CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 551

I was born to love you

“Io sono nato per amarti

Con ogni singolo battito del mio cuore

Si io sono nato per prendermi cura di te

Ogni singolo giorno (singolo giorno…)

Io sono nato per amarti”

Stone Town il 5 settembre del 1946 fece al mondo ed alla discografia universale un dono mai visto dal nome Freddy Mercury

Ricordato per il talento vocale e la sua esuberante personalità sul palco, è considerato uno dei più celebri e influenti artisti nella storia del rock: universalmente riconosciuto come uno dei migliori frontman nella storia della musica, nel 2008 la rivista statunitense Rolling Stone lo classificò 18º nella classifica dei migliori cento cantanti di tutti i tempi, mentre l’anno successivo Classic Rock lo classificò al primo posto tra le voci rock. Io so molto bene l’inutilità di tale premessa ma è sempre bello dirlo, scriverlo, ricordarlo. Oggi voglio ricordare uno dei suoi brani che prediligo: I WAS BORN TO LOVE YOU Per coloro che non ne fossero a conoscenza, si tratta del primo singolo estratto da Mr. Bad Guy, primo album da solista del cantante, pubblicato nel 1985. La prima versione della canzone, pubblicata nel 1985, presentava un arrangiamento in stile disco, ritmico e registrato prevalentemente con suoni elettronici.

Dopo la morte di Freddie Mercury, i rimanenti Queen riarrangiarono la canzone, inserendola nell’album Made in Heaven, uscito nel 1995. Questa versione presentava un arrangiamento completamente differente in una chiave rock pop, simile a quelli classici dei Queen. Inoltre, nel finale, inserirono alcuni brevi estratti vocali di Mercury ripresi dalle canzoni A Kind of Magic e Living on My Own. La canzone fu ulteriormente riproposta nel 2000, nell’album postumo Freddie Mercury Solo Collection, interpretata soltanto con voce, pianoforte e cori. La prima esibizione dal vivo avvenne solo nel 2005, durante il tour Giapponese di Queen + Paul Rodgers, quando Roger Taylor e Brian May eseguirono la canzone in chiave acustica. Amo questo brano perchè ha tutta la prepotenza di un amore incondizionato, spietato; è il grido di chi non esiterebbe ad uccidere, se solo gliene fosse data la possibilità, per quell’amore. Questo è il mio brano dei Queen, quello che svela chi è Chiara De Carlo, in contrapposizione a “ Blunotte” di Consoli: il sentirsi nata per amare incondizionatamente, violentemente e in modo spregiudicato, a costo della vita stessa, e, allo stesso tempo, il sentirsi inadeguata, mai “abbastanza” sempre troppo poco.

Adoro ascoltare questi due brani e lo faccio regolarmente, quasi a voler bilanciare il mio squilibrio. La cosa bella dell’amore incondizionato è che ti tocca nel profondo. Ha il potere di farti sentire completo, senza nemmeno rendertene conto. Ram Dass diceva che l’amore incondizionato esiste davvero dentro ognuno di noi. È parte del nostro Io più profondo. Non è un’emozione attiva, ma un modo di essere. Non è un “ti amo” detto per un motivo o per l’altro, non è un “ti amo se mi ami anche tu”. È un amore senza motivo, un amore senza oggetto. Questo brano cita la consapevolezza di essere al mondo non per cantare bene, non per essere potenti ma per amare in un modo unico, inimitabile: incondizionato. Amare incondizionatamente qualcuno non significa regalargli il vostro tempo in modo incondizionato. A volte, amare completamente significa non rivedere quella persona mai più. Anche questo è amore. Significa dargli la libertà di esistere e di essere felice, anche se dovrà esserlo senza di voi. Ascoltate questa versione,dolcissima, all’antitesi con il Freddy universale ma pur sempre incantevole, ma poi…vi prego…ascoltate un milione ed ancora un milione di volte l’originale, vi farà tremare il cuore.

Buon ascolto

Chiara De Carlo

 

https://www.youtube.com/watch?v=VC3dOLRNp78

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Chiara vi segnala i prossimi eventi … mancare sarebbe un sacrilegio!

Fronte e retro del trittico di Giovanni Martino Spanzotti

Siamo arrivati all’ottava uscita di “donne (in nero) a Torino” la serie di dieci articoli a carattere artistico-culturale, edita ilTorinese.it, in uscita il martedì. Siamo dunque alle ultime battute, ma abbiamo ancora un tratto di strada insieme. Per chi avesse iniziato solo adesso a seguire la serie, negli articoli precedenti si è trattato di vari quadri accomunati dalla caratteristica comune di ritrarre donne –per la precisione madonne- vestite (o meglio ammantate) di nero. Per ogni uscita “donne (in nero)” ha proposto l’analisi di un quadro, analisi che talvolta si è servita del riferimento ad altre opere per far notare alcuni particolari, come per l’esempio della Ambrosius Benson conservata a Palazzo Madama (articolo del 9 aprile) oppure ha trattato del fermento pittorico entro cui l’opera è da collocarsi, come nel caso del Polittico di Sant’Anna diGaudenzio Ferrari ai Musei Reali (del 19 marzo) o, per dire, dell’influenza bizantina del Cimabue suDuccio di Buoninsegna nella 1a e nella 5a uscita, 5a uscita leggermente più lunga delle altre in termini di tempo di lettura, ma particolarmente interessante anche per il fatto che riassume le precedenti.  Come anticipato, l’opera protagonista di questa ottava puntata è il trittico di Giovanni Martino Spanzotti – di cui, eccezionalmente, pubblichiamo un’immagine anche del retro-. L’opera è dipinta su tavola con la tecnica mista tempera e oro, infine è conservato ai Reali di Torino. Il trittico dello Spanzotti proviene dalla provincia di Alessandria è datato posteriormente al 1480 ed è chiamato Madonna in trono con il bambino e i santi Ubaldo e Sebastiano. Come si vede bene dal retro dell’opera il trittico è così detto per un motivo del tutto pratico, cioè per il fatto che è composto da tre tavole unite insieme. Come di solito avviene per i titoli delle opere pittoriche, anche in questo le tavole sono identificate attraverso i personaggi che ritraggono; al centro è dipinta Santa Maria(assisa su di un trono), alla sinistra del trittico vediamo sant’Ubaldo e all’estrema destra riconosciamo san Sebastiano. A proposito di questi due, se sant’Ubaldo è presente di rado nella storia dell’arte, di lui si notano il copricapo bianco, il mantello rosso e il bastone pastorale, san Sebastiano invece è piuttosto frequente. Sempre raffigurato con frecce, talvolta è stante, altre volte invece è detto San Sebastiano penitente nel caso in cui le frecce lo trafiggano, come nel racconto che riguarda il suo martirio. Considerando anche il Bambin Gesù, tutti e quattro i personaggi del quadro sono dipinti con l’aureola simbolo di santità e beatitudine. Il cerchio dorato intorno al capo di ognuno è particolarmente notevole neltrittico dello Spanzotti per il fatto che ha un ordine prospettico, ossia il cerchio segue l’orientamento del volto, nello spazio; inoltre ha uno spessore considerevole, cosa che non è comune, molto spesso infatti l’aureola è accennata, dipinta con ombreggiatura oppure ancora comunemente è disegnata a colore con tratto semplice. La Madonna del trittico dello Spanzotti ha capelli biondi che le cadono copiosi sulle spalle adagiati sul mantello nero-blu che la copre fino ai piedi. Il mantello casca con morbide pieghe fino a terra, copre anche le braccia, lasciando visibili solo il petto e le mani. La veste rosso-aranciato indossata al di sotto è visibile in petto e spunta sul piede sinistro. Il bambino è adagiato in grembo su un cuscino color acquamarina e non è del tutto nudo, infatti ha una maglia scaldacuore, inoltre il piccolo tiene fra la manina e l’avambaccio destro, un libretto rilegato. L’abbraccio della madre cinge la spalla sinistra e il piede destro del piccolo che le si rivolge supino. Caratteristiche nell’insieme del trittico, a parte lo sfondo a righe verticali bianche e rosse, sono le foglie, sparse sul pavimento del dipinto, pavimento colorato di rosa allo stesso modo del muro che corre lungo il terzo trasversale inferiore, subito sotto l’impalcatura centrale in altorilievo dorato. Lo sapevate che Donne in Nero è anche una manifestazione contro la guerra che si svolge in centro a Torino ogni ultimo venerdì di ogni mese? Alla prossima!      

Elettra_ellie_Nicodemi


https://www.museireali.beniculturali.it/opere/madonna-trono-bambino-santi-ubaldo-sebastiano/ 

Fede e bellezza sintonia divina

Fede e Bellezza sono due sostantivi che nella storia e nella cultura del Cristianesimo non sono in contrapposizione, anzi. E lo dimostra la recente pubblicazione di Luciano Orsini suddivisa in due tomi, il primo su ‘Le meraviglie del Creato trasformate dall’uomo al servizio del sacro e del bello’ , il secondo ‘Gemme’, realizzato con la collaborazione di Paolo Orsini. Lo stesso autore può essere testimonianza di questo. Infatti, da un lato nel 2004 è stato ordinato diacono permanente dall’allora vescovo di Alessandria, Fernando Charrier, e svolge la sua attività pastorale presso la parrocchia di Pecetto di Valenza, dove è nato ed abita da sempre. Dall’altro vanta invece un lungo curriculum nel settore letterario ed artistico. Allievo ed assistente di Speranza Cavenago Bignami Moneta, luminare della gemmologia internazionale, è stato poi docente alle scuole statali superiori come ordinario di analisi gemmologiche e professore a contratto del Politecnico di Torino-Sede di Alessandria. Per le forze dell’ordine tiene un regolare corso di formazione sulla tutela e conservazione degli arresi e suppellettili sacre, coordinato dalla Diocesi di Alessandria – Ufficio beni culturali, di cui è direttore e delegato vescovile. Nel 1996 è stato nominato Consultore della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e ha svolto un’intensa attività anche in Vaticano e curatore di diverse eventi culturali di alto livello tra cui, la mostra ‘Sacrarium Apostolicum’ a Torino in occasione dell’Ostensione della Sacra Sindone nel 1998 e della mostra ‘La Sacrestia Papale’ svoltasi nell’ex complesso conventuale di San Francesco di Alessandria, nell’Anno Santo 2000, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Il primo tomo è introdotto da una presentazione del vescovo di Alessandria, monsignor Guido Gallese, da Pierangelo Taverna (Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria), Gian Paolo Coscia (Camera di Commercio di Alessandria) e dal cardinale Francesco Marchisano, presidente emerito della Pontificia Commissione per i Beni Culturali e presidente emerito della Fabbrica di San Pietro. L’opera, dunque, si suddivide in due parti: la prima è un ampio glossario del sacro, che si sofferma su paramenti, arredi, suppellettili, abitudini e tradizioni della Chiesa, molte della quali dimenticate dai più oppure sotto gli occhi di tutti ma di cui non se ne conosce il significato o l’origine. Il secondo è un testo di gemmologia che contiene anche il simbolismo delle gemme e i suoi riferimenti all’arte sacra. Quell’arte sacra che, come ha evidenziato nel suo contributo il cardinale Marchisano è ‘espressione del bello, quale immagine riflessa di Dio, che segna costantemente il cammino dell’uomo alla ricerca del volto del Salvatore’. In tutto sono oltre 900 pagine la cui lettura, e consultazione (resa agibile anche dall’ordine alfabetico di esposizione degli argomenti) costituiscono un sicuro arricchimento culturale. L’opera è stata realizzata con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria che, ancora una volta, ha sostenuto un progetto ad ampio respiro culturale.

Massimo Iaretti

 

L'isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Laura Laurenzi “La madre americana”   – Solferino- euro 18,00
 
E’ sospeso tra pubblico e privato l’ultimo libro di Laura Laurenzi, una delle firme più prestigiose del giornalismo italiano e grande esperta di costume. In 260 pagine raccoglie le fila della sua infanzia nel pieno della Dolce Vita Romana, pesca nei ricordi di bambina e ci regala la figura splendida della sua madre americana. Un personaggio a tutto tondo, ben diverso dallo stereotipo femminile degli anni 50. Sua madre, Elma Baccanelli, non è come le altre. E’ americana, arrivata in Italia subito dopo la guerra vestendo i panni della divisa da ufficiale dell’esercito degli Stati Uniti d’America. Una donna piena di joie de vivre, solida, forte, pratica, ma anche idealista. Di origini e cognome italiani, era nata a New York City, laureata alla Columbia University e allieva di Prezzolini, aveva lavorato con il sindaco della Big Apple Fiorello La Guardia. A Roma incontra quello che diventerà suo marito, Carlo Laurenzi, firma storica del giornalismo italiano, spesso inviato speciale nei punti nevralgici del mondo. Con lui avrà due figli, Martino e Laura. Elma però non si limita al ruolo di genitrice, sceglie di mettere la sua vita anche al servizio degli altri -“…perché l’amore si moltiplica ” spiegava- e guarda oltre le mura domestiche. Sull’onda del Piano Marshall, salva dalla povertà 11.385 bambini italiani a cui la guerra aveva strappato tutto. Per 22 anni -fino alla primavera del 1969, poco prima della sua prematura morte- sarà al vertice del Foster Parents Plan, la prima organizzazione umanitaria non governativa, che ideò anche la geniale soluzione delle adozioni a distanza. Un ambizioso progetto a cui aderirono star della caratura di Gary Cooper, Raymond Burr (alias l’avvocato Perry Mason) Peter Ustinov ed Harry Belafonte. Nel libro sono raccontati tanti aneddoti, uno per tutti: quando Laura aveva 10 anni e mezzo, il primo luglio 1963, la madre la portò a vedere il passaggio di John Fitzgerald Kennedy in visita a Roma. Fu allora che scoprì che JFK aveva i capelli rossi e le sembrò che le sorridesse. Mai più avrebbe pensato che poco dopo, il 22 novembre, sarebbe stato assassinato a Dallas; quella fu anche la prima ed ultima volta che vide la madre piangere. Casa Laurenzi, grazie alla professione e al carisma del padre sarà anche il salotto in cui transiteranno grandi menti come Bassani, Cassola, Carlo Levi ed Eugenio Montale. Insomma un libro che raccontando vicende private, di fatto è uno spaccato della storia degli anni in cui Roma era la Hollywood sul Tevere.
 
 
 
Alfred Hayes “Il mio viso davanti a voi” – Rizzoli- euro 16
 
Questo è un classico da riscoprire, scritto dall’inglese Alfred Hayes (1911 -1985) cresciuto in America, volato per molto tempo in Italia e ritornato infine negli Stati Uniti dove si è diviso tra New York e Los Angeles. Partito come giornalista ha poi virato sulle sceneggiature per il cinema e la televisione, diventando uno dei più geniali autori cinematografici. Nel 1946 ottenne una nomination agli Oscar per la co-sceneggiatura di “Paisà” di Roberto Rossellini, ha lavorato con De Sica a “Ladri di biciclette”, con Alfred Hitchcock e con altri mostri sacri, costruendosi una carriera di altissimo profilo. “Il mio viso davanti a voi” è del 1958 e fin dall’inizio il ritmo è quello delle immagini, perfetto anche per lo schermo. La storia è ambientata ad Hollywood a fine anni 50, tra party, alto tasso alcolico e grandi sogni di celebrità. Dietro le sfavillanti luci e il glamour di Los Angeles imperano la solitudine e tante speranze deluse: una città degli angeli che attira miraggi di gloria, ma poi macina indifferente fallimenti devastanti. Durante una festa in una villa sulla spiaggia, uno degli ospiti si accorge che una giovane donna sta per annegare, si tuffa e la salva. Lui è uno sceneggiatore con la moglie a New York; lei è una giovane aspirante attrice che ha tentato il suicidio e non riesce ad assemblare i pezzi della sua vita. Senza tanta convinzione e con una buona dose di inerzia lo sceneggiatore si lascia coinvolgere in una relazione con la ragazza che porta le cicatrici interiori di altre infelici relazioni con uomini sposati. Sarà una passione impossibile? Scopritelo voi stessi.
 
 
 
Rebecca West “Nel cuore della notte” – Fazi- euro 20,00
 
E’ la seconda parte della Saga degli Aubrey, scritta da Cicely Isabel Fairfield, nata a Londra nel 1892 e morta nel 1983, che come nome d’arte scelse quello di Rebecca West (in omaggio all’eroina combattiva di Ibsen). Fu giornalista, viaggiatrice, scrittrice, critica letteraria e femminista ante litteram, ebbe una vita intensa e travagliata, fu amica di Virginia Woolf e amante di H.G.Wells. La trilogia degli Aubrey è ispirata alla sua storia familiare. E’ un libro da prendere con calma e a piccoli sorsi, entrando nelle stanze e nelle abitudini delle protagoniste alle quali ci siamo affezionati nel primo libro. Ora le piccole donne sono cresciute e le ritroviamo giovani adulte alle prese con la vita e con il vuoto lasciato dal padre che sembra averle abbandonate per sempre. Le gemelle Mary e Rose sono diventate pianiste di talento; la sorella maggiore e più ostica, Cordelia ha abbandonato le sue velleità artistiche e scelto di sposarsi, ammorbidendo il suo carattere e dedicandosi totalmente al matrimonio. Poi c’è la cugina Rosamund dall’indole dolce e generosa che dedica la sua vita agli altri diventando infermiera. Maschio ammirato e coccolato della nidiata è l’affascinante e divertente Richard Quinn che promette di diventare un seduttore di sicuro successo. A gestire le fila del quotidiano e punto di riferimento è la madre che però sta diventando sempre più anziana ed è supportata dall’amicizia preziosa del signor Morpugo. Per buona parte del libro gli   accadimenti sono minimi e lenti, si impara a godere delle piccole cose e dei semplici gesti, come le passeggiate, i tè, il tempo trascorso nella locanda “Dog and Duck” e nelle visite alle dimore dei vicini. E’ un luminoso microcosmo al femminile in cui a un certo punto irrompe in modo devastante la guerra…. E niente sarà più come prima.

Al via il Torino Jazz Festival con l’ICP Trio e Gavin Bryars

Gli appuntamenti musicali della settimana
Martedì. Al Blah Blah sono di scena gli High Reeper.
Mercoledì. All’Audiodrome di Moncalieri si esibiscono gli alfieri della techno Spiral Tribe.
Giovedì. Al Jazz Club suona il trio di Valentina Nicolotti. Allo Spazio 211 sono di scena i Cor Veleno. Al Caffè Neruda suona la Svoboda Orchestra, mentre per “Novara Jazz” all’Opificio Cucina e Bottega si esibisce il quartetto Fuwah.
Venerdì. Parte il Torino Jazz Festival. Tra le tante cose il duo Cohen-Strino al Caffè Neruda e la presentazione del libro fotografico di Roberto Masotti Jazz Area al Circolo dei Lettori. Allo Ziggy sono di scena i Vague Scare. Al Magazzino sul Po si esibiscono i Kinky Seven mentre al Blah Blah suonano i Psychokiller. Al Circolo della Musica di Rivoli si esibiscono i Diaframma.
Sabato. Al Piccolo Regio per il TJF si esibisce l’ ICP Trio, a seguire il CLGEnsemble. Al Folk Club suona il duo Evans-Lorenzo mentre alla Piazza dei Mestieri è di scena il mitico batterista dell’Art Ensemble of Chicago Famoudou Don Moye accompagnato dalla Torino Night Ensemble. Al Blah Blah sono di scena i Liars. Marco Mengoni si esibisce per 2 sere consecutive al Pala Alpitour.
Domenica. Per il TJF doppio appuntamento al Conservatorio. Alle 17.30 suona il chitarrista Fred Frith mentre alle 21 è di scena il Gavin Bryars Ensemble. Al Museo Nazionale della Montagna suona il cornista Martin Mayes. Al Jazz Club si esibisce il sassofonista Don Menza.
 

Pier Luigi Fuggetta

Fuori. Storie dal manicomio

Si replica al Teatro “Concordia” di Venaria

 
A ogni replica, un sold out. Così, dopo nove date, si è ormai arrivati alla decima per “Fuori – Storie dal manicomio”, lo spettacolo creato dall’Associazione Lab22 di Collegno per raccontare la storia dell’ex Ospedale Psichiatrico. Nato, in collaborazione con Arci Valle Susa, per ricordare una pagina decisamente dura di storia locale, a 41 anni dalla Legge Franco Basaglia (la 180 del 13 maggio 1978, che fece dell’Italia il primo Paese al mondo ad abolire i manicomi) e dall’abbattimento del muro, lo spettacolo teatrale é in programma giovedì 25 aprile alle 21, al Teatro Concordia di corso Puccini, a Venaria Reale (tel. 011/4241124). Per la regia di Serena Ferrari che con questo spettacolo si accredita come una giovane di talento nel panorama teatrale torinese e non solo (suo il testo supportato dalle cronache giornalistiche e dalle pagine letterarie di Alberto Papuzzi e Alberto Gaino, non meno che dalle poesie di Alda Merini e dalla testimonianza di Enrico Pascal, ex psichiatra del Manicomio di Collegno), sul palco ci saranno gli attori Annalisa Platania, Giulio Prosperi, Cristina Lella, Andrea Narducci, Paolo Bergonzi e Raimondo Livolsi. Particolarmente intense e cariche di emozioni anche le coreografie (con cinquanta ballerini sul palco), firmate dalla stessa Ferrari, insieme a Claudio D’Ambrosio e a Mohamed Rekka . Presenti, in scena, anche i musicisti Jacopo Angeleri, Giovanni Battaglino, Francesca Chiofalo, Marcello Iaconetti, Simone Rossetti Bazzaro. Tutti insieme daranno forza a racconti e parole durissime che ricordano la vita di un tempo dentro i muri e le stanze del manicomio.  “Negli ultimi anni abbiamo creato degli spettacoli su temi dall’impegno civile. Ne abbiamo fatto uno sulle morti bianche e sui morti della Thyssen Krupp di Torino, uno per contrastare la violenza sulle donne, uno sulla scomparsa del ragazzo collegnese Fabrizio Catalano” spiega il presidente di Lab 22, Claudio Ferrari. “Nessuno ha però ottenuto il riscontro di ‘Fuori’ che è sempre andato in scena alla Lavanderia a Vapore, oggi spazio dedicato alla danza internazionale, in passato parte del manicomio”. La nuova data è quindi la prima fuori da Collegno. 
 

g.m.


 
 

Siete solo ragazzi, non potete capire

“Fidati, il manager sa bene quello che va fatto. E’ tutto sotto controllo, la gestione delle finanze della band va a gonfie vele”. Spesso però il sottinteso tra le righe è… “non ti intromettere”
 
Problema complesso e variegato quello dei rapporti tra una band ed il manager, tra i singoli membri del gruppo e il “modus operandi” di chi ha le chiavi della cassa…

“Siete solo ragazzini, voi non potete capire le questioni finanziarie, è tutto ok” era una sorta di refrain immutabile e criptico di Hugh Lee Stevenson, manager della band “The Fabulous Pharoahs” [variante di Pharaohs] formatasi nell’autunno del 1964 a Newark (Delaware) tra compagni di liceo: Aubrey Fisher (V, chit, songwriter), Bill Rylander (chit), Fred Dawson (sax, org), Ed[die] Stevenson (V, batt), cui era aggregato inizialmente Bobby Walker (b), poi sostituito da Rylander. Le influenze musicali comuni erano Rolling Stones, Kinks, Yardbirds, Animals, ma anche Chuck Berry e il rock’n’ roll di Elvis, Jerry Lee Lewis e Little Richard. A differenza di “gavette” faticose di altre band coeve, “The Fabulous Pharoahs” decollarono rapidamente a livello di gigs ed esibizioni dalla primavera del 1965 tra Wilmington e Middletown (Delaware), ma anche Elkton, Easton fino a Salisbury (Maryland) e a pendolo tra le aree di Philadelphia e Baltimora. Già entro la fine del 1965 la tabella di marcia era intensa, con almeno 5 giorni impegnati ogni settimana, con un raggio che si estendeva a Bordentown (New Jersey) e anche più a nord, fino a Lake George (New York) e oltre in alcune cittadine del Vermont. Il “grande manovratore” era il manager Hugh Lee Stevenson (padre del batterista Ed), uomo pragmatico e a tratti misterioso, ma con la dote di essere una vera “calamita” nel trovare date, venues ed eventi “giusti”; era anche pienamente coinvolto nella gestione di una propria etichetta (Blue Hen Records fin dal 1957) e di una casa di produzione (Three Star Productions / Three Star Recording Co.) che curava gli interessi di svariate bands dell’area di Newark. Grazie al “manovratore” fu possibile il rapido ingresso in sala di registrazione già nel Natale del 1965, da cui scaturì il primo 45 giri: “Route 66” [B. Troup] (2668; side B: “Church Key” [A. Fisher – E. Stevenson], 1966), inciso a Newark presso gli studi della WNRK Radio, con etichetta Three Star Recording Co. Nello stesso 1966 uscì il secondo singolo, anch’esso registrato presso la WNRK Radio nell’arco di una sola notte: “Talkin’ About You” [R. Charles] (38-22-38; side B: “Sometimes”, 1967), con etichetta Reprize Records. Nel frattempo la band cominciava a risentire dell’influenza di Jefferson Airplane, The Doors, Jimi Hendrix, Blues Magoos e di suoni “nuovi”; nel novembre 1967 uscì il terzo (e più interessante) singolo: “Hold Me Tight” [Dawson – Stevenson – Rylander] (RZ36-22-36; side B: Sometimes I Think About” [Thielhelm – Scala – Gilbert]), registrato presso gli studi Cameo Parkway Recordings di Philadelphia, con etichetta Reprize Records. Il manager Hugh Lee Stevenson era ormai noto come “General Lee” e amministrava le finanze col solito distacco umano dai membri della band; tale condotta portò presto ad attriti accesi, specialmente con il principale songwriter Aubrey Fisher e col nuovo bassista Bob Wilson; i due, esasperati dai modi di Stevenson (e dalle sue continue risposte “Siete solo ragazzini, voi non potete capire le questioni finanziarie”) lasciarono poco prima che la band partecipasse allo show televisivo “The Jerry Blavat Show”. La band subì un colpo non indifferente, tuttavia riuscì a navigare a vista per alcuni anni fino al 1970; era subentrata intanto una trasformazione radicale che la portò poi ad un sound pienamente psichedelico col nome “Mouzakis” nel 1971.
 

Gian Marchisio

 

De Chirico e Art Nouveau, due grandi mostre

Alla Gam: 19 Aprile 2019  – 25 Agosto 2019 A cura di Lorenzo Canova e Riccardo Passoni
La GAM di Torino presenta la grande mostra Giorgio de Chirico. Ritorno al Futuro, Neometafisica e Arte Contemporanea, un dialogo tra la pittura neometafisica di Giorgio de Chirico (Volo, Grecia, 1888 – Roma, 1978) e le generazioni di artisti che, in particolare dagli anni Sessanta in poi, si sono ispirati alla sua opera, riconoscendolo come il maestro che ha anticipato la loro nuova visione e che con la sua neometafisica si è posto in un confronto diretto con gli autori più giovani.La mostra a cura di Lorenzo Canova e Riccardo Passoni è organizzata e promossa da Fondazione Torino Musei, GAMTorino e Associazione MetaMorfosi, in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico e presenta un centinaio di opere provenienti da importanti musei, enti, fondazioni e collezioni private.La metafisica di Giorgio de Chirico, nella sua visione originaria e futuribile, ha influenzato atteggiamenti e generi differenti, non solo nel campo delle arti visive, ma anche della letteratura, del cinema, delle nuove tecnologie digitali, arrivando fino a confini inattesi come videogiochi e videoclip, in un interesse globale che va dall’Europa agli Stati Uniti fino al Giappone.Oggi la posterità, libera dagli stereotipi di certe condanne, può “dire la sua”, come intuì con il suo genio Marcel Duchamp in un testo su de Chirico del 1943.In questo contesto si inserisce la nuova attenzione per il periodo della neometafisica di de Chirico (1968-1978), che rappresenta allo stesso tempo un ritorno e una nuova partenza, una fase di nuova creatività e un riandare verso l’immagini del proprio passato, attraverso un nuovo punto di vista e nuove soluzioni formali e concettuali.

Alla Venaria Reale: 17 aprile 2019 – 26 gennaio 2020. Con manifesti, dipinti, sculture, mobili e ceramiche, la mostra – con un corpus di 200 opere – racconta la straordinaria fioritura artistica che ha travolto e cambiato il gusto tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento.

Architettura, pittura, arredamento, scultura, musica sono invasi da rimandi alla natura, al mondo vegetale e a un’immagine nuova della figura femminile: a Torino è il tempo dell’Art Nouveau che scaccia da ogni dove regole accademiche e tradizione.Considerata come una corrente internazionale, essa si fonda sulla rottura con l’eclettismo e lo storicismo ottocenteschi e rappresenta la risposta moderna a una società sempre più industrializzata.Concepita come arte totale, il Modern Style diventa Tiffany negli Stati Uniti, Jugendstil in Germania, Sezession in Austria, Nieuwe Kunst nei Paesi Bassi, Liberty in Italia, Modernismo in Spagna e s’impone rapidamente in Inghilterra, patria dei maggiori teorici del movimento, e passa sotto il nome di Art Nouveau in Francia.Proprio a Torino fu presentata nel 1902 con l’Esposizione internazionale di Arte Decorativa Moderna e diede il via al Liberty in Italia a partire dalla città, all’epoca in espansione.

I Monaci del tempio cinese Shaolin apriranno TorinoDanza

Si inaugurerà mercoledì 11 settembre prossimo alle 21, al Teatro Regio di Torino, il festival di TorinoDanza edizione 2019, con lo spettacolo “Sutra”, considerato un cult del nuovo Millennio, creato da Sidi Larbi Cherkaoui con i Monaci del Tempio cinese Shaolin e la collaborazione dello scultore Antony Gormley. L’artista belga con questo spettacolo raggiunge forse il punto più alto della sua sintesi personale tra filosofia orientale e pensiero occidentale, in un incontro tra la danza contemporanea e la pratica del Kung fu. Il risultato è quello di uno spettacolo energetico e fortemente razionale nelle linee geometriche della coreografia, in cui le arti marziali rivelano tutta la loro eleganza. Lo spettacolo Sutra è anche inserito in Mito SettembreMusica. Tra le più brillanti coreografe italiane protagoniste di questa edizione di TorinoDanza figura Simona Bertozzi, in scena il 13 settembre prossimo nello spettacolo “Anatomia”, al teatro Gobetti. Si tratta dell’ incontro tra due corpi, l’uno biologico, quello della coreografa, l’altro sonoro, quello di Francesco Giomi. Il suono permette alla coreografa e danzatrice di esplorare le potenzialità della sua anatomia ed a sua volta consente a Francesco Giomi di alimentare in scena il gesto sonoro.Il 19 e 20 settembre debutterà al teatro Carignano, in prima nazionale, le spettacolo “Session”, il lavoro piu recente di Sidi Larbi Cherkaoui, oprodotto da TorinoDanza, tappa del percorso del coreografo e dialogo tra le danze tradizionali irlandesi ed il suo interprete più prestigioso, Colin Dunne.
Tra le artiste italiane protagoniste della prossima edizione di TorinoDanza, sempre diretta da Anna Cremonini, figura Silvia Gribaudi, con una creazione nata nell’ambito del progetto “Corpo Links Cluster”, con cui la coreografa inizia il cammino verso la realizzazione di “Mon jour”, avviato con un laboratorio capace di coinvolgere le comunità del valli Chisone e Germanasca. Sarà ospite di TorinoDanza anche lo spettacolo intitolato “Xenos”, coprodotto dal Festival stesso e realizzato da Akram Kahn. Si tratta di un lavoro dalle forti implicazioni storiche e politiche legate a fatti oscuri accaduti durante la prima guerra mondiale, in scena il 25 e 26 settembre prossimi alle Fonderie Limone. Il linguaggio di movimento usato da Kahn oscilla tra il kathak classico e la danza contemporanea, rivolgendosi a temi quali il confine tra Oriente ed Occidente, antico e moderno, passato e presente, storia e mitologia. TorinoDanza si propone quest’anno come un Festival con 19 titoli e 36 rappresentazioni, costruito per blocchi in intersezione tra loro, in sintonia con la tradizione, ma capaci al tempo stesso di veicolare, attraverso la danza, riflessioni artistiche, etiche e politiche.Il festival, che si è dotato di un app dedicata grazie alla quale è possibile consultare l’elenco di tutti i suoi spettacoli, gli orari e le offerte, offre anche servizi navetta (un’ora prima degli spettacoli), per le Fonderie Limone con il rientro al termine della spettacolo, con una corsa con fermata alla stazione della metropolitana del Lingotto.

Mara Martellotta

Riaprono le porte del Museo Civico – Castello di Adelaide di Susa

Le porte del Castello di Adelaide — Museo Civico di Susa riapriranno i battenti domani, sabato 20 Aprile. Per celebrare la riapertura del Museo Civico dopo la pausa invernale, alle 17 si terrà la lettura performativa de L’uomo che piantava gli alberi. A dare voce al testo di Jean Giono, pubblicato per la prima volta nel 1953 in Francia, sarà l’attrice teatrale Gisella Bein. Insieme a lei ci sarà Monica Calvi, artista della sabbia che incanterà i presenti realizzando dal vivo incredibili disegni. Questi ultimi, proiettati in tempo reale su di uno schermo posto alle spalle della Bein, faranno da contrappunto visivo al racconto. Ambientata a inizio Novecento, la vicenda ha per protagonista Elzéard Bouffier, un pastore che vive da solo in un villaggio diroccato della Provenza. L’uomo trascorre le giornate in compagnia del suo gregge, dell’inseparabile cane e degli alberi. Ricorrendo alle sue sole forze fisiche e morali, ogni giorno Elzéard pianta cento ghiande con l’obiettivo di rianimare il territorio in cui vive, facendovi crescere un’immensa foresta di querce. La sua straordinaria impresa, raccontata con un linguaggio poetico-allegorico adatto ai bambini, spinge a interrogarsi sul rapporto tra l’uomo e la natura. L’invito alla riflessione, amplificato nella lettura performativa dal dialogo tra immagini e parole, è accompagnato da un profondo messaggio di speranza e ottimismo: l’opera di una singola persona può trasformare un’intera comunità, dandole nuova vita.La lettura, che è parte del progetto Parole contro le fiamme, nato per ricordare gli incendi che hanno devastato il pianeta negli ultimi anni, è ingresso gratuito ed è prodotta da Assemblea Teatro. Naturalmente, sarà solo il primo di una lunga serie di appuntamenti che animeranno il Castello di Adelaide sino al prossimo mese di Settembre. A partire da domani sino a tutto il mese di Giugno, il Museo Civico sarà visitabile il venerdì, il sabato e la domenica (10-13 e 14-18), mentre nei mesi di Luglio e Agosto sarà aperto tutti i giorni (10-13 e 14-18), ad eccezione del Lunedì. Infine, nel mese di Settembre, il Castello tornerà ad essere visitabile solo il venerdì, il sabato e la domenica (10-13 e 14-18). Per ricevere ulteriori informazioni chiamare il numero 3711607141 oppure scrivere a castellosusa@gmail.com.
 
Giulia Amedeo