Domenica 10 Luglio ad Alba.
FEAT. LA RAPPRESENTANTE DI LISTA
NELL’UNICA TAPPA PIEMONTESE DOPO IL SUCCESSO DI SANREMO
Dopo il sold out in 20 minuti di Blanco, finalmente annunciati gli headliner della domenica di Collisioni: saranno i Pinguini Tattici Nucleari, reduci dal successo di Sanremo 2020 con Ringo Starr, e autori di pezzi diventati classici come Scrivile Scemo, Pastello Bianco e Ridere a salire per la prima volta sul palco di Collisioni.
DOVE ERAVAMO RIMASTI TOUR sintetizza tutta la voglia della band di andare avanti e ricominciare a vivere, lasciandosi alle spalle questi due anni di stop ai grandi eventi, una parentesi rubata da cancellare e dimenticare per ripartire -appunto- da dove si era rimasti. Se è vero che i PINGUINI TATTICI NUCLEARI non si sono mai fermati, con un’autentica collezione di Dischi d’Oro, di Platino, Doppio e Triplo Platino ad accompagnare il loro incredibile successo, è altrettanto vero che DOVE ERAVAMO RIMASTI TOUR è il modo più bello per tornare ai concerti all’aria aperta ed estendere l’abbraccio ai fan che non hanno mai smesso di sostenerli.
Ad aprire il concerto sul palco di Collisioni, avremo il piacere di ascoltare La Rappresentante di Lista, nell’unica tappa piemontese del suo MY MAMMA – CIAO CIAO EDITION dopo il successo a Sanremo con la canzone che già si annuncia un tormentone estivo. Un successo su tutti i livelli, con numeri in crescita sui social media, sin dall’inizio della settimana sanremese: i follower su Instagram sono più che raddoppiati, quelli su Tik Tok arrivati a 50mila, con più di 6 milioni di visualizzazioni, il brano è stato utilizzato in oltre 50mila video, rendendo “CIAO CIAO” il terzo brano sanremese più utilizzato sulla piattaforma.
Il festival è reso possibile dal sostegno di Comune di Alba, Banca D’Alba, Regione Piemonte, Egea, Confederazione Italiana Agricoltori Cuneo, Latterie Inalpi, Distillerie Berta.
I biglietti per il concerto dei Pinguini Tattici Nucleari saranno disponibili in prevendita a partire dalle ore 14 di lunedì 28 Febbraio sui circuiti di Ticketone.it, Ticketmaster.it, e Ciaotickets.com
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Belle è intelligente, colta, gran lavoratrice ed ha una passione profonda per i libri, soprattutto quelli antichi, dei quali diventa esperta conoscitrice. Dopo uno stage alla biblioteca universitaria di Princeton finisce a lavorare per il potente banchiere J.P.Morgan, che all’acume per gli affari unisce una passione da bibliofilo.
Rachel Cohen è docente alla University of Chicago e in queste pagine ha ricostruito la biografia del controverso storico dell’arte ed esperto di Rinascimento italiano, Bernard Berenson.
L’autrice della “Saga dei Cazalet” questa volta si concentra su una storia che è commedia intrisa di ironia sullo sfondo della Londra di fine anni 70.
Queste pagine sono un piacevole e dotto viaggio letterario nel cuore di un’epoca eccezionale, raccontato attraverso le vite di chi l’ha vissuta e resa indimenticabile. E’ il frutto di anni di ricerche della giornalista francese Agnès Poirier attraverso diari, cronache e scritti dei diretti interessati; non un romanzo -anche se come tale può essere letto- in realtà tutto è rigorosamente documentato ed avvenuto davvero.
Artista, scrittore, poeta, saggista, fra gli esponenti più singolari dell’arte concettuale italiana (collabora con Enrico Castellani e Piero Manzoni alle attività della Galleria “Azimut” aperta nel 1959 a Milano), a Vincenzo Agnetti (Milano, 1926 – 1981) la “GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea” di Torino dedica, negli spazi della “Videoteca”, il quinto appuntamento del ciclo espositivo nato dalla collaborazione con l’“Archivio Storico della Biennale di Venezia” e volto a testimoniare la stagione iniziale del video d’artista italiano fra gli anni Sessanta e Settanta. A cura di Elena Volpato, l’esposizione affronta attraverso poche ma “irrinunciabili” opere, il rapporto assai complesso e complicato dell’artista con il “mestiere del fare arte” nonché un aspetto centrale del suo lavoro: “la sostituzione tra parola e numero – spiega la Volpato – come ultimo grado di analisi critica e azzeramento del linguaggio”. Tema rompicapo che emerge nei suoi lavori a partire dal 1968 con la realizzazione della “Macchina drogata”, una calcolatrice che traduce i numeri digitati in sequenze di lettere che vanno liberamente a combinarsi fra loro senza alcun significato. Del resto, bisogna dire che tutta la sua produzione “manifesta” si è sviluppata in poco di quindici anni, dal 1967 al 1981, sperimentando vari “media”, dalla fotografia al video, dalla performance alle registrazioni vocali via via fino ai testi a stampa. Delle opere precedenti, quelle che Agnetti definiva “pre-artistiche” non s’ha conoscenza; sparite, in quel periodo di “liquidazionismo” o “arte no” (rifiuto di dipingere) che va dal 1962 al 1967 (anno della sua prima personale, “Principia”, al “Palazzo dei Diamanti” a Ferrara) quando l’artista si trasferisce in Argentina per lavorare nel campo dell’automazione elettronica. Dal ’67-‘68 in poi, al ritorno a Milano, la sua ricerca – sulla via dell’azzeramento di ogni strutturato sistema culturale e nella convinzione di un’univoca, similare ambiguità di parole e numeri – si volgerà caparbiamente alla tentata utopica acquisizione di un linguaggio universale. Nell’esposizione di un’opera della serie “Assiomi”, realizzata nel 1969, Agnetti mostra sotto una sequenza di lettere rovesciate ed elevate a diversi valori numerici, una frase incisa, ben chiara: “Quando le parole si elevano a valori di numeri i numeri valgono le parole”. Come dire: l’uno e l’altro codice, lettere e numeri, si trovano in posizione di simmetrico rispecchiamento, visivo e concettuale. “Se sussiste – sottolinea la Volpato – una promessa di intensità, un sentore di dimenticato fondamento, può trovarsi solo nello spazio tra di loro, in quel
nero compatto della bachelite che sembra arretrare nel tempo, come volesse sottrarsi alla funzione di supporto agli instabili segni bianchi. Il nero che occupa il centro e la maggior estensione dell’opera è una delle molteplici forme di quel vuoto attorno al quale si raduna tutta l’intelligenza dell’opera di Agnetti. Un vuoto nato dal voluto collasso di tutti i linguaggi e tuttavia aperto alla ricerca di qualcosa, forse un’eco, un rimbombo sonoro che abbia a che fare con l’interiorità del senso e non con la formulazione di un significato”. Il tema della permutabilità di parole e numeri giunge a compiuta espressione nel 1973, anno di realizzazione del video presentato in mostra, “Documentario N.2”, dove, nell’arco di pochi minuti si assiste al passaggio dalla messa in scena dei più tipici e scolastici codici del linguaggio documentario all’ermetico prodursi della voce dell’artista che pronuncia un discorso fatto unicamente di numeri e diverse intonazioni espressive, mentre le immagini passano dalla ripresa fissa di una sequenza numerica trasformata in pattern visivo allo schermo nero, al buio che è anche interruzione-azzeramento di suoni. Il 1973 è pure l’anno di realizzazione di “Frammento di Tavola di Dario tradotto in tutte le lingue”, dove si trova l’evocazione di un passato remoto presentato con i caratteri della scrittura cuneiforme per confrontarsi con una sequenza numerica, linguaggio del presente tecnologico. “La linea di confine tra l’una e l’altra immagine è uno iato nel tempo che rende ancor più profondo l’evidente tradimento che si nasconde nella promessa di una traduzione universale. L’opera nella sua semplice ieraticità è la rovesciata ‘Stele di Rosetta’ che l’artista ci consegna per scardinare di ogni passato e futuro linguaggio la presunzione illusoria di possedere le chiavi del significato”.