CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 22

“La bianca signora” di Paolo Catalano al MIIT per il Salone OFF

Presentazione al Museo MIIT, nell’ambito del Salone del Libro OFF, sabato 17 maggio, alle 18.30, dell’opera

Nell’ambito della programmazione del Salone Internazionale del Libro OFF,  il Museo MIIT, diretto da Guido Folco, presenterà sabato 17 maggio prossimo, alle ore 18.30, l’incontro sul volume “La bianca signora” di Paolo Catalano, edito dal Gruppo Albatros Il Filo. Modererà l’evento la giornalista Mara Martellotta.

“Una brillante commedia in cui a fare da vero protagonista è l’equivoco e ciò che innesca. Tutto accade in un solo giorno: uno scrivano inizia a lavorare per un nuovo padrone e così incontra, tra i clienti, un uomo geloso e insospettito che vuole mettere alla prova la virtù della sua fidanzata, facendole recapitare una lettera d’amore da un finto spasimante che chiede d’incontrarla. Se la donna accetterà l’appuntamento, l’uomo capirà di essere stato tradito, altrimenti tutto filerà liscio. Il piano sembra semplice e fattibile, ma troppi equivoci e malintesi si metteranno in mezzo a complicare le cose. L’azione teatrale domina le scene, in un gioco di equilibri i personaggi acquistano corpo e profondità, così che il lettore possa  immaginare ogni scena della commedia ed entrare nel vivo della storia, in cui l’apparenza dei fatti e la realtà si scontrano in un conflitto senza soluzione”.

Museo MIIT – corso Cairoli 4, Torino

Info: 011 8129776 – www.museomiit.it

Gian Giacomo Della Porta

Arte e sacro, la chiesa di San Dalmazzo a Torino

In centro citta’ un gioiello molto antico

Dopo un lungo periodo di chiusura, e’ di nuovo possibile visitare la chiesa di San Dalmazzo, situata tra via Garibaldi, una volta via Dora Grossa, e via delle Orfane.

Costruita nel lontano 1271 e destinata all’assistenza dei pellegrini e alla cura degli infermi, nel tempo la sua struttura subi’ un consistente deterioramento e fu cosi’ che nel 1573, periodo in cui fu affidata ai frati Barnabiti, si decise per una riedificazione. Qualche anno dopo per volere del cardinale Gerolamo della Rovere fu nuovamente restaurata e decorata, anche grazie alle numerose donazioni dei Savoia mentre alla fine dell’800 furono ripresi ulteriormente i lavori che la riportarono al suo stile originario. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu bombardata riportando seri danni al tetto e agli infissi, il suo ultimo restauro risale al 1959.

L’esterno e’ l’unica parte rimasta in stile Barocco con i suoi pilastri di ordine corinzio, i finestroni da cui entra la luce e un timpano semicircolare che avvolge un prezioso affresco. La chiesa, di medie dimensioni, trova la sua bellezza, oltre che nei suoi sorprendenti interni in stile neogotico che catturano subito l’occhio del visitatore, ma anche nella superficie proporzionata che la rende accogliente e affascinante.

Al suo interno lo sfondo e’ quello tipico dello stile gotico caratterizzato dallo slancio verticale, da vetrate colorate, da stucchi, dipinti neo-bizantini di Enrico Reffo e dorature. L’elemento che attira legittimamente l’attenzione e’ la fonte battesimale originale ereditata dalla vecchia chiesa di San Dalmazzo Martire. La struttura e’ a tre navate decorate da edicole, il bellissimo pulpito incorniciato da mosaici e il ciborio a baldacchino.

Spesso la chiesa di San Dalmazzo si fa scenario di concerti di musica, dal gospel alla musica da camera, il prossimo appuntamento? Domenica 15 Dicembre 2024 ore 17:00 TORINO CHAMBER MUSIC FESTIVAL, vibrazioni all’interno di un contesto suggestivo e incantevole.

Per informazioni sugli eventi

www.diocesi.torino.it

Maria La Barbera

Ettore Canepa: saggista, giornalista e scrittore

RITRATTI TORINESI 

Ettore Canepa (1950), saggista, giornalista e scrittore, noto per aver curato l’introduzione de “La Ballata del Vecchio Marinaio”(Feltrinelli, 1994) e pubblicato, tra gli altri, “Il fiume sacro – dieci anni nella poesia di Roberto Mussapi, 1990-2000”(Le Lettere, 2010), “Rimandi danteschi nella poesia di Roberto Mussapi”(2016) sulla rivista Otto/Novecento e “La caduta di Eva nel Paradise Lost di John Milton rivissuta nella Digitale purpurea di Giovanni Pascoli”, nel 2019, è autore del romanzo “Nella foresta di stelle”(Algra, 2022) e del più recente “Per l’alto mare aperto – Nei mari dell’immaginazione: Coleridge, Carlyle, Melville, Fenoglio, Mussapi” (Moretti&Vitali, 2024).

Ettore Canepa ci ha svelato alcuni aspetti della sua attività letteraria.

“All’Università Di Torino mi sono laureato in Estetica con Luigi Pareyson, Gianni Vattimo e Sergio Givone – ha raccontato Ettore Canepa – ognuno dei quali è stato fondamentale per la mia formazione, basata su un approccio ermeneutico. Ho presentato una tesi su Coleridge e sulla letteratura anglosassone, fonti di ispirazione durante tutto il mio percorso di saggista e scrittore”.

“Uno dei grandi temi che ho approfondito e sviluppato nel tempo riguarda quella sorta di atmosfera esoterica che domina nella provincia di Cuneo, declinata attraverso le opere d’avventura tipiche, tra l’altro, di molti scrittori angloamericani – continua Ettore Canepa – La ricerca di un senso che possa riempire la vita di contenuto e significato è uno tra i grandi temi contemporanei alla base della mia ultima opera ‘Per l’alto mare aperto – Nei mari dell’immaginazione: Coleridge, Carlyle, Melville, Fenoglio, Mussapi’. Forse, in una società che sta velocemente mutando e che soffre di una perdita di contenuti, tornare a questi grandi autori e perdersi nel mare dell’immaginazione può aiutarci a mantenere una rotta. In questa mia opera, già pubblicata da Jaca Book nel 1991 e che è uscita in un’edizione aggiornata alla fine del 2024, cerco di dimostrare filologicamente quanto la ricorrente immaginazione sia rappresentata dalla metafora del mare, luogo estremo della ricerca metafisica, come riscontriamo nel Moby Dick di Melville, un trattato sapienziale e libro sacro che, grazie ad Achab e alla sua volontà di fare naufragio cercando di uccidere la balena bianca, ci consegna l’idea di un’immaginazione che, se da una parte può essere profetica, dall’altra è anche portatrice di delirio.

Le mie origini cuneesi e quell’atmosfera che pervade la mia terra, di cui parlavo pocanzi (perché è proprio vero che, osservate da Cuneo, le Langhe assomigliano a un mare azzurro), mi hanno portato ad approfondire quel ‘romanzo oceanico’ di Beppe Fenoglio che è ‘Il partigiano Johnny’, in cui, attraverso almeno sessanta metafore, lo scrittore langarolo ci consegna un’immagine della sua terra come immersa nel mare”.

“In quest’ultima edizione di ‘Per l’alto mare aperto’ – conclude Ettore Canepa – ho voluto inserire l’opera ‘Antartide’ del poeta Roberto Mussapi. Mi legano a lui, oltre all’amicizia e alla stima che risalgono ai tempi della nostra giovinezza, molti parallelismi nati negli anni tra il mio lavoro critico e il suo di poeta. Ritengo che questi temi di cui ho parlato nell’intervista siano basilari nella formazione di Mussapi. Egli è riuscito a estrapolarli e a portarli nella letteratura contemporanea, rendendo universale e comune il concetto di ‘potenza eroica’, declinandola ‘nella sua normale umanità’”.

Mara Martellotta

 

 

 

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“Tour Cesare Pavese”: sette presentazioni de “Il mestiere di vivere”

Anche il cinema, in occasione del “Salone Off – Salone internazionale del Libro” omaggia Cesare Pavese 

Da mercoledì 14 a martedì 20 maggio

“Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”. 26 agosto 1950. E’ una domenica sera affogata negli ultimi lampi di una triste soffocante estate, quando, dopo aver vagolato per una Torino verosimilmente deserta, solo e in preda a mille spietati “fantasmi” di cuore e memoria, Cesare Pavese decide di mettere fine alla sua vita nella camera dell’albergo “Roma” di piazza Carlo Felice, che aveva occupato il giorno prima. Lo scrittore di Langa avrebbe compiuto 42 anni il 9 settembre successivo. Sulla prima pagina dei suoi “Dialoghi con Leucò” (scritti fra il 1945 ed il 1947) che si trovava sul tavolino da notte, chi lo soccorse trovò le poche, scarne, definitive parole succitate. Parte proprio di qui la storia raccontata nel docufilm (2024) “Il mestiere di vivere”, tratto dall’omonimo “diario” dello scrittore di Santo Stefano Belbo, iniziato nel 1935 (durante il confino politico di Brancaleone Calabro) e continuato fino alla sua morte per essere pubblicato postumo, per la prima volta, da “Einaudi” nel 1952, a cura di Massimo Mila, Italo Calvino e Natalia Ginzburg. Il film, realizzato (regia e sceneggiatura) dalla cuneese, sua conterranea, oggi residente a Roma, Giovanna Gagliardo (Monticello d’Alba, 1941), e distribuito da “Luce Cinecittà” è stato lodevolmente inserito in un percorso di sette proiezioni che si terranno, tra mercoledì 14 e martedì 20 maggio, nell’ambito del programma per il “Salone Off” del “Salone Internazionale del Libro di Torino”.

Un vero e proprio “Tour Cesare Pavese” (organizzato da “Piemonte Movie” e “Distretto Cinema” in collaborazione con “Film Commission Torino Piemonte”, “Museo nazionale del Cinema”, “Agis – Anec – Acec Piemonte e Valle d’Aosta”, “Luce Cinecittà” e “Fondazione Cesare Pavese”) che prenderà il via mercoledì 14 maggioalle 21, al “Cinema Lux”, in Galleria San Federico a Torino. Al centro del lavoro della Gagliardo troveremo un Pavese (uomo – intellettuale) raccontato attraverso i vari capitoli che illustrano i tanti mestieri che egli ebbe a sperimentare nella sua breve vita, ricreando “un nuovo mondo letterario e culturale che ha dato identità alla seconda metà del Novecento italiano: un poeta che appena ventenne scopre la poesia narrativa, per poi cimentarsi nel romanzo breve, portare in Italia la letteratura americana e contribuire, infine, alla nascita della ‘Casa Editrice Einaudi’”. Scrive Giovanna Gagliardo“Quel Pavese che ricordiamo frettolosamente come il poeta infelice, suicida per amore, probabilmente è molto di più. Forse è l’intellettuale scomodo che oggi ci manca, l’antipatico mai compiacente che ti complica la giornata, il magnifico compagno di viaggio che – nelle colline di Santo Stefano Belbo- ti fa intravedere il mare azzurro di Itaca. Ho lasciato un Pavese che credevo locale e generazionale, ho ritrovato uno scrittore con il respiro dei ‘classici’”.

Dopo Torino, le proiezioni proseguiranno giovedì 15 maggio, alle 21, ad Asti (“Cinema Lumière”: qui sarà presente, con la regista Gagliardo, anche Laurana Lajolo, figlia di Davide), venerdì 16sempre alle 21, a Vercelli (“Cinema Italia”), sabato 17alle 21, a Dogliani (“Cinema Multilanghe”), domenica 18alle 18 e alle 21 a Villar Perosa (“Cinema delle Valli”), lunedì 19 e martedì 20alle 21, a Bra (“Cinema Vittoria”) e a Cuneo (“Cinema Lanteri”).

E non finisce qui. A chiudere il “Tour Cesare Pavese”martedì 20 maggio (ore 21) al “Cinema Romano”, in Galleria Subalpina a Torino, sarà infatti la proiezione speciale de “Le amiche” di Michelangelo Antonioni, in occasione del 70° anniversario dell’uscita in sala. Il film del 1955 fu liberamente tratto dal romanzo di Pavese “Tra donne sole” (da lui scritto nel 1949 a conclusione del trittico de “La bella estate”) e vinse il “Leone d’argento” alla “Mostra internazionale d’arte cinematografica” e tre “Nastri d’argento” nel 1956 (“Miglior regista”; “Migliore attrice non protagonista” a Valentina Cortese; “Migliore fotografia” a Gianni Di Venanzo). “In contrasto aperto con le tematiche ed i modi rappresentativi neorealisti, Antonioni – è stato scritto – presenta qui una storia in cui i personaggi sono già dei ‘vinti’, aggrappati al loro vuoto interiore, in una situazione di crisi ambientale e sociale di cui è partecipe tutta la gretta borghesia torinese”. A colpire é la “nuova”, singolare personalità stilistica del grande regista ferrarese, complice l’incontro con la ruvida sensibilità etica e linguistica dello scrittore di Santo Stefano Belbo. Introducono il film Stefano Boni del “Museo del Cinema” e Laurana Lajolo, figlia di Davide Lajolo (partigiano, giornalista, scrittore, amico di Cesare Pavese), oltre a due rappresentanti della “Fondazione Cesare Pavese”, la presidente Laura Capra e il direttore Pierluigi Vaccaneo.

Gianni Milani

Nelle foto: Frame da “Il mestiere di vivere”; Giovanna Gagliardo; “Le amiche”: Yvonne Furneaux, Valentina Cortese, Anna Maria Pancani, Eleonora Rossi Drago; Madeleine Fisher

Arturo racconta il Varietà al Torino Fringe Festival

Giovedì 15 maggio, ore 20.30

Polo del ‘900, Torino

 

Per il Torino Fringe Festival Arturo Brachetti veste i panni dello showteller in una conversazione con Matthias Martelli

 

Arturo Brachetti, il grande Maestro del trasformismo internazionale, per il Torino Fringe Festival, veste i panni dello showteller, cioè colui che racconta il mondo dello spettacolo attraverso le sue storie, nell’appuntamento speciale Arturo racconta il Varietà condotto dall’attore e amico Matthias Martelli (giovedì 15 maggio ore 20.30, Polo del ‘900).

Una conversazione dedicata al mito del varietà, ai suoi luoghi iconici (Parigi, con le luci della Tour Eiffel e il Paradis Latin) e gli incredibili personaggi che ne hanno fatto la storia, primi fra tutti Fregoli, Wanda Osiris e Petrolini tra aneddoti ed episodi che in questi anni il ciuffo più famoso d’Italia ha raccolto nei teatri di tutta Europa. Il pubblico intraprenderà un viaggio dietro le quinte, scoprendo come il varietà abbia cementato la nostra identità nazionale diventando parte integrante della vita quotidiana delle persone. Un rapporto così radicato che ancora oggi utilizziamo, spesso senza saperlo, gesti ed espressioni nati su quei palcoscenici… siamo uomini o caporali?

Non era solo intrattenimento di qualità, ma anche satira e critica al potere (come dimenticare il Nerone di Petrolini), formazione di nuovi talenti che poi la televisione avrebbe reso giganteschi (Renato Rascel, Totò, Franca Valeri, Tognazzi, Erminio Macario per citarne alcuni, ma anche Raffaella Carrà che da ragazza era in compagnia proprio con Macario), “prove” a tu per tu con il pubblico. Il varietà era tappa obbligata per la gavetta dell’artista, fosse un ballerino o un’attrice comica.

 

Da sempre l’uomo subisce e provoca il meccanismo giocoso e mentale di poter assistere in un tempo breve a diversi contenuti. A teatro, un tempo, si chiamava Varietà ma poi è poi diventato lo zapping televisivo ed ora sono i contenuti social. Siamo attratti da sempre dal menù degustazione, dalla parata, dalla curiosità di saltare da una cosa all’altra sorprendendoci piacevolmente.

Arturo Brachetti

 

Arturo Brachetti è un artista italiano, famoso e acclamato in tutto il mondo, considerato univocamente the Legend of quick change, il grande Maestro del trasformismo internazionale. Il Guinness Book of Records lo annovera come il più veloce trasformista del mondo. Profondo conoscitore del teatro internazionale e dello spettacolo, da anni affianca a quello di artista il ruolo di showteller (letteralmente colui che racconta lo spettacolo), cioè divulgatore teatrale, con lo scopo di diffonderne la conoscenza in maniera semplice e coinvolgente. Inoltre è un regista e direttore artistico attento e appassionato, capace di spaziare dal teatro comico al musical, dalla magia al varietà. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti nella sua carriera figurano il premio Molière (FR) e il Laurence Olivier Award (UK). Nel 2014 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo nomina Commendatore con un decreto motu proprio.

Tra i suoi libri: Le ombre cinesi (Priuli&Verlucca, 2005); Uno, Arturo, centomila. Vita, magie e salti mortali dell’uomo dai mille volti (Rizzoli, 2007); Tanto per cambiare (Baldini&Castoldi, 2015). Altri progetti: podcast Et voilà, la belle epoque! (Storielibere, 2022); audiolibro Diario di una signorina snob di Franca Valeri (Emons, 2022); serie Poltrona spiona (Mediaset Infinity, 2023). Per la seconda stagione è regista e interprete del musical Cabaret in cui ha rivestito il ruolo di Emcee; da febbraio 2025 Brachetti è nuovamente sui palcoscenici di tutta Italia con il suo one man show SOLO, considerato un classico del teatro contemporaneo.

Info:

Giovedì 15 maggio, ore 20.30

Polo del ‘900, piazzetta Franco Antonicelli, Torino

Arturo racconta il Varietà

Ingresso gratuito

Prenotazione online su www.tofringe.it

Turinalia, la Nazione che non c’è

Venerdì 16 maggio alle 19 Umberto Gianni presenterà il suo libro “Turinalia – Trattato storico-fantasy” (Ed. Abrabooks) al Salone del libro. 

Turinalia è una Nazione utopistica che si trova in un’isola del mar Mediterraneo, scoperta da Pietro Ciapa, suo fondatore. Il libro racconta la storia di questa Repubblica attraversando i diversi periodi storici come la Belle Epoque e le due guerre mondiali, arrivando fino ai giorni nostri, più nello specifico all’anno 2020.

Umberto Gianni nasce nel 2003 a Torino, dove ha trascorso la sua infanzia. Dopo aver conseguito il diploma alle scuole superiori ad Alassio, ha frequentato il primo anno nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino, studi che ha interrotto per iniziare l’esperienza di lavoro a Disneyland Paris. Fin da giovanissimo ha coltivato la sua passione per la scrittura, la politica e l’imprenditoria.

(Da Sanremo News)

Il partigiano Johnny nel Monferrato

Si e’ svolto a Vignale Monferrato, nell’aula Cavour, il 3 maggio scorso, il convegno ispirato dall’iniziativa tra gli altri di Andrea Ferraris: “Il gallo canta ancora”.

Promosso dalla “Lista Civica Vignale Futura”.
Hanno partecipato i relatori: l’avvocato Sergio Favretto e Bianca Roagna direttrice del Centro studi Beppe Fenoglio.
Moderatrice la scrittrice Patrizia Monzeglio.
Occasione: l’ottantesimo anniversario della Liberazione.
Presentazione del Sindaco: Ernesta Corona.
Introduzone di Massimo Birago.
Filo conduttore della conferenza e sottotitolo: “Il partigiano Johnny nel Monferrato”.

Il contributo  generoso e autorevole dei relatori, è ruotato in gran parte attorno alla tematica meno conosciuta e approfondita, del passaggio di Giuseppe Fenoglio, dalle Langhe al Monferrato, durante la sua militanza nella Guerra di Liberazione. Al suo stile letterario, ai suoi contenuti di testo. Stimolo intellettuale per rievocare storiograficamente la figura dello scrittore albese nel suo insieme, come testimone e combattente.
Bianca Roagna e l’avvocato Sergio Favretto ci hanno raccontato e descritto in polifonia, la complessa personalità dello scrittore piemontese. Sul piano identitario, su quello letterario, su quello dell’azione bellica militare e su quello biografico. E’ risultato in parola, una una sorta di “figura sciamanica”, la dove lo stesso Johnny-Fenoglio, ufficiale di collegamento con gli Alti Comandi Alleati, è nel testo elemento inscindibile del flusso di coscienza narrativo. Un po’ come lo sciamano Don Juan lo è stato per lo stesso Carlos Castaneda. Erano due o uno? Erano due in uno. Johnny, alter ego di Fenoglio, si esprime in un inglese ‘slang’ a volte onomatopeico e cinematografico. La lingua inglese era la più amata dallo scrittore.
Un suo cable con gli alleati, ritrovato dal fumettista Andrea Ferraris, in un archivio storico, mostra come in località Conzano, i partigiani langaioli stessero decidendo di confluire nel basso Monferrato. Mezzo utilizzato: Radio Londra. Frase in codice: “Il gallo canta ancora”.
Iniziano quindi movimenti di drappelli e brigate, lanci di armamenti e vettovaglie da parte alleata.Nella zona di Vignale ( e in forma più estesa in tutto il Monferrato) molto attive erano formazioni di gap garibaldini, ma anche truppe monarchiche e cattoliche  e gruppi di Giustizia e Libertà. Le bande Lenti e Tom. Scontri a fuoco e guerriglia, che si allargarono a macchia d’olio in guerra vera e propria dopo l’Armistizio dell’ 8 settembre 1943, deciso dal Generale Pietro Badoglio, su un territorio tanto aspro quanto frammentato.
O si sceglieva la militanza nella Rsi o si entrava nella Resistenza. L’attendismo restava sullo sfondo, sostanzialmente ininfluente.
Tutto ciò portò in fasi successive e decisive,  dalla guerra armata contro i nazifascisti alla loro resa e alla liberazione dell’intero territorio italiano. Successivamente alla Costituente del 1945-47 e alla stesura della Costituzione.
Fino alla democrazia ricostituita e necessariamente senza aggettivi, dei nostri giorni tumultuosi, bui e inquieti. Come possiamo con amarezza constatare dalle cronache politiche odierne. Fatti ancora difficilmente storicizzati e normalizzati in uno spirito di concordia nazionale. Ferite ancora aperte. Una piaga molto italiana.
Giuseppe Fenoglio rimane l’unica personalità letteraria di spicco internazionale sulla questione resistenziale, l’unico antropologo della Liberazione, lui monarchico, precoce giovane antifascista, morto a quaranta anni a Torino, per una patologia polmonare.
Non importa quanto si vive, ma nel poco, come. Rischiando in prima persona, nella società lacerata e divisa di quegli anni, diventa adulto rapidamente bruciando gli anni della fanciullezza, attraverso rinunce e sacrifici, verso una società libera e democratica, cui allora si poteva solo anelare e prefigurare. Se nel profondo si era spiriti liberi.
L’ anticonformismo della personalità dello scrittore albese, la sua forza emancipativa, ne fanno un autore di formazione a vocazione civile.
La vis narrativa di Fenoglio, è scuola di libertà e laicità, attualissima e sempre più necessaria. Il passaggio non solo testuale, ma fisico e geografico, tramite il comando alleato, lo spinge ad affrontare l’ignoto, sempre sul campo.
Il Monferrato si stava mobilitando, sotto lo sguardo prima scettico, poi vigile e infine consensuale degli Alleati. Questa missione ricalcava il suo carattere, schivo e  combattivo. In fondo, mi dico, la curiosità è il motore della conoscenza fenogliana e di tutti noi.
Stop.
Buio in sala.
Scorrono diapositive sui giorni della Liberazione a Vignale Monferrato. Si riaccende la luce. Saluto alcune persone incontrate, volti conosciuti di vecchia data, altri anonimi.
Esco dall’aula Cavour. Raggiungendo l’automobile immagino un uomo che con uno sguardo pensoso, mi guarda bonariamente. La sua eterna sigaretta in bocca. Sembra salutarmi, alla luce del tramonto di primavera. Adesso, con una lacrima negli occhi, mi sento più leggero.
Più libero.
Grazie, Beppe.
Grazie sul serio

Aldo Colonna

Nella foto di copertina: partigiani a Vignale Monferrato

La Festa del Libro e della Lettura di Nichelino

 

Fino al 29 maggio la 12° edizione della Festa del Libro e della Lettura di Nichelino anima spazi diffusi in città. Tantissimi appuntamenti, alcuni dei quali rientrano anche nel programma del Salone Internazionale del Libro OFF.

Ad ospitare presentazioni di libri, serate dedicate alla poesia, autori esordienti e nomi illustri saranno, oltre alla Biblioteca G. Arpino, la Libreria Il Cammello, il palazzo comunale, l’Informagiovani, le associazioni, i circoli e i comitati di quartiere.

I prossimi appuntamenti:

Mercoledì 14 maggio ore 18:30 – Centro “Nicola Grosa” – via Galimberti 3
Premio Letterario Angelino Riggio “Scrivo per la mia Città” – 1ª edizione. A cura di Amici del Cammello
Dedicato alla memoria di Angelino Riggio, ex Sindaco di Nichelino, scrittore e fondatore dell’Ass. “Amici del Cammello”. Rivolto alle Scuole Secondarie di Primo Grado di Nichelino.

Giovedì 15 maggio ore 21:00 – Biblioteca civica G. Arpino – via A. Azzolina 4
Rosario Esposito La Rossa presenta “Il 25 aprile è divisivo solo se sei fascista”
Un racconto della Resistenza rivolto ai giovani attraverso dieci storie di semplici uomini e donne che ci porta nei boschi, sui monti, tra le barricate nella battaglia contro i nazifascisti.
Con i saluti del Sindaco e dell’Assessore alle Politiche Giovanili.
Modera Diego Sarno

Venerdì 16 maggio ore 15:00 – Circolo Polesani nel Mondo – via Vespucci 27
La stella sulla Mole. A cura di Uni3 e di Amici dell’Arpino ODV
Daniela Rissone racconta la storia della stella posta in cima alla Mole Antonelliana. Per l’occasione sarà proiettato il raro filmato “La stella verso il cielo”.

Sabato 17 maggio ore 11:00 – Biblioteca civica G. Arpino – via A. Azzolina 4
Cristina Cassar Scalia presenta “Delitto di benvenuto”
Sta per arrivare il nuovo attesissimo romanzo. Un altro caso intricato tra segreti e tensioni. Un delitto carico di mistero.
Con i saluti del Sindaco.
Modera Michele Pansini

Sabato 17 maggio ore 17:00 – Libreria Il Cammello – via Stupinigi 4
Giulia Provera presenta la “Testardaggine dell’acqua”. A cura di Circolo della Poesia “Nando Lentini” e Amici del Cammello
Un viaggio poetico che esplora la solitudine e l’incomunicabilità, temi centrali nell’opera dell’autrice. Con uno stile intimista, la raccolta riflette sulla difficoltà di comprendere l’essenza dell’essere umano e il ruolo della poesia in questo processo di ricerca.

Domenica 18 maggio ore 17:00 – Informagiovani – via Galimberti 3
Roberto Colombo presenta “Riquelme. Román e la casa del padre”. In collaborazione con Garrincha Edizioni
Un talento solo parzialmente sbocciato in Europa, un campione in Sudamerica ma soprattutto un idolo, un’icona, una leggenda per il popolo del Boca Juniors: parliamo di Juan Román Riquelme. E lo facciamo grazie al romanzo del giornalista e scrittore torinese Roberto Colombo, uno dei massimi esperti di calcio argentino in Italia.
Saluti istituzionali.
Modera Darwin Pastorin, giornalista, scrittore e cittadino onorario di Nichelino.
Con la presenza di Giovanni Salomone, direttore editoriale Garrincha edizioni.
Introduce Michele Pansini

Lunedì 19 maggio ore 18:00 – Open Factory – via del Castello 15
Piero Marrazzo presenta “Storia senza eroi”. In collaborazione con Uni3
Il racconto di come la vicenda privata di un uomo si trasforma in politica e diventa vicenda al servizio di un’intera comunità.
Con i saluti del Sindaco.
Modera Michele Pansini

Il programma dettagliato è consultabile qui https://comune.nichelino.to.it/2025/04/18/12-festa-del-libro-e-della-lettura-di-nichelino/

Città di Nichelino online:

Web www.comune.nichelino.to.it

Facebook https://www.facebook.com/Cittanichelino

L’isola del libro

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RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Joël Dicker “La catastrofica visita allo zoo” -La nave di Teseo- euro 20,00

Non siamo in cima alla vetta del suo strepitoso esordio “La verità sul caso Harry Quebert” che, nel 2013, l’ha catapultato al top delle classifiche, trasformandolo nel re dei best seller; e da cui è stata tratta l’omonima serie interpretata dall’affascinante Patrick Dempsey.

Detto questo e considerato che alla media di un romanzo all’anno non è facile mantenere sempre il medesimo livello, anche in questo ottavo lavoro, la penna dello scrittore di indiscutibile talento c’è sempre.

Meno corposo il volume e più leggera la storia, sempre con mistero, ma adatto a grandi e piccini, tanto più che al centro ci sono proprio dei bambini….e non di quelli qualunque. Il ginevrino Dicker ha pensato il romanzo per lettori dai 7 ai 120 anni, introducendo la voce narrante di Joséphine che, ormai adulta, racconta un fatto accaduto quando era piccola.

Si rivede bambina, molto sveglia e dalla parlantina facile. Sogna di diventare inventrice di parolacce e intanto frequenta la scuola speciale dei Picchi Verdi, con altri 5 coetanei straordinari come lei; ognuno vanta una peculiare caratteristica e una specifica abilità. Una sola classe e l’amata maestra, signorina Jennings.

Un inspiegabile allagamento rende inagibile la loro aula e ad offrirgli ospitalità è il Direttore della scuola normale accanto, così le cose cambiano. Alla vigilia di Natale una visita scolastica allo zoo scivola in catastrofe; ma fino a che punto e perché, lo scopriremo solo alla fine.

Anche in un piacevole e leggero divertissement per tutte le età come questo, Dicker si rivela maestro nel mantenere la suspense. Nel frattempo intrattiene il lettore con lezioni scolastiche tragicomiche, inchieste spassosissime di giovani investigatori coadiuvati da una nonna che si professa una sorta di “Miss Marple”, incidenti paradossali e parecchio esilaranti.

Emergono idiosincrasie e abilità precoci dei bimbi speciali, fragilità degli adulti (del Direttore in primis).

Ma, neanche troppo sotto traccia, ci sono tematiche toste e attualissime come: democrazia, diversità, tolleranza, libertà, censura.

E un quesito su tutti: nell’adulto di oggi quanto è stato smarrito e dimenticato il sentire del bimbo di ieri?

 

 

Samantha Harvey “Orbital” -NNE- euro 18,00

La scrittrice inglese Samantha Harvey ha vinto il Booker Prizer 2024 con questo libro che la giuria ha definito: «una lettera d’amore al nostro pianeta…». Racconta la giornata di 6 astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, alla loro ultima missione.

Ogni capitolo si concentra su un’orbita di 90 minuti attorno alla Terra, ma non è una storia di esplorazione spaziale.

Piuttosto, il romanzo induce a riflessioni profonde su: senso della vita, bellezza fragile del pianeta, inutilità dei confini e delle guerre, sperpero di vite e risorse preziose, relatività del tempo, consapevolezza di quanto tutto sia terribilmente precario nel cosmo.

A provare nostalgia per la Terra sono 2 donne e 4 uomini, di nazionalità diverse, che hanno condiviso il viaggio a bordo di una grande H di metallo, formata da 17 moduli collegati, sospesa sopra la Terra. La Stazione -con movimento costante- li ha trasportati in un’orbita perpetua a 28.000 chilometri orari.

Gli astronauti a bordo vivono 16 albe in 24 ore; vuol dire che ogni giorno vedono il sole fuori dagli oblò sorgere e tramontare 16 volte.

Per loro, che osservano la terra dall’alto dello spazio, a 400 km di distanza, dopo un po’ tutto si mescola: fantasie, realtà, e vivono addirittura la sensazione di non essere distinti uno dall’altro.

Per loro il tempo si dilata; perdono il conto di giorni, settimane e mesi, tutto si appiattisce in un presente immobile, in cui ripensano alle loro vite e provano nostalgia per la Terra.

Ed è la Terra, che continua a rotolare sotto di loro, la vera protagonista di queste pagine; meravigliosa anche quando viene spazzata da tifoni devastanti.

Perché da lassù la prospettiva cambia. Si vede la sfera rotante in tutta la sua magica bellezza, in cui l’unica linea di demarcazione è quella tra terraferma e mare; niente barriere, guerre, odio, né stragi.

Pensiamo erroneamente di poter disporre a piacimento della Terra, ma non è un pianeta al sicuro al centro di tutto; è parte di una galassia gremita di infiniti altri corpi celesti… e tutto può improvvisamente esplodere o collassare.

 

 

Serena Dandini “C’era la luna” -Einaudi- euro 18,00

Oggi sembra quasi che diritti come divorzio e aborto esistano da sempre, ma chi era adolescente a metà secolo scorso neanche sapeva cosa fossero.

Lo racconta Serena Dandini in queste pagine che narrano come eravamo e ci dicono come non vogliamo tornare ad essere.

Non sono autobiografiche, ma certo parlano anche del suo vissuto.

Protagonista di questo romanzo di formazione è la 14enne Sara Mei, nella Roma tra 1967 e 1969.

Ha iniziato il ginnasio e si trova in quella palude melmosa che sta in mezzo al guado tra una sponda e l’altra di due fasi importanti della vita, in cui è complicato stare a galla e raggiungere la seconda riva nel modo giusto.

Il modello familiare è patriarcale, tipico dell’epoca: il padre porta i soldi a casa, la madre fa funzionare il focolare domestico al meglio ed ha mortificato la sua femminilità con le gravidanze. La scelta proposta a Sara è tra: moglie o donnaccia.

A scuola Sara sperimenta tutta la sua goffaggine ed inadeguatezza; considerata ancora una bambina è incuriosita ed attratta dal gruppo scintillante di studentesse più grandi: spavalde, sicure di sé, femminili in modo provocatorio.

Beba, Violante e Vera sono dapprima inaccessibili, poi diventano amiche di Sara che, in una precisa circostanza, si fa coraggio, butta il cuore oltre l’ostacolo, sfodera simpatia e intelligenza ed entra finalmente a far parte del “cerchio magico”.

E’ con la forza dell’amicizia, della sorellanza e del reciproco aiuto che la protagonista impara poco a poco a definirsi. Lascia da parte le insicurezze insieme al fisico informe e sgraziato; ed ecco realizzarsi una delle metamorfosi tra le più complesse nell’arco di una vita.

Sullo sfondo ci sono poi gli avvenimenti storici, l’epoca di grandi cambiamenti. Dandini ferma volutamente il racconto nel 1969, ovvero il mondo prima che arrivassero le leggi su interruzioni di gravidanza, divorzio e altre conquiste….

 

 

Hammershøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia” -Dario Cimorelli Editore- euro 30,00

Catalogo della Mostra a Rovigo dal 21 febbraio – 29 giugno 2025. Palazzo Roverella.

Si può dipingere il silenzio?

Si, il pittore danese di fine Ottocento, Vilhelm Hammershøi, lo ha fatto divinamente. Ora potete ammirare 14 sue tele, per la prima volta esposte in Italia, a Rovigo fino al 29 giugno.

Hammershøi (1864-1916) è stato il più grande pittore della sua epoca in Danimarca e uno dei geni dell’arte europea tra la fine del XIX e inizi XX secolo. Per decenni però è stato trascurato dai manuali di settore, nonostante il ruolo di spicco nella vita culturale a livello europeo; omaggiato da Rilke che volle incontrarlo ad ogni costo e scriverne.

Dall’incontro emerge il ritratto di un Vilhelm Hammershøi taciturno, a tratti scontroso, restio a rispondere alle domande di Rilke, che rinunciò anche per questa inaspettata ritrosia a proseguire nel progetto di scrittura che aveva inizialmente pensato.

Il silenzio nelle sue tele parla per lui; i suoi quadri non pretendono di inabissarsi nei tormenti dell’anima o della psiche (come invece il suo coetaneo Munch); Hammershøi si tiene a distanza da qualsivoglia psicologismo.

Non produsse moltissimo e nascose le sue scelte estetiche dietro le esigenze di mercato; all’epoca si vendevano bene i quadri raffiguranti gli interni, molto poco invece i paesaggi. Così trasformò le pareti della sua casa austera in un set per le tele da dipingere.

Anche se ritrasse moglie e sorella, erano sempre di spalle e intente a faccende muliebri o lontane; protagonista era sempre e solo l’aria silenziosa che le circondava, mai loro.

I suoi quadri però non rappresentano il vuoto, tutt’altro, la calma è solo apparente, e il silenzio sembra preannunciare arrivi di vita e voci che risuoneranno. E’ solo un tempo di attesa, rischiarato da pennellate di luce soffusa che sono uno dei tratti del pittore danese.

Il corpus di opere lasciato da Hammershøi, purtroppo, non è vastissimo, anche perché è morto a soli 52 anni; e oggi le poche tele sul mercato hanno prezzi record. 2 anni fa Sotheby’s battè “The music Room” alla cifra di 9 milioni di dollari.