ “ascoltare” e sulla “storia orale”, che si è affermata a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, anche se già nel 1948 lo storico Allan Nevins fondò il Columbia Oral History Research Office, ora noto come Columbia Center for Oral History, con lo scopo di registrare, trascrivere e archiviare interviste di storia orale. Ma come intervistare chi magari è riluttante o diffidente a raccontare, come creare una sintonia tra storico e intervistato? La Corte si è brevemente soffermato sulle sue tecniche, tutte fondate sull’onestà intellettuale e sull’empatia: le testimonianze rese non sono quelle formalmente impeccabili del dibattimento giudiziario, ma sono momenti di vita che hanno marchiato in modo indelebile l’anima di chi le racconta, devono essere ascoltate e riprodotte con estrema cura e con quella pietas che sempre affiora nelle pagine del suo libro. Due giornate, quindi, molto ricche di informazioni e di stimoli che, credo, il pubblico abbia positivamente recepito: perché di storia abbiamo sempre bisogno; perché di storia proprio non possiamo fare a meno, nonostante quello che sembri credere qualche nostro poco avveduto decisore politico. Ad ottobre/novembre 2019 ci sarà la Sessione Autunnale del Convegno, con relazioni in cui il senso della storia verrà esaminato dal punto di vista delle letterature moderne, dell’arte e della scienza.

L'isola del libro

La rubrica settimanale delle novità in libreria
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Manuel Vilas “In tutto c’è stata bellezza” -Guanda- euro 19,00
 
Per molti Manuel Vilas è il miglior autore spagnolo dell’anno. Concordo e dirò di più… questo è uno dei libri più belli, intensi e a tratti lucidamente strazianti che possiate leggere. Senza ingenti investimenti di marketing, è balzato in vetta alle classifiche, ha attraversato i confini e colpisce dritto al cuore. Perché è una storia universale. Basta leggere l’incipit e capisci che sta parlando anche di te. E’ un libro per certi versi scomodo: tratta temi tosti come la malattia e la morte, la vecchiaia, i ricordi, l’inesorabile scorrere del tempo, le scelte giuste o sbagliate… E’ una sorta di indagine esistenziale. Manuel Vilas l’ha presentato al Circolo dei lettori di Torino, gremito di pubblico, che lui ha incantato rivelandosi piacevolmente disponibile, profondo come si evince dalle sue pagine, ma anche ironico e capace di sorridere del tragico che la vita ci butta addosso. Ha raccontato aneddoti teneri e divertenti che hanno strappato applausi, e spiegato di aver iniziato a scrivere il libro (in Spagnolo si intitola “Ordesa”) quando è morta la madre e si è reso conto che era già troppo tardi. Allora ha ricostruito le vite di quei genitori “speciali” e “bellissimi” che non c’erano più, cercando di dire quello che non aveva detto mentre erano ancora vivi. Un dialogo continuo con dei “fantasmi”, scaturito dall’amore e dalla riconoscenza per tutti i sacrifici che avevano fatto per lui. E’ il lungo monologo di un professore 52enne rimasto solo, dopo la morte e la cremazione dei genitori, e il suo divorzio, che fa i conti con le rovine della sua esistenza, ovvero quel “ lungo tunnel in cui siamo tutti infilati e povera gente”. I ricordi scattano dall’estate del 1969, a Ordesa nel nord della Spagna, quando era bambino, in compagnia del padre. Manuel Vilas è nato li vicino, a Barbastro, nel 1962, e Ordesa è innanzitutto lo spazio intimo dei ricordi e l’avvio della narrazione. A volte parte da una foto antica e delinea la storia della sua famiglia, mette a nudo le difficoltà dell’essere figlio, marito e padre, i problemi con il lavoro, l’abuso d’alcol, la vita di provincia. Non pensate però a un libro triste. Certo, narra vicende drammatiche, tristi e dolorose, sconfitte, tradimenti e clamorosi fallimenti; ma coglie anche la bellezza del mondo e della vita, come l’amicizia, la bontà, la forza interiore, la meraviglia della nascita dei figli e le promesse di gioventù. Procede a raffiche emotive che scavano nel profondo e hanno una forza portentosa, senza retorica o menzogne, semplicemente testimonia la necessità di amare ed essere amati.
 
 
Natasha Solomons “I Goldbaum” – Neri Pozza- euro 18,00
 
E’ un imponente affresco familiare e storico quello imbastito dalla scrittrice inglese 39enne, autrice di altri 5 libri (tra cui “Un perfetto gentiluomo” e “La galleria dei mariti scomparsi”), che vive nel Dorset con il marito David Solomons, famoso scrittore per bambini, e i loro 2 figli. La storia dei banchieri Goldbaum è quella di una dinastia cosmopolita con diramazioni nei luoghi strategici della finanza europea: sono tutti imparentati tra loro perché i matrimoni in famiglia “erano spiacevolezze da affrontare per salvaguardare il casato”. Sono ebrei ricchissimi che amano collezionare la bellezza a tutti i livelli: grandi dimore, ville e castelli, mobili pregiati, opere d’arte, gioielli e collezioni di prestigio… e soprattutto debiti di primi ministri da riscuotere prima o poi, insieme al potere che ne deriva. La storia inizia nell’aprile del 1911 a Vienna, con i giovani eredi Otto e Greta: lui responsabile e maturo, lei irrequieta e ribelle, destinata a sposare (nessuno le chiede se è d’accordo) il cugino del ramo inglese Albert Goldbaum, un naturalista con una passione sfrenata per le farfalle. All’inizio le cose non saranno facili. A Temple Court, residenza degli sposi nella piovosa Inghilterra, Greta si salva dalla freddezza del coniuge dedicandosi alla coltivazione di piante e fiori. La nuova famiglia la tratta benissimo, la servitù è ai suoi piedi…peccato solo che il marito, in pubblico cortese e attento, nel privato non la consideri proprio. Le cose poi miglioreranno…e lascio a voi scoprire come. Albert prende in mano le redini della banca e si affaccia anche alla politica diventando membro del Parlamento. Ma a mettersi di mezzo sarà la 1° Guerra Mondiale che spazzerà via l’antico ordine su cui l’Europa si reggeva da secoli. Scatta la corsa agli armamenti ed emerge il ruolo delle banche nei finanziamenti alla causa bellica. Per la prima volta, i vari Goldbaum si troveranno su fronti opposti e Greta dovrà scegliere; mentre il fratello e il marito mettono a repentaglio la vita nelle trincee. Ognuno farà la sua parte. Gli uomini combattendo e cercando di sopravvivere; Greta aiutando le donne che rischiano di morire di parto perché lasciate indietro dall’assistenza medica concentrata tutta sui feriti di guerra. Ma la storia non finisce qui, i vari destini si compiono in pagine piene di sorprese e scritte divinamente.
 
 
Lou Berney “November road” – HarperCollins – euro 18,00
 
Il novembre del titolo rimanda a una data storica: il 22 novembre del 1963 a Dallas veniva ucciso John Fitzgerald Kennedy, 35° Presidente degli Stati Uniti d’America. Il romanzo si aggira intorno a questo assassinio, fa sua la tesi del complotto ordito dalla mafia e diventerà anche un film diretto da Lawrence Kasdan. Gran bel colpo per il giovane scrittore e professore universitario Lou Berney, di Oklahoma City, che ha al suo attivo altri 3 romanzi. Protagonista del libro è Frank Guidry, membro fedele della Mafia di New Orleans e al suo capo Carlos Marcello, uno dei boss più potenti e temuti negli anni 50-60 in America. Guidry è stato a Dallas in missione poco prima che Kennedy venisse ucciso, sa troppe cose sull’assassinio del secolo e per questo è diventato sacrificabile, come altri sicari di Marcello che in rapida successione vengono ritrovati cadavere. Lui sa di essere il prossimo. Il romanzo segue le vicende di tre personaggi: Frank Guidry, in fuga verso Las Vegas, dove spera di trovare aiuto in un altro boss che odia Marcello; un terribile sicario che semina morte a ogni passo e lo insegue per tappargli la bocca; Charlotte, una giovane madre con due figli e un cane che sta scappando dal marito ubriacone. Frank sa che in certi casi la regola per sopravvivere è “non fermarsi”; ma a cambiare le carte in tavola è l’incontro con Charlotte, sul ciglio della strada, disperata e con l’auto in panne. Ed ecco il thriller on the road in cui galeotto sarà il viaggio dei due verso ovest. Frank si finge assicuratore e si offre di accompagnarla in California, se prima lei accetta di seguirlo a Las Vegas dove lui può procurarle una macchina. Ma l’altra regola sovrana di chi fugge è non innamorarsi mai, perché questo rallenta la corsa e diminuisce il vantaggio della preda. Esattamente quello che succede ai due e che rischia di farli uccidere…
 
 
 

La Magna Charta esposta a Vercelli

Vercelli è da sabato 23 marzo al centro di un evento culturale di dimensione, non solo locale o nazionale, ma addirittura internazionale. Nell’ambito delle celebrazioni per gli ottocento anni della posa delle prime due pietre dell’Abbazia di Sant’Andrea, voluta dal cardinale Giala Bicchieri, è esposta nell’Arca (l’ex chiesa di San Marco sull’omonima piazza) una delle tre copie esistenti della Magna Charta Libertatum, documento scritto in latino che il re d’Inghilterra, Giovanni Senzaterra, fu costretto a concedere ai baroni del regno, suoi diretti feudatari, il 15 giugno 1215. E questo è uno dei primi documenti in cui si riconoscono i diritti umani. La pergamena, giunta a Vercelli sotto scorta, proveniente dalla cattedrale di Hereford fa parte della mostra ‘La Magna Charta-Guala Bicchieri e il suo lascito”. L’evento – cui se ne accompagnano altri con mostre ed esposizioni diffuse al Museo Francesco Borgogna, al Museo Camillo Leone, a Museo del Tesoro del Duomo e all’Archivio di Stato di Vercelli, legati alle figure del cardinale, di Sant’Andrea e della Vercelli del Duecento, periodo caratterizzato da un’eccezionale importante culturale della città eusebiana – vuole essere appunto un omaggio al cardinale Guala Biocchieri che il 19 febbraio 2019 diede l’avvio alla costruzione del Sant’Andrea uno dei primi esempi di gotico in Italia e perché il prelato ebbe un ruolo di primo piano nella sua vicenda, in quanto come legato pontificio alla corte inglese e tutore del giovane re Enrico III, fu il supervisore del documento, ponendo il suo sigillo sia nella riconferma della Carta del 1216, sia in quella riconfermata nel 1217, che è la versione esposta a Vercelli. La mostra propone anche il ‘baule da viaggio’ del cardinale, in prestito dal Museo di Palazzo Madama a Torino e gli splendidi smalti di Limoges, oltre ad oggetti, ritratti, codici e documenti inediti. La presentazione alla città di Vercelli è avvenuta in una cerimonia che si è tenuta nella sua cornice naturale, l’Abbazia di Sant’Andrea. A fare gli onori di casa ai molti vercellesi e rappresentanti di enti ed istituzioni che hanno permesso la realizzazione dell’evento c’era il sindaco Maura Forte che ha evidenziato l’importanza che assume in ambito culturale una simile iniziativa e anticipato di voler stringere legami più stretti con Hereford. Tra i relatori ci sono stati l’arcivescovo di Vercelli, monsignor Marco Arnolfo, il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, l’assessore regionale alla cultura Antonella Parigi, il vice ambasciatore della Gran Bretagna. Da ricordare, infine, il particolare sostegno ottenuto dalle Fondazioni bancarie, Cassa di risparmio di Vercelli, Cassa di risparmio di Torino e Compagnia San Paolo.

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Massimo Iaretti

Carnet de Voyage a Palazzo Lascaris

Prove d’artista, per il secentesco Palazzo di via Alfieri a Torino, in mostra alla Biblioteca della Regione Piemonte

“Un modo tutto nuovo – è stato definito il progetto – di vedere Palazzo Lascaris”. Certamente libero nella scelta degli spazi, degli “angoli” e delle prospettive architettoniche e ambientali da fermare e interpretare in chiave artistica, così come nell’individuazione delle tecniche e delle cifre stilistiche meglio idonee ad esaltarne i contenuti e a trasmettere processi di formazione artistica individuale più o meno consolidati nel tempo. Sono infatti oltre 150 gli “operatori artistici” coinvolti nella preparazione e nella progettazione della mostra “Carnet de Voyage a Palazzo Lascaris”, che si terrà, fino al prossimo 3 maggio, nelle sale della Biblioteca della Regione Piemonte “Umberto Eco”, al civico 14 di via Confienza, a Torino. L’intero progetto – che comprende anche il catalogo della rassegna – è stato organizzato in collaborazione con la Fondazione Peano, l’Alliance Francaise di Cuneo ed il Primo Liceo Artistico di Torino e vuole collegarsi con la manifestazione “Cuneo Vualà” che, da alcuni anni, si svolge nel capoluogo della Granda. Due le giornate chiave dell’evento artistico: venerdì 22 febbraio e venerdì 1° marzo scorsi. In quei due giorni, gli studenti del torinese Primo Liceo Artistico – diretto da Elisabetta Oggero – e numerosi “professionisti” e appassionati del disegno hanno letteralmente invaso il cortile d’onore e le sale auliche del Palazzo barocco di via Alfieri (costruito in origine fra il 1663 e il 1665 da Domenico Bernardi, su disegno di Amedeo di Castellamonte, per il conte Giovanni Battista Beggiamo di Sant’Albano e Cervere e dal 1975, dopo vari passaggi fra casate nobiliari locali, sede

del Consiglio Regionale del Piemonte), per fissare su carta, con matite pennelli e altri svariati supporti grafici, le più ispiranti forme architettoniche dell’edificio. Attratti dall’evento, sono arrivati sotto la Mole anche un buon numero di “artisti” provenienti dall’estero (da Parigi ad esempio) e da altre città italiane come Roma, Brescia, Ferrara, Treviso, Firenze e Genova. “Il nostro bel palazzo, che racchiude storia, bellezza e che oggi ospita l’Assemblea legislativa regionale – aveva allora commentato il presidente Nino Boeti - oggi sembra Montmartre con tutti questi giovani che disegnano seduti in cortile al sole. Una splendida immagine che contribuisce ad aprire sempre di più le porte dell’Istituzione ai cittadini”. Le due sessioni di disegno dal vivo hanno prodotto, in quell’occasione, decine di opere; le più significative sono state selezionate da una commissione di esperti e dalla curatrice della mostra Ivana Mulatero, per essere per l’appunto presentate al pubblico nelle sale della Biblioteca Regionale insieme ad alcuni esempi di “Carnet de Voyage” realizzati in altre zone del Piemonte: da Cuneo alla Valchiusella a Casale Monferrato, dal Museo Egizio alla Cappella della Sindone fino alla Venaria Reale. Mostra da godersi con curiosità e indubbio interesse.

g.m.


“Carnet de Voyage a Palazzo Lascaris”
Biblioteca Regionale del Piemonte “Umberto Eco”, via Confienza 14 Torino; tel. 011/5757371
Fino al 3 maggio
Orari: dal lun. al giov. 9/12,30 e 14,30/16; ven. 9/12,30

“Sanremo the Story” ultimo weekend

Aperta fino a domenica 24 Marzo l’iniziativa che celebra la kermesse canora più amata d’Italia

Al Centro Commerciale ‘Parco Dora’, a Torino in Via Livorno angolo via Treviso prosegue con successo ‘Sanremo The Story’, la straordinaria e ricca mostra itinerante interamente dedicata al Festival della Canzone Italiana.Il percorso emozionale che caratterizza ‘Sanremo The Story’vanta la presenza di cimeli originali (dischi in vinile, documenti, abiti di scena) del Festival di Sanremo, accompagnati da monitor che proiettano video documentari, su di un’area di 80 metri quadrati con un’ampia varietà di teche con 45 e 33 giri originali del Festival di Sanremo e strumenti musicali originali dell’epoca impiegati durante la kermesse.La mostra è visitabile sabato 23 e domenica 24 dalle 11.00 alle 20.00.

Ingresso libero con offerta minima pari a 1 Euro che verrà interamente devoluta per sostenere il progetto ‘Alternanza Scuola Lavoro’ del Liceo Classico Musicale ‘Camillo Benso Conte di Cavour’ di Torino, i cui allievi forniranno il servizio di guida durante gli orari di apertura della mostra.Tutte le informazioni sul sito www.parcocommercialedora.it e sulla relativa pagina FB del Centro Commerciale ‘Parco Dora’.

Museo Storico Reale Mutua: i primi cinque anni tra festa e bilanci

Un museo gratuito, ricco di storie e accessibile a tutti
Il Museo Storico Reale Mutua ha appena festeggiato i suoi primi cinque anni di vera vita. Nato quasi per gioco nel lontano 2007, ha assunto la fisionomia di un vero e proprio museo d’impresa tra 2013 e 2014. Infatti, risalgono a cinque anni fa i lavori di ampliamento e riallestimento delle sue sale, grazie ai quali il percorso di visita è diventato un vero e proprio viaggio, interattivo e multimediale, nel mondo di Reale Mutua. Ogni sala del museo custodisce numerosi documenti e oggetti che narrano storie e curiosità interessanti, non solo strettamente legate alla compagnia assicurativa. In effetti, si tratta di racconti che consentono di «scoprire la memoria e l’identità della nostra azienda — ha spiegato Carlo Enrico de Fernex, responsabile comunicazione istituzionale di Reale Mutua — e che, nel contempo, permettono di ripercorrere la storia di Torino e del nostro Paese».  Negli ultimi anni il museo ha lavorato molto affinché queste storie siano accessibili a tutti. Non si tratta solo di aver progettato un museo moderno, senza barriere architettoniche e sempre a ingresso gratuito, ma di lavorare quotidianamente per renderlo un luogo accogliente. Così, oltre a proporre percorsi didattici ad hoc per le scuole, si sta lavorando per disporre lungo il percorso strumenti che rendano la visita un’esperienza piacevole e arricchente anche per ciechi, ipovedenti e sordi. D’altronde, la volontà di migliorarsi è una costante della compagnia assicurativa che, nella prima sala del museo, si presenta al pubblico affermando: «noi siamo il risultato delle nostre scelte e della nostra storia».
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La festa con lo spettacolo di Alice Basso e delle Soundscape 2.0
Proprio per celebrare tale storia e festeggiare il primo lustro di vita del Museo Storico Reale Mutua, lo scorso 8 marzo  si è tenuto lo spettacolo “Signorina Bertero, dattilografa”. Quasi duecento persone si sono presentate all’ingresso di via Garibaldi per assistere alla performance della scrittrice Alice Basso. Nel suggestivo cortile porticato del museo, l’autrice si è esibita in compagnia delle musiciste della sua rock band tutta al femminile, le Soundscape 2.0. Dall’intesa che unisce Alice Basso a Claudia Fassina, Elisa Lorenzo, Maria Chiara Maccarrone e Daria Orami è nato un avvincente racconto in musica e parole. Facendo divertire e riflettere, giocando tra realtà e fantasia, Alice Basso e le sue musiciste hanno ripercorso la storia della prima donna impiegata in Reale Mutua. Egle Bertero (Bertone in realtà) venne assunta come dattilografa nel 1926, quasi cento anni dopo la nascita della compagnia assicurativa. Nonostante fosse abilissima nell’utilizzo della macchina da scrivere, nel 1928 fu costretta a lasciare il lavoro. La giovane si innamorò di un funzionario di Reale Mutua, che decise di sposare. I vertici della compagnia non ostacolarono la loro unione, ma dovettero rispettare la clausola di licenziamento per “causa di matrimonio” presente nel contratto di assunzione, in linea con quanto stabilito dalle leggi allora in vigore. Fu così che Egle Bertone lasciò il lavoro di dattilografa dopo soli ventiquattro mesi dal suo ingresso in Reale Mutua.  Quella di Egle Bertone è la storia di tante donne del secolo scorso. Una storia che la compagnia ha deciso di raccontare non solo attraverso lo spettacolo di Alice Basso, ma anche e soprattutto  nel percorso di visita. Non è un caso che le vicende della prima donna assunta dalla compagnia siano protagoniste della sala dedicata agli impiegati di Reale Mutua. Uno spazio nato per celebrare il lavoro di migliaia di uomini e donne che, a partire dal 1828, insieme hanno costruito il successo della compagnia.
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Giulia Amedeo
(foto di Claudio Ferrero)