CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 476

Intrecci barocchi (online)

RIPARTE IL 1° DICEMBRE

La stagione durerà fino al 27 dicembre

Dopo aver inaugurato la propria quarta edizione il 13 ottobre con il concerto Cantate, inserito nella programmazione della rassegna Back to Bach organizzata dall’Accademia Maghini, ed essere stata costretta a interrompersi bruscamente dalla recrudescenza della pandemia, Intrecci Barocchi riparte il 1° dicembre con una serie di undici concerti in streaming, che faranno compagnia ai numerosi appassionati del repertorio preromantico fino al 27 dicembre.

Le oggettive difficoltà derivanti dalla grave situazione sanitaria,hanno imposto una radicale revisione del cartellone e costretto le quattro associazioni organizzatrici, l’Academia Montis Regalis, l’Accademia Maghini, l’Accademia Corale Stefano Tempia e I Musici di Santa Pelagia, a lavorare freneticamente per produrre una serie di registrazioni di altissimo livello da diffondere sulle proprie pagine Facebook, prima tra tutte quella di Intrecci Barocchi, e sul canale YouTube di SoloClassica Channel. Come hanno sottolineato i responsabili di tutte e quattro le associazioni: «Si è trattato di una vera e propria corsa contro il tempo, che ci ha permesso di realizzare un programma estremamente variegato, che spazia dal repertorio sacro a quello profano, dal Seicento al Settecento, da opere vocali a lavori strumentali e da brani universalmente famosi ad altri virtualmente sconosciuti, nell’interpretazione non solo delle formazioni “di casa”, ma anche di alcuni dei migliori cantanti ed ensemble del panorama barocco italiano. In questo modo contiamo di raggiungere un pubblico molto più vasto, anche al di fuori del Piemonte. In effetti, questo potrebbe essere un passo avanti decisivo per far diventare Intrecci Barocchi una rassegna dal respiro realmente nazionale, in grado di portare – quando la pandemia sarà finalmente passata – i più acclamati interpreti del nostro paese».

Il programma comprende ben undici concerti della durata di circa 40 minuti, che verranno diffusi gratuitamente in streaming ogni martedì, giovedì e domenica alle 18.30 dal 1° al 27 dicembre e che, in seguito, potranno essere visti on demand in qualsiasi momento. «La registrazione di ogni concerto – afferma Piero Tirone, neopresidente della Stefano Tempia costituisce una valida testimonianza di un progetto molto ambizioso, che ha potuto contare sul concreto sostegno dell’Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte, della Compagnia di San Paolo e della Fondazione CRT e che, negli anni passati, si è concretizzato in due spettacolari coproduzioni che hanno visto uniti i nostri quattro ensemble corali e strumentali nell’esecuzione di due dei massimi capolavori della letteratura barocca come l’Oratorio di Natale di Johann Sebastian Bach e il Messiah di Georg Friedrich Händel».

La “ripartenza” vedrà protagonista il 1° dicembre, alle ore 18.30,il trio di strumenti originali Ensemble À l’Antica, formato dal flautista Luigi Lupo, dalla violinista Rossella Croce e dalla cembalista Anna Fontana, che presenterà da “Da Bach ai Bach”, una godibilissima silloge di opere scritte da Johann Sebastian Bach (Sonata in sol maggiore BWV 1038) e da tre dei suoi figli più famosi, Carl Philipp Emanuel (il “Bach di Berlino”), Johann Christoph Friedrich (il “Bach di Bückeburg”) e Johann Christian (il “Bach di Milano e di Londra”). Questo concerto rientra nella stagione dell’Accademia Corale Stefano Tempia ed è realizzato in collaborazione con il festival Back TO Bach.

Giovedì 3 dicembre sarà la volta di Giulio Sanna, violoncellista giovane, ma già affermato a livello internazionale, che eseguirà sul suo Andrea Castagneri del 1739 le Suite n. 1 e 5 per violoncello solo BWV 1007 e 1011 di Johann Sebastian Bach, due dei più insigni monumenti della letteratura solistica di tutti i tempi. Organizzato dall’Accademia Maghini, questo concerto rappresenta il terzo e ultimo appuntamento dell’integrale delle suites per violoncello solo del sommo Cantor lipsiense, iniziata due anni fa.

Di seguito riportiamo i programmi dettagliati dei primi due concerti e i dati essenziali degli altri nove.

Martedì 1° dicembre 2020 – ore 18.30

DA BACH AI BACH

Johann Sebastian Bach (1685-1750)

Sonata in sol maggiore per flauto traversiere, violino e basso continuo BWV 1038

Largo – Vivace – Adagio – Presto

Carl Philipp Emanuel Bach (1714-1788)

Duetto per flauto traversiere e violino Wq. 140/H.598

Andante – Allegro – Allegretto

Johann Christoph Friedrich Bach (1732-1795)

Sonata in do maggiore per flauto traversiere, violino e clavicembalo concertante

AllegroAndanteRondò. Allegretto

Johann Christian Bach (1735-1782)

Trio in sol maggiore per flauto traversiere, violino e basso continuo W Blnc 2

Allegro assaiLarghettoPresto

Ensemble À L’Antica

Luigi Lupo, flauto traversiere

Rossella Croce, violino

Anna Fontana, clavicembalo

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Giovedì 3 dicembre 2020 – ore 18.30

SUITES, TERZA TAPPA

Johann Sebastian Bach (1685-1750)

Suite n. 1 in sol maggiore per violoncello solo BWV 1007

Preludio – AllemandaCourante – Sarabande – Menuet I – Menuet II – Gigue

Suite n. 5 in do minore per violoncello solo BWV 1011

Preludio – AllemandaCourante – Sarabande. Gavotte I – Gavotte II – Gigue

Giulio Sanna, violoncello

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Prossimi concerti:

Domenica 6 dicembre 2020 – ore 18.30

“COMBATTA UN GENTIL CORE” – ARIE DA OPERE VENEZIANE

Opere di Benedetto Marcello, Antonio Vivaldi, Georg Friedrich Händel e Giuseppe Tartini

Lucia Cortese, soprano

Diego Cal, tromba barocca

Nicolò Dotti, oboe barocco

Matteo Anderlini, violino solista

Camerata Accademica

Paolo Faldi, direttore

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Martedì 8 dicembre 2020 – ore 18.30

WANDELN IN DER LIEBE

CAMMINARE NELL’AMORE

Opere di Johann Sebastian Bach e Georg Philipp Telemann

Natalie Lithwick, mezzosoprano

Ensemble cameristico dell’Academia Montis Regalis

Maurizio Fornero, clavicembalo e direzione

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Giovedì 10 dicembre 2020 – ore 18.30

GEORG PHILIPP TELEMANN

SONATE A DUE FLAUTI

Luigi Lupo, flauto traversiere

Pietro Berlanda, flauto traversiere

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Domenica 13 dicembre 2020 – ore 18.30

TAFELMUSIK

Opere di Isaac Posch e Heinrich Ignaz Franz Biber

Harmonicus Concentus

Gabriele Raspanti, violino e direzione

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Martedì 15 dicembre 2020 – ore 18.30

SORGEA DAL SEN DI LETE

Cantate di Giovanni Legrenzi

Mauro Borgioni, baritono

Ensemble Mvsica Perdvta

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Giovedì 17 dicembre 2020 – ore 18.30

OTTONI BAROCCHI

Opere di Gabrieli, Bach

Ensemble Canaveisan Brass

Maurizio Fornero, organo

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Domenica 19 dicembre 2020 – ore 18.30

UNA VIRTUOSA DEL SEICENTO

Opere di Barbara Strozzi

Lucia Cortese, soprano

Harmonicus Concentus

Gabriele Raspanti, violino e direzione

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Martedì 22 dicembre 2020 – ore 18.30

CUM JUBILO

Opere di Johann Sebastian Bach, Arcangelo Corelli e Franz XaverBrixi

Valentina Chirico, soprano

Massimo Lombardi, tenore

Matteo Cotti, organo

Academia Montis Regalis

I Musici di Santa Pelagia

Consort Maghini

Claudio Chiavazza, direttore

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Domenica 27 dicembre 2020 – ore 18.30

SALMI DAVIDICI

Opere di Benedetto Marcello

Gli Armonici della Serenissima

Ars captiva sui muri della città

A cura dell’Accademia Albertina / Sette manifesti progettati dagli studenti delle scuole a indirizzo artistico e della comunicazione per stimolare nei cittadini riflessioni legate ai concetti di libertà espressiva e creatività

Torino, 3-17 dicembre 2020

Tra le iniziative di Ars Captiva per l’anno in corso era centrale un workshop grafico
dedicato agli studenti dei corsi di Grafica e Comunicazione. Avrebbe coinvolto i
giovanissimi creativi nella progettazione di manifesti pensati per riflettere, insieme ai
cittadini torinesi, sulla difficile riemersione dalla pandemia. Per ragioni ormai a tutti
note, il laboratorio di ottobre è stato rinviato a tempi più sereni.

Ars Captiva ha deciso di essere comunque presente sui muri della città, con frammenti
significativi della propria storia e della propria visione, affidati alle immagini-guida
delle sette edizioni biennali trascorse.

Sono esposte immagini progettate nel tempo dagli studenti, invitati a rielaborare
la rappresentazione del proprio volto. I risultati mostrano una chiara competenza
progettuale, al servizio della comunicazione degli eventi e delle mostre che
Ars Captiva periodicamente organizza in luoghi diversi della città.

Dalle ex Carceri Le Nuove alle sedi del Torino Jazz Festival, dalla ex Manifattura
Tabacchi all’Housing Giulia (residenza per persone in difficoltà abitative transitorie),
dal 2007 gli studenti dialogano con gli spazi trasformandoli con la loro creatività,
in sintonia con il tema loro assegnato.

Le citazioni, a corollario dei visual in ciascuno dei poster, rimandano ai contenuti
delle sette biennali e, al contempo, intendono conservare lo spirito del workshop non
realizzato. Associate alla forte presenza delle immagini, interpellano i passanti sui
concetti non scontati di libertà espressiva, duttilità di pensiero e creatività.

La serie di manifesti visibile dal 3 al 17 dicembre negli spazi di affissione cittadina, in una
vera e propria mostra a cielo aperto, testimonia una volta di più l’importante presenza
di Ars Captiva nella formazione artistica regionale. Intende attirare l‘attenzione sulla
capacità di innovazione e di fare sistema degli istituti artistici, che hanno saputo unirsi
in associazione con l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino per incentivare la
relazione col territorio attraverso un nuovo modo di intendere la didattica.

Quelle stesse istituzioni, per loro natura definite da attività e pratiche artistiche
di laboratorio che nessun insegnamento a distanza può sostituire, soffrono oggi
oltremisura le conseguenze dei provvedimenti sulla scuola. Ai docenti, agli studenti,
ai giovani artisti, costretti a esprimersi oggi in condizioni di assoluto disagio,
testimoniamo con questa mostra il nostro impegno.

Il “Pannunzio” in primavera alla Presidente Casellati

Oggi,  25 novembre,  il Centro “Pannunzio” avrebbe dovuto consegnare il Premio “Pannunzio” 2020 alla Senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato della Repubblica.

Per le misure normative di contenimento del contagio COVID – 19, la cerimonia non potrà aver luogo.

E’ rimandata alla primavera 2021.

 

(Nella foto, con la sen. Casellati,  il prof. Quaglieni del Centro Pannunzio)

La storia del Caval ‘d brons

ALLA SCOPERTA DEI MONUMENTI DI TORINO

Il re, dopo aver scartato un primo progetto nel quale Emanuele Filiberto a cavallo scavalca una palizzata, approvò, invece, un bozzetto di un ritratto equestre del Duca poggiante su un basamento, arricchito da quattro figure allegoriche sotto le quali trovavano posto quattro grandi vasche per altrettante fontane

Situata al centro della piazza, la statua in bronzo (detta Caval ‘ d brons) raffigura il Duca Emanuele Filiberto a cavallo, nell’atto di rinfoderare la spada dopo la battaglia di San Quintino (1557). Il basamento in granito è ornato su ogni lato dallo stemma sabaudo con la corona ducale e da due bassorilievi in bronzo che rappresentano il Duca mentre fa prigioniero il Montmorency, Gran Connestabile di Francia, e mentre legge i preliminari di pace per il trattato di Cateau-Cambrésis. L’annuncio ufficiale della realizzazione del monumento dedicato a Emanuele Filiberto di Savoia fu dato il 17 dicembre 1831 dalla Gazzetta PiemonteseL’opera venne commissionata da Carlo Alberto all’artista Carlo Marocchetti (stesso autore del monumento dedicato a Carlo Alberto), torinese di nascita ma formatosi in Francia dove risiedeva abitualmente. Il re, dopo aver scartato un primo progetto nel quale Emanuele Filiberto a cavallo scavalca una palizzata, approvò, invece, un bozzetto di un ritratto equestre del Duca poggiante su un basamento, arricchito da quattro figure allegoriche sotto le quali trovavano posto quattro grandi vasche per altrettante fontane. Prima di dare esecuzione al progetto lo scultore Carlo Marocchetti decise di erigere “un non intiero simulacro del monumento al centro della magnifica piazza”; una curiosa prova generale a cui assistette con grande soddisfazione anche “Sua Maestà con un corteggio di autorità”. Ma, pochi mesi dopo la simulazione in piazza, cominciò a circolare a Torino un opuscolo con “Osservazioni relative al Gran monumento” che condannò quasi per intero l’opera. La critica sortì il suo effetto e così un decreto del 24 settembre 1833, stabilì i fondi di L. 210.000 per una “statua equestre in bronzo, collocata sopra un piedistallo circondato da quattro statue allegoriche, il tutto in marmo”; scomparirono definitivamente le fontane. Nonostante le modifiche all’impianto monumentale le polemiche non si placarono, in particolare il critico francese Jean-Paul Ducros rimproverava che le quattro statue agli angoli del basamento apparivano “troppo simmetriche per essere considerate ornamenti architettonici”. Dopo innumerevoli contrasti tra Ducros e Marocchetti, la questione si concluse con l’approvazione, da parte dell’Accademia delle Belle Arti, del disegno originariamente concepito dallo scultore. Finalmente, dopo essere stato esposto per due mesi e con grande successo nel cortile del Louvre, il 4 novembre 1838 il monumento venne solennemente inaugurato. Carlo Alberto fu pienamente soddisfatto del monumento ed il Marocchetti ebbe il titolo di barone con in dono un gioiello di gran valore mentre, il fonditore Soyer, ricevette una medaglia d’oro con l’effigie del re. Un’opera, questa, considerata oltre che il capolavoro del Marocchetti, anche uno dei più significativi esempi di politica culturale di Carlo Alberto che, per celebrare l’avvento del suo regno, decise di erigere il primo monumento pubblico all’aperto dedicandolo al Duca Emanuele Filiberto. Dopo due rimozioni, nel 1943 per proteggerlo dai bombardamenti e nel 1979 per restaurarlo, nel 2006 sono inziati i lavori per un accurato restauro e nell’ottobre 2007, tolto il drappo rosso che lo copriva, i cittadini, che attendevano numerosi in piazza San Carlo, hanno potuto finalmente rivederlo. Il monumento, identificato con l’affettuoso nomignolo di “Caval ‘ d brons”, è ormai riconosciuto come uno dei simboli della città di Torino. Ma per poter conoscere il monumento equestre nella sua totalità bisogna anche tenere conto e “spendere qualche parola” per la magnifica piazza che lo ospita. Come ricordato prima, l’opera di Marocchetti a Emanuele Filiberto di Savoia, sorge nel mezzo della centralissima piazza San Carlo, uno spazio progettato da Carlo Castellamonte nel 1637 su un sito occupato prima dall’anfiteatro romano, poi da un tratto delle mura e della spianata della città cinquecentesca. La realizzazione si concluse nel 1650 e divenne il punto nodale del primo ampliamento meridionale della città seicentesca; divenne anche sede di spettacoli grandiosi, manifestazioni ufficiali e parate e la sua prima denominazione fu Place Royale. La realizzazione della piazza, impostata sull’asse della Contrada Nuova (oggi via Roma), rese necessaria prima la demolizione delle vecchie strutture fortificate, ed in seguito la delimitazione del contorno da un sistema di palazzi barocchi porticati, caratterizzati da eleganti facciate unitarie e continue.Per chiudere il lato meridionale vennero progettati i due lotti gemelli, donati, poi in seguito, ad ordini religiosi di stretta protezione ducale: gli Agostiniani Scalzi che fondarono la chiesa e il convento di S. Carlo Borromeo e le Carmelitane Scalze che costruirono la chiesa e il convento di Santa Cristina. Nel corso del tempo, a causa dei progressivi frazionamenti delle proprietà e dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, gli edifici originari sono in gran parte andati distrutti e sono stati ricostruiti nel dopoguerra.Fino al 2004, la piazza è stata percorribile dal traffico veicolare e occupata in prevalenza dalle auto in sosta. Con gli interventi di riqualificazione dell’area centrale storica, è stato restituito a piazza San Carlo il suo ruolo da protagonista nello straordinario scenario della Torino Barocca. Il progetto di riqualificazione ha riportato la piazza al suo originario uso esclusivamente pedonale, mantenendo nella pavimentazione il disegno e i materiali esistenti in precedenza. Sperando che questo “tuffo nel passato per conoscere il presente” sia stato di vostro gradimento, Il Torinese vi da appuntamento alla prossima settimana alla scoperta di un’altra meraviglia di Torino.

Simona Pili Stella

(Foto: il Torinese)

Maratona di donazioni per “Il Grande Assente”

La campagna di raccolta fondi digitale lanciata dai Musei Reali e Talenti per il Fundraising

 

L’iniziativa, promossa dai giovani partecipanti del corso di alta formazione della Fondazione CRT sulla piattaforma Rete del Dono, finanzierà il restauro dell’opera “Amedeo VI presenta a Urbano V il patriarca di Costantinopoli”, danneggiata nell’incendio della Cappella della Sindone del 1997

 

Neanche il lockdown ha fermato il desiderio dei torinesi di sostenere e riscoprire il grande patrimonio culturale che ha fatto la storia della nostra città. Un segnale di ottimismo che arriva dalla collaborazione tra i Musei Reali e dieci giovani partecipanti del corso di alta formazione Talenti per il Fundraising 2020 di Fondazione CRT, che hanno avviato, con il sostegno del Rotary Club Torino Palazzo Reale, una campagna di donazioni a supporto del complesso museale. In occasione della restituzione alla cittadinanza del Giardino Ducale avvenuta lo scorso 28 giugno, era stata ideata una giornata di festa per trasformare il primo evento di raccolta fondi in un momento di incontro e di promozione delle iniziative di fundraising e dei Giardini Reali. Con la chiusura dei musei l’azione dei giovani si è trasferita in rete.

 

Il Grande Assente

Durante il periodo autunnale è stata lanciata la campagna di raccolta fondi digitale Il Grande Assente, nata dal desiderio di restituire alla Galleria della Sindone e alla fruizione del pubblico un quadro di grandi dimensioni in deposito da molti anni. L’opera raffigura Amedeo VI che presenta a Urbano V il patriarca di Costantinopoli (1848) e fu realizzata per Carlo Alberto dall’artista livornese Tommaso Gazzarrini. Danneggiata nel 1997 durante l’incendio della Cappella della Sindone, necessita di un impegnativo restauro.

È possibile sostenere la raccolta partecipando alla campagna Il Grande Assente, pubblicata sulla piattaforma Rete del Dono. Nell’arco di due settimane, il primo obiettivo di 3.000 Euro e i successivi rilanci a 5.000 Euro e 7.500 Euro sono stati rapidamente superati grazie al contributo di oltre 250 donatori, permettendo di fissare un nuovo obiettivo di 10.000 Euro. La campagna si concluderà il 28 novembre 2020. Per scoprire di più: www.retedeldono.it/it/progetti/rctpr/il-grande-assente

 

Un’altra iniziativa, parte del progetto e rivolta alle famiglie, è dedicata alla scoperta della figura di Amedeo VI di Savoia, soprannominato il Conte Verde. Si può partecipare leggendo una storia e realizzando disegni ispirati alla vita avventurosa del celebre conte di Savoia, nato nel 1334. Per maggiori dettagli è possibile consultare i canali social e il sito dei Musei Reali: www.museireali.beniculturali.it/events/mrtkids-il-grande-assente/

 

Riscopriamo il Grande Assente è l’evento conclusivo organizzato dai giovani corsisti che si terrà il 28 novembre sui canali social dei Musei Reali e sul sito www.donorday.it/museireali/. Durante la giornata sarà possibile partecipare a una tavola rotonda che vedrà come ospite speciale, tra gli altri, la direttrice Enrica Pagella, ma anche prendere parte a sfide virtuali e approfondimenti per conoscere meglio il dipinto grazie all’intervento di esperti dei Musei Reali. Ad accogliere i partecipanti sarà il team di Talenti per il Fundraising, disponibile a dare informazioni sull’iniziativa Il Grande Assente e sulle attività di raccolta fondi.

 

Cercare ancora il Santo Graal?

Calice dell’Ultima Cena, Catino magico, Arca dell’Alleanza e si potrebbe continuare. Forse una coppa, un piatto, una pietra, una reliquia cristiana, in ogni caso un oggetto leggendario dotato di un potere magico e straordinario. Dov’è nascosto il Calice di Gesù e dove cercarlo ancora?

Dalle chiese torinesi alle abbazie scozzesi, dai castelli normanni alle cattedrali spagnole, dalle fortezze sveve in Puglia alle terre mediorientali, lo cercano ovunque ancora oggi.
Da sempre il mito del Santo Graal affascina e seduce il mondo cristiano. Ma cos’è il Graal? Per Franco Cardini, storico del Medioevo e delle Crociate, “si tratta della versione celto-germano medievale di un tema che si trova in tutti i sistemi mitico-religiosi del mondo e cioè l’oggetto che dà potere, conferisce ricchezza, una sorta di calderone delle meraviglie. Nella nostra civiltà cristiana la fonte di questa credenza è in un romanzo del XII secolo. Da quel momento il Graal, da mito antropologico si trasformò in leggenda”. Con il 2020 si chiudono le celebrazioni per ricordare la nascita, 900 anni fa, dell’Ordine del Tempio, fondato a Gerusalemme tra il 1118 e il 1120 ma la ricerca sui templari non si è mai chiusa, anzi pare eterna come il mistero che avvolge da millenni alcune sacre reliquie della Passione di Gesu’ di cui i Templari ne sono ritenuti da sempre i custodi. Secondo la leggenda, infatti, i Cavalieri del Tempio sarebbero stati i protettori del Sacro Graal, la coppa in cui Gesù Cristo nell’Ultima Cena avrebbe benedetto il vino e che sarebbe poi servita a Giuseppe d’Arimatea per raccogliere le gocce del sangue di Gesù durante la crocifissione.
Non solo, ma i Templari sarebbero stati anche i custodi della Sindone, il sudario che secondo la tradizione cristiana, avrebbe avvolto il corpo di Gesù dopo la deposizione dalla Croce, attualmente conservato nel Duomo di Torino. Il cavaliere medioevale Wolfram von Eschenbach, uno dei maggiori poeti tedeschi del Duecento, attribuì ai Templari la custodia del Graal nella sua versione del poema cavalleresco Parzival. Barbara Frale, esperta del fenomeno templare e autrice di libri sul tema, ha indagato a fondo i documenti del processo al Tempio scovati nell’Archivio Segreto del Vaticano: “sicuramente le nuove piste di ricerca, afferma la studiosa, confermano che tale convinzione può nascondere un fondo di verità. Tuttavia il cammino della conoscenza in questo senso è ancora lungo e potrà raggiungere risultati importanti solo se si manterrà ben distinto da tutta la letteratura di fantasia che ha dato all’Ordine del Tempio un volto esoterico troppo artefatto”.
Ma dove cercare il calice di Gesù che, secondo la leggenda, naviga attraverso i secoli da Gerusalemme all’Europa, passando poi da una mano all’altra? C’è chi ritiene che il Santo Graal sia stato rintracciato dai Crociati e portato nel vecchio continente e si trovano testimonianze della sua presenza un po’ ovunque, in Francia, Scozia, Inghilterra, Galles, Spagna, Italia e anche in Medio Oriente. Nella cattedrale di Valencia c’è il Santo Caliz, forse la vera autentica Coppa dell’Ultima Cena, usata anche da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI per celebrare la messa nella città spagnola mentre nella Cappella di Rosslyn in Scozia si troverebbe il Calice portato dai Templari negli anni della soppressione dell’Ordine (1307-1312). Una delle colonne della splendida e misteriosa Cappella scozzese conterrebbe infatti uno scrigno di piombo con la Coppa nascosta al suo interno. Ipotesi quest’ultima ripresa dallo scrittore Dan Brown nel suo romanzo “Il Codice da Vinci”. I Templari erano anche in buoni rapporti con la “Setta degli Assassini” un’organizzazione esoterica sciita radicale che adorava “Bafometto”, una misteriosa divinità che per alcuni non era altro che il Graal. Prima di essere definitivamente sbaragliati gli Assassini affidarono il Graal ai Templari che lo nascosero insieme al resto del Tesoro nei sotterranei del castello templare di Gisors in Normandia. Da Torino a Castel del Monte e al duomo di Genova, anche in Italia viene segnalata la presenza del Graal portato forse dai pellegrini in giro per il continente o dai Savoia insieme alla Sindone. Nel Tempio della Gran Madre di Dio una delle sue statue ai lati del sagrato rappresenta una donna, forse la Madonna, che con la mano sinistra leva in alto un calice per indicare la presenza del prezioso Graal in chiesa.
Oppure a Castel del Monte dove i mistici Sufi islamici avrebbero affidato il Graal all’Imperatore Federico II di Svevia affinchè lo proteggesse dalle violenze delle Crociate e dunque il sacro oggetto si troverebbe nel misterioso palazzo a forma di coppa ottagonale. O ancora il Graal sarebbe il calice di Antiochia o il Sacro Catino di vetro verde brillante, di manifattura islamica, conservato nel Duomo di San Lorenzo a Genova, qui portato dopo la prima Crociata. C’è chi sostiene invece che il Santo Graal sia sepolto a Glastonbury nell’Inghilterra del sud o a Notre-Dame de Lille presso Lione, insomma, come si vede, i luoghi sono innumerevoli e l’indagine continua. “Ci sono tanti giovani ricercatori al lavoro, veri professionisti, osserva Barbara Frale, che indagano con pazienza e competenza i molti punti ancora ignoti della breve ma intensa storia dell’Ordine del Tempio”. Forse la ricerca del Santo Graal è la ricerca perenne di Dio, dei suoi segreti, misteriosi e impenetrabili ed è sicuro che anche nei prossimi anni e nei prossimi decenni i Cavalieri del Tempio continueranno a spingere folle di appassionati, di studiosi e di ricercatori a cavalcare per l’Europa in lungo e in largo, dall’Italia alla Scozia, dal sud al nord del vecchio continente. Anche perchè la leggenda narra che chi tra i mortali riuscirà a trovare il famoso Calice conquisterà la felicità in terra e in cielo…
Filippo Re

Diretta social per “Autunno della fotografia. Torino 2020”

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Su  Facebook e secondo appuntamento per raccontare e divulgare i segreti della grande fotografia. Martedì 24 novembre, ore 18

Dagli scatti fotografici dei più celebri maestri al reportage su temi d’attualità. Il tutto raccontato, puntualizzato e messo in discussione attraverso incontri on line con gli stessi protagonisti, geni talentuosi dell’arte fotografica di cui tutto o quasi si sa e si conosce e di cui sono oggi presenti rassegne espositive – chiuse per lockdown – negli spazi museali torinesi.

Istituzioni del territorio, quest’ultime, che hanno saputo intelligentemente fare rete per dar vita all’iniziativa “Autunno della fotografia. Torino 2020”, un calendario di dirette Facebook per approfondire, appunto, i temi affrontati nelle mostre di ciascun museo. Una cinquina da incorniciare: CAMERA, Fondazione Torino Musei, Musei Reali, MEF-Museo Ettore Fico e La Venaria Reale. Ad incontrare virtualmente fotografi e curatori delle rassegne sono Walter Guadagnini, direttore di CAMERA-Centro Italiano per la Fototografia di via delle Rosine, e gli altri responsabili del progetto: Giangavino Pazzola e Monica Poggi. Dopo il primo incontro, tenutosi martedì 10 novembre fra il MAO-Museo d’Arte Orientale e Palazzo Madama e che ha visto protagonisti il fotografo milanese Samuele Pellecchia (fondatore dell’Agenzia “Prospekt”) e il torinese Fabio Bucciarelli, il secondo appuntamento, in programma per martedì 24 novembre (alle ore 18) coinvolgerà la GAM di via Magenta e il Museo Ettore Fico di via Cigna.

A interloquire su “Fotografare la società contemporanea” saranno Guido Harari (origini egiziane e fondatore ad Alba, dove risiede, della “Wall Of Sound Gallery”, la prima galleria fotografica in Italia interamente dedicata al mondo della musica) e il comasco Massimo Vitali, presente al MEF con l’intrigane mostra titolata “Costellazioni Umane”. Moderatore Giangavino Pazzola, che spiega: “La fotografia è anche uno strumento di indagine sociologica, un mezzo attraverso cui rilevare i miti e i riti del ventesimo e del ventunesimo secolo”. Ne sono esempio lampante e perfetto gli scatti di Vitali, il fotografo delle spiagge superaffollate, totalmente innamorato degli “assembramenti” (terrifica parola usata di questi tempi) d’ogni genere e della più varia umanità. Fra le immagini in mostra al MEF troviamo anche quelle inedite realizzate durante i concerti dell’ultimo tour italiano di Jovanotti, dove migliaia di persone, ognuna con la propria individualità, si trasformano in un’unica immensa folla a ritmo di musica. E il binomio fra individuo e società, fra pubblico e privato, è ben presente anche nella lunga carriera di Guido Harari, fotografo ma anche critico musicale, collaboratore dei maggiori artisti musicali italiani e internazionali (per i quali ha firmato un’infinità di copertine) e fotografo personale per una ventina d’anni di Fabrizio De André.

Di lui disse il mitico Lou Reed, immortalato da Harari, con l’altrettanto mitica consorte Laurie Anderson in scatti di struggente e poetica emozionalità: “Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido. So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento. Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi. Considero Guido un amico, non un semplice fotografo”. Da ricordare acora che Harari è anche curatore della mostra “Photo Action per Torino” alla GAM, che unisce ed espone 105 lavori di celebri fotografi italiani e internazionali, per contribuire al “Fondo Straordinario Covid – 19” di U.G.I. Onlus: uno scopo benefico, cui si aggiunge la possibilità di indagare la società contemporanea attraverso sguardi e percorsi differenti. L’evento sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook di Palazzo Madama, del MAO-Museo d’Arte Orientale e della GAM.

gm

 

Nelle foto
– Immagine-guida dell’iniziativa
– Guido Harari:”Lou Reed e Laurie Anderson”, 2007
– Massimo Vitali: “Jova Beach Party”, 2019

Ribellioni giovanili, fughe e tragici ricordi, protagoniste sono le donne

Proiezioni al femminile al 38mo Torino Film Festival

 

Stiamo arrivando al giro di boa dell’attuale TFF, claustrofobico, soffocato dalle misure anticovid, e ancora siamo un po’ a corto, come ci suggerirebbero le parole dell’equipe di selezionatori, di quelle “visioni mozzafiato” in cui ci si dovrebbe imbattere macinando per una settimana e poco più immagini dopo immagini. Ci imbattiamo invece, senza ripensamenti, come promesso da più e più parti, man mano che avanziamo nelle visioni, in quel “mantenere l’impegno di sostenere a pieno la politica internazionale del “50/50 by 2020” lanciata dal Toronto Film Festival.

 

Per la prima volta nel concorso viene infatti riservato uno spazio equo alle produzioni realizzate da registi donne e a quelle realizzate da registi uomini”. Ovvero un’operazione fatta con il bilancino. Attuali obbligatorietà che lasciano sempre perplessi, conditio sine qua non che inevitabilmente può stridere con le personali libere scelte e che, a tratti, suscita il dubbio dell’imposizione. Restando saldamente fissi nell’idea da sempre coltivata che l’altra metà del cielo abbia coltivato e stia coltivando esempi eccellenti e per molti versi difficili da raggiungere, continua a lasciarmi a dir poco stupito questo patto ormai di ferro (mi viene in mente che l’Academy e il Festival di Berlino sono andati ben oltre e per certi versi ben peggio!) che pretende ad ogni occasione di delimitare con matematica esattezza la metà del campo.

Perché poi dovremmo anche imbatterci in un’”ampia immaginazione e innovazione”, sempre restando alle autofelicitazioni del gruppo selezionatore. E qui è un po’ più difficile stare a guardare, pieni di convinzione.

Immaginazione e innovazione che davvero non abbiamo scorto nelle Ninas della spagnola Pilar Palomero, alla sua opera prima, ovvero i primi turbamenti della dodicenne Celia, in compagnia di un gruppetto di amichette, lei che, nell’inizio degli anni Novanta, in quel di Saragozza, vive sola con la madre, frettolosa e assente, senza aver mai conosciuto il padre, morto a quel che le è stato detto prima che nascesse, che guarda alle prime ribellioni, che saggia i primi trucchi ed il primo rossetto, che guarda con il primo e nuovo interesse un ragazzino, che deve affrontare le prime prevaricazioni, che prova a bere e a maneggiare un preservativo, che vive e subisce un’educazione dalle monache, che fa domande per sentirsi rispondere semplicemente “perché è così”. Anche qui, in un mondo abitato soltanto da donne e dove gli uomini sono assenti, un forte disagio, il desiderio di affidarsi alla figura materna che più dovrebbe darle sicurezza ma che più le sfugge, la voglia di inseguire i codici giovanili delle compagne: in un discorso che non tocca soltanto la protagonista ma che tutti prima o poi abbiamo vissuto. Poi Palomero abbandona all’improvviso queste riflessioni, dove non mancano momenti costruiti con significativa efficacia, per accennare frettolosamente a questioni del tutto personali (la ricerca di un passato, la visita alla nonna), per far scivolare anonimamente una vicenda che doveva essere costruita in altro modo.

Pur nella sua semplice linearità, nelle sue continue divisioni di mondi e di persone, di personaggi sciupati nel loro insignificante evolversi e di frasi che spingono al sorriso piuttosto che alla riflessione (ma qui forse la colpa è nostra, lontani da letterature e filosofie), di qualche gradino più su è Mickey on the road della regista Lu Mian Mian. La storia di Mickey e Gin Gin, due giovani amiche diverse tra loro, nel fisico e nella mentalità. Tanto la prima mette in evidenza i propri tratti androgeni, si muove e si comporta senza eccessiva femminilità, insegue nella frequentazione del tempio quelle danze tradizionali che apparterrebbero soltanto ai maschi, quanto l’altra è una ballerina eccentrica e svampita nei locali notturni, tutta vuota leggerezza, legata al suo cellulare e ai peluche colorati che si porta appresso come dolcissimi trofei. Mickey vive con la madre, in preda all’alcol e alla depressione, abbandonata anni prima dal suo uomo, Gin Gin sogna di riabbracciare il bel giovanotto da cui aspetta un bambino e che sembra sparito nel nulla. Da Taiwan raggiungeranno insieme Canton, alla ricerca delle due figure maschili di riferimento: immergendosi in tristezze e delusioni, con un padre che s’è rifatto nel lusso una vita e una famiglia, con il ragazzo che spinge Gin Gin verso l’eccitazione senza freni di un amico e non ha nessuna intenzione di promettere niente. Gustose e indovinate le annotazioni che la regista coglie durante il soggiorno delle ragazze, dal furto dei bagagli all’aiuto di nuovi amici, dall’apprendere che Facebook e Google map sono censurati e dal sentire attraverso gli altoparlanti sugli autobus che la Cina di Xi Jin Ping sia impegnata “nella promozione dei valori della democrazia e dei diritti umani”. Forse il simbolismo di quel lungo ponte nelle scene finali sta proprio lì a riaffermare quell’impegno, immagine quanto personale non saprei.

Opera prima, ma estremamente matura, carica di sentimenti e di verità, impregnata di storia fatta filtrare attraverso parole e ricordi e di drammi personali, è Wildfire di Cathy Brady. L’Irlanda di oggi che ancora si volta al suo passato, a quel lungo periodo del secolo scorso che vide opposte lotte, che fu attraversato da attentati, tradimenti, uccisioni. Tra queste distese di verde, si ricompone il legame che lega due sorelle, l’una, Kelly, scomparsa da casa per molto tempo, abbandonata e sola, vittima di insicurezza e fragilità, l’altra, Lauren, sposata con Sean, rimasta a tirare avanti, tra casa e lavoro, che tenta di dare di sé l’immagine di donna forte e mentalmente stabile. Entrambe nel ricordo della morte della madre (un ricordo che si lega a quello di un’intera epoca e lo richiama in vita, accomunando pubblico e privato), nebuloso, impreciso, sempre ricostruito secondo la necessità del momento, del loro umore e delle loro reciproche passioni, una realtà deformata e legata all’instabilità mentale di Kelly (l’ostinazione a voler indossare il cappotto rosso della madre, le nuotate e l’impatto con l’acqua, il rapporto con il proprio corpo) che a tratti finisce per travolgere anche la sorella. Con una scrittura attenta ai particolari, alle ribellioni e ai rapporti con gli altri (il marito e cognato, le ipocrite colleghe di Lauren), forte nelle sottolineature, mai banale nei momenti che più s’immergono nel dramma e soprattutto, al limite del piccolo quanto ricercato capolavoro, efficacissima nell’afferrare e nell’addentrarsi in due psicologie, con ogni loro turbamento, e nel farle ruotare senza posa attraverso i tanti movimenti alti e bassi che le colpiscono, Wildfire è un’opera da tener presente in sede di premiazione. Un’opera finalmente completa che deve dire grazie alla grinta delle due interpreti, a Nora-Jane Noone che è Lauren e soprattutto a Nika McGuigan che è Kelly, scomparsa per cancro non appena terminate le riprese del film. Che a lei è stato dedicato.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini: la giovanissima interprete di “Las ninas” di Pilar Palomero; da Taiwan “Mickey on the road” di Lu Mian Mian; e due momenti di “Wildfire”, matura opera prima firmata da Cathy Brady

Gerry Bianco dona a Bergamo l’opera/collage

L’architetto artista Gerry Bianco, ci parla del suo progetto che ha coinvolto  50 artisti. L’opera/collage e’ stata donata a Bergamo per esprimere la solidarietà’ della Sicilia, durante il periodo di covid, con questa città. Gerry Bianco vive a Mazara del Vallo e lavora alla sopraintendenza dei  beni  culturali di Trapani

 

Come e quando e’ cominciato il suo percorso artistico?

“Possiamo dire che il mio vero e proprio percorso di artista nasce dopo gli studi universitari, ma devo ammettere che da piccolino già avevo la tendenza a sviluppare capacità manuali e creative che in età più matura mi hanno portato a prendere sul serio la passione per l’arte. Già da piccolo era forte in me l’idea di creare forme, ma era allora solo un gioco e un divertimento piacevole. Ma era già chiaro in me cosa volessi fare da grande”.

Quali sono i riferimenti artistici e culturali che l’hanno influenzato nel corso del tempo?

“Senz’altro i movimenti figurativi artistici dell’espressionismo dei primi del Novecento e l’Art Nouveau, e senza ombra di dubbio il movimento Futurista di Umberto Boccioni a cui sono particolarmente legato. Amo la linea curva e quella a “colpo di frusta”, perché espressione di movimento che porta con se la forza dinamica e dirompente dell’azione. L’arte non è altro che un processo mentale ,che attraverso le mani dell’artista segna il passaggio tra ciò che è “niente” e ciò che diventa concreto”.

Come nascono le sue opere? Cos’è per lei l’ispirazione?

“Le mie opere nascono di getto o per caso, suggerite e dettate dalla materia stessa. Emozioni e sensazioni forti che avverto sempre, quasi una sorta di dialogo tra me e la materia. Realizzo spesso schizzi e bozzetti preparatori, soprattutto per le opere di grandi dimensioni. Lo studio e la conoscenza della materia è fondamentale, per una buona riuscita di un’opera. Analizzo sempre con molto scrupolo la materia e le venature dei miei tronchi di legno, poi gioco con gli spazi: Il vuoto è il pieno, è il dualismo fondamentale nelle mie sculture, la luce e le ombre si relazionano e si mettono in contrapposizione evidenziandone la forma. L’azione e il movimento prendono sempre il sopravvento. L’ispirazione è il momento felice in cui trovi l’idea per la realizzazione dell’opera”.

Quanto è importante per lei il mezzo pittorico? Nel 2020  ha ancora “senso” dipingere?

“Ho sempre rifiutato il lavoro fatto al computers o meccanico, credo che i nuovi sistemi non potranno mai sostituire il lavoro manuale pittorico e il piacere dello sporcarsi le mani. La pittura è la più bella forma espressiva mai esistita, che ti rende libero e ti fa navigare verso mondi sconosciuti. Avrà sempre senso dipingere, così come avrà sempre senso vivere la bellezza della vita”.

Artisti, galleristi, Istituzioni. Cosa ne pensa del sistema dell’arte contemporanea del nostro Paese?

“Credo che nel mondo esistano moltissimi artisti a vario genere, è bello scoprire nuove espressioni e linguaggi diversi. E’ stimolante conoscere talenti nuovi e vecchi, questi ti arricchiscono e ti danno linfa per stimoli nuovi. Io credo che le istituzioni dovrebbero avere più sensibilità, dare più spazio all’arte contemporanea per trasformare il nostro territorio e le città con opere soprattutto scultoree nuove. Ci sono tante pareti di cemento che potrebbero essere trasformate in opere. Dovremmo secondo me, indirizzare gli artisti a collaborare con gli architetti per sviluppare progetti di Land- art”.

Ci parli del suo progetto che coinvolgera’ bel 50 artisti da ogni parte dell’italica penisola?

“L’idea nasce in questo periodo buio del Coronavirus,nel quale tutti abbiamo attraversato momenti tristi e di perdità di entusiamo. La Pandemia ha terrorizzato e sconvolto le nostre vite, ha frenato la prospettiva di futuro, e la morte la vedevi dietro l’angolo. Privati della nostra libertà, e della nostra fantasia, ad un certo punto mi sono interrogato su come ribellarmi da questa prigionia e contrastare il Covid 19. Durante la realizzazione di una scultura denominata “l’invisibile” in riferimento al Covid, mi è balenata l’idea di fare una grande tela di 5 mt x 2.50 a 50 mani distanti. Ho subito contattato tanti artisti locali e nazionali che hanno accolto il mio progetto, consistente nella realizzazione di 50 tele 50x50cm con stili diversi, da assemblare successivamente per farne dono alla città di Bergamo colpita pesantemente dal Covid.
Lo scopo dell’iniziativa per ridare bellezza, l’arte in soccorso della vita. L’arte come cura dell’anima,per donare un sorriso, alleviare un po di sofferenza,per ridare gioia e voglia di futuro ad un mondo che il Covid ha reso triste.
Dal sud e per il nord,un dono per il bene comune, per alleviare tante sofferenze e lutti, un gesto di solidarietà e di gratitudine verso i medici, staff sanitario, forze dell’ordine che si sono spesi, per la nostra salute e incolumità. Un grande puzzle con la diversità di 50 stili per formare un’unica grande opera, che ci riconduce al senso di unità nazionale . Distanti ma uniti nello stesso tempo”.

Potrebbe scrivere i loro nomi?

“Questi tutti gli artisti nazionali che hanno aderito al progetto: 1)Gerry Bianco 2) Giacomo Cuttone 3)Totori 4)Enzo Tardia 5)Enzo Campisi 6)Daniela Lucentini 7)Leonardo La Barbera 8)Giovanni Borlin 9)Tano Licata 10)Manuela Marascia 11)Sergio Merlino D’amore 12)Alex Portuesi 13)Pippo Buscemi 14)Tommaso Guastella 15)Marco Rallo 16)Domenico Cocchiara 17)Gerry Napoli 18)Arianna Maggio 19)Certa Rosaria 20)Sabrina Russo 21)Aldo Cammalleri 22)Tonino Russo 23)Giusy Pennelli 24)Michele Pugliese 25)Giovanna Colomba 26)Mario Passerello 27)Salvatore Morgante 28)Rodolfo Asaro 29)Noemi Maltese 30)Salvatore Gentile 31)Piera Ingargiola 32)Barbara Gancitano 33)Rita Ingargiola 34)Mirella Amantia 35)Fabio Accardo Palumbo 36)Clara Maria Luna Mineo 37)Davide Margiotta 38)Gucciardo Elisabetta 39)Cristina Patti 40)Calogero Risalvato 41)Tania Lombardo 42)Alberto Lipari 43)Marina Maltseva 44)Vera Bocina 45)Salvo Denaro 46)Piero Tavormina 47)Lucia Calabrò 48)Veronica Monterisi 49)Lindù Denaro 50)Tito Buscaino”

Nel suo presente ci sono delle nuove idee che saranno  ben presto  viste dal pubblico?

“Si una grande mostra personale, con nuove produzioni sculture e “quadrimension”,(quadri tridimensionali), che conclusa la pandemia, spero di poter allestire per tre mesi nella mia città di Mazara del Vallo”.

Chiara Fici

Fondazione digitale. Le attività proseguono anche se i musei sono chiusi 

Come accade in tutta Italia, anche i musei di Fondazione Torino Musei sono chiusi, ma alla GAM, al MAO e a Palazzo Madama l’attività non si è fermata. Proseguono infatti tutti i progetti legati alle mostre in programma nei prossimi mesi, i lavori di studio, catalogazione e restauro delle opere, le rotazioni a scopo conservativo, così come i disallestimenti delle esposizioni appena terminate, gli allestimenti delle mostre di prossima apertura e la movimentazione delle opere. 

 

Per consentire al pubblico di usufruire del patrimonio dei tre musei anche a porte chiuse, GAM, MAO e Palazzo Madama hanno inoltre progettato una serie di attività digitali rivolte alle famiglie, al pubblico adulto, alle scuole: la programmazione comprende numerose conferenzeincontriattività didattichecontenuti multimediali agevolmente fruibili sui canali social dei singoli musei o su piattaforme di condivisione gratuite.

 

Ecco gli appuntamenti principali:

 

PROGETTO IN ONDA  

La Fondazione è caratterizzata da una particolare attenzione all’accessibilità e ai progetti educativi, per bambini e ragazzi di ogni età e le loro famiglie.

Per questa ragione, per essere presenti e sempre più vicini agli insegnanti e ai ragazzi, per continuare l’attività con le scuole anche in questo momento complicato di didattica a distanza, è nato l’innovativo progetto di didattica digitale: In Onda.  

Video, attività accessibili online, percorsi e laboratori di avvicinamento all’arte.

Le scuole primarie, secondarie di I e II grado, potranno avvicinarsi all’arte attraverso dieci proposte tematiche fruibili secondo due modalità.

In onda: percorso interamente digitale che, partendo dalla visione di un video tematico, prosegue con un laboratorio e/o un approfondimento tramite collegamento online sulla piattaforma Microsoft Teams con l’intervento di un educatore che dal museo accompagnerà gli studenti, anche organizzati in Didattica a Distanza, nella sua realizzazione; 

In classe: partendo dalle suggestioni di un video tematico, un educatore condurrà l’attività di laboratorio direttamente a scuola, in una prospettiva di “learning by doing” in cui la manualità e i materiali saranno al centro della riflessione.

https://inonda.fondazionetorinomusei.it/

 

 

AUTUNNO DELLA FOTOGRAFIA 

Dagli scatti dei grandi maestri al reportage fotografico su temi d’attualità: CAMERA, Fondazione Torino Musei, Musei Reali, Museo Ettore Fico, La Venaria Reale fanno rete per offrire “Autunno della fotografia. Torino 2020”, un calendario di dirette Facebook per approfondire i temi affrontati nelle mostre di ciascun museo, un’occasione imperdibile per tutti gli appassionati di fotografia, anche e soprattutto adesso che i musei e i luoghi di cultura resteranno chiusi al pubblico. INFO

 

 

I prossimi appuntamenti: 

 

Martedì 24 novembre, ore 18.00 

GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea e Museo Ettore Fico

Fotografare la società contemporanea 

Guido Harari e Massimo Vitali. Modera Giangavino Pazzola

 

Mercoledì 9 dicembre, ore 18.00 

La Venaria Reale, Musei Reali e CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia

Raccontare la guerra fra giornalismo e arte 

Paolo Pellegrin, Edoardo Accattino e Paolo Ventura. Modera Monica Poggi

 

 

ARTISSIMA STASI FRENETICA 

Nell’attesa di poter visitare Stasi frenetica, il format Unplugged di Artissima 2020 realizzato in collaborazione con MAO, GAM e Palazzo Madama, il pubblico potrà scoprire i progetti digitali della fiera e fare un tour virtuale delle tre mostre, disponibile a partire dai prossimi giorni, su artissima.art! 

 

 

NOVEMBRE, MESE DELL’EDUCAZIONE 

Nell’ambito di “Novembre, mese dell’educazione“, il Settore Educazione di GAM, MAO e Palazzo Madama illustrerà le nuove proposte didattiche realizzate in digitale. Gli incontri di formazione affronteranno il tema degli strumenti digitali per la didattica a distanza in ambito museale, con una particolare attenzione alle problematiche legate all’accessibilità.

I webinar gratuiti si terranno su piattaforma Teams su prenotazione.

 

 

 

LE ATTIVITA’ PER FAMIGLIE  

laboratori previsti in presenza in museo nei weekend del mese di novembre si trasferiscono online. Sui canali YouTube della GAM, del MAO e di Palazzo Madama saranno disponibili gratuitamente nuovi video realizzati dal Settore Educazione: gli utenti potranno collegarsi da remoto e partecipare all’attività, per continuare a sperimentare e a conoscere attraverso la creatività anche durante il periodo di lockdown.

 

 

DIETRO LE QUINTE 

Ogni giorno, sui canali social dei tre musei, vengono offerti approfondimenti sulle mostre e contenuti multimediali che portano virtualmente il pubblico nel backstage, alla scoperta dei disallestimenti e allestimenti delle mostre, dello smontaggio e della movimentazione delle opere, degli archivi, dei lavori di restauro conservativo.

Sulle pagine Instagram e Facebook di GAM, MAO e Palazzo Madama viene inoltre dato spazio alla fitta rete di collaborazioni e scambi esistenti con altri musei del territorio: attraverso video e contenuti digitali organizzati in rubriche, raccontiamo i prestiti, i comodati d’uso e notizie curiose sul grande patrimonio dei musei civici.

 

 

EVENTI SPECIALI 

Ciascun museo ha poi in programma alcuni eventi speciali:

 

GAM

 

PHOTO ACTION PER TORINO 2020 

Nel mese di maggio 2020 ha preso il via il progetto Photo Action per Torino 2020, la chiamata alle arti ideata dai fotografi Guido Harari e Paolo Ranzani insieme a Wall Of Sound Gallery: un invito ad alcuni dei maggiori fotografi italiani e internazionali a donare una loro opera per sostenere insieme il progetto di un Fondo Straordinario Covid-19 creato dall’Associazione U.G.I. Onlus.

La GAM di Torino è orgogliosa di sostenere e contribuire al progetto, ospitando nello spazio Wunderkammer le opere di Photo Action per Torino 2020.

Sui canali social della GAM sarà possibile seguire l’allestimento e la preparazione della mostra, che potrà essere visitata alla riapertura del museo. https://www.gamtorino.it/it/eventi-e-mostre/photo-action-torino-2020

 

MAO 

 

CHINA GOES URBAN: gli eventi 

Sulle pagine Facebook e Instagram e sul canale YouTube del museo sono disponibili gratuitamente tutti i contenuti, gli approfondimenti e le conferenze della mostra “China goes Urban”. Seguite le passeggiate in mostra e le interviste doppie, partecipate alle lezioni su città e innovazione e agli eventi speciali insieme ai curatori e ad esperti e studiosi del panorama internazionale.

Tutto il programma di eventi in diretta o in streaming: https://www.chinagoesurban.com/

 

MAO meets URBAN ART 

Il 28 e 29 ottobre scorso si è tenuto il primo dei quattro appuntamenti dedicati alla street art: nell’arco di due giorni, il writer Karim ha realizzato al MAO un’opera che rimarrà esposta fino al 31 gennaio.

Come da programma, il 12-13 e 26-27 novembre altri artisti si alterneranno in museo: il pubblico potrà seguire la nascita delle opere e osservare i writer al lavoro attraverso i canali social del MAO.

https://www.maotorino.it/it/eventi-e-mostre/mao-meets-urban-art

 

 

PALAZZO MADAMA 

 

GIOVANNI MICHELE GRANERI (Torino 1708 – 1762): per la rubrica Andata e ritorno

A partire da martedì 24 novembre sulle pagine social del museo si potrà seguire il ritorno a Palazzo Madama dei tre dipinti di Giovanni Michele Graneri, in prestito alla mostra Il regno segreto. Sardegna-Piemonte: una visione postcoloniale, a cura di Luca Scarlini, al museo MAN di Nuoro (29/05 – 15/11/2020).

I tre dipinti sono: Caccia al cervo in Sardegna (1747), Festa nautica nel porto di Cagliari (1747), Festa a un santuario sardo (1747). Insieme ad altre ventiquattro tele decoravano due sale della villa settecentesca del ministro Giambattista Bogino sulla collina torinese. La scelta dei soggetti rappresenta un omaggio alla Sardegna, governata dal Bogino a partire dal 1759. Si tratta di un unicum rispetto alla produzione più tipica di Graneri, in genere dedicata alle piazze e ai mercati torinesi.

 

La rubrica Andata e ritorno documenta la movimentazione delle opere della collezione permanente dei tre musei della Fondazione Torino Musei – Palazzo Madama, GAM e MAO – per i prestiti alle mostre delle più importanti istituzioni museali italiane e straniere, creando una sinergia tra i diversi musei. Sui nostri canali social è possibile seguire con gli addetti ai lavori tutte le fasi del delicato trasporto: dalla partenza dell’opera, alla sua nuova collocazione in mostra, fino al suo rientro. Un’occasione unica per immergersi nel backstage del lavoro museale!