CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 469

Da Rossini ai Beatles

A Racconigi, “Progetto Cantoregi” riparte con un concerto alla Soms

Domenica 30 maggio, ore 17,30

Racconigi (Cuneo)

E’ una lunga e indubbiamente coraggiosa galoppata musicale, con brani che vanno dall’Ottocento ai giorni nostri, quella pensata dall’Associazione Culturale “Progetto Cantoregi”, per riprendere le attività (eccezion fatta per quelle possibili mai interrotte), dopo la chiusura forzata a causa dell’emergenza sanitaria. L’appuntamento è per domenica 30 maggio, a partire dalle 17,30, negli spazi della “Soms”  (ex Società Operaia di Mutuo Soccorso e oggi sede dell’Associazione), con il concerto ad ingresso gratuito “Da Rossini ai Beatles”, fra le note della musica classica, del blues, del jazz e del rock . Impresa non da poco. Un’avventura che si preannuncia però di grande interesse e suggestione, se si pensa ai nomi diprimissimo piano dei protagonisti: le statunitensi, ma ormai piemontesi di adozione, Sherri Anne Grieve e Fe Avouglan (soprano) Chiara Leto (clarinetto), Emilio Marcucci (baritono) e Gioacchino Scomegna(pianoforte).

“La chiusura forzata – ricorda Marco Pautasso, presidente di Cantoregici ha consentito anche di proseguire nei lavori di miglioramento della Soms e di implementazione della sua dotazione tecnica, ben testimoniato dal successo del crowdfunding per l’acquisto di un videoproiettore e un telo meccanizzato da proiezione. E se gli schermi – dei personal computer, dei tablet o degli smartphone – nostro malgrado, sono diventati in questi mesi le principali interfacce visuali della nostra comunicazione quotidiana, non potevamo non misurarci anche noi con questi strumenti digitali, cercando di adattarli alla nostra poetica”. Una rivoluzione copernicana, se vogliamo, per chi ha fatto del teatro di e per il popolo il proprio vessillo artistico. “O forse solo, giocoforza, un adeguarsi – prosegue Pautasso – e adattarsi ai tempi, senza snaturare i principi fondanti del proprio credo scenico. Sono nate così iniziative come l’allestimento Come rane d’inverno, pensato per il Giorno della memoria, l’intervista allo storico Eric Gobetti per il Giorno del ricordo, Zona rosa. Discorsi semiseri attorno al mondo delle donne’, organizzato in collaborazione con Concentrica per la Festa della donna, e Voci di libertà’, il nostro oratorio laico dedicato alla resistenza al femminile per il Giorno della Liberazione. Nuove modalità espressive, iscritte però nel solco di una tradizione di impegno nella celebrazione del calendario civile che, anche in questo annus horribilis, non abbiamo voluto mancare. Nell’attesa di poterci nuovamente abbracciare. Non solo simbolicamente.

Per info: “Progetto Cantoregi”, Soms, via Carlo Costa 23, Racconigi (Cuneo), tel. 349/2459042 o www.progettocantoregi.itinfo@progettocantoregi.it

Prenotazione obbligatoria.

g. m.

Nelle foto:
– Fe Avouglan
– Sherri Anne Grieve
– Emilio Marcucci

 

Torna la Grande invasione, più di un festival

DAL 27 AL 30 MAGGIO 2021 LA NONA EDIZIONE DELLA GRANDE INVASIONE IL FESTIVAL DELLA LETTURA DI IVREA

 

L’appuntamento apre la stagione dei festival estivi
richiamando a Ivrea, candidata a Capitale italiana del libro 2022, lettori, scrittori, giornalisti, illustratori, traduttori e appassionati della lettura di ogni età.


Più di 90 ospiti, oltre 110 appuntamenti, 5 mostre, 30 lezioni.

 

Chiara Alessi, Malika Ayane, Silvia Bencivelli, Matteo B. Bianchi, Francesco Bianconi, Mario Calabresi, Francesco Costa, Vittoria Facchini, Sofia Gallo, Emanuela Fanelli, Fabio Geda, Christian Greco, GUD, Neri Marcorè, Davide Morosinotto, Margherita Oggero, Roberto Piumini, Guia Risari, Simonetta Sciandivasci, Luca Sofri
e molti molti altri…

 SCARICA QUI LA CARTELLA STAMPA

 

Dal 27 al 30 maggio 2021 torna La grande invasione, il festival della lettura di Ivrea, che giunge alla nona edizione proponendo un intenso calendario di incontri dal vivo: 90 ospiti, 110 appuntamenti, 5 mostre, 30 lezioni. Si apre così la rassegna estiva “A riveder le stelle – Ivrea Summer Festival”.
Curato da Marco Cassini e Gianmario Pilo, con Lucia Panzieri e Silvia Trabalza per la sezione Piccola invasione, il festival è una radicata consuetudine per tutta la “comunità dei libri” che come ogni anno trova casa a Ivrea, candidata a Capitale italiana del libro 2022.

 

La grande invasione torna a maggio, nel suo periodo abituale, aprendo la stagione dei festival estivi dando il via, in qualità di primo appuntamento in assoluto, alla ripartenza delle manifestazioni all’aperto in tutta Italia. Un ritorno alla normalità reso possibile anche grazie al sostegno di partner e sponsor: la Città di Ivrea e la Regione Piemonte, il main partner Intesa Sanpaolo, Compagnia di SanPaolo, Fondazione Guelpa, AEG Cooperativa, Azimut, Icas, Scuola Holden, Carbomech, Aircom, Progind, Matrix Mechatronics, Core Informatica, Osai, Message, Sirio Assicura, Dirivet, Bookdealer.

 

Dalla lettura dei giornali nel primo mattino fino al late show al tramonto, La grande invasione scandisce gli orari della giornata in un susseguirsi di incontri che ruotano intorno alla lettura.

LA NOSTRA CARRIERA DI LETTORI
Il format ideato dalla Grande invasione che mette in dialogo gli scrittori sulle letture che hanno inciso sul loro percorso vede protagonisti Milena Agus e Antonella Lattanzi (28 maggio ore 20) e Margherita Oggero e Alessandro Robecchi (sabato 29 maggio ore 18).

 

ANTEPRIMA DEL PREMIO STREGA
Prosegue la collaborazione con la Fondazione Bellonci che anche nel 2021 fa tappa a Ivrea per il tour ufficiale di presentazione della «dozzina» del Premio Strega. In attesa del verdetto finale di luglio Stefano Petrocchi intervistato da Gian Luca Favetto, racconta la sua opera (venerdì 28 maggio ore 17).

 

INCONTRI
Due focus sull’America per gli Incontri 2021: Francesco Costa con Una storia americana (venerdì 28 maggio ore 15) e Giovanna Pancheri con Rinascita americana (sabato 29 maggio ore 12 alla Società Canottieri Sirio nuova location del Festival); entrambi sono intervistati da Marta Ciccolari Micaldi. Incontro molto atteso è quello con Francesco Bianconi, il protagonista di Atlante delle case maledette / Forever in technicolor, intervistato da Maurizio Blatto (sabato 29 maggio alle ore). La mia vita selvaggia tra i lupi italiani è il titolo dell’incontro in cui Davide Gamba intervista Mia Canestrini (domenica 30 maggio ore 15) che chiude la serie.

 

COLAZIONE E GIORNALI
Altro appuntamento ormai rituale, la lettura condivisa e commentata dei quotidiani in apertura di giornata: ospiti Francesco Costa (Il Post), Cecilia Sala e Simonetta Sciandivasci (entrambe Il Foglio).

 

LE LEZIONI
Tornano le lezioni, incontri di approfondimento a numero chiuso con autori, scrittori e saggisti. Ulteriormente ampliata le proposta, con un ciclo sulla letteratura americana, uno dedicato alla musica e incentrato sulla poesia, per un totale di 30 appuntamenti: Chiara Alessi sul design; Silvia Bencivelli sulla medicina; Daniele Cassandro sui dischi da salvare; Marta Ciccolari Micaldi (La McMusa) sulla letteratura americana; Gianni Montieri e Anna Toscano sulla poesia; Matteo Nucci su Socrate, Matteo Saudino (Barbasophia) sulla filosofia; Luca Scarlini sull’arte; Andrea Staid sull’antropologia; l’Ultimo Uomo su sport e sentimento.

 

PODCAST LIVE
Novità! Entra a far parte del programma della Grande invasione anche una sezione dedicata ai podcast, uno degli strumenti più amati, che sta raccogliendo sempre più consensi arrivando a un pubblico trasversale per età e preferenze. A Ivrea raccontano le loro serie Mario Calabresi, che presenta Altre/Storie e la sua esperienza in Chora, Alberto Nerazzini, che parlerà del suo 121269 (su piazza Fontana, prodotto da Dersu), Cecilia Sala e Chiara Lalli per Polvere, sul caso Marta Russo (Miyagi/Huffpost,) e Chiara AlessiLa mia Olivetti (Archivio Olivetti). A introdurre gli incontri un altro podcaster, Matteo B. Bianchi, voce dell’imperdibile serie Copertina.

 

GRUPPI DI LETTURA
Ritorna la più bella delle abitudini, la lettura condivisa, altro momento tradizionale del festival, quest’anno a dedicato a tre scrittrici. Colette, Virginia Woolf e Sibilla Aleramo sono le protagoniste delle «interviste impossibili» del Club dei libri, Ornella Cerutti e Francesca Baro.

EDITORI OSPITI
Due gli editori special guest di #Invasione21; SUR, che compie 10 anni, e Nottetempo, che ne ha quasi il doppio (20 nel 2022). In programma un dialogo tra i due editori, Marco Cassini e Andrea Gessner, per raccontare i loro progetti e la visione del mondo editoriale. SUR ospita lo scrittore argentino Patricio Pron col suo romanzo Domani avremo altri nomi intervistato da Daniele Cassandro, oltre a Neri Marcorè con un reading speciale che chiuderà, domenica sera, la nona edizione del Festival.
Un particolare punto di vista è quello offerto da Valerio Corzani, nell’incontro La musica tra le righe che invita all’ascolto del catalogo SUR.

 

ESORDI
Come sempre il Festival della lettura dedica un’attenzione particolare agli autori emergenti più interessanti, in collaborazione con Scuola Holden. Quest’anno sono confermati: Valentina FerrariL’arte di restare a galla (Mondadori); Paolo MiloneL’arte di legare le persone (Einaudi); Valentina MiraX (Fandango); Nicola MuscasIsla bonita (66thcaand2nd); Germana UrbaniChi se non noi (Nottetempo, editore ospite del Festival), Ulderico IorilloCome fanno le volpi (Pequod). A introdurli Martino Gozzi e Alessio Torino.

 

MOSTRE & ILLUSTRATORI
È possibile leggere attraverso un disegno? Certamente, ed è proprio per questo motivo che La grande invasione propone cinque mostre in altrettanti spazi di Ivrea, aperti alle opere di Elisa Seitzinger Miracoli e sortilegi (Santa Marta), Davide Bonazzi Twist (Museo Garda), Riccardo Guasco Stay at Home (Galleria del libro), Andrea Serio Leggerezze (MamaB) e Marco Cazzato Camera Obscura (LBStudio). Per tutte l’inaugurazione sarà durante l’apertura del Festival, giovedì 27 maggio dalle 18.
Inoltre, per rimanere sempre nell’ambito dell’illustrazione, Claudio Marinaccio ogni giorno illustrerà (a modo suo) alcuni appuntamenti del festival in A spasso per il festival.

 

SAGGISTICA
Spazio anche ai saggi: venerdì 28 maggio il Direttore del Museo Egizio di Torino Christian Greco dialoga con Adele Rovereto su Antico Egitto e nuove tecnologie e sabato 29 maggio Mia Canestrini propone un incontro dal titolo La ragazza dei lupi.

 

ANTEPRIMA
Domenica 30 maggio alle 16 un momento particolare è dedicato alla presentazione di Cose, il nuovo progetto firmato da Iperborea e Il Post, raccontato da Pietro Biancardi e Luca Sofri sotto la guida di Maurizio Blatto.

 

LATE SCIANDI SHOW
Il tradizionale momento di chiusura della giornata sarà curato dalla giornalista Simonetta Sciandivasci con tre ospiti speciali: Daniela Collu, Emanuela Fanelli e Malika Ayane.

 

INOLTRE
Non mancano gli appuntamenti «fuori catalogo». Protagoniste le donne: l’attrice Francesca Brizzolara presenta il suo Antigone_web, reading ispirato alla vita di Chelsea Manning, con le con le musiche di Marco ForestaPetunia Ollister, al secolo Stefania Soma, proporrà un workshop sulla comunicazione culturale al tempo dei social promosso da Hangar per Digital Hangar, progetto della Regione Piemonte per lo sviluppo della cultura progettuale nella cultura, in collaborazione con Scuola Holden; Laura Curino, attrice e Direttrice artistica del Teatro Giacosa di Ivrea, intervistata da Helena Verlucca presenta il suo Ritratti al futuro del passato prossimo. Infine la proiezione del documentario Io sono di Martina Biagi nell’appuntamento Albergo Etico Ivrea: disabilità, futuro, lavoro seguito da una bicchierata.

 

LA PICCOLA INVASIONE
Lettura per tutte le età! Per questo a fianco della Grande invasione c’è La piccola invasione, rivolta ai più giovani.
Primo appuntamento venerdì 28 maggio con autori e illustratori che si mettono a disposizione delle scuole, a partire dai piccoli dell’infanzia fino alla scuola secondaria di secondo grado. In particolare al Liceo Artistico Faccio di Castellamonte il festival, come ormai da tradizione, porta un illustratore che possa raccontare il suo percorso artistico agli studenti: quest’anno è la volta di Vittoria Facchini, Premio Andersen 2006 come migliore illustratrice.
Altri illustratori ospiti del festival saranno GUD, con i suoi fumetti, Fabio Sardo ed Elisa Talentino con il suo esordio con i Topipittori.
Tra gli scrittori, La piccola invasione 2021 ospita Roberto Piumini, amatissimo da grandi e bambini che arriva a Ivrea con il suo nuovo libro Di che colore è la libertà e con un reading al teatro Giacosa, accompagnato dalla fisarmonica di Nadio Marenco.
Altri attesissimi ospiti in arrivo sono Davide Morosinotto, Guia Risari, Sofia Gallo, Pino Pace, Loredana Baldinucci e Andrea Vico.
Domenica pomeriggio al Teatro Giacosa uno spettacolo anche per piccolissimi, grazie a Faber Teater che mette in scena Non ti vedo non mi vedi, liberamente ispirato a In una notte di temporale di Yuichi Kimura.
In programma anche di invadere la città con attività nelle aree verdi tra Villa Girelli, Orto della Palude e Parco della Polveriera.

 

A CAVALLO TRA PICCOLA E GRANDE INVASIONE
Per i ragazzi e le ragazze che non sanno mai da che parte stare, tra La piccola e La grande invasione, il festival propone tre appuntamenti: una chiacchierata tra i rapper Amir Issaa e Kento, intervistati da Emiliano Sbaraglia sulla cultura rap e sui progetti che ruotano intorno a questo linguaggio musicale; Storie dentro lo sport. Lo sport che cambia il mondo, con Riccardo Gazzaniga intervistato da Matteo Fontanone e Cambiamo la scuola, Chiara Foà e Matteo Saudino intervistati da Fabio Geda. Inoltre, in collaborazione con Jolly Troll Ivrea, in arrivo Matteo De Longis con il primo numero della sua saga a fumetti The Prism.

 

FUORIPORTA
In calendario anche un appuntamento al Castello di Masino, a una manciata di chilometri da Ivrea: sabato 29 maggio alle 17.30 Chiara Alessi presenterà il suo libro Tante care cose. Gli oggetti che ci hanno cambiato la vita (Longanesi).

COME PARTECIPARE ALL’INVASIONE
I biglietti delle lezioni, dei reading e degli spettacoli sono in vendita alla Galleria del Libro di Ivrea o prenotando al numero 0125641212. Ogni lezione ha il costo di 5 Euro.
Tutti gli altri eventi sono a ingresso libero fino a esaurimento posti.

 

Il programma e tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.lagrandeinvasione.it

 

www.lagrandeinvasione.it

Twitter: grandeinvasione

Instagram: grandeinvasione

Facebook: facebook.com/invasionefestival

#invasione21

 

Antonello Venditti in concerto a Stupinigi

DA LUGLIO LIVE CON UNPLUGGED SPECIAL 2021

Da luglio ANTONELLO VENDITTI tornerà ad esibirsi dal vivo in tutta Italia con “UNPLUGGED SPECIAL 2021”.

Antonello Venditti, nella sua incredibile carriera, ha emozionato intere generazioni mettendo in musica i suoi sentimenti e l’amore, tematiche sociali e culturali.
In questi speciali concerti il cantautore ripercorrerà in una versione unplugged le sue più importanti canzoni, ripercorrendo il suo straordinario repertorio.

Queste la date ad oggi confermate:

02 luglio NICHELINO (TO) – STUPINIGI SONIC PARK

06 luglio CERVERE (CN) – ANFITEATRO DELL’ANIMA

08 luglio VILLAFRANCA (VR) – CASTELLO SCALIGERO

10 luglio TREVISO – ARENA DELLA MARCA

13 luglio FERRARA – PIAZZA TRENTO TRIESTE

19 luglio GARDONE RIVIERA (BS) – ANFITEATRO IL VITTORIALE

23 luglio MAJANO (UD) – FESTIVAL DI MAJANO

25 luglio VIGEVANO (PV) – CASTELLO SFORZESCO

29 luglio TAORMINA (ME) – TEATRO ANTICO

01 agosto ENNA – CASTELLO DI LOMBARDIA

10 agosto LECCE – PIAZZA LIBERTINI

16 agosto CATTOLICA (RN) – ARENA DELLA REGINA

04 settembre PRATO – PIAZZA DUOMO

08 settembre VICENZA – PIAZZA DEI SIGNORI

I biglietti per UNPLUGGED SPECIAL 2021sarannodisponibili in prevendita a partire dalle ore 18.00 di oggi, venerdì 21 maggio.
Per info: www.friendsandpartners.it

www.antonellovenditti.it

 www.instagram.com/antonellovenditti.offiacial

www.facebook.com/AntonelloVendittiUfficiale

I personaggi di Kureishi, se la scappatella rompe la rispettabilità

“The spank” in prima mondiale, per la stagione dello Stabile

 

Lo spunto per “The spank”, scritto da Hanif Kureishi – di padre pakistano e madre inglese, romanziere (“Il Budda delle periferie”), drammaturgo e sceneggiatore (gli si devono principalmente i successi di “My beautiful laundrette” con nomination all’Oscar e “Sammie e Rosie vanno a letto”) – e prodotto e rappresentato in prima mondiale dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, è autobiografico.

“Questa storia di un’amicizia è nata da qualcosa di assolutamente naturale, un’abitudine che ho da anni: vedere un amico una o due volte alla settimana in un caffè di quartiere. Stranamente, ci mettiamo seduti uno di fianco all’altro, in parte perché i mi devo sistemare vicino all’orecchio che gli funziona… io e il mio amico beviamo un po’, talvolta mangiamo, ci lamentiamo molto, parliamo del più e del meno, e vediamo come va. Analizziamo la commedia dell’esistenza, le nostre famiglie, gli altri amici, parliamo di sport, di politica e del nostro lavoro… l’amicizia è una forma di ozio volontario, il rapporto si basa sulla parità, non sul potere”. Questo racconta Kureishi. Quel caffè (un rifugio, un antro della conoscenza, un pub senza pretese, divenuto nella scena di Laura Benzi una succosa chiccheria), quella coppia, sono ancora uno sguardo aperto sulla Londra di oggi, uno sguardo amplificato, con l’umanità proveniente dal resto del mondo. Perché Sonny è di professione dentista, Vargas farmacista, lavorano nella stessa strada londinese, a pochi metri di distanza, i genitori di entrambi sono immigrati che per i figli hanno costruito con sicuri sacrifici un’esistenza solida e di successo. Un rapporto che li lega da anni, piccole e grandi confidenze, le parole che ti sconvolgono o le banalità di ogni giorno. I loro figli si conoscono, le mogli si frequentano e se un giorno Vargas, così, per parlare, chiede a Sonny di rendergli conto, per vecchia amicizia, chi sia quella bionda con cui l’ha visto giocare a tennis qualche giorno prima, mentre la cingeva anche con un braccio attorno alla vita, ecco che il perbenismo, la rispettabilità tutta quanta su cui è costruita una vita, ecco che quell’antica amicizia si sfaldano, scricchiolano con rumori sempre più sinistri, con relativo quanto successivo resoconto da moglie a moglie. Sì, una relazione c’è, da un anno e mezzo. Che fa Sonny, si discolpa? In un torrentizio dialogo – reso dalla traduzione di Monica Capuani brillantemente – che avrebbe tutti i presupposti per stare su un ring, feroce e struggente, pacato e urlato, inseguito e distorto, Sonny incassa quella buriana che gli è piovuta sulla testa, in pacata croce di fronte ad un Vargas che sbandiera la giusta bontà del proprio operato e la certezza della forza che al contrario tiene unita la sua famiglia.

In un alternarsi di umorismo e di malinconia, che Kureishi maneggia con grande intelligenza e che è forse l’aspetto più vero e vitale della commedia, ben altro succede nei 100’ di svolgimento, tra il tecnologico e il moderatamente porno, tutto quanto giocato in salsa decisamente attuale. Come ci appare moderno e intrigante quel coro di personaggi invisibili che ruotano intorno ai due uomini e che intessono altri rapporti, man mano in via anch’essi di disfacimento a causa dell’allegra quanto sbadata scappatella. Tra sbandierate sicurezze e fughe in alberghetti di quart’ordine nel tentativo di ritrovare un minimo di pace, tutto vacilla, non soltanto i rapporti ma la vita stessa. Dov’è finita la normalità, cosa è successo, ci si chiede: di fronte al disfacimento delle verità o della verità, che, a voler aggiustare in qualche modo ogni sconquasso, qualche limite dovrebbe pur averlo. Filippo Dini, nella sua veste di regista, chiudendo l’azione tra tuoni e scrosci di pioggia e velari che seppelliranno ogni cosa, espone e non giudica, racconta in piccoli tocchi le tragedie di questi piccoli uomini ridicoli. In stacchi indovinati di luci e di ombre, di parole e suggestioni, di rabbie e ricordi. In un inseguirsi di moti dell’animo che fanno di “The spank” (la sculacciata, “Spankies” è l’insegna che campeggia luminosa sopra il bancone) un piccolo capolavoro di analisi dei rapporti umani. Certo il successo dello spettacolo non si ferma al solo testo: basta vedere il crepitìo di umori che le interpretazioni di Dini (che è Vargas) e di Valerio Binasco (che è Sonny) sanno far nascere per comprendere quanto i due attori abbiano assimilato i loro personaggi e ce li restituiscano con impareggiabile bravura.

Elio Rabbione

 

Foto Luigi De Palma

La “Fondazione Bottari Lattes” racconta un anno di attività

“La cultura come relazione”. A Cuneo illustrati i progetti futuri
Sabato 29 maggio, ore 11 Monforte d’Alba (Cuneo)

Un anno difficile. In salita. Insidioso. Ma un anno durante il quale (e nonostante gli intoppi e le insidie create dall’emergenza sanitaria) la “Fondazione Bottari Lattes”, nata nel 2009 a Monforte d’Alba per volontà di Caterina Bottari Lattes – con lo scopo di promuovere la cultura e l’arte in memoria del marito, Mario Lattes, scrittore editore e pittore, fra gli intellettuali più prestigiosi del secolo scorso – non si è certo risparmiata. Sono tante infatti, fra il 2020 e questi primi mesi del 2021, le attività e gli eventi realizzati dalla Fondazione.

E tanti e importanti anche quelli messi in piedi per il prossimo futuro. L’elenco è lungo. Dalla recente pubblicazione del cofanetto “Opere di Mario Lattes” (Olschki editore) all’XI edizione del “Premio Lattes Grinzane”, con la designazione dei finalisti e il Premio Speciale a Margaret Atwood, al nuovo progetto digitale per “Vivolibro”, in cui si coinvolgono scuole e territorio (reso possibile grazie ad una campagna di “crowdfunding” promossa dalla Fondazione CRC in collaborazione con “Rete del Dono”) fino all’istituzione del “Centro Studi” a Monforte d’Alba (luogo di ricerca di tutte le iniziative ruotanti intorno alla figura di Mario Lattes) e all’ideazione del docufilm, ancora in fase di realizzazione, firmato da Claudio e Federico Strinati, dedicato sempre al grande intellettuale scomparso nel 2001. Eventi cui ancora s’aggiungono le mostre in presenza e online, la promozione in Italia del progetto europeo “Eti” che ha visto la selezione della proposta open air “Wine in progress” dello street artist Gec Art, con le sue opere di arte pubblica partecipata. Per finire con le collaborazioni, siglate da un Protocollo d’Intesa, con “Unesco” e “Alba capitale della cultura 2021” fino al recentissimo ingresso della Fondazione al torinese “Polo del ‘900” in qualità di “Ente partecipante non residente”. L’elenco è davvero lungo. E si è solo a metà percorso. Tanta anche la soddisfazione e la voglia di condividerla, raccontandone passione ed impegno – fra territorialità ed internazionalità – con il più vasto pubblico. Per questo motivo, la “Fondazione Bottari Lattes” dà appuntamento sabato prossimo, 29 maggio, alle ore 11 a Cuneo, nello spazio outdoor della tettoia di Piazza Virginio con l’iniziativa “La cultura come relazione”. “Sarà una occasione – ricorda Caterina Bottari Lattes – per ribadire quanto sia importante la collaborazione tra pubblico e privato a livello nazionale, internazionale e territoriale, per la realizzazione di proficue reti di partecipazione culturale”.
L’ingresso è su prenotazione, nel rispetto delle normative vigenti sulla sicurezza sanitaria dovute all’emergenza Covid-19: book@fondazionebottarilattes.it. Ma l’appuntamento sarà trasmesso anche in streaming sul sito e sulla pagina Facebook della Fondazione. Aperto a tutti – e realizzato in collaborazione con Fondazione CRC, la Città di Cuneo e con il supporto di “Mobili Bianco” – l’incontro sarà condotto dalla giornalista Marta Perego. Interverranno: la presidente e il direttore marketing della “Fondazione Bottari Lattes” Caterina Bottari Lattes e Mario Guglielminetti, i membri della giuria del “Premio Lattes Grinzane” Gian Luigi Beccaria (presidente) e Valter Boggione, i curatori del cofanetto “Opere di Mario Lattes” Giovanni Barberi Squarotti e Mariarosa Masoero.

Per info: “Fondazione Bottari Lattes”, via Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it

g. m.

Nelle foto
– Caterina Bottari Lattes con gli studenti del “Premio Lattes Grinzane”
– Mario Lattes: “Autoritratto”, 1990
– Marta Perego

“Io ne esco”, torna il teatro

 CINQUE ATTORI, UNO SPETTACOLO, DIECI REPLICE. DRAMMATURGIA DIVIREN BELTRAMO

Di Alessia Savoini

Io ne esco, primo spettacolo teatrale post pandemia con cui debutta il Cap10100, un’esperienza visiva in replica per dieci giorni, dal 27 maggio al 5 giugno 2021, con la prestigiosa regia di Viren Beltramo, attrice, formatrice e organizzatrice teatrale, presidente dell’associazione culturale Compagnia GenoveseBeltramo.

Sul palco di uno spazio culturale che non si è lasciato indebolire dagli effetti della pandemia, ma che anzi ha stravolto questa nuova normalità con innovazione e inclinazione all’arte e all’incontro, cinque attori coinvolti nella drammaturgia e nell’intreccio di tre opere del grande Eugenio Ionesco – Il rinoceronte, il pedone dell’aria, il muore -, porteranno in scena la rivisitazione originale di queste piéces teatrali, attraverso lo sguardo di VirenBeltramo, che ci guiderà in un’esperienza nuova e toccante.

In questo tipo di teatro e nella rappresentazione che ne hai costruito, esiste ancora un’identificazione tra la narrazione e il pubblico (che è un nuovo pubblico), o i dettami di questo momento storico hanno stravolto i canoni di fare teatro? Le persone che verranno a vedere lo spettacolo sono sature di un lungo periodo di silenzio, isolate dal palco.

L’idea di questo spettacolo nasce prima del tempo della pandemia, anche se l’allestimento ha preso forma nei postumi del lockdown. È nato da un amore per il teatro e per la scrittura di Ionesco, mi sono sempre trovata nelle sue parole e, riletto alla luce di quello che ci sta succedendo, così come lo è stato alla luce di quanto mi stava succedendo due anni fa,  va a costituire una sorta di ancora, uno stimolo, che si snoda attraverso un’opera di innamoramento della parola. Ionesco parla di virus, di vaccini, della paura di ammalarsi, della diversità, della disumanizzazione, sono tutte tematiche che questa pandemia ha fatto esplodere e quindi credo che le persone si possano riconoscere quanto noi, quanto me. Sono parole, le sue, di cui mi sono presa una libertà, con la scusa di amarlo l’ho un po’ stravolto, l’ho decostruito e ricostruito per costruire una nuova storia, perché io avevo bisogno di una storia.

Il nuovo pubblico. Io ne esco suggerisce l’invito a un’azione, quasi liberatoria. Non vi è epicità nella presa di posizione, quanto un ricollocamento della coscienza, individuale e quindi collettiva, della dimensione dell’uomo nella sua normalità. Qual è la spinta e quale la responsabilità che vuoi trasmettere in e con questo spettacolo, qual è la sua potenzialità trasformativa?

Io ne esco vuole essere uno specchio, come spesso il teatro si trova a essere. Vedere persone dal vivo che vivono delle esperienze che automaticamente ti contagiano nell’esperienza, fa sì che tu ne esca trasformato. Credo che chi si lascerà attraversare dallo spettacolo ne potrà uscire meno solo, perché questo è il viaggio di un essere umano che si torva più volte a fare una scelta e a decidere da che parte stare e che poi sceglie fondamentalmente la vita, sceglie di non accontentarsi. Credo sia un messaggiotrasversale a tutte le generazioni più che per il nuovo pubblico, perché ne ha bisogno il giovane come il meno giovane, sia nella sensazione di sciogliersi dalla solitudine sia nella volontà di essere contagiato da questa voglia di prendere coraggio. In questo momento soprattutto in cui ci sentiamo così isolati. Spero che alla fine le persone si sentiranno parte di qualcosa. E questo è proprio il potere del teatro dal vivo.

Quale posizione occupa il teatro in una società sempre più localizzata in una dimensione virtuale? Molti lavori hanno adottato la forma di smart working, il contatto umano e la soglia di separazione tra lo spazio personale e il mondo esterno si sono molto assottigliati e spesso nullificati. Nel mondo dell’arte del corpo, della vibrazione e del contatto visivo e sonoro, quali evoluzioni possibili e di valore vedi concrete in questo nuovo modo di viversi normali?

Finché si poteva abbiamo lavorato dal vivo, con l’uso della mascherina. Non abbiamo fatto laboratori online, solo un unico spettacolo in streaming lo scorso mese, ma perché ci è stato chiesto da amici, abbiamo evitato il più possibile di fare teatro virtuale, per me la parola teatro-in-streaming non ha senso, ma questo non vuol dire che chi l’ha fatto non abbia realizzato qualcosa di vero, è che per me non è teatro, poi noi facciamo cinema, il video lo amiamo e lo affrontiamo, ma è un altro strumento di comunicazione. Abbiamo percorso anche la realtà virtuale in questa pandemia, è una cosa ancora più distante, all’ennesima potenza del digitale, ma non è teatro. Il teatro è solo dal vivo. Tutto il resto sono altre cose, sono ibridi, sono sperimentazioni, sono tentativi, dignitosi di sopravvivenza. Ma il teatro non è morto e ha resistito per ora, vive da ben prima di noi e ci supererà tutti.

Eugenio Ionesco ha vissuto un tempo di transizione, il passaggio dalla Romania a Parigi, portando nelle sue rappresentazioni il limite della lingua che aveva sentito proprio. Delle tre opere che hai scelto, qual è la linea che le lega in una narrazione unica e in che modo la tua rielaborazione ha toccato l’ordinario? Quale aspetto hai toccato, smascherato, per ri-rappresentarlo?

Sono tre opere collegate per appartenenza, fanno parte di quello che viene definito ciclo Bérenger, nome del personaggio che incarna l’alter ego dell’autore. Nel mio caso, la storia del rinoceronte è il collante generale, al cui interno sono inseriti il pedone, che per me è il viaggio che più si avvicina alla spiritualità, quell’esperienza grazie alla quale si cominciano a vedere le cose in modo nuovo, e il muore, che nel nostro caso serve per accedere agli inferi, alle paure, all’incubo, all’ultima manifestazione di paura prima di fare la scelta finale. Poi non voglio rivelare troppo, ho rappresentato delle scelte che vorrei scoprisse il pubblico mentre guarda lo spettacolo.

Per quanto riguarda la rielaborazione, ho messo in relazione quello che per me è il teatro, rispettando Ionesco e omaggiandolo, creando due dimensioni: la dimensione dove è il pubblico (poi capirete perché) e la dimensione del palco, che hanno due linguaggi diversi, due modi di gestire il caos diversi, di gestire la paura, di manifestarla. Sicuramente il mio focus è molto incentrato sulla paura, sulla relazione con la paura e sulla scelta. Decidere da che parte stare. Credo sia un momento storico in cui uno questo sforzo lo si debba fare.

La dimensione del pubblico dovrà fronteggiarsi con una nuova modalità di essere spettatore: guardare uno spettacolo con la mascherina, distanziato nel suo insieme, già questo è una forma di isolamento, chi assiste è questa volta ancora più incanalato dentro sé. Si crea una separazione più sentita. Forse il teatro intraprenderà nuovi sviluppi, come compagniaavete pensato a nuove formule e forme nel vostro modo di fare teatro?

Io credo che le persone siano sature di sentir parlare di virus e mascherine, per cui l’ultima cosa di cui vogliono sentire qualcosa è la pandemia, io non tradurrei per ora questa realtà che ci appartiene, soprattutto in questo momento, lascerei passare del tempo prima di raccontarla, perché ancora la stiamo vivendo, ancora stiamo cercando di capire cosa ci sta succedendo, quindi anzi, proteggerei tutto quello che è stato fatto. Noi siamo una generazione di mezzo, proteggere quello che abbiamo è un obbligo morale per le generazioni a venire. Chi è stato prima di noi ci sta lasciando un’eredità e ne ho sempre avvertito molto forte la responsabilità, ora più che mai, perché sono tantissime le persone ad avere perso ciò che non era basato su fondamenta sufficientemente forti dal punto di vista economico, politico, e per me questa è una responsabilità, prima che di artista, di essere umano. Sono così contenta di accogliere un pubblico dal vero, che anche se sono separati da un metro cercheremo di colmare questa distanza con tutta la nostra energia. Mi auguro che il desiderio per questa stanca arte sia forte e sufficiente a mantenerci in vita.

Fare produzione è stata la nostra scelta, in questo periodo ci siamo resi conto di cosa era in nostro potere, abbiamo potuto creare reti, aprirci, metterci in contatto con tutte le altre realtà che vogliono collaborare, per creare insieme e farci trovare pronti quando il pubblico avrebbe potuto goderne di nuovo. Questo è quello che abbiamo fatto in pandemia e che stiamo continuando a fare.

Siamo in un momento di ri-apertura. Apertura e chiusura sono gli estremi necessari alla creazione, il presupposto è il vuoto come condizione indispensabile all’artista per la produzione dell’espressione. Il vuoto a cui segue il rifiuto del vuoto stesso. E in mezzo a questa concatenazione, vi è il momento creativo. Il tuo spettacolo, come hai dichiarato all’inizio, nasce da un’idea precedente alla chiusura, mentre la sua realizzazione è avvenuta nella fase di riapertura. C’è stato, in questo intramezzo, un’evoluzione, un cambiamento, un’infiltrazione che ha cambiato il modo di produrre e di vedere questo spettacolo?

ed è stato il tempo. Non abbiamo mai avuto il tempo di dedicare così tanto tempo. Concretamente, questo periodo difficile ci ha portato quel che nell’ordinarietà in cui eravamo immersi prima era spesso solo un ritaglio, e abbiamo cercato di valorizzarlo il più possibile. Tutti siamo stati coinvolti in un processo di approfondimento, abbiamo avuto il tempo di interrogarci, perché meno presi dal vortice. Abbiamo perso tutto,ma nel perdere tutto abbiamo guadagnato questa cosa preziosa chiamata tempo e abbiamo cercato di farlo fruttare.

Questo periodo storico si è declinato in una plurima dimensione del conflitto. Mentre Ionesco lo ha affrontato dal punto di vista linguistico, da una lingua a un’altra lingua, noi ne abbiamo vissuto uno tra corpo e corpo. Chi recita porta una realtà del suo ordinario e, per quanto il tuo spettacolo vuole essere un omaggio alla scrittura e al teatro di Ionesco, c’è qualcosa di imprescindibilmente tuo e del tuo tempo. Qual è stato il tuo conflitto?

Io mi sono focalizzata più sui parallelismi che sul conflitto, ho fatto un altro tipo di percorso, ho cercato tutto ciò che in luirisuonava come punto in comune con la nostra realtà, seppur lui scrisse dopo una guerra, figlio di una delle cose più truci che ha vissuto la nostra umanità. Forse il conflitto è talmente quotidiano, quello che viviamo, che per me questo spettacolo è statoun’ancora, un’esigenza, l’ho creato e ci ho dato energia perché in un momento di tensione costante della vita quotidiana di ciascuno, nel fare qualsiasi cosa, non avevo questa necessità di esplorare un travaglio. È un viaggio sulle domande che uno si fa, per cui il conflitto è intrinseco all’opera stessa, ma non ho dato energia a questa dimensione. Per me il conflitto fa parte della vitalità, è un motore, io adoro la possibilità, il privilegio che si ha all’esterno di vedere due piani che vivono in parallelo, nello spettacolo succede spesso, puoi vederlo come un conflitto o puoi vederne la tessitura comune, ci sono entrambe le cose. Io tendo più all’armonia e forse lo spettacolo questa cosa la rispecchia.

Ionesco dice che <<il teatro è al rivelazione di qualcosa che era nascosto>>. Si porta sempre in scena l’uomo, quando ci si espone si mostra una parte che era stata nascosta. È una scelta tra ciò che riveli e ciò che decidi di tenere nascosto.

A me spaventa sempre dover spiegare, soprattutto Ionesco, perché spiegando si incorre nel pericolo di porre dei limiti. Sono moltovisiva, ho creato immagini. Figlia di un pittore, sono cresciuta con l’arte visiva, alla domanda che ponevo innanzi all’arte astratta di mio padre “cos’è?” lui rispondeva “quello che vedi”. Se ti dico cosa vedo io, tu che stavi vedendo qualcos’altro cadi nella preclusione della possibilità di vederlo.

Io ne esco. Critica sociale o dramma interiore?

Abbiamo tentato di fare quello che non siamo soliti fare. Non vuole essere una presa di posizione politica, ma una necessità di uscire dall’angoscia, da questo stato che questo periodo ci ha fagocitato.

Il rinoceronte di Ionesco andò in scena per la prima volta in Francia nel 1960. La sua era una denuncia alle ideologie totalitarie, che producono massificazioni e conformismo. Gli abitanti de Il rinoceronte si abbandonano passivamente alla metamorfosi da uomo ad animale. Qual è il rischio della nostra perdita? Quale soglia implica questa deriva?

Il pericolo è la disumanizzazione, che è intrinseca all’opera del rinoceronte. Abbiamo una costante necessità di identificare cosa sono le emozioni positive e cosa sono quelle negative, volendo a tutti i costi escludere quelle negative, manifestando sempre quelle positive e dichiarandole sui social, pensiamo che questo ci salvi, ci protegga e ci elevi, ma in realtà non è così, perché l’essere umano si unisce e cresce attraverso il dolore. Nel nostro caso credo che il pericolo sia una ricerca di sicurezza, abbiamo bisogno di essere rassicurati perché siamo spaventati, abbiamo mille motivi per esserlo.

Credo che il male, la violenza, sia una condizione naturale e il bene, il positivo, sia una chiave di lettura, una tendenza che si va a ricercare. Attribuendo quindi alla violenza un connotato naturale, è come se il teatro assumesse questa forza violenta, ha il potere di travolgere, finito lo spettacolo si torna a casa con una domanda o con una risposta e se è così è perché qualcosa si è smosso. E affinché qualcosa venga mossa, il teatro agisce una piccola violenza sul suo pubblico. Io ne escopuò reputarsi un atto violento?

Io spero che sia l’atto violento più efficace. Perché in questo momento l’atto violento con più risonanza è la delicatezza, siamo anestetizzati dalla violenza. Quello che vediamo non ci tocca più, non abbiamo bisogno di schiaffi, di parole pesanti… Nello spettacolo sono presenti queste componenti, ma sono impotenti in questo momento. Una persona che ti vuole parlare davvero, che ti vuole sfiorare davvero, questa è forse la cosa più violenta in questo momento.

Nel teatro di Ionesco è predominante l’aspetto del surreale. Nel tuo spettacolo, come hai affrontato questa soglia?

Il rapporto con il surreale nella nostra compagnia è sempre stato presente, spesso le nostre opere sono originali del tutto. Ionesco è una figura a cui noi ci siamo ispirati spesso e questa volta abbiamo provato a usare le sue di parole, in un linguaggio che anche se è nuovo, perché la regia spetta a me, quindi rivisitato sotto la mia visione, è in linea con il nostro modo di fare teatro. Ho lavorato sull’incastro di queste tre opere, poi ho scelto le persone, con un lungo lavoro di selezione, cercavo attori che mi piacessero. Vedere ad esempio Lidia Ferrari, una nostra ex allieva che si è staccata da noi e ha fatto altre esperienze, lavorando anche in Francia, superare tutti i livelli di selezione, è stato molto bello e gratificante. L’obiettivo è stato anche quelli di trovare persone che condividessero lo stesso desiderio e che fossero in grado di tradurre la mia visione, che è fatta di un aspetto fisico, sono tutti attori che hanno un grandissimo rapporto con il loro corpo, con la propria voce e che non sono attori marionette: quando abbiamo iniziato a lavorare, oltre a esplorarci reciprocamente, una volta che ho dato loro il testo e un reticolato, avevo davanti a me attori attivi, capaci di spazio sulla scena. Mi piace che le persone che abitano le immagini siano vere e vive e per esserlo devono essere attori molto percettivi, che sappiano sostenere questa verità e sono molto fiera di loro.

Regista donna. In questi tempi di rivoluzione e rivendicazione, la tua posizione potrà produrre una risonanza. Ma specificare che la regia è femminile può essere sia un atto di rivendicazione sia un sottolineare che tutt’oggi si debba ancora specificare che una donna può farlo.

Conosco uomini, a cui tra l’altro voglio anche bene, che dicono “a me piace la mia donna perché sa stare al suo posto. Quando ho sentito questa frase, mi sono detta “adesso credo che cambierò posto. Continuamente.

Per prenotare il tuo biglietto, cliccare il seguente link -> https://tinyurl.com/IoNeEsco

Dal 27 maggio al 5 giugno, presso il Cap10100, corso Moncalieri, 18, Torino

Per informazioni relative all’evento -> https://www.facebook.com/events/855651021696427?acontext=%7B%22event_action_history%22%3A[%7B%22mechanism%22%3A%22your_upcoming_events_unit%22%2C%22surface%22%3A%22bookmark%22%7D]%2C%22ref_notif_type%22%3Anull%7D

Coreografie: Valentina Gallo

Aiuto regia: Fabio Regis

Visione musicale: Leonardo Aloi

Scenografie: Massimo Voghera

Supervisione costumi: Giovanna Fiorentini

Supervisione illuminotecnica: Liliana Iadeluca

Realizzati dagli studenti dell’Accademia Albertina di belle arti di Torino:

Niccolò Bianchi – Giulia Bussetti – Veronica Cicirello – Maria Teresa Desario – Agnese FalcarinAsja Lanzetti – Sara Marenco– Cristina Sabato – Valeria Sapiere – Chiara TommasiniMengran Zhang

Grande musica per il ritorno del TJF

Si svolgerà dal 19 al 27 giugno il Torino Jazz Festival. Nove giorni con 150 musicisti. Le sedi previste sono le OGR , Conservatorio e Teatro Vittoria. La kermesse è stata presentata nella sede di Camera dai due direttori artistici Diego Borotti e Giorgio Li Calzi, con la presenza della sindaca Appendino, l’assessore alla cultura Leon e il segretario della Fondazione cultura Isaia.

Si comincia sabato 19 con un doppio concerto (17.30 e 21.00) al Conservatorio con Gianluca Petrella Cosmic Renaissance. Domenica 20 alle 15 al Conservatorio si esibisce Erios Junior Jazz Orchestra Feat. Joan Chamorro mentre alle 21nella stessa sede concerto del Luigi Martinale Quartet guest Stefano Cocco Cantini+ Classwing Ensemble+ Pino Ninfa.Lunedi 21 alle21 OGR Gianluigi Trovesi/Filarmonica TRT/ Fabrizio Bosso “Berg Heim: Una Piccola Montagna Magica”. Martedì 22 alle OGR alle 21 si esibisce il musicista elettronico Robert Henke con il progetto “CBM 8032 AV”. Mercoledì 23 alle 17.30 al Conservatorio Uri Caine/ Furio Di Castri/ Andy Sheppard con “Five Vision”. Alle 21 alle OGR Emanuele Cisi / Quartet  con la cantante Roberta Gamberini. Giovedì 24 alle OGR doppio concerto (17.30 e 21.00) con Birèli Lagrène & Charlier/ Sourisse multiquarium Big Band con il progetto “Remember Jaco Pastorius”. Venerdì 25 alle OGR doppio concerto (17.30 e 21.00) con Donny Mccaslin Quartet guest Gail Ann Dorsey in “Bowie’s  Blackstar”. Sabato 26 al Teatro Vittoria doppio concerto (11.30 e 15.00)  Nate Wood con “Four”.  Alle OGR alle 17.30 si esibisce l’Arto Lindsay And Band . Alle 21 sempre alle OGR Zig Zag Power Trio FT. Vernon Reid, Will Calhoun, & Melvin Gibbs.

Domenica 27 chiusura del Festival con  al Teatro vittoria doppio concerto (11.30 e 16.00) con Roberto Dani in “Solo”. Alle OGR doppio concerto . Con inizio alle 17.30 si esibisce il Korabeat mentre alle 21Salif Keita presenta “ Un Autre Blanc”. Prezzi popolari a 5 e 10 euro con capienze delle vari sedi ridotte. OGR 500 persone, 230 al Conservatorio e 91 al Teatro Vittoria. Tra i vari appuntamenti da segnalare la conversazione del fotografo Guido Harari con Stefano Salis mentre il musicologo Stefano Zenni racconterà la figura di Charlie Parker. Inoltre durante il Festival si possono vedere a Camera gli scatti di Lisette Model  a Dizzie Gillespie ., Count Basie, Louis Armstrong, Ella Fitzgerald, Bud Powell,Percy Heath, Chico Hamilton. La biglietteria apre il 26 maggio all’Urban Lab  in piazza Palazzo di Città dalle 10.30 alle 18.30 (tel. 011-01124777), oppure su internet : www.torinojazzfestival.it -www.vivaticket.it .

 

Pier Luigi Fuggetta

A giugno torna il Torino Jazz Festival

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Dal 19 al 27 giugno 2021 si terrà la IX edizione del Torino Jazz Festival, un omaggio al jazz in tutte le sue declinazioni espressive.

Nel cartellone, che recupera in gran parte quello programmato per l’edizione 2020, poi rinviato a causa emergenza Covid 19, sono presenti grandi musicisti italiani e internazionali, artisti di ricerca e talenti piemontesi. I nove giorni di programmazione saranno, come sempre, ricchissimi di produzioni originali.

Il Festival nelle ultime edizioni ha conquistato, grazie alla sua attenzione al contemporaneo, una precisa identità nel panorama internazionale dei festival jazz. Diretta dai musicisti Giorgio Li Calzi e Diego Borotti, la rassegna jazz porterà grandi artisti a esibirsi, a prezzi popolari, sui palchi delle OGR, del Conservatorio Giuseppe Verdi e del Teatro Vittoria.

Il TJF – che propone in calendario grandi concerti di artisti nazionali e internazionali (i musicisti coinvolti saranno circa 150), Torino Jazz Meetings (dove si incontreranno gli operatori del settore), Jazz Talks e mostre fotografiche – è un progetto della Città di Torino realizzato dalla Fondazione per la Cultura Torino, con il contributo di Fondazione Crt OGR Torino e A.N.Co.S., main partner Intesa Sanpaolo e Iren. Charity partner Fondazione Ricerca Molinette, media partner Rai CulturaRai 5Rai Radio 3 e La Stampa.

L’edizione 2021 cresce e dedica grande spazio all’aspetto formativo e ai giovani musicisti che studiano il jazz e ne praticano le forme espressive.

La rassegna sarà organizzata osservando le più scrupolose norme di sicurezza per il pubblico, gli artisti e il personale al lavoro.

Il programma del Festival, presenta: Gianluca Petrella Cosmic Renaissance (sabato 19 giugno ore 17.30 e ore 21, Conservatorio Giuseppe Verdi), Erios Junior Jazz Orchestra Feat. Joan Chamorro (domenica 20 giugno ore 15.00, Conservatorio Giuseppe Verdi, produzione Originale TJF), Luigi Martinale Quartet Guest Stefano ‘Cocco’ Cantini + Classwing Ensemble + Pino Ninfa (domenica 20 giugno ore 21.00, Conservatorio Giuseppe Verdi), Gianluigi Trovesi, Filarmonica Trt , Fabrizio Bosso ‘Berg Heim: una piccola Montagna Magica’ (lunedì 21 giugno ore 17.00 prova aperta e ore 21.00, OGR, coproduzione Filarmonica TRT e Torino Jazz Festival), Robert Henke ‘Cbm 8032 AV’ (martedì 22 giugno ore 21.00, OGR ), Uri Caine, Furio Di Castri, Andy Sheppard ‘Five Visions’  (mercoledì 23 giugno ore 17.30, Conservatorio Giuseppe Verdi, produzione originale TJF), Emanuele Cisi e Roberta Gambarini ‘No Eyes’ (mercoledì 23 giugno ore 21.00, OGR, produzione originale TJF), Biréli Lagrène & Charlier/Sourisse Multiquarium Big Band ‘Remember Jaco Pastorius’  (giovedì 24 giugno ore 17.30 e 21.00, OGR, prima italiana), Donny Mccaslin Quartet Guest Gail Ann Dorsey ‘Bowie’s Blackstar’(venerdì 25 giugno, ore 17.30 e ore 21.00, OGR, produzione originale TJF), Nate Wood ‘fOUR’ (sabato 26 giugno  ore 11.30 e ore 15.00, Teatro Vittoria, prima italiana), Arto Lindsay And Band (sabato 26 giugno ore 17.30, OGR, unica data italiana), Zig Zag Power Trio Ft. Vernon Reid, Will Calhoun, & Melvin Gibbs (sabato 26 giugno ore 21.00, OGR), Roberto Dani ‘Solo’ (domenica 27 giugno ore 11.30 e ore 16.00, Teatro Vittoria), Salif Keita ‘Un Autre Blanc’, opening Korabeat (domenica 27 giugno ore 17.30 e ore 21.00, OGR, unica data italiana).

 

Oltre ai concerti il pubblico potrà seguire i Jazz Talks ai quali interverranno il filosofo ed esperto di teoria dell’evoluzione Telmo Pievani (20 giugno); Robert Henke che dialogherà con l’artista e sound designer Giorgio Sancristoforo (21 giugno); il fotografo Guido Harari che converserà con Stefano Salis, giornalista del Sole 24 Ore (26 giugno); il musicologo Stefano Zenni che racconterà la figura di Charlie Parker (27 giugno).

Ad arricchire il Festival anche i Torino Jazz Meeting: due giorni di convegni in streaming sul jazz che coinvolgeranno gli ‘addetti ai lavori’, i soci dell’Associazione Nazionale I-Jazz e il network degli operatori  regionali coordinati da Piemonte Jazz.

 

‘Jazz è Ricerca’ è una mostra fotografica che espone nelle stazioni della metropolitana gli scatti di Massimo Forchino a sostegno della ricerca scientifica di Fondazione Ricerca Molinette. Le immagini scelte hanno l’obiettivo di esplorare il legame esistente tra i mondi solo apparentemente distanti della musica jazz e della ricerca scientifica.

Le sedi che ospiteranno il TJF 2021 sono: CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia (via delle Rosine 18); Circolo dei lettori (via Bogino 9); Conservatorio Giuseppe Verdi (piazza Bodoni); OGR (corso Castelfidardo 22); Oratorio di San Filippo Neri (via Maria Vittoria 5); Teatro Vittoria (via Antonio Gramsci 4).

Il collettivo The bounty killart ha realizzato due sculture per la campagna di comunicazione del Torino Jazz Festival. Così come nell’improvvisazione jazz l’esecutore sceglie un brano ed elabora variazioni melodiche o armoniche, il gruppo creativo The bounty killart decostruisce due sculture iconiche della storia dell’arte, il Discobolo di Mirone e la Paolina Borghese di Antonio Canova, e le ricompone donando loro nuove forme e significati. “Il processo di ricomposizione e le nuove narrazioni che si generano vogliono celebrare la storia e l’età dell’oro del jazz”.

In questa edizione il TJF si arricchisce di un teaser firmato Donato Sansone.

Ho cercato di catturare la dimensione notturna e metropolitana del jazz che amo molto inserendo alcuni tra i più autorevoli musicisti della scena contemporanea del jazz, senza tralasciare il richiamo alla città di Torino che ospita il festival – spiega l’artista -. Come sempre l’immagine è nulla senza l’atmosfera visionaria del suono e della musica realizzata in questo caso superbamente da Enrico Ascoli”.

Durante il Festival 2021, nello spazio espositivo di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia si potranno ammirare gli scatti di Lisette Model. Fra i tanti personaggi ritratti dall’artista sono esposti in mostra anche alcuni dei grandi nomi del Jazz come Bunk Johnson, Count Basie, Dizzy Gillespie, Bud Powell, Percy Heath, Chico Hamilton, Ella Fitzgerald e Louis Armstrong. Seguendo questa suggestione, in occasione del Torino Jazz Festival, a CAMERA, dal 24 maggio, sarà possibile scaricare attraverso QR Code una playlist a tema Jazz selezionata dai direttori artistici del Torino Jazz Festival. Inoltre, il 26 giugno alle ore 16.00, CAMERA ospiterà l’incontro ‘Art Kane Harlem 1958’ in cui Guido Harari dialogherà con Stefano Salis, giornalista del Sole 24 Ore.

 

“Il Torino Jazz Festival approda alla nona edizione con l’ambizione di accompagnare con la musica il desiderio di ripartenza che tutti proviamo – dichiarano la Sindaca Chiara Appendino e l’Assessora alla Cultura Francesca Leon -. Nonostante i tempi complessi il Festival mantiene l’alto livello qualitativo che lo contraddistingue, ospitando artisti internazionali, ai quali si affiancano artisti e maestranze del panorama italiano della musica dal vivo, con l’intento di continuare l’azione di sostegno che la Città ha intrapreso sin dalla scorsa edizione. Sfogliando il programma si possono anche apprezzare conferenze tematiche di alto livello e concerti che vedono gli studenti esibirsi sui palchi più prestigiosi della rassegna. Il necessario rispetto delle misure di sicurezza e le difficoltà logistiche rendono questa edizione speciale: è evidente lo sforzo ideativo e organizzativo messo in campo per poter proporre il palinsesto ora sotto i nostri occhi. Un sentito ringraziamento va dunque a chi realizza il festival, i jazzisti sui palchi, i tecnici e la direzione artistica affidata a Diego Borotti e Giorgio Li Calzi. Questi mesi dominati dal Covid-19 hanno svelato quante siano le professionalità coinvolte nel mondo dell’arte e quale prezioso lavoro svolgono ‘dietro le quinte’. Un ultimo ringraziamento – terminano Appendino e Leon – va all’attore più importante, quello che si trova di fronte al palco, il pubblico che con il suo entusiasmo desidera voler tornare a frequentare i concerti e gli incontri dal vivo”.

Se giugno sarà simbolicamente il mese della ripresa generale del Paese e della nostra Città, sono felice del contributo di bellezza e socialità che il TJF potrà offrire – sottolinea Diego Borotti -. Sarà bello addentrarsi nella metropolitana tappezzata delle immagini fotografiche di Massimo Forchino con la collaborazione di Fondazione Ricerca Molinette, tornare al tempio laico delle OGR e negli altri teatri con la speranza di allargare, insieme, l’immaginario onirico che la musica fornisce alle nostre vite. I percorsi narrativi di TJF, come in un bel romanzo, sono stratificati e ci accompagneranno attraverso molti temi conduttori. Work in progress dei felici processi formativi messi in scena dalla sorprendente Erios Junior Jazz Orchestra, con l’età media più bassa d’Italia, con Joan Chamorro, il Re Mida della didattica jazz europea, la collaborazione di allievi e docenti dei corsi di musica elettronica, jazz e archi classici del Conservatorio di Torino nel progetto condotto da Uri Caine con Furio Di Castri e Andy Sheppard, la possibilità di assistere alla rifinitura del concerto della Filarmonica del Teatro Regio diretta da Stefano Montanari su progetto di Gianluigi Trovesi con ospite Fabrizio Bosso. Grandi organici come la fantastica e muscolare big band Multiquarium nell’omaggio di Biréli Lagrène a Jaco Pastorius o nel progetto di Luigi Martinale, Stefano Cantini e Classwing Ensemble dal sound magistralmente miscelato tra musica classica e jazz e commentato visivamente da Pino Ninfa. Il sound del jazz classico dell’incontro felicissimo di Emanuele Cisi e Roberta Gambarini per spostarsi alla conferenza ‘Harlem 1958’ di Guido Harari, sino al simposio su Charlie Parker di Stefano Zenni. L’altrove che passa dal concerto del gigante Salif Keita, dei Kora Beat, da Cosmic Renaissance di Gianluca Petrella e porta alla conferenza di Telmo Pievani. Le categorie sono spesso pretesti per ordinare scaffali. Se ora scegliessimo un tema come ’multimedialità’ ecco che alcuni concerti già citati uscirebbero dalla categoria qui sopra per entrare in questa. Ciascuno proceda come preferisce andando a sfogliare casualmente o leggendo l’indice dettato dalle proprie inclinazioni; l’importante sarà incontrarci, corpo e anima, intorno al grande jazz di TJF 2021”.

“Il jazz è sempre stato sinonimo di terra di confine e libertà di espressione. E mai come oggi, anche la parte fortunata del pianeta, il nostro mondo occidentale, ha compreso l’importanza di poter varcare un confine per sentirsi liberi, una piccola cosa rispetto a chi fugge dalla disperazione per migliorare la propria condizione e quella dei propri figli – dichiara Giorgio Li Calzi –. Il jazz rappresenta nella musica quella libertà che nasce dall’imprevisto della vita, elemento destabilizzante che genera anticorpi e adattamento insieme alla speranza e alle condizioni di poter creare una nuova società e un nuovo linguaggio. Fondamentalmente i cicli della storia si ripetono, ma per fortuna i mutamenti creano nuove forme di vita. Quest’anno nonostante le mille difficoltà e regole che ci hanno imposto capienze, orari legati a coprifuoco, viaggi di artisti impossibilitati dalla pandemia, il festival si presenta in forma smagliante e più vario e multidisciplinare che mai. Intanto giovani artisti torinesi di fama internazionale comunicano l’immagine del Torino Jazz Festival, i Bounty Killart con le loro irriverenti sculture rappresentano la visualizzazione di un contenuto che è effettivamente un New Classic Jazz, un jazz che esplora nuovi percorsi contemporanei. E ancora il talento fuori da ogni confine di Donato Sansone che ha prodotto il teaser con le musiche di Enrico Ascoli che ha usato i campionamenti del sax di Diego Borotti e della tromba del sottoscritto. I caratteri di unicità come sempre sono una cifra del TJF: primi concerti italiani e europei, produzioni originali, 2 concerti di sola batteria di matrice artistica opposta, un grande filosofo evoluzionista che racconta il nostro cammino umano fatto di migrazioni, un guru della musica digitale che oltre a suonare spiega come creare nuovi linguaggi usando strumenti classici, e inoltre la nostra prima produzione originale internazionale, avendo chiesto ai musicisti di Blackstar di Bowie, di suonare con la mitica bassista che ha accompagnato per anni il Duca Bianco. Questo e molto altro. Vi aspettiamo al TJF 2021 – termina Li Calzi -, un festival contemporaneo fortemente ancorato al terreno e pensato per una collettività che ha voglia di conoscere tutto ciò che sta intorno a sé e tutto ciò che sta al di fuori di un semplice concerto”.

 

PROGRAMMA DAY BY DAY

Sabato 19 giugno

Ore 17.30 e ore 21.00 Conservatorio Giuseppe Verdi

GIANLUCA PETRELLA COSMIC RENAISSANCE

Domenica 20 giugno

Ore 15.00 Conservatorio Giuseppe Verdi

ERIOS JUNIOR JAZZ ORCHESTRA FEAT. JOAN CHAMORRO

Produzione originale TJF

 

Ore 21.00 Conservatorio Giuseppe Verdi

LUIGI MARTINALE QUARTET GUEST STEFANO ‘COCCO’ CANTINI+CLASSWING ENSEMBLE+PINO NINFA

Lunedì 21 giugno

Ore 17.00 (prova aperta) e ore 21.00 OGR

GIANLUIGI TROVESI FILARMONICA TRT FABRIZIO BOSSO ‘BERG HEIM: UNA PICCOLA MONTAGNA MAGICA’

Coproduzione Filarmonica TRT e TJF

Martedì 22 giugno

Ore 21.00 OGR

ROBERT HENKE ‘CBM 8032 AV’

Mercoledì 23 giugno

Ore 17.30 Conservatorio Giuseppe Verdi

URI CAINE FURIO DI CASTRI ANDY SHEPPARD ‘FIVE VISIONS’

Produzione originale TJF

 

Ore 21.00 OGR

EMANUELE CISI ROBERTA GAMBARINI ‘NO EYES’

Produzione originale TJF

Giovedì 24 giugno

Ore 17.30 e ore 21.00 OGR

BIRÉLI LAGRÈNE & CHARLIER SOURISSE MULTIQUARIUM BIG BAND

‘REMEMBER JACO PASTORIUS’

Prima Italiana

 

Venerdì 25 giugno

Ore 17.30 e ore 21.00 OGR

DONNY MCCASLIN QUARTET – GUEST GAIL ANN DORSEY ‘BOWIE’S BLACKSTAR’

Produzione originale TJF

 

Sabato 26 giugno

Ore 11.30 e ore 15.00 Teatro Vittoria

NATE WOOD ‘fOUR’

Prima italiana

Ore 17.30 OGR

ARTO LINDSAY AND BAND

Unica data italiana

 

Ore 21.00 OGR

ZIG ZAG POWER TRIO, FT. VERNON REID, WILL CALHOUN, & MELVIN GIBBS ARTO LINDSAY AND BAND

Domenica 27 giugno

Ore 11.30 e ore 16.00 – Teatro Vittoria

ROBERTO DANI ‘SOLO’

 

Ore 17.30 e ore 21.00 OGR

SALIF KEITA ‘UN AUTRE BLANC’ – OPENING KORABEAT

Unica data italiana

 

JAZZ TALKS

Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria.

È possibile prenotare gli incontri su torinojazzfestival.it.

Quelli del 20 e 21 giugno a partire da giovedì 17 giugno ore 10. Quelli del 26 e 27 giugno a partire da giovedì 24 giugno ore 10. Tutti i jazz talks saranno registrati e messi a disposizione sul canale Youtube del festival www.youtube.com/user/torinojazzfestival

 

20 giugno

Ore 17.00 Oratorio di San Filippo Neri

L’umanità, una sinfonia di minoranze – Incontro con Telmo Pievani

I gruppi umani attraversano confini da sempre. Siamo migranti da due milioni di anni. Come migranti, siamo partiti sempre dall’Africa, a più riprese, per disseminarci nel mondo, forti delle nostre unicità: un’infanzia prolungata, il gioco, la sperimentazione, l’improvvisazione, la perfezione creativa, l’immaginazione, la socialità. Da una prima piccola popolazione di pionieri africani – dai quali tutti noi discendiamo– si è aperto un ventaglio straordinario di culture, di lingue, di storie, di meticciati. Linguaggi universali umani, come la musica e la scienza, in sempre nuove declinazioni. Affronta questi temi il filosofo ed esperto di teoria dell’evoluzione Telmo Pievani.

 

21 giugno

Ore 15.00 CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia – Sala Gymnasium

Esplorare il futuro del passato. Lavorare oggi con tecnologie di ieri

Robert Henke dialoga con l’artista e sound designer Giorgio Sancristoforo.

Henke tiene corsi universitari e conferenze dove spiega la commistione tra intelligenza artificiale e composizione musicale, dove racconta la necessità estetica e filosofica di riportare in vita computer obsoleti. Ha detto in più occasioni: “i vecchi computer emanano un proprio groove”. Questa visione consente a Henke di tracciare un collegamento tra il suo modo di pensare la performance e il jazz: “queste tecnologie superate richiedono un notevole lavoro di interazione manuale del mixer con i computer collegati e in questo intervento si concretizza la magia del momento e ci ritroviamo in un terreno comune”.

26 giugno

Ore 16.00 – CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia – Sala Gymnasium

Art Kane Harlem 1958

Guido Harari dialoga con Stefano Salis, giornalista del Sole 24 Ore.

Il libro ‘Art Kane. Harlem 1958’ (Wall Of Sound Editions) a cura di Jonathan Kane e Guido Harari, uscito per celebrare lo scatto di Kane ‘Harlem 1958’immortala 57 musicisti jazz, tutti presenti alle 10 di mattina tra la Quinta e Madison Avenue, ad Harlem. Il gruppo comprendeva, tra gli altri, Dizzy Gillespie, Thelonious Monk, Gerry Mulligan. Il volume, con prefazioni di Quincy Jones e Benny Golson, omaggia un periodo cruciale della storia americana e del jazz. Guido Harari ha fotografato tanti miti musicali. Ha detto Lou Reed: “sono sempre felice di farmi fotografare da Guido. So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e sentimento”. L’incontro trova la sua logica collocazione negli spazi di CAMERA Centro Italiano per la Fotografia, in contemporanea alla mostra dedicata a Lisette Model.

27 giugno

Ore 15.00 Circolo dei lettori

Yardbird Suite: viaggio nella musica di Charlie Parker

Incontro con Stefano Zenni.

A cento anni dalla morte, la figura di Charlie Parker (1920-1955) si staglia in tutta la sua tormentata e frenetica genialità. In una manciata di anni di carriera, insieme a musicisti come Dizzy Gillespie e Thelonious Monk, Parker ha cambiato la direzione del jazz, ne ha trasformato definitivamente il linguaggio, ha alzato l’asticella del virtuosismo strumentale e, soprattutto, ha imposto una nuova logica dell’improvvisazione. Considerato oggi un classico, Parker è ancora un artista irriducibile, di cui va recuperata l’ampiezza di vedute musicali, la potenza creativa, la tellurica varietà espressiva.

Stefano Zenni. Musicologo, docente. È stato direttore del TJF per 4 edizioni.

 

 

TORINO JAZZ MEETING 2021 – III EDIZIONE

Convegni sul jazz e concerti/vetrine del jazz piemontese

Torino Jazz Meetings nasce nel 2018 con l’obiettivo di sviluppare il network delle realtà che promuovono il jazz a livello regionale, nazionale e internazionale e come occasione di incontro-vetrina per le eccellenze del jazz piemontese. L’edizione 2021 è stata ideata tenendo conto della situazione emergenziale e delle misure di sicurezza vigenti. La partecipazione del pubblico avverrà in streaming sulle piattaforme indicate. Location incontri (solo per gli accreditati): Best Western Plus Executive Hotel and Suites – via Nizza, 28, Torino.

 

26 giugno

JAZZ IN ITALY dalle 14.30 alle 16.30

Apertura Assemblea nazionale di I-Jazz e forum: ‘Jazz in Italy’

L’Assemblea nazionale di I-Jazz, Associazione che raccoglie diversi tra i più conosciuti e seguiti festival jazz italiani, ospita, all’inizio dei lavori, un prezioso momento di confronto tra i soci, aperto al pubblico in streaming.

Si tratta di un incontro-dibattito tra le realtà che promuovono il jazz italiano, con l’obiettivo di consolidarlo e diffonderlo sempre più. Alle 16.30 termina la parte dei lavori in forma di convegno aperto al pubblico e l’Assemblea prosegue con i soli soci per le attività istituzionali. Convegno in streaming sulla piattaforma www.italiajazz.it

27 giugno

TORINO JAZZ FESTIVAL PIEMONTE ore 10.00

Il programma del Torino Jazz Festival Piemonte 2021.

Incontro divulgativo a cura del direttivo di Piemonte Jazz e degli operatori jazz locali coinvolti nella rassegna.

A seguire Torino Jazz Festival Piemonte: il network delle eccellenze territoriali. Convegno

Le realtà del jazz del Piemonte si sono aggregate creando un brand che costituisce uno tra i principali network italiani dedicati a questa musica. Il 2019 ha visto la nascita del Torino Jazz Festival Piemonte, frutto della collaborazione tra Piemonte Jazz, TJF e Fondazione Piemonte dal Vivo. Il Torino Jazz Meeting rappresenta un’occasione di presentazione dell’iniziativa, che quest’anno avrà luogo tra luglio e ottobre, e di dibattito tra gli operatori regionali del settore, aperti a un confronto con rappresentanti delle istituzioni e del mondo produttivo della regione. I due appuntamenti sono in streaming sulla piattaforma di Piemonte jazz www.piemontejazz.it. Torino Jazz Meetings è un progetto del Consorzio Piemonte Jazz realizzato in collaborazione con il Torino Jazz Festival.

 

IL JAZZ È RICERCA

UN PROGETTO FOTOGRAFICO PER UNA BUONA CAUSA

Torino Jazz Festival Fondazione Ricerca Molinette presentano Jazz è Ricerca, una mostra fotografica a scopo benefico che si propone di esplorare il legame esistente tra i mondi solo apparentemente distanti della musica jazz e della ricerca scientifica. Il Torino Jazz Festival è un evento profondamente legato al tessuto urbano, così come lo è Fondazione Ricerca Molinette, impegnata da 20 anni nel sostegno alla ricerca medico – scientifica all’interno di Città della Salute. Jazz è Ricerca: i musicisti suonano con una continua tensione al cambiamento, proprio come fanno i ricercatori scientifici che, sperimentando senza sosta, si impegnano a trasferire i risultati ottenuti in laboratorio all’ambito clinico, per sviluppare nuove terapie contro le malattie del nostro tempo. Al torinese Massimo Forchino va il merito di aver pensato di far dialogare questi mondi. Attivo dagli anni Settanta come reporter per importanti quotidiani e riviste, fotografo di scena, autore di copertine per dischi, Forchino ha selezionato 7 immagini-simbolo del Torino Jazz Festival.

La Fondazione Ricerca Molinette ha accolto con grande piacere la possibilità di collaborare con il Torino Jazz Festival – dichiara il Presidente, Dott. Massimo Segre – Attraverso questo abbinamento originale porteremo la Ricerca nei luoghi torinesi della musica e all’interno della metropolitana, ribadendo ancora una volta l’importanza di sostenerla, per trovare nuove cure alle malattie del nostro tempo, grazie all’impegno dei gruppi di ricerca che operano nel più grande ospedale cittadino”.

Jazz è Ricerca’ espone nelle stazioni della metropolitana le fotografie di grandi jazzisti immortalati durante il festival. Gli scatti rappresentano il primo passo di un progetto dinamico, frutto di un lavoro in team, che il TJF segue anche online e durante i concerti. Il progetto fotografico contribuisce a sostenere Fondazione Ricerca Molinette sia promuovendo la campagna di devoluzione del 5 x 1000 della Onlus torinese sia rendendo disponibili, in cambio di donazioni per la Ricerca, le immagini di Massimo Forchino in diversi formati.

Fondazione Ricerca Molinette: Ente senza scopo di lucro, nato nel 2001 per sviluppare la ricerca scientifica all’interno dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria ‘Città della Salute e della Scienza’ di Torino. La Fondazione si impegna a sostenere in particolare la ricerca traslazionale, volta a trasferire in ambito clinico i risultati della ricerca di laboratorio, attraverso lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie. I progetti che la Fondazione predilige sono un ponte tra scienza e medicina, rispondono ad esigenze reali e mettono al centro il paziente e il suo benessere. La Fondazione sostiene anche l’Ospedale Molinette, nel quotidiano e durante le emergenze.

Come seguire e sostenere jazz è ricerca: la mostra sarà visibile dall’1 al 14 giugno nelle stazioni della metropolitana di Torino. Informazioni: www.torinojazzfestival.it | www.massimoforchino.com. Per sostenere il progetto e per maggiori informazioni sulla Fondazione Ricerca Molinette: www.fondazionericercamolinette.it

 

BIGLIETTERIA PUNTI VENDITA

C/O URBAN LAB: piazza Palazzo di Città 8/F – tel. 01101124777 tjftickets@comune.torino.it

Giorni e orari di apertura da mercoledì 26 maggio: lunedì/sabato 10.30/18.30 chiusa mercoledì 2 giugno aperta tutti i giorni da lunedì 14 a domenica 27 giugno

Informazioni e accesso disabili: tel. 01101124777 nei giorni e negli orari di apertura della biglietteria.

INTERNET: www.torinojazzfestival.it – www.vivaticket.it – Il costo del servizio di acquisto è pari al 12% del prezzo del biglietto, con un minimo di € 1.

OGR – Officine Grandi Riparazioni Posto unico numerato € 10,00

Arto Lindsay and Band e Zig Zag Power Trio: entrambi i concerti acquistati insieme € 16,00

Gianluigi Trovesi/Filarmonica TRT/Fabrizio Bosso: prova aperta € 3,00

All’ingresso saranno effettuati controlli di sicurezza

Conservatorio Giuseppe Verdi – Posto unico numerato sabato 19 e domenica 20 giugno € 5,00 mercoledì 23 giugno € 10,00

Teatro Vittoria Posto unico numerato € 5,00

Per i nati dal 2007 biglietti per tutti i concerti € 5,00

Se ancora disponibili i biglietti saranno posti in vendita 45 minuti prima dell’inizio dei concerti

Non è previsto servizio di guardaroba

 

 

Norme di sicurezza

  • l’assegnazione dei posti garantirà il necessario distanziamento
  • all’ingresso sarà misurata la temperatura e non sarà consentito l’accesso alle persone con temperatura superiore ai 37.4° C
  • tutti gli spettatori dovranno indossare la mascherina anche durante lo spettacolo (per i bambini valgono le norme di legge vigenti); non è ammessa la mascherina comunitaria
  • verrà assicurata regolare igienizzazione delle sedi di concerto

 

 

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Regio e Rotary portano il teatro ai ragazzi

Il Teatro Regio da trent’anni indirizza una considerevole parte delle sue attività ai giovani, con cui ha stabilito una collaborazione costante e continuativa.

L’emergenza COVID-19 ha generato uno scenario sociale inedito e inaspettato imponendo nuove modalità di vita e di relazione a tutti, con particolare incidenza sui bambini e sui ragazzi anche in ambito scolastico.

In questo momento gli studenti non hanno la possibilità di vedere spettacoli dal vivo perdendo qualcosa di fondamentale per la loro formazione.

Quindi, poiché i ragazzi non possono venire a teatro, il Teatro hadeciso di andare dai ragazzi.
Per questo motivo, e fino a quando non sarà possibile accogliere gli studenti a Teatro, è stata realizzata un’iniziativa fortemente innovativa, una versione pocket de La bohème di Giacomo Puccini nel 125° anniversario della sua prima rappresentazione, con la partecipazione del regista Paolo Gavazzeni in qualità di narratore d’eccezione e con una presentazione iniziale, sempre online, ma in diretta, da parte di un professionista interno del Teatro Regio che interagisce con le classi collegate, in modo da non limitarsi a un puro spettacolo in streaming, ma cercando di mantenere un contatto e uno scambio tra il teatro e i giovani spettatori.
L’attività è stata realizzata grazie al contributo del Rotary Club Torino Nord Ovest, che ha offerto 2.500 biglietti d’ingresso per i giovani che partecipano agli spettacoli (due alla settimana, il martedì ed il giovedì). Il service è stato deliberato dal Club perché, come ha dichiarato il Presidente Bruno Giuliani, Tra le mission dell’associazione c’è anche quella di migliorare la qualità della vita delle persone in seno alla comunità, dando la possibilità ai giovani di partecipare a uno spettacolo straordinario, promuovendo così la cultura,uno dei pilastri della società e, in particolare, il teatro, la musica e lo sviluppo personale.

Per spiegare finalità dell’iniziativa e ricordare la natura del Rotary, è stato elaborato un breve filmato che è proiettato ad ogni rappresentazione; può essere visionato dal link sottostante.

https://youtu.be/lACOxO6fwdg

 

Mara Martellotta

24 Maggio 1915. L’Italia va alla guerra

Soldati di Terra e di Mare. L’ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata.

Seguendo l’esempio del mio Grande Avo, assumo oggi il comando supremo delle forze di terra e di mare con sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, la vostra disciplina sapranno conseguire. Il nemico che vi accingete a combattere è agguerrito e degno di voi. Favorito dal terreno e dai sapienti apprestamenti dell’arte, egli vi opporrà tenace resistenza, ma il vostro indomito slancio saprà di certo superarlo. Soldati a voi la gloria di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra. A voi la gloria di compiere, finalmente, l’opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri“.

Così , con un discorso gonfio di retorica, parlò il Re d’Italia, Vittorio Emanuele III , dal Gran Quartier Generale, il 24 maggio 1915.

Erano passati dieci mesi dall’agosto del 1914 che aveva segnato l’inizio del conflitto. Il ”maggio radioso”, come viene spesso chiamato il periodo che prelude all’entrata in guerra dell’Italia, fu un mese di fermento diplomatico e di forte tensione politica. Il fervore interventista si concretizzò in manifestazioni di tutte le piazze della penisola e D’Annunzio arringava la folla e la incitava contro Giolitti, fautore della linea della neutralità. L’Italia era ormai prossima a rompere l’antico patto con Austria e Germania e a entrare in guerra a fianco dell’Intesa, secondo i piani segreti firmati a Londra il 26 aprile del 1915. I primi fanti marceranno contro l’Austria proprio quel giorno, oltrepassando il confine. Era un lunedì di più di cent’anni fa, il 24 maggio 1915. Iniziava così, anche per l’Italia, la Prima Guerra mondiale.

L’Italia, incurante del patto sottoscritto fin dal 1882 (Triplice Alleanza) con l’Austria-Ungheria e la Germania, decise di entrare in guerra cambiando alleanza e schierandosi con la Triplice Intesa, formata da Francia, Inghilterra e Russia. La Triplice Alleanza era un trattato di carattere puramente difensivo, che prevedeva il reciproco aiuto in caso di invasione esterna. Questa clausola permise all’Italia, visto che l’Austria aveva dichiarato guerra alla Serbia senza avvisarla, di rimanere neutrale allo scoppio del conflitto. Dopo essersi dichiarata tale, l’Italia decise, dunque, di schierarsi a fianco dell’Intesa contro gli Imperi centrali (Austria-Ungheria, Germania e Impero Ottomano). La vittoria, secondo l’accordo, avrebbe garantito all’Italia il Trentino e il Sud Tirolo, con il confine al Brennero; Trieste e l’Istria fino al Quarnaro – ma senza Fiume; la Dalmazia, una sorta di protettorato sull’Albania e compensi indefiniti in caso di disgregazione dell’Impero Ottomano e di guadagni coloniali da parte inglese e francese. Il comando supremo delle operazioni venne affidato al generale Luigi Cadorna.

Tre erano le zone del teatro di guerra italiano: Trentino, Cadore e Carnia, la valle dell’Isonzo. Un compito molto difficile dal momento che il confine italiano era lungo oltre 600 chilometri ed era molto vulnerabile. Il confine col Trentino era decisamente montuoso, favorevole alle posizioni austriache,  lì  ben fortificate, come pure in Cadore e in Carnia, dove il fronte correva lungo la displuviale delle Alpi. Diversa era la situazione sull’Isonzo: da Tolmino al mare Adriatico, le Alpi presentavano una serie di bassi altopiani, che favorivano la difesa, ma consentivano anche di attaccare in forze, aprendo la via ad obiettivi strategici di grandissimo interesse: Trieste, la pianura di Lubiana e, infine, Vienna. Delle 35 divisioni a disposizione, Cadorna decise di destinarne 6 alla I armata che si trova intorno al Trentino, 5 alla IV armata in Cadore, 2 al corpo d’armata della Carnia e 15 alle armate II e III , destinate a sferrare l’attacco decisivo da Tolmino al mare (a cui se ne aggiunsero  altre 7). Il grosso delle forze era dunque concentrato sul fronte dell’Isonzo, che diventò presto un simbolo della difficile guerra di logoramento italiana. E che, successivamente venne impresso nel fuoco con un nome tragicamente noto: Caporetto!

Marco Travaglini