CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 356

Il 19 giugno a Macugnaga gli scrittori di montagna

Domenica 19 giugno la Chiesa Vecchia di Macugnaga ospiterà, nel piccolo cimitero a fianco, la cerimonia di inaugurazione della lapide che completa l’elenco dei soci del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna scomparsi a tutto il 2021.

L’evento prevede la benedizione alle 9,00 del mattino alla quale farà seguito una esecuzione di canti della montagna con il coro Monte Rosa e la Santa Messa nella chiesa dedicata a Santa Maria, uno dei simboli del paese ai piedi della parete Est del Rosa. Il Gruppo Italiano Scrittori di Montagna – Accademia di arte e di cultura alpina (G.I.S.M) nacque a Torino il 14 aprile 1929 per iniziativa di alcuni alpinisti e intellettuali appassionati di montagna come Agostino Ferrari e Adolfo Balliano. Una scelta compiuta in aperta polemica e in opposizione al trasferimento del Club Alpino Italiano a Roma e all’inquadramento dell’alpinismo nello “sport fascista”, aggregando al CONI il sodalizio fondato a Torino da Quintino Sella nel 1863. Ai fondatori del GISM risultava inaccettabile e riduttiva la definizione di alpinismo come semplice “sport”, omettendone i valori ideali, la creatività spirituale e artistica di un’ascensione dove non conta la competizione ma il senso dell’avventura, l’esempio virtuoso di un rapporto sostenibile tra l’uomo e l’ambiente montano. Dell’evento venne data notizia nel giugno del ’29 sulla rivista “Alpinismo” e una trentina di aderenti iniziarono a riunirsi almeno una volta all’anno per scambiare idee, proporre iniziative, progettare azioni sui temi legati alla montagna. Venne bandito un concorso per un opera di letteratura alpina con un premio in denaro di 2000 lire ( circa duemila euro di oggi). Fu creata una particolare categoria di soci onorari e tra i primi a potersi fregiare di questo titolo ci furono il torinese Guido Rey — alpinista, scrittore di montagna, fotografo artistico e nipote di Quintino Sella, ribattezzato il “poeta del Cervino” per il volume monumentale che dedicò alla terza montagna più alta d’Italia — e il francese Paul Guiton, uno dei pionieri della letteratura alpina, autore di numerosi libri sulla Savoia e le Alpi del Delfinato. Il 20 luglio 1929, in occasione della riunione al Colle del Lautaret della Giuria del Prix Littéraire des Alpes Françaises, fu proprio Paul Guiton a salutare la nascita del Gruppo con un telegramma di simpatia e fraternità inviato ad Adolfo Balliano, Segretario del GISM. Contribuirono alla prima fase costituente del GISM altri importanti scrittori dell’epoca come Giovanni Bobba (coautore con Luigi Vaccarone e Alessandro Martelli della prima guida della Alpi Occidentali), Franco Grottanelli, Attilio Viriglio (direttore del Museo della Montagna, autore di biografie e racconti di montagna), il Conte Carlo Toesca di Castellazzo (alpinista che per un quarto di secolo svolse l’incarico di presidente dell’Unione Escursionisti di Torino),Giuseppe Lampugnani (autore con i fratelli Giovanni Battista e Giuseppe Fortunato Gugliermina del volume “Vette”sulle ascensioni nei gruppi del Rosa, Cervino e Monte Bianco dal 1896 al 1921 ) e Ugo De Amicis, autore di racconti e alpinista il cui impegno letterario patì il confronto con la fama del padre Edmondo, celebre autore di Cuore. Tra i primi soci illustri che aderirono all’associazione non va dimenticato Luigi Amedeo di Savoia, il Duca degli Abruzzi. L’esponente della casa reale, notissimo esploratorein poco più di un decennio, tra il 1897 e il 1909, compì le celebri spedizioni in Alaska, al Polo Nord (a bordo della “Stella Polare”) e le ascensioni sulle vette delle Alpi e sulle più alte montagne d’Africa e Asia. L’attività del GISM, grazie agli autorevoli frequentatori delle montagne, pose in risalto gli ideali dei pionieri, da Quintino Sella in poi, inculcando nei giovani soprattutto l’amore per le vette e vallate alpine. Un impegno culturale svolto attraverso articoli sulle riviste specializzate, pubblicazione di volumi in apposite collane come “La picozza e la penna”, ideata e promossa da Adolfo Balliano, editando dal giugno del 1943 un proprio mensile intitolato semplicemente “Montagna”, utile e funzionale per dar voce ai soci dell’associazione. Lo scarno statuto originario venne modificato precisando le categorie dei soci fondatori ordinari e simpatizzanti (o aggregati) e la sigla GISM (Gloriae Itinera Super Montes) venne interpretata come associazione di persone che ai monti dedicano attività artistica e culturale (scrittori, pittori, architetti, fotografi, giornalisti) e cioè gruppo di letteratura arte e cultura alpina. L’attività del sodalizio si intensificò e la lista dei soci, a riprova dell’eco positiva che l’iniziativa stava riscuotendo nell’ambiente culturale alpino, si arricchì con le adesioni dell’Abate Henry ( come socio onorario), di Dino Buzzati (giornalista e autore di Barnabo delle montagne, Il segreto del bosco vecchio, Il deserto dei Tartari) e dell’alpinista Piero Ghiglione (scrisse Dalle Ande all’Himalaya e Le mie scalate nei cinque continenti), il saggista esperto in toponomastica Giovanni De Simoni, il poeta Giovanni Bertacchi, il giornalista e autore della Guida sciistica del Sestriere Guido Tonella. Il GISM annoverò tra i suoi aderenti anche le autorevoli firme di Camillo Giussani, Sandro Prada, Aurelio Garobbio, Gaspare Pasini, l’ingegner Giovanni Bertoglio (redattore della “Rivista mensile” del CAI dal 1953 al 1976 e presidente della Biblioteca Nazionale del Club alpino), Stefano Soardi (tra i fondatori dell’Unione Giovani Escursionisti Torinesi), lo scrittore canavesano di Montalto Dora Salvator Gotta, autore del celebre romanzo per ragazzi “Piccolo alpino” e, più tardi, lo scrittore e alpinista Cesare Maestri, il “ragno delle Dolomiti”. A Macugnaga, ai piedi della parete Est del Monte Rosa, la più alta delle Alpi, il piccolo cimitero degli alpinisti accanto alla Chiesa Vecchia ospita una grande lapide con gran parte dei nomi dei soci scomparsi del GISM. Decine e decine di nomi famosi tra scrittori e amanti della montagna come Giulio Bedeschi ( autore di “Centomila gavette di ghiaccio”),Carlo Passerin d’Entreves, il compositore torinese Leone Sinigaglia che fu vittima dell’Olocausto, Gianni Aimar (giornalista torinese, autore di varie opere sul celebre “re di pietra” e sulla gente del Monviso), alpinisti come Cesarino Fava e Riccardo Cassin, uno dei più forti scalatori del Novecento, l’etnologo e scrittore Fosco Maraini. Sotto il portichetto, in basso, riposano anche i resti di Ettore Zapparoli, scrittore e musicista che il grande scalatore Emilio Comici definì “l’unico vero alpinista solitario”. Zapparoli, anch’esso socio del GISM, scomparve durante un’ascensione sul Rosa nell’agosto del 1951. Il suo corpo non venne ritrovato fino all’estate del 2007 quando vennero alla luce un femore, alcune costole, un dito e dei brandelli di abiti che l’esame del Dna attribuì allo sfortunato rocciatore lombardo, amico di Dino Buzzati e Guido Rey. Dalla nascita del Gruppo Scrittori Italiani di Montagna sono trascorsi più di novant’anni, nelle sue file sono passati gran parte dei nomi più illustri dell’alpinismo e della cultura italiana, impegnati nel dar voce alla bellezza, ai silenzi e ai valori delle montagne. In conclusione è giusto ricordare, tra le figure più significative, Spiro Dalla Porta Xydias, scomparso nel 2017 a quasi cent’anni, per più di trenta presidente del GISM e Accademico del Club Alpino Italiano. Era nato a Losanna da genitori triestini e greci il 21 febbraio 1917, nello stesso giorno di Emilio Comici, anch’esso triestino. In qualche modo Spiro si sentiva l’erede spirituale del più grande talento alpinistico nel periodo compreso tra le due guerre. Affermava che “l’arte ha il difetto di innalzare solo lo spirito, l’alpinismo innalza tutto l’essere umano, compreso il suo corpo. La montagna ti offre il concetto dell’alto, dell’avvicinarsi al cielo. È una via e in questo senso è un dono”. Se il GISM continuerà a produrre cultura, a sostenere la conoscenza della montagna e dei valori che rappresenta, immaginandone un futuro possibile è anche grazie a tutto il lavoro e alle esperienze manifestatesi nell’arco dei decenni per far comprendere quanto le montagne hanno da offrire.

Marco Travaglini

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Raynor Winn “Il sentiero del sale” -Feltrinelli- euro 19,00

Il destino si accanisce, con la sua artiglieria più pesante, sulla coppia protagonista di questa storia vera; vissuta e scritta da Raynor Winn, che oggi vive in Cornovaglia con il marito Moth. Insieme hanno percorso la lunga costa sudoccidentale della Gran Bretagna: a piedi, camminando per intere giornate, dormendo in tenda sotto il cielo asciutto o scrosciante, su spiagge esposte alle tempeste e alle maree.

Raynor e Moth sono una coppia consolidatissima e unita; cresciuti insieme, respirano uno grazie all’altro, sono indivisibili, anche di fronte al disastro. Per ingenuità e fiducia mal riposta in quello che riteneva un amico, Moth ha fatto investimenti sbagliati che l’hanno rovinato. Lui e la moglie si ritrovano in tribunale a difendersi da soli, senza possibilità di ottenere giustizia.

Hanno perso tutto. I risparmi di una vita e soprattutto la fattoria nel Galles, che avevano ristrutturato insieme, dove avevano vissuto per 32 anni e cresciuto due figli. Era la loro unica fonte di sostentamento, con gli animali e gli ospiti paganti. Adesso è stata pignorata e si ritrovano sul lastrico, costretti ad andarsene nel giro di pochi giorni, senza i soldi per sopravvivere, né un tetto sulla testa. Ma la disgrazia non finisce qui.

Moth da tempo è dolorante e bloccato nei movimenti; dopo una via Crucis attraverso svariate diagnosi, c’è il verdetto dell’ultimo luminare consultato, ed è nefasto. Una sentenza di morte, lenta ma inappellabile perché gli viene diagnosticata una rara malattia degenerativa dell’encefalo che l’avrebbe distrutto poco a poco nel corpo, nella mente e infine fatto morire soffocato. Nessuna cura possibile, solo l’attesa infernale.

Il mondo crolla addosso ai due «Quella non era la vita di Moth; era la nostra vita. Noi eravamo uno, eravamo fusi, intrecciati l’uno nelle molecole dell’altro….esisteva solo la nostra vita» scrive Raynar.

Ed è così che decidono di avventurarsi verso un futuro incerto, zaino in spalla con lo stretto necessario e più leggero possibile, un budget di 10 sterline al giorno, una tenda e gambe in spalla per 1.013 chilometri lungo il South West Coast Path, il sentiero che si snoda lungo la costa occidentale della Perfida Albione. Da Minehead nel Somerset fino a Pole nel Dorset, attraverso Devon e Cornovaglia passando per l’estremità di Last end.

Il romanzo racconta questa loro seconda vita. Alle prese con fame, sete, una manciata di soldi, la vita all’aperto e dormire sotto il cielo, a difendersi dalla violenza della natura ma anche fondendosi con essa che sa regalare paesaggi e situazioni di una bellezza struggente. Loro due soli alla volta di un destino incerto e senza programmi. Un peregrinare che ha il profumo del riscatto, viaggio salvifico e lei che si sente comunque a casa perché era Moth la sua dimora. Ovunque andassero la natura del loro legame era più intatta che mai.

 

Nita Prose “La cameriera” -La nave di Teseo- euro 21,00

E’ un esordio riuscitissimo quello della canadese Nita Prose, 49enne che da anni è editor per Simon & Schuster (di cui è anche vicepresidente) ed ha lavorato con importanti autori. Vive a Toronto ed ora è passata dall’altra parte scrivendo il suo primo romanzo, subito catapultato in vetta alle classifiche dei best seller del “New York Times” e del “Toronto Star”.

La cameriera” è in corso di traduzione in più di 35 paesi e diventerà anche un film interpretato da Florence Pugh (la bravissima interprete di Amy nel film “Piccole donne” di Greta Gerwig).

Il romanzo è in parte un mistery vecchio stampo con un’atmosfera gialla alla Agatha Christie, sapientemente miscelato ad una sorta di storia “Feel good” e un’antieroina che, da apparente perdente, finisce per vincere.

Protagonista-narratrice è la 25enne Molly, cameriera ai piani del Regency Grand Hotel di New York. Caschetto nero, gran lavoratrice, un po’ ingenua e truffata da un ex fidanzato. E’ maniaca di pulizia ed ordine, perfetta per il lavoro che svolge. Legata alla nonna che l’ha cresciuta ed educata, morta da poco, al ricordo della quale ricorre continuamente quando è in difficoltà.

Una mattina trova morto nel letto della sua suite il miliardario signor Blake. E’ il marito di Giselle, altra ospite dell’hotel con la quale ha fatto amicizia, tanto che la signora vuole solo lei.

Possiamo dire che sotto una certa luce quello della house keeping è un ruolo che ha parecchio in comune con l’investigare.

Noi non conosciamo gli angeli che ci rifanno il letto e il bagno; ma loro sanno moltissimo di noi. Quando mettono ordine nelle stanze di hotel e raccolgono brandelli di caos e bagagli semi aperti, riescono a interpretarlo, scoprendo cose anche segrete degli ospiti.

All’autrice l’idea della trama è scattata quando in un hotel londinese ha spaventato senza volerlo la cameriera che stava rassettando la sua stanza. In quel frangente si è resa conto di quanto fosse intimo e invisibile il lavoro di quella donna, e da lì ha iniziato a dare voce alla protagonista.

Molly è diventata amica e confidente della moglie del morto, sa che era un arido prepotente e che trattava malissimo la consorte. I primi sospetti cadono proprio su Molly che, per difendersi dall’accusa, finisce per rivelarsi un’investigatrice acuta nel notare anche i minimi dettagli, anche se non sempre riesce ad interpretarli in modo corretto ed è un po’ maldestra. Ma sarà lei a guidare noi lettori verso la soluzione del misfatto.

 

Eshkol Nevo “Le vie dell’ Eden” -Neri Pozza- euro 18,00

Sono tre storie di media lunghezza, solo apparentemente indipendenti tra loro, perché il collegamento lo rintracciamo man mano che scorrono le pagine.

Sono tre confessioni avvolte da un clima emotivo che le accomuna. Tre memorie difensive per fare luce su delitti diversi: un omicidio, un’accusa di molestie sessuali e una sparizione che fa pensare a un suicidio o a un delitto. Il loro principale trait d’union è il sottofondo generale di ben calibrate dosi di ambiguità e reticenza.

Protagonisti delle vicende sono persone comuni, due uomini e una donna -Omri, Ahser ed Heli- alle prese con figli, divorzi, delusioni, tradimenti, lavoro e la ricerca di una sorta di Eden nel quale rifugiarsi. Invece le loro vite finiscono nel vortice della bufera.

Il musicista Omri è coinvolto nel caso di uno strano incidente che ha provocato la morte di un giovane turista israeliano. L’aveva incontrato in Bolivia; si chiamava Ronen ed era in viaggio di nozze con Mor, donna la cui vita s’intreccia pericolosamente a quella di Omri .

Il dottor Asher Caro è un primario che rischia di perdere tutto, a partire dalla carriera, per aver sfiorato per sbaglio il seno della giovane specializzanda Liat. E forse più che un impulso irrefrenabile si tratta di un forte senso di protezione ….tutto da dimostrare.

Infine Heli si avventura con il marito Ofer nella solita passeggiata, poi lui entra in un frutteto e non ne esce più. Così lei precipita nell’occhio del ciclone delle ricerche e dei sospetti: la sua vita coniugale viene messa a ferro e fuoco e qualcosa verrà alla luce.

Tre storie e tre protagonisti che per difendersi sono costretti a scandagliare le loro vite, mettersi completamente a nudo, ripercorrere sentimenti, affetti, litigi, incomprensioni, segreti e non detti.

Al centro ci sono i complessi rapporti umani. Sotteso a queste vicende è il disperato affanno di dire una volta per tutte la verità, come si sono svolti i fatti. Ma quanto sono attendibili le versioni di chi sta per vedere naufragare la propria vita?

Il 51enne scrittore israeliano – nipote dell’ex Primo ministro Levi Heshkol (dopo Ben Gurion e prima di Golda Meir) considerato uno dei padri fondatori dello Stato d’Israele- si riconferma abilissimo nell’infilarsi nelle menti dei personaggi; instilla nel lettore il dubbio, portandolo a chiedersi se il personaggio stia dicendo il vero oppure manipoli i fatti di fronte alla prospettiva di perdere tutto.

 

Arianna Farinelli “Gli ultimi americani” -Mondadori- euro 18,50

La scrittrice, nata a Roma nel 1975 e trasferitasi negli Usa nel 2001, in questo romanzo porta a galla contraddizioni e difetti della leggendaria New York; quella che nell’immaginario collettivo sembra il centro di un mondo affascinante, mentre sotto la superficie si annidano anche parecchie incongruenze.

Protagonisti della storia sono Alma, aspirante scrittrice che collabora con un quotidiano italiano, uno scrittore che è figlio di un ricco uomo d’affari colombiano che ha chiesto asilo politico in America e sua moglie Lola, immigrata clandestina dalla Colombia.

I fatti si svolgono a New York, ma arrivano da un passato lontano, che risale ai paesi di origine dei personaggi.

Alma è scappata da un quartiere povero e difficile della periferia romana; da anni si è trasferita negli Stati Uniti, è divorziata ed alquanto insicura. Una sera, nel corso di un reading, conosce lo scrittore diventato famoso, che è in compagnia della moglie Lola. E’ l’avvio di un triangolo attraverso il quale ci conduce la scrittrice in modo coinvolgente.

Lo scrittore e Lola sono cresciuti insieme nell’azienda colombiana del padre di lui, ricco possidente ben introdotto nella politica del paese. La madre, donna instabile e fragile, invece ha origine tedesche ed è figlia di un nostalgico del regime nazista che rimpiange la Germania di Hitler e disprezza il paese che lo ospita. Lo scrittore è figlio unico, cresciuto nella ricchezza e nel lusso della fazenda paterna dove la madre di Lola svolgeva la mansione di governante.

Da amici d’infanzia, lo scrittore e Lola -che alla notevole bellezza unisce forza interiore, indipendenza e una mente particolarmente vivace- crescendo si trasformano in innamorati. Poi le loro vite si erano separate, ma non si erano dimenticati l’uno dell’altra e del loro legame profondo.

Anni dopo si erano ritrovati a New York, dove lui, rifugiato politico, era diventato scrittore di successo e fama. Lola invece è un’immigrata clandestina.

Il legame che si sviluppa non è solo quello tra Alma e lo scrittore che diventano amanti occasionali, ma anche quello tra l’italiana e Lola.

Due donne diverse con background differenti, ma entrambe approdate e ancorate a New York. In comune hanno un passato permeato di violenza: Alma quello in un quartiere difficile, per Lola invece una Colombia travagliata.

Tra di loro l’alchimia nasce spontanea e, nonostante condividano lo stesso uomo, si riconoscono in parte anime affini. Si intendono profondamente e vanno avanti insieme, ben oltre il rapporto che le lega allo scrittore. Sullo sfondo c’è la strenua ricerca di un luogo da eleggere meta finale, cercando di superare traumi e dolori del passato.

Pirandello e Shakespeare ma anche gli autori dei giorni nostri

Presentata la nuova stagione del Teatro Stabile di Torino

Sono importanti i numeri, importantissimi. E si è visto con quanto orgoglio e passione la dirigenza dello Stabile torinese snoccioli i propri dinanzi alla sala del Gobetti affollata di pubblico e addetti ai lavori alla conferenza stampa di presentazione della stagione. Sono da sottolineare come vessillo di fiducia quei 440 abbonamenti già sottoscritti senza ancora conoscere quei titoli che avrebbero sviluppato il calendario; su 49 titoli programmati 31 sono scritti da autori viventi e volti ai temi del presente, 9 le produzioni esecutive (si riprenderà “La tempesta” messa in scena da Alessandro Serra per portarla a luglio ad Avignone nel programma del più importante festival teatrale del mondo, quindi in Polonia, in Ungheria, in Svizzera, in Turchia e ancora in Francia: tutto a riaffermare la volontà di esportare il proprio lavoro e di confrontarlo con quanto succede in molti paesi esteri) e 11 le coproduzioni. Saranno settecentosei le alzate di sipario in sede e in tournée, “alle attività di produzione, ospitalità, formazione e ricerca destiniamo oltre la metà del bilancio, una cifra pari a 6,5 milioni di euro; per dare una misura della ricaduta occupazionale della nostra attività, il personale dipendente e scritturato maturerà nella prossima stagione quasi trentamila giornate lavorative”, sottolineano il presidente Lamberto Vallarino Gancia e il direttore Filippo Fonsatti; senza dimenticare che “saranno coinvolti, con perfetta parità di genere, 54 dipendenti a tempo indeterminato e determinato tra impiegati e tecnici, oltre a 300 artisti, collaboratori e tecnici scritturati.
Particolarmente significativo è il dato anagrafico degli scritturati, i due terzi dei quali ha meno di quarant’anni”, come a dire che il TST si sposta sempre più verso una corroborante vena giovanile. Lavoro e traguardi che lo pongono, unico teatro italiano, a far parte di mitos21, il Gotha dei teatri europei, oltre a sedere per un secondo mandato nel consiglio direttivo della European Theatre Convention, organismo di rappresentanza di oltre cinquanta teatri del continente; “inoltre siamo felici di annunciare che il nostro progetto artistico triennale è stato riconosciuto al primo posto dal Ministero della Cultura tra quelli dei Teatri Nazionali e dei Teatri di Rilevante Interesse Culturale Italiani”.
Ma si sa, i numeri, oltre ad essere sì concreti ma tremendamente aridi, non sono tutto quando si decide di immergerli in una sala teatrale, con o senza velluti rossi, quando si ha la possibilità di rivedere le stelle e le sale piene, di gustare una tranquillità e una programmazione dove “l’anima poetica del teatro torna quindi a respirare e ritrova i suoi ritmi più regolari”, come s’illumina il direttore artistico Valerio Binasco. Siamo “Out of the blue” – la ragazzina con il suo ‘puppy’ è l’immagine che ci accompagnerà per una intera stagione, la foto è di MK Slowinski – ma il “fuori” è testimoniato da un elenco di titoli che attraversa pressoché l’intera storia del teatro, guardando ai classici paludati e a grandi importanti tappe dell’Ottocento e del Novecento per arrivare ai giorni nostri, quell’oggi dove su un fiammeggiante red carpet sfilano Romeo Castellucci e Pippo Delbono, Stefano Massini (“Storie” con improvvisazione jazz di Paolo Jannacci e Daniele Moretto) e Melania Mazzucco, Raffaele La Capria (“Ferito a morte”, premio Strega 1961, per la regia di Roberto Andò, “un diario romantico” nella Napoli del dopoguerra), Mimmo Borrelli e Francesco Niccolini, sino ai giovanissimi Liv Ferracchiati, Emanuele Aldrovandi, Matthias Martelli e Diego Pleuteri (ventitreenne, affidato alle cure di Leonardo Lidi, 34, per “Come nei giorni migliori”, ovvero dare una risposta a domande del tipo di cosa si compone un amore? che cosa significa amare? per l’occasione poste al centro di una coppia al maschile). È necessario un humus che tranquillizzi e convinca, che sia pieno di linfa, che porti in sé autori e testi di tutto rispetto, di gran peso. 
Lo sguardo s’allarga all’area angloamericana, dove troviamo Lucy Kirkwood (“The children”, un incidente nucleare coinvolge e sconvolge le vite di due scienziati, Elisabetta Pozzi e Giovanni Crippa), Patrick Marber (“Closer”, scritto nel 1997, ha avuto una trasposizione sullo schermo di successo con Mike Nichols, oggi l’interprete e regista è Fabrizio Falco; e “Don Juan in Soho”, rivisitazione del dissoluto di Molière, che nella Londra di oggi fa il dj), David Moore, Alexander Zeldin (che dirige la quasi ottantenne Marie Christine Barrault in “Une mort dans la famille”, testo da lui scritto e diretto per l’Odéon parigino) e Enda Walsh (“Lazarus”, scritto in collaborazione con David Bowie e seguito ideale di “L’uomo che cadde dalla luna”, avrà le sembianze di Manuel Agnelli); per segnalare ancora l’argentino Claudio Tolcachir con il Piccolo di Milano, il francese Daniel Pennac (“Storia di un corvo” con Giuseppe Cederna) e la bosniaca Tanja Šljivar.
Guardando alle produzioni di casa, Valerio Binasco s’è ritagliato il compito di riscoprire un testo scritto da Melania Mazzucco circa vent’anni fa per la radio e premiato al 53° Prix Italia come miglior radiodramma dell’anno, “Dulan la sposa” (la storia di una coppia in luna di miele, tormentata dal fantasma di una ragazza morta nella piscina del loro condominio) e affronta “I sei personaggi” pirandelliani, uno dei capolavori del nostro Novecento, nell’intento di scoprire quanto ancora di ignorato e di non espresso ci possa essere in quel gruppo d’attori, tra umanità e maschere, tra parole costruite e vita reale. Filippo Dini, regista residente, apre la stagione il 3 ottobre al Carignano con “Il crogiuolo” (1952) di Arthur Miller, testo poco rappresentato, dove nei personaggi delle seicentesche “streghe di Salem” si lessero in trasparenza le delazioni e le condanne dell’America maccarthista; ed esplora il continente nordamericano di oggi con “Agosto a Otage County” dello statunitense Tracy Letts, premio Pulitzer e Tony Award nel 2008, candidature Oscar per due superbe Meryl Streep e Julia Roberts nel film firmato da John Wells), uno scampolo di famiglia d’oltreoceano che avrà tra gli interpreti Giuliana De Sio. Leonardo Dini, regista associato, oltre al titolo di Pleuteri, proporrà “Il gabbiano” di Cechov e “La signorina Giulia” come spettacolo ospite. La regista ungherese Kriszta Székely, anche lei regista associata in cerchia TST, dopo un non troppo convincente, forzatamente modernizzato “Zio Vanja”, sceglie per la stagione “Riccardo III” di Shakespeare, con l’aiuto di (attesissimo, lui sì) Paolo Pierobon, in attesa noi di sapere dovrà vorrà condurci questa volta; e ci offre pure una rilettura dell’ibseniano “Hedda Gabler”, coprodotto con il Teatro Katona di Budapest.
Ancora In un panorama di albori teatrali, sulla strada tracciata in questo finale di stagione dal dittico “Ifigenia/Oreste” di Euripide, arriveranno “Orestea”, ovvero la triade Agamennone Coefore Eumenidi di Eschilo, proveniente da Siracusa per la regia di Davide Livermore, e tratto da Sofocle Gabriele Vacis proporrà “Antigone e i suoi fratelli”, simbolo di una gioventù, universale e senza tempo, capace di opporsi al potere precostituito e ai compromessi.
Tra le tante ospitalità “Servo di scena” di Ronald Harwood con Geppy Gleijeses, Maurizio Micheli e Lucia Poli, “Spettri” di Ibsen interpretato da Andrea Jonasson e diretto dal lituano Rimas Tuminas, “Il mercante di Venezia con Franco Branciaroli e “Maria Stauarda” di Schiller, diretto da Livermore, dove Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni si scambieranno i ruoli di Maria e l’avversaria Elisabetta di sera in sera, “Uno sguardo dal ponte”, ancora Miller, interprete e regista Massimo Popolizio con il Teatro di Roma. Per le festività natalizie promessa di risate con “Mine vaganti” che Ferzan Özpetek ha tratto dall’omonimo suo film, interpreti Francesco Pannofino, Iaia Forte e Simona Marchini.
Elio Rabbione
Nelle immagini, l’immagine che accompagna la stagione; Valerio Binasco, direttore artistico del TST; momenti tratti da “Servo di scena”, “Spettri”, “Orestea” e “Mine vaganti”, durante le festività natalizie al teatro Carignano.

Premio i Murazzi, Quaglieni: “Lo dedico a Mario Soldati”

Caro direttore,  ieri ho ricevuto il “ Premio i Murazzi “ per la saggistica a Torino, per il mio ultimo libro.

Ho ritenuto di devolvere la somma del Premio,non certo simbolica, al Centro Pannunzio Italia.Grazie al Presidente del Premio Sandro Gros Pietro e all’intera Giuria. In altre città ,anche all’estero,sono stato premiato in passato e di recente ( a settembre andrò a Madrid a ritirare in ritardo di due anni il Premio “ De Madariaga ), ma a Torino è il primo Premio di prestigio che mi viene conferito. Torino è la città delle feroci egemonie che non perdonano gli spiriti indipendenti. Se non fossi certo della competenza e della serietà della Giuria molto autorevole , mi sorgerebbe qualche dubbio sui miei comportamenti o sui miei scritti.  Quindi grazie per questo riconoscimento che ho apprezzato doppiamente. “ I Murazzi “ che non ho mai frequentato per la movida degli ubriachi e dei drogati, mi sono cari perché in quel luogo, esattamente cento anni fa, il mio carissimo amico e maestro Mario Soldati, sedicenne, salvo’ un coetaneo dalle acque del Po in piena, rischiando la sua vita. I giornali torinesi sono pieni di evocazioni sulla vita notturna ai Murazzi che sta per tornare, non una parola su Mario Soldati, allora allievo del “Sociale“, ricordato da una lapide per il suo gesto di alta solidarietà umana e cristiana.

Pier Franco Quaglieni 

Al Castello di Miradolo una mostra dedicata a Christo e Jeanne Claude

Un anno dopo la scomparsa di Christo Vladimirov Javacheff, il castello di Miradolo dedica alla coppia visionaria che ha rivoluzionato il modo di concepire l’opera d’arte e il suo processo di realizzazione, una mostra dal titolo “Christo e Jeanne Claude. Projects”, che aprirà il 15 ottobre prossimo per chiudersi il 16 aprile 2023, in cui sono esposti progetti, fotografie e video delle famose performance e installazioni, insieme a alcune delle opere che hanno influenzato la loro produzione artistica e il loro pensiero.

La mostra è curata da Francesco Poli, Paolo Repetto e Roberto Galimberti, presenta il coordinamento generale di Paola Eynard. Sono esposte sessanta opere, tra progetti e maquettes, tecniche miste su cartone applicato su legno di varie misure, accompagnate da un’ampia sezione fotografica che è stata progettata in collaborazione con la Fondazione Christo e Jeanne Claude di New York e proiezione di alcuni video documenti della loro realizzazione. Esempi ne sono “Imballaggio d’aria” di Documenta a Kassel (1968), una struttura gonfiabile in materiale plastico alta 85 metri, la Mastaba (1977-2018), opera monumentale sul Serpentine Lake di Hyde Park, formata da 7506 barili dipinti e impilati uno sull’altro, tali da formare un tronco di piramide galleggiante. È anche presente Valley Curtain, risalente al 1970/72, un telo di 380 metri he ha colorato di arancione la vallata di Rifle in Colorado, e “The floating Piers”, la ben nota passerella lunga 4,5 chilometri sul lago d’Iseo, risalente al 2016.
Ricordiamo Surrounded Island del 1980/83, che ha circondato le isole della baia di Biscayne a Miami, con una cintura di polipropilene fucsia, e “Over the river”, “The umbrellas”, The gates”, del 2004/5, che ha attraversato il Central Park di New York, Running Fence, del 1976, Pont Neuf ( 1985), l’imballaggio del più vecchio ponte di Parigi, oltre al celebre imballaggio del Reichstag di Berlino, con tessuto argentato.
A questo nucleo centrale si affiancano due ampie sezioni, una dedicata al Nouveau realisme, importante movimento parigino del decennio 1960/70, comprendente opere di Cesar, Klein, Spoerri, Rotella, Arman e Raysse, cui partecipa anche il giovane Christo realizzando i primi impacchettamenti.
La seconda sezione concentra l’attenzione sul vasto movimento internazionale della Land Art, corrente nata negli Stati Uniti, alla quale si sono affiancate, in ambito europeo e internazionale, anche molte esperienze d’arte che presentano come fulcro della loro riflessione e azione il rapporto dell’uomo con la natura e con il paesaggio. Significative e storiche sono le opere di Richard Long, Hamish Fulton, Olafur Eliasson, Giuseppe Penone, Germano Olivotto, le fotografie originali di Gianfranco Gorgoni dei “lavori manifesto” della land art di Walter De Maria, Robert Smithson, Dennis Oppenheim e James Turrell.
Ad accompagnare l’esposizione sarà anche una inedita installazione sonora, a cura del progetto “Avant derniere pensee”, che si svilupperà lungo il percorso espositivo. Nelle sale e nel parco, si svilupperà un progetto estremamente significativo dal titolo “Da un metro in giù”, un percorso didattico per i visitatori di tutte le età, allo scopo di imparare a osservare le opere d’arte e la realtà circostante.

Castello di Miradolo
Via Cordonata 2
San Secondo di Pinerolo
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Ritorno nelle nobili dimore degli antenati

L’evento di giovedì 3 ottobre 2019 aveva lo scopo di riportare gli illustri ospiti nelle splendide dimore dei loro antenati, il castello Gozzani di San Giorgio Monferrato e i palazzi San Giorgio e Treville Gozzani di Casale Monferrato.
Il marchese Titus George Friedrich Ferdinand Emmo Roger Karl von Gozani, accompagnato dalla moglie Eva Maria Friese, abitanti a Kamp-Lintfort nel Basso Reno (Dusseldorf, Germania). Titus, ingegnere elettrotecnico minerario, discende dalla linea austriaca generata da Felice Maria Pio Venanzio Ignazio (1745-1824) marchese di San Giorgio trasferitosi in Carniola (Slovenia).
Il diploma di nobiltà austriaca gli fu concesso a Vienna il 29-12-1817 dal Kaiser Franz I° che autorizzava tutti i propri discendenti di ambo i sessi a portare il titolo “von” Gozani. Venne ratificato il 28-10-1845 dall’alta segreteria di stato affari esteri di Torino dai Reali di Savoia.
L’attestato con sigilli é stato da poco ritrovato nell’archivio provinciale di Marburg, ora Maribor in Stiria. L’intraprendente antenato Giovanni Gozzano il giovane di Luzzogno, infeudato nel 1670 della contea di San Giorgio, diede origine a due linee nobiliari: i Gozzani di San Giorgio dalla prima moglie Caterina Rivetta e i Gozzani di Treville dalla seconda moglie Antonia Ghione. Hanno  collaborato alla logistica dell’evento gli amici di Omegna Augusto Grandi e Magda Peretti esperta delle genti Walser in Valstrona e dai coniugi Zanoni, proprietari della antica dimora di Luzzogno dei conti Gozzano da loro completamente ristrutturata.
La prima visita si è svolta al castello Gozzani di San Giorgio, in via Gozani, accolti dal proprietario Francesco Rolla, dal sindaco Pietro Dallera e dallo storico Dionigi Roggero. Diversi i proprietari succeduti nel maniero risalente all’anno 859, i marchesi del Monferrato per molti secoli feudo imperiale con a capo la dinastia degli Aleramici, Ferdinando II° Gonzaga di Mantova, Ferdinando Carlo Gonzaga Nevers e i marchesi Gozzani che lo ricostruirono dopo la semidistruzione degli spagnoli.
Al termine della visita il gruppo si é trasferito a Casale in palazzo Treville Gozzani, ricevuti dalla presidente Serena Monina Cerutti, dove si sono potuti ammirare gli affreschi di P. F. Guala. La bellissima dimora fu edificata da Giovanni Gozzani con la moglie Lucrezia Gambera tra il 1710 e il 1740. Dal 1837 ad oggi é sede della Accademia Filarmonica, ospitata all’epoca dal marchese Erasmo Gozzani. Ultimo appuntamento in palazzo San Giorgio Gozzani, ora municipio, accompagnati da Gianni Calvi presidente di Orizzonti Casale che ha illustrato le splendide sale e gli affreschi di F. Lorenzi. Il
palazzo fu edificato da Giovanni Battista Gozzani nel 1778 con la moglie Teresa Bergera, unitamente al palazzo San Giorgio di Torino.
Sono intervenuti il sindaco di Cereseto Enzo Lavagno e il vice sindaco di Casale Emanuele Capra. Hanno partecipato alle visite l’ex sindaco di Strona e storico del lago d’Orta Lino Cerruti e il nostro interprete di italiano e  tedesco Aurelio Marchese. Dopo aver apposto le firme sui registri d’onore i marchesi sono stati salutati con un brindisi tutto monferrino. Rientrati in hotel ad Omegna, il giorno successivo sono ripartiti per la Germania.
Armano Luigi Gozzano 

Ricco calendario di nomi internazionali nella stagione 2022-2023 dei Concerti dell’Unione Musicale

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È stata presentata la stagione musicale, la 76esima, dell’Unione Musicale di Torino, con un ricco calendario di concerti in cui brillano grandi nomi del panorama internazionale, con debutti e nuovi progetti.

“Il titolo – sottolineano il presidente dell’Unione Musicale, Angelo Benessia, e il direttore artistico Cecilia Fonsatti – è “Classica Unione”, capace di porre l’accento su quello che la musica rappresenta per vocazione, vale a dire unire i popoli attraverso un linguaggio comune”. L’uomo dell’immagine, che caratterizza la stagione 2022-2023, è proiettato verso il futuro, un futuro positivo, in cui le nuvole delle certezze attuali paiono dissolversi.
Con questo interessante spunto è stato creato il nuovo cartellone che si svilupperà da mercoledì 12 ottobre 2022 a mercoledì 24 maggio 2023, articolato in 107 eventi, di cui 50 concerti, 6 appuntamenti divulgativi, 36 proposte per le famiglie e 15 spettacoli per le scuole.
Saranno protagonisti 260 artisti, di cui 110 saranno per la prima volta ospiti dell’Unione Musicale, e oltre 80 musicisti under 30.
I concerti sono declinati nella serie dei Mercoledì del Conservatorio, suddivisi in serie Pari e Dispari, 26 concerti alle ore 20.30, e al teatro Vittoria la serie pomeridiana Didomenica, “L’altro suono”, con concerti dedicati al repertorio antico e Next Generation, capace di valorizzare giovani talenti e interpreti già affermati a livello internazionale.
Riconfermata la serie Discovery, pensata per guardare oltre i confini del repertorio classico.
La nuova stagione si iinaugurerà con il concerto di un pianista ucraino, Vadym Kholodenko, vincitore assoluto al Concorso Van Cilburn nel 2013, noto per le sue interpretazioni fantasiose e impeccabili.
Nella stagione dell’Unione Musicale viene anche inserito un nuovo progetto, dal titolo “Solo per le tue orecchie”. Si tratta di sei brevi concerti di carattere interattivo a episodi, ideati per accompagnare il pubblico in un percorso di conoscenza del linguaggio musicale.
Il cartellone del mercoledì è contraddistinto dalla presenza di grandi nomi del panorama internazionale, molti dei quali giungono qui per la prima volta, come la violinista russa Alena Baeva, compagna del pianista ucraino Kholodenko anche nella vita.
Nel corso della stagione debutteranno anche i pianisti Augustin Hadelich e Nihg Feng, con alcune delle formazioni da Camera oggi più ricche di personalità, quali il francese Trio Karenine e il tedesco Trio Jean Paul.
Grande attesa anche per la violinista ucraina Diana Tishchenko, con Jose’ Gallardo al pianoforte, il quintetto di fiati dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e della Royal Concertgebouw Orchestra, l’ensemble vocale Singer Pur, con un programma molto originale di Monteverdi.
Ensemble stellari sono anche quelli composti da Martin Frost al clarinetto, Antoine Tamestit alla viola e Shai Wosner al pianoforte, oltre a un sestetto d’archi riunito intorno a due violoncelliste.
Arriverà per la prima volta in Italia una formazione piuttosto ampia, l’Orchestra Leonore diretta da Daniele Giorgi, ensemble di profilo internazionale, formato da musicisti scelti tra le più prestigiose orchestre europee e migliori Ensemble cameristico.
Il 17 ottobre prossimo inaugurerà la rassegna intitolata “L’altro suono”, con il Quartetto Altemps.
Seguiranno i canti gregoriani, con un programma piuttosto insolito a sfondo ecologico l’energico Ensemble francese Le Consort, capace di mettere in contatto i veneziani Vivaldi e Reall; un percorso monografico tutto dedicato all’opera di John Sebastian Bach, proposto dal gruppo Armoniosa, mentre l’Astree’ con il soprano Stephanie Vernerin condurrà l’ascoltatore in una Full immersion di barocco, quello di Haendel.
La serie sarà conclusa dal concerto madrigalistico del duo formato dal soprano Alena Dantcheva, con Michele Pasotti al liuto.
Interessanti anche gli appuntamenti di “Discovery”, che esplorano repertori diversamente classici, con l’esecuzione in prima assoluta di Lilli, brank di intelligenza artificiale sotto la guida di Andrea Chenna e eseguito dal trio Debussy. I percussionisti saranno quelli dell’assemblea Tetrakis e il clavicembalo di Enrico Baiano renderanno omaggio a Bach, con la complicità di sei compositori viventi.
“Good vibrations” dei Sentieri Selvaggi sono diretti da Carlo Boccadoro e spalancano le porte della musica contemporanea al grande pubblico amante della musica, non soltanto di quella classica.
Il pianista Vadym Kholodenko giungerà a conclusione del programma con brani tratti da Beethoven, fino alle Variazioni su “El pueblo unido jamas sera vencido dell’americano Rzewski”.

La vendita degli abbonamenti inizierà mercoledì 8 giugno prossimo in modo esclusivo agli abbonati degli anni passati; da martedì 20 settembre parte la vendita per chi si abbina per la prima volta e da martedì 4 ottobre potranno abbonarsi i giovani fino ai 30 anni compiuti.

Mara Martellotta

La Fondazione Amendola si prepara e festeggiare i suoi primi 40 anni

Per celebrare i suoi primi 40 anni, la Fondazione Giorgio Amendola ha stilato un fitto programma di incontri di alto spessore culturale, che inizieranno venerdì 10 giugno e culmineranno domenica 12 giugno con la lectio magistralis dell’ex Presidente del Senato Pietro Grasso.

Venerdì 10 giugno alle ore 17.30 – Apertura delle celebrazioni.

Intervengono

  • Prospero Cerabona, Presidente della Fondazione Amendola;
  • Andrea Giorgis, Onorevole;
  • Mauro Laus, Senatore;
  • Rosanna Purchia, Assessora alla Cultura del Comune di Torino;
  • Maria Grazia Grippo, Presidente del Consiglio comunale di Torino.

Sabato 11 giugno alle ore 10.30 – Convegno “I comunisti e la svolta europea”

Dialogo tra Gianni Cuperlo ed Enrico Morando.

Introduce Maria Sofia Ferrari della Fondazione Giorgio Amendola.

Modera Gianni Cherchia, Direttore scientifico della Fondazione Amendola.

Sabato 11 giugno ore 15.30 – Proiezione della docuserie su Giorgio Amendola realizzata con Arret Film

Intervengono

  • Daniele Viotti, Presidente dell’Associazione Europa aperta;
  • Davide Mela, regista della docuserie;
  • Carlotta Salerno, Assessora all’Istruzione della Città di Torino.

Modera Domenico Cerabona, Direttore della Fondazione Giorgio Amendola.

Domenica 12 giugno alle ore 11.30 – Presentazione del volume “Il Telero di Carlo Levi”

Intervengono

  • Brando Benifei. Eurodeputato;
  • Pino Mantovani, Storico dell’arte e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Giorgio Amendola;
  • Augusto Ferraiuolo dell’Università di Boston e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Giorgio Amendola.

Modera Donatella Brancadoro della Fondazione Giorgio Amendola.

Domenica 12 alle ore 15.30 lectio magistralis di Pietro Grasso, già Presidente del Senato, su Gerardo Chiaromonte, presidente della Commissione parlamentare antimafia dal 1987 al 1992.

Partecipa Mimmo Carretta, Assessore a Sport e Turismo della Città di Torino.

Orchestra Rai, una nuova grande stagione

La nuova stagione dell’orchestra RAI presenta quali direttori Kirill Petrenko, Fabio Luisi, Daniele Gatti, Pablo Heras-Casado, Ottavio Dantone, Robert Trevino, Juraj Valčuha e James Conlon

 

La stagione dell’Orchestra Nazionale della RAI il prossimo anno comprenderà ventidue concerti che si snoderanno da ottobre a maggio, con anche concerti straordinari con importanti solisti quali Frank Peter Zimmermann, Nikolaj Szeps-Znaider, Kian Soltani e Marie-Ange Nguci.

Saranno presenti il Direttore emerito Fabio Luisi per l’apertura e il Direttore musicale dei Berliner Philharmoniker Kirill Petrenko per la chiusura. Tra loro altre grandi bacchette come quelle di Daniele Gatti, Pablo Heras-Casado, Ottavio Dantone, James Conlon, Juraj Valčuha e il Direttore ospite principale Robert Trevino, cui si affiancheranno solisti prestigiosi come Frank Peter Zimmerman, Nikolaj Szeps-Znaider, Yulianna Avdeeva, Kian Soltani, Marie-Ange Nguci e Sergej Khachatryan. Questi sono alcuni dei protagonisti della stagione 2022/2023 dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, che torna a proporre ventidue concerti in doppia serata in un unico cartellone, che si estende ininterrottamente da ottobre a maggio, cui si aggiungono i concerti di Natale, Carnevale, Pasqua, le serate di Rai NuovaMusica e la musica da camera delle “Domeniche dell’Auditorium”. Tutti gli appuntamenti sono trasmessi da Radio3, in live streaming sul portale di Rai Cultura e molti sono proposti anche in TV su Rai5.

Torniamo a offrire un cartellone unico – afferma il Direttore artistico Ernesto Schiavi – dopo due anni di frammentazioni innaturali, obbligate dalla pandemia. È un autentico ritorno alla nostra normalità, quella di una programmazione a lungo raggio, che ci accompagna per otto mesi, e che ci consente di stabilire una continuità con il nostro pubblico e con gli artisti coinvolti. Tornano i grandi concerti sinfonico-corali, comprendenti la Seconda sinfonia di Mahler e la Nona sinfonia di Beethoven dirette da Fabio Luisi, o il Lobgesang di Mendelssohn diretto da Daniele Gatti. Un atteso ritorno anche degli ampi organici di Wagner, delle sinfonie più grandiose di Mahler e di Šostakovič, e di pagine a cui per troppo tempo abbiamo dovuto rinunciare per l’emergenza sanitaria, come quelle di Richard Strauss o Le sacre du printemps di Stravinskij.

Tornano i tanti concerti in giro per l’Italia, con tappe a Milano, Parma, Reggio Emilia, Pordenone, Udine, Piacenza, Brescia, Ferrara e Assisi, oltre a un appuntamento al Festival di Pasqua di Aix-en-Provence. Un atteso ritorno, insomma, della sontuosa normalità di una grande orchestra sinfonica come quella della Rai, accompagnata da direttori e solisti amici, di sicuro prestigio, che ci hanno abituato alla loro presenza e alle loro straordinarie qualità artistiche: uno per tutti Kirill Petrenko, che con l’OSN Rai ha un rapporto ormai più che ventennale.

La stagione si inaugurerà mercoledì 19 e giovedì 20 ottobre, in diretta TV su Rai5, con una sinfonia altamente significativa per l’Orchestra della Rai: la Seconda Sinfonia n. 2 in do minore per soli, coro e orchestra di Gustav Mahler con la quale, nel gennaio 2006, venne riaperto l’Auditorium Rai di Torino dopo otto anni di restauri. Si tratta  di una Sinfonia la cui prima esecuzione avvenne a Berlino il 13 dicembre 1895.

Seguirà la “Resurrezione”, questa volta interpretata dal Direttore emerito Fabio Luisi che, nel corso della stagione, dirige ben cinque diverse produzioni, affiancato dal soprano Valentina Farcas, dal contralto Wiebke Lehmkuhl e dal Coro del Teatro Regio di Torino diretto da Andrea Secchi.

Il mese di novembre vedrà protagonisti tre direttori trentenni, con formazioni molto differenti, ma già tutti affermatissimi, non solo in Europa: Aziz Shokhakimov, Alpesh Chauhan e Robert Trevino.

Il 3 e 4 novembre Shokhakimov proporrà la Settima sinfonia di Šostakovič, divenuta il simbolo del terribile assedio della città di Leningrado, stretta in una morsa micidiale da Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale. Il 10 e 11 novembre Chauhan, fresco di Premio Abbiati della Critica Musicale Italiana come miglior direttore dell’anno, insieme a uno straordinario violinista come Nikolaj Szeps-Znaider, farà ascoltare musiche di Szymanowski e Rachmaninov.

Il 17 e 18 novembre prossimi il Direttore ospite principale Robert Trevino sarà affiancato dal talentuoso violoncellista Kian Soltani che, dopo due concerti con l’Orchestra Rai, uno in tournée a Praga e uno a porte chiuse durante la pandemia, incontrerà finalmente il pubblico dell’Auditorium Rai. In programma musiche di Kabalevskij e Strauss. Trevino salira sul podio anche la settimana successiva, mercole 23 novembre, per un concerto straordinario in serata unica, interamente dedicato al sinfonismo italiano di Ottorino Respighi e alle sue straordinarie pitture sonore ispirate dalla città di Roma.

Il mese di dicembre si aprirà con due stelle di prima grandezza: il violinista Frank Peter Zimmermann e il direttore Pablo Heras-Casado, che debutterà sul podio dell’Orchestra Rai. Il concerto, in programma il 1 e 2 dicembre, spazierà da Debussy a Stravinskij, di cui verrà proposto il celebre Concerto per violino, per chiudersi con una pagina grandiosa come la Prima sinfonia di Mahler, indicata come “Il Titano”. A seguire, per due settimane consecutive, sarà sul podio James Conlon, già direttore principale della compagine Rai, che il 7 e 9 dicembre proporrà un’altra sinfonia di Šostakovič, la Quarta, dal contenuto fortemente sperimentale che il compositore dovette ritirare per timore di ripercussioni da parte del regime sovietico e che poté vedere la luce solo nel 1961, alcuni anni dopo la morte di Stalin. Anche la seconda settimana, il 15 e 16 dicembre prossimi, Conlon proporrà Šostakovič, in particolare la Decima sinfonia, affiancata dalla Sinfonia da Requiem di Britten.

Il mese di dicembre si chiuderà poi con il tradizionale Concerto di Natale in serata unica, quest’anno affidato al Direttore emerito Fabio Luisi che, anzic il consueto Schiaccianoci, offrirà un’altra celebre pagina sinfonico-corale, dopo la Seconda sinfonia di Mahler, la Nona sinfonia di Beethoven. Con lui quattro solisti internazionali e il Coro del Teatro Regio di Torino.

Il 2023 si aprirà con Daniele Gatti, ospite frequentissimo delle ultime stagioni Rai, che proporrà un ciclo di tre diversi concerti tutti dedicati a Mendelssohn, con l’integrale delle sue sinfonie. L’11 e il 12 gennaio saranno in programma la n. 1 e la n. 3 (“Scozzese”).

Il 16 gennaio, in serata unica fuori abbonamento, la Sinfonia n. 2 detta “Lobgesang”, ancora con il Coro del Teatro Regio di Torino e le voci soliste di Jessica Pratt, Michèle Losier e Bernard Richter. Il ciclo Mendelssohn di Gatti si chiuderà il 19 e 20 gennaioprossimi, con le Sinfonie n. 4 (“Italiana”) e n. 5 (“La Riforma”).

E dopo tre concerti consecutivi con Gatti sarà la volta di due intere settimane con Fabio Luisi. Il 26 e 27 gennaio si celebrerà il giorno della memoria con il capolavoro di Schönberg Un sopravvissuto di Varsavia”, definito da Milan Kundera “il p grande monumento che la musica abbia dedicato all’Olocausto”. A interpretarlo la voce di Francesco Micheli, affiancata dal Coro maschile Ruggero Maghini, diretto da Claudio Chiavazza.

Completerà il programma della serata la Settima sinfonia di un altro sommo musicista dalle radici ebraiche, Gustav Mahler. Il 2 e 3 febbraio, quindi, insieme a Luisi, tornerà il pianista Alessandro Taverna, per una serata interamente dedicata a Richard Strauss, con la Burleske per pianoforte e orchestra e Eine Alpensinfonie.

Febbraio proseguirà il 16 e 17 con un doppio debutto: quello di Petr Popelka, neo direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica della Radio di Praga, e quello della pianista Marie-Ange Nguci, giovane e multiforme talento g apprezzato nei festival p importanti. In programma un Concerto di Mozart dal titolo “Così parlò Zarathustra” di Strauss, e una rara pagina di Dallapiccola, Three Questions with Two Answers. Ma febbraio sarà anche il mese del tradizionale Concerto di Carnevale, in serata unica martedì 21, quest’anno diretto da Kristjan Järvi.

Marzo vedrà anche una sfilata di direttori e solisti internazionali, chiudendosi poi con due settimane affidate a interpreti italiani. Il 2 e 3 saliranno sul palco il direttore Stanislav Kochanovsky e un violinista di grandissima sensibilicome Sergej Khachatryan, che suonerà il Concerto di Schumann. Il 9 e 10 toccherà a Constantinos Carydis e al pianista svizzero Francesco Piemontesi, che interpreterà il Concerto n. 5 detto “Imperatore” di Beethoven. In programma anche la prima esecuzione italiana di “Z”Metamorphosis per orchestra di Minas Borboudakis. Il 16 e 17 atteso ritorno di Juraj Valčuha, g Direttore principale dell’OSN Rai, insieme alla pianista Yulianna Avdeeva, per una serata dedicata a Rachmaninov, ma introdotta da Turbulence della quarantenne compositrice ceca Ľubica Čekovská. Nelle due settimane finali del mese toccherà, invece, a Ottavio Dantone, che il 23 e 24 marzo saranno affiancati dalla spalla dell’Orchestra Rai Roberto Ranfaldi, solista nel Concerto per violino in Sol maggiore di Joseph Boulogne Chevalier de Saint-Georges. Il 30 e 31,invece, Dantone dedicherà la serata al classicismo di Haydn e Mozart.

Dopo il Concerto di Natale Luisi salirà sul podio anche per quello di Pasqua, in serata unica il 6 aprile, con una scelta di brani sinfonici di Richard Wagner, culminanti nei celeberrimi finali di Tristan und Isolde e della Götterdämmerung (Crepuscolo degli dei), con la partecipazione del soprano Gun-Brit Barkmin per la morte di Isotta e per l’olocausto di Brünnhilde. Non mancherà, naturalmente, l’Incantesimo del VenerSanto dal Parsifal, che segnerà le festivipasquali. Il concerto è proposto anche al Festival di Pasqua di Aix-en-Provence.

Le ultime due settimane di aprile vedranno protagonisti Thomas Guggeis sul podio e Alexandre Kantorow al pianoforte, il 20 e 21, e Robert Trevino con il violista Antoine Tamestit, il 27 e 28, quando il Direttore, ospite principale dell’OSN Rai, si cimentecon una pagina iconica come Le sacre du printemps di Stravinskij.

Trevino tornerà sul podio anche l’11 e 12 maggio con la Sinfonia n. 6 di Mahler detta “Tragica”. Dopo di lui, il 18 e 19 maggio, sarà protagonista Leōnidas Kavakos non nella veste di violinista, nella quale lo si è potuto apprezzare la stagione scorsa, ma in quella di direttore, affiancato dal giovanissimo Mao Fujita, che a soli ventitré anni, è considerato uno degli astri nascenti nel pianismo mondiale. Il concerto di chiusura della stagione, il 24 e 25 maggio, segnerà l’attesissimo ritorno di Kirill Petrenko, il Direttore stabile dei Berliner Philharmoniker, che ha un rapporto di lunga data con l’Orchestra della Rai. La diresse per la prima volta nel 2001, debuttando in Italia, in un memorabile Rosenkavalier di Strauss, per tornare altre cinque volte nel corso delle stagioni successive, toccando i repertori p svariati, e facendo della compagine Rai l’orchestra italiana che ha diretto maggiormente. Per la sua settima volta propone i Drei Orchesterstücke op. 6 di Alban Berg, primo brano per grande orchestra del compositore, e il poema sinfonico Lemminkäinen Suite di Sibelius, basato sul folclore e sull’epica finlandesi.

Tornerà naturalmente anche il ciclo Rai MuovaMusica, con quattro concerti in serata unica sparsi nel corso della stagione e dedicati alla musica contemporanea. Vener 28 ottobre sarà protagonista Gergely Madaras alle prese con “Schönberg e la sua eredità sinfonica”, che si spingerà fino a Luigi Nono ed Elliott Carter. Il secondo appuntamento di Rai NuovaMusica sarà il 10 febbraio, con un direttore esperto come Marco Angius, che proporrà una nuova composizione in prima assoluta di Filippo Perrocco, Mysteries of the Macabre di György Ligeti, e la Sinfonia n. 10 di Hans Werner Henze. Il 14 aprile sarà protagonista Robert Trevino, affiancato da due grandi solisti come il violoncellista Jean-Guihen Queyras e la pianista Tamara Stefanovich, impegnati nel Doppio concerto di György Kurtág, cui si aggiungono brani dello stesso Kurtág e di altri compositori, tutti ungheresi, come Márton Illés, György Ligeti e Peter Eötvös. Ultimo appuntamento di Rai NuovaMusica sarà vener 5 maggioprossimo con Michele Gamba sul podio e il violinista Francesco D’Orazio, che propongono Schnur per violino e orchestra di Enno Poppe, affiancato da brani di Iannis Xenakis e Bernd Alois Zimmermann. Due dei quattro concerti sinfonici di Rai NuovaMusica saranno preceduti, il marte sera, da concerti cameristici dell’ensemble “Geometrie variabili” dell’OSN Rai, sempre dedicati alla musica di oggi. Il concerto di martedì 7 febbraio sa diretto da Marco Angius, mentre quello di marte 2 maggio sa diretto da Francesco Pomarico.

La stagione sinfonica sarà affiancata da un’ampia scelta di concerti cameristici, in programma la domenica mattina alle 10.30, raccolti sotto la consueta etichetta “Le domeniche dell’Auditorium”. I concerti saranno sei, sviluppandosi dal 22 gennaio al 28 maggio prossimi.

Mara Martellotta 

ABBONAMENTI E BIGLIETTI

Gli abbonamenti alla “Stagione sinfonica 2022/2023” sono in vendita presso la biglietteria dell’Auditorium Rai e online dal 10 giugno al 29 luglio e dal 1° al 23 settembre 2022. I carnet – acquistabili solo in biglietteria – e i biglietti per i singoli concerti sono in vendita a partire dal 27 settembre 2022. Formule particolarmente vantaggiose sono proposte in caso di rinnovo dell’abbonamento, oltre che per i minori di trentacinque anni e per gli studenti.

A Parigi con il piccolo Principe

E’ un’emozione indescrivibile visitare a Parigi, al Musée des Arts Décoratifs, la prima grande esposizione in un museo della Francia dedicata al Piccolo principe e poter ammirare il manoscritto originale del libro, proveniente dalla Morgan Library & Museum di New York.

Nelle sale espositive a due passi dal Louvre, À la rencontre du petit prince celebra uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale, probabilmente l’opera più tradotta dopo la Bibbia tanto da contare edizioni in oltre cinquecento lingue e dialetti differenti. Una mostra composta da oltre seicento pezzi (acquerelli, schizzi e disegni, anche inediti, oltre a fotografie, poesie, ritagli di giornale, estratti delle corrispondenze) che raccontano le tante sfaccettature di Antoine de Saint-Exupéry che fu scrittore e poeta, aviatore e filosofo, esploratore e giornalista sempre animato da un profondo ideale umanista. “È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito. È una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito, non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele, buttate via tutte le possibilità di essere felici solo perché qualcosa non è andato per il verso giusto. Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c’è un nuovo inizio“. Una frase che condensa il messaggio contenuto nell’opera più famosa di Saint-Exupéry, pubblicata il 6 aprile 1943 da Reynal e Hitchcock in inglese, e solo tre anni dopo in Francia. Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry era nato a Lione il 29 giugno del 1900 in una famiglia di antiche radici nobiliari ( uno dei suoi antenati aveva combattuto con gli americani a Yorktown, la battaglia che decise l’esito della Guerra di Indipendenza americana). Aviatore e scrittore francese, guardava all’avventura e al pericolo con gli occhi del poeta e, come si può leggere nelle pagine de Il Piccolo Principe, anche con quelli di un bambino. Di grande impatto emotivo sono i racconti dedicati ai voli aerei, tra i quali Volo di notteL’aviatore e Terra degli uomini. Durante la seconda guerra mondiale si arruolò nell’aeronautica militare francese e dopo l’armistizio nelle Forces aériennes françaises libres, schierate al fianco degli Alleati contro i nazisti. Il libro Let­tera al Gene­rale X e il senso della guerra, pubblicato nel 2014, propone una rac­colta di let­tere e brani (alcuni ine­diti in Ita­lia) di Saint-Exupéry, dove si possono leggere anche le ultime com­mo­venti parole scritte all’amico Pierre Dal­loz in una breve missiva che non fu mai spedita , datata 30 luglio 1944, il giorno antecedente il suo abbat­timento mentre era in volo sul mar Mediterraneo. Queste pagine rappresentano di fatto il testamento spirituale e artistico di uno dei più straordinari personaggi del Novecento, dove Saint-Exupéry racconta una storia diversa da quella del ragaz­zino dai capelli d’oro che apprende e soprattutto inse­gna. In questo libro l’autore si pre­senta al let­tore come aviatore e uomo in guerra  ma soprat­tutto come una persona alla quale stanno a  cuore la ricerca di un senso per l’uomo e per la vita, con domande sulle ragioni di tante cru­deltà e fol­lie che fanno parte del conflitto bellico. La sua morte in volo restò per molti anni misteriosa, finché nel 2004 venne localizzato e recuperato il relitto del suo aereo. Colpito da un caccia tedesco nel mare antistante la costa marsigliese, il Lockheed P38 Lightning a bordo del quale volava Antoine de Saint-Exupery si inabissò a una settantina di metri di profondità. Lo scrittore francese, partito in missione ricognitiva, era scomparso senza lasciar traccia all’alba del 31 luglio del 1944, poco dopo il decollo da una base in Corsica. Il 29 giugno del 2000, nel centenario della nascita, gli è stato intitolato l’aeroporto di Lione. Per raccontare in sintesi estrema l’insopprimibile spirito d’avventura che ne segnò l’intera, seppur breve vita, bastano forse queste poche parole: “Quando si arriva al futuro, il nostro compito non è di prevederlo, ma piuttosto di consentire che accada“. Merci pour tout, monsieur de Saint-Exupery.

Marco Travaglini