CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 550

Luci, voci e colori di “Novembre”

Le poesie di Massimiliano Giannocco sono state pubblicate per i tipi di Europa Edizioni.

Il libro, intitolato “Novembre” a ricordo del mese di nascita del Poeta e disponibile su carta stampata e in formato e-book, contiene anche alcune poesie già pubblicate in precedenza. L’attuale raccolta di poesie è coerente con i “baluginii” che caratterizzano tutte le opere poetiche di Giannocco, un Poeta che ci fa scoprire, in modo accattivante, il suo variegato mondo fatto di nobili sentimenti, di paesaggi, di colori, di odori, di luci e di voci.

Queste ultime, le voci, accompagnano, come una colonna sonora, sentimenti e visioni tratteggiati con sapiente scrittura. Dalla “pioggia che bussa sui muri” alla grandine sul “vetro ferito di una finestra sul tetto, dalle “urla del mare” all’ondeggiare “delle dita sul vibrante pianoforte”, fino al “grido costante soffocante delle cicale nel meriggio d’estate”. È sempre difficile commentare un libro di poesie perché la poesia è come la musica che commuove ed emoziona in modo indescrivibile. Così, i pensieri e i sentimenti profondi del Poeta pulsano come i battiti del cuore. Giannocco tocca delle note che si spingono fino alla descrizione, in modo mirabile, di una coinvolgente “estasi” e di una bellissima “Venere all’alba”. E non manca di parlare del suo “timore di creare” e della sua timidezza. Ho il privilegio di essere amico di Massimiliano e di conoscere da vicino una buona parte del suo mondo. Un mondo nel quale intravedo tante esperienze (e preferenze) comuni. Ecco perché non vado oltre a queste mie brevi considerazioni. Mi limito a concludere con un cenno alla sua bella composizione che parla della “gustosa passione” di fumare il sigaro toscano. Il fumo e il singolare profumo dell’antico toscano mi hanno accompagnato a lungo, fin da bambino perché lo fumava anche mio Nonno.

Antonio Pileggi

Marcore’ e Tirabassi girano “Tutto qua” a Torino e nell’Astigiano

Con Marcorè e Tirabassi il cinema non si ferma nonostante tutto e riparte da Torino e dall’astigiano

Nel capoluogo piemontese sono infatti cominciate le riprese di “Tutto qua”, il nuovo film musicale e nostalgico di Davide Ferrario, produzione Lumiere con Rai Cinema, che racconta la storia di un gruppo di amici che negli anni Settanta avevano messo in piedi una band, tutti uniti da una grande passione per la musica. La band “The boys” ebbe, a quell’epoca, grande successo con un disco. Nella loro routine quotidiana, tra vicende amorose e familiari, fa irruzione una nuova possibilità per tornare al professionismo ma gli amici del gruppo dovranno fare i conti con i sogni e le ambizioni del tempo passato e la realtà odierna. Al fianco di Neri Marcorè e Giorgio Tirabassi figurano anche Marco Paolini e Giovanni Storti. Le riprese dureranno fino a metà dicembre. Il film viene girato a Torino e in altre località del Piemonte. Una delle prime scene del film è stata girata sulle colline del basso monferrato astigiano, nel paese di Schierano di Passerano Marmorito, a pochi chilometri da Castelnuovo don Bosco e dall’abbazia di Vezzolano.

“Al di là del film in sé, iniziarne le riprese tra ottobre e novembre con un nuovo lockdown, ha chiaramente un significato simbolico, osserva il regista Davide Ferrario, il cinema deve andare avanti con tutte le precauzioni del caso, con le mascherine e con il rispetto di tutte le altre regole, ma non può fermarsi”. Il film è prodotto da Lionello Cerri e Cristiana Mainardi, la colonna sonora e le canzoni dei “The Boys” sono scritte ed eseguite da Mauro Pagani.

Filippo Re

Cultura in diretta streaming al Centro Congressi UI

 

UNO SPETTACOLO D’AUTUNNO – II SERIE
Lunedì 9 novembre, eccezionalmente alle ore 18.00 in diretta streaming sul canale Facebook del Centro Congressi e sul sito www.ccui.it, Giuseppe Salvaggiulo – giornalista e scrittore – con la professoressa Elsa Fornero, presenterà “Io sono il potere” edito da Feltrinelli. Modera il giornalista Luigi La Spina.
Nel tempo delle dirette social, dei leader iperconnessi, della comunicazione come sostituzione dell’ideologia, c’è un angolo del potere che resta sconosciuto, evocato talvolta ma inaccessibile nei suoi meccanismi. La giuntura che lega le grandi burocrazie pubbliche alla classe politica. I politici vorrebbero e provano, in ogni stagione, a farne a meno. Ma non riescono a emanciparsene perché non possono. Una burocrazia ostile, o semplicemente non collaborativa, è in grado di impedire, confondere, rallentare qualsiasi decisione. In Italia la selezione dei capi di gabinetto avviene attraverso canali diversi di cooptazione. Ci sono i magistrati del Consiglio di Stato. Quelli della Corte dei conti. I professori universitari. I funzionari parlamentari. I burocrati di carriera, che agivano per decenni nelle pubbliche amministrazioni. Ciascuna categoria ha un suo codice di comportamento, regole di affiliazione, baronie, gelosie, ritualità, scandali, ricatti, mele marce, figure leggendarie. Ogni stagione segna una diversa forma di convivenza tra politica e burocrazia. Dalla Prima Repubblica a Berlusconi, da Renzi ai grillini. La connivenza e la lusinga si alternano alle epurazioni e alle minacce. Ma questo accade sulla scena pubblica. Sotto traccia va in scena uno spettacolo diverso. Fatto di relazioni, alleanze, trasversalismi, compromessi. E continuità. Questo libro raccoglie sotto forma di diario-confessione la testimonianza di un ‘grand commis’ che ha lavorato per diversi ministri di diverso colore politico.

MARTEDI’ SERA – III SERIE
Il primo appuntamento del nuovo ciclo de I Martedì Sera digitali, martedì 10 novembre in diretta streaming alle ore 18.00, vedrà protagonisti due figure di spicco del mondo economico e di quello giornalistico. Carlo Cottarelli, economista e editorialista italiano, si troverà a dialogare con Marco Zatterin, giornalista specializzato in temi economici e vicedirettore de La Stampa, in un incontro virtuale dal titolo “Va tutto bene?”.
Il titolo introduce un tema centrale in questo periodo, caratterizzato dalla difficoltà – sia a livello nazionale sia a livello internazionale, a ridosso delle elezioni americane – di poter prevedere il nostro futuro e il nostro destino, tanto in campo sanitario quanto economico e occupazionale. Grande incertezza caratterizza il nostro tempo, tanto da ritenere fondamentale l’intervento di esperti del settore che –pur non potendo cancellare i problemi – possono avere il grande potere di fare chiarezza.

“Compagni”, il libro in cui rivive la storia dei Pajetta

“Come si poteva tenere vivo nel ricordo quel mondo di persone generose, attive che avevano ispirato la loro vita a ideali forti e vi erano rimaste sempre coerenti?”

S’intitola “Compagni” il libro scritto da Elvira Pajetta , pubblicato dall’editore Macchione. Il racconto di una “giovinezza tenace” e coraggiosa, vissuta nel desiderio di una libertànegata dal fascismo e nell’impegno politico comunista, un riferimento ideale mai venuto meno nella famiglia Pajetta e incarnato nei giovani Gian Carlo, Giuliano e Gaspare, i tre figli di Elvira Berrini (la nonna dell’autrice) e Carlo Pajetta, avvocato del banco San Paolo di Torino, emarginato per non aver voluto prendere la tessera del Partito nazionale fascista. A loro si aggiunge il ritratto, al tempo stesso forte e delicato, della madre di Elvira, Claudia Banchieri. “ Come si poteva tenere vivo nel ricordo quel mondo di persone generose, attive che avevano ispirato la loro vita a ideali forti e vi erano rimaste sempre coerenti?”, scrive Elvira Pajetta. Aggiungendo: “Questi fogli rappresentano i giorni di un calendario che per me era necessario comporre”.Quella raccontata in “Compagni” è una storia intima e pubblica allo stesso tempo che si gioca su più scenari. Sullo sfondo ci sono la Francia, pronta ad accogliere i tanti rifugiati politici italiani, la guerra civile in Spagna, l‘Unione Sovietica e l‘Italia di Benito Mussolini. Una storia che in parte si svolge anche a Taino, in provincia di Varese, sulla sponda lombarda del lago Maggiore, dove Elvira Berrini e Carlo Pajetta hanno abitato fin dagli anni ’20 e luogo che terrà a battesimo la militanza comunista dell’adolescente Giuliano. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale mise a dura prova i destini dei giovani Pajetta. Giuliano ,che si trovava Oltralpe, venne arrestato dai gendarmi francesi e trasferito, dopo la condanna, al carcere di Nimes da dove evase con un’azione degna di un romanzo di Dumas.

La figlia Elvira ripercorre molti anni dopo lo stesso cammino fatto dal padre verso l’Italia, un vero pellegrinaggio dove antiche ferite si riaprono per far scorrere la storia. Gaspare e il cugino Piero ( Nedo) cadono in combattimento: il primo il 13 febbraio del ’44 , al Cortavolo di Megolo, con altri undici partigiani guidati dal Capitano Beltrami ; il secondo un mese dopo in uno scontro in montagna con i fascisti. A sua volta Giuliano, dopo essere rientrato in Italia per partecipare alla Resistenza, conoscerà sia il carcere di San Vittore che il lager di Mauthausen, dove verranno internati migliaia di italiani.Nel racconto di Elvira c’è posto anche per molto altro: la felicità del 25 Aprile, giorno della liberazione dall’occupazione nazifascista, l’impegno di Giuliano Pajetta e del figlio Gian Carlo nel Pci del dopoguerraaccanto a Enrico Berlinguer, i rapporti con l’Urss, i fatti tragici di Ungheria, i ricordi di Roma e Firenze. Belle foto, in parte inedite, e un nutrito numero di documenti testimoniano tutti questi passaggi pubblici e privati. Un lavoro lungo, non facile, durato ben otto anni. “Negli ultimi anni tutto il mio mondo si era modificato”, dice Elvira Pajetta. “ Molte cose erano sparite del tutto e molte avevano cambiato posto o dimensione. Mio padre Giulianoera morto nel 1988. Il muro di Berlino, smantellato nell’anno successivo, era diventato un monumento alla Germania unificata. Il Partito Comunista Italiano, dove avevo abitato da sempre, aveva cambiato nome e ora avrebbe dovuto cambiare forma. Mi rendevo conto, certo, che da vent’anni le crepe nei muri di “casa mia” erano diventate sempre più visibili. La mia famiglia, “I Pajetta”, non era più quella che, come in un disegno infantile, mi ero tenuta dentro per tanto tempo: mia nonna Elvira e i suoi tre figli, Giancarlo, Giuliano e Gaspare, i comunisti. Raccontarla era necessario”.

 

Marco Travaglini

Paratissima continua online

Nonostante la chiusura degli spazi dell’ARTiglieria Contemporary Art Center di Torino, in seguito alle nuove misure previste dal Dpcm del 3 novembre per fronteggiare l’emergenza epidemiologica, Paratissima non si ferma e continua online.

Nell’Art Gallery (artgallery.paratissima.it), la galleria d’arte contemporanea virtuale di Paratissima, sono infatti visibili tutte le opere esposte a “Nice & Fair – Contemporary Visions”, la prima “fermata” dell’edizione 2020 dedicata alle arti visive. Tutte le opere possono essere acquistate con un click. Oltre all’Art Gallery sono sfogliabili online anche le opere di Paratissima Art Production, la nuova casa di produzione per artisti e creativi emergenti che propone “multipli d’arte” in edizione limitata. Infine, in anteprima, online, si possono anche scoprire le sculture e i video selezionati per il progetto espositivo “Green iDeal”, curato da Paratissima in collaborazione con il Politecnico di Torino per la Biennale Tecnologia. Le opere utilizzano la tecnologia e il digitale come principale mezzo espressivo e hanno come tematica di riferimento la sostenibilità ambientale ad evidenziare lo stretto connubio esistente tra l’arte contemporanea e la dimensione tecnologica e digitale come mezzo di espressione.

Gli uffici di Paratissima resteranno aperti per informazioni e gli appuntamenti di Paratissima Art Station in calendario saranno riprogrammati.

 

 

Paratissima è organizzata da PRS. La direzione artistica è di Francesca Canfora. È realizzata con il supporto di CDP Investimenti SGR, società del Gruppo Cassa depositi e prestiti, il contributo di Fondazione Compagnia di San Paolo e il patrocinio della Città di Torino.

Scolpire le storie

MONUMENTI. SCOLPIRE LE STORIE. MEMORIE E MEMORIALI

Terza conferenza del ciclo a cura del prof. Giovanni C.F. Villa

lunedì 9 novembre, inizio ore 17.30

conferenza online

Interverrà Paola Gribaudo, presidente dell’Accademia Albertina

Partecipazione gratuita, prenotazione obbligatoria.

 

Prenota ora al link

http://newsletter.siat.torino.it/_eventi/?Message=Reservation&ID_evento=2020_09_conferenza3%20Villa

 

Ai prenotati verranno inviate le istruzioni per accedere al webinar

Arteam Cup 2020, i finalisti torinesi

Gli artisti torinesi Elisa Baldissera (Torino, 1984), Diego Dutto (Torino, 1975), Sofia Fresia (Genova, 1992 – vive e lavora a Torino) e Silvia Margaria (Savigliano, Cuneo, 1985 – vive e lavora a Torino) sono finalisti ad Arteam Cup 2020, il concorso nazionale ideato dall’Associazione Culturale Arteam di Albissola Marina (SV), giunto alla sesta edizione.

Le loro opere saranno esposte fino al 5 dicembre 2020 alla Fondazione Dino Zoli di Forlì.

Curata da Matteo Galbiati, Livia Savorelli e Nadia Stefanel, la mostra presenta i lavori dei 60 artisti finalisti individuati, tra i tanti partecipanti, da una giuria professionale composta da Marina Dacci (curatrice e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Palazzo Magnani), Matteo Galbiati (critico d’arte e docente, Direttore web Espoarte e membro interno di Arteam), Lorenzo Madaro (curatore d’arte contemporanea e docente), Raffaele Quattrone (sociologo e curatore d’arte contemporanea), Leonardo Regano (storico dell’arte, critico e curatore indipendente), Livia Savorelli (Direttore Editoriale Espoarte) e Nadia Stefanel (direttrice della Fondazione Dino Zoli di Forlì, Cultural e Communication Manager per Dino Zoli Group).

La premiazione si terrà sabato 5 dicembre presso la Fondazione Dino Zoli. La commissione giudicatrice individuerà i tre vincitori di categoria (Pittura, Scultura e Fotografia), tra i quali verrà decretato il vincitore assoluto di Arteam Cup 2020.

Storie di vita nel mondo bizantino del generale Alexios

Gli assedi, le guerre civili, la conquista del trono, ma anche drammi umani e profonde introspezioni personali sono gli elementi principali attorno ai quali ruotano i protagonisti della storia de “L’usurpatore”

Il nuovo romanzo è stato ideato dallo scrittore e studioso di storia bizantina Emanuele Rizzardi, 30 anni. Il giovane scrittore proviene e vive a Legnano, un piccolo paese vicino a Milano, dove il 29 maggio 1176 si svolse la famosa battaglia tra Lega Lombarda e Sacro Romano Impero, sotto Federico Barbarossa.

“L’usurpatore” è molto diverso dal precedente lavoro del Rizzardi: si concentra in un arco temporale ristretto e si sviluppa come una lunga epistola scritta in prima persona dal protagonista. Il narratore è parziale e ben presente nella narrazione, riuscendo immediatamente a farci catapultare in un mondo così distante, ma al contempo così vicino al nostro. Il romanzo che si concentra sul generale bizantino Alexios Philanthropinos e sulla sua guerra contro i turchi alla fine del XIII secolo. “Alexios è una personalità multidimensionale e un uomo molto intelligente,  – commenta l’autore – che ha superato gli standard del suo tempo e, naturalmente, uno dei miei generali bizantini più amati. Vale la pena raccontare la sua storia; è anche un modo per presentare la difficile posizione in cui erano caduti a quel tempo i romani (di Bisanzio), respinti dai turchi sulla costa, ma anche l’ascesa del sultanato ottomano. C’è una grande connessione con il mondo di oggi e la situazione geopolitica”. “L’usurpatore” è un titolo scorrevole che si legge in una volata, ma che tratta temi non facili, spesso esposti in modo crudo e vivido, aprendo una finestra sulle difficoltà della vita e sui dubbi psicologici di chi viveva nel Medioevo. Il testo è edito da Assobyz ed è reperibile in formato digitale o cartaceo.

Il MAO incontra la “street art”

“MAO meets URBAN ART”. Dal 28 ottobre al 31 gennaio 2021

“Museofobi” o “Museofili”? Il dilemma è ancora forte. E ciò nonostante  larte urbana” o “street art” (da non confondersi, come sottolineava l’americano John Fekner, fra i pionieri di quest’arte, con il “graffitismo” o “writing”) sia ormai da circa cinquant’anni un fenomeno artistico ampiamente consolidato e altrettanto ampiamente apprezzato.

Giusto o no aprire le porte di un museo agli “street artists”? Questo il dilemma. Porte aperte o no? Fra i “museofobi” (il più agguerrito in Italiaè il famoso Blu, segnalato dal “Guardian” come uno dei dieci migliori “artisti urbani” in circolazione) e i “museofili” – categorie così battezzate da Francesca Iannelli, docente all’Università di Roma Tre – il MAO-Museo d’Arte Orientale di Torino è sicuramente schierato nel gruppone dei secondi. Ne è chiara prova il fatto che, in occasione della mostra “China Goes Urban” attualmente in corso (che intende approfondire e interrogarsi sulle sfide lanciate dalle “new town” cinesi, e non solo, a seguito dei loro frenetici processi di espansione urbana), ha  avuto la bella idea di chiedere a quattro artisti di strada torinesi di proporre dei “murales” ispirati a opere, temi e soggetti presenti nelle collezioni permanenti del Museo di via San Domenico. Promotore e curatore del progetto, “MAO meets URBAN ART”, il fotografo Roberto Cortese dell’Archivio Storico della Città di Torino e quattro gli artisti che hanno risposto all’invito e che si susseguiranno nella sala polifunzionale del Museo per lavorare e “popolare gradualmente le pareti” con segni e colori di artistica contemporaneità,alla presenza del pubblico. Ad aprire la manifestazione, il 28 e il 29 ottobre scorsi, è stato Karim, classe ’84, “street artist” dalla fine degli anni Novanta quando inizia a collaborare con il progetto “Murarte” di Torino e  oggi presidente dell’associazione culturale “Artefatti”; sua la copia perfetta di ampio gesto segnico e vigore cromatico di “Jizo” o meglio “Jizo Bosatsu”, popolare divinità del Buddhismo giapponese, cui si affidava la protezione dei viaggiatori e dei bambini non nati.

Dopo di lui, il 12 e il 13 novembre sarà la volta di Nice and the Fox (al secolo Francesca Nigra, rivolese, classe ’86,specializzata nell’arte del ritratto “utilizzato come espediente comunicativo per esprimere idee, sensazioni e atmosfere”) seguita il 26 e il 27 novembre da ENCS 18, classe ’79, attivo sui muri di numerose città italiane e straniere, con figure umane o di animali, spesso unite a paesaggi di sfondo in un intreccio compositivo di particolare carica emozionale. A chiudere, il 10 e 11 dicembre, WASP, acronimo di “Writing And Sketching Projects”, crew nata nel 2007, attualmente formata da Edoardo Kucich, alias EddyOne, e Gabriele Guareschi, alias Ride, entrambi con esperienze precedenti nella scena graffiti-writing italiana e dal 2015 curiosi sperimentatori di tecniche e stili diversi dal tipico binomio puppet/lettering, alla ricerca di un linguaggionuovo e decisamente più personale. I visitatori potrannogratuitamente osservare gli artisti al lavoro (per  un massimo di dieci persone contemporaneamente e con una permanenza di 15 minuti) e ammirare  la nascita delle opere che, pennellata dopo pennellata, arriveranno a coprire l’intera superficie delle tele. Scrive Roberto Cortese: Negli ultimi decenni il fenomeno dell’arte urbana ha catturato l’attenzione non soltanto degli addetti ai lavori, degli appassionati o dei media, ma anche delle grandi imprese, interessate per lo più a inglobare all’interno del ‘mainstream’ (di conseguenza sterilizzandone il principio), ogni forma di comunicazione a proprio uso e consumo.


L’idea di fondo di questo progetto, che vede quattro artisti puri della strada, è nata proprio per dissociarsi da questo pensiero: un ritorno alle origini, un ritorno all’arte più antica, nello specifico all’antica arte orientale che incontra l’arte urbana
. Una volta concluse, le quattro opere rimarranno esposte al MAO fino a domenica 31 gennaio 2021.

Gianni Milani

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“MAO meets URBAN ART”

Mao-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; www.maotorino.it

Dal 28 ottobre al 31 gennaio 2021

Orari: giov. e ven. 12/19, sab. e dom. 10/19

 

Foto di Francesco Locuratolo

– Karim: “Jizo”
– Gli artisti partecipanti al progetto
– Karim al lavoro