CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 329

#picassoreloaded, “Le donne” di Stefano Bressani

E’ entusiasmante presentare, nel Museo di Moncalvo, la mostra Picassoreloaded  “Le donne” di Stefano Bressani che fa rivivere le figure femminili dipinte da Picasso, non come imitazione e ripetizione bensì come ripresa creatrice.

E’ lo stesso entusiasmo di quando, nel 2014, curai nelle sale del Castello Paleologo di Casale Monferrato la Mostra “Thinking Pop” del Sarto dell’arte, non ancora famosissimo ma già ritenuto inventore di una forma d’arte unica al mondo, le Sculture Vestite.

Stravolgendo l’immaginario collettivo della disciplina artistica legata al marmo come materiale e allo scalpello come strumento di lavoro, li ha sostituiti con stoffa e forbici in una indissolubile unione di Idea e mestiere, pensiero e lavoro artigianale faticoso e costante continuando uno straordinario innovativo percorso mai concluso di sperimentazione.

Giuliana Romano Bussola

 

 

Elisa a Stupinigi Sonic Park

Un messaggio per l’ambiente: ecco quello che sarà portato alla Palazzina di Caccia da Elisa per il secondo concerto di Sonic Park Stupinigi giovedì 30 giugno. Il sito piemontese è stato scelto per lo straordinario valore storico, naturale e paesaggistico e il concerto sarà ideato e realizzato su un rigido protocollo di basso impatto ambientale nel quadro della nomina attribuita alla cantautrice friulana dall’ONU come alleata della Campagna SDG Action sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. La campagna d’azione SDG delle Nazioni Unite chiede alle persone di tutto il mondo di trasformare l’apatia in azione, la paura in speranza, la divisione in unione (#FlipTheScript). IlBack to the Future Live Tournon sarà solo un tour ma un festival nel festival, con tanti contenuti creati in collaborazione con Music Innovation Hub e altri compagni di viaggio per sensibilizzare il pubblico sull’argomento green.
A questo link il comunicato stampa completo

Un altro straordinario concerto che arricchisce il cartellone di un festival sempre più al centro della musica è quello di sabato 2 luglio: al Sonic Park Stupinigi si aprirà infatti la serie di concerti estivi in Italia per Zucchero “Sugar” Fornaciari, reduce dal grande successo nel Regno Unito per il World Wild Tour e i quattordici entusiasmanti concerti all’Arena di Verona dal 25 aprile all’11 maggio.
A questo link il comunicato stampa completo

Cinema nel Parco del Castello di Miradolo

30 giugno – 11 agosto 2022

 

Sette appuntamenti con il cinema nel parco storico,
7 maxi schermi, cuffie silent system, plaid e tutto intorno il suono della natura

“Cinema nel Parco” è un’immersione totale nella natura, al centro di un’arena di oltre 2.000 metri quadrati disegnata da 7 maxi schermi, nel parco centrale del Castello di Miradolo (TO). Per non disturbare l’equilibrio del parco, l’audio è udibile solo attraverso cuffie silent system luminose.
In programma 7 appuntamenti, dal 30 giugno all’11 agosto, tutti i giovedì alle ore 21.30. I film si possono ascoltare anche in lingua originale. Non ci sono sedie, né posti assegnati: ogni spettatore dovrà portare da casa un plaid per sedersi sul prato e assistere alla proiezione dal proprio angolo preferito.

LA PROGRAMMAZIONE

Giovedì 30 giugno: Crudelia
La vincitrice del premio Oscar Emma Stone (“La La Land”) è la protagonista di Crudelia, il film in live-action sugli esordi ribelli di una delle antagoniste più celebri del cinema: la leggendaria Crudelia De Mon. La pellicola è basata sul romanzo della scrittrice inglese Dodie Smith del 1956 “La carica dei 101” e sul film animato della Disney del 1961 “La carica dei cento e uno”; è inoltre un reboot e prequel della serie cinematografica “La carica dei cento e uno”.
“Crudelia”, ambientato nella Londra degli anni ’70 e della rivoluzione punk rock, segue le vicende della giovane Estella, una ragazza scaltra e piena di inventiva determinata a farsi un nome nel campo della moda. Diventa amica di due giovani ladri che apprezzano la malizia della ragazza. Insieme riescono a costruirsi una vita nelle strade di Londra. Un giorno, il talento creativo di Estella viene notato dalla baronessa von Hellman, una leggenda della moda incredibilmente ricca e orribilmente snob interpretata dalla due volte vincitrice dell’Oscar Emma Thompson (“Casa Howard”, “Ragione e sentimento”). Ma il loro rapporto scatena una serie di eventi e di rivelazioni che spingeranno Estella a seguire il proprio lato malvagio e a diventare la turbolenta, modaiola e vendicativa Crudelia.
Crudelia (Disney, 2021) è diretto da Craig Gillespie.

Giovedì 7 luglio: Il ritratto del Duca 
Nel 1961 il ritratto del Duca di Wellington di Francisco Goya viene rubato dalla National Gallery di Londra. Un’impresa impossibile per un’incredibile e ironica storia vera firmata da Roger Michell (“Notting Hill”) con Helen Mirren.
Kempton Bunton (interpretato da Jim Broadbent) ha sessant’anni e qualcosa da dire, sempre. Contro il governo, contro la stupidità, contro l’ingiustizia sociale soprattutto. Vive a Newcastle e anche in casa è sempre in lotta con la moglie, indurita nel carattere dalla vita e dalla morte prematura della loro figlia. Kempton scrive drammi che nessuno leggerà e si batte con la BBC per abolire il canone agli anziani e ai veterani di guerra. Metà del tempo lo passa a opporsi, il resto a cercare un lavoro. Per contribuire all’economia familiare, il figlio minore ruba alla National Gallery il ritratto del Duca di Wellington. Dopo aver rimproverato il figlio, però, Kempton non impiega molto tempo a divenirne complice, chiedendo un riscatto al governo inglese da reinvestire in opere di bene.
Il ritratto del Duca (2020) è diretto da Roger Michell. Titolo originale: The Duke.

Giovedì 14 luglio: Raya e l’ultimo drago 
“Raya e l’Ultimo Drago”, firmato Walt Disney Animation Studios, è ambientato nel fantastico mondo di Kumandra, dove un tempo umani e draghi vivevano in armonia. Minacciati dalle forze del male, i draghi si sacrificarono per salvare l’umanità. A distanza di 500 anni, quelle stesse forze oscure sono tornate e il compito di trovare l’ultimo leggendario drago per riunire regni e popolazioni divisi da tempo ricade su Raya, giovane guerriera solitaria, che nel corso della sua ricerca imparerà che per salvare il mondo non basta un drago ma servono anche fiducia e collaborazione. Protagonisti con Raya, giovane guerriera dall’acume affilato come la sua spada, la magica Sisu, drago al femminile che spicca per autoironia; Boun, smaliziato “imprenditore” di soli 10 anni; il formidabile gigante Tong e la baby-truffatrice Noi con la sua banda di Ongi.
Raya e l’Ultimo Drago (Disney, 2021) è diretto da Don Hall, Carlos López Estrada. Scritto da Qui Nguyen, Adele Lim. Prodotto da Osnat Shurer, Peter Del Vecho.

Giovedì 21 luglio: Jojo Rabbit 
Il film che ha vinto un Premio Oscar e un Premio Bafta, entrambi per la miglior sceneggiatura non originale, è una commedia sul nazismo. Nella Germania del secondo conflitto mondiale, Jojo Betzler, fiero membro della Gioventù hitleriana, trascorre gran parte del proprio tempo in compagnia del suo amico immaginario Adolf, una versione del Führer adorabile, vitale, motivante. Nella sua completa adesione all’odio nazista, Jojo si infuria quando scopre che sua madre lavora per la Resistenza, e nasconde una giovane ragazza ebrea in soffitta. Con la Germania sull’orlo del collasso, si ritrova a dover affrontare una scelta: aggrapparsi alle sue convinzioni cariche d’odio o abbandonarsi alla propria umanità.
Jojo Rabbit (2019) è diretto da Taika Waititi.

Giovedì 28 luglio: Encanto 
Realizzato dai Walt Disney Animation Studios, “Encanto” racconta la storia dei Madrigal, una famiglia fuori dall’ordinario che vive tra le montagne colombiane, in una casa magica, dentro una città che pullula di vita, in un luogo suggestivo e straordinario chiamato Encanto che dona a ciascun nuovo nato della famiglia un talento: dalla forza sovrumana ai poteri curativi, tutti hanno qualcosa di speciale, tranne Mirabel. Scoprendo che la magia che aleggia su Encanto è a rischio, Mirabel decide di farsi carico della situazione, visto che proprio lei potrebbe essere l’ultima speranza di salvezza.
Encanto (Disney, 2021), con le canzoni originali di Lin-Manuel Miranda, vincitore dell’Emmy®, del GRAMMY® e del Tony Award® (“Hamilton” e “Oceania”), è diretto da Byron Howard (“Zootropolis,” “Rapunzel”) e Jared Bush (co-regista di “Zootropolis”), co-regia di Charise Castro Smith (autore di “The Death of Eva Sofia Valdez”) e prodotto da Clark Spencer e Yvett Merino.

Giovedì 4 agosto: La figlia oscura 
Tratto dal libro omonimo di Elena Ferrante, “La figlia oscura” è il film diretto da Maggie Gyllenhaal, per la prima volta dietro la macchina da presa, che ha ottenuto 3 candidature agli Oscar, 2 ai Golden Globes, 2 ai Bafta ed è stato premiato al Festival di Venezia. La protagonista è Leda Caruso, una docente universitaria americana di letteratura italiana, in vacanza presso una località di mare vicino a Corinto. Sulla spiaggia dove si reca ogni giorno arriva come un uragano una numerosa e rumorosa famiglia di Queens che ha origini greche e probabilmente qualche legame con la malavita organizzata. Dopo la reazione di fastidio iniziale, Leda comincia ad osservare con interesse Nina, la giovane madre che fa parte del gruppo degli “invasori”, e il rapporto fra Nina e la sua bambina riporta alla memoria della docente la propria relazione con le due figlie, ormai ventenni, quando erano ancora piccole. Una relazione complessa e per certi versi conflittuale che è venuta inevitabilmente a cozzare con il legittimo desiderio di Leda, brillante linguista, di avere una carriera nel mondo dell’accademia.
La figlia oscura (2022) è diretto da Maggie Gyllenhaal, con Olivia Colman, Jessie Buckley, Dakota Johnson, Ed Harris, Peter Sarsgaard. Titolo originale: The Lost Daughter.

Giovedì 11 agosto: Il piccolo Yeti 
Yi è una ragazzina solitaria, che si riempie la giornata di lavoretti per guadagnare quanto le serve a fare il viaggio attraverso la Cina che sogna di fare. Avrebbe dovuto farlo con suo padre, ma lui non c’è più, ed è anche per questo che Yi non sopporta di stare in casa, perché niente è più come prima. Si è creata un suo angolino sul tetto ed è proprio qui che, una sera, s’imbatte in una zampa enorme: niente meno che quella di un cucciolo di Yeti, ferito, spaventato e inseguito da un collezionista senza scrupoli. Lo chiamerà Everest e, per riportarlo a casa, sugli splendidi monti dell’Himalaya, Yi viaggerà attraverso paesaggi naturali meravigliosi, resi ancora più emozionanti dalla musica del suo violino e dalle doti magiche di Everest.
Il piccolo Yeti (Dreamworks, 2019) è diretto da Jill Culton. Titolo originale: Abominable.

 

INFO 
Castello di Miradolo, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (TO)
Biglietti: 6,50 euro a persona. Gratuito fino a 6 anni.
Prenotazione obbligatoria al n. 0121 502761 e-mail prenotazioni@fondazionecosso.it

Dalle 19.30 è possibile fare un pic-nic nel Parco con i cesti di Antica Pasticceria Castino. È possibile ritirare i cesti direttamente nella Caffetteria del Castello, previa prenotazione. Menù differenziato per adulti e per bambini. Disponibile proposta vegetariana. Costo: 10 euro cesto bimbi, 14 euro cesto adulti. Non è consentito il pic-nic libero. La prenotazione è obbligatoria: 0121 502761 prenotazioni@fondazionecosso.it
www.fondazionecosso.com

 

“Futures moves to Piazza Carlina”

Con gli scatti inquietanti di Camilla Ferrari e quelli ardimentosi di Camillo Pasquarelli, prosegue il “progetto speciale” di “CAMERA”

Dal 30 giugno al 4 settembre

Sempre loro le (insolite, ma gradite e funzionali) locations: gli showroom di “Maradeiboschi” (piazza Carlina, 21) e di “VANNI” (al civico 15/A della stessa piazza), ormai collaudati partner e sostenitori del Progetto “Futures moves to Piazza Carlina”, promosso, dal maggio scorso (e in programmammo fino al prossimo ottobre), da “CAMERA- Centro Italiano per la Fotografia” di Torino. Obiettivi di fondo per tutti gli appuntamenti espositivi: promuovere la giovane fotografia italiana attraverso mostre dedicate all’opera dei talenti selezionati nel 2020, dall’istituzione torinese, nell’ambito del programma europeo “Futures Photography” e rinnovare intensificandolo il giusto rapporto con il territorio. In questo contesto (dopo “Three works”, l’appuntamento di apertura nel quale sono state allestite le opere della giovane artista bellunese Marina Caneve), dal prossimo giovedì 30 giugno e fino a domenica 4 settembre, vengono aperte al pubblico, curate sempre da Giangavino Pazzola, le mostre personali della fotografa milanese (1992) Camilla Ferrari, grande viaggiatrice specializzata in street photography, e del romano (1988) Camillo Pasquarelli rispettivamente con l’installazione “Aquarium” e “Clavadistas”.

“Aquarium” (2017) di Camilla Ferrari, da “VANNI”, è il racconto di un’esperienza biografica, alquanto traumatica (ma allo stesso tempo “poetica e asfissiante”) accaduta all’artista in Cina nel 2017. Appena atterrata a Pechino, infatti, Camilla ha visitato il palazzo imperiale della “Città Proibita” dove, per la prima volta nella sua vita, ha dovuto affrontare un grave “attacco di panico”. “Il progetto si sviluppa –racconta – a cavallo tra la registrazione della perdita del controllo dovuto all’alterazione delle proprie emozioni e lo straniamento derivante dal cambio di percezione dello spazio circostante, a sua volta sconosciuto”. A tale condizione alquanto critica, l’urgenza terapeutica della risposta viene proprio grazie all’aiuto dell’apparecchio fotografico, che la guida quasi in maniera inconscia verso un tranquillo abbandono e una nuova scoperta di sé. Un assoggettamento a cui segue un riscatto, dal caos alla quiete, “che non passa dalla rimozione del vissuto ma dalla sua elaborazione e memoria anche nei registri del visivo”.

Allestito da “Maradeiboschi”, “Clavadistas” (2019) è un progetto realizzato da Camillo Pasquarelli ad Acapulco, città messicana affacciata sull’Oceano Pacifico, tra le più violente al mondo. Sebbene nel dopoguerra sia stata per decenni meta mondiale del jet-set, a causa di una guerra tra cartelli della droga, dal 2010 i numeri del turismo internazionale sono crollati vertiginosamente, declassando Acapulco a destinazione turistica per la classe media messicana. Tra hotel abbandonati e la decadenza di un lungomare in rovina, ancora oggi rimane viva una tradizione tanto spettacolare quanto pericolosa: “Los Clavadistas” (I tuffatori).
In pieno stile documentario, Pasquarelli immortala i tuffatori che saltano dal crepaccio della Quebrada, una scogliera alta 35 metri. Sprezzo del pericolo, virilità e coraggio si mescolano alla devozione per la “Vergine di Guadalupe”, alla quale i tuffatori si raccomandano prima di lanciarsi, e alla necessità di sopravvivere grazie alle donazioni dei pochi turisti rimasti nell’area.

g.m.

Per info: CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to

Orari:

–        “Maradeiboschi”, lun. e merc. 8/21,30; giov. e ven. 8/23,30; sab. 9/23,30; dom. 9/21,30

–       “VANNI”, mart. – ven. 10/19,30; sab. 10/13,30 e 15,30/19,30; dom. e lun. chiuso

Nelle foto:

–       Camilla Ferrari, dalla serie “Aquarium” (2017 – 2018)

–       Camillo Pasquarelli, dalla serie “Clavadistas” (2018 – 2019)

A Silvia Pozzi, il podio più alto del “Premio Biennale Mario Lattes per la Traduzione”

La seconda edizione dedicata alla Narrativa in Lingua Cinese si è tenuta al medievale Castello di Perno, nel cuore delle Langhe

Monforte d’Alba (Cuneo)

Docente di “Lingua Cinese e Traduzione” presso l’Università degli Studi di Milano – Bicocca (nonché condirettore editoriale di “Caratteri”, prima rivista in italiano di Letteratura Cinese Contemporanea), è Silvia Pozzi, per la traduzione di “Pechino pieghevole” di Hao Jingfang (add editore), la vincitrice della seconda edizione del “Premio Biennale Mario Lattes per la Traduzione” , promosso dalla “Fondazione Bottari Lattes”, in collaborazione con l’“Associazione Culturale Castello di Perno” ed il Comune di Monforte d’Alba. La Pozzi è riuscita ad emergere in una rosa di cinque finaliste e finalisti composta da: Marco Botosso e Maria Teresa Trucillo traduttori di “Colora il mondo” di Mu Ming (Future Fiction), Maria Gottardo e Monica Morzenti traduttrici di “I due Ma, padre e figlio” di Lao She (Mondadori), Patrizia Liberati Maria Rita Masci traduttrici di “Il dizionario di Maqiao” di Han Shaogong (Einaudi) e Nicoletta Pesaro traduttrice di “Grida” di Lu Xun (Sellerio). “Con la traduzione di Pechino pieghevole’ – spiega la Giuria specialistica – Silvia Pozzi porta al lettore italiano una voce originale e convincente della scena letteraria cinese contemporanea. Come non pochi scrittori della sua generazione, Hao Jingfang, l’autrice di questa raccolta di racconti, adotta il genere della narrativa fantascientifica, che declina in varie forme per ottenere diversi effetti e dimensioni. Ma per quanto frutto di una distorsione fantastica della realtà come la conosciamo, i mondi di questi racconti inevitabilmente ci rimandano al nostro e i personaggi che li abitano hanno in fondo le nostre stesse emozioni e ambizioni, ed è certo per questo che le loro vicende risultano avvincenti e sono capaci di parlare al lettore. Ma non solo: quella misteriosa comunicazione avviene anche grazie alla maestria della traduzione, alla duttilità (o alla “pieghevolezza”, verrebbe da dire) del suo stile, a quell’abilità alchemica di ricalcare e adattare il testo dell’originale e restituircelo fresco e inaspettatamente vicino in una nuova lingua: fluida, sfumata, elegante”. La cerimonia di premiazione, condotta da Stefania Soma (in arte, Petunia Ollister), si è svolta nei giorni scorsi al Castello di Perno, nel cuore delle Langhe, “Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco”. Nell’occasione, queste le parole di Caterina Bottari Lattes, presidente della “Fondazione” di Monforte d’Alba: “Con il ‘Premio Mario Lattes per la Traduzione’ la ‘Fondazione Bottari Lattes” pone l’attenzione sul fondamentale ruolo dei traduttori nella diffusione della letteratura e sull’impareggiabile contributo della traduzione nell’avvicinare popoli e culture differenti, abbattendo muri ideologici, creando ponti culturali e favorendo il dialogo. Con questa iniziativa la Fondazione intende promuovere la conoscenza di culture e autori meno noti al pubblico italiano e incoraggiare la traduzione in italiano delle loro opere letterarie più significative per qualità letteraria e profondità di contenuti, riflessioni, testimonianza. Il tutto nella piena consapevolezza che la traduzione non si risolve in una semplice trasposizione di parole da una lingua all’altra e nello spostamento di un segno linguistico da un codice all’altro, ma è una disciplina che sa trasferire pensieri e concezioni tra culture diverse, con le quali il traduttore instaura un profondo legame”.

Per info: “Fondazione Bottari Lattes”, via G. Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo);  tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it

 

g.m.

Nella foto:

–       Silvia Pozzi

Trovatore in transito

IL VERONESE MATTEO ZENATTI ‘TROVATORE’ SULLE ORME DI RAMBAULT DE VAQUEIRAS IN VALCERRINA ED IN MONFERRATO

 

Rambault de Vaqueiras o, italianizzato, Rambaldo, fu uno dei trovatori provenzali più apprezzati nel periodo tra il Dodicesimo ed il Tredicesimo secolo. Dalla natia Provenza, dove divenne giovanissimo joglar, giunse nel Nord Italia e, in particolare alla corte di Bonifacio, marchese di Monferrato di cui seguì il destino, cantandone le gesta e l’amore per la di lui sorella, Beatrice, sposa di Enrico del Carretto. Fatto cavaliere, partecipò alla Quarta Crociata della quale Bonifacio era al comando, alla presa di Costantinopoli, alla nascita dell’Impero Latino d’Oriente e trovò la morte con il marchese nei pressi di Tessalonica per mano di ribelli ‘bulgari’.

Matteo Zenatti, veronese di Tregnago (paese vicino a Soave) ha dato vita ad un interessante percorso, tutto rigorosamente a piedi, sulle orme di Rambault, ‘Trovatore in transito’, partendo da Dronero, grazie alla collaborazione dell’associazione Espaci Occitan, e facendo poi tappa a Busca, Saluzzo, Savigliano, Montaldo Roero, Cisterna, Villafranca d’Asti, Capriglio, nella frazione Piancerreto di Cerrina, Mombello Monferrato per terminare a Pontestura che fu proprio una delle capitali itineranti dei marchesi aleramici. Ad ogni tappa ha tenuto, grazie all’ospitalità ed alla collaborazione di enti, istituzioni, associazioni, privati, un incontro nel quale ha eseguito i pezzi dei 7 brani che ci sono rimasti di Rambault nei quali si parla soprattutto di amore, di guerra, il menestrello si descrive o, naturalmente, tesse le lodi di Bonifacio. Ad accompagnarlo c’era un altro veronese, Simone Cunico che ha filmato le varie fasi del viaggio. L’obiettivo è quello di realizzare un docu-film, che si accompagnerà al disco che Zenatti intende incidere. Per tutta la durata del viaggio il ‘Trovatore in transito’ è partito dalle diverse località al  mattino prestissimo, intorno alle 5.30, viaggiando il più possibile su strade bianche, ‘armato’ di zaino ed arpa, strumento con il quale ha poi ravvivato i vari incontri. “Questo progetto è stata un’occasione importante per stabilire, sulla base di un precedente storico che risale al Medioevo, quando il Monferrato era davvero uno stato europeo, un collegamento tra  la nostra zona ed il mondo Occitano e la Provenza. Su questo obiettivo occorrerà lavorare nel prossimo futuro” dichiara Massimo Iaretti, consigliere delegato alla Cultura e Turismo dell’Unione dei Comuni della Valcerrina.

Massimo Iaretti

 

 

 

Le installazioni realizzate dagli studenti del Passoni decoreranno l’Enoteca Rabezzana

Martedì 28 giugno, alle 18, l’Osteria Enoteca Rabezzana inaugurerà con un aperitivo musicale le installazioni artistiche che gli allievi dell’Istituto d’Arte Passoni hanno realizzato per i suoi locali.
Mercoledì 29 giugno, alle 21.30, avrà luogo la serata dedicata ai “Decades con Ottosottountetto”.
Gli Ottosottountetto costituiscono un gruppo vocale formatosi durante il lockdown, composto da amici che abitualmente facevano già parte di formazioni corali polifoniche.
Durante il lockdown hanno cantato ognuno sotto il proprio tetto un brano che hanno poi diffuso su piattaforme digitali.
Visto il consenso ottenuto, hanno poi deciso di riunirsi sotto lo stesso tetto per cantare un repertorio che, partendo dal pop italiano, sconfina nello spiritual e nei brani più classici del repertorio corale. Il gruppo ha, all’attivo, con le rispettive formazioni corali, un’intensa attività concertistica in Italia e all’estero.

MARA MARTELLOTTA

Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/C, Torino
Tel 011543070 info@osteriarabezzana.it

Gli spari di Gavrilo e la scintilla che incendiò il ‘900

Se, come dicono, la memoria è fatta anche di lapidi, cippi, tombe e di luoghi-simbolo, uno di questi è senza alcun dubbio il ponte Latino di Sarajevo che attraversa da una riva all’altra, la Miljacka

Lì, al numero uno di Zelenih Beretki c’è il Muzej Sarajevo 1878-1918 , nelle cui sale si racconta la storia dell’impero asburgico e dell’influenza che esercitò in quest’angolo del mondo fino al suo esaurimento che coincise con la fine del primo conflitto mondiale. Il museo non si trova in un luogo qualsiasi, visto che lì davanti, a pochi metri,venne assassinato nella tarda mattinata del 28 Giugno 1914 Francesco Ferdinando, l’erede al trono imperiale. Tutto partì da lì e come la storia ci ha insegnato nulla è casuale a Sarajevo. Seguendo una certa logica e per diverso tempo nell’era della jugoslavia di Tito, il ponte Latino venne ribattezzato Principov most, in onore di Gavrilo

 

Princip. Fu lui, diciannovenne studente e fervente nazionalista serbo, ad esplodere i due colpi mortali che posero fine alla vita del principe Franz Ferdinand e di sua moglie Sofia, innescando la scintilla che provocò, in breve, la prima guerra mondiale. Con un piccolo esercizio di fantasia basta mettersi sul ponte, all’incrocio con la Obala Kulina bana, la strada che costeggia la riva destra della Miljacka e immaginare il caos di quel giorno, con il corteo di auto che, dopo il primo attentato fallito, sbagliava strada così che il mezzo su cui viaggiava l’arciduca si trovò per caso a tiro della mano di Gavrilo che, impugnando una Browning calibro 7.65 di fabbricazione belga, lasciò partire gli spari che riscrissero la storia. Un colpo di fortuna per Gavrilo Princip; un destino amaro e tragico per Francesco Ferdinando. Ha scritto Paolo Rumiz su “La Repubblica”: “L’evento che farà la storia del secolo si consumerà in poco più di un’ora.Alle 11.30 il medico accerta la morte della coppia reale. I collegamenti telefonici con l’estero sono tagliati. Le campane di Sarajevo suonano a morto, la voce si diffonde, si espongono le bandiere abbrunate. L’esercito entra nei quartieri serbo-ortodossi, compie centinaia di arresti, cattolici e musulmani improvvisano vendette, un demone si impossessa della città, finché nel tardo pomeriggio scatta lo stato d’assedio e le strade si svuotano. Alla prime stelle Sarajevo è già una città fantasma. Il mondo scivola verso la catastrofe”.Nemmeno la scelta del 28 giugno fu casuale. Per gli ortodossi è il giorno del Vidovdan, quando si celebra San Vito. Per i serbi è festa nazionale. Ciò che accadde dopo è tristemente noto. L’attentato fece esplodere le tensioni e , in breve, l’intera storia europea subì una frattura. L’assassinio dei reali fornì il pretesto all’Austria per regolare i conti con la Serbia, eliminando alla radice la minaccia separatista che stava alla base delle rivendicazioni dei nazionalisti. Quando nelle cancellerie degli altri Stati europei si conobbe il testo dell’ultimatum in molti scuoterono la testa, immaginando le conseguenze nefaste di una guerra che stava “per cominciare”. A nessuno sfuggì un particolare agghiacciante: non si trattava di un conflitto locale, circoscritto. Il gioco delle alleanze ( da una parte quella franco-russa e dall’altra quella austro-tedesca) disegnò uno scenario che apparve subito agli occhi delle élites europee come l’annuncio di una catastrofe. Un mese dopo l’attentato tutto era compromesso:la Russia ordinava la mobilitazione del proprio esercito, la Germania dichiarava guerra alla Russia e alla Francia, convinta di potere avere rapidamente la meglio su entrambi i fronti. In breve, il vecchio continente, e di seguito il mondo intero, si trovarono invischiati nel fango delle trincee prima di contabilizzare lo spaventoso bilancio di un conflitto che vide impegnate ventotto nazioni divise in due grandi schieramenti. Da una parte la Triplice intesa e i suoi alleati, con Gran Bretagna, Francia, Russia, Italia e Stati Uniti, e dall’altra gli Imperi Centrali con Germania, Austria-Ungheria, Turchia e Bulgaria. Con un bilancio di milioni di morti, un disastro economico, sociale e culturale si spalancarono le porte all’avvento dei regimi totalitari che hanno insanguinato il Novecento. La responsabilità di quest’enormità , com’è ovvio, non può essere

 

gettata   sulle spalle di Princip e degli irredentisti slavi. Resta il fatto che, per i   serbi, l’attentato ordito dall’associazione Mlada Bosna (la Giovane Bosnia),il gruppo ultranazionalista e indipendentista che mirava all’unificazione di tutti gli “jugoslavi”, venne celebrato – dopo la seconda guerra mondiale – intitolando il ponte al giovane Gavrilo, la cui immagine venne sfruttata e rappresentata come quella di un eroe nazionale. Nel punto esatto in cui Princip esplose i due colpi mortali, venne posata una lapide di marmo con un epitaffio che, più o meno, si poteva tradurre così: “Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip sparò per esprimere la propria protesta contro una tirannia secolare ed il perenne desiderio dei nostri popoli verso la libertà”. Poi, sparita la lapide e ridimensionato il significato nazionalista del gesto in un contesto storico più sobrio ed equilibrato, è stato inaugurato il museo che racconta la storia dell’attentato e dell’attentatore. Ma cosa accadde, a Gavrilo Princip, dopo quel giorno? Che fine fece? Una volta arrestato tentò per due volte il suicidio, con il cianuro e con la sua pistola. Nessuno dei due tentativi andò a buon fine. Non ancora ventenne, venne giudicato troppo giovane per poter subire la condanna a morte e pertanto la sua pena venne commutata in vent’anni di prigione. Rinchiuso nella Piccola fortezza di Terezìn (in tedesco Theresienstadt), sessanta chilometri a nord di Praga, Princip vi morì di tubercolosi, a 23 anni, il 28 aprile 1918. Tracciati sull’intonaco del muro della cella i suoi ultimi versi, apparvero come un sinistro presagio, una sorta di maledizione per l’Impero: “Emigreranno a Vienna i nostri spettri. E là si aggireranno nel Palazzo a incutere sgomento nei sovrani”. Sempre a Terezìn, alcuni decenni dopo, furono deportate decine di migliaia di ebrei dai nazisti. Fra i prigionieri ci furono all’incirca quindicimila bambini, compresi i neonati. La maggior parte di essi morì nel ‘44 nelle camere a gas di Auschwitz.Tornando a Sarajevo da allora, come si dice, ne è passata d’acqua sotto i ponti. Anche sotto le quattro arcate di pietra e gesso di quello che è tornato a chiamarsi con l’antico nome di ponte Latino. Comunque, piaccia o no, questo resta uno dei crocevia dove la storia ha subito uno scarto, un balzo netto e doloroso. Assume un significato del tutto particolare in una città come questa che è stata, durante l’assedio nella prima metà degli anni ’90,un crocevia di drammi e di speranze per quattro inverni. Un luogo dov’era una scommessa viverci a lume di candela, correndo agli incroci sotto il fuoco dei cecchini per andare a prendere l’acqua, rischiando la vita e trovando la morte mentre si era in fila per un pezzo di pane. Sotto il tiro continuo dei cecchini e il fischio delle granate. I caschi blu francesi hanno persino tenuto il conto dei cessate-il-fuoco in quegli anni. Il record venne stabilito il 13 giugno 1993: “Tredici secondi e 65 centesimi”. Una contabilità allucinante. Di quelle scritte che celebravano il gesto di Gavrilo Princip resta a malapena una indecifrabile impronta sul muro. La storia non si può cancellare ma la cattiva memoria sì, perché se il giovane attentatore di Franz Ferdinand era e in parte rimane un eroe per i serbi e per i nazionalisti serbo bosniaci, la nuova Bosnia che ha provato sulla sua pelle l’onda nera e il delirio dei nazionalismi preferirebbe dimenticarlo.

Marco Travaglini

Bardonecchia. Al Sommeiller, a 3009 metri di altitudine, il Centro della Cultura di Alta Quota

Partiranno nelle prossime settimane i lavori per la realizzazione del Centro della cultura di alta quota. Bivacco colle del Sommeiller a 3009 metri di altitudine.

L’intervento è stato presentato, nel corso di un incontro al Palazzo delle Feste di Bardonecchia, dal sindaco Chiara Rossetti e da Devis Guiguet del pool di progettisti locali, che curerà l’opera. ” Un progetto- ha detto il sindaco Chiara Rossetti- che abbiamo a cuore. Il Sommeiller è all’apice di una Valle a cui teniamo tanto e su cui stiamo investendo molto”. ” Si va nella direzione di vedere compiuto un sogno” ha aggiunto Francesco Avato, sindaco quando l’intervento, finanziato con fondi europei Alcotra, fu avviato. Ed eccolo il progetto,  spiegato da Denis Guiguet, : ” sarà un piccolo edificio prefabbricato di 100 metri quadrati,  realizzato con legno locale da aziende locali. Una struttura non gestita,  con più funzioni tra cui quella di Centro di documentazione della storia e del futuro della montagna”. La struttura,  che dovrebbe essere ultimata prima dell’inizio della stagione autunnale,  reinterpreta quella del precedente rifugio Ambin nella forma e con la stessa tonalità di colore rosso. È progettata per offrire 14 posti per dormire e sarà accessibile a tutti, anche alle persone con difficoltà motorie. ” La montagna è e deve essere di tutti – ha concluso Devis Guiguet- Il 2022 si può certamente definire l’anno della ripartenza del Sommeiller”.

La verità e la scienza, il presente e il passato sul palcoscenico dell’Astra

Presentata la stagione 2022/2023 del TPE Teatro Piemonte Europa


Un progetto artistico triennale, a firma di Andrea De Rosa, nuovo direttore del TPE Teatro Piemonte Europa, nominato nel dicembre scorso – classe 1967, ha calcato i palcoscenici della prosa, con Euripide e von Hofmannsthal, con Shakespeare e con Koltès, e dell’opera lirica, con Mozart e con Azio Corghi, con Donizetti e con Maderna, con “Fedra” ha vinto nel 2015 il Premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro per il miglior spettacolo dell’anno, nel 2021 il Premio Hystrio alla regia -, progetto intimamente legato al proprio contenitore, a quel Teatro Astra che è casa e intima residenza sino al 2039, grazie alla convenzione rinnovata nel 2019 con la Città di Torino. Un progetto che pone le proprie radici e intercetta un insperato spazio in un presente che attraverso la pandemia e la guerra e la crisi non soltanto economica è piombato in coni d’ombra e in ampi angoli di minaccia. Con quel contorno di immagini e di parole e di resoconti che alimentano in noi, negli altri, nello spettatore un “evidente sensazione di confusione e stordimento” che prende sempre più piede. Si avverte la mancanza di un luogo di verità, una verità spinta verso i settori più personali o lontani, e il teatro può essere ancora (o illudiamoci con tutte le nostre forze che lo possa essere) quel rifugio, prevalentemente di fine giornata, dove sia possibile interrogarsi all’interno di una esperienza collettiva di conoscenza e di confronto.

Un progetto che si confronterà dunque con la mancanza di certezze e con la ricerca della verità, un confronto che, per la stagione che si estenderà sino al maggio 2023, si intitolerà “Buchi neri” e guarderà alla verità scientifica, uno dei punti e delle visioni più importanti di questi ultimi mesi che hanno accompagnato la vita privata e pubblica di noi tutti. Materia per molti tratti imperscrutabile, dai contorni oscuri, labili, confusi, quasi reclamizzata con buoni tratti di personalismo, una materia capace di confondersi a volte con quella stessa che è all’origine di ogni fatto teatrale: ecco perché De Rosa “ha chiesto ai registi e ai drammaturghi di confrontarsi con questa chiara e specifica direzione artistica, chiedendo loro di farsi parte attiva, di contribuire con le loro creazioni a un programma che, almeno nelle sue principali produzioni, cercherà di dare un contributo di riflessione e di approfondimento, oltre che artistico, su questo tema”.

Primo spettacolo della stagione, dal 12 al 20 novembre, “Processo a Galileo”, con Luca Lazzareschi e Milvia Marigliano, uno sguardo nuovo al di là del dramma brechtiano sul grande scienziato, dovuto alla regia a quattro mani di Carmelo Rifici e Andrea De Rosa, cui seguirà “Costellazioni” scritto da Nick Payne, per la regia di Raphael Tobia Vogel e l’interpretazione di Elena Lietti, in cui uno dei risvolti più bizzarri della fisica quantistica, secondo il quale potrebbero esistere infiniti universi, viene applicato ad un rapporto di coppia. Ancora “”Frankenstein”, tratto dal romanzo di Mary Shelley, riletto da Filippo Andreatta intorno al tema, intravisto e anticipato, della manipolazione del corpo e delle leggi della natura; “Principia”, con cui Alessio Maria Romano opererà su un linguaggio scientifico composto attraverso danza e suono, spazio e luce, al di là dei confini della logica, tuttavia con chiari riferimenti alla nostra realtà di ogni giorno. Chiudono le produzioni del TPE “Nottuari”, tra misteri e marionette inquietanti che trovano le proprie radici nei racconti horror e filosofici di Thomas Ligotti, e “La tecnologia del silenzio”, un testo affascinante sulla carta in cui Giorgina Pi pone la domanda se “le democrazie non abbiano strumentalizzato la scienza come pratica di sottomissione”. Titoli tutti che a molti potrebbero risuonare poco “teatrabili” e che avranno necessità, confortante e decisamente curiosa, di una serie di incontri con scrittori, divulgatori, scienziati e filosofi che si occupano di questi argomenti: decisamente un terreno nuovo su di un palcoscenico, ma altresì un terreno di fattiva discussione.

Nel corso della stagione verranno ripresi titoli che già hanno avuto un grande successo, “L’angelo di Kobane” di Henry Taylor con Anna Della Rosa, “Festen”, tratto dall’omonimo film di Thomas Vinterberg, Gran Premio della Giuria a Cannes, regia di Marco Lorenzi con Danilo Nigrelli e Irene Ivaldi, “Ciara. La donna gigante” di David Harrower, regia di Elena Serra e interpretazione di Roberta Caronia, “Brevi interviste con uomini schifosi” di David Wallace, interpretato da Lino Misella e Paolo Mazzarelli e regia di Daniel Veronese, argentino, classe 1955, capace di ricostruire sul palcoscenico mostri maschili con il loro falso rapporto con le donne, la violenza, il desiderio di possesso, le gelosie che sfociano nel delitto.

Tra le ospitalità, tra gli altri, Filippo Nigro in “Le cose per cui vale la pena vivere”, un testo di Duncan Macmillan e Jonny Donahoe, “La Gilda” di Giovanni Testori con Laura Marinoni nelle serate 20 e 21 dicembre, Umberto Orsini nelle “Memorie di Ivan Karamazov” da Dostoevskij (17 – 22 gennaio 2023), Fanny& Alexander che propongono “Storia di un’amicizia” da “L’amica geniale” di Elena Ferrante, Maddalena Crippa attrice e Peter Stein regista del “Compleanno” di Pinter e “Favola” con la Piccola Compagnia della Magnolia. Appuntamento per gli appassionati di cinema, e non soltanto, da non perdere, una serata in compagnia di Paolo Sorrentino (la data è in via di definizione), un’occasione in cui verranno proiettati i monologhi presenti nei suoi film, esplorando lo speciale rapporto tra il suo cinema e il teatro.

Elio Rabbione

Nelle immagini, il direttore Andrea De Rosa; Luca Lazzareschi e Milvia Marigliano in “Processo a Galileo”; scene tratte da “Costellazioni”, “Festen” e “Interviste con uomini schifosi”