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Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso
Sabato 4 giugno, ore 15.30
Una visita guidata straordinaria nel luogo di arte, storia e antiche cure, con letture in giardino sul tema della cura
In occasione di “Appuntamento in Giardino”, l’iniziativa del 4-5 giugno di APGI – Associazione Parchi e Giardini d’Italia, con il patrocinio del Ministero della Cultura, che si svolge in contemporanea in oltre 20 paesi europei, in accordo con Rendez-vous aux jardins, la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso apre eccezionalmente le porte del suo giardino interno.
La visita guidata dal titolo “L’abbazia, l’ospedale, i semplici ed il giardino” porterà alla scoperta della Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, luogo di arte, storia e di antiche cure lungo la via Francigena. Il tema della medicina nel Medioevo sarà lo spunto che condurrà attraverso le strutture dell’antico complesso Antoniano: l’ospedale, il portico, il chiostro, la chiesa e il giardino interno. E proprio nel giardino terminerà il viaggio immersivo con letture e riflessioni sul tema della cura, del corpo e dell’anima.
INFO
Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso
Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (TO)
Durata: un’ora e mezza circa, dalle 15,30 alle 17
L’iniziativa costa 5 euro + il costo del biglietto di ingresso
(intero: 5 euro, ridotto: 4 euro)
Hanno diritto alla riduzione: minori di 18 anni, over 65, gruppi min. 15 persone
Fino a 6 anni e possessori di Abbonamento Musei: biglietto ingresso gratuito
Info e prenotazioni (dal mercoledì alla domenica):
011 9367450 ranverso@ordinemauriziano.it
Italiano di nascita e statunitense di adozione, Frank Matano cresciuto a Carinola in Campania, ha trascorso parte della sua adolescenza negli Stati Uniti d’America dove si avvicina, fin da piccolo, alla stand-up comedy, forma di spettacolo che influenzerà, più avanti, la sua comicità.
In Italia inizia a farsi conoscere su Youtube, nel 2008, dove posta video di scherzi telefonici sul suo canale – lamentecontorta- che gli permettono di raggiungere un grande successo sul web. Sbarca in televisione alle Iene prima e a Sky subito dopo. Da quel momento è un crescendo di successi televisivi: da Tale e quale show passando per Lol- chi ride è fuori fino ad diventare uno dei giudici più amati di Italia’s Got Talent . Oltre alla televisione, Matano riscuote successo anche al cinema, prendendo parte del cast di diverse pellicole quali Fuga di cervelli, con la regia di Paolo Ruffini (2013) fino a Una notte da dottore, con la regia di Guido Chiesa (2021). Nel 2014, Frank riesce a coronare anche uno dei suoi sogni di bambino divenendo uno dei doppiatori di South Park, particolarmente amato dal comico per lo stile irriverente e geniale.
A Torino è stato uno degli ospiti più attesi della XXXIV edizione del Salone Internazionale dei Libro, dove ha presentato il libro del collega e amico Maccio Capotonda, tra gag improvvisate e chiacchiere semiserie. Lo abbiamo intervistato al termine dell’esilarante performance, dove si è raccontato ai nostri microfoni con genuinità e franchezza.
La tua carriera è iniziata con la pubblicazione dei tuoi primi scherzi su Youtube. Come hai vissuto il tuo esordio?
In quegli anni nessuno lo faceva ed era considerato “strano”. Avevo preso una video telecamera e avevo iniziato a registrare quello che abitualmente facevo. Se ci pensi è lo stesso discorso che si può fare con i messaggi vocali di Whatsapp: inizialmente si aveva vergogna a registrare la propria voce davanti agli altri. Ben presto è sparita qualsiasi inibizione ed è diventata un’ abitudine. La stessa cosa è successo per i video: ero uno dei pochi a farlo ed era considerato diverso. Forse ho dato il via a un fenomeno ma penso che in ogni generazione cambi qualcosa nella comunicazione e si sviluppino sempre diversi linguaggi di espressione.
A tuo modo, però, sei stato un innovatore.
In realtà, vivendo in America l’anno prima in cui mi sono iscritto su Youtube, questa forma di comunicazione aveva già preso piede e il fenomeno mi ha ispirato. Quando sono arrivato in Italia, ho iniziato a realizzarli anche io: penso di essere stato al posto giusto, al momento giusto.
Il talento e la fortuna devono andare di pari passo.
Sì, è come se si allineassero i pianeti. Quando hai una forte passione prima o poi uscirà fuori. Io sono sempre stato molto timido e non avrei mai avuto il coraggio di fare un provino in maniera classica: fare i video a casa mia mi ha aiutato ad “uscire dal mio guscio”.
La timidezza è una caratteristica propria di tanti artisti. Come ha giocato nel tuo caso?
Succede a molte persone che fanno un lavoro sotto i riflettori, ed anche se è abbastanza incomprensibile dall’esterno. Però, nel mio caso, la timidezza è stata superata da un bisogno di far ridere con creatività, Ancora oggi ciò davvero mi aiuta a non imbarazzarmi davanti al pubblico è il fatto che mi diverto davvero. Però è la timidezza è lì, esiste sempre.
Tornando, invece, al tuo percorso professionale hai detto che gli anni in America ti hanno ispirato. Oltre a Youtube, quanto ha influenzato sulla tua comicità la stand up comedy?
Tantissimo. Ho conosciuto questo genere grazie a mio zio Alfredo che era molto giovane quando ero piccolo. Andavamo in vacanza insieme e mi faceva vedere tutte le stand up comedy americane. Quella forma di spettacolo, un comico da solo sta sul palco per un’ora e racconta di tutto, ti ispira per forza.
Valeria Rombolà
“Beppe Fenoglio 22. Un giorno di fuoco”
Ad Alba, prende il via il secondo capitolo del centenario fenogliano. Tanti gli appuntamenti e la “Notte Bianca” delle Librerie
Da giovedì 2 a domenica 5 giugno
Alba (Cuneo)
Sono raccolti sotto il titolo de “Un giorno di fuoco” i nuovi eventi programmati dal “Centro Sudi Beppe Fenoglio” e dall’“Assessorato alla Cultura” del “Comune di Alba”, nell’ambito delle celebrazioni del centenario dalla nascita dello scrittore – partigiano– traduttore albese. Titolo che prende ancora una volta il nome da una delle più celebri opere di Beppe Fenoglio (Alba, 1922 – Torino, 1963) e nello specifico dal primo libro pubblicato postumo, nell’aprile del 1963, due mesi dopo la morte dello scrittore. Si inizia giovedì 2 giugno, con ritrovo alle 9,45, a San benedetto Belbo per il primo trekking di questa nuova stagione. Una camminata di circa 14 km tra natura, storia e letteratura attraverso i luoghi dei racconti più intensi e significativi di Fenoglio: il gorgo del Belbo, Ca di Lù e Mimberghe, percorrendo un territorio di grande bellezza paesaggistica e naturalistica. La partecipazione è gratuita con prenotazione sul sito www.terrealte.cn.it. Sempre giovedì 2 giugno, alle 21, il “Teatro Sociale “G. Busca” di Alba ospiterà la prima assoluta del reading teatrale di Andrea Bosca “Ma il mio amore è Paco”. L’attore di Canelli descrive così questo progetto “Mi unisce a Fenoglio l’amore indissoluto per la mia terra, per quei ‘saloons’ che ancora vedo qua e là distesi tra Canelli, per la Langa che diventa simbolo di tutte le altre province italiane, per la gente di questi luoghi che non ha mai smesso di lavorare, cresciuta con l’idea che il lavoro è l’onore del mondo, quando non la migliore preghiera. Recitarlo oggi, all’età esatta in cui Beppe Fenoglio ci ha lasciati, mi dà una strana consapevolezza che qualcuno chiamerebbe responsabilità. Certamente un onore che da ragazzo, mai avrei immaginato.” Lo spettacolo è una produzione di “BAM Teatro”. L’appuntamento – anticipato il Primo Giugno in matinée agli istituti scolastici che hanno collaborato con il Centro Studi – è in collaborazione con il “Teatro Sociale” di Alba ed è ad ingresso libero previa prenotazione sul sito www.beppefenoglio22.it . Lo spettacolo replicherà venerdì 3 giugno in Teatro a Nizza Monferrato in collaborazione con l’“Assessorato alla Cultura” della città di Nizza Monferrato e “Banca d’Alba” (prenotazioni all’“Ufficio di Informazioni Turistiche” di Nizza Monferrato al numero 0141/ 441565). Il giorno successivo, venerdì 3 giugno, alle 17.45, nuovamente al “Teatro Sociale”, dopo una breve presentazione della stagione di appuntamenti appena cominciata, sarà la volta di “Fenoglio all’attacco” con lo scrittore e giornalista Aldo Cazzullo che dialogherà con Margherita Fenoglio, figlia di Beppe, sui temi della narrativa fenogliana con particolare attenzione agli incipit brucianti dello scrittore – partigiano. L’appuntamento, arricchito dalle letture di Laura Della Valle, è organizzato in collaborazione con
l’associazione culturale “Premio Roddi”. Ingresso libero prenotandosi sul sito www.beppefenoglio22.it. Sabato 4 e domenica 5 giugno appuntamento clou della quattro giorni fenogliana, con la dodicesima edizione della “Notte Bianca delle Librerie” che torna nel centro storico di Alba per un’edizione speciale, tra presentazioni letterarie, laboratori per bambini e musica. Tantissime le Librerie partecipanti. Primissimo appuntamento sabato mattina, dalle 10, presso la “Libreria Mondadori” con la presentazione del romanzo “Il diavolo povero” di Roberto Portinari (Letteratura Alternativa edizioni), via via fino a sera (ore 21,30) con la “Libreria Milton” che, in piazza Pertinace, propone le letture tratte dal racconto “Il gorgo” di Beppe Fenoglio e dal romanzo “Duri a Marsiglia”di Giancarlo Fusco. La “Notte Bianca delle Librerie” è organizzata dall’“Assessorato alla Cultura” del Comune di Alba in collaborazione e con il sostegno del “Centro Studi Beppe Fenoglio”. Tutti gli appuntamenti sono gratuiti, per alcuni è consigliata o richiesta la prenotazione. Il programma completo con tutte le informazioni è consultabile al link https://www.beppefenoglio22.it/evento/notte-dianca-dellelibrerie. Domenica 5 giugno, nel pomeriggio, le librerie cederanno idealmente il testimone alla “Maratona Fenogliana” che avrà per protagonisti indiscussi i lettori, che, a partire dalle ore 15, in Piazza Rossetti 1, daranno voce ad alcuni racconti di “Un giorno di fuoco”, la raccolta di scritti che secondo Calvino sarebbe stata un “Corallo Einaudi” perfetto. E così nelle due tappe di un percorso che parte da “Casa Fenoglio” e arriva al “Cortile della Maddalena”, luogo per eccellenza della Cultura albese, si leggeranno insieme ad alta voce alcuni dei più esemplari racconti fenogliani: “La novella dell’apprendista esattore”, formidabile secondo Calvino, e poi “Pioggia e la sposa”, “L’affare dell’anima” e un omaggio ai bambini con “Il bambino che rubò uno scudo”. Le letture saranno scandite dalla musica di Alessandro Sipolo, cantautore bresciano, e dai suoi musicisti.
g.m.
Nelle foto:
– Beppe Fenoglio
– Andrea Bosca
– Aldo Cazzullo, Ph. Fabrizio Travaglio
Sabato 4 giugno, alle 17,30, si inaugura presso la sala esposizioni Panizza di Ghiffa, nel Verbano, la mostra di acqueforti di Alberto Longoni intitolata “Il segno che racconta”.
L’isola del libro
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Yasmina Reza “Serge” -Adelphi- euro 19,00
Tra gli ingredienti principali di questo romanzo, della scrittrice e drammaturga francese, ci sono: una famiglia ebrea, i legami forti ma anche le nevrosi, il senso della morte, la tragedia immane di portata storica e le piccolezze dell’animo umano.
Yasmina Reza, nata a Parigi nel 1959 da un ingegnere iraniano e una violinista ungherese di origine ebraica, racconta una sorta di resa dei conti della famiglia Popper, ebrei viennesi della classe media. In particolare di tre fratelli che devono affrontare un lutto.
Il romanzo inizia con la morte della loro madre, classica matriarca, stroncata da un cancro (alla quale non dispiaceva Putin) e che lascia perplessi i figli di fronte alla sua volontà di essere cremata…. «Da quando è morta tutto è andato a rotoli».
Sono tre fratelli borghesi, due maschi e una femmina. Il primogenito Serge è quello che non si capisce bene cosa faccia nella vita, uomo dalle attività nebulose, seduttore seriale.
Nana è stata la cocca della madre, ma ha fatto una scelta invisa alla famiglia, sposando un uomo di classe sociale inferiore, di origine operaia.
A raccontare la storia è il figlio di mezzo, Jean, che proietta una sguardo acuto sulle dinamiche familiari.
La scrittrice ambienta la parte centrale del libro nientemeno che ad Auschwitz, dove i tre si recano per rendere omaggio ai loro familiari sterminati. E qui si compie la magia di Yasmina Reza che, sullo sfondo di un’ambientazione drammatica come quella del campo di concentramento -con il suo carico di sofferenza, orrore e morte- mette in scena gli anfratti degli animi e dei pensieri dei protagonisti.
Visitando il lager, tra camere a gas e forni crematori, emergono i pensieri più nascosti dei tre fratelli: fragilità, meschinerie, difetti, egoismi, incomprensioni e molto altro ancora.
Sono le pagine più affascinanti in cui balza agli occhi del lettore il contrasto tra qualcosa di sacro e le minutaglie dell’anima umana.
Diane Johnson “Lorna Mott torna a casa” -Atlantide- euro 18,50
Diane Johnson non è certo una scrittrice qualunque.
E’ nata nel 1934 in Illinois, ha 87 anni, una ventina di libri pubblicati (racconti e romanzi, tra i quali la trilogia parigina “Le divorce”, “Le mariage” e “L’affaire” in cui racconta le disavventure sentimentali di americani espatriati in Francia), è stata finalista al Pulitzer e due volte al National Book Award, coautrice della sceneggiatura del film “Shining” con Stanley Kubrick.
Eppure in Italia è stato dato alle stampe solo “Itinerari stupefacenti” nel 1993.
“Lorna Mott torna a casa” è la sua ultima fatica letteraria (13 anni dopo il precedente “Lulù in Marrakech”), e un plauso va alla casa editrice indipendente “Atlantide” che l’ha tradotta e pubblicata nel nostro paese.
L’inizio è folgorante e simbolico. Si apre con il crollo delle tombe di un cimitero francese, causato da un violento nubifragio che ha strappato corpi e scheletri dal loro riposo eterno, mischiando i resti dei cadaveri ed esponendoli alla vista dei parenti inorriditi.
E’ con questa straziante visione che la protagonista Lorna – americana 60enne, minuta e sempre con i nervi allo scoperto- abbandona il paese provenzale di Pont-les-Puits, dove ha vissuto per 20 anni con il secondo marito francese Armand –Loup- Dumas.
Si intuisce subito che le frane sono due. Quella che ha dato il giro alle bare; e c’è da notare che solo le lapidi più antiche hanno resistito al disastro, come dire che l’aristocrazia in un certo senso ha avuto la meglio sulla morte.
In parallelo avviene il crollo del matrimonio di Lorna che si è stufata dei tradimenti del marito, ex curatore museale e tombeur de femmes conclamato. Così ha deciso di riprendere la sua professione di storica dell’arte e torna, almeno per un po’ e per chiarirsi le idee, a San Francisco, in America.
E’ lì che vivono i 3 figli avuti dal primo matrimonio; ormai sono adulti, ma con le vite parecchio incasinate.
L’America che accoglie Lorna non è la stessa che aveva lasciato 20 anni prima. I prezzi delle case sono alle stelle e lei deve cavarsela con pochi soldi e una nuova vita da ricostruire –pensa di tornare a fare conferenze in giro per il paese- e la strada è tutta in salita.
Il suo primo marito, Ran, è un dermatologo che ha sposato in seconde nozze Amy, donna dal tocco di re Mida e svariati milioni guadagnati nella Silicon Valley. Hanno messo al mondo una figlia, ora 15enne, che creerà non pochi grattacapi.
Poi ci sono i 3 figli di Lorna e Ran, dei quali il padre si è occupato poco- nulla.
Curt è il più grande, reduce da un lungo coma in seguito a un incidente in bici. Una volta riaperti gli occhi ha pensato bene di andarsene in Tailandia, lasciando nei guai la moglie e i loro gemelli, alle prese con debiti, mutui e nessuna entrata.
Poi c’è Peggy, una divorziata che si è lasciata andare un po’ alla deriva, e per pagare gli studi della figlia vende su Internet oggetti di artigianato.
Infine il più piccolo è Hans, hippie che si ritrova a vivere in un quartiere squallido con la moglie che aspetta un figlio.
Questo è quello che Lorna dovrà affrontare; lo farà tra alti e bassi, incontri, speranze e delusioni, e tanto altro che la Johnson distilla in pagine memorabili.
Sally Rooney “Dove sei, mondo bello” -Einaudi- euro 20,00
E’ un’umanità parecchio incerta e in bilico -sospesa sul sottile e pericoloso filo dei bilanci e del tempo che corre veloce- quella narrata dalla scrittrice irlandese Sally Rooney.
Alice ha 29 anni, è una scrittrice di un certo successo, reduce da un brutto esaurimento nervoso ed ha affittato un’antica canonica a 3 ore da Dublino. Lì incontra Felix, un magazziniere conosciuto su Tinder, e il loro primo meeting sembra un buco nell’acqua.
D’altro canto c’è Eileen (amica di Alice) che lavora come redattrice sottopagata in una rivista letteraria a Dublino. Lei cerca conforto nell’amico di infanzia Simon, che di mestiere fa il consulente politico ed ama frequentare donne giovani.
Tra le due donne si avvia un continuo e fitto scambio di email grondanti le loro riflessioni sulla vita, l’amore, l’amicizia, la carriera …..e molto altro.
All’inizio sono 4 individui alla ricerca di se stessi e in crisi di identità; poi si formano le coppie, una si muove in un minuscolo paesino irlandese sulla costa atlantica, l’altra tra le strade di Dublino.
Le loro storie procedono in parallelo, e vengono a galla quesiti di notevole portata che riguardano i massimi sistemi della vita.
Attanagliati da domande del tipo: chi sono diventati, cosa hanno costruito, dove stanno andando, quanto sono soddisfatti del loro presente, come pensano di programmare il futuro, i legami che hanno costruito che valore hanno, e così via….
I 4 procedono per tentativi. Passi piccoli e titubanti, ma anche qualche falcata; tra sesso, sentimenti, confini dell’amicizia, domande esistenziali varie e assortite con le quali cercano di mettere a fuoco le loro vite, soprattutto in rapporto agli altri.
Sebbene siano ancora giovani, hanno la sensazione che la gioventù sia ormai passata, arroccata intorno ai 20 anni che furono; ed ecco il senso del tempo che sfuma velocemente con le sue sfide, la percezione che il meglio sia ormai alle spalle. Nostalgia della giovinezza, incertezza del futuro: quanto ancora resta, cosa è andato irrimediabilmente perso ……
Nelle confidenze tra le due donne balza agli occhi quanto le loro esistenze presentino caratteristiche opposte. Alice ha una pagina su Wikipedia; in rete è conosciuta, popolare ed oggetto di commenti e discussioni. E’ sovraesposta mediaticamente e la cosa non le piace, anche perché quella che emerge è una realtà apparente e fasulla.
Eileen invece ha il problema opposto; su di lei online c’è solo il profilo Linkedin, oppure il necrologio di qualche omonima. E la cosa la rattrista perché le sembra di vivere un’esistenza sfumata e anonima, quasi un non esistere. Tutti dettagli su cui meditare….
Giorgio Montefoschi “Dell’anima non mi importa” -La nave di Teseo- euro 19,00
I protagonisti, Enrico e Carla Rubbiani, sono una coppia ormai collaudata, con tanto di figlia 20enne, ed appartengono alla buona borghesia romana. Il loro è un tran tran diviso tra le vacanze a Fregene e Circeo, frequentazioni di amici, cene, pranzi ……
Si potrebbe anche definire la sonnolenta banalità del quotidiano, sulla quale due adulti hanno impostato la loro vita nell’altolocato quartiere Parioli, dove vivono in una villa immersa nella tranquillità appartata ed elegante scandita da ritmi precisi.
Carla è una quarantenne che si divide tra casa, partite di tennis e soliti riti borghesi.
Enrico è un affermato avvocato penalista e il loro matrimonio sembra di quelli riusciti. Consolidato tra dialoghi brevi sull’andamento della giornata, cose buone e semplici, libri, cinema, ottima musica, gli studi della figlia, pochi e selezionati amici, dove trascorrere le vacanze.
Ma dietro questa rassicurante cortina, che sembra poggiare su granitiche certezze, si annidano la noia e il desiderio di un cambiamento che si chiama tradimento.
Enrico perde la testa per un’esuberante collega, Simona, che si divide tra Milano e la capitale; a lui sembra una travolgente ventata di nuovo e vita emozionante. La passione però fa danni e lui finisce per lasciare il tetto coniugale e sistemarsi in un minuscolo appartamento a Trastevere.
Non anticipo altro, se non che in questo romanzo si parla di ricerca di appagamento, incomprensioni, pericolosi abbagli, disillusioni e bilanci. Sullo sfondo c’è sempre, come negli altri romanzi di Montefoschi, una Roma vissuta nei minimi anfratti e dettagli, tanto vivida da sembrare familiare anche a chi la conosce poco.
TEATRO COLOSSEO
Via Madama Cristina 71 – Torino
La stagione 2021 – 2022
Lunedì 30 maggio ore 21
MARIO BIONDI
Romantic tour
poltronissima € 70,40 | poltrona A € 66,30 | poltrona B € 56,00 | galleria A € 46,00 | galleria B € 40,00
È uscito il 18 marzo “Romantic” il nuovo album di Mario Biondi dedicato all’amore in tutte le sue forme, dal legame di coppia a quello fraterno, all’amore per i genitori e i figli.
Il romanticismo inteso nelle sue varie declinazioni è il fil rouge dei 12 brani su cd e 15 brani che compongono questo nuovo progetto, nello specifico 6 inediti e 9 rivisitazioni scelte principalmente dal repertorio internazionale.
“Romantic” è fortemente caratterizzato dalla produzione curata dallo stesso Mario Biondi con Massimo Greco e David Florio: tutti i brani sono stati registrati in maniera analogica, scelta che conferisce un suono molto caldo e autentico all’intero album che richiama fortemente le sonorità degli anni ’70. Le tracce sono state registrate, come accadeva all’epoca, con take collettive in cui tutti i musicisti hanno suonato insieme nella stessa sala andando ad esaltare la magia della condivisione e l’effetto interplay. Tale direzione ha reso unica l’esperienza in studio ed è stata stabilita fin da subito per ricreare le atmosfere originali dei brani che sono stati reinterpretati.
Il crooner catanese presenta così “Romantic” che diventa anche il suo messaggio di pace:
“Questo disco in alcuni brani rispecchia il suono ed il carattere degli anni ‘70, gli anni in cui la musica ci ricordava che la guerra è solo fonte di dolore. Ognuno di noi ha una vena romantica e spera che le problematiche si risolvano con il buon senso, con l’amore per il prossimo, non con violenza o ostilità.”
GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA
Lunedì. Al Teatro Toselli di Cuneo suona la Bandakadabra.Al Teatro Colosseo Mario Biondi presenta dal vivo il nuovo disco “Romantic”.
Martedì. Al Jazz Club si esibiscono i The Two. Al Magazzino sul Po è di scena Giulia Impache. Al Blah Blah suona il trio A Band Called.
Mercoledì. Al Magazzino sul Po si esibisce Zibba. Al Museo d’Arte Orientale per la mostra “Il grande vuoto” è di scena Hatis Noit. Al Blah Blah suonano i The History Of Gunpowder.
Giovedì. Al Jazz Club si esibiscono i Digiovanni. Al Blah Blah suonano i Mondo Generator.
Venerdì. Al Cafè Neruda è di scena Marco Conforti. Al Circolo della Musica di Rivoli si esibisce Chrysta Bell.All’Off Topic suona lo Swing Breath Trio. Al Blah Blah sono di scena i Proliferhate. Allo Ziggy si esibiscono i Die Today.
Sabato. Al Blah Blah per “Glam Attack” suonano i Hollywood Killerz, Brokendolls, Shameless. Al Pala Alpitour è di scena Brunori Sas.
Domenica. Per la giornata Mondiale dell’Ambiente al Museo Nazionale del Cinema, i Marlene Kuntz presentano “ Karma Clima Experience”. Al Pala Alpitour si esibisce Gazzelle.
Pier Luigi Fuggetta
Al Carignano, “Comme tu me veux” prodotto dal parigino Théâtre de l’Odeon
Una donna, con un passato di ballerina nei più malfamati locali berlinesi ed un presente diviso tra la passione dello scrittore Salter e quella della figlia di lui Mop, viene un giorno riconosciuta dal fotografo Boffi come la moglie di un suo amico, Bruno Pieri, scomparsa da dieci anni. Malgrado le proteste di chi ancora la vorrebbe legata a sé (Salter tenta anche il suicidio), la donna, presa la decisione di seguire Boffi per poter rivedere il preteso consorte, si ritrova tra le pareti di una grande villa presso Udine a rivivere il “suo” passato attraverso le parole di zia Lena e di zio Saverio: il marito, al ritorno dalla guerra aveva trovato la villa distrutta e la moglie scomparsa, l’aveva cercata certo nei suoi pensieri che, oltraggiata dai soldati di passaggio, fosse fuggita in preda alla disperazione e alla vergogna. L’Ignota, come è chiamata la donna sempre avvolta da un velo di urticante ambiguità, pare aver trovato tra quelle persone una propria dimensione, ristabilita seppur precaria: sino a quando Salter annuncia con una lettera di aver ritrovato la vera Cia, la vera moglie scomparsa, in un manicomio di Vienna, e di essere disposto a condurla in villa per dimostrare a tutti che l’Ignota non ha nulla a che fare con quella triste vicenda. All’apparire della povera Demente che continua a ripetere un solo nome, “Lena”, tutti restano increduli e sconvolti, mentre l’Ignota – “un corpo senza nome” – confessa la propria impostura, nell’auspicato raggiungimento di un’esistenza serena, andandosene ancora una volta con Salter, ricacciando la certezza dell’essere e appropriandosi dell’apparire, legandosi alla realtà non come ci appare ma come ognuno di noi vorrebbe che fosse, all’interno di se stesso. Disseminando ancora certezze e più o meno percettibili ambiguità che certamente non sgombrano il campo dai dubbi.
In “Comme tu me veux”, che il parigino Odéon – Théâtre de l’Europe porta per la regia (e la scenografia) di Stéphane Braunschweig, per sole tre recite all’interno della stagione dello Stabile di Torino – Teatro Nazionale (lo spettacolo è in lingua francese con soprattitoli in italiano), c’è tutta “la filosofia” di Luigi Pirandello che è passato in un lungo percorso di novelle e drammi attraverso, solo per citare due tappe, “Il fu Mattia Pascal” e “Così è (se vi pare)” – siamo ormai nel 1930, l’Ignota è di diritto Marta Abba che lo rappresentò per la prima volta -, che ha posto le radici del dramma dentro lo svolgimento del caso Bruneri-Casella, che appassionò l’Italia intera, che ha visto nascere e crescere il nazismo hitleriano e il fascismo di Mussolini. In un’Italia che è uscita dalle rovine della Grande Guerra e che s’è incamminata verso un ventennio di altre distruzioni e di altri lutti, di discorsi roboanti dinanzi a folle oceaniche e plaudenti (il quadro ci è offerto attraverso immagini e filmati d’epoca). Braunschweig, mentre cadono i veli verdi che abbracciavano l’inizio della sua messinscena e si prepara una sala della villa che, con buona pace delle ampie indicazioni dell’autore di Girgenti, si riduce “all’ingombro” di tre divani, dove passeranno a fatica gli attori, con poca fantasia e con qualche momento di vera noia, ci tiene a porci visivamente di fronte alle macerie del prima e del dopo, di quella terra che l’Ignota ha lasciato un tempo per farvi ritorno poi, nella speranza di una nuova vita. “Come tu mi vuoi”, nelle mani di Pirandello – mani che per l’occasione non hanno forse saputo snellire e districare una materia che si costruisce per grandi blocchi (l’interminabile, compatto inizio del secondo atto, a soli due personaggi, a spiegarci con troppa ricchezza l’antefatto della vicenda: a rimpiangere, in altre parole la frammentazione e l’esatta geometricità della signora Frola e del signor Ponza, il cicaleccio furiosamente curioso del gruppo), che s’affida troppo, dall’interno, alle parole della protagonista – diventa un thriller, una ricerca della verità fine a se stessa, nel fitto intrigo di violenze, di interessi, di ricordi sfocati e costruiti, di ambiguità e su questo versante pare volgersi soprattutto l’attenzione del regista.
Scriveva Strehler nelle note di regia che accompagnavano la sua messinscena dell’aprile 1992 in omaggio ad Andrea Jonasson: “Pirandello, già tra gli anni Venti e gli anni Trenta, ci parlava di incomunicabilità, di senso del relativo, di rovesciamento dei valori: e di tutto questo, invece di farne un gioco o una moda, come talvolta è avvenuto in seguito, ha profondamente sofferto. Con lui l’individualismo borghese, cioè la riduzione del singolo uomo nella società borghese alla più estrema solitudine, arriva a un punto disperato, al punto che la stessa consistenza della personalità del singolo si disperde, e uno può essere, per usare un titolo pirandelliano, nessuno e centomila.” È proprio l’approfondimento di quella “personalità”, “la volontà di capire se esiste una realtà umana autentica”, il gioco della realtà e della finzione, l’avventura della maschera che gli altri ci impongono e che noi ci costruiamo di fronte agli altri, ad apparire debolmente dalla regia di Braunschweig, più attento a raccontare che non a calarsi con autentica attenzione nel mondo di Pirandello; si mantiene del descrittivo e i suoi attori sono spinti a fare altrettanto se si eccettuano il bisturi di coraggio e veemenza che Chloé Réjon usa sulla sua Ignota e il grande mestiere di un’attrice come Annie Mercier, che sta veramente un gradino al di sopra dei suoi colleghi come zia Lena (e non mi si chieda per quale ragione il personaggio del cognato della protagonista, il Masperi, debba essere affidato ad un attore di colore: proprio non saprei sconsolatamente rispondere). Claude Duparfait è il troppo giullaresco scrittore Salter, il giovane Pierric Plathier è il consorte Bruno Pieri, che di quella ricomparsa s’era anche fatto bene i conti in tasca. Spettacolo imperfetto ma una buona occasione comunque per vedere un assaggio di quel che succede in Francia. Si replica ancora sabato alle 20,45 e domenica, nel pomeriggio alle 15,30.
Elio Rabbione
Le immagini dello spettacolo sono di Simon Gosselin e Juliette Parisot
Annunciati le traduttrici e i traduttori dal cinese, finalisti al “Premio biennale Mario Lattes per la Traduzione”
Monforte d’Alba (Cuneo)
“Il traduttore letterario è colui che mette in gioco tutto se stesso per tradurre l’intraducibile”: Italo Calvino dixit. Quel Calvino grande scrittore che tutti abbiamo imparato a conoscere, ma anche meticoloso traduttore, perfetto pur anche nel confrontarsi con quel “bizzarro modo di scrivere” del francese Raymond Queneau de “I fiori blu”. Meticoloso e attento, parola per parola centellinata nelle più varie sfumature per non cancellare il senso profondo della scrittura d’origine. Esercizio non facile, su cui si saranno messi indubbiamente di buzzo buono anche gli otto finalisti (cinque le opere selezionate) della seconda edizione del “Premio biennale Mario Lattes per la Traduzione” promosso dalla “Fondazione Bottari Lattes” di Monforte d’Alba (in collaborazione con l’Associazione culturale “Castello di Perno” e il Comune di Monforte d’Alba) e dedicato, quest’anno, alla “letteratura contemporanea in lingua cinese”. Questi i loro nomi e le opere selezionate, edite in Italia fra il 2020 e il 2021: Marco Botosso e Maria Teresa Trucillo traduttori di “Colora il mondo” di Mu Ming (Future Fiction); Maria Gottardo e Monica Morzenti traduttrici di “I due Ma, padre e figlio” di Lao She (Mondadori); Patrizia Liberati e Maria Rita Masci traduttrici de “Il dizionario di Maqiao” di Han Shaogong (Einaudi); Nicoletta Pesaro traduttrice di “Grida” di Lu Xun (Sellerio); Silvia Pozzi traduttrice di “Pechino pieghevole” di Hao Jingfang (add editore).
La cerimonia di premiazione (ad ingresso libero, con la possibilità di essere anche seguita in diretta streaming sulla pagina Facebook della Fondazione) si svolgerà sabato 25 giugno, alle 17, nel giardino del Castello di Perno (Cuneo) nel cuore delle Langhe, “Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco”, condotta da Stefania Soma, in arte Petunia Ollister, esperta di valorizzazione dei beni culturali e comunicazione, creatrice dei #bookbreakfast da migliaia di follower su Instagram. In quell’ occasione si terrà una tavola rotonda, con le traduttrici e i traduttori finalisti, cui interverranno i giurati del Premio: Anna Battaglia, Melita Cataldi, Mario Marchetti, Antonietta Pastore (membri della Giuria stabile) e Silvia Piera Calamandrei, Stefania Stafutti e Giovanni Vitiello (membri della Giuria specialistica per la lingua cinese). Sottolinea Caterina Bottari Lattes, presidente della “Fondazione”, nata nel 2009 con lo scopo principe di rendere memoria al nome e alla figura del marito Mario Lattes, editore scrittore artista poliedrico e fra i nomi più prestigiosi del panorama culturale del nostro Novecento: “Con il ‘Premio Mario Lattes per la Traduzione’ intendiamo porre l’attenzione sul fondamentale ruolo dei traduttori nella diffusione della letteratura e sull’impareggiabile contributo della traduzione nell’avvicinare popoli e culture differenti, abbattendo muri ideologici, creando ponti culturali e favorendo il dialogo”. Con questa iniziativa, nello specifico, la “Fondazione” si prefigge di promuovere la conoscenza di culture e autori meno noti al pubblico italiano e, al contempo, di incoraggiare la traduzione in italiano delle loro opere più significative per qualità letteraria e profondità di contenuti, riflessioni e testimonianza. “Il tutto nella piena consapevolezza – conclude la presidente – che la traduzione non si risolve in una semplice trasposizione di parole da una lingua all’altra e nello spostamento di un segno linguistico da un codice all’altro, ma è una disciplina che sa trasferire pensieri e concezioni tra culture diverse, con le quali il traduttore instaura un profondo legame”.
g.m.
Per info: “Fondazione Bottari Lattes”, via Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it
Nelle foto:
– Castello di Perno (Cuneo)
– Caterina Bottari Lattes