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Fino al 16 gennaio 2022
“Dieci fotografi si riconoscono unicamente nel fermare il tempo, documentare la colpa, chiedere giustizia. E stanarci dall’indifferenza”.
Sono parole di Domenico Quirico, giornalista e inviato di guerra de “La Stampa” (che il senso di quelle parole ha vissuto sulla propria carne e che oggi con dolore porta ancora con ogni probabilità sotto pelle) poste a introduzione della mostra “Strappi. Tra violenza e indifferenza”, promossa dall’A.N.Art.I – Associazione Nazionale Artiglieri d’Italia quale primo evento dei numerosi in programma fino al 2023 per la celebrazione del Centenario dell’Associazione nata proprio a Torino il 23 giugno del 1923. Ideata e curata da Tiziana Bonomo (fondatrice della torinese “ArtPhotò”) per il Museo Storico Nazionale d’Artiglieria, la rassegna, visitabile fino al 16 gennaio del prossimo anno nel “Mastio” della Cittadella, vede esposti cento scatti tratti da dieci reportages (che spaziano dal Messico alla Siria, dal Sud America al Myanmar, fino al Congo e all’Afghanistan) accompagnati e commentati proprio dalle parole di Domenico Quirico, prigioniero nel 2013, per ben cinque mesi, in Siria.
E che bene pone l’accento sull’obiettivo primo della mostra: “La cronaca – scrive – propone ogni giorno in varie parti del mondo conflitti e crisi a cui reagiamo, per l’assuefazione alle immagini, con l’indifferenza. Ricordare situazioni dimenticate o non conosciute – gli strappi della Storia – è invece la parola d’ordine di giovani e pluripremiati fotoreporters e lo scopo della mostra. Non la violenza o la guerra come esibizione estetica ma narrazione di come gli uomini cercano di difendersi e costruire la loro quotidiana fragile normalità”. Fotoreporters d’eccezione. Coraggiosi. Abili. Che hanno il mondo per casa. Che nella cruda e crudele realtà sanno ancora vedere, attraverso la frazione minimale di uno scatto, la possibilità di un sogno, di un arcobaleno di pace e l’impercettibile spazio di un possibile futuro. Fotoreporters come “testimoni tenaci – sottolinea Tiziana Bonomo – che, nonostante l’assuefazione paludosa della nostra civiltà, continuano a raccontare ciò di cui è capace l’uomo, a fare la Storia, la sconcertante Storia”. Dieci, dicevamo, per dieci fotografie a testa. Cento immagini messe lì davanti a noi per ricordarci di esistere. Noi e gli altri. Da non dimenticare. Da portarci addosso, non per cambiare il mondo (lo volesse il Cielo), ma almeno noi stessi. Per trasformare l’io indifferente nell’io partecipante. In qualche maniera. Ad ognuno la propria fetta di personale quotidiano eroismo. A chiedercelo sono le foto di Ivo Saglietti che da oltre un decennio ci mostra cosa significhi convivere con le conseguenze di un genocidio attraverso il fermo immagine sulla cerimonia di riconoscimento delle vittime di Srebrenica. E con lui Derek Hudson che nei suoi drammatici bianchi e neri ci fa rivivere l’esodo inarrestabile di popoli perseguitati documentato durante la fuga degli Hutu dai Tutsi. “Estado de Guerrero” è invece il racconto visivo realizzato da Alfredo Bosco (fra il 2018 e il 2019) in Messico in cui si denunciano le nefaste ripercussioni del narcotraffico su villaggi, città, persone adulte e bambini; di femminicidi in America Latina ci parlano poi le terribili immagini di Karl Mancini, così come sui diritti delle donne s’è concentrato in questi ultimi anni il lavoro della giovane Chloe Sharrock attraverso toccanti reportages nel campo di prigionia di Al-Hawl nel nord della Siria. E il percorso espositivo prosegue con un focus sul popolo yemenita raccontato da Mattia Velati, mentre Laura Secci ci svela la sua esperienza in Afghanistan all’interno della missione ISAF – International Security Assistance Force e Francesca Tosarelli, oggi diventata video maker, ha deciso di riprendere, nella Repubblica Democratica del Congo, le donne stanche di subire violenze che combattono all’interno di gruppi ribelli.
La sofferenza procurata da anni di guerra sui civili è infine tangibile nelle immagini in Nagorno Karaback di Roberto Travan, mentre la resistenza dei giovani ribelli che lottano per la libertà in Myanmar è una silente denuncia che il giovane umbro Fabio Polese è riuscito a documentare come unico reporter italiano. Immagini che non possono non toccare e ferire le coscienze. Con la definizione visiva di “strappi” – guerre e violenze – difficili da ricucire. Non meno che da ricordare. Ecco dunque l’importanza e il valore di una mostra come questa che “si propone – conclude Quirico – di ridare alla sofferenza la sua vita di simbolo, di riportarne la presenza nella Città”.
Gianni Milani
“Strappi. Tra violenza e indifferenza”
Museo del Mastio della Cittadella, corso Galileo Ferraris 0, Torino; tel. 335/1889451 o www.artphotobonomo.it
Fino al 16 gennaio 2022
Orari: dal mart. alla dom. 11/19; lun. chiuso, ingresso libero
– Ivo Saglietti “Il dolore di Srebrenica”, 2009
– Derek Hudson: “Hutu Exodus”, 1997
– Roberto Travan: “Nagorno Karaback, la pace può attendere”, 2020
– Fabio Polese: “In Myanmar tra i giovani ribelli armati per la libertà”, 2021
Si conclude il 2021 e anche la nostra rassegna letteraria tira le sue somme: tra i libri più discussi, che hanno animato la nostra pagina FB, ricordiamo i titoli e gli autori che si sono guadagnati più spesso la parte alta della pagina ricordiamo: Intervista col Vampiro, libro tornato alla ribalta in seguito ala morte della scrittrice Anne Rice; stessa sorte per La Figlia Ideale, di Almudena Grandes titolo che in molti hanno scoperto di recente; tra gli autori contemporanei, invece, ha guadagno molto favore La Cucitrice (Bookness, 2021), terzo romanzo che Katia Calandra dedica alle sue amate Marche: ispirato a una storia vera, il libro offre al lettore uno spaccato di vita del secolo scorso che svela un mondo perduto da ricordare e riscoprire e ricorda la lunga battaglia per i diritti delle lavoratrici del settore tessile..
questo mese si sono fermati a fare quattro chiacchiere con la redazione di Novità in Libreria.it:
Piero Isgrò, giornalista e scrittore siciliano autore di romanzi quali La Bambina Francese (2013), La Sposa Del Nord (2014), Finisce La Notte (2016) tutti pubblicati con Arkadia: da poco l’editore sardo ha pubblicato l’ultimo lavoro di Isgrò, La Porta Dipinta, un romanzo che racconta l’inconciliabile amore di Nicola e Regina sullo sfondo degli eventi storici più importanti del secolo XX.
Giuseppe Bresciani ha trattato temi diversi, ricavandone altrettante pubblicazione, come L’Inferno Chiamato Afghanistan (Lampi di Stampa, 2012), nel quale racconta la sua esperienza di “cane sciolto” nell’Afghanistan in guerra; in seguito ha pubblicato i racconti Il Cantico Del Pesce Persico (Phasar Edizioni, 2013), il romanzo La Frontiera (auto-produzione) e infine Le Infinite Ragioni, il romanzo intimistico sugli ultimi di vita alla corte del re di Francia di Leonardo da Vinci (Albeggi, 2015). Noi lo abbiamo incontrato in occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo, Il Cavaliere del Fiordo, pubblicato da Leone Editore.
Salvo Tosto, catanese, è l’esordiente autore dell’antologia di racconti Tempo Instabile – Si Consiglia Imprudenza, appena pubblicato da Leonida Editore: lo abbiamo intervistato in esclusiva per i nostri lettori.
Daniele Ruta è l’eclettico autore de Le Misteriose Ombre del Primiero (deComporre editore), un giallo ambientato in montagna che segue I Canti Generali Dell’Amore (Youcanprint), una raccolta di poesie molto apprezzata dai lettori. Novità in libreria l’ha intervistato per voi.
Abbiamo portato la vostra attenzione sui titoli noti, di nicchia, a volte dimenticati, da scoprire e riscopre: vi invitiamo a seguirci anche l’anno prossimo perché ogni giorno è un buon giorno per iniziare un nuovo libro; intanto la nostra redazione vi augura un buon anno nuovo, pieno di ottime letture!
Per salutare il 2021 e accogliere il nuovo anno all’insegna della cultura e dello svago, i Musei Reali sono pronti ad accogliere torinesi e turisti con un ricco calendario di iniziative tra mostre, visite guidate e laboratori.
Questa settimana saranno apportate alcune modifiche agli orari di apertura dei Musei Reali:
– venerdì 31 dicembre aperto dalle 9 alle 16 (ultimo ingresso ore 15); la mostra Cipro. Crocevia delle civiltà sarà visitabile dalle 10 alle 16 (ultimo ingresso ore 15);
– sabato 1° gennaio i Musei Reali rimarranno chiusi, mentre la mostra Cipro. Crocevia delle civiltà sarà aperta dalle 11 alle 19 (ultimo ingresso ore 18);
– lunedì 3 gennaio apertura speciale di Palazzo Reale, Armeria e Cappella della Sindone dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso ore 18) con ingresso a tariffa speciale di € 10 (€ 2 da 18 a 25 anni, gratuito under 18); la mostra Cipro. Crocevia delle civiltà sarà visitabile dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso ore 18).
Fino al 9 gennaio, per i possessori della Tessera solidale dei Giardini Reali, tariffa speciale di € 10 per l’ingresso ai Musei Reali e di € 5 per la mostra Cipro. Crocevia delle civiltà (info: CAMPAGNA DI TESSERAMENTO SOLIDALE PER I GIARDINI REALI – Musei Reali Torino (beniculturali.it).
Le attività con CoopCulture
Mercoledì 29 dicembre alle ore 11 e alle ore 15:30, giovedì 30 dicembre alle ore 11 e alle ore 15:30, venerdì 31 dicembre alle ore 11, domenica 2 gennaio alle ore 11 e alle ore 15:30, lunedì 3 gennaio alle ore 11 e alle ore 15:30 e martedì 4 gennaio alle ore 11 e alle ore 15:30 le guide e gli storici dell’arte di CoopCulture condurranno visita Benvenuto a Palazzo lungo le sale di rappresentanza del primo piano di Palazzo Reale e dell’Armeria, un percorso per scoprire o riscoprire la storia e la magnificenza della prima reggia d’Italia. Il costo della visita è di € 7 oltre al biglietto di ingresso ridotto ai Musei Reali (€ 13 ordinario, € 2 da 18 a 25 anni, gratuito under 18).
Biglietti online su Musei Reali di Torino | CoopCulture – e-mail info.torino@coopculture.it
Domenica 2 gennaio alle ore 15:30 le guide di CoopCulture accompagneranno il pubblico alla scoperta della mostra Cipro. Crocevia delle civiltà. Un percorso emozionante alla scoperta del fascino millenario dell’isola, raccontato attraverso le collezioni del Museo di Antichità, che costituiscono un nucleo pressoché unico nel panorama dei grandi musei europei, arricchito da prestiti provenienti da illustri istituzioni straniere tra cui il British Museum di Londra e il Metropolitan Museum of Art di New York. Il costo dell’attività è di € 7 oltre al biglietto di ingresso ridotto in mostra.
Biglietti online su Musei Reali di Torino | CoopCulture – e-mail info.torino@coopculture.it
Fino al 31 marzo 2022 è possibile prenotare una visita ai percorsi speciali dei Musei Reali.
Ogni martedì e venerdì, il pubblico potrà visitare i magnifici appartamenti della regina Maria Teresa al primo piano di Palazzo Reale, il Gabinetto del Segreto Maneggio e le suggestive Cucine Reali per rivivere gli antichi usi di Corte.
Venerdì 31 dicembre la visita non verrà effettuata causa chiusura anticipata per le festività natalizie.
Ogni mercoledì e sabato Collezionisti a Confronto: Riccardo Gualino e il Principe Eugenio di Savoia Soisson.
Un ricco percorso alla scoperta di due grandi personaggi accomunati dalla passione per l’arte per comprendere meglio l’evoluzione del collezionismo tra Sette e Novecento
Ogni giovedì e domenica sarà possibile approfondire le vicende storico-artistiche legate alla costruzione della Cappella della Sindone e ammirare i tesori conservati nella Sacrestia e nella Cappella Regia.
Costo delle attività: € 20 (€ 13 per Abbonamento Musei). Biglietti online su Musei Reali di Torino | CoopCulture – e-mail info.torino@coopculture.it
Attività per famiglie
Mercoledì 29 dicembre alle ore 15:30 Animali dalla A alla Z – attività per famiglie e bambini
Api, balene, coccodrilli, elefanti…cosa ci fanno tutti questi animali (e molti altri) ai Musei Reali? Bambini e famiglie potranno scoprirlo grazie all’intero alfabeto di animali curiosi e colorati nascosti tra le opere esposte in mostra. Si racconteranno le loro storie per poi realizzare un simpatico decoro a tema.
Attività consigliata per bambine e bambini dai 6 ai 10 anni con prenotazione obbligatoria.
Costo: € 10 Euro a bambino, gratuito per gli accompagnatori.
Info e prenotazioni: 011 19560449 – Musei Reali di Torino | CoopCulture – e-mail info.torino@coopculture.it
Ciprotour. Oltre il confine
Fino al 29 gennaio 2022 il pubblico potrà godere di una mostra diffusa che unisce i Musei Reali e le Biblioteche civiche di Torino. Il progetto, che mira a promuovere sul territorio la mostra internazionale Cipro. Crocevia delle civiltà, prevede una serie di piccole esposizioni in alcune biblioteche torinesi: narrazioni da Cipro e su Cipro entreranno nelle sale della Biblioteca Civica Centrale, alla Biblioteca civica Musicale Della Corte si parlerà di musica cipriota, al Mausoleo della Bela Rosin e alla Biblioteca civica Villa Amoretti si racconterà dell’isola sacra ad Afrodite e dei profumi della dea, alla Biblioteca civica Cesare Pavese di commerci e genti, di lingue e culture alla Biblioteca civica Primo Levi. E ancora, alla Biblioteca civica Don Milani, si terranno incontri su Cipro, porto e ponte del Mediterraneo. Il Bibliobus, inoltre, diffonderà in città le informazioni sugli eventi e sulla mostra.
Le mostre in corso
Nell’ambito dei progetti di collaborazione tra musei italiani e stranieri, i Musei Reali ospitano nelle Sale dei Maestri Caravaggeschi, al primo piano della Galleria Sabauda, l’opera di Orazio Gentileschi Santa Cecilia che suona la spinetta e un angelo, in prestito dalla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia. L’evento espositivo, prorogato fino al 20 febbraio 2022, è una straordinaria opportunità di confronto con l’Annunciazione, capolavoro dello stesso artista, celebre seguace di Caravaggio, custodito dai Musei Reali. Il confronto tra queste due opere permette di accostarsi al metodo di lavoro del pittore, che consiste nel riutilizzo di cartoni o di lucidi per comporre singole figure o intere scene. Il volto di Santa Cecilia che suona la spinetta e un angelo, dipinto tra il 1615 e 1620 ritorna con attitudine simile in quello della Vergine nell’Annunciazione di Torino, donata dallo stesso Gentileschi al duca Carlo Emanuele I di Savoia nel 1623 e oggi esposta nella Galleria Sabauda. La visita alla mostra è compresa nel biglietto di ingresso dei Musei Reali.
Animali dalla A alla Z. Una mostra dedicata ai bambini è l’esposizione ospitata nello Spazio Scoperte della Galleria Sabauda fino al 3 aprile 2022. Il progetto, curato da Rosario Maria Anzalone ed Enrica Pagella, è concepito per bambini e famiglie, dall’altezza delle vetrine alle soluzioni grafiche: tra dipinti, disegni, incisioni, reperti archeologici e oggetti d’arte decorativa, quaranta opere dei Musei Reali sono accomunate dalla raffigurazione di animali, da indovinare in una modalità di fruizione partecipata. La visita alla mostra è compresa nel biglietto di ingresso dei Musei Reali.
Il fascino millenario di Cipro, cuore del Mediterraneo e ponte tra Oriente e Occidente, è protagonista della mostra internazionale Cipro. Crocevia delle civiltà, che terminerà domenica 9 gennaio 2022. Ospitata nelle Sale Chiablese, è realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino ed è curata da Luca Bombardieri, docente di Archeologia cipriota, e da Elisa Panero, curatrice delle collezioni archeologiche dei Musei Reali. Si tratta di un’occasione unica per lasciarsi conquistare da una delle isole mediterranee più misteriose, il cui incanto è a tutt’oggi immutato: mitica culla di Afrodite, che nasce dalla spuma del mare cipriota, l’isola è crocevia di scambi commerciali e approdo di culture differenti in cui si forma la moderna concezione del mondo mediterraneo. La mostra è aperta dal martedì alla domenica dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso ore 18). I biglietti possono essere acquistati su Musei Reali di Torino | CoopCulture.
Fino al 9 gennaio 2022 i Musei Reali ospitano In Between, la prima mostra a Torino dedicata allo scultore piemontese Fabio Viale che ha conquistato notorietà internazionale grazie alle sue statue tatuate e alle straordinarie finzioni in marmo. Cinque opere monumentali allestite in Piazzetta Reale e un percorso curato da Filippo Masino e Roberto Mastroianni all’interno di Palazzo Reale testimoniano i campi di ricerca e presentano opere inedite, svelate al pubblico negli spazi della residenza sabauda. Realizzata in collaborazione con la Galleria Poggiali di Firenze, la mostra è compresa nel biglietto di ingresso ai Musei Reali.
La Biblioteca Reale
La Sala Lettura della Biblioteca Reale è aperta dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 15,15 ed è chiusa il sabato. Le consultazioni dovranno essere prenotate con almeno 24 ore di anticipo scrivendo all’indirizzo mr-to.bibliotecareale@beniculturali.it, indicando tutte le informazioni disponibili per la richiesta.
Per conoscere le modalità di accesso e registrazione consultare la pagina Orari e modalità di apertura della Biblioteca Reale – Musei Reali Torino (beniculturali.it)
Caffè Reale
Nella suggestiva Corte d’Onore di Palazzo Reale è possibile rigenerarsi con una pausa al Caffè Reale Torino, ospitato in una ambientazione unica ed elegante, impreziosita da suppellettili in porcellana e argento provenienti dalle collezioni sabaude. Informazioni e prenotazioni al numero 335 8140537 o via e-mail all’indirizzo segreteria@ilcatering.net.
Museum Shop
Per rimanere aggiornati sulle pubblicazioni dei Musei Reali e per dedicarvi un pensiero, il Museum Shop è aperto. È disponibile anche online Musei Reali (shopculture.it).
Così si espresse, con mirabile sintesi, Umberto Eco parlando con i giornalisti durante la cerimonia di conferimento della laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media all’università di Torino. Siccome Un bel tacer non fu mai scritto, stando al noto proverbio che ci ricorda come la bellezza del saper tacere al momento opportuno non viene mai stata lodata a sufficienza e, soprattutto, si continua a parlare spesso a vanvera, è forse il momento di rivalutare un bel libro scritto da un abate francese nel 1700. Al quarto capitolo del trattato intitolato Principi necessari per esprimersi nei libri e nei saggi l’abate Joseph Antoine Tousaint Dinouart (Amiens, 1716-1786) scriveva, descrivendo il primo principio, come fosse bene “ trattenere la penna, se non si ha da scrivere qualcosa che valga più del silenzio”. L’art de se taire ( l’arte di tacere) venne pubblicato a Parigi nel 1771 dall’editore Simon Bénard e rappresenta se non la più importante certamente la più famosa delle opere di questo ecclesiastico, attento agli aspetti mondani dell’epoca, dotato del talento di scrittore versatile e in qualche misura antesignano del grande Umberto Eco. L’abate Dinouart scrisse sui più svariati argomenti, prestando attenzione anche al mondo femminile e al rifacimento di opere non sue che gli fecero guadagnare il titolo, probabilmente non proprio gradito, di “Alessandro dei plagiari”. Trentatreenne, nel 1749, pubblicò un Trionfo del sesso che gli causò un insanabile attrito con le gerarchia ecclesiastiche che ne determinarono la scomunica. Tornando al suo L’arte di tacere occorre dire che si tratta di un vero e proprio trattato dedicato al tema del silenzio, scritto con prosa divertente e arguta nel quale si raccontano molte verità oggi ancor più attuali di quanto già lo fossero in quell’epoca. Vi si sostiene che l’uomo che parla poco e scrive solo cose essenziali sarà un buon scrittore, e senz’altro un politico migliore: “Il silenzio politico è quello di un uomo prudente, che si contiene, che si comporta con circospezione, che non si apre sempre, che non dice tutto ciò che pensa, che non chiarisce sempre la sua condotta e le sue intenzioni. È un uomo che, senza tradire le giuste ragioni, non risponde sempre esplicitamente per non lasciarsi scoprire”. E si comporta così perché, in generale, “è sicuramente meno rischioso tacere che parlare”. Dinouart, pagina dopo pagina, narrò sapientemente come fosse ampiamente preferibile l’arte del parlare a proposito a quella, poco nobile e piuttosto diffusa anche a quel tempo, dell’aprire la bocca a vanvera. L’arte del tacere andava considerata anche un’arte dell’eloquenza del corpo, tema che la civiltà cristiana per lungo tempo aveva ignorato pur essendo un capitolo importante dalla retorica classica. L’arte del tacere equivaleva alla padronanza di sé e della capacità di relazione con gli altri: “L’uomo non si appartiene mai così tanto che nel silenzio”. Diviso in due parti ( nella prima l’abate descrisse i principi necessari per tacere, i diversi tipi di silenzio e le cause che li determinano; nella seconda si soffermò sul fatto che “si scrive male, si scrive troppo oppure non si scrive abbastanza” e su come occorresse esprimersi nei libri che venivano pubblicati), questo prezioso trattato si presta a una godibile e utile lettura. E’ pur vero che l’abate ricordava come i torchi nella Francia settecentesca gemevano per i troppi libri pubblicati ( e ancor oggi è così, non è forse vero?) ma L’arte di tacere non rientra tra le pubblicazioni colpevoli di aver fatto sprecare la cellulosa.
Marco Travaglini
PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione
Con e dopo il processo l’avrebbero definita “la vedova nera”, Patrizia Reggiani, la pietra angolare di una storia di “assassinio, follia, fascino e avidità”, se vogliamo prendere a prestito il sottotitolo del libro di Sarah Gay Forden, “House of Gucci”, da cui Ridley Scott è partito per dare vita ad una “Dinasty” della Milano più che bene e tutta da bere degli ultimi decenni del secolo scorso. Prima, umili origini, una nascita nella piana modenese, a Vignola il paese delle ciliegie, un padre biologico mai conosciuto, la madre che ricostruisce una vita per sé e per la figlia sistemandosi nel piccolo impero di un trasportatore, un bel numero di camion e di dipendenti, l’adozione e la tranquillità economica. Certo però che imbattersi, ventiduenne, nel rampollo Maurizio Gucci ad una festa, scambiandolo per il barman di turno, è un affare di tutt’altro tono e mica da tutti i giorni: il nome alletta anche se il bel Maurizio è al momento in rotta con il padre Rodolfo (un passato di attore, con vari film in curriculum, che nel cinema trovò pure una moglie) e del marchio con la doppia G non sa che farsene. Per il momento. Ma il nome alletta, certo, e Patrizia amerà travestirsi da gatta spregiudicata, innamorata, chi glielo nega? ma pur sempre inevitabile arrivista – femme fatale, a metà strada tra Cenerentola e Lady Macbeth -, per festeggiare un matrimonio osteggiato e un ravvicinamento, la nascita delle figlie soprattutto, per sfoderare, una volta messo il naso in azienda, tutta la spietata freddezza, come l’appoggio ad un marito piuttosto debole e inconcludente, sempre da spingere, sempre da consigliare, per ambientarsi assai facilmente nell’attico newyorkese e tra i nuovi amici come Jacqueline Kennedy Onassis, tra i disegni inconfondibili degli abiti, tra i conti bancari e le proprietà, tra i giochi al massacro che serpeggiano in quel covo di vipere, da cui nessuno è escluso. Figli contro padri, cugini contro cugini, zii contro nipoti, tutta una enorme lotta per porsi alla cima della piramide dei luccicanti quattrini (che tornano a circolare, italianissimi, e a scricchiolare amaramente, nella filmografia del più che ottantenne Scott, dopo “Tutti i soldi del mondo” sul rapimento del giovane Getty).
Avvolti nella nebbia milanese, trascorrono tredici anni di matrimonio, ville e feste, antiquariato che appaga l’occhio, macchine di lusso che alleggeriscono di parecchio il portafoglio, la separazione della coppia, le lacrime di lei e la durezza di lui (che non si farà vedere neppure al diciottesimo compleanno della figlia maggiore, che nonostante l’affidamento congiunto della prole non s’occuperà mai o troppo poco): sino agli attimi finali (“Non credevo di aver sposato un mostro”, “Hai sposato un Gucci”), alla decisione ultima di togliere di mezzo il consorte che già s’è fatta una nuova compagna, l’aiuto della maga Pina Auriemma e la “collaborazione” di un paio di sicari. Patrizia verrà condannata (nel 1998), come le cronache ci hanno insegnato, a 28 anni ridotti dopo solo due anni a 26 e ridotti ulteriormente a 16, chiaramente “per buona condotta”. È uscita dal carcere nell’ottobre 2016. Ed è ancora e sempre “una Gucci”: “Nel nome del padre, del figlio e della famiglia Gucci”. Inesorabili, i titoli di coda ci avvertono che all’interno del marchio, della famiglia Gucci non esiste più nessuno. Le due G hanno preso altre strade.
Un mare di sentimenti negativi, di arrivismo, di inganni, una grande e vasta materia che il cinema s’è preso la briga di trattare (ma ne sentivamo davvero la necessità? Forse, strano a dirsi, a uscirne quasi vincitrice in tutto questo gran balletto di ipocrisie, è proprio la maison, se diamo ascolto a quella variopinta ricerca di vintage che pare abbia colpito non pochi rappresentanti del mondo dello spettacolo e del jet set), senza che tuttavia Ridley Scott, confezionando una soap opera da serata televisiva e puntando dritto dritto al solo intrattenimento (che finisce col diventare dopo la prima ora – in tutto sono 156’ – anche abbastanza noioso), stropicciando ogni cosa sopra le righe, non abbia avuto – alleggerendosi della verità storica – in animo di fare una pur leggera luce su come possano essere andate realmente le cose, abbia in un baleno impaginato il verdetto dei giudici nel ridicolo quanto tragico finale, guardando con occhio tutto americano l’aspetto mafioso della storia (e Al pacino, nelle vesti di zio Aldo – fautore di una filosofia imprenditoriale, “la qualità si ricorda a lungo, mentre il prezzo si dimentica” – cui tanto piacciono le feste di famiglia, manco fosse il padrino Brando, ne è il degno rappresentante: e non sai neppure dire se sia bravo o no nel ruolo), pasticciando con i personaggi a cui nega un auspicabile aspetto psicologico, fatto di radici e di formazione (possibile che il cugino Paolo fosse così in formato scemo del villaggio, con Jared Leto da pollice verso e grottescamente truccato, in maniera pessima), guidando malamente un Adam Driver, attore sopravvalutato del resto, qui un Maurizio decisamente inespressivo, sempre eguale sotto gli occhiali dalla montatura d’antan, o lasciando nell’ombra un Jeremy Irons (zio Rodolfo) dalle vistose occhiaie. Rinunciando ad un bel filmone di impianto processuale, dove forse saremmo stati coinvolti assai di più. Chi convince maggiormente è Lady Gaga, in odore di candidatura all’Oscar, che passa con disinvoltura (ma il suo capolavoro resta sempre “A star is born”) attraverso l’escalation della sua Patrizia, anche se anche lei è pronta a debordare in gesti e occhiate non proprio misurati e tenuti a bada. La signorina Germanotta la vince sui suoi colleghi ma non vale ancora il prezzo del biglietto. Come ogni rivisitazione con l’occhio d’oltreoceano di una realtà di casa nostra, “House of Gucci” è infarcito come un panettone di Natale con i canditi di canzoni come più non si potrebbe: chiaro che nel finale non possa mancare l’ugola di Pavarotti.
E’ il secondo volume della trilogia al femminile “Le sorelle del Ku’damm” in cui la scrittrice tedesca narra la storia della famiglia Thalheim, proprietaria degli omonimi grandi magazzini.
E lo fa attraverso le sue componenti femminili, che saranno determinanti per la ripresa dopo la devastazione della Seconda Guerra Mondiale e i bombardamenti che hanno raso al suolo anche il lussuoso negozio di famiglia sul viale centrale di Berlino.
Nel primo capitolo “Una vita da ricostruire” avevamo letto di come le sorelle Thalheim avevano ricostruito dalle macerie il loro futuro. Più di tutte era stata trainante la maggiore Rike: pragmatica, lungimirante, organizzata e lavoratrice instancabile.
Ora siamo nella Berlino del 1952, il boom economico ha favorito anche la ripresa dei magazzini di famiglia e gli affari stanno andando a gonfie vele.
In questo capitolo della saga l’autrice si concentra su Silvie, altra sorella Thalheim; passionale, assetata di vita che intende godersi al massimo. E’ una delle voci radiofoniche più seguite e amate, è dinamica, emancipata, se ne infischia delle convenzioni sociali e il suo motto è “vivi la vita come una danza”.
Sfreccia per la città a bordo di una vespa e all’inizio del romanzo ha una storia tormentata con un giovane attore sfuggente, Wanja, dedito più alla sua carriera che alla fanciulla. Ma è la stabilità affettiva quella che lei va cercando….
Abiti e tessuti dei magazzini Thalheim sono di gran moda, molto ambiti dalle berlinesi e vanno a ruba. Però con il rientro dalla guerra dell’unico figlio maschio, Oskar (gemello di Silvie) le dinamiche di potere all’interno dell’azienda cambiano. Per il padre Friedrich, patron dell’impresa, spetta al rampollo la tolda del comando.
Così Rike – che tanto aveva fatto per risollevare l’attività- viene esautorata; mentre Oskar si rivela incline più ai bagordi che agli affari. Non ha esperienza, ferito nel corpo e nell’anima dall’esperienza della guerra, si piange addosso; viene facilmente raggirato da concorrenti, banche e affari fasulli. E finisce per combinare un enorme pasticcio che rischia di rovinare tutta la famiglia.
E’ allora che Silvie si lancia al salvataggio dei magazzini e dei beni dei Thalheim.
Magari non conosce a fondo le stoffe come sua sorella Rike, né ha il talento per i modelli della collaboratrice Miriam, e neppure disegna abilmente come la sorellastra Flori; ma ha una dote unica e strategica. Osserva, ascolta ed è avanti agli altri nell’individuare desideri e aspettative delle clienti. Riesce pure a risolvere il problema dei debiti e a frenare i ricatti di un odioso concorrente.
Poi c’è la sua vita affettiva, che sembra volgere al meglio quando alla Fiera del libro di Francoforte conosce l’editore Peter van Ackern, vedovo e padre della giovanissima Greta.
I due si innamorano e finalmente Silvie trova in Peter un compagno solido, affidabile, con cui progettare la vita insieme.
Ma la magia e la gioia del “Si nuziale” -pronunciato nella favolosa cornice di Anacapri- si offusca presto perché il destino ancora una volta si mette di traverso.
La figlia 16enne di Peter combatte contro una leucemia acuta, dapprima cure pesanti, poi il trapianto di midollo osseo,…..poi……
Il romanzo è ricco di colpi di scena, sviluppi imprevisti e imprevedibili, e scoprirete anche cosa accade ad altri membri della famiglia; da Rike che aspetta due gemelli alla sorellastra Flori che cerca a modo suo la felicità……
E’ magnifico e potente l’ultimo romanzo –lodatissimo- della scrittrice americana che entra nella storia di una casa e della famiglia che vi abita, racconta gli alti e bassi del destino, soprattutto narra un legame tra fratelli indissolubile.
La casa è una sfarzosa dimora costruita dalla coppia di ricchi olandesi van Hoebeek in quella che nel 1922 era la campagna intorno a Philadelphia; un’opera d’arte finita male per le disgrazie che avevano colpito la famiglia (i loro ritratti sono ancora appesi sui muri di casa).
Nel 1946 viene acquistata da Cyril Conroy che ha creato dal nulla un impero immobiliare e pensando di coronare il sogno di una vita la compra per fare una sorpresa alla moglie.
Ed ecco l’inizio dello sgretolarsi degli equilibri familiari in un romanzo struggente e profondo. La casa da luogo che protegge diventa covo di serpi…dal quale però è difficile staccarsi perché ormai fa parte dei personaggi.
La moglie Elna, nata e cresciuta in povertà, dedita a continue opere di bene, non sopporta il lusso della nuova dimora che stride con le corde più profonde del suo animo. Così abbandona il marito e i due figli ancora piccoli Maeve e Danny (all’epoca ha solo 3 anni e nessun ricordo della madre) e vola in India dove può dedicarsi agli ultimi della terra.
Maeve è quella che soffrirà di più l’abbandono materno e si lega in modo assoluto al fratellino per il quale è madre, sorella, amica, compagna…
Poi irrompe la classica matrigna, che più carogna, odiosa e subdola non potrebbe essere. Si chiama Andrea, è una giovane vedova con due figlie …e quasi di soppiatto entra nella famiglia Conroy. Riesce a farsi sposare da Cyril e ad impossessarsi non solo di Casa Olanda che desidera quasi in modo ossessivo.
Le cose precipitano quando improvvisamente Cyril muore e Andrea gioca tutte le sue carte.
Di più non vi anticipo perché questo è un libro che va assaporato passo per passo, sorpresa per sorpresa, giravolte del destino e colpi di scena magistrali.
A raccontare la vicenda che ha cambiato la sua vita e consolidato ancor più il legame con la sorella, senza mai staccarsi completamente dal passato, è 50 anni dopo Danny. E scoprirete come due fratelli possano fare famiglia, ma anche come sia difficile staccarsi dai ricordi e dalle mura dell’infanzia, e quanto sia possibile perdonare chi ci ha fatto del male.
Ha i toni affascinanti e coinvolgenti del realismo magico questo romanzo breve -ma intensissimo- di Miguel Bonnefoy. Il 35enne scrittore francese -di padre cileno e madre venezuelana, cresciuto cittadino del mondo tra Francia, Venezuela e Portogallo- in “Eredità” riannoda i fili della storia della sua famiglia tra Francia e Cile. E lo fa con delicatezza, sensibilità e bravura evocativa, tracciando anche pagine di Storia che hanno finito per incidere sui destini dei personaggi.
Due continenti, due guerre mondiali, 4 generazioni di uomini e donne incredibili, fino agli anni della dittatura di Pinochet. Una magia di racconto condensata in 178 indimenticabili pagine, intrise di destini, misteri, un fantasma che arriva dal passato, sciamani mapuche, passioni profonde, amori, lutti e ribellioni.
Tutto ha avuto inizio con il patriarca Lonsonier che nel 1873, quando i suoi vigneti vengono distrutti dalla filossera, decide di emigrare. Dalla Francia parte alla volta della California con in tasca l’unico ceppo di vite sopravvissuto, una manciata di franchi e il grande sogno di un futuro. Ma la rotta subisce un cambiamento per il tifo e Lonsonier viene sbarcato a Santiago del Cile.
E’ lì nella casa di calle Santo Domingo che creerà il suo nuovo mondo e che si snoderanno le vite di tre generazioni.
Il suo primogenito, Lazare, nel 1914 decide di andare a combattere in Europa durante la Prima Guerra Mondiale. Viene ferito gravemente e poi imbarcato su una nave diretta al porto di Valparaiso dove ad attenderlo sul molo c’è la madre Delphine. A 52 anni è una donna distrutta perché di 3 figli partiti per la guerra l’unico a tornare sarà Lazare.
Lazare ignora tutto delle donne, ma quando un’aquila blu delle Ande lo scambia per una preda e vola in picchiata su di lui, ecco che nella sua vita irrompe l’affascinante padrona del rapace. E’ Thérèse Lamarthe, esile e delicata, ha 18 anni, lentiggini, capelli rosso scuro, occhi neri, e la sua famiglia è francese. E’ uno dei personaggi forse più indimenticabili della storia. E’ un’addestratrice di rapaci ed ha un’intesa assolutamente unica con il mondo degli uccelli.
Lazare la sposa e le costruisce il sogno di una voliera alta 4 metri che diventerà il mondo magico di Thérèse, il fulcro e il nido protettivo della sua vita. In una settimana vi trasferisce quasi 50 uccelli di 25 specie diverse. Ed è lì circondata dai suoi pennuti che viene colta dalle doglie e partorisce la sua Margot, i cui occhi videro per prima cosa al mondo svolazzare uccelli coloratissimi.
Proprio il volo è ciò che determinerà la vita di Margot, attratta dagli aerei (cercherà anche di costruirsene uno insieme all’amico Ilario Danowsky)), diventerà una pilota della Raf durante la Seconda Guerra Mondiale e scamperà per un soffio alla morte. Concepirà un figlio “dal sangue mistico” che crescerà da sola, chiamandolo come l’amico che si è sacrificato per lei, Ilario, a cui aggiunge Da: e fin dalla sua nascita appare chiaro che non si inginocchierà davanti a nessuno. Sarà lui il rivoluzionario arrestato, detenuto e torturato a Villa Grimaldi, pozzo profondo della dittatura cilena.
E’ il terzo romanzo del 45enne Christopher Bollen, scrittore, editore e giornalista che non sbaglia un colpo e ancora una volta imbastisce una sorta di thriller letterario.
Ian Bledsoe e Charlie Konstantinou sono i giovani rampolli di due famiglie ricchissime e potenti, si conoscono fin da piccoli quando si dilettavano nel gioco della distruzione; ovvero una fantasia in cui inventavano situazioni limite e si sfidavano a chi riusciva a districarsi.
Il più bravo era Charlie, fascinosi tratti mediorientali, di famiglia greco-cipriota ricchissima, amante della bella vita e con uno stuolo di fanciulle disponibili. Ha incrementato la sua fortuna fondando una compagnia di noleggio di yatch sull’isola di Patmos in Grecia, e lì conduce una vita piacevole, leggera e divertente, mentre amministra abilmente il suo impero.
Ian, capelli pel di carota, si è sempre sentito un po’ inferiore rispetto all’amico, ma anche lui è nato nel lusso e negli agi. Solo che ora a 30 anni si ritrova in un mare di guai. Ha fatto di tutto per togliersi di dosso il cliché del rampollo milionario viziato e perdi giorno. Ha vestito i panni del nobile idealista e fatto fuoco e fiamme contro l’imprinting capitalista. Ha denunciato e contestato le disumane condizioni dei dipendenti della fabbrica di omogenizzati di famiglia, tanto da essere sospettato di fiancheggiamento di narcos e terroristi.
Risultato: è stato diseredato dalla famiglia, bandito dalla matrigna e grazie alla sua nomea nessuno gli offre più un lavoro.
E’ così che distrutto, senza un soldo e zero prospettive, Ian si rivolge al vecchio amico Charles che sembra aver gestito più saggiamente le sue risorse e il suo futuro. A Patmos vive alla grande, manda avanti la sua società, ed è circondato da una nutrita e fascinosa corte di donne, a partire dalla sua attuale fidanzata, l’ex attrice Sonny, per arrivare alla vecchia fiamma Louise che sembra indirizzare tra le braccia di Ian.
Charlie accoglie l’amico in disgrazia e lo aiuta dandogli un tetto sulla testa e un lavoro.
Poi Charlie scompare e l’isola – dove poco prima dell’arrivo di Ian qualcuno aveva fatto esplodere una bomba e ucciso 8 persone- non è il paradiso terrestre in cui condurre una vita agevole, o almeno rivela una seconda natura più insidiosa.
Patmos diventa teatro di un noir tra natura, amori, trafficanti internazionali, emigranti sui barconi, in un gioco mefistofelico e spietato, in cui la perdizione è più che mai vicina e ci si salva solo a spese del prossimo.
Domenica 26 dicembre, ore 17
Nichelino (Torino)
Il “Gruffalò” – personaggio creato dalla scrttrice inglese per ragazzi Julia Donaldson e dall’illustratore di origini tedesche Axel Scheffler – è, in letteratura, uno dei mostri più conosciuti ed amati, da oltre quindici anni e in tutto il modo, da bambini e adulti. Protagonista delle pubblicazioni omonime tradotte in più di trenta lingue e adattato a numerose trasposizioni teatrali , sarà portato in scena, domenica 26 dicembre, per la prima volta in Italia e in forma di musical al Teatro “Superga” di Nichelino dalla “Fondazione Aida” in una versione nuova e originale, ma fedele ai testi e alle illustrazioni. La regia e l’adattamento teatrale portano la firma di Manuel Renga, con adattamento drammaturgico di Pino Costalunga e musiche originali di Patrizio Maria D’Artista. Protagonisti sul palco: Stefano Colli, Federica Laganà, Giuseppe Brancato ed Elisa Lombardi. La storia è ai più conosciuta. Quattro giovani amici accampati in un bosco e seduti davanti al fuoco racconteranno la storia di un topolino che, affamato, decide di attraversare il bosco frondoso e pieno di insidie per trovare la ghianda che tanto gli piace. Strada facendo, incontra tre brutti ceffi che lo vogliono mangiare: una volpe, una civetta e una biscia. Ma il furbo topolino è scaltro di pensiero e sa bene come cavarsela e con l’aiuto della sua grande fantasia trova una soluzione che nessuno si può immaginare, nemmeno lui, forse: un mostro terribile dal nome assai noto ai bambini, il Gruffalò. “Cosa c’è di meglio – suggerisce il regista Manuel Renga – di un bosco di notte per una bella storia di paura? Quattro giovani amici attorno al fuoco sono l’espediente originale e perfetto per iniziare a raccontare la storia del mostro terribile tanto noto ai bambini… il ‘Gruffalò’! Arricchito da canzoni, trovate divertenti e coinvolgimento del pubblico, lo spettacolo saprà divertire con intelligenza grandi e piccini”. E a Renga, fa eco Pino Costalunga: “Lasciando intatte le deliziose rime della scrittrice inglese, ho creato un adattamento per il teatro nel quale i bambini e le bambine italiani riconosceranno facilmente il testo che in molti già conoscono a memoria. Anzi, lo potranno gustare ancora di più grazie alle divertenti e originalissime canzoni scritte appositamente per lo spettacolo”. “Le musiche – conclude Patrizio Maria D’Artista – sono la naturale estensione drammaturgica del testo letterario. Ci faranno conoscere più a fondo i nostri protagonisti grazie ad una forte caratterizzazione sonora che ne esalta i lati più distintivi. Le atmosfere musicali magiche e sognanti, con sonorità classiche e tipiche del ‘musical theatre’ ma filtrate da una rilettura ‘pop’, saranno il mezzo attraverso il quale vivere a pieno il fantastico mondo del Gruffalò”.
Per info: Teatro “Superga”, via Superga 44, Nichelino (To); tel. 011/6279789 o www.teatrosuperga.it
Biglietti: intero 15 euro, bambini 12 euro
g.m.