CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 433

Allo scrittore israeliano David Grossman il premio letterario dedicato alla Resistenza

Lunedì 22 novembre, alle 20,30, il Teatro Sociale di Omegna ospiterà la serata dedicata all’assegnazione del l’ edizione 2021 del Premio letterario “Della Resistenza” promosso dalla municipalità del capoluogo cusiano.

Sarà presente lo scrittore David Grossman, premiato per il libro “Sparare a una colomba”, edito in Italia da Mondadori. La presenza dello scrittore israeliano sulla scena internazionale va oltre i suoi romanzi: i suoi saggi e interventi su politica, società e letteratura sono ormai diventati un punto di riferimento ineludibile per tantissimi lettori ai quattro angoli del mondo. “La situazione è troppo disperata per lasciarla ai disperati” sostiene Grossman. Nei saggi e nei discorsi che compongono questo libro, lo scrittore nato nel 1954 a Gerusalemme non si limita ad analizzare la situazione di Israele cinquant’anni dopo la Guerra dei Sei Giorni, descrivendo le conseguenze dell’impasse politica in Medio Oriente, o a parlare dell’emergenza sanitaria imposta dalla pandemia da Covid ma finisce sempre per raccontare qualcosa della sua esperienza personale. Infatti il libro è un’appassionata e lucida difesa dei valori della libertà e dell’individualità dove la strenua opposizione a disfattismo e disimpegno prendono corpo nei testi. Grossman è l’ultimo scrittore ad aggiudicarsi il più importante riconoscimento letterario a livello nazionale dedicato alla memoria della lotta di Liberazione Questo concorso è riservato a libri di narrativa, poesia o saggistica che “coniugando valori letterari e impegno civile” abbiano dato risalto a una delle “questioni fondamentali del nostro tempo”. Dal 1959 al 1974,l’appuntamento omegnese rappresentò un evento di notevole rilievo nel panorama culturale italiano e internazionale. Nato da un incontro tra l’allora sindaco Pasquale Maulini con il comandante partigiano Cino Moscatelli e gli scrittori Mario Soldati e Mario Bonfantini, vide la collaborazione di prestigiosi nomi della cultura italiana nel corso delle tredici edizioni che si svolsero nella città che aveva dato i natali al celebre Gianni Rodari. Della giuria fecero parte scrittori e intellettuali importanti. Tra i tanti vanno ricordati Guido Piovene, Mario Soldati, Carlo Salinari, Paolo Spriano, lo stesso Gianni Rodari, Cesare Zavattini, Rossana Rossanda, Orio Vergani, Raffaele De Grada, Italo Calvino, Franco Fortini, Filippo Frassati. Una rapida lettura del “libro d’oro” dei premiati offre l’idea del valore e dell’importanza dell’evento nella sua prima e storica edizione. Henry Alleg fu il primo ad essere premiato nel 1959 per “La tortura”; l’anno successivo il riconoscimento toccò ad un mostro sacro come Jean-Paul Sartre per l’intera opera. Nel 1961 Gunther Anders, filosofo e scrittore tedesco, vinse con “Essere o non Essere” e nel 1962 Frantz Fanon psichiatra e antropologo francese, nativo della Martinica e rappresentante del movimento terzomondista per la decolonizzazione, per “I dannati della terra”. Dopo il poeta spagnolo Blas de Otero per l’opera omnia (1963), Roberto Battaglia con “Risorgimento e Resistenza” nel ’64 e gli statunitensi Paul M. Sweezy e Leo Huberman per “Il presente come storia” e i volumi sulle teorie della politica estera americana e dello sviluppo capitalistico (1965), il premio venne assegnato simbolicamente ai lavoratori della “Cobianchi” di Omegna in lotta per la difesa del posto di lavoro. Dopo una pausa di quattro anni, nel 1970, la scelta venne replicata per i lavoratori della “Rodhiatoce” di Pallanza, impegnati in una durissima vertenza. Nel 1971 il premio venne destinato alla memoria di George Jackson, uno dei leader delle “pantere nere”, autore de “I fratelli di Soledad”, ucciso da un secondino nel carcere di San Quentin il 21 agosto di quello stesso anno. Nel 1972 e nel ’73 l’assegnazione toccò a due italiani: Camilla Cederna per “Pinelli: una finestra sulla strage” e Pietro Secchia per “La Resistenza accusa” e “Lotta antifascista e giovani generazioni”. L’anno dopo, il premio Omegna “Della Resistenza” fu assegnato al poeta e intellettuale ellenico Alekos Panagulis, fiero oppositore del regime dei Colonnelli, per “Vi scrivo da un carcere in Grecia”. Da quell’edizione e per vent’anni il premio venne sospeso. Una lunga pausa interrottasi nel 1995 in occasione del cinquantesimo anniversario della Liberazione con un’edizione straordinaria che segnò l’affermazione di “Appunti Partigiani 1944–1945″ di Beppe Fenoglio. Il successo dell’iniziativa convinse l’amministrazione Comunale a rieditare dall’anno successivo e con una formula rinnovata il premio letterario intitolato alla Città di Omegna. Da allora sono stati premiati Adolfo Mignemi (Storia fotografica della Resistenza), Gherardo Colombo (Il vizio della memoria), Vincenzo Cerami e Roberto Benigni (La vita è bella), Tahar Ben Jelloun (Il razzismo spiegato a mia figlia), Giovanni Giudici (Eresia della sera) e Theo Richmond (Konin.La città che vive altrove), Ryszard Kapuscinski (Ebano), Cesare Garboli (Ricordi tristi e civili) e Giorgio Boatti (Preferirei di no), Giulietto Chiesa e Vauro (Afghanistan,anno zero), Nuto Revelli (Le due guerre. Guerra fascista e guerra partigiana),Susan Sontag (Davanti al dolore degli altri),Guido Craiz (Il dolore e l’esilio.L’Istria e le memorie divise d’Europa), Angelo Del Boca (Italiani,brava gente?), Roberto Saviano (Gomorra), Boris Pahor (Necropoli), Alessandro Leogrande ( Uomini e caporali), Bianca Guidetti Serra e Santina Mobiglia (Bianca la rossa), Marco Paolini (Ausmerzen), Anna Bravo (La conta dei salvati), Giuseppe Catozzella (Non dirmi che hai paura), Massimo Zamboni (L’eco di uno sparo), Massimo Cirri (Un’altra parte del mondo), Alberto Melloni ( le opere di Don Milani nei Meridiani), Anna Lavatelli (Il violino di Auschwitz) e Enzo Bianchi (La vita e i giorni. La vecchiaia). Il premio dedicato alla Resistenza non è solo un evento culturale e letterario ma un punto fermo nell’identità di questa città insignita della medaglia d’oro per la lotta partigiana che ebbe tra i suoi cittadini più celebri quel Gianni Rodari che seppe inventare un nuovo modo di guardare il mondo attraverso gli occhi dei bambini, portando l’elemento fantastico nel cuore della crescita democratica dell’Italia repubblicana.

Marco Travaglini

A Camera riflessioni su potere, sicurezza e controllo sociale

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“Salvatore Vitale. How to Secure a Country +”.  A “CAMERA” negli scatti del fotografo siciliano

Fino al 12 dicembre

Classe ’86, di origini palermitane, Salvatore Vitale è un artista visivo, ma anche editore e docente, residente oggi a Zurigo. E proprio dal risiedere in uno dei Paesi, la Svizzera, noti per essere politicamente e socialmente fra i più sicuri al mondo, deriva il suo interesse ad esplorare le strutture di potere, la mediazione tecnologica e l’influenza di questi elementi nella società. Così, quando nel 2014 gli svizzeri votarono a favore di un’iniziativa popolare federale “contro l’immigrazione di massa”, l’immigrato Vitale sentì il bisogno di mettere mano ad un progetto teso ad esplorare le misure di sicurezza nazionale del Paese che lo ospitava, concentrandosi “su istruzioni, protocolli, burocrazie e soluzioni concrete adottate”, da lui visualizzate in fotografie, diagrammi e  illustrazioni grafiche. Nel 2015, quel progetto dal titolo “How to Secure a Country” riceve un premio dallo “Swiss Arts Council” e oggi ne troviamo testimonianza nella “Project Room” di “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia” di Torino. Prima personale dell’artista palermitano in un’istituzione italiana, la mostra è curata da Giangavino Pazzola, con il sostegno della “Fondazione Svizzera per la Cultura Pro Helvetia” in collaborazione con OGR Torino e la Galleria “Ncontemporary” di Milano. Oltre quaranta le opere esposte realizzate con differenti media e appartenenti a due nuclei di lavori, relativi ad altrettante ricerche di lungo periodo realizzate da Vitale a partire dal 2014 sino ad oggi. La maggior parte di esse appartengono alla serie “How to Secure a Country +” (2014 – 2019), racconto quasi didattico, neutro e acritico del sistema di sicurezza nazionale svizzero esplorato dal suo interno. “Articolando il discorso in diversi capitoli, Vitale ricostruisce un quadro esaustivo – sottolineano gli  organizzatori – del sistema di sicurezza di uno stato, portando lo spettatore a riflettere sull’idea di protezione nella relazione tra autorità e individuo”. Incluse nel percorso espositivo, sono anche due opere del progetto “Persuasive System”, ricerca iniziata dall’artista nel 2020, e attualmente ancora in corso, incentrata sul tema dell’influenza della sorveglianza digitale nel controllo sociale degli individui. E proprio in quest’ottica, nella “Corte Est”, antistante l’ingresso principale di OGR Torino, è stata ospitata l’installazione di tre telecamere di sorveglianza che registrano in tempo reale il passaggio delle persone in una area delimitata, e segnalata per mezzo di un segno grafico, in conformità con le direttive europee. Le immagini sono state trasmesse contestualmente in diretta sia sui grandi schermi allestiti nel foyer di OGR (rimossi dopo la prima settimana di mostra) sia in due monitor installati a “CAMERA”, tutt’oggi in funzione, per “rafforzare così l’idea di pervasività della sorveglianza nella vita sociale odierna”. Sempre a “CAMERA” troviamo anche l’installazione di un “video-essay” realizzato per l’occasione da Vitale, con il quale viene messa in scena la rievocazione di un esperimento sociale sul comportamento delle persone. “Combinando immagini fisse e in movimento, filmati d’archivio, dati fattuali e testo, l’opera si avvale della ‘metafora dell’aeroporto’ per svelare i paradossi connaturati alla logica della sorveglianza sistemica, evidenziando la necessità di porre maggior attenzione ai processi di omologazione dei comportamenti collettivi e dei sistemi che regolano la loro formazione”.

A completamento della mostra, Salvatore Vitale terrà un incontro aperto al pubblico il 25 novembre alle ore 18.30 a “CAMERA” e dal 26 al 27 novembre un workshop teorico-pratico, “The Narrative Impulse”, in cui condurrà i partecipanti nella creazione di un progetto narrativo costruito mediante la combinazione della fotografia con media diversi come suono, video, piattaforme social, web, immagini d’archivio. Per informazioni e iscrizioni, www.camera.to

“How to Secure a Country +” rientra nel ciclo di mostre “Passengers. Racconti dal Mondo Nuovo”, programma dedicato da “CAMERA” agli artisti mid-career che maggiormente rappresentano esempi di innovazione del linguaggio visivo contemporaneo.

Gianni Milani

“Salvatore Vitale. How to Secure a Country +”

CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to

Fino al 12 dicembre

Orari: lun. merc. ven. sab. dom. 11/19; giov. 11/21. Mart. chiuso

Nelle foto:

Immagini da “How to Secure a Country +”

Incipit Offresi, dal vivo la settima edizione

Giovedì 18 novembre 2021, ore 18

Dal vivo la settima edizione del primo talent letterario itinerante per aspiranti scrittori

La Biblioteca Nino Colombo di Beinasco ospiterà giovedì 18 novembre, dal vivo, la settima edizione di Incipit Offresi, il primo talent letterario itinerante dedicato agli aspiranti scrittori, ideato e promosso dalla Fondazione ECM – Biblioteca Archimede di Settimo Torinese, in sinergia con Regione Piemonte. A condurre l’incontro, vero e proprio spettacolo di intrattenimento, gli attori di B-Teatro, con le incursioni musicali del chitarrista Ivano Gruarin.

Piemonte, Lombardia, Liguria, Valle d’Aosta, Lazio: Incipit Offresi toccherà, per la prima volta, cinque regioni. È un format a tappe: la sfida si giocherà a colpi di incipit all’interno delle biblioteche e dei luoghi di cultura, in presenza e/o online, in diretta streaming, da ottobre 2021 a giugno 2022. L’obiettivo non è premiare il romanzo inedito migliore, ma scovare nuovi talenti. In 6 anni Incipit Offresi ha scoperto più di 40 nuovi autori, pubblicato 60 libri e coinvolto più di 10mila persone, 30 case editrici e più di 50 biblioteche e centri culturali. Incipit Offresi è un vero e proprio talent della scrittura, lo spazio dove tutti gli aspiranti scrittori possono presentare la propria idea di libro, incontrare e dialogare con gli editori coinvolti nelle varie fasi del progetto.

Durante ogni appuntamento (19 in totale, più un ballottaggio, due semifinali e la finale) gli aspiranti scrittori avranno 60 secondi di tempo per leggere il proprio incipit o raccontare il proprio libro. La novità di quest’anno è la sfida uno contro uno tra i concorrenti che saranno giudicati dal pubblico in sala, nel caso degli eventi in presenza, e dalla giuria tecnica. Il/la concorrente che, tra i due sfidanti, avrà ottenuto più voti, passerà alla fase successiva, dove avrà ancora 30 secondi di tempo per la lettura del proprio incipit prima del giudizio della giuria tecnica che assegnerà un voto da 0 a 10. Una volta designato il/la vincitore/trice di tappa, si aprirà il voto del pubblico che, da casa, attraverso la piattaforma di voto predisposta dal Comitato Organizzatore, potrà esprimere entro 60 minuti dalla conclusione della gara, la propria preferenza per un altro concorrente. Chi otterrà più voti potrà partecipare alla gara di ballottaggio. I primi classificati di ogni tappa e gli eventuali ripescaggi potranno accedere alle semifinali per giocarsi la possibilità di approdare alla finale, in programma a giugno 2022. Le ultime tre finali sono state presentate da Neri Marcoré, Boosta dei Subsonica e Iaia Forte. I concorrenti primo e secondo classificato riceveranno rispettivamente un premio in denaro di 1.500 e 600 euro; saranno inoltre messi in palio, fra tutti i partecipanti alla finale, il Premio Italo Calvino, Indice dei Libri del Mese, Golem, Leone verde, Coop ed eventuali altri premi assegnati dagli editori.

La partecipazione a Incipit Offresi è gratuita e aperta agli scrittori, esordienti e non, maggiorenni, di tutte le nazionalità. I candidati dovranno presentare le prime righe della propria opera: l’incipit, appunto, un massimo di 1.000 battute con le quali catturare l’attenzione dei lettori e una descrizione dei contenuti dell’opera (max 1.800 battute). L’incipit deve essere inedito (le opere autopubblicate sono parificate alle inedite poiché prive di regolare distribuzione). La gara si svolgerà in lingua italiana. La possibilità di partecipare alle tappe è garantita fino ad esaurimento dei posti disponibili.

La gara di Incipit Offresi sarà trasmessa sulla rete 7WEB.TV e disponibile sulle pagine Facebook e Youtube di Incipit Offresi e sulle pagine delle biblioteche partner e altri canali collegati.

 

Incipit Offresi è un’iniziativa ideata e promossa dalla Fondazione ECM – Biblioteca Archimede di Settimo Torinese e Regione Piemonte, con la collaborazione della Scuola del Libro di Roma e con la sponsorizzazione di NovaCoop.

Il Premio Incipit e il campionato sono dedicati a Eugenio Pintore per la passione e la professionalità con cui ha fatto nascere e curato Incipit Offresi.

 

INFO E ISCRIZIONI

 

Giovedì 18 novembre, ore 18

Incipit Offresi

Biblioteca Nino Colombo, piazza Alfieri 7, Beinasco

www.incipitoffresi.it – info@incipitoffresi.it

Dal “Diavolo veste Prada” al Museo del Cinema: Stanley Tucci alla Mole

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L’attore americano Stanley Tucci è stato ieri in visita al Museo Nazionale del Cinema.

In Italia per girare una puntata della serie Searching for Italy della CNN, l’attore ha manifestato il desiderio di visitare in forma privata il Museo Nazionale del Cinema. La visita è stata preceduta da una proiezione strettamente privata al Cinema Massimo del film 007 No time to die, quale sorpresa di fine riprese per la crew che lo ha accompagnato in città.

Accolto al museo dal presidente Enzo Ghigo e dal direttore Domenico De Gaetano, Tucci è rimasto affascinato dalla bellezza dell’edificio, tanto da prendere l’ascensore panoramico e salire fino in cima alla Mole Antonelliana per ammirare la città dall’alto. Una prova di grande coraggio per lui che soffre tantissimo di vertigini, e l’emozione è stata così forte che ha affermato che la prossima volta ha intenzione di fare la salita nell’intercapedine della cupola.

Molto colpito e incantato dallo splendore del museo  e dell’Aula del Tempio: uno spazio così suggestivo e inaspettato che per lui rappresenta un grande omaggio al cinema, soprattutto la mostra Photocall con i volti di attori conosciuti, da Isabella Rossellini a Monica Bellucci.

Ha dimostrato molto interesse alla programmazione e alle attività delle salette dedicate alla realtà virtuale CineVR, posizionate di fianco al Moloch del film Cabiria, film da lui conosciuto e apprezzato.

Molto conosciuto in Italia per diverse sue interpretazioni, ha dichiarato che uno dei suoi personaggi preferiti è Nigel ne Il Diavolo veste Prada, e ha acconsentito a firmare il manifesto e la locandina.

“Les italiens” e quella Parigi così viva tra le due Guerre

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“Parigi era viva. De Chirico, Savinio e les Italiens de Paris”: questo è il titolo della mostra che si è aperta il 21 ottobre scorso presso il Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto.

Attraverso settanta opere viene raccontata l’avventura di sette artisti italiani che, arrivati nella Ville Lumière, in momenti diversi, per vivere, lavorare e fondersi in quell’atmosfera artistica di grandi movimenti e di immensi pittori, espongono insieme per la prima volta nel 1928: Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Massimo Campigli, Filippo De Pisis, Renè Paresce e Gino Severini. Parigi, in quegli anni, mantiene intatto il proprio fascino e si conferma capitale dell’arte e delle arti. Montparnasse ha, ormai, definitivamente sostituito Montmartre quale cuore pulsante della vita culturale parigina. Picasso, Braque, Soutine, Pascin, Aragon, Cocteau, Dalì, Man Ray vivono e lavorano nel quartiere, animano le notti alla Cupole e stravolgono l’arte. Modigliani è morto nel gennaio 1920, ma la sua straordinaria leggenda e la forza espressiva delle sue opere continuano a influenzare il mondo culturale parigino. E’ in questo luogo meraviglioso, come definirà Breton la Parigi di quegli anni che les italiens dipingono alla ricerca di conferme e aperti a nuove influenze.

La mostra, divisa in sette sezioni, ci regala, attraverso le tele, gli sguardi diversi e complementari di questi pittori. Les italiens, ciascuno secondo il proprio “sentire” e la propria tecnica e il proprio stile, evocano nei quadri atmosfere classiciste, influenzate dal surrealismo con il quale vengono a contatto a Parigi.

Accompagnato dalle fotografie e dalla musica di quegli anni spensierati, lo spettatore si immerge in un percorso espositivo multiforme che desta in lui emozioni e sensazioni diverse, trasportandolo in mondi lontani, immoti e quasi pietrificati, in vie brucianti di vita, in paesaggi assolati, in ambienti dove il tempo sembra essersi fermato. Stanza dopo stanza, sezione dopo sezione, si incontrano l’ossessiva ricerca e reinterpretazione del mito classico di De Chirico, le immagini surreali e inquietanti di Savinio, le donne dagli occhi grandi che riemergono da qualche dipinto parietale di micenea memoria di Campigli, le pennellate calligrafiche, avvolgenti e malinconiche di De Pisis, le forme cubiste di Paresce, i dolenti Pulcinella di Severini che tanto ricordano gli arlecchini e gli acrobati del Picasso del periodo blu e rosa e le tensioni plastiche di Mario Tozzi.

La parabola de les italiens dura pochi anni. I sette artisti proseguono singolarmente il loro percorso pittorico, seguendo ciascuno una strada diversa. Tuttavia, questo sodalizio segna profondamente la storia dell’arte europea tra le due guerre e rappresenta una testimonianza importante di come gli artisti italiani riuscirono a conquistare Parigi.

Barbara Castellaro

 

PARIGI ERA VIVA DE CHIRICO, SAVINIO E LES ITALIENS DE PARIS (1928-1933) Museo di Arti Decorative Accorsi -Ometto | Torino 21 ottobre 2021 – 30 gennaio 2022

ORARI Martedì, mercoledì e venerdì 10.00-18.00 │ Giovedì 10.00-21.00 │ Sabato, domenica e festivi 10.00-19.00 │ La biglietteria chiude mezz’ora prima │ Lunedì chiuso

INFORMAZIONI PER IL PUBBLICO: Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto Via Po 55 | Torino | 011 837 688 int. 3 www.fondazioneaccorsi-ometto.it info@fondazioneaccorsi-ometto.it

Almodòvar alla ricerca della verità della Storia: ma privato e pubblico non legano  

“Madres paralelas” sugli schermi

 PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Due donne, due tra le tante madri a cui Pedro Almodòvar ci ha abituato nel corso degli anni, dentro quel suo cinema pieno di colori, melodrammatico sino all’eccesso, di scritture e di storie al limite dell’improbabile, di anfratti a tratti difficili da superare, di giravolte non sempre limpide. Un cinema fatto bensì di capolavori, ognuno di noi ha nella memoria i “propri” titoli. Oggi, dopo l’affresco autobiografico di “Dolor y gloria”, ci offre questo “Madres paralelas” che ha avuto il compito di aprire la recente Mostra di Venezia e che è valso a Penelope Cruz la Coppa Volpi quale migliore attrice. Due donne, Janis e Ana, ha raggiunto i quaranta la prima ed è un’affermata fotografa, piena di vita e di felicità, pronta a chiudere con l’affascinante antropologo forense che le ha dato una figlia, quando questi mette in dubbio la propria paternità; poco meno che ventenne la seconda (Milena Smit, da tenere d’occhio), ma già sballottata tra le tempeste della vita, anch’essa una figlia in arrivo, con un padre non meglio identificato, un avvenire che non esiste, la tristezza perennemente negli occhi. Si ritrovano nello stesso ospedale, nella stessa stanza, Janis pronta in ogni istante a rendere meno complicate le giornate della giovane amica. Poi il parto, poi il Fato, là dove già non sempre ogni passo della storia è calibrato: a rendere le settimane e i mesi a venire pieni di interrogativi, di abbandoni e di lacrime, di menzogne e di parole taciute, di dolcissimi primi piani di bimbi che il regista si diverte a mettere sullo schermo, di certezze subito cancellate, di lavori precari e di ospitalità naufragate, in un susseguirsi continuo di porte che si spalancano e si chiudono, che accolgono persone e le respingono, di legami che si formano e si sciolgono e si riaffermano, di amiche affettuose e collaborative e di madri chiuse nel loro egoismo e pronte a fuggire immediatamente da casa, inseguendo una carriera d’attrice che le porta a debutti e tournée, che le spinge ad affermarsi con Garcia Lorca e O’Neill.

Ad aprire e chiudere questa vicenda di maternità, un lungo momento tutto a sé, Almodòvar, per la prima volta, s’è avventurato nella Storia del Novecento del proprio paese, in quei conti che la Spagna non ha ancora chiuso con se stessa, in quel periodo buio dei rastrellamenti e degli uomini portati via dalle proprie case, delle fosse comuni mai del tutto restituite. Un addentrarsi del regista che a qualcuno ha fatto gridare ad un rinnovato miracolo. L’aggancio “esterno” poteva essere un altro qualsiasi, ma meno vittima di una simile cesura e il gioco avrebbe retto egualmente. Una volontà di ricerca e di chiarimenti che spinge Janis (del suo bisnonno non si sono avute più notizie) a far riscoprire quei terreni, a coinvolgere un intero paese, a chiudere un finale con la timida processione delle donne che fa tanto “quarto stato” ridotto all’essenziale e con quei corpi ritrovati. Janis, nella scrittura spudorata dell’autore, lega il nucleo centrale alla cornice: che tuttavia rimangono totalmente chiusi in una area tutta propria, con un filo spinato che nessuno è in grado di tagliare. Neppure il migliore dei registi. “Madres paralelas” appare così sbilanciato e slegato, annacquato in un doppio intento, l’uno a guardare l’altro con aria sbalordita e confusa, non privandosi neppure di scivoloni come gli attimi di passione che avvolgono le due donne. È ancora una volta l’universo femminile, quello che da sempre e più interessa il regista, ma questa volta slabbrato, con un che di macchinoso e di falsamente ricercato, imposto, program che mina anche quei momenti di emozione che – in altre occasioni – ci hanno fatto amare il cinema di Almodòvar.

“Storia di un quadrifoglio che non sapeva di esserlo”

REFRANCORE 12 novembre 2021, ore 21:00 

Presentazione dei romanzi di Gianluca D’Aquino 

REFRANCORE – Lo scrittore alessandrino Gianluca D’Aquino torna in libreria con un romanzo di formazione, “Storia di un quadrifoglio che non sapeva di esserlo”, una piccola guida per condividere l’amore, nata al tempo della pandemia, in un momento storico in cui la vita di coppia è stata messa alla prova dalla surreale esperienza del lockdown.

Il libro sarà presentato il 12 novembre a Refrancore, alle ore 21:00, presso la Biblioteca civica “Massimo Quaglino”.

L’autore dialogherà con la scrittrice Silvia Vigliotti, addentrandosi anche nei temi della biografia romanzata dell’imperatore romano Marco Ulpio Traiano, “TRAIANO – il sogno immortale di Roma”, romanzo pluripremiato e finalista al celebre “Fiuggi Storia”.

Storia di un quadrifoglio che non sapeva di esserlo” è un racconto sulla fedeltà, l’amore e la vita, narrato attraverso l’antropomorfizzazione della flora e della fauna di un prato, in particolare di un quadrifoglio e di un ciliegio, i due protagonisti, che scoprono l’amore e l’infedeltà, e con essi una possibile risposta alla domanda sul senso della vita. La storia è narrata tra metafora ed espressionismo, allegoria e descrizione semplice della natura nella sua essenza, con una forma lineare, talvolta lirica ma sempre essenziale. Il quadrifoglio, che non sa di esserlo, nasce in un prato all’ombra di un meraviglioso ciliegio e fin dal principio si interroga sul senso della propria esistenza, scoprendo e avvicinandosi all’amore grazie al ciliegio, che a sua volta si innamora di lui. Inconsapevole della propria essenza, del suo essere unico, speciale e prezioso, il quadrifoglio conoscerà e proverà anche sentimenti nocivi, così come il ciliegio, sebbene da una prospettiva diversa. Entrambi attraverseranno il tormento di quelle passioni per giungere alla riscoperta del senso delle cose e a come superare i comuni problemi della quotidianità, grazie a un percorso ispirato al principio di consapevolezza.

L’opera è un omaggio al grande autore, recentemente scomparso, Luis Sepúlveda, al quale D’Aquino si è ispirato per genere e stile narrativo, venendo accostato dalla critica proprio al grande scrittore.

Con il romanzo storico “TRAIANO – il sogno immortale di Roma”, l’autore ripercorre la vita di Marco Ulpio Traiano, vissuto a cavallo del I e II secolo, dall’infanzia ai grandi successi militari, fino allo scontro con i Parthi, ai confini dell’impero, dove nessuno era mai arrivato prima e oltre i quali nessuno fu più in grado di andare. Traiano restituì a Roma un senso di civiltà per molto tempo perduto e la portò in quella che sarà ricordata come l’età aurea, passando per le grandi riforme in ambito civile, amministrativo, economico e militare. Basata su solide fonti storiche, l’opera è al tempo stesso biografia e romanzo, e narra di intrighi, amori, amicizie e battaglie, rivolgendosi a ogni genere di lettore.

Il filo della speranza Incontro con Guia Risari

Venerdì 12 novembre 2021

IL VENERDì DELLO SCRITTORE

Moncalieri, ore 18

Biblioteca civica Arduino, via Cavour 31

Pagina facebook della Biblioteca Arduino @bibliomonc

Il romanzo di Guia Risari edito da Settenove edizioni riporta alla luce la lotta delle ricamatrici siciliane degli anni Sessanta e Settanta per i diritti del lavoro. Nel 1973 la rivolta delle ricamatrici di Santa Caterina Villarmosa portò all’approvazione della legge che regolamenta il lavoro a domicilio. Nel piccolo paese siciliano furono proprio le donne a denunciare gli intermediari che le sottopagavano. Vita, la voce narrante di questo romanzo, è un’anziana ricamatrice che decide di trasmettere alla nipote lontana i suoi ricordi. In pagine piene di vivacità, saggezza e rimandi al presente, rievoca l’amore, il lavoro, le compagne di ricamo e di lotta, la Cooperativa e le speranze. Nel 1976, alcune ricamatrici di Santa Caterina Villarmosa, capeggiate da Filippa Pantano, crearono la Cooperativa La Rosa Rossa per fronteggiare unite i compratori. E quando le ricamatrici cominciarono a ottenere le prime importanti commesse, degli anonimi boicottarono il loro lavoro e affossarono la Cooperativa.
Il tempo ha cancellato quasi tutto, ma la legge rimane, come la memoria del coraggio e dell’intelligenza delle lavoratrici che hanno osato alzare la testa. Un libro che è un omaggio alla capacità di lottare, e ricostruisce un universo ricco di valori, affetti, storie.

Un libro che è un omaggio alla capacità di lottare, e ricostruisce un universo ricco di valori, affetti, storie – commenta l’assessore alla Cultura Laura Pompeo – Un testo nel quale in ogni pagina vibrano partecipazione empatica, gusto del dettaglio, tematiche sociali”.

Guia Risari è scrittrice per l’infanzia e autrice di saggi e romanzi, ricercatrice, traduttrice e giornalista. In Italia, ha pubblicato, tra gli altri, per Einaudi ragazzi, Mondadori, San Paolo, Eli, Topipittori, Beisler. All’estero per Memo, Baron Perché, A buen paso. Ha tradotto romanzi e saggi dal francese e dall’inglese per prestigiose case editrici, tra cui Feltrinelli, Giuntina, Einaudi. Collabora con case editrici, riviste, compagnie teatrali, radio e quotidiani.

Cucciari e Leo per il libro di Grasso

Il romanzo del prof. Giovanni Grasso “Icaro, il volo su Roma” sarà presentato giovedì 11 novembre alle  18.30 nel salone d’onore della Accademia Albertina.

Ingresso con green pass e mascherina. Intervengono con l’autore, Geppy Cucciari e Giampiero Leo

IL LIBRO –  Roma, 1928. Ruth Draper, attrice newyorkese, è una donna colta, indipendente, schiva. Si è votata al teatro come una vestale al tempio e non ha mai ceduto alle lusinghe dell’amore. Fino a quando, nella Città Eterna per una tournée, non incontra il giovane e fascinoso Lauro De Bosis. Dandy per eccellenza, poeta per vocazione, antifascista per scelta, aviatore per necessità, Lauro è un visionario ma è anche un uomo coraggioso capace di passare all’azione: con due amici infatti ha fondato un’organizzazione segreta che diffonde messaggi clandestini di propaganda contro il regime. Tra il giovanissimo Lauro e la matura Ruth, nonostante diciassette anni di differenza, scoppia un amore travolgente e tragico, che si cementa nella lotta al fascismo. Sullo sfondo, l’Italietta del regime, ma anche l’inquieto mondo dell’antifascismo in esilio, tra Parigi, Londra e Bruxelles e l’America divisa tra i fremiti del jazz, la cappa del Proibizionismo e la Grande depressione. Dopo Il caso Kaufmann, Giovanni Grasso torna a mescolare storia e invenzione, ricostruendo nei dettagli l’epopea e il ricco mondo di relazioni di un eroe dimenticato che fece tremare la dittatura: la sera del 2 ottobre 1931, a bordo di un piccolo monoplano, Lauro De Bosis sorvolò Roma, beffando clamorosamente il regime, prima di scomparire nel Tirreno al termine di un volo fatale compiuto in nome della libertà.

Anatomia umana, un dialogo con lo spazio urbano

La galleria d’arte Mazzoleni presenta alla città  di Torino l’11 novembre prossimo la scultura “Anatomia umana” di Salvatore Astore, collocata in corso Galileo Ferraris

 

Giovedì 11 novembre prossimo, alle 18,  la galleria torinese Mazzoleni  presenterà al pubblico il gruppo scultoreo  dal titolo “Anatomia umana” dell’artista Salvatore Astore. Le opere sono state appositamente studiate e realizzate per poter instaurare un dialogo con lo spazio urbano circostante e sono collocate in modo permanente in corso Galileo Ferraris angolo via Cernaia, nel cuore di Torino.

Il progetto espositivo si inserisce all’interno delle ricorrenze del quinto centenario della scomparsa di Leonardo Da Vinci ed è statorealizzato in collaborazione con la Città di Torino, sotto il Coordinamento  dell’Ufficio Arte Pubblica e con il patrocinio di Regione Piemonte e della Città Metropolitana di Torino. L’inaugurazione si terrà  alla presenza dell’artista e delle istituzioni.

Salvatore Astore, diplomatosi  all’Accademia Albertina di Belle Arti, attivo già  a partire dagli anni Ottanta sulla scena italiana einternazionale, ha privilegiato i linguaggi della scultura, pittura e disegno, dando vita a una serie di cicli di opere corrispondenti a fasi esistenziali e periodi storici diversi, tutte, però,  accomunate da un profondo desiderio di sperimentazione di tecniche e materiali legati al contesto urbano industriale.  L’artista risulta particolarmente interessato alla condizione e al destino dell’essere umano.

Dopo una serie di lavori pittorici dedicati alle Anatomie umane e animali, a partire dall’84 Astore ha iniziato a produrre un ciclo  di sculture di medie e grandi dimensioni, dapprima realizzate in ferro saldato e verniciato, in seguito in acciaio inox, ancorate alla volontà  di creare un vocabolario  di forme nuove. Le Calotte, i Container, le “Suture e Forma” inauguravano, così, una straordinaria stagione espositiva dove emergeva l’indagine sulla plasticità  della forma, ormai libera dai riferimenti all’arte figurativa, e piuttosto incentrata sull’idea di un rinnovato interesse nei confronti dell’individuo e del suo tempo.

Fondamentale è  poi stato per Astore l’incontro con l’artista Sol Lewitt, verso il quale ha sempre mostrato un profondo interesse.Nei lavori di Astore, a partire dalla fine degli anni Ottanta, è diventata più urgente l’esigenza di rafforzare la relazione tra l’opera d’arte e il reale, l’impulso creativo ha iniziato a fare i conti con un processo di forte accelerazione industriale e tecnologica. Nei suoi lavori iniziava a emergere una forte tensione strutturale interna alle opere stesse, unita a una calda organicità,  capace di marcare le opere di questo artista dai colleghi del minimalismo oltreoceano.

Presentazione di “Anatomia Umana” di Salvatore Astore, 11 novembre alle 18.

Mara Martellotta