CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 580

Nuova stagione per il teatro diretto da Brachetti

 

SI APRE IL 12 OTTOBRE CON UN OMAGGIO A GIPO FARASSINO

Parola d’ordine, ancora e sempre, teatro di “intrattenimento leggero e di qualità”. Teatro “alla portata di tutti”. Il mix è esplosivo: varietà, illusionismo, comicità, arti circensi e tant’altro ancora: tutto su un unico palcoscenico. Dopo l’anno “0”, anno di prova – brillantemente superato – è già conto alla rovescia per la prima stagione de Le Musichall, il nuovo “Teatro delle Varietà” aperto da pochi mesi nel centro storico di Torino, negli spazi del “Collegio Artigianelli” al civico 14 di corso Palestro, con la direzione artistica di Arturo Brachetti.

Primo spazio in Italia dedicato totalmente all’intrattenimentoerede ideale dei teatri di varietà, e gestito da ArtNOVE, impresa sociale e culturale nata nell’ambito della Congregazione dei “Giuseppini del Murialdo” (proprietaria dello spazio), Le Musichall vuole sfatare i luoghi comuni che aleggiano intorno al teatro, spesso identificato dal grande pubblico come luogo troppo “alto”. Spiega Brachetti: “L’obiettivo è spingere gli spettatori a vedere quinte e palcoscenico da un altro punto di vista, riavvicinandoli al teatro, e più in generale, allo spettacolo dal vivo: proposte di qualità e per tutti, leggere ma non banali, da cui uscire con il sorriso sulle labbra e il cuore leggero”. Da ottobre a maggio, sono 21 gli spettacoli proposti per la stagione 2018/2019; 46 le repliche. Ad aprire le danze, venerdì 12 ottobre, “A son peui mach canson”, recital condotto dai musicisti del Terzo Turno in omaggio a Gipo Farassino, per far conoscere soprattutto ai più giovani la figura del grande chansonnier ‘d Porta Pila. A seguire, moltissimi altri gli artisti in scena nella stagione, tra cui alcuni volti italiani celebri come la straordinaria Silvana Fallisi, il maestro di prestidigitazione Raul Cremona, il comico televisivo Saverio Raimondo, la stand up comedian al femminile Velia Lalli, il duo comico-magico Lucchettino, lo Stephen Hawking dell’illusionismo Christopher Castellini, fino all’allegria contagiosa di Antonello Costa, a Massimo Loizzi e ai suoi Mercanti di storie (con lo spettacolo su Giorgio Gaber “Io ed io”) o a Paolo Carta (con cui Brachetti prepara i numeri con i disegni di sabbia, mescolati ora con le ombre cinesi) e altri ancora. Lo stesso palcoscenico diventerà internazionale con alcune delle più interessanti compagnie di nouveau cirque che porteranno a Le Musichall performance visive di grande impatto e di sicuro fascino, come la danza tra le ombre dei francesi Bakhus, il mimo contemporaneo degli ucraini Dekru, il circo nuovo e antico dei CirkbiZ’arT fino alle acrobazie dei The Black Blues Brothers. Non mancherà un nuovo coinvolgente varietà sulla scia del grande successo registrato dalla produzione proposta lo scorso anno, che ha inanellato numerosi sold out di fila. Sempre con la firma di Arturo Brachetti e Stefano Genovese, il nuovo spettacolo, intitolato “Spikisi”, andrà in scena nel periodo natalizio dal 26 dicembre al 6 gennaio. Nel frattempo la precedente produzione “Gran Varietà”, prodotta da ArtNOVE in collaborazione con Arte Brachetti, traslocherà a Roma al “Teatro Vittoria”, dal 10 al 20 gennaio 2019 con il nuovo titolo Le Musichall in tour”. Un segno importante che premia la qualità del progetto e degli artisti, tutti giovanissimi, piemontesi per nascita, studio o “adozione professionale”. “Questa del 2018/19 – sottolinea Brachetti – è la prima effettiva stagione de ‘Le Musichall’, dopo un anno di attività volto a testare gli spazi e costruire collaborazioni sia con le realtà del territorio, sia con produttori e distributori che operano a livello nazionale. Quasi un anno di test importanti e necessari per comprendere meglio i gusti del pubblico e arrivare a proporre oggi una campagna abbonamenti capace di soddisfare diverse esigenze premiando gli spettatori con la logica del ‘più vedi meno spendi’. Un segno chiaro di voler investire sul pubblico”. Sempre sulla scia di un altro punto di vista, di cui è testimonianza anche la nuova campagna di comunicazione, ideata da Visualgrafika, che popolerà le vie torinesi di personaggi “al contrario” sullo sfondo di colori accesi.Gli abbonamenti si aprono martedì 19 giugno e, altra curiosa singolarità, i primi 200 abbonati avranno la possibilità di poter incontrare e trascorrere un’ora a teatro con lo stesso Brachetti il 29 ottobre.

g.m.

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Foto:

– Arturo Brachetti, foto Paolo Ranzani
– “Terzo turno”
– Raul Cremona, foto Centamore
– Paolo Carta
-“I Lucchettino”

ll multilinguismo degli scrittori piemontesi

Il saggio di Andrea Raimondi,“ll multilinguismo degli scrittori piemontesi. Da Cesare Pavese a Benito Mazzi“(Grossi editore, Domodossola 2018), si presenta come un testo importante che colma un vuoto nella ricerca sull’originalità della letteratura piemontese del ‘900. Il volume, prendendo in esame buona parte della produzione letteraria piemontese segue il filo logico della tendenza a mescolare differenti codici linguistici nello stesso testo letterario tipica di una terra di confine come il Piemonte. La narrativa studiata da Raimondi utilizza un italiano influenzato dal dialetto e dalla lingua piemontese nelle sue articolazioni,  realizzando in molti casi un mix di italiano popolare, colloquiale e parlate locali. Una modalità scelta da alcuni scrittori per reagire all’omologazione linguistica e culturale prediligendo storie ambientate in zone periferiche o trascurate, con la comune caratteristica dell’utilizzo del  multilinguismo.In un arco di tempo di quasi settant’anni, dalla pubblicazione di “Ciau Masino” di Cesare Pavese fino ai racconti del vigezzino Benito Mazzi e  del giornalista e scrittore iracheno Younis Tawfik, naturalizzato italiano e residente a Torino, Andrea Raimondi ha analizzato moltissimi autori e libri nella sua ricerca sul multilinguismo  dei narratori piemontesi. Un’indagine che attraversa la letteratura subalpina lungo quasi tutto il “secolo breve”, da Fenoglio a Primo Levi, dalla Ginzburg a Fruttero e Lucentini, a Davide Lajolo e Nanni Balestrini. In questo percorso, del tutto originale, come scrive nella sua introduzione Gigliola Sulis, , professoressa associata di Letteratura italiana presso la University of Leeds ed esperta di multilinguismo letterario, s’intravvede l’evoluzione del mix di lingue che caratterizza la narrativa piemontese “che lascia emergere in controluce la storia della regione, indagata sia nelle sue peculiarità come microcosmo che rappresenta la società italiana dello scorso secolo”. Un lavoro importante quello di Raimondi che dopo la laurea specialistica in Lingue, Letterature e Civiltà dell’Europa e delle Americhe,  nel 2015 ha ottenuto il dottorato di ricerca presso il Dipartimento di Italiano dello University College Cork (Irlanda) proprio con la ricerca sul multilinguismo di un gruppo di narratori piemontesi. Raimondi attualmente collabora con la rivista Savej ed è impegnato in una ricerca sui contatti letterari e linguistici tra Piemonte e Regno Unito.

Marco Travaglini

Rigorini, arte e poetica sono di famiglia

La mostra dedicata ad Antonio Rigorini accoglie circa cinquanta opere dell’artista. La prima sala è dedicata a lavori degli anni ’30 -‘40, per lo più rappresentati da illustrazioni per copertine di quaderni e per pubblicità. Vengono inoltre presentate alcune tavole dell’antica Roma facenti parte di un progetto per una guida storica dell’Urbe. Nelle successive sale vengono esposti dipinti ad olio che spaziano da vedute cittadine come l’antico ponte sul Po a Torino a composizioni naturalistiche come paesaggi boscosi, cascate e marine. Nella mostra sono presentate anche opere del padre, Luigi Rigorini (1879-1956) professore di Ornato all’Accademia Albertina e del figlio Luigi. Il mestiere e la poetica dei Rigorini trovano continuità nel declinare l’esperienza pittorica della famiglia. Presso la galleria Zabert saranno disponibili la monografia L. Rigorini, G.A. Farinella, Antonio Rigorini, Ages Arti Grafiche, 2006 e la pubblicazione riferita alla mostra con testi di Luca Beatrice e Armando Audoli. Antonio Rigorini, nato a Torino nel 1909 da giovane, negli Anni ’30 , incomincia  l’attività di grafico pubblicitario e illustratore per le Industrie Grafiche Gros Monti e per la Cartiera Italiana. Disegna copertine di quaderni scolastici, giochi di società, decorazioni di mobili e quadri ad olio e unisce all’attività di pittore   illustratore quella di restauratore, lavorando su preziose opere per la Soprintendenza di Torino a Palazzo Madama e nella Galleria Sabauda, per la Fondazione Pietro Accorsi, per antiquari e collezionisti. Muore a  nel 1997.

 

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Alla Galleria Zabert, piazza Cavour 10 – Torino -ORARIO: da martedì a sabato 10,30-13 e 15,30-19 o su appuntamento. Fino al 7 luglio.  INFO: 011.8178627 – info@galleriazabert.com

 

Daniele di Bonaventura con bandoneon solo

SABATO 16 GIUGNO Monforte d’Alba (Cuneo) Grande musica per la grande fotografia

In omaggio ai fotografi protagonisti della mostra “Mario Dondero e Lorenzo Foglio – Lo scatto umano”, il compositore, arrangiatore, bandoneonista e pianista Daniele di Bonaventura, amico dello stesso Dondero, sarà infatti in concerto con “Bandoneón Solo” alla terrazza della Fondazione Bottari Lattessabato prossimo 16 giugno alle ore 18.30, in via Marconi 16, a Monforte d’Alba. Gratuito l’ingresso, seguirà un aperitivo in terrazza con specialità gastronomiche del territorio. Marchigiano di Fermo e leader del gruppo Band’ Union, Daniele di Bonaventura ha da poco pubblicato il disco “Garofani rossi. Musiche della resistenza e delle rivoluzioni”, dedicato all’amico fotografo Mario Dondero, che reca in copertina una fotografia sulla rivoluzione portoghese del 1974 che Dondero stesso documentò. Autore del recente cd “In maggiore”, realizzato con Paolo Fresu, le collaborazioni di Daniele di Bonaventura spaziano, attraverso i nomi più grandi del panorama musicale internazionale, dalla musica classica a quella contemporanea, dal jazz al tango, dalla musica etnica alla world music, con incursioni nel mondo del teatro, del cinema e della danza. Ha suonato nei principali festival italiani ed internazionali e ha all’attivo più di cinquanta dischi. Il progetto che propone sul palco della Fondazione Bottari Lattes“Bandoneón Solo”, lo vede esibirsi da solista con il suo strumento, per accompagnare il pubblico in un viaggio sonoro di struggente suggestione, durante il quale ci si ritrova nel mezzo di un rito celebrativo, creato dalla stesura di composizioni originali, che vanno da evocazioni di canti sacri a passi di danza di sapore mediterraneo, a stralci di musica contemporanea, sul filo di un velato pathos e di una sottile malinconia.

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Ricordiamo anche che domenica 15 luglio la Fondazione Bottari Lattes sarà la tappa conclusiva della “Passeggiata Letteraria”, organizzata dalla Fondazione Mirafiore, in compagnia di Giuseppe Cederna, che leggerà “La Chimera” di Sebastiano Vassalli. Il percorso, guidato dall’associazione Andè, con partenza alle ore 16, si svilupperà sulle colline di Monforte (info:fondazionemirafiore.it).

 

Per ulteriori info : tel. 0173/789282 – www.fondazionebottarilattes.it

 

g. m

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

211 – Rapina in corso – Azione. Regia di York Alec Shackleton. Kenny sta girando un video con il suo cellulare nei bagni della scuola quando viene aggredito da un gruppo di bulli che continuano ad aggredirlo: si difende e ne colpisce uno, il cellulare riprende ogni cosa, il punito è lui. Viene spedito in una stazione di polizia, passerà una giornata in quel mondo che non conosce affatto. Ma c’è l’avviso di una rapina ad una banca, il poliziotto Cage entra in azione e il ragazzino avrà l’occasione per riprendere ancora una volta quel che gli succede intorno. Durata 86 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, The Space, Uci)

 

A beautiful day – Drammatico. Regia di Lynne Ramsay, con Joaquin Phoenix e Judith Roberts. Un uomo nella cui mente trovano posto ricordi dolorosi, un passato di guerra, una infanzia di abusi, un figlio che si prende cura della madre anziana. Anche un sicario che entra nella vicenda sporca e infelice della figlioletta di un senatore, portata via per essere fatta sprofondare nel buio della prostituzione minorile. Con il viso dolente e con la robusta interpretazione di Phoenix premiato a Cannes quale migliore attore. Il film s’è anche aggiudicato il Palmarès per la migliore sceneggiatura. Durata 95 minuti. (Massimo sala 3 V.O.)

 

Al massimo ribasso – Drammatico. Regia di Riccardo Iacopino con Viola Santoretto, Matteo Carlomagno e Alberto Barbi. Diego vive tra i segreti industriali grazie ai quali aziende mafiose vincono gli appalti, tra corruzione e malavita e colletti inamidati, una giovane infermiera, Anita, cerca di rifarsi una vita. Un giorno le loro vite si incrociano. Girato a Torino. Durata 100 minuti. (F.lli Marx sala Groucho)

 

A quiet passion – Drammatico. Regia di Terence Davies, con Cynthia Nixon e Keith Carradine. La storia della poetessa statunitense Emily Dickinson dagli anni della trasgressiva giovinezza alla vita adulta di auto reclusione, la tradizione puritana della famiglia, la sua storia d’amore platonica con un pastore protestante. La poetica silenziosamente ribelle di Davies (autore di Voci distanti, sempre presenti) trova, in questo poliedrico e controverso personaggio, un ottimo spunto per mettere a frutto il suo passato di fine conoscitore dell’animo femminile, dando vita ad alcune sequenze che rasentano il sublime. Il risultato è un preciso ritratto dell’artista americana, privata del mito e definita unicamente come essere umano. Durata 126 minuti. (Nazionale sala 1)

 

L’atelier – Drammatico. Regia di Laurent Cantet, con Marina Foïs e Matthieu Lucci. Sotto il sole estivo della Francia del sud, a La Ciotat, celebre un tempo per i suoi cantieri navali, un’affermata scrittrice di gialli, Olivia Dejazet, tiene un workshop per un gruppo di ragazzi, come si compone una storia, se debba prevalere la realtà o l’invenzione, se vi debbano entrare gli aspetti politici, se gli elementi autobiografici siano necessari oppure no. Il gruppo multietnico alimenta i fatti e i misfatti della storia recente, il ricordo del Bataclan e del lungomare di Nizza infuocano gli animi. Spicca tra tutti Antoine, talentuoso e introverso, inquieto e battagliero, spesso in rotta con gli altri sulle questioni politiche per le sue posizioni razziste e aggressive. L’atteggiamento del ragazzo si fa sempre più violento con il passare dei giorni e Olivia sembra essere spaventata e attratta al tempo stesso, finché la situazione sfugge drammaticamente di mano a entrambi. L’autore della Classe ci rende un film teso, chiuso in se stesso, con una profonda analisi dei personaggi principali, dove tutto è alla ricerca di un dialogo che, nonostante un finale all’insegna dell’ottimismo, tarda a concretizzarsi, dove tutto è a significare la debolezza e la mancanza o la confusione di ideali di una generazione che è ogni giorno in cerca di una direzione. Durata 114 minuti. (Romano sala 1)

 

Benvenuto in Germania – Commedia. Regia di Simon Verhoeven, con Senta Berger, Heiner Lauterbach e Florian David Fitz. Un’insegnante di tedesco da poco andata in pensione, due figli ormai adulti, un marito chirurgo ortopedico, un gatto. Un giorno decide di ospitare un rifugiato in cerca di una nuova patria e di un po’ di fortuna: nemmeno a dirlo, il nuovo arrivo metterà a dura prova la vita all’interno della casa, la coabitazione, le giornate, il matrimonio dei due padroni di casa. Durata 116 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)

 

Deadpool 2 – Fantasy. Regia di David Leitch, con Ryan Reynolds e Josh Brolin. Ancora i campioni della Marvel, eroismi divertimento e ritmo arrivati al secondo capitolo e successo assicurato. L’ex mercenario Wade si batte contro il cattivo che ha il viso di Brolin, prendendo le difese di Russell, giovane mutante, ribelle alle autorità. Lotte, cattura, prigionia e nuova libertà in un percorso obbligato che dà il via ad un finale da fuochi d’artificio e con una nuova storia già in preparazione. Durata 111 minuti. (Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Dogman – Drammatico. Regia di Matteo Garrone, con Marcello Fonte e Edoardo Pesce. Il regista dell”Imbalsamatore” riscrive a modo suo la vicenda del “canaro”, fatto e fattaccio di cronaca nella Roma degli anni Ottanta, reinventando la figura di Marcello, separato dalla moglie, con una bambina, che vive le sue giornate con il suo mestiere di toelettatore di cani e le angherie del bullo del quartiere. Nell’immagine plumbea della periferia romana, tra case fatiscenti, pozzanghere d’acqua che sembrano invadere perennemente i prati e quelle che qualcuno chiama strade, i soliti incontri all’unico bar, vite all’insegna dell’arte d’arrangiarsi, Marcello è l’uomo mite, insignificante e amico di tutti, tuttavia ricacciato allorché nonostante l’anno di carcere continua a tacere sull’ultima “impresa” del violento Simone. Ma la mitezza nasconde la rivincita, la necessità di dire basta, la ferocia. In questo mondo pasoliniano, dove rispunta un neorealismo caro a De Sica, con i vinti in cerca di riscatto, tutto rimane sospeso, nella stessa solitudine. Una storia che Garrone racconta con precise cadenze, con un ritmo doloroso di inevitabile caduta agli inferi, dove gli unici sprazzi di luce sono gli incontri tra Marcello e la figlia, le loro gite al mare, le immersioni nel blu profondo. In concorso al festival di Cannes, applauditissimo, ha consegnato al protagonista Marcello Fonte il Palmarès per la migliore interpretazione maschile. Durata 102 minuti. (Lux sala 3, Romano sala 3, Uci)

 

End of Justice: Nessuno è innocente – Drammatico. Regia di Dan Gilroy, con Denzel Washington e Colin Farrell. Roman Israel, scontroso afroamericano, è un avvocato presso uno studio di Los Angeles, pieno di buoni propositi e di ideali sociali, sempre rivolto a difendere le magagne dei meno abbienti. George Pierce è un arrivista instancabile, senza scrupoli, unico progetto la carriera. Pronto a chiamare Roman a collaborare con lui quando lo studio di lui chiude. Ma le estreme divergenze rimangono. E al di là dei duetti estremamente convincenti tra i due interpreti, la storia si mette a percorrere una strada inaspettata, dal momento che il suo bel momento di cedimento anche Roman lo coltiva. Con esiti, se non inattesi, ben raccontati. Durata 122 minuti. (Ambrosio sala 2, F.lli Marx sala Groucho, Uci)

 

Hotel Gagarin – Commedia. Regia di Simone Spada, con Giuseppe Battiston, Barbora Bobulova, Claudio Amendola e Luca Argentero. Per accaparrarsi i fondi europei, un piccolo produttore s’inventa un film che non si girerà mai. E fugge, dopo aver lasciato la sua troupe, un variopinto gruppo di persone traballante e piene di speranza, a bocca asciutta. Si ritrovano tutti quanti in Armenia, in un’atmosfera non del tutto tranquilla, chiusi nell’hotel che dà il titolo al film. Da leggersi forse come il ritratto forse troppe volte frequentato del cinema italiano, avventuroso e pressapochista: ma sempiterno. Durata 93 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Chico)

 

Ippocrate – Drammatico. Regia di Thomas Lilti, con Vincent Lacoste. Benjamin è un giovane medico ambizioso, che inizia il tirocinio nel reparto diretto dal padre. Qui stringe amicizia con Abdel, un medico di origine algerina. Nonostante l’entusiasmo iniziale, la pratica risulta per i due ben più difficile della teoria e i due saranno costretti a fare i conti con la pressione e la dura realtà della professione, trovandosi a combattere con le paure e i propri limiti, le famiglie, i colleghi, il personale. Durata 102 minuti. (Classico anche V.O., Due Giardini sala Nirvana)

 

Jurassic Park: Il regno distrutto – Fantasy. Regia di Juan Antonio Bayona, con Chris Pratt, Bryce Dallas Howard e Jeff Goldblum. La saga infinita continua, felicemente, per la gioia dei bambini non troppo impressionabili dai mostri dentati e scodinzolanti come dagli adulti. Da quando il parco più famoso del mondo è stato distrutto dai dinosauri, gli animali che sono sopravvissuti alla tragedia abitano nella foresta: e se un giorno Claire comunica a Owen che il suo dinosauro femmina, Blue, è ancora viva e si può fare in modo di poterla salvare, il ragazzone non ci pensa su certo due volte. Inizia così un’altra avventura. Durata 128 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space anche 3D, Uci anche 3D e V.O.)

 

Lazzaro felice – Drammatico – Regia di Alice Rohnwacher, con Alba Rohnwacher e Adriano Tardioli. Quella di Lazzaro, un contadino che non ha ancora vent’anni ed è talmente buono da sembrare stupido, e Tancredi, giovane come lui, ma viziato dalla sua immaginazione, è la storia di un’amicizia. Un’amicizia che nasce vera, nel bel mezzo di trame segrete e bugie. Un’amicizia che, luminosa e giovane, è la prima, per Lazzaro. E attraverserà intatta il tempo che passa e le conseguenze dirompenti della fine di un Grande Inganno, portando Lazzaro nella città, enorme e vuota, alla ricerca di Tancredi. Durata 130 minuti. (Eliseo Rosso, Massimo sala 1)

 

Loro 2 – Commedia. Regia di Paolo Sorrentino. Il lato umano, a tratti godereccio, a tratti disperato, del ex premier, tutti i riferimenti agli inverni del nostro scontento e alle cronache quotidiane, il matrimonio andato a pezzi, le olgiattine e i festini, le biondine più che appetitose e disponibili, l’entourage in cerchia di soldi e di celebrità, le piscine, la gran folla. E poi l’ambiguità, il potere. Tutto con gli occhi dell’autore della “Grande bellezza”. Con la scusa che la seconda parte del film era in uscita in Italia, niente concorso a Cannes, così decretò Thierry Frémaux: ma visto che l’accoppiata – in numero uno e il numero due – ci guadagnerebbe, e Dio solo sa quanto!, non si sarebbe potuto sfrondare e farlo in qualche modo sulla Croisette? Durata 100 minuti. (Greenwich sala 2)

 

Parigi a piedi nudi – Commedia. Diretto e interpretato da Fiona Gordon e Dominique Abel, con Emmanuelle Riva. Attori e autori pressoché sconosciuti da noi, lei canadese e lui belga, descrivono per lo scherma l’avventura di lei, bibliotecaria in un piccolo e sperduto paesino del suo grande e a tratti “inospitale” paese, “scesa giù” a Parigi alla ricerca della vecchia zia Marta. Che non si trova, è scomparsa!, con tutto quel che ne può derivare ad una sprovvedutissima straniera nella tentacolare ville lumière. Quando non cade nella Senna, incontra Dom, un fior fiore di clochard, gentile e ammodo, che è anche capace di innamorarsi di lei e di inseguirla per i boulevards e per le piccole stradine. Divertimento e gag a volontà. Durata 84 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Show Dogs – Avventura. Regia di Raja Gosnell. C’è un umano, Frank, e c’è un rottweiler, Max (cui dà voce Giampaolo Morelli), agenti Fbi, entrambi decisi a far luce sul rapimento di un cucciolo panda. Una squadra di doppiatori all’opera, da Barbara D’Urso a Cristiano MalGioglio, da Lino Guanciale a Nino Frassica, da Marco Bocci a Francesca Neri ad Ale e Franz. Durata 92 minuti. (Massaua, Uci)

 

Solo – A Star Wars Story – Fantascienza. Regia di Ron Howard, con con Alden Ehrenreich, Donald Glover, Paul Bettany e Woody Harrelson. La giovinezza di Han Solo, del personaggio che abbiamo conosciuto con Harrison Ford, dei suoi primi passi attraverso la Galassia, già in compagnia di Chewbecca e con gli insegnamenti, dal furto alla truffa, del criminale di nome Beckett. Con questi Solo dà il via alla propria fortuna, la prima battaglia sarà con il giocatore d’azzardo Calrissian. Durata 135 minuti. (Greenwich sala 3, Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

La stanza delle meraviglie – Drammatico. Regia di Todd Haynes, con Julianne Moore, Michelle Williams, Millicent Simmond e Oakes Fegley. Presentato in concorso lo scorso anno a Cannes, dall’autore di Carol e Lontano dal paradiso, sceneggiato da Brian Selznick dal proprio romanzo. Rose e Ben sono due ragazzini che vivono in epoche diverse, lei del New Jersey, lui del Michigan, lei sul finire degli anni Venti, lui oggi. Due vite lontane, ma che viaggiano su binari paralleli. Entrambi sordi (la Simmond lo è realmente nella vita). Entrambi, segretamente, desiderano una vita diversa dalla propria. Sognano. Ben cerca il padre che non ha mai conosciuto, Rose sogna una misteriosa attrice di cui raccoglie foto e notizie nel suo album. Quando Ben scopre in casa un indizio sconcertante e Rose legge un allettante titolo di giornale, i due ragazzi partono alla ricerca di quello che hanno perso, di una verità, di un angolo di mondo che possa essere davvero loro. Durata 117 minuti. (Ambrosio sala 1, Eliseo Grande, Reposi)

 

La terra dell’abbastanza – Drammatico. Regia di Damiano e Fabio D’Innocenzo, con Andrea Carpenzano, Matteo Olivetti e Max Tortora. Due giovani amici che vivono nella periferia romana. Investono un giorno per caso un uomo e decidono di fuggire. L’uomo si rivelerà essere un pentito di un clan criminale e quella scomparsa li fa entrare nel giro del boss della zona, con momentaneo successo. Ma gli sviluppi della situazione non si dimostreranno molto fortunati, facendoli al contrario scendere sempre più nella spirale della violenza. Durata 96 minuti. (Massimo sala 2)

 

La terra di Dio – Drammatico. Regia di Francis Lee, con Josh O’Connor e Alec Secareanu. Negli anni Sessanta, i soliti lavori per Johnny alla fattoria nello Yorkshire, i rapporti tesi con suo padre costretto su una sedia a rotelle, le nebbie, il freddo delle alture, le serate al bar fino a ubriacarsi, le avventure omo senza futuro, la solitudine feroce. Poi un giorno arrivare a dare una mano nella fattoria Gheorghe, immigrato rumeno, e Johnny se ne innamora. Rabbia, violenza intima, sentimenti a lungo non svelati, zuffe, un lieto fine che non intacca affatto la solidità di una storia ottimamente raccontata e la direzione degli attori, alla ricerca di ogni più nascosto dettaglio. Durata 104 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

Tito e gli alieni – Commedia drammatica. Regia di Paola Randi, con Valerio Mastandrea, Luca Esposito e Chiara Stella Riccio. Girato nei deserti che fanno da sfondo alla “mitica” Area 51, film solitario nel panorama del cinema italiano, è la storia di un uomo, il Professore, che ha perso la moglie e che attende di captare, nel deserto del Nevada, dallo spazio con un decoder di propria invenzione, un suono dallo spazio. In verità, dovrebbe lavorare ad un progetto segreto per il governo degli Stati Uniti, ma il suo rifugio è il divano di casa. Ma è anche la storia di un uomo che all’improvviso si vede rivestito di autorità paterna, ad accudire i due nipoti, rimasti orfani e arrivati da Napoli in quel luogo dimenticato da tutti. Insieme cercheranno di dare una risposta agli Ufo e di rimettere insieme i cocci rotti della loro famiglia e delle loro esistenze. Durata 92 minuti. (Romano sala 2)

 

La truffa dei Logan – Azione. Regia di Steven Soderbergh, con Channing Tatum, Adam Driver, Hilary Swank e Daniel Craig. Jimmy è un minatore disoccupato, divorziato e senza un quattrino, suo fratello Clyde un veterano della guerra in Iraq con una protesi al braccio: una rapina durante una famosa corsa automobilistica potrebbe raddrizzarne le sorti. Dovranno cercare per il lavoro un esperto in esplosioni, ma prima sarà necessario farlo evadere di prigione: e soprattutto fare i conti con un’agguerrita e tenacissima agente dell’FBI che comincia a sospettare e a indagare su tutti. Durata 119 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

Music Tales, la rubrica musicale

Nel 2016 incontro un ragazzo con un labbro un po’ così. Ho l’onore di seguirlo e di innamorarmi perdutamente di quel viso che mi ricorda le stars tormentate dei miei tempi; si vede dai suoi occhi che ha troppo da dire e che, forse, sette note non gli basteranno mai. Oggi decido di intervistarlo, perchè mi sento in dovere, nel giorno del mio compleanno, di regalarvi un pezzo di un cantautore che trovo strepitoso e che va assolutamente conosciuto. Lui è Diego Conti, chioma nera, occhi melanconici, labbro un po’ così.
D: Ciao Diego, in due parole la tua infanzia, quanto ha influito sulle scelte musicali fatte oggi?
R: Ero un bambino agitato, spericolato, senza il senso del rischio, ho cercato da subito la musica ma mi ha trovato prima lei. Led Zeppelin e Battisti, sono cresciuto così, in un centro storico di circa 400 abitanti con la voglia di sentire il mondo. Senza la mia chitarra e le mie fantasie sarei un uomo morto!


D: Attualmente sei sotto etichetta discografica. Quanto questo rende vantaggioso e quanto svantaggioso il tuo percorso musicale.
R: Attualmente sto lavorando alle nuove canzoni con Rusty Records (www.rustyrecords.nete Richveel (www.richveel.com), sono fortunato ad avere al mio fianco delle persone che ci credono. Io ci credo tantissimo!


D: Se tu fossi una canzone che canzone saresti?
R:Non ce la faccio ad essere una canzone sola, ma sicuramente una delle mie o Simpathy For The Devil degli Stones!!!


D: Del percorso musicale fatto fino ad ora, di cosa ti penti e di cosa vai invece molto fiero?
R: Ho vissuto tante esperienze in questi ultimi 5 anni, dai primi live milanesi, i primi singoli, al palco del Festival Show, l’avventura ad X Factor 10 con Arisa, fino alle collaborazioni come autore e chitarrista negli ultimi due album di Clementino. Detto così sembra tutto facile… Ma di cosa dovrei pentirmi? Questi ultimi 5 anni me li porto tutti nel sangue per sempre.


D: A X Factor mi dicesti che Torino per te ha un’importanza fondamentale, vorrei raccontassi ai nostri lettori in che termini.
R: Qualche anno fa ero a Torino per la prima volta, avevo tutto contro quel giorno. Erano le sette di mattina, mentre aspettavo il bus, non c’era nessuno per strada oltre a me e a qualche amico distratto. “Diego canta qualcosa!”, mi appoggio al muro con l’umore sotto i piedi tipico di quel periodo, pensando di suonare quella vecchia chitarra sgangherata non mia e subito dopo qualcuno mi butta 50 centesimi. Non so chi, un secondo dopo non c’era più, ma da quel giorno è cambiato tutto e la moneta la porto al polso.
Sono tornato a Torino circa 2 anni fa per le Home Visit di X Factor 10, dove ho cantato davanti a Patty Pravo, un sogno.


D: La canzone che avresti voluto scrivere…non tua naturalmente.
R: Avrei voluto scrivere You Are So Beautiful di Joe Cocker, perché ha un’eleganza e una bellezza che toccano le stelle più alte. Ma anche Siamo Solo Noi di Vasco, oppure Domani di Lucio Dalla o Paradise City dei Guns’n’Roses. Me ne vengono troppe in mente, mi fermo qua con l’elenco.


D:So che scrivi…la maggior parte dei tuoi brani nasce in che modo? Cosa davvero ti ispira più di ogni altra cosa?
R: Le mie canzoni non lo so come nascono, so solo che a volte le cerco senza mai trovarle e altre invece mi piombano addosso quasi a farmi male. Vengono fuori lontano dalla chitarra o qualsiasi altro strumento di solito, mi viene in mente la melodia ed il testo contemporaneamente, ho la memoria del cellulare intasata da memo vocali. Scrivo soltanto quando vivo emozioni forti, qualcosa che mi smuove dentro e che mi accende, non so il perché di questa esigenza sinceramente ma non posso farne a meno, è una droga seducente!


Questa estate ci aspetta una grande sorpresa…vi invito a seguirlo sui social.
Diego tanta fortuna per te e solo cose belle. Lo dissi nel 2016, oggi lo sostengo più che mai: sei nato per questo.
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Chiara De Carlo


Chiara vi segnala i tre eventi da lei scelti per la settimana…mancare sarebbe un sacrilegio! Scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!
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Bach al tempio valdese

Venerdì 15 giugno alle ore 20.45, presso il Tempio Valdese di Corso Vittorio Emanuele 23, si conclude il ciclo dei concerti d’organo che la Chiesa Valdese di Torino ha organizzato per ricordare i cinquecento anni della Riforma di Martin Lutero (1517-2017). Eseguire l’opera integrale bachiana per organo è stato un progetto impegnativo che ha visto alternarsi alla consolle dell’organo Pinchi diversi organisti. La scelta di tale proposta è nata dalla convinzione che nessun musicista più di Bach ha rappresentato, anzi incarnato gli ideali e i principii della Riforma. A chiudere questa lunga rassegna sarà Walter Gatti, organista titolare del Tempio Valdese. L’ingresso è a pagamento e i biglietti si trovano anche in prevendita presso la Libreria Claudiana in Via Principe Tommaso 1. Al termine del concerto verrà offerto un rinfresco.Maggiori informazioni si possono trovare su:www.torinovaldese.org; https://it-it.facebook.com/unacasaperlamusica/;

Le “Vitamine Jazz” escono dall’ospedale Sant’Anna

 

Sabato 9 giugno alle ore 21 la Jct Big Band di Valerio Signetto si è esibita al Mastio della Cittadella di C.so G.Ferraris angolo via Cernaia in un concerto facente parte di ” Vitamine jazz”, progetto a cura della Fondazione a Misura di Donna Onlus del S.Anna. Per la prima volta le ” Vitamine jazz” escono dall’ospedale in occasione di Open House Torino, la bella iniziativa che per 2 giorni ( sabato 9 e domenica 10 giugno) ha consentito l’accesso gratuito a oltre 140 spazi tra costruzioni storiche e contemporanee, case private, palazzi, giardini. Un’occasione per scoprire luoghi spesso chiusi al pubblico ; come il Mastio della Cittadella, appunto. La scelta del repertorio dedicato allo swing , genere jazz che ha caratterizzato gli Anni Trenta e Quaranta, giungendo a noi al seguito delle truppe americane durante l’ultima guerra, si è rivelata particolarmente indovinata : una fortificazione militare che evoca la guerra, è stata avvolta da un’armonia e da quegli stessi suoni e ritmi che accompagnarono la sete di libertà e di pace tipica di quegli anni. L’orchestra di Valerio Signetto si è avvalsa per l’occasione del contributo della bravissima vocalist Giulia Damico. E’ stato questo il cinquantatreesimo concerto delle ” Vitamine jazz “, quasi un Festival vero e proprio, come ha sottolineato il Direttore artistico del progetto Raimondo Cesa. Le ” Vitamine jazz ” continueranno a essere “somministrate “all’interno del S.Anna ancora fino a metà luglio per poi riprendere a settembre.

Helen Alterio

 

Doppio Senso, visioni e inalazioni eno-culinarie

Tra le iniziative che a Torino affiancano il Bocuse d’Or 2018 spicca la mostra “Doppio Senso, visioni e inalazioni eno-culinarie” promossa dal Mùses, Accademia Europea delle Essenze e dal Miaao (Museo delle arti applicate) in occasione del concorso mondiale di alta cucina, il Bocuse d’Or voluto dal padre della Nouvelle Cuisine francese Paul Bocuse, scomparso di recente. A Torino, in questi giorni, si sfidano, in una gara eno-gastronomica, i migliori giovani cuochi a livello internazionale. L’esposizione, che fa da contorno al piatto forte della competizione mondiale, è allestita nella Galleria Sottana del Miaao, nel complesso della chiesa di San Filippo Neri, in via Maria Vittoria 5 e al Mùses, nel Palazzo Taffini d’Acceglio di Savigliano. I visitatori si trovano di fronte a una mostra del tutto originale dove il Doppio Senso del titolo fa riferimento a quadri, disegni, oggetti e profumi, tutti rigorosamente ispirati al cibo e al vino e diretti a stimolare i sensi della vista e dell’olfatto dei visitatori. Due sono le sezioni della rassegna: nella prima, appese ai muri dello spazio-mostre, le opere di sei artisti e designer piemontesi sui temi dell’enogastronomia e della profumeria tra gusti, odori e fetori. L’altra sezione dell’esposizione, dedicata alle “inalazioni”, consiste nell’installazione su alcuni tavoli di una serie di “olfattori”, contenitori in vetro di Murano con profumi “gourmand”, con essenze “appetitose”, maschili e femminili, a disposizione dell’olfatto del pubblico. I sei artisti provengono da tutto il Piemonte e sono Luisa Bocchietto dal biellese, Corrado Bonomi dal novarese, Franco Giletta dal cuneese, Titti Garelli dal torinese, Plinio Martelli e Roberto Necco. Bonomi, per esempio, presenta scatole di latta vuote in cui ha dipinto a olio pescioni policromi e figurine di fatine che giocano tra salami e bollicine di spumante. Giletta ha realizzato i ritratti di Paul Bocuse e di Gualtiero Marchesi, i due grandi maestri della cucina francese e italiana, da poco scomparsi mentre Titti Garelli ha messo in mostra Regine neogotiche adatte al contesto come la regina delle More, la regina Barola e la regina Moscatella. Luisa Bocchietto espone il suo profumo B-Sex dagli aromi “carnali” e il disegnatore Roberto Necco ha messo in sala l’originale installazione sonora “No taste, no smell” con tracce audio registrate nella cucina del ristorante torinese Del Cambio per suggerire che ciò che si sente può magari stimolare l’appetito. La mostra “Doppio Senso” ideata da Umberto Pecchini (Associazione Le Terre dei Savoia) con Enzo Biffi Gentili, direttore del Miaao di Torino, è aperta al pubblico in San Filippo Neri, via Maria Vittoria 5 a Torino fino al 17 giugno e nel Palazzo Taffini a Savigliano dal 21 giugno al 30 settembre.

Filippo Re

 

Museo di Mergozzo: un percorso espositivo rinnovato

Un piemontese o un lombardo che non abbiano ancora visto Mergozzo e il suo lago, incastonato tra le prime pendici alpine dell’Ossola e il Lago Maggiore, a pochi chilometri da Verbania, per ora si sono persi un gioiello, ma c’è sempre  tempo per rifarsi. Loro sono vicini, ma l’invito è rivolto a tutti, turisti per caso e non, di qualunque parte del mondo.

Il Lago di Mergozzo, che ha preso più volte la Bandiera Blu per le sue acque pulite, fin dal tempo dei Romani ha assunto notevole importanza strategica per la sua posizione, alle porte della valle. I ritrovamenti preistorici hanno dimostrato che l’uomo si è insediato sulle sue rive già più di 5000 anni fa e hanno favorito la nascita dell’attuale Museo, grazie specialmente alla passione e all’opera costante degli “addetti ai lavori”. Le acque pulite e le sponde affascinanti, sono tuttora meta di turisti, amanti della spiaggia, del campeggio, della pesca, della canoa e della fotografia. Tornando invece al Civico Museo Archeologico del paese, lo scorso sabato 9 giugno, in tarda mattinata, è stato inaugurato il nuovo allestimento, con un nuovo percorso espositivo. Il riallestimento museale, fortemente voluto dal Comune di Mergozzo, dalla direzione del Museo e dal Gruppo Archeologico, è stato reso possibile anche dal contributo della Fondazione Comunitaria VCO, che ha concorso alle spese. A dirigere l’incontro di sabato mattina, oltre allo stesso Presidente della Fondazione Ivan Guarducci, alla conservatrice del Civico Museo Elena Poletti, anche il Sindaco di Mergozzo Paolo Tognetti, la presidente del Gruppo Archeologico Annarosa Braganti, le sovrintendenti delle province di Novara, VCO e Vercelli.Dopo l’introduzione – spiegazione della Presidente Braganti e le parole di saluto del Sindaco di Mergozzo Paolo Tognetti: “ La cultura è importante anche dal punto di vista politico” ha detto Guarducci “non è un caso che si continuino a scoprire nuove opere, sia qui che nel resto d’Italia”.  “Il nostro museo può contare su circa 3000 visite l’anno, di cui solo il 10% stranieri” ha detto, tra l’altro, Elena Poletti “da poco abbiamo messo pannelli illustrativi anche in inglese, per facilitare chi non conosce la nostra lingua. Abbiamo anche apportato numerose migliorie tecniche e coinvolto tutti i musei del VCO; abbiamo coinvolto tutte le scuole”.

ELIO MOTELLA