CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 444

L’indicibile errore del povero Slinzer

Novara, Piazza della Libertà, ore 19. Il sole, a malincuore e controvoglia, s’avviava lento al tramonto dietro alla corona delle montagne, tingendo di rosso il cielo in una promessa di bel tempo per l’indomani. Una speranza che, in cuor nostro, andava ben oltre, dopo tutti quegli anni di guerra e miseria

La maggior parte di coloro che, come me, stavano confluendo in piazza portavano sulle spalle il peso delle fatiche e in bocca l’amaro dei lunghi silenzi. Per tanti mesi avevamo combattuto sulle montagne,con il cuore in gola e lo stomaco stretto. Io  ero stato sul monte Biasco con Cino e Ciro.

Sullo spartiacque tra la Valsesia e la conca del lago d’Orta organizzammo le prime azioni di guerriglia con il distaccamento “Gramsci”, per poi confluire nella 6ª Brigata Garibaldi “Nello”. Mario era stato tra quelli che salvarono la galleria del Sempione, con i partigiani della Brigata “Comoli”, al comando di Mirco. Un lavoraccio lungo e snervante, sotto la pioggia e il vento. Ma nonostante tutto riuscirono a sventare l’attentato, portando sul piazzale della stazione e nella spianata a fianco del torrente Diveria le oltre mille casse di tritolo con le quali i tedeschi volevano far saltare il tunnel ferroviario. Ne parlava con orgoglio e noi tutti lo ascoltavamo con ammirazione. Anche Luigi era stato un garibaldino della “Fratelli Varalli”, con il Capitano “Bruno”. Oreste, invece, pur non essendo stato in montagna, aveva fatto la resistenza in città come gappista, insieme a tanti altri ragazzi della sua età. Dopo la calata al piano e la liberazione, si era spostato con Lucilla, staffetta partigiana della brigata “Rabellotti”, una formazione d’ispirazione cattolica. Agli amici che gli chiedevano come facesse lui, comunista e mangiapreti, a stare con una cattolica osservante, rispondeva risoluto che “l’amore non ha ideologia o fede. Per di più abbiamo combattuto insieme per la libertà. Quando affrontavamo fascisti e tedeschi non badavamo alle differenze e io non ci bado nemmeno ora, soprattutto con la mia Lucilla”. Comunque, da quel venticinque aprile di festa era passato più di un anno e da poche settimane l’Italia era diventata una Repubblica, dopo che il referendum aveva chiuso l’esperienza monarchica sia pure di misura. Anche il voto per eleggere l’Assemblea Costituente aveva confermato la volontà del cambiamento, con la Democrazia Cristiana al 35% e le sinistre che, sommando socialisti e comunisti, raggiunsero il 40%,ottenendo molti consensi tra le masse operaie. Ed è per festeggiare la Repubblica che oggi siamo qui, in piazza della Libertà, ad ascoltare il comizio del nostro Prefetto, antifascista tutto d’un pezzo e pure gran dottore. E’ un gran via vai di gente che arriva da ogni parte della provincia. Alcuni sbucano dalle vie alla chetichella, da soli o in piccoli gruppi. Altri, invece, entrano in piazza marciando baldanzosi in improvvisati cortei. Ecco le mondine, con i loro canti da risaia; raggiungono le operaie dei cotonifici, con i capelli raccolti nei foulard. Dalla via Raspetti, dove svetta la ciminiera in mattoni rossi della vecchia fornace, risale un gruppo di ferrovieri, con macchinisti e fuochisti dalle facce nere di fuliggine. Anche gli impiegati del comune sono qui,tirati a lucido in questa sera di festa e allegria. L’appuntamento è fissato per le venti, dopocena. Sì, perché ora che si può mangiare regolarmente, la pentola fumante con la minestra è già in tavola prima delle sette e con il ricordo della fame patita le scodelle, in un turbine di cucchiaiate, vengono svuotate in fretta. Molti dei partecipanti, però, hanno rinunciato alla cena per prendere posto il più vicino possibile al palco. C’è scarsa fiducia nella potenza degli altoparlanti messi a disposizione dalla Camera del Lavoro e quindi è meglio portarsi a tiro d’udito per sentire il discorso. Sento Mario che mi chiama: “Marco, vieni qua. Dai, svelto. C’è posto vicino alla ringhiera”. Con lui ci sono già Oreste ,Luigi e Costante. Quest’ultimo, durante la battaglia del Monte Calvo, mise in fuga un drappello di fascisti sparando in aria e gridando “Garibaldi combatte. Stella rossa, vince”. Era solo ma pensavano fosse un intero reparto garibaldino e se la diedero a gambe a rotta di collo, con i talloni che picchiavano sul sedere. Comunque, ricordi a parte, ora siamo quasi sotto il palco, dietro una transenna fatta con un pezzo di ringhiera portata lì chissà da dove. Davanti a noi c’è il servizio d’ordine, composto da operai delle manifatture novaresi. Tutti della CGIL, con le fasce rosse al braccio e i fazzoletti dello stesso colore al collo. Tra gli applausi della folla salgono sul palco gli oratori. C’è il prefetto, il dottor Manara e, accanto a lui, il segretario della Camera del Lavoro, Aristide Rabolloni. Ci sono anche i segretari dei partiti socialista e comunista, Ascanio Slinzer e Duilio Scarpi, il dottor De Marinis del Partito d’Azione e il “capitano” Sliveri, comandante dei Gap novaresi. Ovviamente ci sono anche gli altri comandanti partigiani. Sono in molti sul palco a salutare la piazza ormai stracolma di persone ma solo uno, da quanto è stato detto, dovrebbe parlare: il dottor Manara. Pediatra di fama, ben conosciuto per la sua grande umanità e per l’innato senso di giustizia, venne indicato all’unanimità dal CLN, all’indomani del 25 aprile, per ricoprire il delicato ruolo di Prefetto. A presentarlo, essendo entrambi socialisti, toccava al segretario del suo partito, Ascanio Slinzer, che ormai non più giovanissimo guidò le lotte dei contadini a Lumellogno. Non alto, piuttosto tarchiato, con due braccia robuste e muscolose a forza di scavar solchi e muovere aratri, Ascanio impugnò il microfono con una tal foga che parve volesse strangolarlo. Avvicinò le labbra, si schiarì la voce e attaccò: “Compagne e compagni, cittadini e popolo novarese. E’ una sera di gioia e di festa. L’Italia è una Repubblica e la monarchia, che tanti danni e tanti lutti ha provocato al paese, è ormai un ricordo dietro alle spalle”. Si capì, dal tono tribunizio, che cercava l’applauso per scaldare la piazza. E l’applauso non tardò a venire. Lo scrosciare ritmato di migliaia di mani sottolineò le parole del capo dei socialisti. Lui,visibilmente compiaciuto,continuò: “Le nostre lotte, i sacrifici, l’amarezza dei giorni tristi e la gioia delle vittorie che ci hanno accompagnato fino alla calata al piano sono state ricompensate. Oggi qui stiamo facendo la storia, cari compagni. La storia nuova di un paese che vuole progredire nella libertà e nella giustizia. Abbiamo sconfitto i fascisti e i tedeschi invasori. Ora dobbiamo costruire l’Italia e sconfiggere l’ignoranza, la povertà, le ingiustizie sociali. Ma di queste cose ci parlerà ora con maggior capacità il nostro prefetto, il dottor Manara. E’ a lui che cedo volentieri la parola ricordando che non solo è un grande prefetto ma è anche uno dei pederasti più importanti d’Italia. Prego, dottore…”. La piazza, che stava sottolineando il momento con un lungo applauso,ammutolì di colpo. Il Prefetto,imbarazzatissimo, riuscì a
malapena a tirare la giacca al povero Slinzer che, nella foga oratoria, aveva confuso il termine pediatra con quel “pederasta” che aveva lasciato tutti a bocca aperta. Il segretario socialista però, preso ormai dalla foga, non comprendendo l’errore, aggiunge con una certa enfasi: “Hai ragione, compagno Manara. La tua modestia è proverbiale ma diciamolo a questa gente che ti vuol bene: tu non sei solo il più grande pederasta d’Italia. No, tu sei il più grande pederasta d’Europa”.Così, inconsapevolmente stupito dal gelo che era sceso sul palco e sulla piazza, il pover’uomo aveva rafforzato il malinteso a tal punto che, nonostante la sua capacità oratoria e il grande prestigio, il dottor Manara non fu in grado di evitare che il suo intervento fosse accompagnato da un certo numero di maliziosi sorrisi e qualche gomitata. Ce ne andammo tutti un po’ frastornati ma peggio di noi doveva sentirsi Ascanio Slinzer se, terminato il comizio, con la testa bassa come un cane bastonato, s’avvicinò a noi quattro dicendo: “Ragazzi, ma cosa ho detto, boia di un boia, per fare incazzare il Manara? Mi ha detto “Ascanio, vai a quel paese!”, e mi ha persino dato uno spintone. E io che ci ho fatto tutti quei complimenti? Mah, questi qui che han studiato saranno anche dei dottoroni ma a riconoscenza non stanno mica tanto bene, eh..Roba da matti..”.

Al Regio La Traviata è dal vivo. Per sostenere la cultura nessun biglietto omaggio

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La libertà di tornare finalmente a Teatro

Teatro Regio, domenica 9 maggio 2021 ore 16

Domenica 9 maggio, alle ore 16il Regio apre le sue porte e accoglie finalmente il pubblico in sala.
«È grande l’emozione e la soddisfazione in questi giorni che precedono la riapertura», spiega Rosanna Purchia, Commissario straordinario del Regio: «Il rapporto con il pubblico è stato sempre mantenuto grazie alle opere e ai concerti in streaming. Anche se a porte chiuse, il Teatro non si è mai fermato, e in questo anno abbiamo continuato a lavorare e a far vivere il nostro palcoscenico: da ottobre siamo alla quarta opera allestita in forma scenica, per questo siamo in grado di riaprire con un’opera e un concerto sinfonico garantendo la totale sicurezza per i lavoratori e per il pubblico». Inoltre, proseguendo il percorso di risanamento dei conti del Regio, Rosanna Purchia lancia un vero e proprio segnale di trasparenza e rigore: «Riaprire il Teatro Regio è per tutti noi motivo di festa, ma non possiamo permetterci alcuno scostamento di bilancio, per cui, in aggiunta alle azioni già previste e intraprese, annuncio che non sono previsti biglietti omaggio. E sono molto lieta che le Istituzioni e i Soci Fondatori del Teatro abbiano accolto con favore questo segnale».La traviata di Giuseppe Verdi va in scena domenica 9 maggio alle ore 16 con 4 repliche: venerdì 14 alle ore 18.30, domenica 16 alle 15, mercoledì 19 alle 15 e sabato 22 alle 18.30. Tutti gli orari sono programmati per consentire al pubblico il rientro a casa nei limiti consentiti dal Dpcm.
L’allestimento è quello realizzato nel 2018 dal Teatro San Carlo di Napoli con la regia di Lorenzo Amato, le scene di Ezio Frigerio e i costumi del Premio Oscar Franca SquarciapinoRani Calderon dirige l’Orchestra e il Coro del Regio, quest’ultimo istruito da Andrea Secchi. Nel cast: Gilda Fiume nel ruolo del titolo, Julien Behr come Alfredo e Damiano Salerno è Giorgio Germont.
Il maestro israeliano Rani Calderon, Direttore musicale al Teatro Municipal di Santiago del Cile, sale per la prima volta sul podio dell’Orchestra e del Coro del Regio. Ha studiato con i migliori insegnanti del suo tempo: la leggendaria pianista Pnina Salzman, direzione d’orchestra con Mendi Rodan e Noam Sheriff, e composizione con Yitzhak Sadai, frequentando le Accademie musicali di Tel Aviv e Gerusalemme. Ha proseguito la sua formazione in Europa, approfondendo lo studio del repertorio operistico. Collabora abitualmente con: Théâtre de La Monnaie di Bruxelles, Volksoper di Vienna e New Israeli Opera di Tel Aviv.Ecco come nasce questo spettacolo nelle parole del regista Lorenzo Amato: «Concepire e mettere in scena La traviata non è stato un lavoro preparato a tavolino con lucida razionalità, piuttosto si è trattato di una riflessione sulla malattia, sul tempo che scorre via inesorabile, l’amore, la violenza delle convenzioni sociali, l’ipocrisia, il sacrificio e infine la morte. Al centro dello spazio scenico, su un fondale trasparente come un vetro, la pioggia scorre implacabilmente per l’intera durata dello spettacolo, filtrando la visione delle grandi tele pittoriche create da Ezio Frigerio che descrivono gli ambienti. Un elemento che potrebbe essere visto come semplice metafora di una Parigi grigia, fredda e piovosa, ma che per me rappresenta molto di più: straniamento, allusione, stato d’animo, dolore, fino a quell’offuscamento della vista che le malattie particolarmente debilitanti provocano in ciascuno di noi».
Occhi brillanti e luminosi, un amore per il canto che emerge a ogni sorriso e ogni parola, soprano lirico d’agilità, Gilda Fiume è Violetta, gradito ritorno al Regio dopo il debutto nel 2019 nel ruolo di Gilda nel Rigoletto con la regia di John Turturro. Doppio debutto – al Teatro Regio e nel ruolo di Alfredo Germont – per il giovane tenore francese Julien Behr: dotato di una voce nitida e agile da tenore leggero è stato nominato nel 2009 Artista lirico rivelazione dall’ADAMI e nel 2013 nella stessa categoria al «Victoires de la musique classique». Il Teatro Regio prosegue così nell’impegno di scoperta e proposta di giovani talenti: ricordiamo tra tutti la straordinaria prova di Maria Agresta nei Vespri siciliani del 2011 con la direzione del Maestro Noseda e Iván Ayón Rivas nella Bohème della Fura dels Baus nel 2016. Ancora un debutto, quello di Lorrie Garcia nel ruolo di Flora. Infine, il baritono Damiano Salerno nel ruolo di Giorgio Germont: presenza scenica perfetta e timbro chiaro. Completano il cast: Ashley Milanese (Annina), Joan Folqué (Gastone), Dario Giorgelè (Douphol), Alessio Verna (D’Obigny), Rocco Cavalluzzi (Grenvil). Nel corso delle 5 recite si alterneranno: Luigi Della Monica e Alejandro Escobar (Giuseppe), Riccardo Mattiotto e Marco Sportelli (un domestico), Giuseppe Capoferri e Marco Tognozzi (un commissionario). Giancarlo Stiscia firma la coreografia, le luci sono di Marco Giusti.

Sabato 29 maggio alle ore 19.30 il maestro Rani Calderon sale nuovamente sul podio dell’Orchestra del Teatro Regio per dirigere un concerto che prevede la Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore, op. 60 di Ludwig van Beethoven e la Sinfonia n. 8 in sol maggiore, op. 88 (Inglese) di Antonín Dvořák.

Un ringraziamento speciale va alla Prefettura di Torino, alla Commissione Provinciale di Vigilanza di Torino e alla Commissione Comunale di Vigilanza di Torino, le tre istituzioni che stanno lavorando in sinergia per dotare di agibilità definitiva il Teatro, e con cui stiamo lavorando in tempi brevissimi per consentire, con un provvedimento provvisorio, di riaprire in sicurezza il Regio dopo quindici mesi di chiusura.

In ottemperanza alle più recenti disposizioni per il contenimento della pandemia, il Regio torna ad accogliere il pubblico in sala per un massimo di 500 persone. Il Teatro ha realizzato importanti interventi strutturali e organizzativi per assicurare la fruizione degli spettacoli in condizioni di sicurezza sanitaria. Per questo motivo l’acquisto dei biglietti sarà possibile esclusivamente online sul sito www.teatroregio.torino.it e l’accesso in Teatro è consentito da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo per le necessarie verifiche e procedure: consegna dell’autodichiarazione di assenza di sintomi riconducibili al Covid-19 e di assenza di contatti stretti con persona affetta da Covid-19 negli ultimi 14 giorni, misurazione della temperatura all’ingresso, distanziamento in foyer e in sala, obbligo della mascherina durante tutta la permanenza in teatro.

Biglietti in vendita da lunedì 3 maggio esclusivamente su www.teatroregio.torino.it.
Prezzo dei biglietti per La traviata: posto unico numerato € 100; biglietti a € 30 per under 30.
Prezzo dei biglietti per il concerto: posto unico numerato € 20.
È possibile acquistare i biglietti utilizzando i voucher ottenuti a titolo di rimborso per gli spettacoli e i concerti del Regio annullati causa Covid.

Crediamo che il sostegno della collettività sia oggi fondamentale e chiediamo, a chi vorrà e potrà, di sostenerci: è possibile donare il voucher o donare un importo a scelta. In entrambi i casi si usufruisce delle agevolazioni fiscali previste per l’Art Bonus. Ricordiamo, infine, che è possibile destinare il 5 per mille dell’IRPEF a favore del Regio: un modo semplicissimo per mantenere viva la cultura musicale e il Teatro.
Con l’aiuto di tutti possiamo preservare al meglio la grandezza e la qualità del Regio, i suoi spettacoli, i suoi artisti e lavoratori, e far sì che rimanga tale per tutti, per sempre.

Per ulteriori informazioni: www.teatroregio.torino.it.

I concerti dell’Orchestra Rai ripartono in presenza

I concerti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, Primavera- Estate al debutto il 9 aprile, sono stati caratterizzati dalla non presenza di pubblico causa pandemia.

Finalmente dal 6 maggio, anche se in numero molto ridotto (200 presenze ammesse), i concerti con il pubblico sono ripartiti. Fabio Luisi, con al pianoforte Alexander Malofeev , ha diretto l’Orchestra Rai  con musiche di Liszt e Ciaikovskij. I concerti proseguiranno fino al primo luglio. Tanti i musicisti di prestigio e una novità con 4 concerti in un meraviglioso viaggio di contaminazioni con “le altre musiche” denominati Rai Orchestra Pops, con musiche di John Green Wood, Keith Emerson, William Grant Still, Frank Zappa, Scott Joplin, Quinn Mason,Duke Ellington, Alberto Ginastera, , Giovanni Sollima,, Nirvana, George Gershwin, Winton Marsalis. Riprendono anche le “Domeniche dell’Auditorium”. I concerti inizieranno alle 20. Diretta su Radio 3 e in live streaming su raicultura.it

Pier Luigi Fuggetta

World Press Photo in anteprima a Palazzo Madama

Palazzo Madama – Sala Senato

Piazza Castello, Torino

7 maggio – 22 agosto 2021

L’anteprima italianaa Palazzo Madama della mostra World Press Photo Exhibition 2021, il concorso di fotogiornalismo più prestigioso del mondo,espone, dal 7 maggio al 22 agosto, oltre alle foto vincitrici, i 159scatti dei fotografi finalisti della 64ª edizione.

 

Ogni anno la mostra viene allestita in oltre 120 città in 50 Paesicon le sue otto sezioni: ContemporaryIssues,Environment, General News, Long-TermProjects, Nature, Portraits, Sports, Spot News. Quest’anno 4.315 fotografi da 130 Paesi hanno presentato 74.470 immagini: per la prima volta nella sua storia, la valutazione è avvenuta online, con sette giurie specializzate presiedute da NayanTaraGurung Kakshapati e MuyiXiao,che hanno selezionato le migliori immagini e storie in ciascuna delle otto categorie del concorso.

 

Quest’anno Cime porta a Torino l’anteprima nazionale della World Press Photo Exhibition 2021 e lo fa, grazie alla partnership con la Fondazione Torino Musei, in una delle cornici più belle d’Europa: la sala del Senato di Palazzo Madama – dichiara Vito Cramarossa, presidentedi Cime – Questa solida collaborazione, che si rinnova per il secondo anno ed è nata in uno dei periodi più difficili della nostra storia, è la cartina di tornasole dell’impegno e del senso di responsabilità, che organizzazioni come queste hanno nel proporre al territorio una mostra che faccia riflettere e stimoli il senso critico. La World Press Photo Exhibition 2021, infatti, è un’istantanea della storia dell’anno appena trascorso, in grado di far viaggiare il visitatore attraverso 159 finestre sul mondo, che mettono a nudo le fragilità e le grandiosità del nostro pianeta e dei suoi esseri viventi”.

 

Negli ultimi anni Palazzo Madama ha messo al centro della propria programmazione la fotografia, una delle più potenti forme espressive per raccontare il mondo – afferma Elisabetta Rattalino, Segretario Generale Fondazione Torino Musei – A partire dall’esposizione dedicata al tema della lettura di Steve McCurry del 2019, per passare all’edizione 2020 del World Press Photo. Per la Fondazione Torino Musei è un vero piacere, dopo il successo della precedente edizione, poter ospitare per la riapertura al pubblico di Palazzo Madama la prima edizione nazionale del World Press Photo 2021”.

 

Vincitore della World Press Photo of the Year 2021 è stato l’abbraccio tra Rosa Luzia Lunardi, 85 anni, e l’infermiera Adriana Silva da Costa Souza, nella casa di cura Viva Bem, a San Paolo del Brasile. L’immagine è stata realizzata il 5 agosto 2020 dal fotografo danese MadsNissen: immortala la “tenda dell’abbraccio”. Come in molte altreparti del mondo, anche in Brasile – dove il presidente brasiliano, JairBolsonaro, aveva ignorato ogni avvertimento sulla gravità della pandemia e il pericolo rappresentato dal virus – le case di cura hanno chiuso le porte ai visitatori, impedendo a milioni di brasiliani di fare visita ai loro parenti anziani. Gli operatori delle case di cura hanno ricevuto l’ordine di ridurre al minimo il contatto fisico coni più vulnerabili. Al Viva Bem, una semplice invenzione, “la tenda dell’abbraccio”, ha permesso alle persone di abbracciarsi di nuovo. Il Brasile ha poi chiuso il 2020 con uno dei peggiori conteggi a livello mondiale: 7,7 milioni di casi riportati e 195.000 di morti, per il modo in cui è stato affrontato il virus.

 

Protagonisti dell’esposizione anche treitaliani. Il secondo riconoscimento più prestigioso del concorso, la World Press Photo Story of the Year 2021, è andato per la prima volta a un italiano, Antonio Faccilongo, di Roma, con un servizio per Getty Reportage dal titolo Habibi(“amore mio”). Circa 4.200 palestinesi sono detenuti nelle carceri israeliane, alcuni dei quali con condanne da 20 anni o più: se le visite coniugali sono negate e il contatto fisico è vietato, fin dai primi anni 2000, i detenuti palestinesi, che desiderano avere figli, contrabbandano il loro sperma fuori dalla prigione, nascondendolo, peresempio, nei regali agli altri figli. Habibiracconta proprio il coraggio e la perseveranza di queste persone, sullo sfondo di uno dei conflitti più lunghi e complicati della storia moderna.

 

Primo premio, nella sezione Stories – Spot News, per Lorenzo Tugnoli, di Ravenna, dell’agenzia Contrasto, che ha raccontato l’esplosione, causata da più di 2.750 tonnellate di nitrato d’ammonio ad alta densità, che ha scosso Beirut, in Libano, il 4 agosto 2020: lo scoppio ha danneggiato o distrutto circa 6.000 edifici, uccidendo almeno 190 persone, ferendone altre 6.000 e lasciandone sfollate almeno 300.000.

Gabriele Galimberti, toscano, originario della Val di Chiana, con un reportage realizzato per NationalGeographic, ha vinto il primo premio in Stories – Portraits. Racconta per immagini un dato: secondo loSmallArms Survey, la metà di tutte le armi da fuoco possedute da privati cittadini nel mondo, per scopi non militari, si trova negli Stati Uniti. Il numero di armi da fuoco è superiore alla popolazione del Paese: 393 milioni di armi contro i 328 milioni di persone.

 

La mostra è organizzata da CIME, organizzazione pugliese, nonché uno dei maggiori partner europei della Fondazione World Press Photo di Amsterdam, e Fondazione Torino Musei.

 

Orari e info:

Mercoledì, giovedì e venerdì dalle 13 alle 20

Sabato e domenica dalle 10 alle 19 INGRESSI GARANTITI CON PRENOTAZIONE O PREVENDITA ONLINE

Prevendita: TicketOne

Prenotazioni: Theatrum Sabaudiae via email ftm@arteintorino.com  o al numero +39 011 5211788  www.arteintorino.com

La biglietteria chiude un’ora prima.

Chiuso il lunedì e martedì

Biglietti: intero € 12, ridotto € 10, scuole € 4, gruppi € 10

Possibilità di visite guidate a cura di TheatrumSabaudiae

Info: www.palazzomadamatorino.it  – www.worldpressphototorino.it

 

Cinedehors: “Siamo pronti per i film all’aperto”

Caro direttore, per il secondo anno consecutivo siamo alle prese con la pandemia del COVID19. Le nostre attività cinematografiche al chiuso hanno avuto una contrazione forte nell’ultimo inverno e solo in questi giorni, con mille difficoltà, si vedono i primi spiragli di riapertura. Nonostante lo sconforto e le difficoltà abbiamo deciso per il secondo anno consecutivo di investire nel miglioramento della nostra offerta per farci trovare pronti per la stagione estiva.

Rimangono ancora molte incognite, prima fra tutta il persistere del coprifuoco alle 22 che di fatto impedisce ogni tipo di attività. Abbiamo deciso di rilanciare comunque, anche nell’incertezza della situazione, le nostre proposte riformulandole. Abbiamo deciso di investire in creatività e naturalmente in dotazioni tecniche innovative. Per l’estate 2021 abbiamo rinnovato il nostro sito internet e i nostri canali social per fornire al pubblico un servizio maggiormente accurato.
Sul piano tecnologico, un nuovo impianto DCP migliorerà il livello qualitativo delle proiezioni e una nuova biglietteria interamente online completerà i servizi offerti al pubblico di una delle più grandi rassegne di cinema itinerante del nostro territorio. L’innovazione e la dedizione ai nostri progetti potranno essere le chiavi per superare questa situazione ancora complicata. Rimanendo fedeli alla nostra idea di proiezioni in luoghi inconsueti per questa stagione il nostro cinema sarà declinato in cinema all’aperto, drive in, cinema dai palazzi e cinema in pellicola. La nostra idea di cinema all’aperto continuerà ad essere itinerante e massimamente inclusiva consci e consapevoli della nuova situazione che stiamo vivendo. Noi siamo pronti!
Abbiamo lavorato con lo scopo di riuscire a realizzare le nostre proiezioni garantendo la massima sicurezza per gli spettatori e per noi operatori in ottemperanza alle normative. Crediamo che mai come in questa estate ci sia l’esigenza di avere dei momenti di socialità. Con il distanziamento fisico e non sociale, ancora con le mascherine, rispettando tutte le regole. Siamo responsabili e attenti per concederci un film all’aperto in compagnia: noi ci crediamo. Seguiamo l’evolversi della situazione mantenendo i contatti con associazioni, enti pubblici e organizzazioni private per essere pronti, una volta definito il contesto sanitario e legislativo in cui il settore potrà muoversi, a ripartire velocemente.
Gli aggiornamenti sono e saranno disponibili sul nostro sito e sui nostri canali social!
Arianna Airaldi & Giacomo Cuppari
CINEDEHORS
Associazione Culturale

Fossano

Torino riparte con Palazzo Arsenale. Inaugurato il cortile restaurato e presentata l’opera monografica

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Il Palazzo sarà aperto al pubblico con visite guidate.

Dopo un anno di lavori che hanno portato al rifacimento della pavimentazione con preziosa pietra “Luserna” e ad un nuovo sistema di illuminazione, è stato inaugurato stamattina il cortile di Palazzo Arsenale, imponente e maestoso, ed è stato presentato il libro che ne raccoglie la storia, le vicende e le curiosità. La cerimonia è avvenuta alla presenza di Autorità Civili, Militari e Religiose in aderenza alle norme anti-Covid 19.

Il progetto di restauro e valorizzazione, avvenuto in un ottica di riqualificazione ambientale, è stato possibile grazie al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, di Intesa Sanpaolo e della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, che ne ha anche coordinato i lavori, e sotto la supervisione della Soprintendenza competente.

Il Generale di Divisione Salvatore Cuoci, Comandante per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito, ha ringraziato gli Enti contributori per il decisivo apporto nel preservare la sede che ospita l’Istituto di Formazione Militare, che costituisce un’eredità culturale e storica per lacittà di Torino.

Nel 2018, è stato dato ulteriore impulso alla già stretta collaborazione tra i due Enti, tramite il Segretario Generale della Fondazione Compagnia di San Paolo, Dott. Alberto Anfossi ed il Capo di Stato Maggiore dell’Istituto di Formazione, Generale di Brigata Roberto De Masi  è stato sviluppato il progetto che ha portato al  rifacimento e alla  valorizzazione del Cortile d’Onore ed alla realizzazione dell’opera editoriale dal titolo “PALAZZO  ARSENALE:  tradizione, modernità e futuro” con le belle immagini dell’Architetto Pino Dell’Aquila.

Nel corso della cerimonia il Presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo, Prof. Francesco Profumo ha sottolineato come, dal 1563, la fondazione si prenda cura del patrimonio culturale del territorio, a favore del bene comune, e perché anche le generazioni future possano beneficiare di questa ricchezza. Ha aggiunto poi come Palazzo ex Arsenale sia uno dei più imponenti edifici torinesi, unica testimonianza rimasta del complesso infrastrutturale “Regio Arsenale”, di cui costituiva il cuore e la cui erezione settecentesca, ispirata a planimetrie juvarriane, si è protratta per anni.

Il Presidente di Banca Intesa Sanpaolo, Prof. Gian Maria Gros-Pietro, ha commentato: “Il nostro contributo alla restituzione di questo luogo storico e artistico è un’ulteriore testimonianza dell’attenzione che la Banca rivolge alla promozione del patrimonio culturale e conferma la centralità del legame di Intesa Sanpaolo con Torino.

Il Presidente della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, Dott. Giorgio Marsiaj ha proseguito affermando: “Il tempo che stiamo vivendo ci mette di fronte a sfide di portata storica: è evidente che sono le alleanze e il fare sistema che possono portare i migliori risultati. Vogliamo contribuire a diffondere sapere e bellezza nella consapevolezza che la cultura è leva economica di sviluppo e volano di inclusione sociale”.

Durante la cerimonia nel presentare il libro, il Prof. Walter Barberis, storico, docente universitario, Presidente della Giulio Einaudi Editore e curatore del testo, ha osservatocome ”La Scuola di alta formazione degli Ufficiali, prima piemontesi poi italiani, fin dai suoi esordi, si è illustrata per la qualità scientifica dei suoi insegnanti e la severa selezione dei suoi allievi. Oggi come ieri, rimane uno degli Istituti più reputati a livello internazionale, orgoglio di Torino e dell’Italia

Maria La Barbera 

Dal 7 maggio è prevista l’apertura al pubblico del Cortile d’Onore da via Arsenale 22 mercoledì, sabato e domenica con orario 18.00 – 20.00

Ingresso libero.

Krishna, il divino amante

Esposti al MAO di Torino dipinti indiani del XVII – XIX secolo appartenenti alle Collezioni del Museo

Fino al 26 settembre In tutto sono quattro. Ma la loro bellezza, trasmessa immutata nei secoli, giustifica il ridotto numero dei pezzi esposti e val bene (eccome!) una visita: quattro dipinti religiosi incentrati sulla figura del dio Krishna, di cui tre di notevoli dimensioni. Il più prezioso è certamente quello a tempera e foglia d’oro su cotone, raffigurante Krishna che suona il flauto omaggiato da due “gopi” o pastorelle o “giovani mandriane”. Il dipinto (India – Rajasthan, XVII secolo d. C.) ha come quinta un albero di mango al centro, con alberi di “kadabamba” ai lati e piante di banano in primo piano. Curata da Claudia Ramasso e Thomas Dahnhardt, l’esposizione, allestita al “MAO – Museo d’Arte Orientale” di Torino, si propone di mostrare al pubblico quelle particolari opere pittoriche delle scuole del Rajasthan, denominate “picchavai” che sono grandi dipinti devozionali su tela libera consacrati al dio Krishna, fra le divinità indiane più note in Occidente, manifestazione terrena del dio Vishnu e fulcro della corrente devozionale cosiddetta della “bhakti”. Di grande espressività artistica e tradizionalmente esposti nella sala interna del tempio, dove è venerata l’immagine di Krishna, sono dipinti che raccontano la vita terrena del dio attraverso una serie di contesti diversi, che variano nel corso dell’anno, in base al calendario delle festività relative alla divinità. Particolarmente suggestive ed interessanti sono le raffigurazioni denominate “Raslila”, che ci rappresentano Krishna mentre intesse giochi amorosi con le “giovani mandriane” (“gopi”) nei boschi di Vrindavan, luogo dove la tradizione religiosa colloca la sua giovinezza. Sempre alla corrente della “bhakti” si rifanno anche i componimenti poetici che accompagnano i dipinti. Il più antico risale alla “Bhagavad-gita”, uno dei testi sacri per eccellenza della tradizione hindu e di fondamentale importanza nel contesto delle correnti devozionali krishnaite, che risale al II secolo a.C. e che celebra la maestosità universale del Beato, epiteto attribuito a Krishna. Compiendo un salto temporale dall’antica tradizione brahmanica alle forme più recenti dell’induismo, tre dei quattro componimenti poetici sono invece traduzioni inedite da testi “hindi” ascritti a grandi poeti devozionali del XV – XVI secolo, epoca in cui l’India settentrionale si trovava sotto la dominazione islamica. “I testi letterari della corrente della ‘bhakti’ di questo periodo – spiegano i curatori – evidenziano un ambiente culturale particolarmente fecondo, dove la fede devozionale per il dio amato apre le porte a nuove forme espressive che descrivono compiutamente una società multiculturale in cui musulmani e indù, uomini e donne, attraverso l’espressione artistica, diventano veicoli della simbiosi culturale in atto nella società indiana di quel periodo”. Un bell’esempio, in fondo, per tutte le civiltà asiatiche, e non solo, di allora. E di oggi.
g. m.

“Krishna, il divino amante”
MAO – Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino, tel. 011/4436932 o www.maotorino.it
Fino al 26 settembre
Orari: merc. giov. ven. 13/20; sab. e dom. 10/19

Gerliczy de Gerlicze e Stirbey Bibescu, nobili d’Ungheria e dei Balcani

La ricerca storica di Armano Luigi Gozzano prosegue sulla famiglia Gerliczy de Gerlicze e Stirbey Bibescu, nobili  d’Ungheria e dei Balcani durante il periodo della guerra di Crimea (detta l’ultima crociata) appoggiata da Cavour, la cui genealogia materna é rappresentata sul dipinto di casa Titus Gozani, fonte di inesauribili informazioni storiche e ultimo Marchese di San Giorgio Monferrato vivente senza eredi maschi, e dalle fonti di Miloslav Gerliczy in Slovacchia.

Lo sciame sismico originato dell’emigrazione dei Gozzani di Luzzogno verso Brolo di Nonio, Briga e Bolzano Novarese, Agliè,Acqui, Asti, Bra, Mondovì, Saluzzo, Ventimiglia, Cereseto e Monferrato casalese e dopo aver costruito i bellissimi palazzi San Giorgio e Treville a Casale Monferrato e il palazzo San Giorgio a Torino poi a Roma, Parigi, Madrid e Ginevra ,e proseguito  in Slovenia, Austria, Germania e Usa (Mass) riaffiora nella regione balcanica. Singolare la genealogia ungherese di Sidonia Von Gozani (1846-1892) sorella di Ferdinando ll e di Arthur già rappresentati e di Ludvik (1849-1916) Marchese di San Giorgio Monferrato sposato con Sophie Josephine Helene Von Neustaedter di Zagabria, da cui Odo von Gozani (1885-1938) a destra dei suoi genitori,nato a Lubiana e morto a Vienna.
Avvocato al servizio d’Austria come amministratore civile nella prima guerra mondiale fu segretario di stato nel 1933-34 , inviato a Budapest nel 1936 e ministro degli interni nel 1937, fu dimesso per le sue idee nazionalistiche. Esercitó una forte influenza ideologica sul movimento del fronte patriottico nel fallito colpo di stato austro-nazista del 1934 e la falsa testimonianza emersa sui Leaders davanti al tribunale militare di Vienna lo portó al suicidio. Sidonia dal matrimonio del 1863 a Lubiana con Josef Maria Coleman Gerliczy ebbe tre figli tra cui Emil Felix Ludvik (1871-1924 morto a Zurigo) sposato con Louise Anna von Korff di Dresda.
Notevole il percorso della famiglia: da Fiume a Lubiana, da Vienna a Monaco di Baviera, Francoforte, Dresda e Berlino, da Budapest a Desk in Ungheria, da Oradea a Câmpina in Romania,a Zurigo, Nizza, Trieste e Santa Maria Maggiore (Val Vigezzo). L’antica casata risale al 1200 e a metà 1600 furono riconosciuti cittadini di Fiume ed entrarono a far parte del locale Patriziato Onorario.Il diploma di nobiltà fu conferito nel 1626 dal Regio Governo dell’imperatore e Re Ferdinando ll del litorale ungarico e confermato nel 1838 per tutti i discendenti di ambo i sessi,mentre lo stupendo stemma fu ufficializzato nel 1774 in sostituzione del precedente del 1557.
Le tre corone d’oro sugli elmi rappresentano la vicinanza presso l’autorità imperiale.
Personaggio di spicco fu Giovanni Felice (1715-1797) capitano comandante e Cavaliere, assessore al commercio e cancelliere della Sanità nel 1758, bisnonno di Josef,era proprietario a Fiume nel 1750 del palazzo barocco Gerliczy, ex sede del teatro con giardino annesso poi ereditato dal fratello Giuseppe nel 1759. Un disegno originale del teatro é custodito nell’archivio di stato austriaco.Tra il 1901 e il 1904 il pronipote Ferenc Gerliczy von Arany
(1859-1914) membro del Parlamento e sposato con Gizela (Gilda) Henriette von Fejérvàry di Vienna costruisce la chiesa di Nostra Signora d’Ungheria accanto al suo castello di Desk.
Notevole prestigio acquisì il loro figlio Felix Vince Ferenc Gerliczy- Burian (1885 Oradea -1954 Nizza ) dal matrimonio con la  principessa Elisabeth (Elsa) Stirbey Bibescu di Câmpina. Nel 1939 ricevette il titolo di conte Gerliczy ed era soprannominato il Liechtenstein.
A Oradea nel 1908 l’architetto Szatarill Ferenc Gerliczy allievo della scuola viennese di Klimt edifica l’attuale Gerliczy palace.
Nel 1928 il castello di Desk fu venduto e trasformato in sanatorio infantile e oggi é sede della clinica medica dell’università di Szedeg.La principessa Elsa (1885-1975 morta a Nizza) era figlia di Dimitrie Stirbey principe di Romania e il cugino di primo grado Barbu Alexandru , presidente del Consiglio dei Ministri,possedeva uno dei più grandi patrimoni della Romania ed era  intimo confidente ed amante della Regina Maria Vittoria che lo soprannominò “il principe bianco” per i suoi modi eleganti e raffinati. Aveva sposato la principessa Nadeja Bibescu cugina di secondo grado, pronipote di Napoleone Bonaparte.Elsa discendeva dal nonno Barbu Dimitrie Stirbey detto il dominatore (boyar dumitrache) sovrano di Muntenia (grande Valacchia con capitale Bucarest) e Oltenia ( piccola Valacchia con capitale Craiova). Sovrano nobile di Valacchia(primo regno)
in  regime di  statuto organico (1849-1853) dovette fuggire a Vienna durante l’invasione russa.Il destino volle che riuscì a rientrare  nel 1854 nel secondo regno proprio per l’intervento del Regno di Sardegna deciso da Camillo Benso Conte di Cavour a fianco di Napoleone III e della Gran Bretagna in difesa della Turchia.Dopo il trattato di Parigi del 1856 Barbu sostenne la riunione dei principati di Moldavia e Valacchia sperando di diventarne principe,ma il suo mandato era scaduto e abdicò ritirandosi a Parigi,poi sepolto nel cimitero di Pére-Lachaise. Bellissimi i loro palazzi edificati a Buftea, Brasov e Bucarest, quest’ultimo venduto nel 2005 dai discendenti per 11 milioni di euro. Quattro secoli prima questi regnanti erano preceduti dai famosi principi Draculesti,Vlad ll Dracul detto il drago e dal figlio Vlad lll Tepes Draculea detto l’impalatore.
L’analisi delle caratteristiche sulla araldica dei Marchesi Gozzani racconta e distingue l’evoluzione delle proprie generazioni , sfatando le leggende monferrine.
Giuliana Romano Bussola.

Le “opere grafiche” di Rocco Zappalà in mostra al Brunitoio

Sabato 8 maggio, alle 17.30, nella Sala Esposizioni “Panizza” di Ghiffa(Vb) l’Officina di Incisione e Stampa in Ghiffa “Il Brunitoio” inaugurerà la mostra dell’artista Rocco Zappalà intitolata “Opere Grafiche”.

L’evento è a cura di Ubaldo Rodari, con i testi di Silvia Converso.  La pratica dell’incisione di Rocco Zappalà si esprime in un linguaggio grafico apparentemente molto scandito e chiaro, ma nasconde in verità una profonda complessità stilistica, estetica e sensoriale. Metodo, tecnica e tensione emotiva sono un’unità inscindibile che connota la sua opera.

Seguendo un processo metodico e rigoroso, l’artista incide manualmente la lastra esprimendo qui i suoi stati emotivi e la sua energia creativa. Nel momento in cui la lastra viene impressa sulla carta, essi si traducono in pure forme astratte e concettuali. La stampa diviene così uno specchio della lastra. La stampa come riflesso delle emozioni. L’opera si trasforma in una superficie dai contorni definiti nello spazio in cui si alternano vuoti e pieni, luce e ombra, ordine e caos. Un gioco imprevedibile di contrasti che traduce sottilmente il linguaggio creativo dell’artista: simmetrie che si sottraggono al rigore formale rivelando asimmetrie giocose, linee dai toni caldi che s’immergono in forme scure, dando forma a geometrie mutevoli e ritmate. Il pensiero si esprime seguendo il percorso dei segni: immagini e colori prendono vita, senza la pretesa di rifarsi alla realtà o a concetti ben precisi. Le stampe di Zappalà sono un’opera aperta, in uno spazio apparentemente finito, e che trascende i propri limiti e la volontà dell’artista: l’occhio scova di volta in volta nuove associazioni e sequenze figurative, materiche e cromatiche, sull’onda del moto dell’anima di chi l’osserva. Quella che Zappalà realizza è una ricercata complessità geometrica puramente astratta. Il suo è un linguaggio espressivo, ritmato da strati, linee, forme geometriche e colori che entrano armoniosamente in dialogo tra loro. All’osservatore spetta il ruolo di interagire con tutti questi elementi visivi e sensoriali e dare loro una voce, decostruendoli e ricomponendoli in infinite sequenze di segni, cariche di significato e piacere estetico. La mostra sarà visitabile sino al 30 maggio, da giovedì a domenica, dalle 16.oo alle 19.00, ovviamente nel rispetto delle misure anti Covid-19 con obbligo di mascherina indossata e distanziamento.

M.Tr.

La ripartenza de “I Concerti del Lingotto”

L’ Auditorium Giovanni Agnelli è pronto dopo una lunga interruzione a ripartire riproponendo i “Concerti del Lingotto”. Sono previsti 4 concerti prima della pausa estiva.

l’inaugurazione è prevista lunedì 10 maggio con l’Accademia Bizantina di Ottavio Dantone e Alessandro Tampieri, con un programma dedicato a Vivaldi. Il concerto prevede 2 orari . Il turno A alle 17.15 mentre il turno B sarà alle 20. Venerdì 21 maggio alle 19.00 il gruppo Les Dissonances formato da Lucas Debargue, David Grimal e Mario Brunello, eseguirà il “triplo concerto per pianoforte violino e violoncello” e la “Sinfonia n. 4” di Beethoven. Mercoledì 30 giugno e giovedì primo luglio chiusura con l’Orchestra da Camera di Mantova diretta da Alexander Lonquich che eseguirà l’integrale dei concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven in due serate in doppio turno alle 17. 30 e alle 21. Il 30 giugno (primo, secondo e terzo concerto), il primo luglio (quarto e quinto).

Ulteriori informazioni e aggiornamenti sul sito www.lingottomusica.it

 

Pier Luigi Fuggetta