CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 552

Conto alla rovescia per il Tjf

21 E 22 APRILE DUE GIORNI DI MUSICA

Un assaggio del TJF 2018 (23-30 aprile 2018) si avrà già il 21 e il 22 aprile durante l’Anteprima.

Il 21 aprile nei mercati (corso Spezia alle ore 10.00, via Di Nanni alle ore 10.50, piazza della Vittoria alle ore 11.45, piazza Foroni alle ore 12.40 e piazza della Repubblica/Porta Palazzo alle ore 14.30) e il 22 aprile, nel centro storico (partenza alle ore 16 da piazza San Carlo, portici via Roma, piazza Castello, via Po per chiudersi in piazza Vittorio alle 19) si esibirà la marching band Bandakadabra accompagnata dalle danze scatenate dei ballerini delle associazioni Lindy Bros e Dusty Jazz. Il 22 aprile, alle ore 20, al cinema Massimo si terrà una serata letteraria, all’interno in un festival cinematografico internazionale a tematica LGBT: Il Lovers Film Festival. L’incontro sarà accompagnato dalle musiche dal vivo di alcuni dei protagonisti del Torino Jazz Festival: Enrico Degani e Fabrizio Modonese Palumbo. Una Words Session all’insegna dell’armonia delle arti. “Nel segno della diversità il Torino Jazz Festival edizione 2018 annuncia produzioni originali dialogando con il territorio, chiamando grandi maestri del jazz americano come Archie Shepp e rappresentanti della scena europea come Nils-Petter Molvaer, musicisti che hanno mescolato il linguaggio afro-americano con quello del rock, dell’elettronica e della world music. Stiamo lavorando per costruire un festival per una città a cui intendiamo dare un evento culturale che non si esaurisca in soli 8 giorni. Una città che è sempre stata underground, onnivora di musica e di jazz e aperta alle differenze – sottolinea il direttore artistico Giorgio Li Calzi -. Abbiamo in programma dieci concerti alle OGR, sette dei quali sono produzioni originali, come Fabrizio Bosso con Banda Osiris; in apertura il concerto più trasversale, i Radian, alla Mole; concerti pomeridiani nei teatri, come la prima italiana di un’artista iconica, Melanie De Biasio e il ritorno in Italia del clarinettista bulgaro Ivo Papasov, entrambi al Piccolo Regio. Grande spazio sarà dato ai jazz club, che promuovono musica tutto l’anno, nei quali si esibiranno accanto a molti artisti torinesi, i Now VS now di Jason Lindner, collaboratore di David Bowie in Blackstar, il quartetto di Simone Zanchini che rilegge in jazz Secondo Casadei, e il sassofonista Gianni Gebbia con la ritmica torinese di Michele Anelli e Emilio Bernè. Infine, in collaborazione con il consorzio Piemonte Jazz, presentiamo Jazz Meeting, 3 giorni di incontri tra operatori e direttori di festival piemontesi, italiani, internazionali: in sintesi il TJF sarà laboratorio e officina di progetti e interscambi culturali per la città e per la comunità di cui fa parte, e specialmente rivolto a un pubblico sempre più curioso e attento”.

PROGRAMMA ANTEPRIMA

21 APRILE

Dalle ore 10.00 alle ore 15.30

ore 10.00 mercato di corso Spezia

ore 10.50 mercato di via Di Nanni

ore 11.45 mercato di piazza della Vittoria

ore 12.40 mercato di piazza Foroni

ore 14.30 mercato di Porta Palazzo (piazza della Repubblica)

BANDAKADABRA + LINDY BROS & DUSTY JAZZ 
Marching band e balli lindy hop per i mercati

Bandakadabra: Gipo Di Napoli, percussioni e facezie – Stefano “Piri” Colosimo, tromba – Giulio Piola, tromba – Francesco “Cecio” Grano, sax tenore – Marco Di Giuseppe, sax tenore – Tiziano Di Sansa, sax contralto – Giorgio Giovannini, trombone – Marco Breglia, rullante – Paolo Bena, tuba.

 

Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, l’ha definita una “fanfara urbana”; calzante descrizione per un gruppo che fa della città il suo sfondo ideale e della strada non solo lo scenario in cui esibirsi, ma anche il luogo da cui trarre ispirazione rielaborando rocksteady, balkan, swing. Nata a Torino, la Bandakadabra, che unisce l’energia delle formazioni street al sound delle big band anni Trenta, si è guadagnata una crescente attenzione da parte degli appassionati, grazie a un mix di musica e cabaret e a uno spettacolo capace di conquistare qualsiasi tipo di pubblico. Nel 2016 alla Banda vengono affidati gli interventi comico-musicali della Quarantesima edizione del Premio Tenco. Negli anni Bandakadabra ha dialogato in veste di backing band con Vinicio Capossela, il poeta Guido Catalano e Samuel.

 

22 APRILE

Dalle ore 16.00 alle ore 19.00 – Partenza da Piazza San Carlo

BANDAKADABRA + LINDY BROS & DUSTY JAZZ 
Marching band e balli lindy hop per le vie del centro

Un lungo tragitto a suon di musica che parte da piazza San Carlo, percorre i portici di via Roma, piazza Castello e via Po per chiudersi alle ore 19.00 in piazza Vittorio, dopo aver animato le vie del centro. Torna la Bandakadabra, già protagonista delle “incursioni” nei mercati, accompagnata dalle danze scatenate dei ballerini delle associazioni Lindy Bros e Dusty Jazz che tutto l’anno portano avanti la cultura del ballo swing a Torino.

 

Ore 20.00 – Cinema Massimo 1, VIA VERDI 18

LOVERS WORDS SESSION

Una serata letteraria, all’interno in un festival cinematografico internazionale a tematica LGBT: Il Lovers Film Festival. 3 libri, per 3 autori LGBTQI scelti dal Salone del Libro e dal Festival raccontati attraverso le voci degli allievi della Scuola del Teatro Stabile di Torino e le musiche dal vivo di alcuni dei protagonisti del Torino Jazz Festival. Una Words Session all’insegna dell’armonia delle arti.

a cura di: Salone Internazionale del Libro di Torino, TJF, Lovers Film Festival 
in collaborazione con Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino, Arcigay Torino, CARIE

 

INGRESSO € 7,00 – RIDOTTO € 5,00

biglietti in vendita presso la biglietteria del Cinema Massimo

ULTERIORI INFO: www.loversff.com

Villa Moglia, la dama addormentata

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce

Castelli diroccati, ville dimenticate, piccole valli nascoste dall’ombra delle montagne, dove lo scrosciare delle acque si trasforma in un estenuante lamento confuso, sono ambientazioni perfette per fiabe e racconti fantastici, antri misteriosi in cui dame, cavalieri, fantasmi e strane creature possono vivere indisturbati, al confine tra la tradizione popolare e la voglia di fantasia. Questi luoghi a metà tra il reale e l’immaginario si trovano attorno a noi, appena oltre la frenesia delle nostre vite abitudinarie. Questa piccola raccolta di articoli vuole essere un pretesto per raccontare delle storie, un po’ di fantasia e un po’ reali, senza che venga chiarito il confine tra le due dimensioni; luoghi esistenti, fatti di mattoni, di sassi e di cemento, che, nel tentativo di resistere all’oblio, trasformano la propria fine in una storia che non si può sgretolare. (ac)

 

6 / Villa Moglia

 

Quella di oggi è una storia triste, simile al racconto di una dama addormentata che ancora aspetta il bacio del risveglio. Stesa tra le colline del chierese, si trova Villa Moglia, una dimora di circa 6138 m2, circondata da un enorme parco, di quasi 30 000 m2, che le fa da dormeuse. Non c’è nessuna leggenda specifica che si ambienti tra le mura di questa enorme costruzione, anche se alcuni chiacchierano di ritrovi satanici, altri giurano di aver visto i fantasmi dei bambini che lavoravano nell’antico opificio, che qui vi era un tempo, ma l’unico vero mistero è come abbia fatto la portentosa Villa Moglia a trasformarsi in un enorme cumulo di sterpaglie. La villa fu la prima costruzione a sorgere su quei terreni, tanto tempo fa, nei primi anni del 1600. La storia inizia con Ercole Turinetti, originario di Poirino, che si trasferì a Chieri in cerca di fortuna. Egli divenne maestro di grammatica e riuscì ad acquistare il lotto di terra per progettare la costruzione di una filanda, con annessa coltivazione di gelsi. Ercole sposò Maria Garagno, una donna del luogo molto facoltosa; essi ebbero tre figli, Giorgio, Ercole II e Antonio Maurizio. Tutti aiutarono il padre nell’attività dell’opificio, che andò presto iniziò ad avere successo. Fu del terzogenito di Antonio Maurizio, Giuseppe Maurizio, l’idea di costruire una villa attorno alla fabbrica. Per progettare l’abitazione, Giuseppe chiamò illustri personalità torinesi, tra cui forse Filippo Nicolis di Robilant e Luigi Barberis. Giuseppe Maurizio si sposò due volte, ma non ebbe eredi. La villa cadde poi in uno stato di abbandono, fino a quando, nell’800, il Conte Federici, un patrizio genovese, la acquistò per capriccio, e subito dopo la regalò ad un suo faccendiere di umili origini. Questi, senza denaro e incapace di gestire un edificio così grande, lo svuotò completamente, vendendo tutto il possibile.

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Dopo un altro lungo periodo in cui la casa fu in disuso, verso la metà del ‘900, Villa Moglia venne in parte ristrutturata e occupata dai Salesiani, che la tramutarono in un centro per novizi missionari. Evidentemente il destino di Villa Moglia era quello di spegnersi insieme alla dinastia dei suoi antichi proprietari, poiché anche i Salesiani, senza un motivo precisato, lasciarono la struttura, che cadde nuovamente preda dei rampicanti e del tempo che avanza inesorabile. Negli anni ’70 la villa entrò a far parte del patrimonio del Comune di Torino.   Venne emesso un bando per la concessione a enti o associazioni che se ne potessero assumere il restauro e la gestione, ma nessuno apprezzò l’offerta; nel 2007 l’imponente costruzione entrò a far parte dei diciannove edifici del Fondo Città di Torino. Questa è la storia di Villa Moglia, iniziata con il sogno di un maestro di grammatica, finita con l’addormentarsi silenzioso di un colosso che sta implodendo su se stesso. Non è difficile rinvenire la struttura, si trova esattamente dove è stata edificata un’eternità fa, al termine di un lungo sentiero che accoglie i visitatori, lo stesso che sto percorrendo in macchina in compagnia di due amiche, Martina e Irene.

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È uno spettacolo portentoso: imprigionato da una natura rigogliosa, l’antico edificio si staglia netto davanti all’azzurro intenso del cielo. Già da lontano si intuisce quanto ci sia da esplorare e la curiosità spinge tutte e tre ad accelerare il passo. La giornata è calda e prima di addentrarci nella villa approfittiamo del refrigerio dell’ombra dei grandi alberi presenti nel parco circostante. La prima cosa che noto è che, per essere un luogo in abbandono, esso è piuttosto frequentato: si sente il vociare di gruppetti di giovani curiosi, li raggiungiamo ci diamo come il cambio di consegne con altri tre “esploratori” che si fermano a darci alcuni consigli su dove andare a “ficcanasare”. Entriamo nella villa oltrepassando un porticato, le colonne massicce sorreggono sulle proprie spalle tutto un altro piano, costellato di finestre e finestroni, che il forte sole di questo giorno rende iridescenti. L’edera ed i rampicanti sono riusciti ad entrare ovunque, si avvinghiano alle pareti con forza, stritolano tutta villa, tanto che il rumore dei nostri passi potrebbe essere il suono dei muri che scrocchiano. La prima stanza che incontriamo è color acqua marina, non è molto grande e serve a condurci allo scalone principale. La bella giornata ci regala spettacolari giochi di luce ed ombre, ottimi per le fotografie che stiamo scattando. Le altre sale che oltrepassiamo differiscono per grandezza e sfumature di colore, alcune sono lievemente più cupe, altre fanno male agli occhi talmente riflettono la luce esterna. Unico elemento in comune è lo stato di degrado, non c’è un vetro intatto, i pavimenti sono consunti e si alternano a pezzi di terriccio, le pareti sono state tutte spellate e private di dignità e bellezza. L’intera struttura è senza mobilia, gli unici elementi di arredo sono vecchie porte di legno secco, alcuni bagni troppo sporchi persino per essere vandalizzati e pezzi di antichi e arrugginiti macchinari, ammonticchiati uno sull’altro, come si fa con le cose vecchie.

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I raggi del sole scendono calpestando sinuosi i gradoni di marmo, passano sotto gli archi esterni, scivolano sui pavimenti e si appoggiano a quel che resta degli affreschi ormai irrecuperabili.

È la luce a farci da guida attraverso la particolare planimetria della villa, che presenta una struttura centrale a forma di U, dalla quale si diramano corridoi e passaggi che conducono alle altre zone.Trovo un locale adibito a cinema, è un’ampia sala suggestiva, dal pavimento spuntano delle vecchie sedie di legno con la seduta pieghevole, schierate fianco a fianco, immobili, sembrano un plotone di soldatini giocattolo, hanno un aspetto fragile, ho timore che basti una parola detta a voce alta per farle sgretolare. All’interno dell’edificio vi è una cappella di famiglia, un tempo doveva essere splendida, ora mi chiedo per quanto riuscirà a sopravvivere intatto l’altare, unico elemento risparmiato dalla brutalità dei precedenti visitatori. Ecco tutto attorno alle pareti i segni delle sette sataniche, scritte illogiche e sgrammaticate che non mi fanno pensare a tremendi riti occulti, ma a gruppi di ragazzini sciocchi che non sanno come passare il sabato sera. La luce sta diminuendo e data la grandezza della villa è bene metterci in marcia per tornare indietro. Non tutte le storie sono uguali e non tutte possono sempre coinvolgerci totalmente, così è stato per me l’incontro con Villa Moglia: mi porto a casa delle fotografie esteticamente belle, ma con poco significato. Forse questa volta sono arrivata tardi, il corpo della villa sarebbe stato ancora lì per un po’, ma l’anima se n’era già andata via, prima che l’edera riuscisse a stritolare anche lei.  

 

Alessia Cagnotto

 

E’ tempo di Grande Invasione

È ufficialmente partito il conto alla rovescia per La grande invasione, il festival della lettura, che torna a Ivrea dall’1 al 3 giugno 2018. Curata anche quest’anno da Marco Cassini e Gianmario Pilo, affiancati da Lucia Panzieri e Silvia Trabalza per la sezione Piccola invasione, la sesta edizione del festival apre il calendario delle rassegne estive e si conferma uno degli appuntamenti letterari imperdibili sul territorio italiano, avendo raggiunto nella passata edizione 20.000 presenze. Anche per il 2018 Ivrea promette di diventare per tre giorni meta degli amanti della lettura, in tutte le sue sfaccettature: dalla letteratura intesa nell’accezione più classica del termine alla saggistica, dal racconto all’illustrazione, dalla musica al teatro, dalla poesia al fumetto, dall’arte all’architettura, sino alla fotografia. Fittissimo il calendario degli eventi, con alcune novità: sulla scia dell’enorme partecipazione delle passate edizioni, viene raddoppiato l’appuntamento con la Colazione e giornali, l’ormai tradizionale rassegna stampa che apre ogni giornata del festival in cui si fa colazione con la lettura dei quotidiani commentati dagli ospiti. Confermata anche La nostra carriera di lettori, in cui autori di riferimento tracciano un percorso tra le proprie letture, curiose, insolite e spesso inaspettate. Tra gli ospiti confermati ci sono Walter Siti, Paolo Giordano, Melania Mazzucco. Aumentano gli appuntamenti dedicati all’arte figurativa: ben nove le mostre in programma, tra cui quella del celebre fumettista Igort, ospitata al Museo Civico Garda.

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Non può mancare Leggere l’arte, ciclo di incontri di approfondimento sui grandi artisti del passato tenuto da Luca Scarlini, come anche l’appuntamento I sensi di Eros con Matteo Nucci. C’è attesa anche per gli autori stranieri: tra i primi nomi confermati lo scozzese Shaun Bythell, autore dell’acclamato Una vita da libraio (Einaudi), l’americana Nadja Spiegelman che con Clichy ha pubblicato lo scorso anno il memoir Dovrei proteggerti da tutto questoNick Hunt di cui a febbraio è uscita con Neri Pozza l’edizione italiana di Dove soffiano i venti selvaggi e il brasiliano Daniel Galera che presenterà il suo nuovo romanzo in uscita per Sur Barba intrisa di sangue. Novità anche la partecipazione come editore ospite di Feltrinelli Comics, la collana dedicata al fumetto creata da Feltrinelli e curata da Tito Faraci. Dopo il successo dello scorso anno, tornano i pranzi letterari con tema le ossessioni: a narrarle e leggerle, mescolando cibo e parole nei ristoranti e locali della città, sono gli autori ospiti della Grande e Piccola invasione. Non solo la città di Ivrea e il suo centro storico sono coinvolti nella manifestazione: anche quest’anno al Castello di Parella, sede di Vistaterra, si tengono gli incontri con i Premi Strega Walter Siti, Melania Mazzucco e Paolo Giordano e le immancabili “lezioni” di Luca Scarlini. Alla Grande invasione la letteratura continua a dialogare con la musica e con il teatro.  Grande attesa per i nomi dei protagonisti dei reading teatrali al Teatro Giacosa dopo che nelle passate edizione sono stati ospiti Licia Maglietta (2013), Milena Vukotic (2014) Ottavia Piccolo (2015), Anna Bonaiuto (2016), Sonia Bergamasco e Vinicio Marchioni (2017).

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Ricchissimo anche il calendario delle iniziative della Piccola invasione con spettacoli, letture e laboratori destinati ai lettori più giovani (e ai loro genitori). Due i fili rossi che attraversano i giorni del festival: la poesia, con incontri sull’ascolto, sul ritmo e sulla parola, e il fumetto, uno strumento potente, coinvolgente e immediato nelle mani di grandi artisti (tra cui GUD, Silvia Vecchini e Sualzo, Alice Keller e Veronica Truttero) che arrivano a Ivrea per raccontarsi e per disegnare insieme ai bambini.  Ospite d’onore, per il filo rosso della poesia, Bruno Tognolini. Tornano inoltre gli appuntamenti con la lettura ad alta voce, molto amati da grandi e piccoli, in piazzetta Santa Croce, ma anche incontri di invito alla lettura con classici, novità e libri da non perdere, per tenere gli occhi bene aperti sul mondo. Confermata la redazione delle Cavallette, un gruppo di giovani giornalisti in erba che racconterà con parole e immagini il festival di Ivrea. Un invito speciale a teatro per lo spettacolo della Compagnia Viartisti su Malala, la ragazza pakistana premio Nobel per la Pace che lotta per l’affermazione dei diritti allo studio in tutto il mondo. Inoltre la Piccola invasione dedica l’intera giornata di venerdì 1 giugno alle proposte per le scuole, da quella dell’infanzia alle scuole superiori, offrendo agli studenti l’opportunità di conoscere grandi autori e illustratori della letteratura per ragazzi.

 

Il programma e il calendario della Grande invasione saranno annunciati al Superfestival, in occasione del Salone del Libro di Torino (10-14 maggio 2018).

 

 

www.lagrandeinvasione.it

Gabriel Tallent “Mio assoluto amore”

Scuola Holden, piazza Borgo Dora, 49
Introduce e modera: Martino Gozzi, direttore didattico della Scuola Holden. E’ prevista la traduzione in consecutiva dall’inglese
Gabriel Tallent ha 30 anni e ha esordito con Mio assoluto amore (Rizzoli), che il New York Times – ma anche Stephen King – ha definito un capolavoro. È una storia di coraggio e di redenzione, raccontata con una prosa nitida e capace di dare voce a un personaggio femminile riuscitissimo, che ha fatto del romanzo un vero e proprio caso editoriale, il debutto letterario più importante del 2017. L’incontro, realizzato da il Circolo dei lettori e la Scuola Holden, è mercoledì 18 aprile, ore 18.30 alla Scuola Holden (piazza Borgo Dora, 49).
Protagonista è una ragazzina di 14 anni, Turtle Alveston, vittima di abusi sessuali da parte del padre. È una sopravvissuta. Dalla morte della madre è cresciuta isolata nei boschi della California settentrionale sotto il controllo dell’unico genitore, violento e carismatico. Quando a scuola incontra Jacob, e se ne innamora, Turtle capisce quanto profondamente sbagliata sia la vita che conduce. E che la fuga è la sua unica possibilità. È una crescita dura, una parabola straordinaria incorniciata in un contesto tanto insolito quanto potente.
Ingresso libero, prenotazione obbligatoria: 01166632812, reception@scuolaholden.it

Ecco il paradosso di Emilio Salgari

I suoi romanzi hanno ottenuto un eccezionale riscontro popolare, soprattutto presso gli adolescenti, ma sono stati scarsamente apprezzati dalla critica letteraria

 Ecco il paradosso di Emilio Salgàri. Amato da generazioni di ragazzi almeno fino agli anni Settanta del Novecento – l’ultima cresciuta con il celeberrimo Sandokan televisivo -, spacciatore di fantasie esotiche da sfogliare sotto le coperte durante le notti insonni, eppure così poco considerato dai contemporanei. Mentre De Amicis e Carducci unificano i gusti letterari dell’Italia risorgimentale, sostenendo gli indirizzi autoritari e nazionalistici del Regno sabaudo, Salgàri compone romanzetti d’appendice per un quotidiano di Verona. Salgariello, come lo appellano ironicamente i concittadini, manifesta ambizioni probabilmente superiori alle proprie capacità e comunque bellamente ignorate dai circoli letterari. E lui che fa? Deluso e frustrato dalla mancanza di attenzione, si cuce addosso una biografia fittizia: ha abbandonato gli studi al Regio Istituto Tecnico e Nautico di Venezia, ma millanta d’essere capitano di lungo corso e di aver viaggiato per i sette mari. Si rifugia furtivamente nelle sale silenziose delle biblioteche, all’ombroso riparo di atlanti e mappe, inventandosi paesi lontani, giungle impenetrabili, belve in agguato ed acque infestate da pirati di cui si fa prigioniero a vita. Compone un libro dopo l’altro, lavorando instancabilmente ogni notte, in preda a una febbrile follia: finita una storia si catapulta in quella successiva, avido lui stesso di scorribande corsare in cui calarsi con il kriss tra i denti, covando riscosse impossibili.

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Che Salgàri fosse un gran dissipatore di fama e fortune, braccato a vista dai creditori, corrisponde più a leggenda che a verità. Va bene: forse era un mitomane, certamente un visionario, un fabbricatore di menzogne, ma non è la narrativa a essere tutta una menzogna? Scrive – questa la verità – non tanto per mantenere la moglie malata e i quattro figli, quanto per domare la tigre della depressione che gli artiglia l’anima senza dare tregua. Quella stessa depressione che gli ha già portato via il padre e di cui saranno vittime i figli Romero e Omar. È la fatica creativa a consumarlo come una candela nell’alloggio torinese di Corso Casale 205 in cui si è trasferito nel 1900. Quattro libri l’anno, impone il contratto-capestro sottoscritto con l’editore Speirani. Alla fine della sua esistenza lascerà una produzione impressionante, oltre duecento opere tra romanzi e racconti, di cui molti scritti sotto pseudonimo. Ogni giorno prende il tram e si reca alla biblioteca civica centrale per documentarsi con maniacale accuratezza. “Debbo scrivere a tutto vapore cartelle su cartelle e subito spedire agli editori, senza aver avuto il tempo di rileggere e correggere”, scrive ad un amico nel 1909. Si lamenta con Speirani d’essere osteggiato, rovinato, senza un soldo, invece è annichilito dal suo stesso sentirsi inferiore, oppresso da sentimenti di autosvalutazione. Il suo umore influenza le interazioni con il resto del mondo, soprattutto quello letterario, da cui non si sente riconosciuto. Incontra De Amicis alle partite di pallone elastico e nemmeno osa avvicinarsi per stringergli la mano.

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La storia triste di Emilio Salgàri finisce la mattina del 25 aprile 1911, immagino piovosa come nelle foreste di Mompracem. Possiamo seguire letteralmente i suoi passi come lui avrebbe fatto raccontando di Yanez o Tremal-Naik. Esce di casa, percorre Corso Casale sino alla chiesa della Madonna del Pilone. Oltrepassata la trattoria del Muletto piega a sinistra e comincia a salire per i prati verdeggianti del precollina, dove oggi si trovano Via Lomellina e Via Odoardo Tabacchi. Costeggia alcuni villini isolati in Strada del Lauro, quindi si inerpica per il bosco di Val San Martino. Lo ritroverà per caso una lavandaia in un burroncello: ha ancora in mano il rasoio con cui si è scannato come uno dei suoi eroi malesi, lo sguardo rivolto al sole nascente. “Vi saluto spezzando la penna”, lascia scritto, ma, sfortunatamente, neppure quel gesto estremo suscita nella comunità letteraria il clamore che egli aveva sperato; tutta l’attenzione del mondo accademico è rivolta ai preparativi per l’imminente celebrazione del cinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. Al funerale che si svolge nel Parco del Valentino partecipano un nugolo di ragazzi, i suoi libri sotto il braccio. A ben pensarci, è il più bel commiato che uno scrittore possa meritare.

 

(Sulla vita di Emilio Salgàri consiglio il romanzo di Ernesto Ferrero Disegnare il vento – L’ultimo viaggio del capitano Salgàri, Einaudi, 2011.)

 

Paolo Maria Iraldi

 

I beni culturali sulla piattaforma Mèmora

Nasce oggi Mèmora, la nuova piattaforma open source per catalogare e valorizzare i beni culturali piemontesi. Uno strumento innovativo, facile da usare, per descrivere e rendere disponibile sul web il grande patrimonio custodito nei musei, negli archivi e negli istituti culturali del nostro territorio. Mèmora è un prodotto della Regione Piemonte ed è stato illustrato oggi agli operatori del settore intervenuti numerosi alla presentazione ufficiale del progetto, risultato di un lungo lavoro avviato in collaborazione con la Compagnia di San Paolo e il Polo del ‘900. Realizzato dal CSI Piemonte, questo nuovo strumento digitale raccoglie e rende disponibili in un unico applicativo migliaia di documenti, fotografie, manifesti, video di centinaia di enti. Un ecosistema condiviso a livello regionale che a oggi conta 70.000 oggetti digitali, 500.000 schede descrittive di beni artistici e 500 inventari di archivi storici: un patrimonio destinato a crescere, giorno per giorno, per metterne in luce quantità, qualità e varietà. Mèmora infatti gestisce attraverso un’unica interfaccia web beni culturali di tipologie diverse, integrando i molteplici software fino a ieri utilizzati e superando così la divisione tra beni archivistici e beni museali, in favore di una visione complessiva del patrimonio, garantendone la conservazione e la fruibilità nel tempo. Quello che presentiamo oggi è un risultato importante, frutto di un intenso lavoro che ha coinvolto il nostro assessorato con la fondamentale collaborazione del CSI – dichiara Antonella Parigi, assessore alla  Cultura e al Turismo della Regione Piemonte – Ma è anche un punto di partenza per questa nuova piattaforma, Mèmora, che potrà essere non solo a disposizione degli operatori ma anche uno strumento utile per le politiche regionali tanto in ambito culturale quanto turistico e un mezzo efficace di conoscenza e valorizzazione del nostro patrimonio culturale aperto a studenti, professionisti e cittadini“. Dal punto di vista tecnico Mèmora si basa sul software open source CollectiveAccess, utilizzato da musei, archivi e biblioteche in tutto il mondo e, anche grazie alla community internazionale che lavora attorno al software, sono garantiti alti standard tecnici, aggiornamenti continui, facilità di personalizzazione e interoperabilità. La piattaforma nei mesi scorsi è stata testata anche da 27 professionisti dei principali istituti culturali e musei del territorio piemontese con l’obiettivo di raccogliere feedback e suggerimenti dagli addetti ai lavori e apportare eventuali modifiche o miglioramenti. Siamo particolarmente lieti – sottolinea Claudio Artusi, Presidente del CSI Piemonte – di ospitare oggi presso la nostra sede questa presentazione, perché rappresenta un momento importante nel lavoro che da anni realizziamo insieme alla Regione Piemonte per i beni culturali piemontesi. Vent’anni sono passati dalla nascita del primo sistema informativo regionale sviluppato dal CSI per la catalogazione del patrimonio culturale: il software Guarini, con cui a con cui a partire dal 1994 furono avviate le catalogazioni di opere d’arte ed edifici architettonici. Quello che presentiamo oggi è un progetto collettivo destinato alla comunità professionale, agli istituti culturali e ai cittadini, per una valorizzazione moderna del patrimonio artistico e culturale della nostra regione”.

www.memora.piemonte.it, un unico punto di accesso on line per mettere in luce la ricchezza e la varietà del patrimonio culturale piemontese e offrire a tutti nuove occasioni di conoscenza.

“El Cristo Ciego”

TorinoFilmLab presenta la proiezione del film  di Christopher Murray

 
Mercoledì 18 aprile il TorinoFilmLab presenterà per la prima volta al pubblico torinese EL CRISTO CIEGO di Christopher Murray (Cile/Francia 2016, 85’) in versione originale con sottotitoli in italiano. L’appuntamento è alle ore 21, nella Sala Tre del Cinema Massimo di via Verdi 18.
 
TorinoFilmLab & Cinema Massimo
In collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino, questo film inaugura un nuovo ciclo di incontri mensili chiamato “TorinoFilmLab presenta…”, grazie al quale sarà possibile vedere i film sviluppati e prodotti proprio all’interno del TorinoFilmLab, che hanno viaggiato nei più importanti festival internazionali.
Il TorinoFilmLab è un laboratorio internazionale volto al sostegno di giovani talenti emergenti attraverso attività di training, sviluppo, finanziamento e distribuzione di lungometraggi e serie tv. Ogni anno attira a Torino filmmaker di tutto il mondo durante il TFL Meeting Event – che si svolge in contemporanea al Torino Film Festival – per supportarli nella presentazione dei loro progetti di opere prime e seconde a più di 300 professionisti. Finora, il TorinoFilmLab ha contribuito alla produzione di 84 film, molti dei quali sono già stati proiettati all’interno della sezione “TFL” del Torino Film Festival.
 
EL CRISTO CIEGO, opera seconda del cileno Christopher Murray, è stato sviluppato all’interno del programma Script&Pitch 2012 e ha debuttato alla Mostra del Cinema Venezia 2016. Il TFL ha accompagnato il progetto dalla fase di ideazione alla prima stesura della sceneggiatura, fino alla presentazione durante il TFL Meeting Event, il mercato di coproduzione che si tiene ogni novembre a Torino e che riunisce più di 300 professionisti da tutto il mondo per assistere ai pitch dei partecipanti.
 
Trama
Michael, da bambino, si è fatto inchiodare le mani a un albero dal suo più caro amico; poi, dolorante ma fiducioso, nei pressi di un fuoco ha ricevuto una rivelazione. Da allora parla da profeta al suo paese, che gli risponde prendendolo in giro. Quando viene a sapere che l’amico di un tempo ha subito un grave incidente, decide che lo guarirà con il miracolo dell’imposizione delle mani e attraversa il deserto a piedi scalzi per raggiungerlo. 

I”Lombardi” al Regio dopo quasi un secolo

In scena da martedì 17 aprile alle 20, al teatro Regio di Torino, l’importante lavoro giovanile di Giuseppe Verdi “I lombardi alla prima crociata”, nel nuovo allestimento in coproduzione con l’Opera Royal de Wallonie-Liege, con il contributo di Reale Mutua. Sul podio dell’Orchestra e Coro del Teatro Regio Michele Mariotti, esperto interprete del repertorio del belcanto, molto apprezzato dal pubblico del teatro torinese, dove ha diretto importanti lavori di Bellini e Schubert. La regia di questa opera verdiana è firmata da Stefano Mazzonis di Pralafrera. Si tratta di una regia molto rispettosa del dettato verdiano, ben strutturata, contraddistinta da scene semplici e lineari, capaci di concentrare l’attenzione sulla drammaturgia del primo Verdi. Arvino è interpretato da Giuseppe Gipali, baritono dal temperamento straordinario, Alex Esposito, basso baritono tra i più interessanti della sua generazione, vestira’ i panni di Pagano. Il soprano Lavinia Bini interpreta Viclida, mentre il ruolo di Giselda è affidato alla soprano Angela Meade, artista dalla carriera internazionale. Il tenore Francesco Meli interpreta il personaggio di Oronte. Il titolo mancava dal teatro Regio da quasi un secolo. “I lombardi alla prima crociata” rappresenta la quarta opera composta da Verdi, su libretto di Temistocle Solera. Debuttò al teatro alla Scala di Milano nel 1843, ripetendo il successo clamoroso riscosso dal Nabucco l’anno precedente. L’opera, suddivisa in quattro atti, ognuno con un titolo, narra le vicende intricate e complesse di due fratelli, Arvino e Pagano, mossi da un profondo odio reciproco, ma alla fine capaci di rappacificarsi. L’opera vuole in realtà essere la metafora della patria lontana, dell’acceso fervore religioso e dei profondi ideali di comunione e fratellanza, che dovrebbero essere alla base di ogni popolo. I lombardi è opera di difficile e rara rappresentazione. In un certo senso si può considerare un’opera di confine, in quanto quella successiva, l’Ernani, non parlerà più in termini rassicuranti ed edificanti dei grandi temi della storia o del mito, ma sarà il primo di una lunga serie di racconti maledetti popolati di banditi, masnadieri, libertini, gobbi e donne di malaffare, verso cui si orientera’ l’opera verdiana. Nei Lombardi Verdi e’ riuscito a rendere con un’eccezionale grandiosità il sentimento religioso e la scrittura per quest’opera arriva sull’onda del successo ottenuto dal Nabucco. Verdi inizia qui a manifestare la sua consonanza con il sentire di un Risorgimento sempre più dilagante e proprio in quest’opera nacquero i problemi con la censura e le accuse che gli furono mosse di essere considerato troppo “strettamente religioso”. Soltanto per la preghiera alla Vergine affidata a Giselda egli accettò di cambiarne il titolo in “Salve Maria”. L’uso di organici militari ed il ritmo giambico trionfante, in accordo con l’eroicita’ del soggetto, costituiscono peraltro una costante del linguaggio verdiano giovanile. l massimo ne I lombardi la maggior debolezza può essere ricercata nella grandiosità del racconto di origine, un poema epico coevo a Verdi, composto da Tommaso Grossi, che costrinse il librettista Solera a drastiche riduzioni e contrazioni narrative. Tuttavia I lombardi anticipano già riferimenti tecnici che si troveranno nelle realizzazioni drammatiche della maturità verdiana, quali gli inattesi scambi di identità, il contrasto tra amore e dovere, ed il dualismo della maledizione e del perdono.

 

Mara Martellotta

I finalisti del “Bottari Lattes Grinzane”

Yu Hua (Cina) con “Il settimo giorno” (Feltrinelli), Andreï Makine (Russia) con “L’arcipelago della nuova vita” (La nave di Teseo), Michele Mari con “Leggenda privata” (Einaudi), Viet Thanh Nguyen(Vietnam) con “I rifugiati” (Neri Pozza) e Madeleine Thien (Canada) con “Non dite che non abbiamo niente” (66thand2nd): sono loro i cinque finalisti del “Premio Bottari Lattes Grinzane VIII edizione” per la sezione “Il Germoglio”, il riconoscimento internazionale che fa concorrere insieme autori italiani e stranieri, dedicato ai migliori libri di narrativa pubblicati nell’ultimo anno. “La proposta di quest’anno è stata un autentico giro del mondo – ha commentato la Giuria Tecnica del Premio – con un’attenzione particolare, tranne un’importante eccezione italiana, alle aree lontane, dalla Siberia alla Cina al Sud-Est Asiatico, con un contrastato e sfaccettato rapporto tra natura e civiltà. Tante le prospettive stranianti – una città di fantasmi, il limbo che ospita chi è morto da poco –, che fanno emergere le contraddizioni, le assurdità, le miserie della vita a cui siamo assuefatti”. La cerimonia di designazione del Premio, organizzato dalla Fondazione Bottari Lattes, si è tenuta sabato scorso 14 aprile  a Cuneo, nella sede della Fondazione CRC, Ente che collabora e sostiene il Premio per il triennio 2017-2019, e annunciata dalla Giuria Tecnica presieduta dal linguista, critico letterario e saggista Gian Luigi Beccaria.   Ora la parola passerà ai giovani. Tra aprile e giugno, i cinque libri saranno letti e discussi dai 400 studenti delle  25 Giurie Scolastiche, delle quali ventiquattro sono state scelte in modo da coprire tutto il territorio nazionale: quattro in Piemonte e una per ciascuna delle altre regioni d’Italia. A queste si aggiunge la giuria di Atene, presso la ”Scuola Italiana Statale”. Sabato 20 ottobre, presso il Castello di Grinzane Cavour, gli studenti esprimeranno in diretta il loro voto per proclamare il vincitore. Gli scrittori in gara terranno inoltre un incontro con gli studenti delle scuole del territorio cuneese. I cinque finalisti riceveranno un premio in denaro di 2.500 euro ciascuno. Al vincitore andrà un ulteriore premio di 2.500 euro. Negli anni precedenti i vincitori sono stati: Laurent Mauvignier (Francia) nel 2017; Joachim Meyerhoff (Austria) nel 2016; Morten Brask (Danimarca) nel 2015; Andrew Sean Greer (USA) nel 2014; Melania Mazzucco nel 2013; Romana Petri nel 2012; Colum McCann (Irlanda) nel 2011.  L’altra sezione del “Premio Bottari Lattes Grinzane” è ”La Quercia”, dedicata a Mario Lattes (editore, pittore, scrittore, scomparso nel 2001): segnala un autore internazionale che, nel corso del tempo, si sia dimostrato meritevole di un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico. Il vincitore sarà scelto a insindacabile giudizio della Giuria Tecnica. Venerdì 19 ottobre, giorno precedente la cerimonia di premiazione, l’autore terrà una lectio magistralis su un tema letterario a propria scelta. Le precedenti edizioni della Quercia sono state vinte da: Ian McEwan (2017), Amos Oz (2016), Javier Marías (2015), Martin Amis (2014), Alberto Arbasino (2013), Patrick Modiano (2012), Premio Nobel 2014, Enrique Vila-Matas (2011). Il vincitore della sezione “La Quercia” otterrà un premio di 10.000 euro. Il presidente della Fondazione Bottari Lattes, Adolfo Ivaldi, ha anche annunciato le nuove iniziative collaterali al Premio. Sensibili alle tematiche della cultura della legalità e alla necessità di coinvolgere i più giovani sui temi dell’impegno sociale contro le mafie, la Fondazione Bottari Lattes e la Fondazione CRC organizzano venerdì 18 maggio al quartiere Scampia a Napoli (presso l’Istituto Alberghiero “Vittorio Veneto”) un reading-incontro tratto dal libro di Caterina Chinnici “È così lieve il tuo bacio sulla fronte” (Mondadori, 2013), con la partecipazione dell’autrice, figlia di Rocco Chinnici, ideatore del pool antimafia che diede una svolta decisiva nella lotta alla mafia, assassinato da Cosa Nostra trentacinque anni fa. L’incontro sarà moderato dal libraio Rosario Esposito La Rossa e vedrà la presenza degli attori Cristiana Dell’Anna e Paolo Giangrasso che nella fiction tratta dal libro e andata in onda su RaiUno hanno interpretato rispettivamente Caterina Chinnici e Giovanni Falcone.

g.m.

 

Info al pubblico: 0173.789282 -WEB fondazionebottarilattes.it | FB Fondazione Bottari Lattes | TW @BottariLattes

Torino che legge, dal centro alle periferie

Più di 300 iniziative che coinvolgeranno 78 scuole e laboratori – 31 biblioteche – 27 librerie 73 tra associazioni, musei, enti e luoghi vari Per celebrare la Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore istituita dall’UNESCO, dal 16 al 23 aprile torna Torino che legge, la settimana della lettura, con reading, incontri con l’autore, conferenze, musica, cinema, teatro, spettacoli e iniziative rivolti a grandi e piccini. Giunta alla quarta edizione, la manifestazione coinvolgerà l’intera città, dal centro alle periferie, con oltre 300 appuntamenti in spazi pubblici e privati: biblioteche, librerie, scuole, musei, teatri, cinema, case del quartiere, enti, associazioni e fondazioni, circoli, piazze, corsi, giardini e tram storico. Torino che legge 2018 è organizzata dalla Città di Torino con le sue Biblioteche civiche e dal Forum del Libro, in collaborazione con le Circoscrizioni, la Fondazione per la Cultura Torino, partner Intesa Sanpaolo per il Progetto Tutta mia la città e con il contributo di Fondazione CRT. La manifestazione – che con una locandina dedicata sostiene una campagna annuale di promozione della lettura a favore di biblioteche e librerie – coinvolgerà una rete ampia di soggetti pubblici e privati, fra cui il Salone Internazionale del libro di Torino, il Circolo dei Lettori, la Scuola Holden, TorinoReteLibri, il Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia: un grande laboratorio cittadino sulla lettura che pone in evidenza la forza della filiera del libro e la sua azione sinergica e ampia, leva fondamentale per promuovere e rafforzare una collaborazione continuativa fra i diversi soggetti ed enti culturali cittadini. “Alla sua quarta edizione Torino che legge è un appuntamento ormai consolidato che porta la lettura in tutta la città – afferma Francesca Leon, assessora alla cultura del Comune di Torino -. Si tratta di una preziosa occasione per valorizzare la vivacità e il fermento del tessuto culturale cittadino – continua l’assessora –. Torino che Legge nasce dall’esperienza maturata negli anni sul territorio grazie al lavoro capillare svolto quotidianamente dalla rete delle biblioteche civiche, dalle librerie, dalle scuole, dalle case del quartiere e dai numerosi centri culturali che operano con competenza e dedizione in questo settore. Iniziative come queste fanno del nostro capoluogo uno dei poli all’avanguardia nella promozione alla lettura”.

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Numerosi saranno gli ospiti in città durante la settimana letteraria, fra tutti ricordiamo: Gianrico Carofiglio, Giuseppe Culicchia, Sandra Petrignani, Margherita Oggero, Bruno Gambarotta, Maurizio De Giovanni, Enrico Pandiani, Tiziano Scarpa, Marco Balzano, Paolo Di Paolo, Enrico Remmert, Martino Lo Cascio, Giusi Marchetta, Marcello Simoni, Laura Pariani, Andrej Longo, Guido Quarzo, Sofia Gallo, Giua e Pier Mario Giovannone.