CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 267

Lezioni feline di pedagogia alla Libreria Borgopo’

Sabato 25 febbraio

la

LIBRERIA BORGOPO’

presenta

IL DIARIO DI DAISY.

Lezioni feline di pedagogia

 

Il libro ispirato alla

International Daisy Primary School

 

La prima scuola elementare d’Italia

ad adottare il metodo educativo finlandese*

Via Luigi Ornato 10

Ore 18.30

 

Esistono gatti speciali che posseggono la rara e preziosa capacità di “leggere” gli umani e di percepirne la profondità, quasi come se riuscissero a comprenderli empaticamente.

 

Come Daisy, «gatta tricolore dal musetto appuntito e dagli occhi furbetti» che suggerisce alla propria padrona quali libri leggere facendoli cadere dagli scaffali e, soprattutto, impartisce acute lezioni di pedagogia agli altri gatti di casa, come una maestra che ha a cuore la natura unica e ineguagliabile di ciascuno di essi.

 

E sono proprio Daisy e gli altri micetti, che con lei condividono divani, mensole e cucce, i protagonisti del nuovo libro di Nicoletta CoppoIl diario di Daisy. Lezioni feline di pedagogia, pubblicato dalla Daisy S.r.l., arricchito dalle illustrazioni di Monica Ferri e disponibile in tutte le librerie fisiche e digitali a partire dal 28 novembre 2022.

 

Il volume sarà presentato sabato 25 febbraio presso la Libreria Borgopo’ di via Luigi Ornato 10 a partire dalle ore 18.30, alla presenza dell’autrice e dell’illustratrice. A moderare l’incontro, Erica Comoglio, la quale dialogherà con Nicoletta Coppo e condurrà il pubblico alla scoperta dei dettagli della raccolta, tra i suggestivi disegni dell’artista Monica Ferri e la particolare “didattica” messa a punto dalla gattina Daisy. A impreziosire l’incontro, anche la lettura ad alta voce di alcuni brani tratti dal testo, al fine di rendere tangibili gli argomenti affrontati nel corso della conversazione e trarre da essi lo spunto per parlare del metodo educativo finlandese, di cui le storie sono degli emblemi narrativi.

 

Il libro raccoglie, infatti, dodici “racconti felini”, dedicati ciascuno a un gatto di casa Coppo: da Spadino a Gina Carapelli, da Cleo a Cesarino, fino al Conte Lackoskj e a Ciro Maradò, tutti i personaggi delle narrazioni riportate dalla scrittrice sono osservati nel loro carattere peculiare e unico, nei confronti del quale Daisy funge da “guida” e supporto non giudicante.

 

Lo stesso approccio del metodo educativo finlandese da cui Il diario di Daisy prende, appunto, ispirazione, e che contraddistinguerà, per la prima volta in Italia, l’International Daisy Primary School*: la scuola elementare che aprirà le sue porte a settembre 2023, negli spazi della scuola Sant’Anna di piazza Mazzini a Chieri.

 

Promossa dall’Istituto Pascal – di cui l’autrice del libro, Nicoletta Coppo, è Dirigente scolastica –, la scuola elementare Daisy si renderà fautrice dei modelli di insegnamento del Nord Europa, favorendo, così, la condivisione, l’inclusività, l’aiuto reciproco, il rispetto e l’empatia tra insegnanti e discenti.

 

L’obiettivo è, appunto, quello di crescere bambini curiosi, dinamici e liberi, capaci di sviluppare un pensiero critico autonomo e di collaborare gli uni con gli altri. Proprio come i protagonisti delle dodici storie nate dalla penna di Coppo, che ha qui convogliato i cardini educativi del metodo finlandese facendoli vivere, sperimentare e mettere in pratica dalla gatta emblema del metodo stesso: Daisy, felino «onnisciente e onnipresente» che, tra un passo di Rodari e una citazione di Rousseau, è in grado di riconoscere e incanalare le caratteristiche proprie degli altri gatti in ciò che è in grado di renderli davvero liberi e in equilibrio con se stessi.

 

«I racconti raccolti nel Diario di Daisy sono storie reali – precisa Nicoletta Coppo – e, in quanto tali, sono ispirate ai miei gatti di casa. Sono una gattara convinta, e sono da sempre affascinata dalla vita dei felini, cui ho dedicato romanzi, racconti e storie di tutti i giorni. Nello specifico, le narrazioni riunite nel volume sono nate un paio di estati fa in Sicilia, per sfuggire alla calura stagionale: in quel contesto, ho compreso quanto la natura sia la nostra prima maestra di vita e, al contempo, quanto il mondo animale abbia da insegnarci. Proprio come l’universo infantile, con cui quello felino è qui messo in correlazione, per la sagacia degli insegnamenti impartiti da Daisy e l’estrema libertà con cui quest’ultima lascia esprimere a ciascun gatto di casa il carattere autentico e spontaneo che lo caratterizza».

 

Il diario di Daisy è disponibile su tutte le piattaforme online e in tutte le librerie fisiche ed è rivolto a grandi e piccini, i quali potranno, così, riconoscere tratti di se stessi e imparare i valori della condivisione, dell’autonomia e della libertà attraverso le storie buffe, tenere e divertenti dei gatti di “casa Daisy”.

 

*In fase di accreditamento da parte del Ministero dell’Educazione finlandese, ma con l’approvazione del Console Onorario di Finlandia a Torino Giovanni Dionisio.

Informazioni

 

L’incontro letterario inizierà alle ore 18.30 e sarà a ingresso gratuito. Per informazioni e prenotazioni, contattare il numero 011 4147510 o scrivere alla mail alberta@libreriaborgopo.com.

Cinema a Volpiano, un percorso con quattro proiezioni


“Linguaggio cinematografico 2023”, a partire da sabato 25 febbraio

Il Comune di Volpiano organizza, in collaborazione con Aiace Sottodiciotto Film Festival, il percorso di approfondimento «Linguaggio cinematografico 2023», a partire da sabato 25 febbraio nella Sala Polivalente (via Trieste 1), condotto da  Fabio Bertolotto, studioso di Cinema e laureato al Dams (Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo); ingresso libero, consigliata la prenotazione (posta elettronica scuole@comune.volpiano.to.it, telefono 011.9954567).

Il percorso comprende quattro proiezioni, con inizio alle 21sabato 25 febbraio «Lady Bird» (Golden Globe 2018 come miglior commedia, Saoirse Ronan migliore attrice), sabato 11 marzo «Persepolis» (Premio della Giuria al Festival di Cannes del 2007), sabato 25 marzo «Hugo Cabret» (Premio Oscar 2012 alla fotografia, alla scenografia, al sonoro, al montaggio sonoro e agli effetti speciali), e sabato primo aprile «Gagarine – Proteggi ciò che ami», film del 2020 ambientato nella periferia di Parigi. Tra coloro che completeranno il percorso assistendo a tutte le proiezioni, verranno estratti sei abbonamenti validi per i seguenti cinema di Torino: Centrale d’Essai, Due Giardini, Eliseo, Fratelli Marx, Massimo, Nazionale, Romano.

Commenta Barbara Sapino, assessora alla Cultura del Comune di Volpiano: «A Volpiano manca il cinema ma forse in generale si è persa l’abitudine di condividere le emozioni del grande schermo in compagnia. Come amministrazione abbiamo pensato di dare l’opportunità ai giovani (e non solo) di imparare a conoscere il mondo del cinema attraverso i suoi linguaggi, a sviluppare un senso critico e a condividerne le emozioni in compagnia. Grazie alla collaborazione con Aiace e Sottodiciotto Film Festival sono stati scelti i quattro film in programma che oltre al contenuto di qualità uniscono l’attrattiva di una storia avvincente e interessante».

Osteria Rabezzana, Metti una sera al cinema

Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 22 febbraio, ore 21.30

Lo spettacolo-concerto che omaggia i più grandi compositori con l’Orchestra formata da un terzetto d’archi, oboe, percussionista, piano e voce di Tiberio Ferracane

“Metti una sera al cinema” è uno spettacolo-concerto che omaggia i più grandi compositori di musica da film: Ennio Morricone, Nino Rota, Bacalov, Nicola Piovani. Ma anche coloro che sono stati presi in prestito, scelti da grandi registi, come Luigi Tenco, Charles Aznavour, Pino Daniele, Paolo Conte, Astor Piazzolla.

Ad omaggiare i grandi compositori, i grandi Maestri che formano l’Orchestra: un terzetto d’archi, un oboe, un percussionista, un pianoforte e una voce, il tutto coadiuvato da una regia che si occupa di far scorrere le immagini sullo schermo.

La musica da film è un genere musicale che mette d’accordo tutti, perché fa magicamente convivere la musica colta e quella pop. Ammalia il pubblico, perché le poche parole scelte con cura rievocano profumi e immagini che intanto scorrono sullo schermo.

Formazione

Tiberio Ferracane, voce e piano

Pietro Paolo Marino, oboe

Paola Bettella, violino

Magdalena Vasilescu, viola e violino

Massimo Barrera, violoncello

Gianfabio Cappello, percussioni

Stefania Piccolo, regia e montaggio

Ora di inizio: 21,30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

Quaglieni rieletto alla guida del “Centro Pannunzio”

OLTRE 50 ANNI DI PRESTIGIOSA ATTIVITÀ CULTURALE 
Lo storico Pier Franco Quaglieni è stato rieletto alla guida del Centro Pannunzio di cui è presidente fondatore
.
Una riconferma che testimonia un lavoro intellettuale  e organizzativo di  oltre mezzo secolo nel solco della cultura liberale e laica. Sicuramente  un record  nell’ambito della cultura italiana e piemontese, paragonabile solo con Franco Antonicelli e Alda Croce.
Il prof. Quaglieni, autore di libri importanti e conferenziere apprezzato in tutta Italia e all’estero, e’ uno degli esponenti più autorevoli della cultura liberale italiana di oggi. E’ cavaliere di Gran Croce ed è stato decorato della medaglia d’oro di benemerito della cultura. Riferendosi alla sede storica del Centro che è a Torino in via Maria Vittoria 35 H,  scherzosamente il prof.  Quaglieni ha dichiarato : “Con questa rielezione mi hanno  condannato al 35 H, che comunque è  sempre molto  meglio del 41 bis,  ma è anche assai  faticoso. Io sto lavorando da tempo ad una mia successione e mi affianchero’ nell’immediato di un comitato  collegiale di direzione. Più che soddisfatto di ciò che ho fatto, sono stanco di un impegno sempre più avvolgente. Tra gli eletti nel nuovo direttivo del Centro ci sarà sicuramente il mio o la mia  successore/a. Il mio desiderio è quello di andare a coltivare il mio giardino in Liguria  come il Candide di  Voltaire.”

Ripartono i concerti dell’Accademia Corale Stefano Tempia

Ripartono i concerti dell’Accademia Corale Stefano Tempia di Torino.Il primo appuntamento avrà luogo sabato 25 febbraio, alle  17, presso l’Oratorio di San Filippo Neri, in via Maria Vittoria 5, a Torino. L’“Ensemble AES”, composto da Antonino Mollica (sassofono soprano), Enea Tonetti (sassofono baritono), e Andrea Tedesco (pianoforte) proporrà il concerto dal titolo “Rebus musicali per saxofoni e pianoforte”.

L’amore e il dolore nei versi di Izet Sarajlić

Durante l’assedio più lungo del Novecento, nella Sarajevo dei primi anni ‘90, i cittadini andavano alle serate di poesia nel buio di una città senza corrente elettrica.

In questo modo “sperimentavano che in una guerra solo i versi sono capaci di correggere a forza di sillabe miracolose il tempo sincopato dei singhiozzi, il ragtime delle granate, l’occhio di un mirino addosso”. Così scriveva Erri De Luca, nella prefazione di “Chi ha fatto il turno di notte”, straordinaria silloge di Izet Sarajlić. Quando Einaudi la pubblicò dieci anni fa, nel 2012, il grande filosofo e poeta bosniaco era già morto da anni. Celebrarlo con una raccolta che ripercorreva, in ordine cronologico, quasi cinquant’anni (dal 1950 al 1998) della sua produzione poetica era un buon modo per far conoscere la forza e la profondità dei suoi versi. “Chi ha fatto il turno di notte per impedire l’arresto del cuore del mondo? Noi, i poeti”, scriveva Sarajlić. La biblioteca bombardata e incendiata con i suoi libri, memorie e percorsi degli altri. L’artiglieria degli assedianti centrava monumenti, cimiteri, moschee per cancellare dal suolo l’ombra e la radice della parte avversa. Le parole erano emigrate dai libri e giravano alla cieca nell’aria. In quel tempo di granate che esplodevano a casaccio, Sarajlić scriveva: “In una notte come questa, malgrado tutto, pensi a quante notti d’amore ti siano rimaste”. Era la dimostrazione della forza, della potenza della poesia e del cuore di chi non aveva mai saputo odiare né maledire. Il poeta  non abbandonò la sua gente né rinnegò la sua città; nemmeno quando, a più riprese nel tempo, Sarajevo divenne sinonimo di morte e devastazione, perdita degli affetti più cari: “Qui, se chiamo persino i pioppi, miei concittadini,/ anch’essi sapranno ciò che mi fa soffrire./ Perché questa è la città dove forse non sono stato/ troppo felice,/ ma dove tuttavia anche la pioggia quando cade non è/ solo pioggia”. Sarajevo è dunque “la Città”, il luogo che porta con sé il senso dell’intera esistenza del poeta, del suo dolore come della sua gioia, di un legame viscerale che, per quanto sofferto, è impossibile recidere. I suoi versi sono stati la passione civile che si fa poesia. A testimoniarlo la poesia semplicemente intitolata “Sarajevo”: “E adesso dormano pure tutti i nostri cari e immortali. Sotto il ponte presso il II liceo femminile scorre gonfia la Miljacka. Domani è domenica. Prendete il primo tram per Ilidža. Naturalmente, posto che non cada la pioggia. La noiosa, lunga pioggia di Sarajevo. Chissà come si sentiva senza di lei Čabrinović in carcere! Noi la malediciamo, le bestemmiamo contro, e tuttavia mentre cade fissiamo gli appuntamenti d’amore come fossimo nel cuore di maggio. Noi la malediciamo, le bestemmiamo contro, sapendo che essa non potrà mai far diventare la Miljacka né il Guadalquivir né la Senna. E con ciò? Forse per questo ti amerò di meno e ti farò soffrire meno nella sventura? Forse per questo sarà minore la mia fame di te e minore il mio amaro diritto di non dormire quando il mondo è minacciato dalla peste o dalla guerra e quando le uniche parole rimaste sono “non dimenticare” e “addio”? Del resto, può darsi che questa non sia neppure la città in cui morirò, ma in ogni caso essa sarebbe stata degna di un me incomparabilmente più sereno, questa città dove, a dire il vero, non ho sempre avuto molta fortuna ma dove ogni cosa è mia e dove posso sempre trovare almeno uno di voi che amo e dirvi che sono disperatamente solo. A Mosca potrei fare lo stesso, ma Esenjin è morto e Evtušenko è certamente in giro da qualche parte della Georgia. A Parigi come potrei chiamare il pronto soccorso se non ha risposto neppure agli appelli di Villon? Qui, se chiamo, persino i pioppi, che sono miei concittadini, sapranno ciò che mi fa soffrire. Perché questa è la città dove, a dire il vero, non ho avuto molta fortuna ma dove tuttavia anche la pioggia, quando cade, non è solo pioggia”.

Marco Travaglini

“Uscire con l’abito nero, sciccherie”

Music Tales, la rubrica musicale

“Uscire con l’abito nero, sciccherie

Mentre metto cose per sembrare come quelle un po’ più fighe

Però mando un bacio a quelli che

Mi davano i bacini ma senza volere me”

Madame è una giovanissima ragazza di appena 19 anni diventata famosa grazie alla canzone “Sciccherie”, che ha spopolato su tutte le piattaforme di musica.

Quest’anno ha partecipato al Festival di Sanremo con un brano che ho trovato particolarmente bello. Stamane ho voluto conoscerla un po’ di più, attraverso un’intervista che mi ha scossa e positivamente, e negativamente.

Un’intervista che mi ha fatto ripercorrere disagi, situazioni e momenti che forse, per certi versi, appartengono anche al mio bagaglio personale; forse non solo al mio.

Classe 2002 una musicalità di quelle che non si sentivano da tempo e talento da vendere. Questa è Madame, una liceale di 19 anni con la passione per la lingua italiana, i vari dialetti e la loro storia, e che ha deciso di prendere la strada del rap. Il suo vero nome è Francesca ed è di Vicenza: i suoi singoli sono prodotti da Eiemgei per Arcade Army Records e presentano tutti una particolarità fuori dal comune: i testi.

Parole volutamente strascicate e “mangiate”, inflessioni dialettali e figure retoriche, li rendono di difficile comprensione a un pubblico più largo. E questo si riflette soprattutto in “Sciccherie”, prima canzone di Madame che, nonostante sia piaciuta tantissimo, è stata anche criticata perché – parole dei fan – “non si capiva nulla”.

E così la ragazza non solo ha deciso di pubblicare il testo su tutti i siti e sulle Instagram Stories, ma ha anche spiegato in un video con gli Arcade Boyz il significato di “Sciccherie”.

“Sciccherie” non è in realtà in dialetto: l’unica parola che può essere definita dialettale, infatti, è “ficcatine”, non ce ne sono altre. È un neologismo inventato da Madame e rappresenta la classica “one night stand” di classica memoria, mentre le altre parole che sembrano incomprensibili sono solo state volutamente pronunciate con accenti diversi dal normale per adattarle meglio alla base musicale.

Cosa sono le “Sciccherie”? Tutte quelle cose che possono essere superflue – l’oro, un bel vestito – ma che ci creano dipendenza. Sono le cose più astratte come le cose reali. Come anche le dipendenze affettive, di cui a un certo punto Madame parla nella canzone: e lì le parole volano come in un flusso, come pensieri gettati alla rinfusa attraverso la bocca come se fosse in un sogno. “Sciccherie” è una canzone profonda, che vede Francesca mettersi in gioco in prima persona raccontando dello sforzo per stare al passo con le altre ragazze (“metto cose per sembrare come quelle un po’ più fighe”), della sofferenza per sentirsi a volte un po’ un pesce fuor d’acqua, e dell’amore per un ragazzo con il quale vorrebbe fare a meno delle “sciccherie”, ossia i litigi inutili. Quella di Madame è una canzone che andrebbe ascoltata più e più volte, andando oltre l’apparenza e facendo davvero attenzione al testo.

Testo che più chiaro di così non può davvero essere.

Prima di linkarvi il brano vorrei vi prendeste tempo per ascoltare la sua intervista che la mette a nudo rendendo pubblica una fragilità che odora di veridicità.

L’ho ascoltata e mi ha fatta riflettere, soprattutto nella parte finale.

https://www.youtube.com/watch?v=bIDJWcuqhDE&ab_channel=NoiseyItalia

“Nulla al mondo può prendere il posto della perseveranza.

Non il talento, nulla è più comune di uomini di talento falliti.

Non il genio; il genio incompreso è ormai un luogo comune.

Non l’istruzione; il mondo è pieno di derelitti istruiti.

Solo la perseveranza e la determinazione sono onnipotenti.”

CALVIN COOLIDGE

Buon ascolto, attendo vostre impressioni

Chiara De Carlo

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

La Telaccia by Malinpensa, Paola Arrigoni: “I colori delle emozioni” In mostra fino al 25 febbraio

Paola Arrigoni è protagonista della mostra personale in corso alla galleria d’arte Malinpensa by la Telaccia a Torino.

Autodidatta, i suoi quadri sono di impianto astrattistico, materico e sono realizzati con l’uso della resina e acrilico su tela o legno. Si dedica anche alle sculture e utilizza materiali riciclati per attenuare la sofferenza nell’osservare il degrado ambientale. La sua ricerca coinvolge lo spessore morale e risulta vissuta con profondo rispetto per la vita e l’ambiente, nella speranza di trasmettere sentimenti, pensieri, riflessioni, suscitando un’interazione con chi guarda le sue opere.

La ricerca nel recupero dei materiali riciclati e poi riutilizzati da parte dell’artista rivela un operare che sviluppa una dimensione altamente suggestiva di contemplazione. La fusione armonica dei colori e l’equilibrio materico si trasformano in un puro estro creativo, che mostra una carica di lirismo notevole, capace di sviluppare una dimensione di contemplazione.

La carica costruttiva, di pulsione onirico-fantastica, si avvia verso un’elaborazione della materia altamente scenografica e a contatto con il fruitore. L’arte di Paola Arrigoni rivela una particolare intensità coloristica di pura e autentica sensibilità, all’insegna di una ricca inventiva, di un linguaggio originale e di una realizzazione della materia di particolare aspetto, sia estetico sia contenutistico. Le doti di colorista sono evidenti nella sua attività artistica. Le emozioni, gestite dal colore vibrante, si vestono di libertà interiori e di spiritualità in cui l’artista Paola Arrigoni cerca di dare, attraverso le sue opere, il senso della vita, in piena  vigoria di accensioni cromatiche. Queste opere fanno riflettere perché stabiliscono legami, significati ambientali, umani e sociali intensi, ma anche metafore ironiche.

Diverse le opere in mostra, tra cui una scultura. Tra i titoli sono presenti “Settembre”, “Nascere non basta”, “Fluidità”, “La ballerina”, “L’opulenza”, “Loro siamo tutte noi”, “Amori tossici”, “Mordi la mela”, “Incantesimo”, “Il Dodo rivive”, “Aperta mente”.

È  stata già protagonista di una mostra collettiva presso la galleria d’arte Malinpensa by la Telaccia a Torino, dal 18 al 29 maggio del 2021.

“Si tratta di un’artista nel più profondo del cuore ed è lì che risiede il suo essere con la sua forza creatrice”.

MARA MARTELLOTTA

Malinpensa Galleria d’Arte by La Telaccia, Corso Inghilterra 51 Torino. In mostra fino al 25 febbraio 2023

Torino e i suoi musei. Il museo delle Antichità

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Con questa serie di articoli vorrei prendere in esame alcuni musei torinesi, approfondirne le caratteristiche e “viverne” i contenuti attraverso le testimonianze culturali di cui essi stessi sono portatori. Quello che vorrei proporre sono delle passeggiate museali attraverso le sale dei “luoghi delle Muse”, dove l’arte e la storia si raccontano al pubblico attraverso un rapporto diretto con il visitatore, il quale può a sua volta stare al gioco e perdersi in un’atmosfera di conoscenza e di piacere.

1 Museo Egizio
2 Palazzo Reale-Galleria Sabauda
3 Palazzo Madama
4 Storia di Torino-Museo Antichità
5 Museo del Cinema (Mole Antonelliana)
6 GAM
7 Castello di Rivoli
8 MAO
9 Museo Lomboso- antropologia criminale
10 Museo della Juventus

 

4 Museo delle Antichità

Scrivere questa serie di articoli ha in effetti i suoi lati positivi, perché “mi costringe” a venire spesso in centro, cosa che mi fa sempre molto piacere.
Mi trovo di nuovo a cercare la biglietteria di Palazzo Reale, supero prima la cancellata di Palagi, poi arrivo all’altezza del ragazzo musicista che molto spesso si piazza all’ombra di Palazzo Chiablese e suona magistralmente il suo “digiridù”.
Questa volta però il biglietto che compro è per visitare il piccolo e sotterraneo Museo delle Antichità, a cui si accede passando per i Giardini Reali, dalla stessa entrata che porta alla Galleria Sabauda, anche se in ultimo è necessario seguire le indicazioni che portano verso il piano di sotto.
Il Museo è un’istituzione antica, che può vantare nobili origini ed è giunto all’attuale sistemazione attraverso una lunga e spesso travagliata vicenda.
La raccolta mantiene la denominazione storica di Museo di Antichità per sottolineare la continuità di questa istituzione che risale al XVIII secolo, ma comprende raccolte formatesi già in precedenza per volere di Emanuele Filiberto di Savoia (1528-1580) e dei suoi successori.
L’esposizione si articola in tre sezioni: quella del Territorio Piemontese e quella delle Collezioni Storiche, c’è una terza sezione dedicata a Torino, antica Augusta Taurinorum, al piano seminterrato della Manica Nuova del Palazzo Reale, in collegamento diretto con l’area archeologica del Teatro romano e del gruppo episcopale paleocristiano, costituito in origine dalle chiese del Salvatore, di San Giovanni e di Santa Maria (chiese abbattute per volere di Domenico della Rovere, committente del nuovo Duomo dedicato a San Giovanni).

In epoca rinascimentale si evidenzia, da parte dei Savoia, il desiderio di eguagliare la dignità e lo splendore delle altre corti italiane ed europee. Tra le sculture antiche pervenute sono state identificate opere già appartenute alle collezioni dei Gonzaga, di Gerolamo Garimberti e di Bindo Altroviti.Dal Settecento in avanti il settore delle antichità greco-romane si accresce continuamente, a seguito dell’acquisto di cospicue raccolte private e per i ritrovamenti effettuati nei territori del Piemonte e della Sardegna.Per molti anni la storia della collezione del Museo di Antichità viaggia in parallelo con quella del Museo Egizio, fino al 1940, anno in cui la collezione di antichità e quella egizia vengono definitivamente separate. La collezione di antichità rimane al pianterreno del palazzo dell’Accademia delle Scienze fino al 1963, quando viene individuata la sede definitiva nelle Serre dei Giardini di Palazzo Reale, il cui recupero viene curato dall’architetto Caterina Fiorio. Una volta discesa mi ritrovo in una zona dalle volte a botte in cui prevale l’uso del mattone, interessante è il gioco delle luminarie, taglienti raggi di luce cadono netti sui reperti, facendoli risaltare dall’ombra quasi richiamando alla mente la tecnica pittorica caravaggesca. Sono rimasta molto colpita dalla collezione, oggetti e reperti che molto spesso passano in sordina e che anche io non avevo ancora avuto l’occasione di conoscere o di approfondire. Subito richiamano la mia attenzione due lastre marmoree lavorate a rilievo e raffiguranti delle menadi danzanti. Le donne seguono il dio Dioniso nella frenesia dell’”entusiasmo” bacchico, e sono copie fedeli dei modelli creati alla fine del V secolo a.C. dallo scultore greco Callimaco: recano i tipici attributi del corteo del dio della vite, torce, tirsi (bastoni con infiorescenze) e strumenti musicali. Vi sono nella composizione anche altre figure, come la menade che regge un cesto colmo di frutti e quella che urla scarmigliata brandendo due torce e con le braccia avvolte da serpenti, che non sono tipiche del “thiasos” dionisiaco ma rimandano all’iconografia di una portatrice di offerte o di un’Hora (stagione) oppure di una Erinni (personificazione della vendetta soprattutto nei confronti di chi colpisce la famiglia), temi comunque che si adattano a un ambito funerario. I due grandi rilievi con figure di menadi danzanti sono noti da tempo nelle collezioni sabaude, forse già verso la metà del Seicento, come dimostrano numerosi disegni e tavole incise del periodo.

Nel piccolo Museo mi muovo piano, per una volta non mi trovo ad avere paura di non riuscire a vedere tutto e mi godo ogni singolo oggetto, dai rilievi, agli esempi di “autoctona”, ai ritrovamenti musivi della Domus romana di via Bonelli 11, al grande mosaico policromo fino ai bei gioielli della cosiddetta “Dama del Lingotto”. Il cuore della collezione è tutto contenuto in teche vicine e fortemente illuminate, si tratta del “Tesoro di Marengo”. Il tesoro è costituito da un sontuoso complesso di argenti, decorati a sbalzo e in alcuni casi dorati, che originariamente dovevano costituire lamine di rivestimento di mobili e arredi di legno, oltre all’eccezionale busto-ritratto dell’imperatore Lucio Vero (161-169 d.C.), forse anticamente montato al centro di uno scudo ornamentale (clipeo), oppure esposto su un supporto in legno o innalzato sui vessilli militari dell’esercito. Gli altri elementi sono costituiti da una tabella con iscrizione votiva alla dea Fortuna Melior, un disco con i simboli dello zodiaco, cornici, fregi decorativi con motivi figurati, geometrici, floreali e un rarissimo esemplare decorato con una catasta di armi.  Notevole è anche la  fascia di rivestimento (di un altare o della base di una statua) decorata con tredici figure di divinità in altorilievo, tutte ispirate a celebri modelli statuari del mondo greco.
Credo sia un mio inconscio tentativo di rielaborazione del trauma del Liceo Classico, ma mi scopro a giocare a riconoscere i vari personaggi mitici e ricordarne le vicende.
L’insieme si distingue da altre argenterie antiche note, sia per l’assenza di vasellame da mensa, sia per la rarità del ritratto imperiale di grandi dimensioni in metallo prezioso, oltre che per la peculiarità di alcune tipologie di oggetti, come i due elementi decorativi di una spalliera laterale di letto (kline).

Quasi tutti gli elementi che compongono il Tesoro si possono datare tra la seconda metà del II secolo e i primi decenni del III secolo d.C. La scoperta avvenne casualmente nel 1928, durante i lavori agricoli condotti presso la Cascina Pederbona di Marengo (Alessandria): gli argenti furono rinvenuti in una grossa cassa di legno ancora visibile in tracce, lacerati, schiacciati e deformati per essere più facilmente trasportati, forse a seguito di un saccheggio avvenuto in antico.
La mancanza di precisi confronti, l’assenza di dati circa la giacitura originaria e la dispersione di parte dei reperti dopo la scoperta rendono problematica l’interpretazione del ritrovamento: forse gli argenti furono saccheggiati in un sacello privato o forse in un santuario pubblico dedicato all’Imperatore oppure a un culto solare tra il III e l’inizio del V secolo d.C. Occultato in un luogo isolato e ritenuto sicuro, con l’intendimento di recuperare i beni per la loro rifusione, non fu poi più recuperato. Apprezzo davvero le dimensioni ridotte dell’esposizione, perché prima di “tornare a riveder le stelle” posso soffermarmi sui reperti che più mi hanno incuriosito, in questo caso il gusto femminile prevale e mi ritrovo a guardare nuovamente i preziosi gioielli longobardi che sfavillano all’interno della teca. Costituiscono l’eccezionale corredo funebre della “Dama del Lingotto” una coppia di orecchini in oro del tipo “a cestello”, con lunghi pendenti mobili e gocce di ametista, una collana a catena con maglie d’oro, una raffinata spilla (“fibula”) circolare a cloisonné con granati del tipo almandino e paste vitree colorate.
In effetti sì, devo ammettere che quelle preziosità antiche incontrano proprio i miei gusti: non c’è che dire, la vanità è donna.

Alessia Cagnotto

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Anthony Summers “Dea. Le vite segrete di Marilyn Monroe” -La nave di Teseo- euro 22,00

Il mistero della morte dell’infelice diva Marilyn Monroe probabilmente rimarrà senza una soluzione definitiva, oscillando tra le tre ipotesi avanzate: omicidio, incidente come conseguenza del costante abuso di barbiturici, oppure suicidio.

Migliaia di pagine sono state scritte sulla vita e la scomparsa a soli 36 anni della donna più desiderata del pianeta e anche tra le più infelici; ma questa corposa, esaustiva e scorrevole biografia del giornalista investigativo Anthony Summers è forse la migliore di tutte. Circa 600 pagine da leggere come un romanzo, piene di ricostruzioni e testimonianze che contribuiscono a restituirci le verità di una donna dall’infanzia difficile e con una madre pazza.

Norma Jean (il suo vero nome) riesce a farsi spazio nel mondo, tra mille difficoltà, insicurezze e contraddizioni, fino a trasformarsi in una bomba di femminilità che ne fa la stella più splendente di Hollywood. A tanto fascino purtroppo farà da contraltare la costante ricerca di affetto, quello più profondo e autentico, rivolto alla donna con la sua sensibilità a fior di pelle… e non al mito.

Il rischio è stato sempre quello di essere un trofeo da esibire, più che da conoscere e amare per quello che era. I suoi matrimoni con il campione Joe Di Maggio e il commediografo Arthur Miller partono con passione e poi si affossano nelle incomprensioni e nella sopraffazione, tra tradimenti e ripicche. Ma la ferita più profonda di tutte è la ricerca disperata di un figlio che ogni volta si infrange contro il trauma dei ripetuti aborti.

Questo libro scava a fondo nella vita e nei buchi neri della Monroe e ricostruisce anche i suoi legami con John Fitzgerald Kennedy che la considerò una conquista come le altre collezionate da impenitente ed egocentrico donnaiolo. Una volta perso l’interesse della conquista, il presidente le volta le spalle e a consolarla arriva il fratello Robert; uomo tendenzialmente fedele e con uno stuolo di figli, ma che per Marilyn rischia parecchio. Come capo del Ministero della Giustizia aveva per nemici lo spietato mafioso Sam Giancana e il controverso sindacalista Jimmy Hoffa, che tentarono di sfruttare la liaison con la Monroe per trascinarlo nello scandalo e rovinargli la carriera politica, oppure per riuscire a renderlo più malleabile e ricattabile.

La Monroe finì così impigliata nelle maglie di qualcosa molto più grande di lei. Mal consigliata da personaggi loschi come Frank Sinatra o ambigui come Peter Lawford, cognato dei Kennedy, e che in tutta la vicenda ebbe un ruolo poco limpido. Gli ultimi tempi della diva saranno all’insegna del senso di abbandono, ricerca insistente dei Kennedy ed un muro di indifferenza da parte loro che si riveleranno discutibili e meschini soprattutto a livello umano.

La Monroe era instabile, beveva sempre di più e parlava troppo vantandosi di essere a conoscenza di parecchi retroscena politici; diventata incontrollabile era un rischio enorme per la Casa Bianca e pare scrivesse tutto su un quaderno rosso mai ritrovato. Di qui i molti dubbi sulla reale dinamica della sua morte, sulle sue ultime ore che saranno abilmente occultate e coperte da versioni contrastanti.

Su questo Summers ha indagato a fondo e la parte forse più struggente del libro è proprio questa. Il mistero che avvolge la scomparsa della Monroe, accompagnata alla tomba dall’unico uomo che le rimase vicino, Joe Di Maggio. Resta la profonda amarezza di una vita apparentemente tanto splendente quanto invece pervasa di dolore, delusioni, abbandoni. Per certi aspetti una vita maledetta per un’icona che la morte precoce ha cristallizzato per sempre e consegnato al mito. Un destino sul quale meditare con infinita tristezza. Un libro assolutamente da leggere.

 

 

Miriam Toews “Notte di battaglia” -Einaudi- euro 19,00

La scrittrice americana nata in una chiusa comunità mennonita ci diletta nuovamente con la sua scrittura profonda e lieve, che sa mettere a nudo interi mondi interiori con ironia e sovrana intelligenza.

Qui ci racconta tre formidabili generazioni di donne, un po’ strampalate, ma fortissime e indimenticabili.

C’è la nonna Elvira: irriverente, scatenata, abituata a trovarsi con le amiche superstiti, con le quali riesce a mettere in leggerezza anche il tema tostissimo della morte che ha già afferrato altre compagne di vita e si appresta a ghermire anche loro.

Poi sua figlia Mooshie: attrice in cerca di fama e parecchio frustrata, single e incinta, sempre sull’orlo di una crisi di nervi e con ricorrenti accessi d’ira.

La sua bambina, voce narrante, è Swiv, 9 anni portati con grinta; è stata espulsa dalla scuola per via di una rissa e non vuole tornare assolutamente sui banchi.

E’ una sorpresa continua il rapporto che lega le tre donne. La nonna, la più combattiva e temprata dalle tante svolte di una lunga esistenza, si occupa dell’istruzione scolastica della nipotina; ma quello che le inculca è soprattutto la capacità di lottare sempre con coraggio e tenacia.

E Swiv è la piccola-grande donnina che ricambia l’affetto occupandosi della nonna che sta perdendo colpi, ma resta il faro principale che le indica la via.

Tra loro due e un po’ defilata è la giovane Mooshie, alle prese soprattutto con le sue difficoltà, a partire dai contrasti con l’ottuso regista della pièce teatrale in cui recita. Inoltre si ritrova ad affrontare quella gravidanza giunta al terzo mese, si porta dentro un non meglio precisato Gord, come lo chiamano in famiglia, e chissà se sarà maschio o femmina.

Gli eventi, piccoli e grandi, si susseguono nelle loro vite fino all’epilogo finale che è semplicemente strepitoso. Restiamo col fiato sospeso mentre seguiamo il barcamenarsi della giovane Swiv che si rivela matura oltremisura. Scopriamo la sua capacità di gestire in contemporanea i due eventi principale dell’esistenza: un nuovo inizio e una fine. Davvero un romanzo magistrale.

 

 

Francesco Costa “California. La fine del sogno” -Mondadori- euro 18,50

Francesco Costa è un giovane autore sotto i 40 anni, vicedirettore della testata online “Il Post” ed un mago della comunicazione che declina in più forme: articoli giornalistici, libri, ma soprattutto podcast come il suo “Morning”; una rassegna mattutina ragionatissima in cui analizza con cognizione di causa gli avvenimenti del giorno.

E’ anche un attento osservatore della realtà americana, un esperto a tutti gli effetti e lo dimostra con il suo ultimo libro “California”. Una sorta di reportage sullo Stato americano più mitico e ambito di tutti. Scopriamo così che non tutto brilla nella Gold Coast. Molti sono i segnali di derive e aspetti che ne segnano la decadenza; principalmente per tutta una serie di problemi interni che però sono anche paradigma delle difficoltà che stanno attraversando le democrazie avanzate.

Costa, con il suo occhio acuto, ripercorre la storia californiana, soprattutto di San Francisco e Los Angeles.

Si addentra in pagine che partono dai primi insediamenti agli sviluppi successivi, passa per terremoti e incendi devastanti, distruzione e ricostruzione, mito di un clima favorevole, sviluppi ed involuzione dell’economia, sistema scolastico, mecca del cinema, agricoltura e innovazione tecnologica.

Mette in luce anche le ragioni più profonde dei vari problemi che oggi investono la California. Tra le tante difficoltà: i costi proibitivi delle case e della vita, il rischio continuo di scivolare nella povertà, crescenti disuguaglianze e discriminazioni, crisi climatiche e stuoli di homeless e baraccopoli ai margini delle aree urbane.

Senza anticipare l’analisi documentata e approfondita dei vari aspetti dei cambiamenti in atto, queste pagine svelano come e perché l’immagine della California uguale a terra promessa, Golden State, vada ridimensionata al giorno d’oggi.

 

 

Patricia Cornwell “Livore” -Mondadori- euro 22,50

L’anatomopatologa più famosa che ci sia questa volta è impegnata nella testimonianza in un caso di omicidio mediatico e di complessa risoluzione. La sua comprovata esperienza professionale la trasforma nella testimone chiave nel processo dell’anno che cerca di far luce sull’omicidio dell’ex reginette di bellezza April Tupelo, il cui cadavere sfigurato è stato ritrovato su una spiaggia della Virginia. Imputato è il fidanzato Gilbert Hooke; ma quello a cui assistiamo non è un processo facile.

Giudice è Annie Chilton, amica di lunga data di Kay Skarpetta e sua coinquilina ai tempi dell’università. Ma è proprio l’atteggiamento della Chilton ad apparire subito strano, incomprensibile.

A complicare tutto poi c’è l’omicidio della sorella della giudice. La bellissima Rachael Stanwyck, 47enne griffata e addetta stampa della Cia, in fase di divorzio dal marito miliardario e ancora innamoratissimo di lei.

Rachael è stata trovata senza vita in casa della sorella che la stava ospitando mentre il divorzio procedeva. Ad un primo sopralluogo sembra sia stata vittima di una violazione di domicilio sfociata in tragedia. Ma nulla sarà come sembra. E a complicare il quadro ci si mette anche una nuova arma capace di uccidere: raffiche di intensa energia a microonde che cuociono le persone come farebbe un forno a microonde.

Dell’autopsia si occupa Kay Scarpetta.

E’ anche l’occasione per fare luce sui controversi rapporti tra le due sorelle che mal si sopportavano ed erano parecchio in competizione per accaparrarsi l’affetto del padre. Emergono dinamiche familiari e d affettive complicate e poi…..Kay riuscirà ovviamente a risolvere il delitto inusuale in cui compare un’arma mai vista prima. Pathos e colpi di scena sono assicurati.

 

 

Nicolò Castellini Baldissera “Inside Milan” -Vendome Press- euro 95,00

E’ un libro prezioso con i testi del designer di fama mondiale Nicolò Castellini Baldissera e le immagini del fotografo Guido Taroni, specializzato in moda e interni, ispirato dal famoso zio Giovanni Gastel al quale il libro è dedicato. Ci conducono nelle case di una Milano esclusiva e un po’ nascosta, dove dimore antiche convivono con il più moderno design.

Ad aprire le loro lussuose case sono stati 40 proprietari di alto livello, tra i quali Barnaba Fornasetti, Martina Mondadori, Veronica Etro e Lapo Elkann.

Castellini Baldissera, erede di una dinastia milanese di raffinati architetti e designer, ha saputo sviluppare un suo stile.

Il colore la fa da padrone nelle case fotografate, declinato in svariate tonalità in pareti, mobili, tessuti e oggetti, anche con accostamenti audaci e decisamente innovativi. Nelle oltre 300 pagine del prestigioso volume spicca anche l’alchimia dosata e vincente che accosta antico e moderno, sempre con gusto e raffinatezza.

E’ il secondo libro nato dalla cooperazione tra i due, dopo il successo del precedente “Inside Tanger”. Una sinergia vincente. Non vi resta che ammirare le foto, gettare lo sguardo sui particolari che più vi colpiscono, o trarre anche spunti e ispirazione da questi interni di una città sempre glamour.