CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 363

Sonic Park, riparte l’estate dei grandi concerti dal vivo

Finalmente riparte l’estate dei grandi concerti di musica dal vivo in Piemonte.
Dopo la limited edition della scorsa estate Sonic Park Stupinigi torna per la sua quarta edizione nel prestigioso Parco della Palazzina di Caccia di Stupinigi a Nichelino, alle porte di Torino. La dimensione visiva, culturale e paesaggistica dello straordinario capolavoro barocco e Patrimonio dell’Umanità Unesco si abbina nuovamente alla musica migliore nelle sue varie declinazioni per un intenso viaggio emozionale che porterà in Piemonte undici straordinari concerti di alcuni fra i più interessanti artisti italiani e internazionali.

Tra gli alberi secolari e i giardini dalla perfetta e scenografica geometria disegnata nella prima metà del 1700 dall’architetto Filippo Juvarra e da Michael Bernard, Reverse Agency, con la produzione di Fabio e Alessio Boasi, firma in collaborazione con le migliori agenzie italiane un cartellone ricchissimo che spazia nei generi e promette di far rivivere l’estate come il momento più bello dell’anno, finalmente senza limitazioni e in libertà.

Il programma si apre con il concerto che doveva essere l’opening dell’edizione 2020 e sarà finalmente quello dell’edizione 2022: Nick Mason, mitico batterista dei Pink Floyd, sarà sul palco della Palazzina di Caccia di Stupinigi domenica 26 giugno con una superband insieme a Dom Beckem, Gary Kemp, Guy Pratt, Lee HarrisUn appuntamento che si rinnova a distanza di due anni per festeggiare con il concerto di una vera leggenda della musica internazionale la quarta edizione del festival.

Un messaggio per l’ambiente: ecco quello che sarà portato alla Palazzina di Caccia da Elisa per il secondo concerto di Sonic Park Stupinigi martedì 30 giugno. Il sito piemontese è stato scelto per lo straordinario valore storico, naturale e paesaggistico e il concerto sarà ideato e realizzato su un rigido protocollo di basso impatto ambientale nel quadro della nomina attribuita alla cantautrice friulana dall’ONU come alleata della Campagna SDG Action sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. La campagna d’azione SDG delle Nazioni Unite chiede alle persone di tutto il mondo di trasformare l’apatia in azione, la paura in speranza, la divisione in unione (#FlipTheScript). Il “Back to the Future Live Tour” non sarà solo un tour ma un festival nel festival, con tanti contenuti creati in collaborazione con Music Innovation Hub e altri compagni di viaggio per sensibilizzare il pubblico sull’argomento green.

A questo link tutte le informazioni utili per vivere al meglio Sonic Park Stupinigi 2022.
https://docs.google.com/document/d/1c9ZfrEraDYeIN8pcxH21u0YbPQG8IWUx-CHgV4dHatY/edit?usp=sharing

Sonic Park Stupinigi 2022
Nick Mason – 26 giugno, Elisa – 30 giugno, Zucchero – 2 luglio, Achille Lauro – 3 luglio, Litfiba – 9 luglio, Marracash – 12 luglio, Irama – 16 luglio, Lp – 17 luglio, Ben Harper – 19 luglio, Carl Brave + Mara Sattei – 20 luglio.

A Chieri vanno in scena tre giorni di Circo Contemporaneo e Musica

“Nice Festival”

E ci sarà anche un omaggio a Don Bosco, con il funambolo Andrea Loreni

Sabato 25 e domenica 26 giugno. Gran finale domenica 3 luglio

Chieri (Torino)

E perché no? Partiamo dal finale. Perché il finale sarà proprio un gran finale. Finale funambolico, nel vero senso della  parola. Domenica 3 luglioore 18piazza Cavour a Chieri. La piazza sarà sicuramente sold hout e tutti col naso all’insù per la camminata da brividi su filo teso che il torinese Andrea Loreni, unico funambolo in Italia specializzato nelle traversate a grandi altezze, compirà sulla piazza in omaggio alla figura di Don Bosco, anche lui equilibrista. Andrea dovrà percorrere 70 metri di cavo d’acciaio, ad un’altezza media di 25 metri dal suolo: il tutto sarà reso più complicato dall’inclinazione del cavo. Spettacolo mozzafiato, in chiusura del “Nice Festival” di Chieri, tre intense giornate programmate nel centro storico della Città per sabato 25 e domenica 26 giugno con chiusura domenica 3 luglio.

 

 Dieci differenti spettacoli, tutti a ingresso gratuito, per un totale di 14 repliche e tanta musica (bande itineranti, clown e giocolieri e laboratori “da circo” creati ad hoc per i bambini), il “Nice Festival” fa parte della rete festivaliera organizzata dal Centro di produzione “blucinQue/Nice” in collaborazione con “Fondazione Cirko Vertigo” che, grazie alla rete di partenariato avviata con i Comuni di Chieri, Grugliasco, Moncalieri, Settimo Torinese e Torino porta, nel corso del 2022, festival di innovazione chiamati “Nice” su ognuno di questi territori che rientrano nella Città Metropolitana. A Chieri il Festival prende il via sabato 25 giugno con ben quattro appuntamenti, preceduti dalle note itineranti della “Prismabanda Street Band” e dalla “Nymphonik Orchestra”. Il primo spettacolo si terrà alle 17,30 in piazza Cavour: si tratta di Exit Floor” degli artisti dell’“Accademia Fondazione Cirko Vertigo”, che emozionerà il pubblico con numeri di scala libera, verticali, filo teso, corda molle e palo cinese, seguito alle 18,30 in piazza Mazzini da Exit Fly”, dedicato invece alle discipline aeree ovvero tessuti, cerchio, trapezio, cinghie e corda aerei e palo volante. Quest’ultimo andrà in scena anche domenica 25 giugno alle 12 e alle 18,45. Il primo spettacolo delle sere di sabato 25 e domenica 26 giugno, rispettivamente alle 20 e 19,45 in piazza Cavour, sarà “Amor” della Compagnia cubana “Havana Acrobatic Ensemble”, ispirato alle opere di Gabriel Garcìa Màrquez, a partire da “Cronaca di una morte annunciata”. La serata di sabato 25 si chiuderà, in piazza Umberto I, alle 21,30 con “Naufragata di Compagnia Circo Zoè, ispirato dalle parole di Herman Melville – autore di Moby Dick – e dal concetto di movimento costante quale fonte di vita. Due spettacoli saranno in scena unicamente nella giornata di domenica 26: giocoleria, roue cyr, acrobatica, mano a mano e danza in un vortice coinvolgente, allegro e delicato. Tutto questo è In Fabula, spettacolo di circo contemporaneo (ore 17,30 in piazza Cavour) di Fondazione Cirko Vertigo che, partendo da uno studio sulla fiaba di Cappuccetto Rosso, rivisiterà l’iconografia del lupo in chiave circense. L’equilibrio fra gli elementi invece è alla base dello spettacolo Krama di Collettivo 6tu, giovane compagnia formatasi nel 2021, in programma in piazza Umberto Ialle 21,30.

L’ultimo giorno di festival, domenica 3 lugliopiazza Cavouralle 16,30, si apre con “Giro della piazza” di Madame Rebinè, una commedia circense divertente, spettacolare e coinvolgente che nasce dal desiderio di celebrare il ciclismo nei suoi aspetti più rilevanti, quello della resistenza fisica e del coinvolgimento del pubblico. Alle 18, come detto, tutti col naso all’insù per l’impresa di Andrea Loreni seguita, alle 19, da Clown in libertà” di “Teatro Necessario”, momento di allegria collettiva in piazza Umberto I: tre simpatici e talentuosi clown, felici di avere un pubblico a loro completa disposizione, cercheranno di allestire, sempre nel segno della musica, uno spettacolo per divertire e conquistare gli astanti tra sequenze di mano a mano, duelli al rallentatore, intricati passaggi di giocoleria, evoluzioni e piramidi. Tante risate anche per l’ultimo spettacolo in programma, “Paccottiglia Deluxe” di “Compagnia Circo Pacco” alle 20,30in piazza Cavour. E fra uno spettacolo e l’altro, alle 17,3018,30 e 20 in piazza Cavour, l’installazione “La dinamica del Controvento” con la pianista Irene Michailidis. Un pianoforte, una macchina del tempo, un’installazione in ferro e vecchi libri: gli spettatori verranno trasportati dalle suadenti note di un pianoforte suonato dal vivo e cullati dal lento movimento di un tappeto che si libra a mezz’aria, ruotando senza sosta.

Per info: www.blucinque.it

  1. m.

Nelle foto:

–       Il funambolo Andrea Loreni

–       “Amor”: Havana Acrobatic Ensemble

–       “La dinamica del Controvento”

Un giallo che è la fine del mondo

IL NUOVO LIBRO DI GIAN PIERO AMANDOLA

Sopravvissuti al Covid, al Vaiolo, ma la scienza è impotente verso 8 batteri che a volte uccidono, non si sa perché.

Il piu pericoloso è Aureus che muta e comincia a contagiare selvaggiamente in una pandemia.

Lo rivela casualmente una divertente sgangherata indagine sul mondo della Moda. L’umanità finirà non per un virus ma per un batterio? Chi è l’untore? C’entra Big Pharma?

Una guerra batteriologica fra Stati nemici? Un giallo che lancia un allarme sulla fine del mondo, scientificamente più possibile del Covid, ma ignorata.

Un libro in cui il mondo può finire ma sopravvive lo humour della sua scrittura. Due grandi emozioni, paura e riso sotto l’ombrellone.

 

Giuseppe Mazzini, “Doveri dell’uomo” Edizione curata da Quaglieni

E’ uscita la nuova edizione del libro di Giuseppe Mazzini “Doveri dell’uomo”, Edizioni Pedrini, curato da Pier Franco Quaglieni, con un inedito di Renzo De Felice sui rapporti fra Mazzini, Marx ed il socialismo.

Il libro esce per i 150 anni della morte del grande ligure, dalla collaborazione di Ennio Pedrini Jr. Editore e il Centro “Pannunzio”. La prima presentazione avverrà  sabato  2 LUGLIO alle ore 18 al Castello d’Issogne in Valle d’Aosta . Seguiranno presentazioni in tutta Italia, a partire  da Ivrea, capitale italiana del libro 2022,diverse  località balneari liguri, la Versilia, Bardonecchia, Pollone. Il libro in settembre verrà presentato a  Roma, Torino, Napoli, Palermo. Ripubblicare questo testo -afferma il prof. Quaglieni -rappresenta una scelta precisa per indurre ad una riflessione sui doveri, che Mazzini vedeva come premessa indispensabile per la realizzazione dei diritti, che appare oggi molto attuale in un’epoca in cui i doveri sono quasi scomparsi e i diritti sembrano essere l’unica priorità. I doveri mazziniani implicano i valori della Patria e della famiglia, della solidarietà fra gli uomini, della dignità del lavoro, di un’idea di Europa anche oggi molto importanti. I promotori dell’iniziativa pensano che il libro dovrebbe tornare ad essere una lettura importante in tutte le scuole italiane, come già lo fu nel 1903 per iniziativa del Ministero della Pubblica Istruzione che, in epoca monarchica, volle onorare Mazzini, al di là dal suo repubblicanesimo.

L’arte di essere Raffaella Carrà

Intervista all’autore del manuale per essere liberi, felici e rumorosi edito Blackie Editon

Intramontabile caschetto biondo e liscissimo, un sorriso smagliante, gioielli brillanti, un vestito di glitter, in mano il microfono impugnato come uno scettro. Ce la ricordiamo così Raffaellà Carrà, icona pop della tv degli anni ’90 personaggio simbolo di un’intera generazione. Donna talentuosa e rivoluzionaria in grado di segnare profondamente la cultura del nostro Paese, sfidando tutte le convenzioni sociali dell’epoca. E’ a lei che lo scrittore e giornalista Paolo Armelli ha dedicato il suo primo libro “L‘arte di essere Raffaella Carrà– Un manuale per essere liberi, felici e rumorosi. E far l’amore con chi hai voglia tu ” (edito Blackie Edition). Un libro che combina il genere del saggio con quello del romanzo, scandagliano la vita, le conoscenze gli incontri che hanno segnato l’esistenza e la carriera della donna più amata dagli italiani e non soloOgni capitolo analizza un principio, una frase o un motto della Carrà, abilmente utilizzato dall’autore per raccontare non solo una storia, ma anche un messaggio più profondo che la donna dal caschetto biondo più famoso d’Italia voleva trasmettere al suo pubblico. Per capire meglio da dove è nata e come si è sviluppata l’idea di questo libro abbiamo incontrato Armellini alla Libreria Bodoni di Torino (Via Carlo Alberto, 41).

Cosa ti ha spinto a parlare proprio di Raffaella Carrà?

L’idea è venuta da Blackie Edition, sulla scia di una precedente edizione dedicata Bill Murray. Al contempo, c’è una motivazione personale che mi lega a questo personaggio: ha rappresentato una figura totalizzante nella mia vita e, quando ho studiato la sua storia, ho capito con quanti stimoli e ispirazioni avesse costellato il mio immaginario: abbiamo unito i puntini.

Studiando la sua storia di vita, cosa pensi abbia rappresentato per il nostro Paese questa donna?

E’ stata un’icona senza tempo e non ha mai stancato il pubblico. Una forza della natura in grado di unire la sua carriera “tradizionale” ad una carica rivoluzionaria: dall’ombelico scoperto al dire “fai l’amore con chi hai voglia tu”. Ha anche presentato molti programmi da sola circondata dai “carraba boys” invece che dalle solite vallette. Inoltre ha sempre mostrato la sua vicinanza alla comunità LGBTQ+. Forse non voleva espressamente cambiare le cose, ma di fatto- con il suo esempio– le ha trasformate profondamente.

Era consapevole di essere un personaggio antesignano dei tempi?

Lei guardava molto all’estero e cercava di anticipare i trends, ma in ogni caso non era così consapevole di quanto stesse cambiando davvero le cose. Per tale ragione, rileggendo la storia della sua vita, possiamo dire che è stato una donna modernissima.

Il tuo libro è suddiviso in dieci capitoli ognuno ispirato ad un motto o una frase tipica della Carrà. Qual è il tuo preferito?

Fai l’amore con chi hai voglia tu” perché esprime l’importanza che questo personaggio ha dato alla libera espressione dei propri sentimenti. I giudizi sulla sessualità e sul corpo sono impregnati di pregiudizi, talvolta anche tossici. Per tale ragione la sua battaglia non passa mai di moda e può ancora ispirarci.

Sul tema della sessualità, il nostro è un Paese libero?

Non del tutto, ci sono ancora molti pregiudizi. Abbiamo ancora difficoltà a riconoscere un’effettiva parità tra uomini e donne e verso le comunità LGBTQ+C’è un forte scollamento tra la realtà e la politica o il mondo istituzionale. Quindi ben vengano queste icone che vanno notare il corto circuito tra quello che le persone vivono e le regole imposte dai grandi sistemi.

Alla luce dell’analisi della storia della vita della Carràche cosa ha avuto di diverso dalle altre donne della spettacolo di quel momento?

Oltre alla libertà intellettuale e sessuale, sicuramente la caparbia. Ha combattuto per tutto quello in cui credeva. Nel 1970 diceva “partecipo ad un programma sulla Rai, ma voglio tre minuti solo per me“. Ha preteso il proprio spazio e questo è stato il primo segnale di una carriera caratterizzata da coraggio e indipendenza.

Valeria Rombolà

Peter Russell, la vita dell’ultimo dei “grandi poeti moderni”

Più di cent’anni fa, il 16 settembre del 1921, nasceva a Bristol, nell’Inghilterra sud-occidentale, Peter Russell, uno dei più grandi poeti del secolo scorso.

Tra i maggiori letterati inglesi della seconda metà del  ventesimo secolo, grande esperto e conoscitore di Dante, candidato al Premio Nobel per la Letteratura alla fine degli anni ’90, riconosciuto dalla critica letteraria ufficiale come “ultimo dei grandi poeti moderni”, Russell  – decisamente influenzato dalla poetica di Yeats e grande amico di Thomas Stearns Eliot e Ezra Pound – fu tra i primi a curare le traduzioni in inglese di Mandel’štam, Pasternak e Jorge Luis Borges. E’ a lui che è stata dedicato l’imponente  volume Peter Russell Vita e Poesia, a cura di Wilma Minotti Cerini ( Edizioni Il Foglio, Piombino, 2021). Un’opera di oltre ottocento pagine, curato dalla poetessa e scrittrice nata a Milano e oggi residente a Pallanza sul lago Maggiore, che raccoglie poesie di Russell, recensioni di vari critici e poeti sull’opera del poeta inglese. Un libro molto utile per conoscere uno dei principali protagonisti della scena culturale inglese degli anni ’50 ( Russell aveva fondato a Londra la rivista Nine, alla quale collaborarono le maggiori personalità letterarie dell’epoca) che scelse poi di girare il mondo. E’ in quel periodo che Peter Russell conobbe a Firenze, frequentando il celebre Caffè Letterario “Le Giubbe Rosse”, Montale, Quasimodo, Landolfi, Ungaretti, con i quali strinse un particolare sodalizio culturale e personale, tant’è che ospitò successivamente e a lungo nella sua casa londinese Salvatore Quasimodo. Dopo una serie di vicissitudini personali e un breve soggiorno a Berlino, nel 1964 si trasferì a Venezia per restare accanto a Pound fino alla morte di quest’ultimo avvenuta nella città della Serenissima il 1 novembre 1972.  Negli anni settanta fu poeta-residente alla Purdue University negli Stati Uniti e all’University of Vìctoria, British Columbia, in Canada. Dal 1977 al 1979 insegnò filosofia occidentale e orientale all’Accademia Imperiale di Filosofia a Teheran. Dopo l’avvento della rivoluzione khomeinista lasciò l’Iran e tornò a Venezia, dove rimase fino al 1983, per poi trasferirsi definitivamente in Toscana, al confine tra il Valdarno fiorentino e quello aretino. A Pian di Scò, in un vecchio mulino, “La Turbina”, divenuto la sua casa-biblioteca, visse e lavorò fino al gennaio del 2002 quando, poco prima di morire, donò tutto il suo patrimonio librario e documentaristico al comune toscano. Russell vantava un numero incredibile di estimatori in tutto il mondo e con molti di loro, dai più raffinati  intellettuali alle persone più comuni avviò e mantenne una fitta corrispondenza, scrivendo instancabilmente, con pazienza e  dedizione soprattutto negli ultimi vent’anni della sua vita confrontandosi, discutendo, suggerendo e accogliendo consigli. Soprattutto si soffermò nell’analisi del suo manifesto poetico, cifra assolutamente originale di questo intellettuale irregolare, innamorato  delle sue idee su poesia, bellezza e libertà. A compendio della monumentale opera curata da Wilma Minotti Cerini va citato anche il volume Epistolari e memorie con Irwin Peter Russell (Venilia Editrice,2021) che raccoglie le corrispondenze dell’autrice con il poeta inglese, impreziosite dalle immagini e dal commento del famoso fotografo  Roberto Salbitani e dal ricordo della figlia Sara Russell.

Marco Travaglini

Al MAO  le suggestive “Rose Mandala” della performer americana Chrysanne Stathacos

“Blowing roses”

Da mercoledì 22 a venerdì 24 giugno

Per tre giorni al “MAO” di Torino, ci si potrà immergere nella mistica atmosfera creata attraverso la realizzazione di un “mandala” di specchi e rose ( nella tradizione religiosa buddista e induista, la rappresentazione simbolica del cosmo ), installazione performativa di Chrysanne Stathacos, artista multidisciplinare, nativa di Buffalo (NY), ma da tempo attiva e residente in Grecia (Atene) e Canada (Toronto). Attiva in più campi, dalla stampa al tessile, dalla performance all’arte concettuale, l’artista incentra il suo percorso artistico su tematiche di assoluta attualità, sempre affrontate con grande e personale impegno, da quelle legate alle rivendicazioni femministe, al sociale nel suo più ampio significato, fino alla condivisione di motivi legati alla mitologia greca piuttosto che alla spiritualità orientale e al buddhismo tibetano. E proprio in quest’ultimo scenario creativo va inserita l’installazione della serie “Rose Mandala” per cui l’artista è stata invitata al “MAO-Museo d’Arte Orientale” di Torino, nell’ambito della mostra “Il Grande Vuoto” (attualmente in corso al Museo di via San Domenico) e del progetto #MAOTempoPresente. La performance di Chrysanne Stathacos si svolgerà nel “Salone Mazzonis” del “MAO” nell’arco di tre giorni, dal mercoledì al venerdì 24 giugno prossimi. Dice la stessa artista: “Creerò un’opera dalla mia serie Rose Mandala, ‘Blowing Roses’. Le installazioni Rose Mandala si basano su strutture circolari storiche che hanno lo scopo di creare un’opera che cambia nel tempo. Questi lavori sono realizzati strappando dozzine di rose – petalo per petalo –  che vanno a circondare specchi colorati di grandi dimensioni. I sensi dello spettatore sono investiti da ondate di profumo di rose che abitano lo spazio dell’opera”. “I mandala – prosegue – vengono lasciati seccare mentre i petali si riducono a un quarto della loro dimensione originale. Alla fine, il mandala viene smantellato in una rappresentazione finale. I Rose Mandalas vengono gettati, raccolti e dispersi nel vento o spazzati via dal respiro umano, mio e del pubblico. Queste installazioni/performance riflettono l’effimero processo di cambiamento, età, decadenza e vuoto”.

Orbene, mercoledì 22 ( per tutto il giorno) e giovedì 23 giugno (nel corso della mattinata), il pubblico è invitato ad assistere alla creazione del “mandala”, mentre venerdì 24 giugnoalle 16,30, nel corso di una cerimonia rituale sempre aperta al pubblico, Chrysanne Stathacos distruggerà l’opera, soffiando nel vento i petali di rosa ormai secchi, a simboleggiare l’impermanenza (anitya in sanscrito) del mondo materiale. “Per me i ‘Rose Mandala’, evocativamente creati da Chrysanne Stathacos– afferma Jetsnma Tenzin Palmo, fra le più eminenti maestre buddhiste occidentali – simboleggiano il graduale dispiegamento del nostro innato potenziale spirituale. Al contrario, questi mandala ci ricordano l’impermanenza intrinseca anche del bello”.

L’accesso alla performance è incluso nel biglietto d’ingresso alla mostra “Il Grande Vuoto” e nel biglietto d’accesso alle collezioni permanenti. Non è necessaria la prenotazione. In occasione dell’evento di venerdì 24 giugno, i “Servizi Educativi” del Museo propongono l’attività per famiglie “L’impermanenza del bello: Rose mandala”. In presenza dell’artista, si assisterà al gesto conclusivo della sua performance con il soffio che spazza via: il momento della distruzione del “mandala” di fiori. A seguire, in laboratorio i partecipanti potranno realizzare con i petali di rosa raccolti un piccolo “mandala” su un piatto di ecocarta.

Per l’evento conclusivo, il numero di posti é limitato. La prenotazione è dunque obbligatoria, allo 011/4436927 o maodidattica@fondazionetorinomusei.it

Costo: bambini euro 7adulti biglietto mostra (gratuito per possessori Abbonamento Musei).

Per ulteriori info“MAO-Museo d’Arte Orientale”, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436927 o www.maotorino.it

Gianni Milani

VideotecaGAM presenta Jannis Kounellis

22 giugno – 13 novembre 2022 a cura di Elena Volpato

Prosegue il ciclo di esposizioni dedicate alla storia del video d’artista italiano tra anni Sessanta e Settanta. La mostra, sesto e ultimo appuntamento della collaborazione con l’Archivio Storico della Biennale di Venezia, si compone di tre diverse manifestazioni dell’immagine di Apollo che Kounellis mise in opera, tra il 1972 e il 1973, nascondendo il proprio volto dietro una maschera di gesso recante le fattezze del dio.

La prima, del 1972, ebbe luogo all’Attico di Roma. Ad essa, in quanto immagine di una soglia, è affidato l’inizio del percorso: in uno scatto di Claudio Abate, Kounellis appare a cavallo, all’interno di una sala. La testa dell’animale avanza verso l’osservatore, oltre la porta. È un’immagine attraversata da inquietudine e tensione per i molti tratti di ambiguità che ne emergono: un cavallo all’interno della sala di un palazzo, la classicità della maschera unita alla contemporaneità degli abiti del cavaliere, l’aprirsi della visione e il sovrapporsi della porta all’imponente presenza che inibisce il passaggio. Tuttavia, il più rimarcabile segno di contraddizione è dato dalla dimensione temporale dell’apparizione: da un lato c’è la vita animale, il respiro del cavallo, il calore e l’odore del suo corpo, la sua incapacità a restare immobile; dall’altro c’è il bianco assoluto del gesso, la fissità imperturbabile della maschera, la terribilità di uno sguardo vuoto, il silenzio solenne.

L’animale vive nell’ora, il dio si mostra nella continuità del suo essere. L’opera abita uno spazio indecidibile tra le due temporalità. Ricongiunge il divenire all’immutabile, il presente all’eterno e sovrappone la sua contemporaneità al passato dell’arte.

La seconda, del 1973, è una diversa fotografia scattata in occasione della performance di Kounellis presso la galleria La Salita di Roma. L’artista siede al centro dell’inquadratura con la maschera di Apollo sul volto. Davanti a lui, su un tavolo, sono disposti i frammenti di una scultura classica che appare come il corpo smembrato del dio. Sopra il torso sta appollaiato un corvo impagliato. Alla sinistra di Kounellis un suonatore di flauto esegue musiche di Mozart e alla sua destra c’è una finestra aperta. Anche in questa apparizione la tensione è creata dall’intreccio di opposti. La ieratica presenza del volto di Apollo si confronta con l’immagine di morte della scultura disgregata e del corvo il cui corpo imita la vita ma ne è privo, al contempo, però, si unisce al corpo vivo di Kounellis che perpetua la divinità assumendone le fattezze.

Questo ciclo di morte e di rinascita trova un contrappunto, ai due lati, dalla presenza del flautista e della finestra, forse immagini di due diversi soffi vitali e di due diversi spazi che vanno mescolandosi: quello interno, abitato dall’arte e dal dio, risuonante di musica, e quello all’esterno, oltre il recinto sacro, immerso nella quotidianità.

La terza e ultima opera è un videoNo title del 1973, proveniente dall’Archivio Storico della Biennale di Venezia, l’unica opera video che Kounellis abbia mai realizzato. La sua visione, nel piccolo percorso di mostra, avviene oltre una tenda nera, in una stanzetta ricavata all’interno dello spazio espositivo perché i visitatori entrino uno alla volta. È da soli che ci si reca a interrogare l’oracolo. Da un monitor, posto più in alto dell’usuale, la maschera di Apollo appare nella sua inscalfibile immobilità. Kounellis la regge con la mano destra, mentre nella sinistra tiene una lampada a petrolio accesa.

Esiste il tempo misurabile del video, i 25 minuti della sua durata fisica; esiste il tempo storico in cui l’artista si offrì all’inquadratura fissa della telecamera, il tempo narrato dalla foggia della camicia che indossa; esiste infine il tempo perenne, il ciclo incorrotto della divinità antica che da sempre presiede alla manifestazione della luce e dell’arte e di cui l’opera di Kounellis non è che una delle infinite epifanie.

Sopra: Jannis KounellisSenza titolo, 1973

video, 25’, b/n, muto, Courtesy Archivio Storico della Biennale di Venezia

© Estate Jannis Kounellis

Il trasferimento della Biblioteca nazionale “Vittorio Emanuele III” a Napoli va bloccato 

Torino che, scrisse Bobbio, fu la seconda città più crociana d’Italia, non può rimanere insensibile al grido di dolore che arriva da Napoli.

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Credo che la notizia vada conosciuta in tutta Italia. Bisogna tentare di fermare il progetto di trasferimento della Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli da Palazzo Reale all’ex Real Albergo dei Poveri a Palazzo Fuga. Spostare la Nazionale appare un vero azzardo: la Vittorio Emanuele III ospita circa due milioni di volumi tra cui cinquemila incunaboli, quarantamila cinquecentine, trentamila manoscritti, l’intero corpus autografo delle opere di Giacomo Leopardi, tanti autografi, il fondo Lucchesi Palli, i preziosi codici miniati medioevali, il Dioscoride Napoletano, i manoscritti copti del V e VI secolo d.C., i 1800 papiri ercolanesi del III secolo a.C. … Solo chi non conosce i libri e  il delicatissimo patrimonio cartaceo conservato alla Biblioteca di Napoli può condividere una scelta totalmente errata. E’ stato tentato in passato di cancellare il nome a cui è intitolata , adesso vogliono trasferirla il che potrebbe voler dire esporla a  danneggiamenti. La Napoli di Benedetto Croce sarebbe inorridita. Torino che, scrisse Bobbio, fu la seconda città più crociana d’Italia, non può rimanere insensibile al grido di dolore che arriva da Napoli.

Rinasce il Teatro d’acque della Fontana dell’Ercole

Reggia di Venaria, Galleria Grande

Presentazione intervento di recupero e valorizzazione del Teatro d’acque della Fontana dell’Ercole presso i Giardini della Venaria Reale

Oggi viene presentato il risultato dell’ambizioso intervento di restauro e valorizzazione funzionale del
capolavoro seicentesco di Amedeo di Castellamonte.
Alle Aziende e agli Enti Soci della Consulta di Torino si sono uniti l’entusiasmo e il sostegno di prestigiosi
Partners: Fondazione Compagnia di San Paolo, Intesa Sanpaolo, Reale Mutua, Consorzio delle Residenze Reali
Sabaude, A.V.T.A. – Amici Reggia Venaria Reale, Iren solidali nell’intento di aumentare e migliorare la fruibilità
del patrimonio culturale del territorio, nel rispetto della memoria e dell’eredità storica che il presente ha il
dovere di preservare per le generazioni a venire.
Si tratta dell’ultimo tassello del Progetto di recupero della Venaria Reale, avviato nel 1998. Proprio
quest’anno ricorrono i 15 anni di apertura della Reggia di Venaria e i 25 anni del riconoscimento Unesco delle
Residenze Reali Sabaude. La rinascita del Teatro d’acque celebra queste ricorrenze.
Il complesso della Fontana dell’Ercole Colosso, realizzato tra il 1669 e il 1672, era il luogo delle feste: una
straordinaria “macchina scenografica barocca” frutto del dialogo tra natura e architetture.
In origine era costituita da scalinate e padiglioni, ninfei e grotte preziosamente decorati, giochi d’acqua e un
grandioso apparato decorativo, dominato dall’Ercole Colosso, protagonista del contesto e collocato al centro
della grande vasca.
Simbolo del giardino tardo‐manierista l’imponente sito era stato pensato dal Castellamonte come una delle
grandi meraviglie della nuova Reggia voluta dal duca Carlo Emanuele II di Savoia.
Ideato e realizzato per il loisir e impostato su un raffinato gioco di rimandi allegorici e allusioni mitologiche,
dava lustro alla dinastia sabauda, di cui incarnava il desiderio di rivaleggiare con le più grandi corti delle
monarchie europee.
Un mutamento del gusto e gravi eventi bellici ne decretarono lo smantellamento già agli inizi del Settecento.
Il patrimonio decorativo e statuario fu disperso su altre residenze reali e nobiliari e il sito demolito e interrato.
Nei primi anni duemila, nell’ambito del Progetto La Venaria Reale, coordinato dalla Soprintendenza e dalla
Regione Piemonte, vennero realizzati importanti lavori di scavo, liberando i ruderi e riportando alla luce quel
che restava dell’antico splendore.
La Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino ha accolto la richiesta di intervenire su
quello che era stato una delle spettacolari architetture della residenza di caccia dei Savoia, per completare
l’opera di recupero della Reggia di Venaria, andando ad operare sull’ultimo tassello ancora abbandonato al
degrado.
Il progetto ideato dall’architetto Gianfranco Gritella ‐ frutto di studi e indagini accurate ‐ ha richiamato
energie e attivato sinergie tra le principali istituzioni pubbliche e private del territorio nazionale.
“L’intervento di restauro – spiega il Progettista e Direttore dei lavori ‐ ha seguito il principio della
‘progettazione della conservazione’ intesa come garanzia del rispetto delle caratteristiche proprie delle
architetture superstiti. Partendo dallo studio e dalla conoscenza dei manufatti, si è voluto ricucire il rapporto
tra intervento e preesistenza. L’Intero progetto si basa sul concetto di ‘intervento leggero’ richiamato a dare
forza all’idea di un restauro sostenibile, attraverso l’uso di due materiali storici – legno e ferro – entrambi
utilizzati con sistemi di montaggio che ne consentono una completa reversibilità.”
Nei Giardini aulici della Reggia è stata ricreata una preziosa narrazione. Sul tema della Memoria si è rievocato
un mito, la Meraviglia, per offrire un nuovo emozionante motivo per visitare la Venaria e ‐ per chi già la
conosce ‐ una stupenda ragione per tornare.
Michele Briamonte, Presidente del Consorzio delle Residenze Sabaude, ha dichiarato: “L’imponente restauro
e la valorizzazione del complesso monumentale della Fontana dell’Ercole nei Giardini della Reggia,
rappresentano l’ultimo fondamentale atto del compimento generale del progetto di recupero della Venaria
Reale, iniziato ne 2007 e definito come il più grande cantiere d’Europa per un bene culturale. E’ un traguardo
importantissimo che segna la nuova rinascita della Reggia ‐ proprio nel 15° anniversario della sua
inaugurazione – adesso arricchita da un’ennesima straordinaria attrazione. Non posso che esserne orgoglioso
e lieto, e congratularmi anche a nome di tutto il Consiglio di Amministrazione e del Direttore generale Guido
Curto, ringraziando le varie istituzioni, i mecenati e in particolar modo la Consulta di Torino per aver reso
possibile ‐ insieme al Consorzio ‐ con eccezionale generosità, perseveranza e sforzi notevoli questo incredibile
risultato”
“E’ motivo di orgoglio e soddisfazione per le Aziende e gli Enti Soci della Consulta l’aver portato a compimento
il grandioso intervento di riqualificazione del Teatro d’acque della Fontana dell’Ercole. Alla base della
decisione di realizzare il progetto c’è stato ‐ come in ogni decisione dell’associazione ‐ lo sguardo verso il
futuro. Il risultato ‐ realizzato in regime di Art Bonus ‐ è frutto e dimostrazione della capacità del tessuto
imprenditoriale di investire e collaborare con le istituzioni per la salvaguardia e lo sviluppo del patrimonio
storico‐artistico” conclude il Presidente della Consulta Giorgio Marsiaj

Foto Paolo Robino