I”Lombardi” al Regio dopo quasi un secolo

In scena da martedì 17 aprile alle 20, al teatro Regio di Torino, l’importante lavoro giovanile di Giuseppe Verdi “I lombardi alla prima crociata”, nel nuovo allestimento in coproduzione con l’Opera Royal de Wallonie-Liege, con il contributo di Reale Mutua. Sul podio dell’Orchestra e Coro del Teatro Regio Michele Mariotti, esperto interprete del repertorio del belcanto, molto apprezzato dal pubblico del teatro torinese, dove ha diretto importanti lavori di Bellini e Schubert. La regia di questa opera verdiana è firmata da Stefano Mazzonis di Pralafrera. Si tratta di una regia molto rispettosa del dettato verdiano, ben strutturata, contraddistinta da scene semplici e lineari, capaci di concentrare l’attenzione sulla drammaturgia del primo Verdi. Arvino è interpretato da Giuseppe Gipali, baritono dal temperamento straordinario, Alex Esposito, basso baritono tra i più interessanti della sua generazione, vestira’ i panni di Pagano. Il soprano Lavinia Bini interpreta Viclida, mentre il ruolo di Giselda è affidato alla soprano Angela Meade, artista dalla carriera internazionale. Il tenore Francesco Meli interpreta il personaggio di Oronte. Il titolo mancava dal teatro Regio da quasi un secolo. “I lombardi alla prima crociata” rappresenta la quarta opera composta da Verdi, su libretto di Temistocle Solera. Debuttò al teatro alla Scala di Milano nel 1843, ripetendo il successo clamoroso riscosso dal Nabucco l’anno precedente. L’opera, suddivisa in quattro atti, ognuno con un titolo, narra le vicende intricate e complesse di due fratelli, Arvino e Pagano, mossi da un profondo odio reciproco, ma alla fine capaci di rappacificarsi. L’opera vuole in realtà essere la metafora della patria lontana, dell’acceso fervore religioso e dei profondi ideali di comunione e fratellanza, che dovrebbero essere alla base di ogni popolo. I lombardi è opera di difficile e rara rappresentazione. In un certo senso si può considerare un’opera di confine, in quanto quella successiva, l’Ernani, non parlerà più in termini rassicuranti ed edificanti dei grandi temi della storia o del mito, ma sarà il primo di una lunga serie di racconti maledetti popolati di banditi, masnadieri, libertini, gobbi e donne di malaffare, verso cui si orientera’ l’opera verdiana. Nei Lombardi Verdi e’ riuscito a rendere con un’eccezionale grandiosità il sentimento religioso e la scrittura per quest’opera arriva sull’onda del successo ottenuto dal Nabucco. Verdi inizia qui a manifestare la sua consonanza con il sentire di un Risorgimento sempre più dilagante e proprio in quest’opera nacquero i problemi con la censura e le accuse che gli furono mosse di essere considerato troppo “strettamente religioso”. Soltanto per la preghiera alla Vergine affidata a Giselda egli accettò di cambiarne il titolo in “Salve Maria”. L’uso di organici militari ed il ritmo giambico trionfante, in accordo con l’eroicita’ del soggetto, costituiscono peraltro una costante del linguaggio verdiano giovanile. l massimo ne I lombardi la maggior debolezza può essere ricercata nella grandiosità del racconto di origine, un poema epico coevo a Verdi, composto da Tommaso Grossi, che costrinse il librettista Solera a drastiche riduzioni e contrazioni narrative. Tuttavia I lombardi anticipano già riferimenti tecnici che si troveranno nelle realizzazioni drammatiche della maturità verdiana, quali gli inattesi scambi di identità, il contrasto tra amore e dovere, ed il dualismo della maledizione e del perdono.

 

Mara Martellotta

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