Caro direttore, non saprei ricordare la data precisa ma più o meno a metà degli anni 90, una sera ero a cena al ristorante Del Cambio.
Recatami alla toilette, con mia grande sorpresa vedo uscire dalla porta Sean Connery che mi sorride e mi saluta molto cortesemente. Immaginerete il mio stupore! Qualcuno riesce a risalire a quella presenza torinese del grande attore appena scomparso? Perché si trovava nella nostra città? Grazie a chi saprà darmi una risposta!
Raffaella Rossi
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Risponde il lettore Dario Straropoli:

Cambia look la “Galleria Giappone” del MAO – Museo d’Arte Orientale di Torino. E lo fa, mandando a riposo, per alcuni mesi e per ragioni di tutela e conservazione, i delicatissimi “kakemono” e gli “ukiyo-e” (stampe su carta periodicamente sostituite con altre opere delle collezioni) offrendo così ai visitatori la possibilità di ammirare esposizioni costantemente rinnovate.
Al primo gruppo appartengono un dittico di Kanō Chikanobu (1660-1728), che raffigura due samurai a cavallo, e un ramo di ciliegio fiorito di Kawamura Bunpō (1779-1821). Le due opere si ispirano all’antico detto “Tra i fiori, il ciliegio. Tra gli uomini il samurai” facente riferimento alla bellezza e alla caducità della vita terrena: così come il ciliegio fiorisce e sfiorisce in brevissimo tempo, la vita del guerriero può rivelarsi intensa ma fugace.
“Samurai, poeti e uomini d’ingegno”
Stephen King e il covid-19. Sembra che Mirko Vercelli abbia intercettato felicemente e con precisione quel filo rosso che lega il terrore narrativo dell’horror thriller alla realistica paura del coronavirus

A pronunciarle Andy Warhol, padre universalmente riconosciuto della Pop Art, che di fama ne ha invece macinata in quantità indescrivibile nei suoi cinquantotto anni di vita, continuando tutt’oggi, a poco più di trent’anni dalla scomparsa, ad esserne compagno fedele, al di là dei tempi, delle mode e in barba ai flussi implacabili dell’oblio. Secondo artista, pare, più comprato e venduto e quotato al mondo dopo Pablo Picasso, a Andy Warhol (Pittsburgh 1928 – New York, 1987, ultimogenito dei tre figli di modesti immigrati originari di Mikovà, paese dell’odierna Slovacchia), la “Palazzina di Caccia” di Stupinigi dedica, fino al 31 gennaio del 2021, la mostra evento “Andy Warhol é…Superpop”, promossa da “Next Exhibition” e “Ono Arte”, con il patrocinio della “Città Metropolitana Torino”.


Fra diario intimista, documento storico e biografia, è un libro intenso vissuto sulla propria pelle e nel profondo della propria carne, quello scritto – alla luce di rigorose indagini storiche – da Bruno Avataneo sulla sua famiglia materna di origine, i Castelletti di Mantova. Torinese, classe ’51 e cuneese d’adozione, lo scrittore (che ha lavorato a lungo nel settore della formazione professionale e da tempo si dedica, sollecitato da particolari eventi e situazioni famigliari, allo studio della presenza ebraica a Mantova nel corso dei secoli) presenterà il libro, dal titolo “Le ossa affaticate di Salomon Castelletti”, il prossimo venerdì 30 ottobre, alle 18, nei locali della Soms, ex Società operaia di mutuo soccorso oggi sede dell’Associazione culturale “Progetto Cantoregi”, in via Carlo Costa a Racconigi. A dialogare con lui sarà Alberto Cavaglion, storico e letterato, docente di “Storia dell’ebraismo” all’Università di Firenze e fondatore nel 2015 a Cuneo della Biblioteca e Centro Studi sugli ebrei in Piemonte “Davide Cavaglion”. L’incontro sarà accompagnato dalle letture di Irene Avataneo. Ed è lo stesso Cavaglion a precisare nella Prefazione: “Non è un libro di memorie, anche se è costruito sulla memoria…Se mai ci troviamo davanti a una ‘autobiografia riflessa’, fondata su una rigorosa ricerca archivistica. E’ a suo modo un (copioso) diario intimo compilato con voci (e carte) altrui, per interposte (e assai numerose) persone”.