CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 444

“Matite sbriciolate” Lager di ieri e di oggi

A Chieri diventano racconto teatrale nella performance di Claudio Canal

Giovedì 9 settembre, ore 21

Chieri (Torino)

La drammatica realtà dei lager non è solo cosa di ieri. E’ presenza orribile e disumana che segna, passo passo, l’esistenza umana. In ogni tempo e latitudine. Presenza fisica e mentale. Il frutto avvelenato, più d’ogni altro, che l’odio dell’uomo contro l’uomo possa  mai concepire e generare. E’ questo il tema dello spettacolo teatrale “Matite sbriciolate” che sarà presentato a Chieri, all’interno della rassegna “Ci vuole coraggio”,  il prossimo giovedì  9 settembre presso la “Sala Conceria”, in via della Conceria 1, alle ore 21. Autore e interprete della performance è Claudio Canal, ricercatore on the road e collaboratore de “Il Manifesto”, “Avvenire” e di altre testate giornalistiche. Lo spettacolo prende spunto dalla prigionia del capitano barese Antonio Colaleo, internato militare italiano, raccontata – riannodando le vicende di uomini e di donne vittime comuni della segregazione e della privazione delle libertà – nel libro “Matite sbriciolate” (Rubbettino Editore) di Antonella Bartolo Colaleo, nuora di Antonio, barese di origini ma oggi residente a Chieri, free lance, alla sua prima esperienza editoriale. Nel libro si racconta il dramma dei 650mila soldati italiani che, dopo l’8 settembre del ‘43, per aver detto “No” alla Repubblica di Salò, vennero deportati nei lager del terzo Reich. Vi rimasero quasi due anni dimenticati e abbandonati. Cinquantamila di loro non fecero mai più ritorno a casa. Il capitano barese (detenuto a Biala Podlaska in Polonia e successivamente a Sandbostel e a Wietzendorf in Germania dove condivise giorni terribili insieme, fra gli altri, allo scrittore Giovanni Guareschi e all’attore Gianrico Tedeschi) ritrasse, nei giorni spietati della sua prigionia, in 34 disegni i luoghi della sua detenzione con alcune matite che egli stesso aveva sbriciolato nelle tasche affinché sfuggissero ai controlli. “Si tratta di immagini delicate e di grande bellezza – si legge – che ritornano nello spettacolo a sottolineare quanto sia possibile per l’essere umano resistere e andare oltre. Non c’è violenza, né morte nei disegni di Antonio Colaleo; la realtà sembra sospesa, si percepisce la volontà di non contaminazione della sofferenza. Nel testo teatrale le matite sbriciolate diventano il simbolo di tante vite spezzate ma anche di resistenza al dolore e di sopportazione all’ingiustizia”. Sentimenti che, in gran parte, contribuirono proprio a mettere in salvo la vita del capitano barese. Ma non sempre è stato ed é così. C’è anche la rinuncia, quando la segregazione sembra la fine di un sogno. La fine di tutto. E’ la storia di Balde Moussa, il giovane immigrato dalla Guinea trovato morto impiccato nel “Centro di Permanenza Rimpatrii” di Torino nel maggio scorso. Barbaramente picchiato da tre balordi a Ventimiglia perché chiedeva l’elemosina, Moussa era stato portato in una cella di isolamento ufficialmente per motivi sanitari. Per giorni si è chiesto disperatamente per quale ragione fosse finito lì. “Era innamorato dell’Italia. Era un prigioniero di pace. Ed era in Italia”. Anche di lui vuole parlarci lo spettacolo di Canal, articolato in letture, video, musiche e danza. Sul palco, insieme a Claudio Canal, l’attrice Silvia A. Genta e il “CoroTeatro Bequadro”.

g.m.

 

Pirati, Porcherie & Ossitocina chiudono Summerland 2021 di Corte Palestro

Ultima settimana ricca di appuntamenti per Summerland 2021, la rassegna di spettacolo dal vivo di Corte Palestro, in via Palestro 5 a Moncalieri, organizzata da Santibriganti Teatro in collaborazione con Eclectica e Teatrulla e con il sostegno della Città di Moncalieri.

Mercoledì 8 settembre alle 10.00 e giovedì 9 settembre alle 21.30 andrà in scena “AhiAhia! Pirati in Corsia!”, con Luca Serra Busnengo e Fulvia Romeo. Lo spettacolo, prodotto da Santibriganti in collaborazione con Casa UGI, fa parte della “Piccola Trilogia degli Altri Bambini” e racconta la storia di Nina, una storia di malattia, di guarigione, di fiducia e di amicizia fortissima.

Venerdì 10 settembre, alle 21.30 è il turno di Luca Occelli e “Porcherie” un reading teatrale tratto dai testi di Charles Bukowski: una giornata alle corse, un papà e la sua bimba, un disperato allo sbando, un dialogo con la Giustizia suprema: quattro situazioni per quattro racconti, in bilico tra il sudiciume e l’alcool, il sesso e lo squallore, la tenerezza e la disperazione: uomini e donne, come vuoti a perdere, attraverso “America la Bella”. Lo spettacolo è circoscritto in uno spazio angusto, minuto, occupato da pochi oggetti essenziali: birre, sigarette, accendino, un libro, carta igienica. È lo spazio d’esecuzione necessario, minimo, vitale, notturno, silenzioso. Luca Occelli, utilizzando l’espediente del monologo e del dialogo, doppiandosi con voci registrate fuori campo, sciorina parole e racconti in perfetta solitudine. L’unico lusso sarà la presenza di un tecnico luci-suono che, a segnali convenuti, disporrà di alcuni frammenti dalle “Variazioni Goldberg” di J. S. Bach, le cui note interverranno sui, o tra, i racconti, come angeli svolazzanti sopra una discarica.

Infine, sabato 11 settembre “Ti lascio perché ho finito l’ossitocina” chiuderà in bellezza Summerland 2021, ultimo di 28 spettacoli che hanno animato l’estate di Moncalieri. Con la sua stand-up, Giulia Pont racconta la fine di una storia d’amore, uno degli eventi più comuni e traumatici della vita di ognuno. Un dramma che spesso si riempie di risvolti comici, talvolta assurdi. Giulia tenterà̀ di guarire il suo mal d’amore sperimentando in maniera folle il potere terapeutico del teatro: il pubblico stesso diventerà̀ il suo terapeuta. Una chiacchierata spassosa e coinvolgente dove pensieri, emozioni, disastrose manovre di riavvicinamento e improbabili consigli di parenti e amici s’intrecciano in un gioco divertente, commovente e catartico.

È consigliata la prenotazione, che è possibile effettuare chiamando la segreteria di Santibriganti Teatro allo 011-645740, dal lunedì al venerdì dalle 12.30 alle 16.30, o scrivendo a organizzazione@santibriganti.it

“Corte Palestro – Summerland 2021” è organizzata da Santibriganti Teatro in collaborazione con TeatrullaEclectica e la Proloco di Moncalieri, e con il sostegno e il patrocinio della Città di Moncalieri.

L’uomo svelato. Studi e restauro di una mummia egizia di 4500 anni

Giovedì 9 settembre 2021 alle ore 9, presso Palazzo Mathis a Bra (Piazza Caduti per la Libertà, 20), aprirà al pubblico la mostra “L’uomo svelato.

Studi e restauro di una mummia egizia di 4500 anni”. L’evento, che inaugura la stagione espositiva 2021 della Fondazione CRC, è curato dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” (CCR) con la collaborazione dell’Università degli Studi di Torino, il suo Sistema Museale di Ateneo e il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino e il Centro Medico J Medical. La mostra, realizzata con il supporto della Città di Bra, ha il sostegno di Generali Cuneo, Merlo Spa e Giuggia Costruzioni e il patrocinio della Provincia di Cuneo e della Regione Piemonte. “L’uomo svelato” sarà visitabile gratuitamente – nel rispetto delle misure anti Covid – fino al 12 dicembre 2021, dal giovedì al lunedì dalle ore 9 alle 12,30 e dalle 15 alle 18. Per maggiori informazioni telefonare allo 0171/452711 o scrivere a info@fondazionecrc.it.

Cinque giovani artisti sotto il segno ambiguo della “contraddizione”

/

“Sul principio di contraddizione”   Fino al 3 ottobre

La “contraddizione” non s’addice all’arte? Certo che sì. E perché mai dovrebbe esserne esclusa? L’arte (ad ogni epoca e luogo appartenga) è infatti spesso “contraddizione”. Se per “contraddizione” intendiamo ricerca, accettazione dell’imprevisto, della magia che sottende a un segno piombato lì per caso o ancora sperimentazione, riflessione o ripensamento che ti fa barcollare per connetterti a nuove verità. Accettate, messe in posta con altre e precedenti intenzioni operative, fatte interagire per generare altro e altro ancora e altro ancora, quasi all’infinito.

In un gioco su cui non è mai lecito barare e su cui necessita sempre, fino al momento in cui t’accorgi di dover chiudere la partita, una grande tecnica e un grande mestiere. E’ questo ciò che vuole raccontarci, in modo perfino esasperato, la mostra “Sul principio di contraddizione”, ospitata alla “GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea” di Torino, fino al 3 ottobre prossimo, e curata con saggia maestria da Elena Volpato. Con saggia maestria. E chiara competenza. Perché nel gioco contradditorio di cui sopra è parte attiva importantissima anche la curatrice, cui spetta il compito non facile di intrufolarsi nel labirinto delle immagini per trovare segnali riconcilianti laddove concetti e segni sembrano al contrario seguire tracce parallele senza possibilità di abbracci e correlazioni. Un grande e intelligente e competente lavoro, dunque, quello della Volpato che ha saputo mettere insieme una cinquantina di opere a firma di cinque artisti della stessa “nuova” generazione, legati a un fare arte di stretta attualità in cui il “principio della contraddizione” diventa spazio di emozionante, artistica espressività. I loro nomi: Francesco Barocco, Riccardo Baruzzi, Luca Bertolo, Flavio Favelli e Diego Perrone. “Non è un tema, né un linguaggio – spiega la curatrice – quello che unisce i cinque artisti presenti in questa esposizione. Ciò che li unisce è la capacità di tenere all’interno delle loro opere lo spazio che separa e congiunge più rappresentazioni e di riconoscere il loro sovrapporsi nel tempo, di accogliere nel corpo stesso dell’opera il cono d’ombra da cui provengono svelando l’inesauribilità delle immagini, il loro emergere continuo e ripetuto”. Un ambiguo sovrapporsi di opposti. Un “principio di contraddizione”, per l’appunto “che l’arte può rivendicare per amore di bizzarria” nel dialogo contrapposto della “libertà contro la ragione”. Che ritroviamo, per iniziare, nell’immaginario di Flavio Favelli (Firenze, 1967), nelle sue improbabili composizioni architettoniche come nella sua capacità di tenere insieme la lontana tragicità di eventi storici insieme “all’apparente leggerezza delle pubblicità che li accompagnarono sulle pagine dei giornali”; o ancora, nelle suggestive e sotto traccia “Veroniche” di Luca Bertolo (Milano, 1968), così come nelle complesse, aggrovigliate ma anche lucide e perfette sculture in vetro di Diego Perrone (Asti, 1970). E che dire delle opere di Francesco Barocco (Susa, 1972) dov’è impossibile dire se i disegni impressi di nera grafite “siano il fondo oscuro da cui emerge il bianco della sua scultura o se siano le ombre a posarsi sul gesso per animarne il corpo in diverse presenze”? A chiudere la cinquina il ravennate Riccardo Baruzzi (Lugo, 1976) con le sue tele popolate di forme e figure che si incrociano, si sovrappongono, emergono e si inabissano, portandosi dietro lo strano presentimento di dissolversi e scomparire in un battito d’ali. Verità opposte. Il tutto e il contrario di tutto. Mondi chiari all’apparenza, ma suggestivi e poetici proprio nella loro non definizione e visionaria indeterminatezza.

Gianni Milani

“Sul principio di contraddizione”
GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429523 o www.gamtorino.it
Fino al 3 ottobre
Orari: merc. giov. e ven. 13/20; sab. e dom. 10/19 con prenotazione obbligatoria

 

Nelle foto

– Diego Perrone: “Senza titolo”, vetro, 2016
– Flavio Favelli: “Military Decò (A)”, assemblaggio di mobili dipinti, 2019
– Riccardo Baruzzi: “Arlecchino Pescatore (after Renato Birolli)”, olio su lino e legno, 2019

Tesori del Marchesato di Saluzzo tra Medioevo e Rinascimento

Tre prestigiose sedi per raccontare “Arte, Storia e Cultura tra Medioevo e Rinascimento” nelle terre governate per quattro secoli dalla famiglia marchionale Del Vasto

Fino al 31 ottobre Saluzzo (Cuneo)

L’intera provincia piemontese è ricca di opere e testimonianze d’arte assolutamente preziose. Spesso ignorate. Spesso nascoste. Troppo spesso non “esibite” al grande pubblico. Un grave danno per l’immagine culturale di un territorio che andrebbe invece, sotto questo aspetto e con più attenzione, maggiomente valorizzato, anche per le indubbie ricadute economiche e turistiche legate oggi sempre più all’organizzazione di eventi espositivi capaci di attrarre visitatori e appassionati da ogni dove. Un plauso va dunque, in questo senso, alla “Fondazione Artea” di Caraglio, voluta nel 2016 dalla Regione Piemonte e oggi presieduta da Marco Galateri di Genola, il cui principale obiettivo è proprio quello di promuovere e valorizzare il patrimoni storico, artistico e culturale della provincia di Cuneo. Di qui il suo impegno nella realizzazione di una nuova mostra veramente “da lode”, sviluppata in collaborazione con Comune di Saluzzo, Fondazione Torino Musei, Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo e con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, il contributo della Fondazione CRC, Fondazione CRT, la partecipazione della Diocesi di Saluzzo, della Consulta BCE Piemonte, ed il patrocinio dell’Università degli Studi di Torino, sponsor Sedamyl. D’obbligo ricordarli tutti, poiché solo una forte ed appassionata sinergia di lavoro può superare qualsivoglia ostacolo e produrre iniziative di così alto valore. Curata da Simone Baiocco (Conservatore Arti dal XIV al XVI secolo presso “Palazzo Madama” a Torino), la mostra s’intitola “Tesori del Marchesato di Saluzzo”, un tuffo nell’arte nella storia e nella cultura tra Medioevo e Rinascimento del Saluzzese, ed è ospitata, fino al prossimo 31 ottobre, in tre prestigiose sedi della città marchionale: il “Monastero della Stella”, il “Museo Civico Casa Cavassa” e “La Castiglia”.

Fra codici miniati, dipinti su tavola, affreschi, sculture e documenti d’epoca, provenienti da alcuni dei principali musei ed enti di conservazione italiani, sono nel complesso settanta le opere esposte in cui è possibile leggere e avvicinare, con cognizione di causa, quelli che furono veramente i “secoli d’oro” della storia saluzzese. Davanti ai visitatori, nelle tre sedi espositive, autentici capolavori realizzati tra Medioevo e prima Età Moderna. Dalla mite dolcezza della tardo-gotica bizantina “Madonna col Bambino in trono”, tempera e oro su tavola (forse parte centrale di un polittico proveniente da Albenga, oggi al Civico Museo di Sant’Agostino, a Genova) realizzata nel 1478 da Tommaso Biazaci da Busca, insieme al fratello Matteo (suo collaboratore) operante a lungo anche in Liguria, alla cosiddetta “Madonna del coniglio” del fiammingo naturalizzato francese Hans Clemer, a lungo attivo in Valle Maira. Suo il ciclo di affreschi, nella Chiesa di Santa Maria Assunta di Elva, rappresentanti scene della vita di Maria e una maestosa “Crocifissione” del 1493 che gli valse il titolo di “Maestro di Elva”. Di rigorosa e teatrale imponenza, assolutamente ricca nei dei dettagli e nell’uso ben definito dei colori anche la “Madonna con il Bambino e i Santi Gerolamo e Pietro martire”, tempera su tavola databile fra fine XVI e inizi XVII secolo, realizzata probabilmente dal saviglianese Giovanni Angelo Dolce.

O comunque da artisti del suo ambito. E ancora: la stupenda “Croce processionale” di anonimo orafo francese, secondo quarto del XVI secolo, in argento fuso, sbalzato e cesellato appartenente alla chiesa parrocchiale di Barge, accanto alla copia del “Roman du Chevalier Errant”, volume manoscritto, oggi custodito al Castello di Racconigi e alla “Natività” (1530-1535 ca.) del milanese, allievo di Leonardo da Vinci, Giovan Pietro Rizzoli, detto il Giampietrino, proveniente dalla Pinacoteca dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Solo una minima parte delle meraviglie, dei “tesori” in mostra. “Con la parola ‘tesori’ – sottolinea Vittoria Poggio, assessore regionale alla Cultura – si vuole certamente evidenziare la ricchezza e l’unicità delle opere per la prima volta qui esposte. Il Piemonte, regione dall’inestimabile patrimonio di storia, arte e cultura, custodisce nella pianura saluzzese e nelle valli del Monviso le preziose testimonianze del ricco e fiorente principato alpino che dal 1142 al 1548, sotto il governo della famiglia Del Vasto, seppe concepire opere straordinarie capaci di rappresentare il prestigio e la forza della dinastia aleramica. L’auspicio è che questa mostra sia l’inizio di un percorso di valorizzazione più ampio, collettivo e condiviso, che coinvolgerà l’intero territorio”.

Gianni Milani

 

“Tesori del Marchesato di Saluzzo”
Monastero della Stella – Casa Cavassa – La Castiglia, Saluzzo; per info www.fondazioneartea.org
Fino al 31 ottobre
Orari: ven. e sab. 10/13 e 14/18 – dom. e festivi 10/13 e 14/19

 

Nelle foto
– Giovanni Angelo Dolce (ambito di): “Madonna con il Bambino e i Santi Gerolamo e Pietro martire. tempera su tavola, fine XVI – inizio XVII secolo (?)
– Tommaso Biazaco: Madonna col Bambino in trono”, tempera e oro su tavola, 1478
– Hans Clemer: “Madonna col Bambino” detta ” Madonna del coniglio”, tempera su tavola, 1503 – 1505 ca

 

Rock Jazz e dintorni Samuel e i Calibro 35

/

Gli appuntamenti musicali della settimana 

Martedì. Allo Spazio 211 si esibiscono i Heathen Apostles preceduti dal gruppo The Blues Against Youth. Al PalaExpo di Moncalieri parte “Ritmika” con gli Psicologi affiancati dai Bnkr44.

Mercoledì. All’Hiroshima Mon Amour è di scena Giancane. Per “Ritmika” si esibiscono i Coma Cose.

Giovedì.  Al Sociale di Pinerolo suonano i Joan Thiele e Generic Animal. Per “”Ritmika” sono di scena i Calibro 35. allo Spazio 211 finale di “Pagella non solo Rock” con ospite Inoki.

Venerdì. Parte “Jazz is Dead!” al Bunker con Fèlicia Atkinson e The Fruitful Darkness. Per “Ritmika” si esibisce Aka7even e Boro Boro. Al Controsenso parte “Torino Beatles Days” con il supergruppo Oldies But Goldies ( con Marco Bonino, Dino, Slep e Bobby Posner). Allo Spazio 211 canta Omar Pedrini.

Sabato. Per “Torino Beatles Days” al Controsenso suona la Plastic Onion Band con Naska degli Statuto. Finale di “Ritmika”  con Samuel. “Jazz is Dead!” presenta Jolly Mare  e la Rhabdomantic Orchestra. Allo Spazio 211 si esibiscono i Nanowar of Steel.

Domenica. Conclusione di “Torino Beatles Days” con i Powerillusi. Conclusione anche per “Jazz is Dead!” con il trio Frequency Disasters del britannico Steve Beresford e i Hiedelem.

Pier Luigi Fuggetta

25 anni dopo la prima edizione e cinque anni dopo l’ultima, torna Ritmika

RITMIKA #RestartingSummer 7-11 settembre 2021 

Al PalaExpo di Moncalieri la 25esima edizione del festival con Psicologi, Coma_Cose, Calibro 35, Aka7even, Samuel

Venticinque anni dopo la prima edizione e cinque anni dopo l’ultima, torna Ritmika e si conferma il festival musicale della creatività e della sperimentazione capace di attrarre un pubblico trasversale. Ritmika, con la sua edizione #RestartingSummer, è tra i primi festival a sperimentare un concerto con accesso tramite Green Pass. Sul palco allestito al PalaExpo di Moncalieri, nell’ex Foro Boario, si alternano dal 7 all’11 settembre i cantautori ai vertici delle classifiche di vendita, i più promettenti talenti del nuovo cantautorato urban-pop e i progetti sperimentali o di riferimento della musica nazionale.

Il primo appuntamento di Ritmika è con gli Psicologi, martedì 7 settembre, i prodigi della generazione post millennial. Il duo formato da Drast (pseudonimo di Marco De Cesaris) e Lil Kaneki (Alessio Aresu) si presenta con una full band elettrica e una selezione di brani dai due ep 2001 e 1002 e dal loro album d’esordio Millennium Bug (e dal repack Millennium Bug X uscito in aprile). Gli Psicologi sono accompagnati dalla batteria di Alberto Paone e dal polistrumentista Daniele Razzicchia. Opening act: BNKR44. Fondato nel 2019 a Villanova, una frazione in provincia di Firenze, BNKR44 è un collettivo di menti dedite all’arte in ogni sua forma. La forte necessità di esplorare e scoprire le sonorità dei tempi moderni e futuri ha fatto sì che le musiche prendessero vita in maniera spontanea, mescolando in modo omogeneo i vari stili di provenienza degli artisti. Uniti sotto il vessillo del 44, tutti i membri del collettivo hanno come obiettivo quello di essere tra i principali attori di quella che sarà la Nuova Onda Italiana.

Mercoledì 8, dal PalaExpo di Moncalieri, parte il Nostralgia Tour dei Coma_Cose. Il duo (Fausto Lama e California), nato nel 2016 è una coppia prima nella vita e poi nella musica, che mischia vissuto e gusto sonoro urbano a una poetica cantautoriale. Il loro primo EP-manifesto Inverno Ticinese ottiene un risultato di critica e di pubblico esplosivo. Il 2019 è l’anno del tutto esaurito nei club, tra cui l’Alcatraz di Milano, con il loro primo disco Hype Aura che li porta anche a varcare i confini della penisola (suonano a Parigi in apertura ai Phoenix e allo Sziget Festival di Budapest). Il 2020 comincia all’insegna delle collaborazioni: i Coma_Cose duettano con i Subsonica e Francesca Michielin e nel 2021 partecipano al Festival di Sanremo con Fiamme negli occhi, certificato disco di platino.

Giovedì 9 i Calibro 35 presentano il nuovo progetto discografico “Post-Momentum”. La band formata da Massimo Martellotta, Enrico Gabrielli, Luca Cavina, Fabio Rondanini e Tommaso Colliva, torna in tour più di un anno dopo l’uscita di “Momentum” il loro acclamato ultimo album. Definiti da Rolling Stone come il progetto più “cool” uscito dal nostro paese negli ultimi anni, i Calibro 35 in poco tempo sono diventati un vero e proprio punto di riferimento della scena nazionale ed internazionale. In oltre dieci anni di frenetica attività hanno mosso i primi passi in molti campi e declinato il proprio stile unico su diverse forme di espressione musicale: non solo dischi, ma anche colonne sonore, produzioni tv, sonorizzazioni, library music, libri e spettacoli teatrali. Opening act: Sasso, il nuovo progetto musicale tra melodie floydiane ed energie puramente rock anni ’70 di Anthony Sasso, fondatore degli Anthony Laszlo con Andrea Laszlo De Simone, polistrumentista dei Ministri e autore di oltre 150 tracce inedite realizzate e mai pubblicate.

Venerdì 10 approda al PalaExpo di Moncalieri Aka7even, forte del successo del suo album d’esordio con il tormentone dell’estate Loca, già certificata oro, e il sold out registrato dalle prime date live a Napoli del gennaio 2022. Aka7even, nome d’arte di Luca Marzano, è considerato uno dei più promettenti talenti del nuovo cantautorato urban-pop italiano, tra i protagonisti della 20esima edizione di Amici di Maria De Filippi. È stato il primo artista di Amici, dopo Irama, a posizionarsi alla #1 della Top 50 Italia Spotify. Durante il programma televisivo ha scritto il brano Mi Manchi, certificato platino e nella Top 5 della Classifica dei Singoli Fimi e lanciato i brani Yellow e Mille parole contenuti nel suo disco d’esordio Aka7even uscito a maggio e nel podio delle classifiche di vendita. Opening act: Boro Boro, il rapper torinese pseudonimo di Federico Orecchia. Dopo i primi freestyle su YouTube, nel 2018 ha pubblicato il singolo Money Rain, certificato disco d’oro con oltre 25mila unità vendute a livello nazionale, nel 2019 Lento, doppio disco di platino e nel 2020 è uscito il suo primo album in studio intitolato Caldo che ha debuttato al 4° posto nella classifica Fimi.

Sabato 11 chiude Ritmika, Samuel. Dopo la tournée estiva con i Subsonica e tre appuntamenti speciali in mezzo al mare delle isole Eolie, Samuel torna sul palco con il suo progetto solista. Il 22 gennaio pubblica, infatti, il secondo album Brigatabianca, anticipato dai singoli Tra un anno e Cocoricò feat. Colapesce. Il 14 maggio è uscito Cinema, il singolo inedito feat. Francesca Michielin. Samuel è un autore e compositore molto attivo: ha realizzato 9 album originali con i Subsonica e 6 con i Motel Connection. Nel 2017 partecipa a Sanremo con Vedrai e pubblica il suo primo album da solista Il codice della bellezza, ripubblicato in digitale nel 2020 nella versione live con l’orchestra Bandakadabra.

Ritmika è un progetto promosso dalla Città di Moncalieri, realizzato e prodotto da Reverse. Con il sostegno di Regione Piemonte e Fondazione CRT. Main Sponsor: Iren. HR Partner: Lavoropiù. Mobility Partner: Link. Charity Partner: U.G.I. Official Beer: Kozel. Technical Partner: Hydra.    

Sarajevo, la fontana e la neve di primavera

/

L’appuntamento è per le venti, davanti alla fontana Sebilj. Non ci si può sbagliare: è il simbolo di Sarajevo. Situata nel bel mezzo della Baščaršija, dispensa da oltre un secolo la sua acqua potabile, circondata da un infinità di piccioni che sembra d’essere in piazza San Marco a Venezia

 

 Progettata nel 1891, sotto il protettorato austro-ungarico, ha la forma orientale di un gazebo e porta la firma dell’architetto ceco Alexander Wittek che la intese come interpretazione in chiave moderna delle fontane ottomane, prendendo a modello una fontana in pietra di Istanbul. Con il calare delle luci della sera s’accende di una luce dorata che emana un fascino straordinario. Per questa fontana vale la stessa leggenda di quella della moschea Gazi Husrev-beg: bevuta anche una sola volta la sua acqua, sarà impossibile lasciare Sarajevo per troppo tempo o non tornare ogni volta che il cuore lo desidera.Ovviamente, come ogni volta, non manco di berne una sorsata. Samir arriva, affannato, dal vicino ponte che attraversa la Miljacka. Si era recato, per una commissione, alla Sarajevska Pivara, il birrificio rosso e crema, con le grondaie in rame, dove si produce l’ottima Sarajevsko pivo. Con un quarto d’ora di ritardo arrivano anche gli altri e tutti insieme si sale in taxi, alla modica cifra di tre marchi,cioè di un euro e cinquanta centesimi, per le vie che s’inerpicano sulla collina verso il cimitero ebraico dove abbiamo prenotato il nostro aperitivo in un locale che sembra un balcone sulla città vecchia. Il tempo di due chiacchiere sorseggiando uno Spritz Rosso (ma ci sono anche le versioni azzurro,verde e giallo, in base allo stato d’animo di chi lo beve) e si ridiscende. Il taxista è un matto. Conoscerà anche le vie come le sue tasche ma si butta giù a rotta di collo per le viuzze. A tempo di record ci scarica in Mule Mustafe Bašeskije, a due passi da Sebilj. Paghiamo la corsa e scendiamo in fretta dall’auto pubblica. Samir ha prenotato per quattro la cena in una Ašćínica, i locali specializzati in zuppe e verdure ripiene che rappresentano, in assoluto, la vera cucina casalinga bosniaca. Non ce ne sono molte in città e questa – Hadžibajrić , al numero 59 di Veliki Čurčiluk – è la migliore della Baščaršija. Il menù è semplice ma gustoso: pita ripiena di spinaci, uova e kajmak, il formaggio di panna acida (la Zeljanica);punjene paprika, cioè peperoni ripieni; il ( o la, non saprei) grah, gustosa zuppa di fagioli cucinata alla moda di Mostar e cipolle ripiene, le sogan dolma. Ovviamente,per favorire la digestione,dove si va? In uno dei caffè orientali dove, con cinque marchi, si può fumare la Šiša (quello che noi, genericamente, chiamiamo narghilè) e bere i tipici tè bosniaci, ascoltando le sevdalinke, lente e malinconiche canzoni d’amore della tradizione ottomana.Siamo fortunati. In quello che scegliamo, sedendoci sugli sgabelli tra coloratissimi tappeti, si sta esibendo un duo,piuttosto attempato, che suona dal vivo il violino e il saz ,tipico mandolino orientale. L’atmosfera è di quelle giuste, da meditazione. Io non fumo, limitandomi a sorseggiare un amarognolo tè verde.La parola giusta,in questi casi,è “polako”, che significa “con calma”. Ed è con calma che Samir tira fuori dalla tasca un libro e inizia a leggere. Lui, l’italiano lo parla bene. Anche Dina se la cava mentre Goran, nonostante la buona volontà che ci mette,incespica in molte parole che a sentir lui gli “ingarbugliano la lingua”. In quanto a me, confesso la mia ignoranza: il bosniaco che si differenzia solo leggermente dal serbo e dal croato, è e rimane “arabo”, come usiamo dire spesso e impropriamente. Il brano che legge rappresenta “l’essenza della città, lo spirito notturno di Sarajevo”. E’ tratto da “Lettera del 1920″, di Ivo Andric. “A Sarajevo, chi soffra d’insonnia può sentire strani suoni nella notte cittadina.Pesantemente e con sicurezza batte l’ora della cattedrale cattolica: le due dopo mezzanotte. Passa piú di un minuto (esattamente settantacinque secondi, li ho contati) ed ecco che si fa vivo, con suono piú flebile, ma piú penetrante, l’orologio della Chiesa ortodossa, e anch’esso batte le due. Poco dopo, con voce sorda, lontana, il minareto della moschea imperiale batte le undici: ore arcane, alla turca, secondo strani calcoli di terre lontane, di parti straniere del mondo. Gli ebrei non hanno un orologio proprio che batta le ore, e solo Dio sa qual è in questo momento la loro ora, secondo calcoli sefarditi o ashkenaziti. Cosí, anche di notte, mentre tutto dorme, nella conta di ore deserte d’un tempo silenzioso, è vigile la diversità di questa gente addormentata, che da sveglia gioisce e patisce, banchetta e digiuna secondo quattro calendari diversi, tra loro contrastanti, e invia al cielo desideri e preghiere in quattro lingue liturgiche diverse. E questa differenza, ora evidente e aperta, ora nascosta e subdola, è sempre simile all’odio, spesso del tutto identica ad esso”.Terminata la lettura chiude il libro e lo rimette in tasca. Non c’è nulla da commentare perché in quelle parole c’è tutto. La musica, intanto, ci avvolge. Gli amici mi dicono che ci sono diverse traduzioni e spiegazioni per la parola “sevdah”. Alcuni giurano che viene dalla parola turca “sevda”, l’amore. Altri insistono sul termine persiano “soda”, che equivale a malinconia, oppure la parola “sawda”, che in arabo significa qualcosa di nero. Comunque la si metta, quello delle sevdalinke è un genere di nostalgia cantata e suonata, melodiosa, struggente. Si sta bene ma d’improvviso “s’incunea crudo il freddo e la città trema”,come nella canzone dei Csi. Era previsto un brusco abbassamento delle temperature ma all’improvviso quest’ariaccia fredda è scesa nel giardinetto all’aperto, sollevando polvere da terra e tovaglie dai tavolini. Dai pesanti bracieri d’ottone scintille rosse e gialle volano in aria, disegnando arabeschi infuocati nel buio. In fretta e furia due ragazzi ritirano tutto, mentre cadono le primi, pesanti gocce di pioggia. In un attimo ripassiamo davanti alla fontana di Sebilj e, ancora con un taxi, andiamo verso l’albergo, nei pressi della stazione ferroviaria. Piove a dirotto. Al mattino dopo,in un silenzio profondo,ovattato, ecco la sorpresa: nevica, e viene giù anche bene, a larghe falde. Fa freddo e nevica, a Sarajevo.

 

Poco importa se siamo a metà aprile. Ieri c’erano diciotto gradi e poi, tutto di un colpo, dalle vette della Bjelašnica e dell’Igman è sceso il soffio gelido della retroguardia del generale Inverno, ultimo e disperato colpo di coda della stagione dei brividi. Quando raggiungo la Baščaršija un nevischio gelato che pare ghiaccio tritato ci fa rabbrividire tutti. Trema, “livida trema”, Sarajevo. Nonostante il maglione ,la giacca con il bavero alzato e la bella, calda sciarpa che ho comprato al bazar il freddo mi entra nelle ossa. Anche Goran e Samir soffrono il freddo. Dina ha le gote e le mani arrossate, sulle quali soffia un fiato che si condensa in nuvole dense al contatto con l’aria gelida che, a folate, mulina nel dedalo delle viuzze. Sembra pieno inverno, con i tetti delle case e le cupole delle moschee bianchi come i paesaggi infarinati dei presepi. Capita, non è una novità. E Sarajevo è, in tempo di pace, più bella e seducente che mai.

Marco Travaglini

Crea, aperta la mostra “Sacro e Monferrato”

Non poteva esserci una migliore location per la mostra ‘Sacro & Monferrato – Chiese campestri nel Monferrato’, aperta questa mattina nel Chiostra del Santuario di crea.

In quaranta suggestivi scatti, realizzati con l’obiettivo dei Fotografi Monferrini, sono immortalate le piccole chiese di campagna del territorio, simbolo della profonda devozione e dell’anima dei paesi della collina monferrina, non soltanto in Provincia di Alessandria, ma anche in centri delle vicine Province di Asti e della Città Metropolitana di Torino, come Verrua Savoia.

La mostra, nata dalla collaborazione tra Monferrato Tourit e Gruppo Fotografi Monferrini, aveva debuttato alla Fortezza di Verrua ed è stata replicata a San Salvatore Monferrato. Adesso sarà a Crea ancora per il pomeriggio di sabato 4, domenica 5 e sabato e domenica 11 e 12 settembre, con orario dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30.

.“La bellezza della mostra, non è solo nel suo contenuto e negli scatti dei Fotografi Monferrini, è nelle piccole chiese campestri, protagoniste degli scatti, che rivendicano nella loro semplicità l’importanza sociale che hanno sempre avuto nelle comunità del passato, è nella volontà di porre l’attenzione ad un testimonianza storico, artistica e culturale che non è valorizzata, è nella tenacia con cui la mostra stessa è stata organizzata: il progetto è infatti nato lo scorso inverno, in tempo di Covid, di chiusure e di restrizioni, un tempo in cui era difficile collaborare, se non a distanza, programmare e ancor più pensare ad un futuro di eventi.” – spiegano gli organizzatori.

Massimo Iaretti

A settembre appuntamenti in “Corso Parigi”

CORSO PARIGI è un’associazione di promozione sociale, Circolo affiliato ARCI, inaugurato il 24 giugno 2020.

Sono stati organizzati circa 50 eventi di musica dal vivo e spettacoli, da giugno 2020 fino a settembre 2020, e poi dal 1° luglio 2021 ad oggi.

Il Circolo CORSO PARIGI aps propone per il mese di settembre 2021 eventi dal vivo e concerti musicali,

nel rispetto delle normative anticovid del decreto legge in atto,

Qui di seguito il programma eventi del mese di settembre 2021