Si è tenuta il 5 maggio l’inaugurazione di Conscious connection, una mostra in occasione dei Torino Digital Days. Lo spazio espositivo comprende le opere interattive di XAARCHIVE, un collettivo composto da due artiste che si prefiggono di coniugare arte e sostenibilità. Nell’accattivante cornice di IN6 LAB SRL, posta al secondo piano presso il civico 30 di piazza Carlo Felice, la mostra prodotta da Artsted rimarrà aperta al pubblico fino al 9 giugno.

Una delle iniziative della Torino Digital Week
Dal 9 al 14 di maggio si terrà l’ultima edizione dei Torino Digital Days, un’iniziativa nata nel 2019 per promuovere e analizzare le tematiche legate al mondo digitale. Durante questo appuntamento la città si anima con presentazioni, workshop e incontri tematici tentando di favorire soprattutto la partecipazione giovanile. Le discussioni quest’anno ruoteranno intorno a temi come l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata, l’automotive e le blockchain.
Conscious connection
Per questo motivo lo spazio di Toro Legal Hub ha deciso di ospitare le opere di due giovanissime artiste, Nayla Cefarelli e Sofia Lorenzo. Entrambe hanno infatti indagato come si possa conciliare la natura e il rispetto per i suoi cicli con le tecnologie sempre più crescenti. Le tre ale utilizzate infatti vogliono ricreare l’illusione di una foresta composta di suoni e luci. I risultati sono sorprendenti e comprendono la realizzazione di immagini tramite algoritmi e la presenza di materiali biodegradabili realizzati tramite stampanti 3D. Su alcune sculture sono inoltre innestati dei funghi in modo da rendere ancora più evidente il legame con il mondo naturale e con il suo decorso. Infatti questi cresceranno autonomamente e moriranno alla fine dell’allestimento.
Così tramite gli oggetti presenti prendono vita le grandi domande che stanno infiammando la scena pubblica dalla fine della pandemia. Che fine fa ciò che utilizziamo? Qual è il ruolo dell’arte in un mondo sempre più automatizzato? Come cambierà il rapporto fra l’opera e il fruitore?
Informazioni utili
Conscious Connection sarà visitabile gratuitamente per tutta la Digital Week dalle ore 10 alle 18, registrandosi all’apposito link presente sul sito. Successivamente l’accesso sarà a pagamento solamente per i maggiori di 25 anni: il prezzo del biglietto è di 8 euro, sempre previa registrazione online. In questa circostanza sarà possibile fruire dell’esposizione grazie ad una visita guidata effettuata da un operatore in loco.
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Francesca Pozzo

Artista di “segni a volte pericolanti e sghembi – scriveva nel ’75 Enrico Paulucci, in occasione di una sua personale a Rapallo –come alla ricerca della luce, talvolta tratteggiati e incrociati nella ricerca di piani e di spazi; talvolta spinti verso cieli più astratti: ma sempre essenziali, al di là di una mera ricerca descrittiva, impregnati di una loro delicata vita, di una loro viva ragione…”. A partire dagli anni ’70, l’artista di origini piacentine sviluppa un inedito ciclo di opere in cui impiega l’elemento tessile, sperimentando materiali diversi assemblati fra loro (pietre cucite con morbidi fili di lana, ad esempio, in “Ambiguità del segno”), anticipando in Italia le più innovative esperienze internazionali legate alla “Fiber Art”. Esperienze di cui sono chiara espressione i 12 lavori presentati in mostra a Chieri, facenti parte della “Collezione civica Trame d’Autore”, a cui si aggiungono alcuni prestiti della famiglia. Formatosi all’Istituto d’Arte “Felice Gazzola” di Piacenza, Agosti debutta giovanissimo, appena ventiduenne, frequentando il mondo artistico emiliano e lombardo e inaugurando con la sua prima mostra personale un’attività espositiva ininterrotta negli anni, in Italia e all’estero. Nel 1961 si trasferisce a Torino e successivamente a Chieri, dove vivrà fino alla morte, avvenuta nel 2003, e dove nel 1972 riceverà il prestigioso Premio “Navetta d’Oro”.

Tu fotografavi e mi dicevi: “Adoro Venezia, perché ogni volta che ci torniamo è diversa, ogni volta che ci torniamo riusciamo a scorgere qualcosa di nuovo che la volta precedente ci era sfuggito”. E mentre parlavi ti stringevi a me. E io ti cingevo le spalle con un naturale gesto d’affetto e protezione. Camminavamo senza avvertire stanchezza, in cerca d’immagini ed emozioni. In fondo alle Fondamenta Nove, dove la laguna si fa larga e quasi mare, s’intravedeva la sagoma dell’isola di San Michele. Come un antico pesce galleggiava nella bruma, quasi sospesa tra l’acqua grigia e il cielo intonato al più brunito dei metalli. Oltre al cancello di ferro battuto, il silenzio del riposo dei morti: dei più umili e di quelli che, in vita, suscitarono passioni e invidie. E più giù, varcato il confine immaginario del sestiere del Castello, l’imponente edificio dell’Arsenale, per secoli il più grande del mondo, con i suoi leoni a far da immobili guardiani al cantiere e ai granai della Serenissima repubblica. Scattavi immagini e nelle pause, guardandomi negli occhi, mi sorridevi, felice. Felice di poter trattenere nella memoria della reflex i colori delle case e delle barche che si fondevano le une nelle altre, specchiandosi in quell’acqua che ha visto passare secoli di storie e di passioni. Di tanto in tanto s’intravvedeva qualche veneziano andare di fretta tra un ponte e l’altro, nei pressi delle chiese di San Zaccaria e San Giovanni in Bragora. Un brivido, un lungo brivido lo provammo quando, ormai persi senza meta, in prossimità del Ponte dei Conzafelzi incontrammo la Corta Botera dove un tempo c’erano i fabbricanti di botti. E più avanti la Corte Sconta detta Arcana di Corto Maltese, marinaio mai sazio d’avventure. Seguendo la sua ombra e quella di chi gli diede la facoltà di vivere nel suo mondo di viaggi e d’amori di carta, scopriamo la “favola di Venezia”. Accompagnati dall’ombra di Hugo ci avviamo verso i tre luoghi magici e nascosti. Sembra d’udire la voce profonda, mediterranea, di Corto: “Uno in Calle dell’Amor degli Amici, un secondo vicino al Ponte delle Maravegie, il terzo in Calle dei Marrani, nei pressi di San Geremia in Ghetto Vecchio. Quando i Veneziani (qualche volta anche i Maltesi …) sono stanchi delle autorità costituite, vanno in questi tre luoghi segreti e, aprendo le Porte che stanno nel fondo di quelle Corti, se ne vanno per sempre in posti bellissimi e in altre storie”. E noi, tornando a Venezia una, due, cento volte faremo lo stesso, schiudendo cancelli e abbassando la testa nei sotopòrteghi. Incontreremo per la strada ogni cinquanta, cento metri un ponte, e poi un altro e un altro ancora.
gnocchi, schiene gibbose, avvallamenti, depressioni, displuvi; le fondamenta digradano verso i rii, i campi sono trapuntati dai tombini come bottoni affondati nei gonfiori di una vecchia poltrona. Perdersi in lei, in compagnia di noi stessi, non ha alcun prezzo. Cannaregio,
