CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 29

Le case floreali di Gribodo: l’edilizia gentile a Torino

Torino è la città del Liberty, si sa. Passeggiando per le belle ed eleganti vie della citta’, soprattutto nei quartieri di Cit Turin e di San Donato, e’ facile innamorarsi dei palazzi che rappresentano questo stile raffinato che, tra fine ‘800 e i primi del 1900, diede un tocco di gusto ai progetti urbani. Conosciamo bene i capolavori di Pietro Fenoglio come Villa Scott, Casa Lafleur, il Villaggio Leuman, ma anche le case popolari di Via Marco Polo e di Via Ravello. La citta’ della prima Esposizione di Arte Decorativa Moderna del 1902 ci regala scenari affascinanti e particolari unici e di pregio presenti non solo negli edifici residenziali ed industriali, ma anche nelle insegne, nelle vetrine dei negozi e dei caffe’.

Tra coloro che contribuirono alla realizzazione di queste palazzine e villini romantici e floreali, ornati da graziose minuzie, troviamo Giovanni Gribodo che visse a cavallo del 1800 e 1900. Ingegnere e architetto, laureato presso la Scuola di Applicazione di Torino, particolare che lo accomunava a Fenoglio, era anche un entomologo; un uomo dalle diverse passioni e interessi, dunque, dallo studio degli insetti, a cui si dedico’ di piu’ a fine vita, alla progettazione di residenze dal volto gentile.

I giri turistici della citta’ pianificano sempre piu’ percorsi dove queste belle opere edilizie del Liberty sono le protagoniste, ma passeggiare fuori dal centro ed ammirare questi veri e propri capolavori attira anche i cittadini che non si stancano di visitare le meraviglie affascinanti della loro Torino.

Tra gli edifici piu’ importanti realizzati da Giovanni Gribodo ne troviamo cinque solo a via Piffetti:

Cominciamo con il civico 3, la Palazzina Mazzetta con i suoi balconi in ferro dai disegni intrecciati su un fondo grigio che le da’ un tono austero; al numero 5, invece, c’e’ Casa Masino, un edificio in mattoni rossi caratterizzato dal balcone centrale che ospita due volti femminili in pietra. Le finestre sono decorate da fregi floreali come il bel portone d’ entrata. Al 7 scopriamo, con il suo stile un po’ fiabesco, una palazzina a due piani chiamata Pola-Majola come il suo committente, edificata nel 1907 che non ebbe speciali decorazioni come le altre, ma possiede un fascino particolare che ci riporta allo stile gotico. Le Palazzine, che si trovano al civico 10 e 12, sono probabilmente le piu’ famose opere di Gribodo, due villini magnifici decorati con un centrino di motivi naturalistici in pietra bianca, inferriate in ferro battuto, balconi e vetrate con particolari preziosi.

In via Belfiore 66, in zona San Salvario, si trova un altro edificio realizzato dall’ architetto Gribodo che fu un po’ dimenticato rispetto agli altri suoi colleghi che divennero piu’ noti. Si tratta di Casa Audiberti Mottura, una bella palazzina con balconi decorati e una scala interna con particolari vivaci e colorati. Nella zona della Crimea, sull’altra sponda del Po, lo stesso architetto ha studiato e costruito il Villino Giuliano, in via Luigi Gatti 17. Composto da tre piani, questa casa dai colori caldi, e’ caratterizzata da molti dettagli tipici all’Art Nouveau: immagini di fiori, pietra scolpita e disegni geometrici morbidi classici del periodo. Nel quartiere Cenisia, in via Perosa 56, c’e’ un piccolo edificio che rappresenta un esempio in miniatura del periodo Liberty: una piccola palazzina, con un portone davvero insolito, incastonata tra edifici piu’ moderni e dai toni delicati, chiamata Casa Bosco Tachis. Tornando al quartiere di San Donato non si puo’ rimanere indifferenti davanti ad edificio piu’ corposo e perfino possente dal nome Casa Cooperativa, un palazzo in mattoni rossi ornato con rose, foglie e con dei balconi caratterizzati da disegni che si ispirano ad un floreale piu’ moderno e tondeggiante. All’interno troviamo un meraviglioso scalone bianco e nero dalla forma ovoidale davvero suggestivo

A un’ora circa da Torino e precisamente a Coazze e’ si trova un’altra opera di questo fantasioso architetto: Villa Martini, divenuta poi Antonietta, dove il Liberty viene esaltato sia all’esterno, ma anche all’interno con i suoi mobili in stile. Questa casa, edificata al centro un bellissimo giardino, ebbe ospiti illustri come `Luigi Pirandello, il Conte Cavour e Vittorio Emanuele II.

MARIA LA BARBERA

Re Umberto I, il conservatore che abolì la pena di morte

Alla scoperta dei monumenti di Torino / Prese parte alla Seconda Guerra d’Indipendenza, distinguendosi nella battaglia di Solferino del 1859.Il 9 gennaio del 1878, alla morte del padre, salì sul trono italiano con il nome di Umberto I e con il nome di Umberto IV su quello sabaudo, dal momento che suo padre aveva stabilito, malgrado l’unità nazionale, il prosieguo della tradizione nominale sul trono sabaudo

Nel piazzale, davanti alla Basilica di Superga, si innalza imponente il monumento dedicato al Re Umberto I di Savoia. Su un basamento di marmo si erge un Allobrogo, guerriero capostipite dei piemontesi, con indosso un elmo alato, lunghe trecce, ascia e corno di guerra. Il guerriero tiene un braccio levato mentre con l’altro punta una spada sulla corona ferrea circondata dalle palme del martirio, in segno di fedeltà e con accanto uno scudo sabaudo lambito da due serpenti, simboli rispettivamente della dinastia reale e del tempo. Alle spalle del guerriero si trova un’ alta colonna corinzia di granito, il cui capitello in bronzo si prolunga in una figura d’aquila imperiosa ad ali spiegate, trafitta da una freccia; allegoria del re assassinato.

 

Umberto I nacque il 14 marzo 1844 a Torino, precisamente a Palazzo Moncalieri, da Vittorio Emanuele II (allora duca di Savoia ed erede al trono sabaudo) e da Maria Adelaide d’ Austria. Ebbe, come da tradizione sabauda, un’educazione essenzialmente militare e nel marzo del 1858 intrapreseproprio la carriera militare, cominciando con il rango di capitano; successivamente prese parte alla Seconda Guerra d’Indipendenza, distinguendosi nella battaglia di Solferino del 1859.Il 9 gennaio del 1878, alla morte del padre, salì sul trono italiano con il nome di Umberto I e con il nome di Umberto IV su quello sabaudo, dal momento che suo padre aveva stabilito, malgrado l’unità nazionale, il prosieguo della tradizione nominale sul trono sabaudo.

Assunse, sul fronte della politica interna, una posizione rigida e autoritaria soprattutto in senso anti-parlamentare: le insurrezioni e i moti, come quelli dei Fasci dei Lavoratori in Sicilia e l’insurrezione della Lunigiana (1894), che minacciavano l’ordine interno e l’unità stessa dell’Italia, lo portarono a firmare provvedimenti come ad esempio lo Stato d’Assedio. A seguito di questi e di altri gravi avvenimenti, si procedette, ad opera del governo Crispi,allo scioglimento del Partito Socialista, delle Camere del Lavoro e delle Leghe Operaie. Il suo regno fu contrassegnato da opinioni e sentimenti opposti, infatti se da alcuni venne elogiato per per il suo atteggiamento dimostrato nel fronteggiare sciagure come l’epidemia di colera a Napoli del1884 ( si prodigò personalmente nei soccorsi), o ad esempio per la promulgazione del cosiddetto codice Zanardelli che portò all’abolizione della pena di morte, da altri fu aspramente avversato per il suo duro conservatorismo. Fu aspramente criticato dall’opposizione anarchico-socialista e repubblicana italiana, soprattutto per la decorazione del generale Fiorenzo Bava-Beccaris che fece uso dei cannoni contro la folla a Milano per disperdere, il 7 maggio 1898, i partecipanti alle manifestazioni di protesta scatenate dalla tassa sul macinato. Dopo esser sfuggito a due attentati, Umberto I venne ucciso a Monza il 29 luglio del 1900, per mano dell’anarchico Gaetano Bresci.

A pochi mesi di distanza dall’attentato di Monza, il vice-presidente dell’Unione Artisti ed Industriali di Torino, Alessio Capello, propose l’erezione di un monumento in memoria di Umberto I, con l’idea di farlo sorgere sul colle di Superga, presso le tombe degli avi di Casa Savoia. L’assemblea dell’Unione Artisti ed Industriali, presieduta da Giacomo Rava, acconsentì all’ iniziativa e venne immediatamente costituito un Comitato esecutivo che aprì una sottoscrizione e raccolse, nel giro di pochissimo tempo, una somma di 15.000 lire provenienti da oltre ottanta comuni piemontesi e da circa cento Associazioni. L’incarico di scolpire il monumento fu affidato allo scultore Tancredi Pozzi che concluse l’opera in poco più di un anno dall’approvazione del progetto. L’inaugurazione avvenne l’ 8 maggio del 1902 alla presenza del sindaco di Torino Severino Casana, del presidente del Comitato esecutivo Alberini e del canonico Amedeo Bonnet, prefetto della Basilica di Superga, che prese in custodia il monumento per conto della Casa Reale. 

 Simona Pili Stella

 

Foto Xavier Caré / Wikimedia Commons

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: La difesa dei magistrati – Il nuovo Medio Evo – Lettere

La difesa dei magistrati

Il Prof. Gustavo Zagrebelski è una seria e squisita persona  anche se spesso dissento dalle sue idee. Una volta a cena al Circolo del whist dopo un convegno sul giurista Elio Casetta, promosso dall’Accademia delle scienze, ho avuto modo di parlare con lui en amitie’ ed ho anche apprezzato la sua arguzia. Pure il suo ricordo di Bobbio mi era piaciuto, ma la sua ultima uscita – sempre che i giornali riportino il vero – mi è parsa fuori luogo da parte di un ex presidente della Corte Cosituzionale.
Il professore avrebbe “scosso” l’associazione nazionale magistrati dicendo “E’ giunta l’ora di passare al contrattacco, cercando di contestare l’opinione pubblica”. Una difesa acritica dei Magistrati che non si addice ad uno studioso della sua statura.  La procuratrice generale  Lucia Musti si è invece posta una domanda che rivela chi ella  davvero sia: “Perché la fiducia del cittadino nei nostri confronti è pari a poco più di zero?”.  E la dottoressa viene applaudita dal pubblico. Sono atteggiamenti da considerare. Il rispetto dovuto alla Magistratura non può significare un acritico elogio a priori. C’è stato chi addirittura ha detto che sarebbero “comodi due magistrati morti”  per aumentare il consenso. Non è necessario altro sangue. Basta il giudice Bruno Caccia, magistrato integerrimo che rifiutò sempre di schierarsi politicamente, esempio sublime di sacrificio della sua vita, mai alla ricerca della ribalta mediatica.
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Il nuovo Medio Evo

La riproposizione, da parte del ministro della Pi   Valditara, della reintroduzione del latino nella scuola media offre l’opportunità di riflettere sugli studi classici che non vanno confusi con il latinetto opzionale della scuola media che non modificherebbe  nulla. Il discorso di una riforma della scuola alla maniera di Giovanni Gentile non ha nulla a che vedere con i segmenti  disgiunti di una  finta riforma che manca di una  visione culturale d’insieme. Nulla si può inventare con la  faciloneria  e l’improvvisazione, mentre la riforma Gentile fu il frutto di un ventennio di confronto tra Croce ,Gentile e altri intellettuali, tutte  figure che oggi non hanno un corrispettivo. La destra attuale è priva di intellettuali di rango e i pochi  tacciono o non vengono considerati. Anzi, vengono ignorati e magari sbeffeggiati.  Questo è il punto  nodale. Sul tema della scuola c’è una cronica mancanza di idee capaci di far svoltare la scuola italiana dalla deriva populistica di don Milani ,dei cattivi maestri del ‘68 e dei loro seguaci. Un po’ di latino nella scuola media non serve e non basta. La cultura classica è altra cosa e lo studio del latino dovrebbe essere un contributo alla formazione intellettuale  critica dei giovani destinata a restare per la vita intera. Ma essa è altro  da un frettoloso ripristino di facciata che non serve certo  a recuperare  un patrimonio  distrutto  che oggi è  di pochi come in un nuovo Medio Evo. Quanti oggi hanno quel minimo di cultura classica che consente loro un tipo di ragionamento non solo  ragionieristico?
La cultura classica è tornata patrimonio di pochi perché non esistono neppure più i monasteri medievali che ci hanno salvati dal naufragio. Oggi anche l’ultimo crede di essere il primo con quattro parole di inglese  orecchiate e un po’ di Internet. In questo squallido  contesto un modo di pensare che era proprio di una élite intellettuale è andato perduto. Siamo   nell’imbarbarimento dell’inclusione indifferenziata  che snatura la nostra cultura e la nostra lingua. Un po’ di latino diventa quasi una presa in giro. Neppure nei licei classici si studia più con serietà il latino e il greco .Occorrerebbe un nuovo Umanesimo rinascimentale  che oggi appare impossibile. Basta sentire parlare un giovane per rendersi conto dell’ imbarbarimento che sta arrivando e di una incapacità a pensare come si deve ,come  avrebbe detto Pascal. E questo stato di cose non viene assolutamente percepito se non da pochissimi. Stiamo affogando e non ci rendiamo conto dell’abisso culturale dove siamo finiti. Curare con l’ aspirina un moribondo appare drammaticamente ridicolo. I politici per primi sono figli della scuola facile e permissiva che ha creato sacche colossali di  ignoranza  abissale. Volevano eliminare il latino fonte di discriminazione sociale e alla fine hanno abbassato tutti o quasi a livelli che hanno intaccato perfino le basi stesse  della democrazia perché i cittadini sono privi di spirito critico e si lasciano guidare dagli imbonitori di turno. Concetto Marchesi, il comunista Marchesi si oppose inutilmente alla demonizzazione in chiave populistica della classicità  sulla quale si erano formati, diceva lui,  Marx ed Engels, Gramsci e Togliatti. Prevalse la demagogia sessantottina e oggi ripristinare la serietà degli studi diventa impresa impossibile perché i danni sono stati  devastanti. Spero di essere troppo pessimista, ma questa è la mia amara conclusione di docente e di studioso che ha dedicato forse inutilmente  la sua vita alla cultura e alla scuola.
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LETTERE scrivere a quaglieni @gmail.com
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La sanità è ormai privata
La sanità che ha malamente retto di fronte al Covid, dopo la pandemia non ha più retto alla aggressione dei colossi milanesi privati. I cittadini non hanno più la possibilità di curarsi ,se non mettendo mano ai risparmi. E’ un regresso sociale che ci porta indietro persino alle mutue private anni Anni 50. I poveri non si curano più, non ne hanno i mezzi. E molti medici finiti nel privato dopo la pensione, si fanno i soldi a spese dei malati, ordinando esami costosi I centri medici si moltiplicano  per guadagni milionari. I medici per un piccolo sconto non fanno fatture, sono evasori sfacciati  e la finanza non controlla mai. Questo è uno scandalo sociale vergognoso. Così un pensionato muore e i medici si rivelano più affaristi che medici.  C.T.
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Purtroppo è così. Non sono così pessimista come lei ,ma nella sostanza ha ragione. Proviamo a  sperare nel nuovo piano sanitario? Forse alcuni errori l’ex sindaco di Casale li ha capiti e corretti. Certo, molti medici sono degli affaristi  che non hanno rispetto per i malati. Il Tribunale dei malati esiste ancora? In certi casi andrebbe anche coinvolto il tribunale penale e civile.
I figli di Firpo
Deve essere morto uno dei gemelli  Firpo, figlio dello dello storico Luigi. Era stato un dirigente UTET e con il fratello Massimo è stato il distruttore  morale della figura di suo Padre in un libro subito scomparso dalle librerie. Una pagina da dimenticare.   Aurelio Mo
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Ho solo conosciuto Luigi e mi è bastato. Sì è morto il figlio. L’episodio del libro killer va dimenticato. La sua anima abbia finalmente pace  oltre lo Stige.
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Cultura tra spaghetti e un bicchiere di vino
 . Sarà sicuramente un qualcosa da non perdere, ma è fuor di dubbio che un’osteria non è un centro culturale senza finalità di lucro. Anch’io ho un ‘attività simile in cintura, ma il giornale non pubblica mai le mie serate. G.F.
Nelle osterie non c’è molta cultura. Quando fui invitato attraverso l’editore a parlare di Mario Soldati e del vino, l’osteria   Vedrà che forse anche lei avrà le attrattive culturali del giro di amici da non  perdere mai. I giornali di questi tempi sembrano perseguire sempre lo stesso storico fine: perdere lettori ogni giorno.

A Bardonecchia la mostra “I sussurri del colore”di Elena Giannuzzo

Volti, bolle, schizzi di natura e, soprattutto tanto colore. È stata inaugurata, oggi, al Palazzo delle Feste di Bardonecchia, nell’ambito della rassegna “Scena Arte 1312”, la mostra di pittura “I sussurri del colore”, che presenta le opere della torinese Elena Giannuzzo.

La mostra racconta, attraverso opere di varie dimensioni – dai piccoli formati di 10×15 cm fino alle grandi tele di 120×120 cm – il percorso di una ricerca, un viaggio attraverso il colore alla scoperta di “qualcosa “.

Si parte dall’essenzialità del nero e del blu, per poi aprirsi gradualmente a una gamma cromatica sempre più ampia e a spazi più vasti. “Il colore – spiega l’artista – diventa così strumento di esplorazione, fino a sfiorare il figurativo: volti accennati emergono sulla tela, evocando uno sguardo femminile che interroga la coscienza”. Questo percorso trova il suo culmine in “Ernestina”, una sorta di autoritratto intimo che racchiude il senso profondo della ricerca.

La mostra sarà visitabile fino al prossimo 5 marzo.

 

Furio Colombo che insegnò a raccontare New York

Se oggi si racconta New York, come Federico Rampini o Antonio Monda, lo si deve soprattutto a lui: Furio Colombo.
È giusto precisare New York, perché le corrispondenze dalla Grande Mela, prevalevano su quelle dal resto degli Stati Uniti. Si che ormai da decenni, ogni rete Rai o Mediaset ha il suo inviato dal Nuovo Mondo. Lo ricordo da universitario aggirarsi a Torino, ‘visiting professor’ per le aule di Palazzo Nuovo, col suo andare dinoccolato e un po’ snob. Classe 1931, nativo di Chatillon in Val d’Aosta, da una famiglia ebraica laica e assimilata, laurea in giurisprudenza. Iniziai a leggere le sue corrispondenze americane sulla “Terza Pagina” della Stampa. Nel suo “Mille Americhe” sempre per i tipi della casa editrice del quotidiano di Torino, uscito nel lontano 1988, racconta l’America da curioso indagatore, raccogliendo proprio gli elzeviri, scritti negli anni per quella rubrica. Sapeva porre domande al lettore, suggerendo che non tutte aspettano una risposta. Allargava lo sguardo alla società italiana, con la lente di ingrandimento americana, si che sovente intercettava un fenomeno a ‘stelle e strisce’, che poi poco tempo dopo si sarebbe riverberato in Italia e in Europa, con maggiore o uguale pervasività. Conosceva come pochi il macrocosmo giovanile, lui che rimase sempre con spirito giovane nell’ interpretarlo. Indicando strade da percorrere, idee, ma anche pericoli e insidie che questo universo di riferimento poteva nascondere ai suoi fruitori, nel mondo professionale, nel costume, nella cultura e nella morale corrente.

Sodale di Umberto Eco e Gianni Vattimo, con loro militando nell’Azione Cattolica del conservatore Luigi Gedda, fu con Angelo Guglielmi fondatore dell’avanguardia letteraria che prese il nome di Gruppo 63. Scrisse anche sotto lo pseudonimo di Marc Saudade, alcuni romanzi di spionaggio, anticipando di qualche decennio la moda del ghost writer. Diresse le Edizioni di Comunità con il sociologo Franco Ferrarotti alla Olivetti di Ivrea. Ma tutte queste cariche di rappresentanza industriale alla Olivetti e successivamente alla Fiat, non obnubilarono mai la sua vera passione, il giornalismo. Lo insegnò alla Columbia University di New York. Ricordo un bell’ articolo per la Stampa, che narrava la storia di una vecchietta, tale Olive Freud, che nei lontani anni ottanta, non si fece espropriare da Donald Trump della sua piccola casa in Amsterdam Avenue a Manhattan. Subendo pressioni legali e minacce fisiche dai suoi sgherri, impedì al tycoon di edificare nel suo quartiere, il grattacielo dei grattacieli. Vincendo la causa. Negli anni successivi fondò un associazione, contro l’abusivismo edilizio che stava facendo della Big Apple sempre più, un unica giungla di asfalto e cemento. Facendo ridurre di molti piani, edifici che violavano palesemente i piani regolatori, la intrepida nonnina, divenne un eroina americana a cavallo dei due secoli. Anticipatrice del movimento Occupy Wall Street. Furio Colombo prese anche posizioni in difesa di Israele durante la Guerra del Golfo in Iraq. Fu primo firmatario e promotore in Parlamento da Onorevole , della legge sulla Giornata della Memoria. Riposa a Roma accanto a Antonio Gramsci. Giornalista di cui oggi si è persa la stoffa, capace come pochi a dare una lettura a volte forse faziosa, ma comunque sempre puntuale per qualunque punto di vista ideologico, alla crisi di valori e alle tensioni del nostro tempo.

Aldo Colonna

Melania Mazzucco a Biella per presentare il suo ultimo romanzo

La scrittrice “Premio Strega 2003” sarà alla biellese “Biblioteca Civica”, ospite di “Contemporanea365” p

Lunedì 17 febbraio, ore 18

Lunedì 24 febbraio, “Contemporanea” sarà al “Circolo dei Lettori” di Torino

Biella

Romana di nascita, scrittrice (tradotta in 29 Paesi), drammaturga e giornalista, Melania (Gaia) Mazzucco sarà ospite, lunedì 17 febbraioalle 18, presso la “Biblioteca Civica” di Biella, in piazza Eugenio Curiel 13, della Rassegna “Contemporanea365”, Progetto di “BI-BOx APS” (Associazione che si occupa di arte contemporanea e, in particolare, della promozione di giovani artisti) realizzato in collaborazione con la Libreria “Vittorio Giovannacci” e a cura del Festival biellese “Contemporanea. Parole e storie di donne”.

In dialogo con Irene Finiguerra, la Mazzucco (già “Premio Strega 2003” con il romanzo “Vita”, in cui racconta e reinventa la storia di emigrazione in America del nonno paterno Diamante e dei suoi amici) presenterà il suo ultimo romanzo “Silenzio. Le sette vite di Diana Karenne” (Einaudi, 2024). Il libro racconta la figura di una donna straordinaria, una delle dive più affascinanti del “cinema muto” italiano del primo Novecento, Diana Karenne, che fu anche cantante e imprenditrice, tra le prime donne a diventare regista. Attrice caduta, piano piano, dopo la crisi del cinema italiano nel primo dopoguerra e il successivo passaggio dal “muto” al “sonoro”, Diana sembrava ormai destinata al più totale oblio, ma in questo romanzo, nato come i suoi precedenti successi da un’indagine durata lunghi anni, la Mazzucco riesce perfettamente a restituircela in tutta la “sua vitale contemporaneità”. Le letture scelte e tratte dal testo sono a cura dell’Associazione “Vocididonne”, con cui “Contemporanea”, in questa occasione, avvia una nuova collaborazione, “a conferma della volontà del Festival di creare una rete sempre più fitta tra realtà del territorio, e non solo”.

Lunedì 24 febbraio “Contemporanea” sarà poi a Torino, al “Circolo dei lettori” di via Bogino, in occasione della presentazione del nuovo libro di Giulia Muscatelli, già ospite del festival biellese. In dialogo con Pietro Turano, consigliere nazionale “Arcigay” e membro del cast “Skam Italia”, Muscatelli presenterà “Io di amore non so scrivere. I sentimenti secondo la Generazione Z”, edito da “add”. Il libro è il risultato di un viaggio, reale, alla ricerca delle parole che gli adolescenti usano per raccontare l’amore oggi e per dire “ti amo”“Quanto pesano? Vengono digitate o pronunciate a voce? E poi?

 

Sempre a febbraio, a Biella, si terranno ancora due incontri de “Le Scomposte”, il corso dedicato alle scrittrici del passato e curato da Maria Laura Colmegna, in cui la letteratura del Novecento viene raccontata attraverso le parole e le vite di scrittrici che con il loro talento hanno saputo intrecciare il loro tempo al nostro in maniera indissolubile.

Sabato 15 febbraio la lezione dal titolo “Susan Sontag: uno sguardo potente che arriva ai nostri giorni”, è a cura di Anna Trocchi, editor e traduttrice per “Nottetempo”.

Sabato 22 febbraio è il momento di “Tove Jansson: tanto scrivere per parlare a tutti”, con la giornalista Laura Pezzino.

Gli appuntamenti si svolgono alla Galleria “BI-BOx Art Space” di Biella (via Italia, 38) dalle 16,30 alle 18. Ogni lezione ha il costo di 15 Euro. Per info e prenotazioni, scrivere a segreteria.contemporanea@gmail.com

g.m.

Nelle foto: Melania Mazzucco e Cover “Silenzio. Le sette vite di Diana Karenne” (Einaudi, 2024)

Con Kingsmen e Sonics si fa sul serio

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

Per onestà intellettuale e correttezza in relazione alla storia del garage rock americano degli anni Sessanta, non si può fare a meno di parlare dell’etichetta di Seattle “Jerden”.

Il presente articolo ha un immediato collegamento con l’altro mio articolo uscito in periodo natalizio, relativo alla sotto-etichetta “Panorama”. Si ribadisce che “Panorama” fu una delle etichette “figlie” derivate da “Jerden”, di proprietà di Jerry Dennon [Gerald Burdette Dennon]. Allo stampo strettamente “garage” di “Panorama” si contrapponeva ovviamente un carattere più eterogeneo e variegato della madre “Jerden”. Nonostante ciò, quest’ultima compare in decine e decine di “compilations” incentrate sul garage rock del biennio 1965-66, ma è ben noto che la “Jerden” avesse inciso già interessanti esordi pionieristici nel 1964, sulla scia magica del successo degli stranoti “The Kingsmen”; ricordiamo per inciso che l’etichetta risorgerà negli anni ‘90, sfornando proprie “compilations” a tema, sottoforma di CD.

Dato il carattere variegato dell’etichetta “Jerden” (in genere col tipico blu chiaro di fondo, senza loghi particolari, se non la scritta ripetuta in linea diagonale nella parte alta su campo chiaro), qui di seguito si elencano i soli 45 giri surf rock e garage/psych rock degli anni’60, tralasciando album ed altri possibili generi compresenti:

– THE KINGSMEN “Louie Louie / Haunted Castle” (712) [1963];

– THE KINGSMEN “Louie Louie / Haunted Castle” [Monarch Record Mfg. Co.] (712) [1963];

– VINCE GERBER, BOBBY WAYNE & DENNIS ROBERTS “Torquila / Cyclone” (726) [1964];

– RON PETERSON and THE ACCENTS “Linda Lou / Sticky” (728) [1964];

– DOUG ROBERTSON & THE GOOD GUYS “Sweets For My Sweet / Greenfields” (729) [1964];

– THE HI-FIVES “Goin Away / Tort” (730) [1964];

– THE BEACHCOMBERS “Tossin & Turnin / The Wheeley” (734) [1964];

– IAN WHITCOMB “Boney Maronie / Soho” (735) [1964];

– THE JESTERS “Amazon / Alki Point” (741) [1964];

– THE CLASSICS “Till I Met You / It Didn’t Take Much” (742) [1964];

– BELLINGHAM ACCENTS “Bacon Fat / Sampan” (746) [1964];

– THE CHESSMEN “Mustang / Mr. Meadowlands” (743) [1965];

– VINCE and THE VICTORS “The Village ‘65 / Some Kind Of Drums” (744) [1965];

– HAROLD HORN “Dew B. Dewey / Miss Ann” (750) [1965];

– BOBBY WAYNE “Wheels / Moonshine” (751) [1965];

– THE [R]AYMARKS “Louise / Dollar Bill” (752) [1965];

– JAMES HENRY & THE OLYMPICS “My Girl Sloopy / Here I Stand” (753) [1965];

– SIR RALEIGH & THE CUPONS “Tomorrow’s Gonna Be Another Day / Whitcomb Street” (760) [1965];

– DON & THE GOODTIMES “Little Sally Tease / You’ll Never Walk Alone” (762) [1965];

– THE BAG “Incubatin’ Middle Of The Night Gyratin’ Blues / Face It” (769) [1965];

– THE JUVENILES “Bo Diddley / Yes I Believe” (770) [1965];

– THE BANDITS “Little Sally Walker / Tell Me (You’re Coming Back)” (773) [1965];

– THE RAYMARKS “I Believed / Dr. Feelgood” (774) [1965];

– LITTLE JOHN & THE MONKS “Black Winds / Needles & Pins” (775) [1965];

– BLUESVILLE “As Tears Go By / Don’t Think Twice, It’s Alright” (788) [1965];

– THE BREAKERS “All My Nights, All My Days / Better For The Both Of Us” (789) [1965];

– THE OTHER TWO “Look Around / Don’t Lock Me In” (777) [1966];

– THE DYNASTYS “It’s Been A Long, Long Time / Forever And A Day” (783) [1966];

– SECRET AGENTS OF THE VICE SQUAD “I Saw Sloopy / Things Happen” (784) [1966];

– THE LIBERTY PARTY “Weep On / Get Yourself Home” (787) [1966];

– THE PURPLE GANG “Answer The Phone / I Know What I Am” (794) [1966];

– THE JUVENILES “I’ve Searched / Baby, Baby” (795) [1966];

– THE LANCASTRIANS “The World Keeps Going Round / Not The Same Anymore” (798) [1966];

– WOODY CARR & THE ENTERTAINERS “Hey, Little One / Just Another Fool” (799) [1966];

– THE DYNAMICS “I’ll Be Standing There / All She Said” (800) [1966];

– DON & THE GOODTIMES “Blue Turns To Grey / I’m Real” (805) [1966];

– PAUL REVERE & THE RAIDERS “So Fine / Blues Stay Away” (807) [1966];

– DON & THE GOODTIMES “You Were A Child / I Hate To Hate You” (808) [1966];

– THE SONICS “Love Lights / You Got Your Head On Backwards” (809) [1966];

– THE SONICS “The Witch / Like No Other Man” (810) [1966];

– THE MAGIC FERN “Maggie / I Wonder Why” (813) [1966];

– THE SONICS “Psycho / Maintaining My Cool” (811) [1967];

– THE SPRINGFIELD RIFLE “100 Or Two / Stop And Take A Look Around” (812) [1967];

– JIM VALLEY “There Is Love / I’m Real” (814) [1967];

– THE SONICS feat. JIM BRADY “Love-Itis / You’re In Love” (909) [1967];

– THE FOUR BELOW ZERO “Happiness / Getting Thru To You” (903) [1968];

– THE FEELIES “Louie, Louie / Warm Woman” (904) [1968];

– THE NEW YORKERS “Adrianne / Ice Cream World” (906) [1968];

– THE FEELIES “Happy / Look At Me” (910) [1969];

– THE SPINDLE “That’s The Time / Because I Love You” (911) [1969];

– JIM BRADY and THE SONICS “Near My Soul / Goodbye” (913) [1969];

– STEFAN ARNGRIM “You Got Style / Cloudy Day” (915) [1969];

– THE CROME SYRCUS “Elevator Operator / Lord In Black” (921) [1969];

– THE TWIGGS “Flowers And Beads / Moon Maiden” (917) [1970].

Gian Marchisio

Quella ferocia che abbraccia ormai troppi di noi

Repliche sino a domani alle Fonderie Limone

 

S’incontrano in vecchio capannone, uno stanzone pressoché spoglio, un paio di vetrate che non rimandano le immagini dell’esterno, soltanto forti luci, la fabbrica la si immagina abbastanza lontana, immersa anch’essa a poco a poco nel greve silenzio di un fine settimana. Una fabbrica d’armi, la più grande e prolifica che si possa immaginare nella vecchia Europa. Paolo Veres – un cognome che pare forse uscito da Sciascia – è il proprietario senza scrupoli, capace nella serata di sfornare borsoni pieni di milioni di euro, è “l’uomo più crudele del mondo” nella fredda convinzione popolare. Seduto davanti al suo tavolo d’ufficio, un giovane quanto tranquillo giornalista, dal viso buono e dai modi educati, semplice con il suo pronto taccuino in mano, che inaspettatamente ha ricevuto l’incarico ad intervistarlo dal piccolo giornale locale: una serata che per pochi attimi d’inizio procede al riparo di frasi di cortesia, di innocue domande e risposte, poi pronta a rivoltarsi in un duello di parole e di gesti e di azioni, di inviti e di imposizioni del capo e della sorpresa dell’altro, richieste che lo lasciano ammutolito, un luogo di lavoro che è ormai “stanza della tortura”. Sessanta minuti per una trappola, con la richiesta di Veres ad essere ucciso da chi gli sta di fronte, per confondere presto chi è intervistato e chi intervistatore, mentre arrivano deboli sprazzi di vita trascorsa, una trappola di lacrime e di risate, dove s’ingaggiano approcci e lotte, di quesiti che nel mare magnum che prende a ingrossare esigono una spiegazione anche a che cosa sia “l’umanità”, “parola bella e strana”, non congresso di individui ma sentimento, di congegni precisi, lucida, dentro un percorso che esploderà soltanto negli ultimissimi istanti. Una sola certezza: “Lei crede che questa vita domani mattina sarà la stessa che viveva prima?”, mentre un colpo di pistola metterà fine a una tragedia.

Davide Sacco – di Torre del Greco, classe 1990 – è autore giovane di una moderna teatralità che fatica ancora a uscire con sicurezza e affermazione allo scoperto, e regista dell’”Uomo più crudele del mondo”, in una produzione che vede coinvolti la Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini e anche quel teatro Minnini di Narni di cui, con Francesco Montanari, è direttore artistico. Tutta in crescendo, una scrittura crudele la sua, spinosa, degradata e fuor di ogni dubbio aspra nell’esporre la crudeltà di un genere umano che non distingue facce e confini, dove gli aguzzini mostrano alla fine un’indole sino a quel momento nascosta. Una scrittura di dolore, di incredibile durezza, di dialoghi immediati e destabilizzanti, che catturano lo spettatore e come in un thriller di tutto rispetto lo tengono in lenta cottura, al massimo dell’attenzione; dove coabitano l’istinto e la ragione, lo sberleffo e la disperazione, dove per Sacco sembrano aver più peso i pugni nello stomaco, platealmente dati, in spasmodica frequenza, che non certo maggiori, delicati approfondimenti, certe sfumature di caratteri e di parole di cui si vorrebbe più intriso il suo testo che comunque esce dalla penna convincente vincitore.

Dicevamo thriller, ma anche humour nero tra vittima e carnefice, in cui s’affrontano e si dibattono due attori di vena inesauribile. Lino Guanciale è un imprenditore corrosivo e aggressivo, ottimo reggitore e trastullatore di marionette pieno di estremo vitalismo, di esplosioni ininterrotte che nascondono un passato di dolore; Montanari cresce con il passare dei minuti, si prende con esattezza il proprio spazio senza mai sovrastare il compagno di scena, stupito e recalcitrante all’inizio, doloroso e feroce sul finale: campioni entrambi di quella violenza, di quella ferocia – pensavamo a guardarli alle pagine di Nicola Lagioia – che ha ormai purtroppo abbracciato troppi di noi. Sala delle Fonderie Limone di Moncalieri gremita, successo della stagione dello Stabile torinese ed entusiasmo più che tangibile. Si replica sino a domani 16 febbraio.

Elio Rabbione

Le foto dello spettacolo sono di Flavia Tartaglia

Fakta e Simone Lucchese a Casa Sanremo

L’esibizione della cantautrice torinese Fakta sarà impreziosita nella coreografia dal ballo di Simone Lucchese, campione mondiale di danza latino americana

La conosciuta cantautrice torinese, in occasione del 75⁰ Festival di Sanremo, si presenterà nelle vesti di FAKTA, il nuovo progetto seguito da Danilo Amerio e Antonio Tolo. In Casa Sanremo sarà ospite, in Sanremo Clonati, di Salvatore Stella, Alex Penna e Danilo Daita.

A seguire, nello storico locale Mameli, vi sarà la presentazione del CD 2024, compilation dei cantanti vincitori dello storico Il Cantagiro; sabato 15 febbraio l’artista sarà ospite della trasmissione Il Caffè degli Artisti nella track di Radio 104, condotta da Alfonso e trasmessa su Canale 88. La canzone che farà da protagonista è “Shen bah ahi”, scritta insieme a Danilo Amerio e remixata da Antonio Tolo in versione pop afro dance. Racconta di una sacerdotessa di Atlantide che cavalca le stelle insieme a Iside e Orione, portando nell’universo amore, luce, forza e coraggio. È stata tradotta dalla scrittrice Valentina Gasco nel linguaggio antico di Atlantide.

Un look gotico farà da cornice, e la coreografia sarà impreziosita da Simone Lucchese, giovane e virtuoso ballerino, campione mondiale di danza latino americana, con una passione coltivata fin dall’età di 5 anni quando ha mosso i primi passi nel mondo della danza.

Mara Martellotta

Un San Valentino speciale alle Gallerie d’Italia

 

Venerdì 14 febbraio alle Gallerie d’Italia di Torino, Milano, Vicenza e Napoli e alla Casa Museo Antiquariato Ivan Bruschi ad Arezzo, in occasione di San Valentino, vi sarà una speciale promozione di ingresso ridotto 2×1per visitare le collezioni permanenti e le mostre.

Alle Gallerie d’Italia di Torino è in corso la mostra dal titolo “Mitch Epstein. American nature”, la più importante retrospettiva del fotografo americano. L’esposizione, curata da Brian Wallis, presenta per la prima volta riunite le serie fotografiche più significative degli ultimi vent’anni, nelle quali il fotografo esplora i conflitti tra la società americana e la natura selvaggia nel contesto del cambiamento climatico globale.

Venerdì 14 febbraio, dalle 17 alle 18, si terrà la visita guidata San Valentino, una visita speciale tra le collezioni permanenti, attraverso le Sale del piano Nobile e dell’archivio Publifoto , dove pennello e obiettivo fotografico ritraggono le vicende amorose che hanno contraddistinto la storia dei loro protagonisti , celebrando l’universalità di un sentimento che sfida lo scorrere del tempo.

Il costo, escluso il biglietto, è di 5 euro a persona, prenotazione obbligatoria alla mail torino@gallerieditalia.com

 

Mara Martellotta