CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 550

Un grandioso Battiston dentro i capricci di Churchill, tra sigari e alcol

Per la stagione dell’Alfieri, repliche fino a oggi

 

Avevamo lasciato soltanto tre settimane fa Giuseppe Battiston a godersi meritatamente il premio come miglior attore al TFF37 (in compagnia del collega Stefano Fresi) per il suo Mario, folle ed emarginato, che aspira nel Grande passo di Antonio Padovan (uscita primaverile sugli schermi) ad una solitaria missione sulla luna; l’altra sera, grandioso, davvero grandioso, era lì, sul palcoscenico dell’Alfieri, (inaspettatamente) nella stagione di Torino Spettacoli, ad “essere” furiosamente gli eccessi dello statista inglese in Winston vs Churchill, tratto da Churchill, il vizio della democrazia scritto dall’attore e scrittore, quarantacinquenne, Carlo Gabardini. Il quale autore milanese non ha avuto la pretesa di renderci né i caratteri fisici dell’individuo (Battiston, chiuso nella sua vestaglia rossa o in abito grigio, non deve sottoporsi alle tantissime ore di trucco dell’Oscar Gary Oldman per L’ora più buia, mantiene barba e capelli che gli conosciamo, non adotta parlate o inflessioni strane o studiate sino all’eccesso) né un tutto tondo dell’uomo politico, per salti temporali, dalla disfatta di Gallipoli alla vittoria del secondo conflitto mondiale sino al suo licenziamento: la sua ricerca tende a darci un Winston a luci composite, più “corporale”, all’interno di un panorama più privato – certo arrovellato da un excursus che lo ha per decenni legato ad una controversa storiografia – pronto ad espandersi (dentro a quello che pare un palcoscenico nel palcoscenico, con tanto di antiche luci di proscenio, una grande poltrona al centro a segnare una sorta di comando assoluto) in sanguigne battute contro questo o contro quello (“Se fossi vostra moglie, vi metterei il veleno nel caffè”, “E se fossi vostro marito, credo proprio che lo berrei”; ne abbiamo anche per noi italiani : “Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come fossero guerre”), nell’abuso del cibo e degli alcolici soprattutto, nascosti nell’impugnatura istoriata di un bastone da passeggio che sorregge ormai le sue gambe malferme, dei suoi beneamati sigari, vero toccasana contro la depressione che lo colpì, gli immancabili colpi di tosse, irruenti e spossanti, e il rifiuto verso ogni medico, il rifugio nella pittura, e molto ancora. Magari non tutto è di grana finissima: ma negli 80’ in cui Battiston si muove magnificamente in scena lo spettacolo è altamente assicurato, cattura, si fa applaudire a scena aperta. Istrione quel tanto che basta, irriverente, difettoso che più non si potrebbe, di umori sempre in lotta tra loro, ma bravissimo nell’incarnare quella “stupenda cattiveria” di cui è rivestito il personaggio, come i capricci improvvisi che l’aiutano a sopravvivere, nel rivestire la grandezza e anche ogni umano limite, nell’adattarsi addosso la fragilità come tutta la vera o costruita grandeur che è pronto a rinfacciare all’alleato De Gaulle. L’attore sguazza dentro il personaggio, se ne appropria appieno, non ci importa che proprio questo sia il vero o il falso Churchill, ci interessa trovarci di fronte al fraseggio musicale di un ritratto che piroetta tra gli alti e i bassi che vanno a rovistare nei ricordi di un’intera esistenza.

Accanto a lui, in una sagoma di infermiera che acquista sempre più peso, Lucienne Perreca: che, se la regista Paola Rota avesse tenuto più al riparo dai pericoli dell’esagitato e del troppo fanciullesco, dei troppi movimenti che disturbano l’importanza della parola e finanche la rovinano, forse sarebbe andata ben oltre il piano della simpatia per spingersi più in là, verso la vera concretezza. Da non perdere, oggi ultima replica.

Elio Rabbione 

 

Le foto dello spettacolo sono di Noemi Ardesi

Non più di quattro

Caleidoscopio rock USA anni 60

I denigratori del garage rock lo additano spesso come sottoprodotto, fase di “crisi” del rock&roll, se non addirittura come “cascame” del rock; naturalmente a torto, ponendo a sostegno dei loro teoremi alcuni luoghi comuni di difficile estirpazione, tra cui quello secondo il quale il garage è un genere caratterizzato da scarso interesse per l’elemento armonico, da ridondanza e mancanza di accuratezza nel risultato musicale.

 

In moltissimi casi l’idea di monotonia armonica può essere facilmente confutata, ma in altri è indiscutibile, specialmente in vari esempi di “crude rock” del 1966, quando vi era una vera e propria predilezione per il suono impuro, l’incisione grezza, il canto sporco, masticato e growling. Succedeva che non si raggiungevano più di 4 o 5 accordi, ma il tutto rientrava in uno stile voluto, più che dettato da analfabetismo musicale o da trascuratezza; era il “protopunk” anni ‘60, quello che alle mie orecchie suona sempre e comunque come “più punk del punk del decennio successivo”, perché “punkish” nel suono e nella voce, piuttosto che nella velocità, nelle idee o nella contestazione politica.

Esempio lampante di questa monotonia quasi ipnotica e ostinata fu un brano di una band dell’area tra Eugene e Springfield (Oregon): The Sires. Erano tutti teenagers tra i 15 e i 16 anni della Sheldon High School di Eugene, unitisi a fine 1964 in un gruppo affiatato e dal grande entusiasmo, rock crudo e scheletrico, molto da “basement” come direbbero negli “States”. Erano Marty Berg (V), Ron Craig (chit), Mike Briggs (chit, b) Ro[d]ger Koliece (org), Robert Grebb (batt) e Dean Lo[w]man (V, b), cui subentrerà Warner [Doc] Swebke. Avevano come manager Bruce Mitchell, che li seguiva da vicino assicurando date in vari teenage clubs, adult clubs e nightclubs tra Eugene, Springfield, Veneta, Monroe, Cottage Grove, fino a Mapleton e Florence a ovest e Oakridge ad est. The Sires ebbero buon successo anche in alcune “Battles of the Bands” (Lane County) e arrivarono anche secondi dietro i più famosi “Gentlemen Wild” in una competizione nel 1966. Quasi a ruota uscì l’unico 45 giri, che contiene il brano “ipnotico” sopra accennato, attorcigliato su una ripetitiva serie di accordi: “Don’t Look Now” (GRS 1094; side B: “Come To Me Baby”), su etichetta Graves Recording Service di Alan Graves a Eugene, con copyright Dean Lowman; si segnala che secondo molti il disco sia stato inciso nel “basement studio” della casa di Alan Graves, ma è probabile che invece sia stato registrato presso i locali del teen club “The Tork Club”. Inoltre salta subito all’orecchio (e all’occhio) il forte contrasto tra la forma musicale grezza, cruda e sporca del prodotto discografico e l’immagine pulita e “da bravi ragazzi” che è costante in tutte le foto di esibizioni o promozioni della band. Per il biennio 1967-1968 non si segnalarono ampliamenti del raggio di azione nelle performances dei The Sires, che videro purtroppo l’uscita di Dean Lo[w]man, arruolato tra i marines per la guerra in Vietnam; andò persa la figura principale della band, che entro il 1969 si sciolse dopo aver perso gran parte della spinta propulsiva e dell’entusiasmo degli esordi. Dean Lo]w]man stesso uscì particolarmente segnato e provato dalla guerra del Vietnam e subì direttamente negli anni successivi gli effetti subdoli ma letali del famigerato Agente Arancio (Agent Orange).

 

Gian Marchisio

“Divagazioni”, lo spettacolo della FLIC Scuola di Circo

Al via il terzo appuntamento stagionale con i Circo in Pillole della FLIC Scuola di Circo di Torino, questa volta diretto dal regista francese Florent Bergal. Circo in pillole è una rassegna-tirocinio ideata dalla Scuola di Circo per permettere ai propri allievi di mettersi alla prova davanti a un vero pubblico, sfruttando stage condotti da registi di elevata esperienza.

Nel corso degli anni i Circo in Pillole sono diventati spettacoli di ottimo livello qualitativo, grazie alla preparazione di base sempre più elevata di allievi provenienti da ogni parte del mondo e docenti qualificati.

Pertanto, la FLIC Scuola di Circo presenta lo spettacolo dal titolo Divagazioni diretto dal maestro Florent Bergal, in programma domenica 22 dicembre 2019 alle ore 21:00 presso lo spazio FLIC, uno spazio dedicato allo studio e alla creazione artistica,  . Lo spettacolo è il risultato di uno studio intensivo di una settimana condotto con gli allievi. L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.

Dove e quando 

Domenica 22 dicembre 2019, ore 21:00
Spazio FLIC, via Niccolò Paganini 0/200, Torino

In giro per il Piemonte dei piccoli borghi

Si chiama ‘Girovagando per il Piemonte –Alla scoperta dei piccoli borghi’ l’ultima fatica letteraria di Dante Paolo Ferraris

Il testo presenta ventiquattro località rappresentative delle varie realtà del Piemonte: Marmora, Santuario di Vicoforte, Mergozzo, Retorto, Brich Zumaglia, Santa Giustina di Sezzadio, Piedicavallo, Priorato Cluniacense di Castelletto Cervo, Bosco Marengo, Miradolo, Solonghello, Portula, Cavour, Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, Olmo Gentile, Orta San Giulio, Quinto Vercellese, Barbaresco, Monastero Bormida, Ghiffa, Gavazzana, Collobiano, Maggiora, Novalesa.

Non c’è bisogno di andare lontano per scoprire luoghi e panorami sconosciuti. Spesso, anzi, specialmente qui in Italia, abbiamo a pochi passi meraviglie che neanche sospettiamo e che ignoriamo per rincorrere le mete più esotiche e trendy. L’autore di questo diario, invece, va a caccia dei piccoli borghi del suo Piemonte, uno scrigno inesauribile di tesori, tradizioni, leggende e prelibatezze che aspettano soltanto gli occhi e il cuore di un viaggiatore curioso e pronto a nuove scoperte

Il libro si trova  su tutti gli store online da amazon, youcanprint , fastbook  ma è ordinabile da Mondadori Feltrinelli  libraccio  e ibs.

Dante Paolo Ferraris, alessandrino, vanta altre fatiche letterarie. ‘Passeggiando a Lisbona con Pessoa’, ‘Puzzle’, ‘Edita’, ‘Caleidoscopio’, ‘Il ventaglio’, ‘L’era della contaminazione’.

Esperto di protezione civile è Disaster Manager della Provincia di Alessandria.

Massimo Iaretti

Asterione. Cortometraggio e pulsione

Esiste un margine pletorico di pulsione, un ventre siderale che i nostalgici chiamano buio, il sottile impatto con la necessità, “come il meriggio salpa l’ancora delle palpebre e affonda la sua doglia nella placenta di un sogno” – (Franco Ferrara) -.

Si incontrano quasi tacitamente agli angoli di un dove, non temono la pioggia, scrivono diari di qualche secondo sulle pagine ingiallite della comprensione, sommano le loro presenze alla creazione e questa sera ne potremmo assaggiare il frutto.

Alle ore 19.00, presso Rough Dive Bar (Torino), un ciclo di genesi si dirà ai silenzi dell’inverno, rendendosi espressione in un concerto prog – chitarra, elettroniche e sintetizzatore -, accompagnato da un’interpretazione vocale di poesie erotiche, che sono presentazione di un cortometraggio elaborato in quest’ultimo giro solare da Riccardo Lazzarato, Luca Pellegrinelli e Giorgio Dinello.
È un progetto che nasce in seno alla rivista filosofica e multimediale “Sovrapposizioni”, un’esplorazione dell’eros e del desiderio inteso come ricerca, come movimento originario di qualsiasi volontà, nella forma e nel titolo di “Asterione”.
Tale corto verrà proiettato alle ore 21.00.

Siamo nel non luogo della parola, che si evince presenza, nella diatriba coercitiva di spirito e carne, ove rifuggono menti scaltre le loro intime necessità di sentire, ancora, per ora, qualcosa che sia oltre la mera sopravvivenza dei giorni.     Alessia Savoini

Compie dieci anni il Premio Lattes Grinzane

In gara autori italiani e stranieri, il vincitore sarà scelto, a ottobre 2020, da 400 studenti di tutta Italia

Scadenza del bando: 31 gennaio 2020

Rivolto a opere di narrativa italiana e internazionale pubblicate in Italia fra il gennaio 2019 e il gennaio 2020, il Premio Lattes Grinzane taglia quest’anno il traguardo della decima edizione. Organizzato dalla Fondazione Bottari Lattes, presieduta da Caterina Bottari Lattes e nata a Monforte d’Alba nel 2009 per commemorare la figura di Mario Lattes – noto editore, pittore, scrittore e intellettuale di primo piano del nostro Novecento, scomparso nel 2001 – il Premio rappresenta la rinascita, “in una   nuova veste sobria e rinnovata” del Premio Grinzane Cavour ed è articolato in due sezioni: “Il Germoglio”, destinata alla scoperta di nuovi autori e “La Quercia”, volta a riscoprire uno scrittore già affermato. La scadenza di presentazione delle opere per questa edizione numero dieci è il 31 gennaio 2020 e il bando è scaricabile sul sito www.fondazionebottarilattes.it

Ad una qualificatissima Giuria Tecnica, presieduta da Gian Luigi Beccaria (linguista, critico letterario e saggista) spetterà il compito di selezionare i cinque romanzi finalisti per la sezione “Il Germoglio”, che verranno annunciati sabato 18 aprile 2020 a Cuneo, presso la sede della Fondazione CRC; la scelta del vincitore – in accordo con lo spirito originario del Premio Grinzane Cavour, voluto da don Francesco Meotto – sarà affidata, fra aprile e settembre 2020, al giudizio di 400 giovani studenti delle 25 Giurie Scolastiche, una all’estero e 24 in Italia. Sabato 10 ottobre 2020, i ragazzi esprimeranno in diretta il loro voto per proclamare il vincitore nel corso della cerimonia di premiazione in cui saranno presenti tutti i finalisti. Gli scrittori in gara terranno inoltre un incontro con gli studenti delle scuole del territorio cuneese.

“I giovani continuano così – precisa Caterina Bottari Lattes a essere i veri protagonisti del Premio che, come primo obiettivo ha proprio quello di promuovere la lettura e la letteratura contemporanea nelle scuole, offrendo agli studenti la possibilità di sviluppare capacità critiche e indipendenza di giudizio”.

 

Alla Giuria Tecnica sarà anche affidato il compito di assegnare il Premio Speciale (“La Quercia”) ad un autore internazionale che, nel corso del tempo, si sia dimostrato meritevole di un condiviso apprezzamento di critica e pubblico. Il nome verrà annunciato a mezzo stampa entro il mese di settembre 2020 e venerdì 9 ottobre 2020, il vincitore terrà una lectio magistralis su un tema letterario a propria scelta e sarà insignito del riconoscimento. Nell’ edizione 2019 il Premio Speciale è andato al giapponese Haruki Murakami. Nelle precedenti edizioni, è stato vinto da António Lobo Antunes (Portogallo; Feltrinelli) nel 2018; Ian McEwan (Inghilterra; Einaudi) nel 2017; Amos Oz (Israele; Feltrinelli) nel 2016; Javier Marías (Spagna; Einaudi) nel 2015; Martin Amis (Gran Bretagna; Einaudi) nel 2014; Alberto Arbasino nel 2013 (Adelphi); Patrick Modiano (Francia – Premio Nobel 2014; Guanda e Einaudi) nel 2012; Enrique Vila-Matas (Spagna; Feltrinelli) nel 2011.

 

Per info: Fondazione Bottari Lattes, via Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/7892412 o www.fondazionebottarilattes.it

 

g.m.

 

Nelle foto
– Caterina Bottari Lattes e Gian Luigi Beccaria consegnano Premio a Antònio Lobo Antunes (2018)
– Esterni Fondazione Bottari Lattes a Monforte d’Alba

Un libro per Natale e …réclame d’antan

Dal 14 dicembre al Centro Studi Piemontesi

Un libro per Natale è l’invito che da anni il Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis rivolge ai Soci e agli amici perché pensino per i loro regali di Natale ai libri: silenziosi preziosi discreti “doni” che accompagneranno tutto l’anno la persona che li riceve. Anche quest’anno, a chiusura delle iniziative per i 50 anni di fondazione, sarà allestita nella rinnovata sede di via Ottavio Revel 15 a Torino, dal 14 al 23 dicembre, l’esposizione delle pubblicazioni – novità e di catalogo – del Centro insieme ad altri libri sul Piemonte di non facile reperibilità nelle librerie.

Accanto a Un libro per Natale, il Centro Studi Piemontesi ospita, per la serie delle “Piccole mostre”, l’esposizione Celebri réclame di latta e di ceramica: dal vermut agli antichi Caffè del Piemonte: una selezione di oggetti pubblicitari dalle raccolte di Silvie Mola di Nomaglio.  Alcuni evocano pubblicità indimenticabili, come la scatola di Pavesini di ceramica con Topo Gigio, altri  memorabili e suggestivi ma ormai dimenticati, come il faccione gaudente dell’Aperitivo Rossi, altri ancora, specialmente rappresentati da antiche scatole di latta, guidano lungo un breve e suggestivo viaggio a ritroso, scandito da documenti quasi inediti, attraverso il Piemonte delle pasticcerie e dei caffè eleganti del tardo Ottocento e del primo Novecento, solo alcuni dei quali sopravvissuti.

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DoveCentro Studi Piemontesi, via Revel 15 Torino

Quandodal 14 al 23 dicembre 2019

Orari:  Le mostre proseguiranno fino al 23 dicembre, orario 9-12; 15-18; sabato 21 dicembre apertura con orario continuato 10-18. Chiuso la domenica

Info: tel. 011/537486; info@studipiemontesi.itwww.studipiemontesi.it

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Nella foto grande:

Mezzaluna con bottiglia di aperitivo Rossi

Gesso dipinto (circa 1930-1940)

L’arte di morire ridendo

Ottanta minuti di comicità e commozione

FINO AL 6 GENNAIO 2020 AL TEATRO GOBETTI

 

Martedì 17 dicembre 2019 ha debuttato al Teatro Gobetti L’ARTE DI MORIRE RIDENDO di Paolo Nani, con lo stesso Nani affiancato da Thomas Bentin.

Prodotto dal Teatro Filodrammatici di Milano, lo spettacolo resterà in scena al Teatro Gobetti per la stagione in Abbonamento del Teatro Stabile fino a lunedì 6 gennaio 2020.

La fine è nota. Raccontare la vita attraverso il suo momento fatale: la dipartita. Dopo il travolgente successo de La lettera, Paolo Nani torna con L’arte di morire ridendo, trionfo europeo, vincitore del ComedyArts Festival di Moers, acclamato al London Mime Festival. Ottanta minuti di comicità e commozione. Un testo senza parole.

Un’altalena di emozioni per uno spettacolo in miracoloso equilibrio tra lacrime e risate.

Al fianco di Nani, l’attore, ballerino e coreografo Thomas Bentin. La storia è quella di una coppia di clown, un duo di grandi attori al culmine della carriera, impegnati in una tournée. Improvvisamente uno di loro apprende che è malato e gli resta poco da vivere. Cosa succede? Come muore un clown? Come fa ad andarsene dignitosamente, nel bel mezzo di una tournée, senza disturbare troppo chi gli sta attorno e ciò che ogni sera va in scena? Quando non resta nulla da perdere è il momento di godersi il “qui e ora” come mai si è fatto prima.

Ma nel fantastico mistero della “vita prima della morte” niente, soprattutto in teatro, va come dovrebbe. Tra gag in puro slapstick e momenti di tenerezza, davanti e dietro il sipario, i due vivono la loro quotidianità di attori, amici e concorrenti, sempre pronti a rubare l’uno all’altro un applauso in più. Una allegra rivalità-complicità fatta di esilaranti schermaglie. Uno spettacolo delicato e intelligente che attraverso l’arte della clownerie esplora il grande, terrificante tabù della morte che tutti noi dobbiamo affrontare, ma che scegliamo di ignorare.

Maria La Barbera

Teatro: Gobetti – via Rossini 8, Torino

Orari degli spettacoli: martedì 17, giovedì 19 e sabato 21 dicembre 2019, ore 19.30; mercoledì 18 e venerdì 19 dicembre, ore 20.45; domenica 22 dicembre, ore 15.30. 

Variazioni di orario durante le Feste:

Recite: martedì 24 dicembre e mercoledì 25 dicembre 2019, riposo; giovedì 26 dicembre, ore 15.30.

venerdì 27 dicembre, ore 20.45; sabato 28 dicembre, ore 19.30; domenica 29 dicembre, ore 15.30. Lunedì 30 dicembre, riposo; martedì 31 dicembre, ore 20.45. Mercoledì 1 gennaio 2020 ore 15.30, giovedì 2 gennaio, ore 19.30; venerdì 3 gennaio, ore 20.45; sabato 4 gennaio, ore 19.30; domenica 5 gennaio, ore 15.30. Lunedì 6 gennaio, ore 15.30.

La recita del 31 dicembre 2019 è programmata alle ore 20.45 (fuori abbonamento).

Il 31 dicembre, al termine dello spettacolo, saranno offerti al pubblico nel foyer del Gobetti un calice di bollicine con il panettone o il pandoro Stratta.

Biglietteria del Teatro Stabile di Torino | Teatro Gobetti (Via Rossini 8, Torino)

Telefono 011 5169555

Apertura biglietteria a partire da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.

 

L’Archivio di Rosario Scalero ora è tutto italiano

I 150 anni dalla nascita del compositore piemontese saranno celebrati con un convegno e una serie di eventi, primo dei quali il concerto di Domenica 22 dicembre a Montestrutto.

 

L’Italia è un Paese che sembra abdicare ogni giorno di più dal suo ruolo di custode di un immenso patrimonio culturale: basti pensare alle ingentissime perdite registrate a Venezia nelle ultime settimane. Eppure, anche in uno scenario per molti aspetti desolante, resta ancora qualche bella notizia da raccontare.

Come quella del prezioso Archivio Scalero, la cui acquisizione è stata appena completata dall’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte di Torino, il cui Centro di ricerca e documentazione ha sede a Saluzzo. Un processo lungo, avviato nel 2005 con il deposito presso la Biblioteca dell’Istituto del materiale prima conservato presso il Castello di Montestrutto (TO), e conclusosi nel settembre scorso con la donazione del fondo “Monique Arnoldi de Ruette”, precedentemente conservato a Lavall, in Quebec.

Si tratta di centinaia di lettere, fotografie, partiture autografe appartenute al compositore moncalierese Rosario Scalero (1870-1954), finora custodite dai suoi eredi Maxime e Dominique Arnoldi (in Canada) e  Monique de Ruette Arnoldi (a Montestrutto).

Un archivio, finalmente riunito, che è innanzitutto un grande giacimento di storie. Quelle di un tempo in cui tra i boschi del Canavese nasceva la migliore musica del mondo; di un’epoca in cui, sul piroscafo dei migranti italiani diretto in America, era possibile imbattersi nel leggendario tenore Enrico Caruso.

Ma che è anche un’insostituibile fonte di materiali inediti messi a disposizione degli studiosi, soprattutto in vista delle celebrazioni per i 150 anni dalla nascita del compositore, che culmineranno con un importante Convegno in collaborazione con il Conservatorio “G.Verdi” di Torino l’11 e 12 giugno 2020 e con un concerto del Trio Il Furibondo su musiche di Rosario Scalero e dei suoi allievi Clermont Pépin e Riccardo Luciani.

Il primo appuntamento legato all’anniversario sarà però un Concerto di Natale dedicato a Scalero e ai compositori canavesani a cura di Antonio e Lee Mosca, in programma domenica 22 dicembre 2019 a Montestrutto, frazione di Settimo Vittone.

Un luogo e un momento dell’anno scelti non casualmente: proprio nel castello neogotico di Montestrutto Scalero si spense la notte di Natale del 1954, dopo aver trascorso gli anni della maturità nel suggestivo borgo canavesano. Il suo violino, celebre per la qualità del suono, passò agli eredi e da questi proprio ai coniugi Mosca, vicini all’ultima discendente Monique de Ruette Arnoldi. In occasione dell’anniversario il prezioso strumento sarà donato al Conservatorio G.Verdi di Torino, con quello che Antonio Mosca ha definito «un atto doveroso per contribuire a rivalutare un grande musicista e compositore».

Quella di Scalero è in effetti una figura un po’ dimenticata nel nostro paese, nonostante gli sforzi di studiosi come Alberto Basso e dello stesso Antonio Mosca, che già nel 2004 hanno promosso un convegno per i cinquant’anni dalla morte, cui sono seguiti la pubblicazione degli atti (2005) e numerose iniziative, concerti e spettacoli.

Lee e Antonio Mosca

 

 

L’Italia, d’altronde, non si dimostrò mai troppo benevola con Scalero, che in vita ebbe un’enorme successo all’estero – negli Stati Uniti in particolare – e un’accoglienza sempre tiepida nel paese d’origine. Formatosi come violinista prima al Liceo Musicale di Torino, poi a Genova con Camillo Sivori, unico allievo di Paganini, prese la via dell’estero per perfezionarsi. Dopo un’esperienza a Londra giunse a Vienna, dove sotto la guida di Eusebius Mandyczewsk mise da parte la carriera violinistica (fino a quel momento sfolgorante) per dedicarsi a tempo pieno alla composizione.

Mentre Roma, dove era tornato per fondare la Società del Quartetto, gli dimostrava una certa ostilità, a Lipsia la più antica e prestigiosa casa editrice musicale del mondo, Breitkopf & Härtel, acquistava i diritti delle sue composizioni per la stessa astronomica cifra offerta a Jean Sibelius. Mentre in Italia solo Giovanni SgambatiArturo Toscanini e pochi altri sembravano credere nel suo talento, giungeva dagli Stati Uniti la chiamata come docente alla Mannes School di New York.

É il 1919 quando Scalero si imbarca per il lungo viaggio su un piroscafo verso la Grande Mela. Le lettere scritte durante il viaggio – conservate nell’archivio – sono una preziosa testimonianza del fenomeno migratorio dell’epoca, e le fotografie scattate e a bordo – anch’esse ora raccolte a Saluzzo – raccontano di una traversata trascorsa con la piacevole compagnia di Giulio Setti, maestro del coro del Metropolitan Opera House, e del celebre tenore Enrico Caruso. Sono quelli gli anni in cui gli Stati Uniti si andavano affermando come culla della grande musica internazionale.

Dopo l’esperienza a New York, nel 1924 Scalero passò a insegnare composizione nella più importante scuola americana, il Curtis Institute di Philadelphia. Qui ebbe, come allievi devoti, alcuni dei compositori destinati a segnare la storia della musica del Novecento: Gian Carlo MenottiNino RotaSamuel Barber. Questi, i prediletti, seguivano il maestro anche durante i periodi di villeggiatura estiva, trascorsi da Scalero tra Gressoney e il Castello di Montestrutto, acquistato in età matura.

Chi conosce e ama il Canavese non può fare a meno di emozionarsi nel leggere di questi giovani talenti che attraversano l’oceano per prendere alloggio ad Andrate, che nei pomeriggi assolati salgono a piedi al castello per suonare, o passeggiano nei boschi in compagnia di Scalero discutendo di teoria musicale. E proprio la rete di relazioni artistiche e intellettuali di Scalero, dalla giovanile corrispondenza con l’amico Leone Sinigaglia fino allo stretto rapporto con personaggi del calibro di Luigi Salvatorelli e dei più grandi musicisti del tempo, è uno dei temi più interessanti dell’archivio finalmente riunito dall’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte.

L’amore non ricambiato per l’Italia rimase sempre vivo in Rosario Scalero, che ancora nel 1932 propose a Torino, con il concorso dell’Orchestra Sinfonica dell’E.I.A.R., il suo poema sinfonico “La Divina Foresta”. Ebbe anche questa volta una tiepida accoglienza, ben lontana da quello straordinario successo che la stessa composizione ebbe a Philadelphia nel 1940.

Con l’esplodere della fama dei suoi allievi, con cui condivise la creazione e la gioia dei primi trionfi, Scalero cominciò ad essere celebrato più come maestro che come compositore.

Poi, dopo la sua morte, finì per essere dimenticato.

Monique de Ruette Arnoldi in primo piano con i figli Maxime e Dominque Arnoldi

 

 

 

Una prima riscoperta della sua figura si deve a Chiara Marola, violinista eporediese che nei primi anni Duemila si imbatté per caso nell’archivio del Castello di Montestrutto, stringendo amicizia con l’allora proprietaria, erede del compositore. Da questo incontro fortuito nascerà una tesi di laurea (Università di Torino, 2004, rel. Paolo Gallarati) cui Chiara Marola darà seguito con un periodo di ricerca in Canada e una serie di pubblicazioni. È anche grazie all’impegno di questa musicologa che oggi l’intero patrimonio documentario è consultabile a Saluzzo, risultato per nulla scontato visto l’interessamento all’acquisizione da parte di vari enti internazionali.

Chiara Marola

E chissà che l’archivio non diventi lo strumento per ricostruire il talento compositivo di Rosario Scalero restituendo luce alle sue creazioni.

Forse l’averlo portato e reso disponibile in Italia è un meritato omaggio postumo da parte di un paese che gli fu sempre avaro di soddisfazioni.

 

CONCERTO DI NATALE
Aspettando i 150 anni della nascita di Rosario Scalero
22 dicembre 2019
Ore 18, Salone Pluriuso, Montestrutto
Con il Patrocinio dellIstituto per i Beni Musicali in Piemonte
Presentazione a cura di Chiara Marola

Il concerto sarà preceduto da una Messa con interventi musicali, ore 17 presso la Chiesa di Montestrutto

Rinascimento! I futuri del lavoro

Neutopia Magazine e menelique  presentano l’evento: Rinascimento! I futuri del lavoro

Mostra / talk / musica / poesia Giovedì 19 Dicembre 2019 Tortuga, Corso Belgio, 18 Torino

IL PROGRAMMA

? H. 19:00 ➸ Vernissage mostra “Città ideali e città concrete”
Opere di Ernesto Fava, Alessandro Chetta, Sara Andrini, Amalia Fucarino
A cura di Mina Calissano

? H. 20:30 ➸ Presentazione “Rinascimento!” e “I Futuri del lavoro”
Intervengono: Davide Galipò – Direttore editoriale Neutopia Magazine
Francesco Terzago – Redattore #Aleph
Giovanni Tateo – Direttore editoriale menelique
Leandra Verrilli – Capo redattrice #After_After

? H. 21:30 ➸ Reading poetico con musica
Visual di Alberto Cittone
Con Chiara De Cillis, Alma Spina, Elena Cappai Bonanni, Ivan Fassio, Gianni Milano
(A seguire, Open mic)

? H. 22:00 ➸ Live Concert
#Poesie_Per_La_Dora, Willow Spellbinder (Spoken Word/Elettronica), MPC Family (Rap)

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Ingresso Up to you

Per info e prenotazioni: 393 4495382

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Nubivaghi e umbratili
come cani randagi i figli della percezione
errano  nella citta’ della parresia
contro la pervicacia
dell’impasse culturale odierno_
trattasi di ri-generazione:
neutopica o distopica?

Digital umanity, di Ernesto Fava,
riproduce con lampeggiante violenza
caotiche aggregazioni urbane,
esplosioni a led in spazi lontani
di deliranti frenesie umane
e allineamenti iperuranici_

E mentre il mistero della Terra
e’ annichilito dagli umani satelliti,
il Documentario sul paesaggio
di Alessandro Chetta
ricuce porzioni di panorami terrestri
visti da primitivi occhi lunari
memori di prime magiche mitologie_

Amalia Fucarino passeggia a piedi scalzi
sul tempo di un tempio,
raccoglie reperti materici
di un nonluogo del futuro remoto,
componenti dell’utopia primordiale
di un antichissimo futuro:
il paradosso dell’ideale
e’ andato e sara’ perduto_

Quelle di Sara Andrini sono
sovrapposizioni di plastiche
e patologiche umanita’
che diluite vengono fagocitate
dai tratti impostati e imponenti
della caotica e inglobante urbe_
Impossibile, disumano,
il distacco mente/artificio_

I ri-produzioni di cy-tone
catalizzano la retina umana
seducono l’udito
e ipnotizzano i codici neurali:
l’artificio digitale intelligente
assume le sembianze umane
simulando una coscienza autogenerata
che affascina, incanta ed ammalia
il riflesso da cui prende forma_
Narcisismo o utopia di potenza?

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Mina Calissano