CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 556

Complici

E proprio quello ci rendeva liberi È proprio questo che ci rende simili E ancora adesso fermi, chiusi e fragili Senza fare niente Credimi Un po’ come ti pare, però credimi Il tempo che hai scordato in questo letto Di notte sembra strangolarmi il collo E non riesco ancora a respirare Amore non riesco a respirare Pensieri che raccontano paure Sapori che non vogliono finire Complici Ogni volta che scappiamo è per riprenderci Quanta voglia che ci toglie il fiato Mangiami e stringimi Oltre quello che verrà

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Oggi si parla di musica recente… di un binomio “old/young” non da poco.

2018…agosto per la precisione, Gianna Nannini ed Enrico Nigiotti scrivono ed interpretano un brano intitolato “complici” sotto l’egida di Mara Maionchi con uscita a settembre. Si tratta di una canzone d’amore orecchiabilissima, dove il quasi-parlato di Nigiotti si affianca ad un ritornello cantato a due voci, ma dove spicca una radiosa Gianna Nannini che, pur rimanendo un po’ defilata, contribuisce a dare al brano sfumature più incisive.Su questa operazione che coinvolge i due toscani, Nigiotti ha dichiarato a Sky24: “Complici” è una canzone che ho scritto in maniera molto libera. La strofa è discorsiva, quasi parlata e il ritornello diventa la ‘morale della storia’ già al primo ascolto. Alcune intuizioni di Gianna sul testo e la sua voce unica hanno reso tutto veramente magico». Come si evince fin dal titolo, la canzone parla dell’importanza della complicità nelle relazioni d’amore. Una complicità che cammina sul filo del crinale, tra il consolidamento del sentimento e il suo andare in mille pezzi. La canzone descrive infatti una situazione tutt’altro che stabile e solida e pone l’attenzione sul limite tra il perdersi e il ritrovarsi. Come in una danza, il brano mi pare possa far riferimento a uno spazio libertà nella relazione. Non sono una partticolare fan di Gianna Nannini ma credo che “vesta” bene questa parte e mi piace ascoltare il brano. Ho poco da dire ma mi piaceva segnalarlo per l’ascolto, ricordando che nulla, nulla è come la complicità. Condividere un posto nella mente dell’altro è una delle cose più intime e private che conosca. Spesso si crede di essere a casa ma la casa è la dove sta il nostro cuore, la nostra mente, in balia di quella complicità che, quando c’è, non serve nulla. Né gesti, né parole. Niente. Solo due persone che anche a distanza si respirano. Ed è elettricità. Cercatela la vostra casa, accomodatevici e comperate un bel divano.

Buon ascolto
https://www.youtube.com/watch?v=nFh9MrLPPLg

Chiara De Carlo

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Chiara vi segnala i prossimi eventi… mancare sarebbe un sacrilegio!

La Madonna (in nero) del Giovenone

La donna (in nero) protagonista di questa quinta uscita è dipinta da Gerolamo Giovenone e ancora una volta si trova ai Musei Reali di Torino presso la Galleria Sabauda. Prima di vedere brevemente la rossa Madonna in trono con il Bambino tra San Giulio D’Orta e San Giuseppe del Giovenone, seguitemi nel “recap” delle precedenti uscite.

Abbiamo iniziato con la Duccio di Buoninsegna, detta anche Madonna di Torino, il quadro è il più antico dipinto del pittore originario di Siena, Duccio di Buoninsegna. Risale al 1280-1283 e ha un’indole bizantina che non è insolita per il periodo in cui è stata realizzata, ma che è assolutamente affascinante perché la collega alle opere di un altro caposaldo del XIII secolo, il geniale, imprescindibile Cimabue, pittore di cui il notissimo biografo Giorgio Vasari scrisse nelle sue Vite, Fu il primo a scostarsi dalla goffa e ordinaria maniera greca, ritrovando il principio del disegno verosimile alla latina. In effetti Cimabue -e attraverso di lui Duccio di Buoninsegna-, intuisce il moto di cambiamento interno alla pittura bizantina, facente capo al forte desiderio di movimento. La pittura bizantina tradizionalmente ieratica e clamorosamente silenziosa, in Europa coltiva la tendenza alla resa dei volumi, come risultato del bisogno latente di comunicazione con l’osservatore. L’intuizione del Cimabue (1240-1302) è così forte da rendergli il merito di aver avviato la rinascenza della pittura italiana. I soggetti carichi di sentimento sono a qualche generazione di distanza nel solco dell’intuizione del senese; Dante lo cita nella Seconda Cantica come colui di cui si conserva il grido. Nella Duccio di Buoninsegna dunque notiamo tutte le caratteristiche che possono mostrare i passaggi tra gli stili, osservando due cose, prima di tutto, le linee spezzate, da cui si intuisce l’attenzione al volume del corpo, perciò al suo prendere spazio; poi, in secondo luogo, vediamo la Madonna tacere tra due momenti quello del dialogo con l’osservatore e quello ludico con il bambino. Quindi qui la comunicazione già esiste, con il volume al minimo, sospesa nel momento dell’ultimo sguardo e attaccata alla forza del gioco. Dopo è uscita la Madonna delle Ciliegie, del maestro dell’agosto di Palazzo Schifanoia. Ancora una volta abbiamo avuto occasione di parlare del movimento contro la guerra Donne in Nero; si è parlato del presidio portato avanti dalla Casa delle Donne di Torino in centro città all’angolo tra via Garibaldi e via XX Settembre ogni ultimo venerdì di ogni mese. La Madonna delle Ciliegie è dipinta con un mantello di colore nero e lucido come il velluto e ha pendenti sul capo due rami di ciliegio simbolo della passione di Cristo e per i quali si è ricordato l’episodio della battaglia di Keraso, vinta dai Romani. Poi con la terza uscita abbiamo visto il Polittico di Sant’Anna dell’amatissimo Gaudenzio Ferrari di cui si è detto, quattro tavole sono ai Reali di Torino e due alla National Gallery di Londra. Polittico che potrebbe essere oggetto di dialogo tra i lettori che vogliano interrogarsi su quale sia la parte preferita tra le quattro analizzate. In altre parole, vi sentite più vicini al tenero congiungersi della Madonna con il Bambino sulle ginocchia di Sant’Anna (scena centrale), all’abbraccio carico di salvezza (sulla sinistra), alla fuga di Gioacchino dal tempio (a destra) oppure, in ultimo, al pensoso e onnisciente Salvator Mundi (sopra)? Il pezzo della scorsa settimana, ossia la quarta uscita dedicata alla Madonna con il Bambino e sei Santi di Andrea Mantegna, ha dato occasione di ricordare di un certo modo di dipingere tipico del XV/XVI secolo quello che accosta i ritratti di figure viventi e figure sovrannaturali. La Madonna con Bambino e sei Santi è un quadro datato circa 1485 e conservato ai Musei Reali di Torino. Non è raro per Andrea Mantegna scegliere di dipingere Santa Maria in nero, ad esempio anche la Madonna con coro di angeli, conservata a Milano presso la pinacoteca di Brera, una tempera grassa su tavola attribuita sino al tardo XIX secolo al Bellini, ha indosso un mantello nero che le cinge il grembo, il capo e le spalle. Santa Maria e il Bambino della Brera di Milano si stagliano sullo stesso cielo azzurro della Madonna con sei Santi dei Reali di Torino, ma in questo caso i due sono circondati da angeli distinti in Cherubini e Serafini a seconda del colore delle ali; grande assente il San Giovannino, da sempre compagnia preferita di Cristo Bambino. Eccoci dunque a parlare della Madonna del Giovenone, accomunata alle altre per alcuni motivi e unica per certi aspetti. Per i caratteri di somiglianza vediamo prima di tutto il fatto che si tratta di una Madonna in trono -cosa che la rende più simile alla Duccio di Buoninsegna-, poi la Giovenone ha il mantello di un nero lucido come il velluto -e perciò ricorda la Madonna delle Ciliegie-, considerando la datazione invece, vediamo la data del 1533 cosa tra tutte quelle fin qui nominate che la rende la più vicina al polittico gaudenziano datato al 1508, in ultimo anche la Madonna del Giovenone inscena figure sovrannaturali proprio come nella Madonna con Bambino e sei Santi di Andrea Mantegna. Per quanto riguarda il resto, infine, la Madonna in nero di Gerolamo Giovenone tra i santi Giulio D’Orta e Giuseppe ha dei capelli di cui il colore porta eccezione rispetto a tutte le altre.

Ellie

https://www.museireali.beniculturali.it/opere/madonna-trono-bambino-fra-santi-giulio-dorta-giuseppe/


 

Marzo, ecco i libri più letti e commentati

Marzo di lettura, per gli iscritti al gruppo Facebook più numeroso e frequentato della rete, almeno tra quelli in lingua italiana dedicati all’argomento; questo mese l’attenzione di nostri infaticabili lettori si è concentrata su tre titoli molto diversi tra loro

Robert Galbraith, ovvero J.K. Rowling, si rivela ancora una volta scrittrice di grande talento e i nostri lettori dimostrano di apprezzare particolarmente Bianco Letale , la sua ultima fatica; alto il gradimento anche per il divertente romanzo di Giacomo papi Il censimento dei Radical Chic, mentre torna alla ribalta, dopo essere stato discusso in un popolare programma televisivo, La svastica sul sole, di Philip Dick. In tema di tv, la recente riduzione de Il nome della rosa ha riacceso i riflettori sul capolavoro di Umberto Eco e ai lettori interessati segnaliamo altri due titoli trasformati in serie di successo: Il racconto dell’ancella, di Margareth Atwood  e quella tratta dal romanzo L’alienista, di Caleb Carr . Ai lettori che chiedono suggerimenti su letture divertenti segnaliamo l’ironico Zia Mame di Patrick Dennis, l’esilarante Vacanza matte di Richard Powell e il classico Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, di Roy Lewis, titoli più votati nei consueti sondaggi tra i lettori del gruppo. Per questo mese è tutto, aspettiamo i vostri commenti e i vostri consigli sul gruppo Facebook Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri!

Podio del mese

Bianco Letale, di R. Galbraith (Salani) – Il censimento dei Radical Chic, di G. Papi (Feltrinelli) – La svastica sul sole, di P. Dick (Fanucci)

Libri e tv

Il nome della rosa, di U. Eco (Bompiani) – Il racconto dell’ancella, di M. Atwood (Ponte alle grazie) – L’alienista, di C. Carr (Newton Compton)

Per ridere e sorridere

Zia Mame, di P. Dennis, (Adelphi) – Vacanze matte, di R. Powell (Einaudi) – Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, di R. Lewis (Adelphi)

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Testi : valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Grafica e Impaginazione : claudio.cantini@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it 

Kirill Petrenko e Leonidas Kavakos le “stelle” di aprile

Lunedì primo aprile alle 20, al Teatro Vittoria, per l’Unione Musicale, l’Arsenale Sonoro eseguirà musiche di Teleman, Bach, C.P.E. Bach. Mercoledì 3 al Conservatorio alle 21, Edgar Moreau al violoncello e David Kadouch al pianoforte, eseguiranno musiche di Franck, Poulenc e Strohl
Giovedì 6 alle 20.30 e venerdì 7 alle 20, all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Fabio Luisi e con Nikolaj Znaider, eseguirà musiche di Elgar e Beethoven. Venerdì 5 alle 20.30 all’Auditorium del Lingotto, la Chamber Orchestra of Europe diretta da Leonidas Kavakos nel doppio ruolo di direttore e violinista, eseguirà musiche di Mozart, Stravinskij, Beethoven. Sabato 6 alle 20 al Teatro Vittoria, l’integrale dei Lieder di Schubert. Progetto a cura di Erik Battaglia. Mercoledì 10 alle 20 al Teatro Regio, debutto per la stagione d’opera de “La Sonnambula” di Vincenzo Bellini. Melodramma in 2 atti. L’orchestra e il coro saranno diretti da Maurizio Benini.

Leonidas Kavakos
Photo: Marco Borggreve

Repliche fino sabato 20. Sempre mercoledì 10 alle 21 al conservatorio, per l’Unione Musicale Francesca Dego violino e Francesca Leonardi pianoforte, eseguiranno le sonate per violino e pianoforte di Beethoven (primo concerto). Giovedì 11 alle 20.30 e venerdì 12 alle 20 all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Nikolaj Znaider e con Seong-Jin Cho al pianoforte, eseguirà musiche di Janacek, Ravel e Dvorak. Sabato 13 alle 20 al Teatro Vittoria, Laura Capretti, Francesco Maccarone e Gianmarco Moneti, eseguiranno musiche di Schumann. Mercoledì 17 alle 21 al Conservatorio, per l’Unione Musicale Francesca Dego violino e Francesca Leonardi pianoforte, eseguiranno le sonate per violino e pianoforte di Beethoven (secondo concerto). Giovedì 18 alle 20.30 e venerdì 19 alle 20, all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da James Conlon, eseguirà musiche di Wagner, e Korsakov. Venerdì 26 alle 20 e sabato 27 alle 20.30, all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Kirill Petrenko, eseguirà musiche di Beethoven e Strauss.

 
Pier Luigi Fuggetta

L'isola del Libro. Speciale Joël Dicker

Adesso che “La verità sul caso Harry Quebert” di Joël Dicker è diventato anche una serie tv su Sky Atlantic, interpretata dal fascinoso ed enigmatico Patrick Dempsey (già protagonista del medical drama di successo “Grey’s Anatomy”), ecco l’occasione giusta per rileggere oppure leggere per la prima volta e scoprire anche gli altri romanzi del giovane scrittore svizzero, nato a Ginevra nel 1985. Sguardo limpido e viso da ragazzino, Dicker è un autore geniale, abilissimo e prolifico di cui vorremmo leggere un libro al mese. Il suo best seller, che ha venduto solo in Italia 800.000 copie, ora con la regia di Jean Jacques Annaud promette di bissare il successo anche sullo schermo. Dempsey interpreta Harry Quebert, lo scrittore tormentato dai fantasmi di un passato mai chiarito e risolto, che torna prepotentemente a galla e gli stravolge la vita.
 
 
“La verità sul caso Harry Quebert”
 
La storia è avvincente, appassionante e scritta in modo magistrale. Ecco la trama. Harry Quebert è uno stimato professore universitario di 67 anni, stella del firmamento letterario e dell’intellighenzia americana, grazie al successo mondiale del suo capolavoro “Le origini del male”. Nel 2008 vive in una magnifica villa sull’oceano, Goose Cove, poco fuori la cittadina di Aurora nel New Hampshire, sulla Route in direzione del Maine. E’ qui che lo raggiunge il suo ex allievo, il giovane scrittore Marcus Goldman, che dopo un primo romanzo che l’ha rimbalzato nell’Olimpo dei ricchi e famosi, ora è in preda al classico blocco dello scrittore e si rifugia dal suo mentore sperando di trovare ispirazione. La trama si fa incalzante quando proprio nella proprietà di Quebert viene ritrovato sepolto il corpo di una giovane donna. E’ quello di Nola Kellergan, 15enne con la quale Quebert (all’epoca 34enne) aveva avuto una relazione nell’estate del 1975, scomparsa 33 anni prima in circostanze misteriose. Accanto al suo cadavere viene rinvenuto anche il manoscritto del famoso romanzo del professore, che poco dopo la sparizione della fanciulla, l’aveva pubblicato conquistando successo e fama. Ed è proprio su di lui che cadono i sospetti: viene arrestato, indagato per omicidio e occultamento di cadavere, rischia l’iniezione letale. In un attimo perde tutto e un macigno schiaccia la sua intera vita. Allora chiede aiuto a Marcus che si precipita nel bel mezzo di questa bufera e non sta certo con le mani in mano. Vuole scagionare il suo amico e parte con le sue indagini, prova a ricostruire la dinamica dei fatti, si trova a fare cose di cui si pentirà e finirà per interrogarsi sulla vera natura dell’uomo che gli ha cambiato la vita. Di più non anticipo..ma preparatevi a fulminanti colpi di scena e a scoprire che nulla è mai come sembra…
 
 
“Gli ultimi giorni dei nostri padri” – Bompiani – euro 20,00
 
In realtà è questo il romanzo di esordio di Joël Dicker, che nel 2010 ha ottenuto il Prix des écrivains genevois. Possiamo vederlo in parte come un romanzo storico perché fa luce su alcuni retroscena poco conosciuti della storia europea. Racconta del SOE, Special Operations Executive, ovvero una squadra dei servizi segreti inglesi che durante la Seconda Guerra Mondiale lavorò nell’ombra, incaricata di azioni di sabotaggio ed intelligence tra le linee nemiche. Fu voluta dal primo ministro britannico Winston Churchill ed era formata da persone insospettabili, giovani brillanti e gente comune. Siamo nel 1940 e il giovane Paul Emile lascia Parigi per Londra sperando di unirsi alla resistenza. Viene reclutato nel SOE, insieme a tanti altri: sono tutti sottoposti a un duro addestramento e poi rimandati nella Francia occupata dai tedeschi per raccogliere più informazioni possibili. Con Paul Emile (soprannominato Pal) ci sono altri suoi connazionali valorosi; diventeranno i suoi amici, mentre l’unica donna del gruppo, Laura, sarà la sua fidanzata. Hanno un grande ideale comune e rischiano la pelle, perché rispediti in Francia scopriranno che il controspionaggio tedesco è già in stato di allerta….
 
 
 
“Il libro dei Baltimore”   -La Nave di Teseo” – euro 22,00
 
Il romanzo è del 2015, ma in Italia è uscito l’anno dopo. Ed è una splendida saga familiare. Ritroviamo come protagonista lo scrittore Marcus Goldman de “La verità sul caso Harry Quebert” che qui racconta invece la storia della famiglia Goldman di Baltimore. Prima di un drammatico   evento, che Marcus definisce “La Tragedia”, erano due i rami della famiglia. I Goldman di Baltimore, ricchissimi, abitavano in un quartier di lusso e sembravano la famiglia ideale: lo zio Saul avvocato di grido, la zia Anita donna affascinante e valido   medico, e i due cugini, Hillel molto intelligente, Woody promessa del football. D’altro canto e in condizioni economiche molto più modeste, appartenenti alla classe media e in un piccolo appartamento, ci sono i Goldman di Montclair, di cui fa parte Marcus che guarda con ammirazione e invidia i Baltimore. I tre giovani cugini avevano formato la Gang Goldman e stretto un patto: nessuno di loro avrebbe dovuto fare avance alla ragazza di cui erano innamorati, Alexandra, ovvero il loro amore proibito. Poi una tragedia misteriosa e Marcus che cerca di ricostruire gli eventi….
 
 
“La tigre” -Bompiani   – euro 7,50
 
Questa è una piccola chicca di 56 pagine da leggere tutta d’un fiato, scritta da Dicker appena ventenne nel 2005, pubblicata in Italia da Bompiani nel 2016. E’un breve ma intenso racconto ambientato nella Russia nel 1903, sotto il regno dello zar Nicola II. San Pietroburgo è allarmata dalla notizia di una tigre che scorrazza seminando morte al suo passaggio. Lo zar mette una taglia e promette una ricompensa a chi riuscirà a fermare il felino. A raccogliere la sfida è il giovane squattrinato Ivan……
 
 
 
 
“La scomparsa di Stephanie Mailer” -La Nave di Teseo – euro 22,00
 
Ecco un’altra storia ad alto tasso di adrenalina e suspense, che Dicker scandisce su più piani temporali, ambientata nella cittadina balneare di Orphea, negli Hamptons. Qui nel 1994, mentre sta per andare in scena il primo festival locale teatrale, vengono uccisi nella loro casa il sindaco, la moglie e il figlio. Lì vicino viene trovato anche il cadavere della giovane Meghan, freddata mentre faceva jogging: forse uccisa perché incappata nell’assassino che ha pensato bene di non lasciare testimoni. Le indagini vengono svolte dai due ambiziosi agenti, Jesse Rosenberg e Derek Scott, che chiudono il caso incriminando Ted Tennenbaum, un ristoratore del luogo. Poi si balza al 2014 quando Rosenberg, diventato capitano di polizia, ora prossimo alla pensione, viene avvicinato dalla giornalista Stephanie Mailer che lo incalza sostenendo che all’epoca era stato accusato un innocente…di più non potrà dire perché poco dopo scompare. Che cosa aveva scoperto e che fine ha fatto? E’ quello che cercheranno di scoprire Jesse e Derek, affiancati dalla collega Anna Kanner. Riapertura della vecchia indagine e nuovo mistero che vi inchioderà fino all’ultima riga. As usual… quando si parla dei libri di un asso come Joël Dicker.
 
 

Elisa e il sax di Colin Stetson

Gli appuntamenti musicali della settimana

Lunedì. Al Jazz Club è di scena il vocalist Samuele Spallitta. Al Milk suona il trio di Antonello Salis.
Martedì. Al Jazz Club si esibiscono i Kasmata, mentre al Blah Blah sono di scena i Lay.
Mercoledì. Allo Splendor di Aosta il duo cubano Sosa-Caniiizares.
Giovedì. Al Circolo della Musica di Rivoli suona il sassofonista americano Colin Stetson con Paolo Spaccamonti. All’OffTopic si esibisce il quartetto Cara Calma. Al Jazz Club suona il trio di Sergio Di Gennaro. All’Hiroshima Mon Amour è di scena Edda. Al cine-teatro Gobetti di San Mauro si esibisce la cantante Elis Prodon accompagnata dal pianistaFabio Gorlier.
Venerdì. Al Jazz Club si esibisce il quartetto Women in Swing. Al Folk Club suona il chitarrista Francesco Piu. Al Sociale di Valenza è di scena il trio di Andrea Pozza con ospite il sassofonista Harry Allen. Al Magazzino di Gilgamesh si esibisce il cantante inglese Jason McNiff.
Sabato. Al Jazz Club sono di scena i Nolamee. All’Auditorium del Lingotto arriva Elisa ( in replica domenica e martedì). Al Blah Blah sono di scena i Destroy All Gondolas. Allo Ziggy si esibiscono i Von Neumann.
Domenica. Sempre allo Ziggy sono di scena gli Sherpa. All’Hiroshima Mon Amour suona il Canzoniere Grecanico Salentino.
 

Pier Luigi Fuggetta

Amos Oz, storie di amore e di tenebra

La Fondazione “Bottari Lattes” omaggia il celebre scrittore e saggista israeliano con un reading letterario – musicale, nelle sale del torinese Spazio Don Chisciotte

Scrittore e saggista, ma anche docente all’Università “Ben Gurion” del Negev e fra le voci più importanti della letteratura mondiale, ad Amos Oz – nato a Gerusalemme nel 1939 e scomparso a Tel Aviv nel dicembre dello scorso anno – è dedicato il reading letterario – musicale “Amos Oz, storie di amore e di tenebra” della scrittrice Laura Pariani, accompagnata dal chitarrista Giovanni Battaglino, in programma martedì 9 aprile alle 18.30, allo Spazio Don Chisciotte della Fondazione “Bottari Lattes” (in via della Rocca 37b, a Torino). L’appuntamento vuole essere un’occasione per ricordare e rendere omaggio al vincitore del “Premio Lattes Grinzane 2016” (sezione La Quercia, dedicata a Mario Lattes) e alla sua capacità di “spaziare dalla forma del romanzo a quella della fiaba, attraversando diversi argomenti con i suoi saggi. […] raffinato e profondo scrittore degli incontri tra generazioni, tra popoli, tra religioni”, come recitava la motivazione della Giuria del Premio. Ad ingresso libero, l’evento s’inserisce all’interno del cartellone di “Torino che Legge. Piemonte che legge”, iniziativa culturale di Città di Torino, Regione Piemonte e Forum del Libro promossa in occasione della Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore (nota anche come Giornata del Libro e delle Rose), nata sotto l’egida Unesco nel 1996 e fissata, ogni anno, il 23 di aprile, giorno in cui nel 1616 sono morti tre scrittori, autentici pilastri della cultura universale: Miguel de Cervantes, William Shakespeare e Garcilaso de la Vega. Laura Pariani, che fa parte della giuria del Premio Lattes Grinzane e ha appena pubblicato il suo nuovo romanzo “Il gioco di Santa Oca” (La nave di Teseo), leggerà brani dal libro di Amos Oz “Una pantera in cantina” (Feltrinelli, 1994) e dal volume “Il senso della pace” (Casagrande, 2000), che riporta l’intervista ad Oz fatta dal giornalista Matteo Bettinelli per il ciclo di documentari ”Scrittori israeliani. Il dolore della memoria”, realizzati per la “Televisione Svizzera Italiana” nel 1999. “Cercare di capire tutto, perdonare in parte, non dimenticare nulla: questo è il lascito di Amos Oz, tenendo sempre presente che il passato non sta semplicemente lì dietro di noi, ma deve essere raccontato per diventare memoria”, spiega Laura Pariani. Attraverso i brani del romanzo di Oz, che si sofferma sulla sua preadolescenza, il lettore tornerà al periodo in cui lo scrittore aveva undici anni e che, in una Gerusalemme occupata dagli Inglesi, stringe amicizia con un militare della Gran Bretagna (che desidera imparare l’ebraico), scambiandosi lingue e culture, in un abbraccio umano privo dei confini dettati dalla politica. Lo scrittore ci mette in contatto con la figura della sua mamma e del suo papà, con la sua storia familiare, la sua visione del mondo di bambino, ancora non totalmente contaminata dalla tragedia delle guerre, con il suo tentativo di capire da quali situazioni tremende siano scappati i suoi genitori. Le letture saranno accompagnate da alcuni canti ebraici eseguiti dal chitarrista Giovanni Battaglino: “Ma na vu”, “Ose shalom” e “Tumbalalaika”.In occasione dell’incontro, il pubblico potrà anche visitare la mostra “Seeming Confines” dell’artista David Ruff (New York, 1925 – Torino, 2007), che attraverso una trentina di opere realizzate negli anni Settanta, approfondisce l’impatto prodotto dal trasferimento dagli Stati Uniti all’Europa (e in Piemonte, in particolare) sul suo lavoro di pittore. Difficilmente collocabile in una precisa corrente o entro demarcati confini, Ruff fu anche grafico, stampatore, poeta e intellettuale, oltre che attivista impegnato nelle grandi campagne politiche per i diritti civili.
 

g.m.

Info: 011.1977.1755; segreteria@spaziodonchisciotte.it
WEB fondazionebottarilattes.it | FB Fondazione Bottari Lattes | TW @BottariLattes | YT FondazioneBottariLattes
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Nelle foto
– Amos Oz
– Laura Pariani
– Giovanni  Battaglino

Fra Arte e Poesia la Natura celebrata al Collegio San Giuseppe

Nelle opere di trenta artisti. Fino al 18 aprile
Dalla natura al simbolo. Ad aprire la rassegna, sono due opere “specchianti”, l’una la prosecuzione dell’altra, realizzate in momenti di diversa creatività artistica, ma anche di diversa tensione emotiva ed esistenziale da Michele Tomalino Serra ( Cossano Belbo, 1942 – Torino, 1997), allievo a Torino di Gigi Morbelli, cui l’artista cossanese deve, in gran parte, l’avvicinamento a quella forma di “realismo fantastico” e “simbolico” che contraddistingue buona parte dei suoi dipinti. Un unico titolo per entrambe le opere: “Trasformazione di un paesaggio”. Nella prima permane ben chiara la traccia figurativa, pur se frutto di sintetiche ed umbratili pennellate cariche di colore, dissolte ed ancor più essenzializzate nella seconda, che pare inghiottire ogni forma di presenza umana e paesistica (fatta eccezione per il nudo albero proteso al cielo) in una sorta di   ansiogena astrazione di parvenze reali intaccate dal macigno delle emozioni. “E stupisco che ancora al mondo sian/ gli alberi e l’acque…”, recitano accanto pochi ma ben espliciti versi di Camillo Sbarbaro. Fra Arte e Poesia, è infatti un suggestivo tributo a trenta artisti, tutti piemontesi (in larga parte torinesi o comunque torinesi d’adozione), la terza mostra della terza serie di esposizioni d’arte organizzate nelle sale del “Collegio San Giuseppe” di via San Francesco da Paola, a Torino. Mostra a tema, la rassegna – curata da Alfredo Centra e da Donatella Taverna – assembla un’ottantina di opere (fra oli, incisioni, disegni, tecniche miste e sculture) tutte ispirate al mistero infinito e senza tempo della natura, di quella natura assoluta “immagine del suo Creatore – scrive la Taverna – con cui la conciliazione non può compiersi altrimenti che con l’arte, poetica o pittorica poco importa, purché limpida ed essenziale”. A far da collante alle opere esposte, tutte abbinate a citazioni poetiche scelte con opportuna avvedutezza, la primordiale suggestione di “alberi altissimi ed acque”, come recita il titolo stesso della mostra, ispirandosi ai versi, narranti la mitica Sicilia, di Salvatore Quasimodo, in “Le morte chitarre” da “Il falso e vero verde”. Raffinatissimo e di grande maestria incisoria, é il “Notturno” con quella luna piena vegliante e velata, opera dell’‘87 della valsusina Lia Laterza, accanto ai non meno preziosi “Alberi” di Eugenio Gabanino, così come ai più tonali e lievi “rami” di Aldo Conti (Torino, 1935 – 2008) o a quelli più “tormentati” e struggenti della ligure (ma formatasi all’“Albertina” di Torino) Cecilia Ravera Oneto (1918 – 2002), accostati alla complessa frenesia per certi versi da “stretta al cuore” della torinese Marazia, al secolo Maria Grazia Magliocca Parenti. Da segnalare, per la perfezione e l’ostinato rigore di un segno così preciso da togliere il fiato, le stupende incisioni di Xavier   de Maistre, così come il raffinatissimo composito “Motivo orizzontale” di Elisabetta Viarengo Miniotti, incisione del ‘91 in cui si legge l’alta lezione del maestro Giacomo Soffiantino. Seguono le pagine mosse e delicate di Giuliano Emprin (Torino, 1902 – 1991), accanto alle più cupe “Sinfonie in blu” e allo “Studio per l’isola Ildebranda” di anelito quasi informale firmate da Ottavio Mazzonis (Torino, 1921 – 2010). Sul tema “alberi”, si segnalano ancora le opere dell’alessandrino Franco Sassi (1912 – 1993), della torinese Carla Persani Motti (fra i fondatori delle Associazioni “Il Senso del Segno” e “Volarte”), così come i simbolici tormentati tronchi di Alda Besso-Giò (Genova, 1906 – Torre Pellice, 1992), accanto alle surreali oniriche visioni di Giorgio Viotto e Vito Oliva, alessandrino come Franco Pieri. Alla prima sezione appartengono ancora, i vigorosi disegni di Luisa Porporato, insieme alle misteriche presenze di Valeria Carbone, ai giochi fantasiosi di Rosanna Campra e al cupo “Bosco” di Luigi Rigorini, presente anche nella sezione “acque” con “Antichi riflessi” a contrappunto – dal sapore mitologico – del grande olio eseguito dal grande padre Antonio Rigorini (Torino 1909 – 1997), titolato “L’onda”. Autentiche chicche, le tre “matite” realizzate fra il ’78 e l’‘80 durante un periodo di convalescenza a Pallanza dal celebre scultore Giovanni Taverna (1911 – 2008), alessandrino e allievo di Leonardo Bistolfi. In mostra c’è anche un vigoroso “Albero nella tempesta”, firmato dalla moglie di Taverna, Margherita Costantino (Torino, 1915 – 2006). Per “acque”, la rassegna presenta ancora due astratte geometriche “plages” di forte impatto visivo dell’alsaziano ma torinese d’adozione Jean Luois Mattana (1921– 1990) e una scultura vitrea “La goccia”, tagliata al centro con una colatura di vetro fuso che pare interrompere l’incantata purezza di un sogno, realizzata dalla chierese Monica Dessì. A seguire opere di Anna Maria Palumbo, Mario Gomboli (Firenze, 1946 – Torino, 2014), Edina Prochet, Guido De Bonis (Torino, 1931 – 2013) e Rita Scotellaro, canavesana. Sua, l’informale “Onda” del 2012, accompagnata dai versi di Umberto Saba: “…me al largo/ sospinge ancora il non domito spirito/ e della vita il doloroso amore”.

Gianni Milani

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“…e alberi altissimi e acque…”
Collegio San Giuseppe, via San Francesco da Paola 23, Torino; tel. 011/8123250 o www.collegiosangiuseppe.it
Fino al 18 aprile
Orari: lun. – ven. 10,30/12,30 – 16/18; sab. 10,30/12,30
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Foto

– Michele Tomalino Serra: “Trasformazioni di un paesaggio 1” 
– Michele Tomalino Serra: “Trasformazioni di un paesaggio 2”
– Xavier de Maistre: “Pino laricio”
– Giovanni Taverna: Serie “Alberi”
– Antonio Rigorini: “L’onda”
– Monica Dessì: “La goccia”

"Siddharta Rave on stage", quando il romanzo si fa teatro

Un grande romanzo corale e cromatico dello scrittore torinese Federico Audisio di Somma  

 
Romanzo e teatro. Un binomio sicuramente vincente, dato lo stretto legame che accomuna questi due generi letterari. Ne era perfettamente consapevole, d’altronde, anche lo stesso Goldoni che scrisse che “Stanco delle loro insistenze (degli amici) finii col dire che invece di leggere un romanzo per cavarne una commedia, preferivo componne una con la quale si potrebbe fare un romanzo”. Un rapporto, quello tra romanzo ed opera teatrale, quindi, biunivoco nella storia letteraria. Ha scelto il palcoscenico lo scrittore torinese Federico Audisio di Somma per la teatralizzazione del suo ultimo romanzo, dal titolo “Siddharta rave”, nell’ambito di un progetto curato dalla critica d’arte aretina Liletta Fornasari. Ne è nata la performance dal titolo “Siddharta on stage”, che si terrà domenica 14 aprile prossimo alle 17.30, ed in cui sarà presente l’autore. La teatralizzazione è affidata ad Alessandro Marini. La cornice, molto suggestiva, sarà quella del Teatro Virginian, in via de’ Redi 12, ad Arezzo. La scrittura può avere differenti tonalità. Quella di Federico Audisio di Somma, noto scrittore torinese ed autore del recente romanzo “Siddharta Rave “, presenta tinte che si richiamano ad un post espressionismo in cui il forte impatto cromatico della pittura si traduce, in letteratura, nella necessità di raccontare la propria realtà interiore.
 
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Vincitore del Premio Bancarella nel 2002 con il romanzo “L’uomo che curava con i fiori”, Federico Audisio di Somma, medico torinese, con questo nuovo libro penetra perfettamente nella tradizione del “Bildungsroman”, cioè del romanzo di formazione, che trae le sue origini dall’età di Goethe e nel suo celebre Wilhelm Meister. “Siddharta Rave” è, infatti, un grande romanzo corale generazionale, non soltanto capace di trasportare nella grande potenza evocativa della musica e nella sua stretta connessione con il mondo della natura, ma anche in grado di condurre il lettore ad interrogarsi su temi forti, quali sono la vita, la malattia, la morte ed il passaggio generazionale. La musica è lo strumento, infatti, attraverso il quale generazioni diverse riescono ad incontrarsi e diventa una vera e propria colonna generazionale, riprendendo l’epopea degli anni Sessanta e Settanta, oggi tornata alla ribalta. Esperienze umane molto diverse si confrontano sotto forma di flashback e sono capaci di riunire, all’interno di una narrazione corale, i numerosi personaggi legati da un sottile fil rouge di una comune ragione esistenziale. Nel romanzo si intrecciano i temi della fede, del senso religioso, delle varie forme dell’amore con quelli dell’utopia, della malattia e della morte. Il protagonista risulta un Siddharta contemporaneo, capace di abbandonare il caos ed il disordine dove era fino ad allora vissuto, e di avviarsi in cammino verso la montagna incantata.

Biba Giacchetti, la voce di Mc Curry

Si è svolto mercoledì 27 marzo l’incontro con Biba Giacchetti curatrice della mostra in corso nella corte medievale di Palazzo Madama a Torino “Steve McCurry: Leggere”
 
 La conferenza si è svolta nel Salone delle feste di Palazzo Madama e è stata introdotta da Anna La Ferla del dipartimento Learning di Palazzo Madama e dal direttore Guido Curto che ha messo in guardia il pubblico, la mostra sarà aperta tassativamente solo fino al 1° luglio, dopodiché -come da programma- un altro allestimento prenderà gli spazi espositivi dedicati; in altre parole per chiunque voglia vederla, non sono riservate proroghe alla scadenza. Dal 1° luglio è attesa la mostra firmata da Luca Beatrice, intitolata Dalla Terra alla Luna, in omaggio al cinquantenario dello sbarco sulla Luna del 21 luglio 1969. Brevemente, a proposito di altri prossimi appuntamenti di Palazzo Madama, da venerdì 5 aprile nella sala Stemmi, una mostra sul Gotico francese in collaborazione con il Museo Cluny – Musée National du Moyen Âge – a cura della conservatrice Simonetta Castronovo e di Leandro Agostini, dove potremo non solo vedere ma anche conoscere la storia di quattro teste, la testa d’Angelo, la testa di Re mago oltre alle teste di uomo barbuto e di figura femminile, mentre dal 1° giugno è allestita a Palazzo Madama una splendida sulle maioliche rinascimentali italiane in collaborazione con Timothy Wilson. Infine tra quelle in corso, in chiusura lunedì 6 maggio la mostra Madame Reali che ancora una volta, come di norma a Palazzo Madama, unisce in maniera corale musei italiani e francesi. La mostra di Mc Curry sta avendo un ottimo successo di pubblico, aperta lo scorso 9 marzo ha già toccato quota 33mila visitatori. Anna La Ferla di Palazzo Madama passa la parola a Biba Giacchetti, dopo una riflessione fondamentale, guardare una fotografia è come guardare il mondo attraverso una cornice. Biba mette da subito le cose in chiaro, è lei ad aver curato fino ad oggi tutte le mostre del fotografo originario di Philadelphia e svela un segreto dei molti successi del binomio, -Il mio primo obiettivo è non tediare i visitatori- Biba rincara la dose- insomma voglio mostre che non siano noiose-. La curatrice racconta tutto di Steve, dalle origini, nasce a Philadelphia da una famiglia piccolo borghese, agli studi, passando per l’incidente che segna incurabilmente il fisico di Steve, la caduta dalle scale che gli lascia un arto offeso, poi ha nel cuore i suoi viaggi in India, in Afghanistan, ne racconta come se lo avesse aspettato a casa con il fiato in gola e poi parla di Elliot Erwitt, il fotografo statunitense classe 1920, -Elliot è il mio più grande maestro e lo è anche per Steve-. La retrospettiva itinerante Personae che ha chiuso i battenti domenica scorsa alla Reggia di Venaria ha celebrato Erwitt come uno dei fotografi più importanti del Novecento e forse Steve McCurry lo tiene ingaggiato in un testa a testa, tagliando il traguardo dei più grandi del primo ventennio del xxi secolo, aprendo le porte del nuovo millennio alle prossime generazioni. “Steve McCurry: Leggere” è in cartellone a Palazzo Madama per tutto il trimestre primaverile, chiude lunedì 1° luglio  

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