CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 22

Carducci e la sua ode al Piemonte dalle “dentate scintillanti vette”

Su le dentate scintillanti vette salta il camoscio, tuona la valanga da’ ghiacci immani rotolando per le selve croscianti :ma da i silenzi de l’effuso azzurro esce nel sole l’aquila, e distende in tarde ruote digradanti il nero volo solenne. Salve, Piemonte! A te con melodia mesta da lungi risonante, come gli epici canti del tuo popol bravo,scendono i fiumi…”.

Chi non l’ha imparata a memoria e recitata a scuola questa poesia? Secondo alcuni esperti di storia della letteratura, i versi dell’ode “Piemonte” vennero composti da Giosuè Carducci durante il suo soggiorno al Grand Hotel di Ceresole Reale nel luglio del 1890.

 

Nato a Valdicastello, una frazione di Pietrasanta, nella Versilia lucchese, il 27 luglio 1835, il poeta e scrittore, fortemente legato alle tematiche “dell’amor patrio, della natura e del bello”, fu il primo italiano – nel 1906 – a vincere il Premio Nobel per la Letteratura.  Questa la motivazione con la quale gli  venne assegnato, vent’anni prima di Grazia Deledda, l’ambito premio dell’Accademia di Svezia: “non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all’energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica”. Giosuè Carducci morì un anno dopo, il 16 febbraio 1907, all’età di 72 anni, lasciando alla cultura italiana una vasta produzione di poesie, raggruppate in diverse raccolte: dagli “Juvenilia” fino ai lavori della maturità. Tra questi ultimi si distingue in particolare la raccolta  “Rime nuove”, composta da 105 poesie, tra cui sono contenuti i versi più conosciuti dell’autore, presenti in “Pianto antico” ( “L’albero a cui tendevi la pargoletta mano..”) e “San Martino” (“La nebbia a gl’irti colli piovigginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar;ma per le vie del borgo dal ribollir de’ tini va l’aspro odor dei vini l’anime a rallegrar..”).

Nella sua produzione non mancano anche alcuni lavori in prosa, tra cui la raccolta dei “Discorsi letterari e storici” e gli scritti autobiografici delle “Confessioni e battaglie“.  Alla notizia della sua morte – nella sua casa delle mura di porta Mazzini, a Bologna –  la Camera del Regno ( Carducci, dopo essere stato a lungo Senatore del Regno era stato eletto alla Camera nel collegio di Lugo per il gruppo Radicale, di estrema sinistra)   sospese la seduta. L’Italia intera vestì il lutto per la scomparsa del poeta  che aveva cantato il Risorgimento. Durante i funerali, che si svolsero il 18 febbraio, i cavalli che portavano il feretro alla Certosa avevano gli zoccoli fasciati. Il cuore di Bologna, piazza Maggiore, e molte case private si presentarono parate a lutto. I fanali lungo il percorso vennero accesi e “guarniti di crespo“. La salma del poeta, fu “rivestita dalle insegne della massoneria, alla quale fu affiliato, e molti massoni partecipano alle esequie”.  Pochi giorni dopo la casa e la ricca biblioteca del poeta vennero donate dalla regina Margherita al Comune di Bologna. 

Marco Travaglini

Creatività e trasgressione, la continua “pazza idea” di Angelo Frontoni

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Alla Mole, sino al 9 marzo

Osservate, indagate, decifrate il significato intenso di ogni proposta consegnata da Angelo Frontoni. La fotografia è più complessa del cinema che inganna l’occhio con il movimento dell’oggetto e il suono della parola; la fotografia è un furto breve, è un istante di rapimento posseduto dal quale l’operatore sottrae alla vittima la sua muta confessione”, parole di Alberto Lattuada, anno 1990. Ed è una ampia carrellata, che s’inerpica su e su per la scala elicoidale, all’interno della Sala del Tempio della Mole di Antonelli, di queste fanciulle in fiore – in questi termini avrebbe parlato il regista -, quella che srotola immagini e immagini, sotto il titolo di “Pazza idea”, prodotta in proprio e realizzata dalla Fondazione del Museo del Cinema e attingendo da quel vasto patrimonio che è l’archivio Frontoni – 546.000 immagini acquisite vent’anni fa dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e dalla Cineteca Nazionale – Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma: per la mostra se ne sono scelte 200 in rappresentanza di 62 artisti nazionali e internazionali. Chissà quante diverse mostre e differenti titoli potranno nascere da tutto quel ben di dio. Curata dal direttore Carlo Chatrian con Roberta Basano e Elena Boux, la mostra ha il giusto sottotitolo di “Oltre il ’68: icone pop nelle fotografie di Angelo Frontoni”, dove sono indicate la volontà e la scelta di restringere il campo visivo, di focalizzare una dozzina d’anni, di interessare lo sguardo esclusivamente al corpo – femminile soprattutto ma anche maschile che quegli anni di digressione e rivoluzionari avevano sdoganato -, di guardare alla carta patinata e no, alle riviste che con quelle immagini quasi triplicavano le loro vendite, agli spazi occupati su Stern, Paris Match, Sunday Times, Photo e persino Playboy americano, magari mescolando – sempre con il gusto dell’ironia una provocazione più o meno accentuata – il clima della Swinging London con i panorami agresti delle campagne intorno a Roma. Uno sguardo a fissare un’epoca piena di personaggi, taluni a consolidare un successo altri alla ricerca di una fama, obiettivi e sguardi ben lontano sempre dal voyeurismo.

L’immagine mi ha sempre attirato. Vivo d’immagini, la bellezza delle immagini le luci, le espressioni del volto umano…La realtà; la vita. Faccio il fotografo per cogliere, fissare, rubare la vita… Abbellirla, quando mi riesce”, parole di Frontoni, anno 1989, che richiamano le parole di Roberta Basano, in conferenza stampa, circa “la sua grande libertà con il mezzo espressivo”. A lui, nei decenni che vedevano attentati e sangue e atti rivoluzionari, che incrociavano gli anni di piombo, non interessavano i cortei che sfilavano per le strade e davanti ai cancelli delle fabbriche, la Storia stava da tutt’altra parte, lui continuava a cercare le luci e i volti e i corpi. Il presidente Enzo Ghigo esprime “il livello di soddisfazione altamente significativo” per l’operazione come tiene a sottolineare “l’interesse che produrrà nelle persone che quegli anni e le vicende, personali e no, delle tante interpreti di quelle immagini hanno vissuto: e anche quelli che non erano ancora nati, la mostra è in ogni modo uno spaccato della storia di casa nostra. Mentre il direttore e curatore Carlo Chatrian guarda alla “valorizzazione del patrimonio del fotografo come all’aspetto umano” nell’intento di continuare a fare ricerca, secondo le direttive della Fondazione. “Tante le immagini ma quella che guida la mostra è l’immagine di Patty Pravo, icona tra le principali del mondo di Frontoni, emblema di creatività e trasgressione, davvero artefice di una continua “pazza idea”, lei scelta un giorno, in tutta la sua fierezza, per essere avvicinata o inghiottita tra i dentoni di uno squalo, a pubblicizzare il film di Spielberg.

Era nato Frontoni nel marzo del ’29, ma altre fonti anticipano al ’26, a Roma, dove scomparve nel 2002. Primo di nove figli, abbandonò ben presto quel familiare forno Frontoni che era celebre per la “pizza romana” e sfamava l’intera famiglia, non ne sentiva alcun aggancio. Se ne volò a Parigi e dopo poco in America, sperimentando la propria tecnica del bianco e nero che lo portò al primo successo di una lunga professione: la foto di Gina Lollobrigida. Dopo quell’immagine sarebbero arrivati i tanti servizi, “firma ben riconoscibile per il suo stile barocco ai limiti dell’eccesso” – sempre concepiti nella villa di Zagarolo o nell’ampio studio di via dei Monti di Pietralata 90, nella capitale – a immortalare, con la Patty, Elsa Martinelli e Marisa Mell (anche i film di serie B andavano a pennello, l’attrice austriaca sul set di “Una sull’altra” di Lucio Fulci, 1969, ne è un esempio) e una piratesca o campagnola Loredana Bertè, le più gettonate, ma pure Jane Fonda, metallizzata sul set di “Barbarella”, Claudia Cardinale e Ornella Vanoni impellicciata, le proteste degli animalisti erano ancora di là da venire, Rossella Carrà e l’androgina Jane Birkin, Catherine Spaak avvolta nelle piume e la dimenticata Maria Grazia Buccella, il caschetto nero di Rossana Podestà (1966), all’apice del successo con “Il grande colpo dei 7 uomini d’oro” ma pronta di lì a poco ad abbandonare il marito regista Marco Vicario per le montagne e per Walter Bonatti. E ancora Raquel Welch e Mariangela Melato fotografata in abito arancio tra le scogliere di “Travolti da un insolito destino”, le sorelle Kessler ed Edvige Fenech elegante negli abiti di Rocco Barocco o nature come mamma l’ha fatta (primi anni Ottanta), sotto il segno del Capricorno – una serie legata ai segni zodiacali assolutamente da non perdere -, le sorelle Bandiera di arboriana memoria e Ira von Fürstenberg di nobili natali e Renato Zero, che forse non aveva ancora raccolto le orde dei sorcini attorno a sé ma che ci teneva a mostrarsi trasognato ai margini di una solitaria spiaggia con la “storica fidanzata” Lucy Morante. Era, più o meno, il 1979 e lui ci blandiva con “il carrozzone riprende la via / facce truccate di malinconia / tempo di piangere, no, non ce n’è / tutto continua anche senza di te”. Fine di un grande amore?

Chiuso nel capitolo “Dancing Queen” troviamo Enzo Avallone – poi Truciolo, dal nomignolo che gli affibbiò il non ancora pentastellato Beppe Grillo -, conquistatore di un quarto d’ora di successo grazie a Heather Parisi che lo volle nel ’79 accanto a sé per “Fantastico”, qui slanciato in abito immacolato contro uno di quei fondali metallici che maggiormente permettevano a Frontoni di giocare con la luce e i suoi tanti effetti. Proseguendo alla voce maschietti, l’efebiche forme di Helmut Berger tra le fresche frasche di Ischia, Visconti finissimo occhio osservatore e protettore, Fabio Testi issato poderoso su un bianco cavallo, lo sguardo di Lawrence d’Arabia prima della battaglia ma con assai meno paludamenti, Jean Sorel mollemente adagiato. A dirla tutta – sono le ospiti di due delle sei “cappelle” (più o meno “votive” ad un mondo che mostrava già parecchi scricchiolii) approntate al temine del tragitto artistico, Ilona Staller (con tanto di sussurri, e poche grida, a matrice erotica) e Moana Pozzi immersa nella tinozza; nonché Luciana Turina, che mette in (bella?) mostra il proprio fisico over size, con una (grande) tonnellata d’ironia ma certo con una qualche caduta di gusto cui anche il maestro della fotografia non ha potuto sottrarsi.

Alla Mole sino al 9 marzo, gli occhi di tutti hanno tempo e modo di sbizzarrirsi. Si prevede, nelle intenzioni degli organizzatori, una festa anni ’80, chissà dove chissà quando chissà se, e altrettanto “certo certissimo anzi probabile”, l’arrivo della icona Patty Pravo e del nipote di Frontoni, Daniele, felicissimo – ha detto – che il Museo del Cinema abbia ricordato in maniera così significativa lo zio.

Elio Rabbione

Presenze, nei lunghi anni di lavoro di Frontoni, sono stati Brigitte Bardot, Helmut Berger, Jane Fonda e Patty Pravo che della mostra “Pazza idea” è l’immagine principe.

Rock Jazz e dintorni a Torino: Ronald Baker &Tony Match Trio

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

Lunedì. Alle OGR suona Ronald Baker & Tony Match Trio.

Mercoledì. Al Blah Blah si esibiscono I Cospiratori.

Giovedì. Al Vinile è di scena Simona Palumbo Quartet. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Lina Simons + Juma. Al Blah Blah suonano i The Dirteez + Bone Rattler.

Venerdì. Al Peocio di Trofarello è di scena il sestetto di Luca Vicini. Al Circolino suona il Just in Trio. Allo Ziggy si esibiscono i GoTho + Codcreep.

Sabato. Al Vinile sono di scena i The Bartenders. Al Peocio di Trofarello và in scena Music for Burkina. Al Magazzino sul Po suonano gli Ecko Bazz & Still.

Pier Luigi Fuggetta

“Il respiro della musica” con l’Orchestra Giovanni Battista Polledro

Diretta dal Maestro Federico Bisio

L’Orchestra Polledro prosegue la stagione 2025 con il secondo concerto della terza rassegna “Il respiro della musica – s’ode a Chieri uno squillo di corno, divertimenti sonori nel classicismo”. L’appuntamento è per giovedì 25 settembre alle ore 21 nella chiesa di San Domenico, in via San Domenico, a Chieri. Sul podio Federico Bisio, direttore stabile dell’Orchestra, e i corni solisti Umberto Jiron e Stefano Ruffo. Verranno eseguiti di Johann Georg Feldmayer (1756-1831) il concerto in Fa maggiore per due corni e orchestra, e di Mozart (1756-1791) la Sinfonia in Do maggiore n.16 KV128, e il Divertimento in Re maggiore n.2 KV131.

Feldmayer fu compositore, violinista e tenore, figura poco nota della musica di corte del Settecento, nonostante abbai ricoperto incarichi di rilievo, come quello di Kappelmeister a Wallerstein, succedendo ad Antonio Rosetti. Rimasto orfano di padre molto presto, ricevette una istruzione gesuitica a Monaco di Baviera, dove si formò musicalmente. Pur destinato alla carriera ecclesiastica, scelse la musica entrando, intorno al 1780, nell’orchestra del Principe Kraft Ernst Zu Oettingen-Wallerstein come violinista e tenore. Si distinse anche come compositore e, insieme alla moglie Monika, brava soprano, prese parte a numerose esecuzioni vocali.

Il concerto per due corni di Feldmayer è una delle composizioni più interessanti della sua produzione musicale, conservata in forma manoscritta tra i fondi della biblioteca universitaria di Augusta, provenienti dalla collezione musicale dei Principi Oettingen – Wallerstein.

La Sinfonia n.16 in Do maggiore K128 fu composta da Mozart nel maggio 1772 a soli 16 anni, durante il suo soggiorno a Salisburgo tra due viaggi in Italia. È strutturata in tre movimenti nello stile dell’ouverture italiana: Allegro maestoso in 3/4 ; Andante grazioso in Sol maggiore per soli archi in 2/4 ; e un Vivace Allegro finale in 6/8. Il primo movimento è in forma sonata con una rete ma intensa sezione di sviluppo. La ripresa non è una semplice replica dell’esposizione. Il secondo movimento rinuncia ai fiati, creando un contrasto più intimo , mentre il terzo, in forma di Rondò modificata con coda, introduce oboi e corni in un’atmosfera brillante e danzante. L’autografo è conservato presso la biblioteca di Stato di Berlino. Il Divertimento K131 si distingue per la sua ampiezza formale, la varietà timbrica e una scrittura orchestrale sorprendentemente raffinata. L’organico è esteso, comprendendo un flauto, un oboe, un fagotto, archi e ben quattro corni, elemento raro per l’epoca, che assume un ruolo protagonista in due movimenti. Il ruolo centrale dei quattro corni rimane in parte misterioso, ma rimane probabile che Mozart abbia voluto sfruttare la bravura di alcuni esecutori disponibili all’epoca, scrivendo l’articolo su misura. Il risultato è una delle sue opere più ambiziose per strumenti a fiato, seconda solo ai celebri Concerti per corni. Sebbene pensato come musica d’occasione, questo Divertimento supera ampiamente le aspettative del genere, e Mozart dimostra una padronanza tecnica e stilistica che supera la funzione celebrativa dell’opera, offrendo una musica che pur pensata d’accompagnamento a un evento sociale, merita un ascolto autonomo e attento. Sia la Sinfonia sia il Divertimento mostrano una scrittura consapevole, già capace di adattarsi al contesto senza rinunciare alla qualità artistica. L’attenzione al colore strumentale, alla forma e al dialogo tra le sezioni dell’orchestra, testimonia una maturità sorprendente per un compositore così giovane. Più che semplici prove giovanili, queste opere delineano una visione musicale autonoma, dove anche nei generi destinati all’intrattenimento Mozart sa infondere profondità, inventiva e senso teatrale. Si tratta di lavori che anticipano per freschezza e intelligenza quella libertà stilistica che diventerà la cifra del suo linguaggio maturo.

Ente organizzatore: Orchestra da Camera “Giovanni Battista Polledro”

info@orchestrapolledro.eu

Concerto a ingresso con offerta libera

Mara Martellotta

“Mi piace annusare la lana”: amori, passioni, buone e cattive azioni

Il libro MI PIACE ANNUSARE LA LANA di Roberto Veronesi, edito da Paola Caramella è stato presentato nei giorni scorsi al Circolo dei Lettori di Torino

Gli amori, le passioni, i buoni e i cattivi propositi fanno giri strani. Il tempo con loro scherza, si diverte, li distrae, li lusinga, ma non li dimentica. Hanno dialogato con l’autore e con il pubblico l’editrice Paola Caramella e l’avv. Alberto Cochis

Una raccolta di racconti scritti nel corso del tempo, che compongono un colorato mondo di situazioni in cui si intrecciano storie, personaggi e protagonisti — veri o immaginati — del vivere quotidiano, con le loro passioni, amori, buoni e cattivi propositi. 

Ironia, leggerezza e buon umore si alternano a riflessioni profonde, sui grandi temi della vita: l’amore, il lavoro, l’amicizia, le passioni.

E al centro, lo scandire del tempo “che si sa, passa inesorabile e non si cura di te”, accompagna ogni racconto con ritmo e dialoghi serrati.

Francesca e “lui” si rivedono dopo quindici anni: un tempo lungo, ma non abbastanza per dimenticare quello che poteva essere e non è stato. Un angelo e un diavoletto vorrebbero invertire i propri destini, almeno per un anno. Dura un mese la partita che porta l’Italia a vincere i Mondiali di calcio del 2006 mentre il momento bello dell’ingegner Rossila “puzzola”, dura solo pochi istanti nel suo ufficio. Il tempo di una sfida, forse l’ultima, al contact center “Chiamaqui”, in un gelido otto dicembre. E poi c’è l’imprevedibile direttore d’orchestra Giovanni Moretti, tifoso del Toro, che, al primo sguardo si innamora perdutamente della bellissima Sofia. 

Con l’augurio che in Francesca, Demian, Giovanni, Barberis, Sofia, o in un frammento di dialogo, ci si possa riconoscere. E magari riflettere sul tempo, sugli amori, sulla vita e sul loro valore.

Qualche primo commento/recensione: 

L’abile scrittore-giornalista torinese, reduce dal successo del romanzo “Qui non ride mai nessuno” torna, questa volta, con una raccolta di racconti. Schegge di vita condensate nelle pagine fulminee di ogni “avventura” che si susseguono in un volume che, grazie alla felice penna dello scrittore, in grado di dosare saggiamente ironia, profondità e leggerezza, si preannuncia come una nuova piacevole conferma. TG Vercelli

“Ho letto e anche riletto tutti i racconti e ogni volta ho trovato sfumature diverse.  Mi sembra che ci siano due sguardi che alterni sulla realtà, uno fanciullo e uno oscuro, quello oscuro mi ricorda i Delitti esemplari di Max Aub. Tutti raccontati con leggerezza e ironia. I testi dei tuoi racconti hanno una duplice chiave di lettura quella leggera e spensierata, divertente, ironica in alcuni punti esilarante e una molto più profonda e riflessiva a tratti malinconica. Prof. Maria Cianniello Università di Napoli

“Sto amando ogni pagina di questo libro, i racconti sono un un mix perfetto di leggerezza e profondità, ti fanno sorridere e riflettere allo stesso tempo”.

Ruby Pistocchi

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: XX settembre ed IMI – Un’Italia sempre più  illiberale – Lettere

XX settembre ed IMI
Per avere un ‘idea dello stato confusionale in cui è precipitata  l’Italia è sufficiente leggere sul “ Corriere della sera“, liquidata in poche righe ,la notizia  della istituzione della giornata dell’internato militare fissata il 20 settembre. È  stato un voto unanime del Parlamento ad istituire l’ennesima giornata. Appare un errore marchiano aver  dimenticato l’altro XX settembre, quello del 1870, che ricorda la Breccia di Porta Pia e Roma capitale, per far  coincidere due temi storici nello stesso giorno che non hanno nulla di simile. Anzi l’ultimo cancellerà quello dell’800 così indigesto ai clericali di ogni tempo. Ho scritto molto  ed ho battagliato per anni perché gli Imi, gli internati militari italiani,  avessero il dovuto riconoscimento per decine d’anni  loro negato soprattutto dai comunisti che vedevano nei soldati del Regio Esercito fedeli al giuramento dei “badogliani“, termine coniato da Hitler e dalla Rsi.  Ma dedicare loro una giornata resta anche un  grave errore se si pensa che in questo modo si mette in disparte  dalla giornata della memoria e dallo stesso  25 aprile il ricordo di chi si oppose ai tedeschi e fu loro prigioniero. Solo gente superficiale e digiuna di storia può farsi promotrice una giornata che cancella una data molto importante del Risorgimento e toglie spazio agli IMI nelle suddette date del 27 gennaio e del 25 aprile. Gli Imi furono dimenticati  per decine d’anni dalle feste della Liberazione perché gli Imi portavano le stellette.
Posso testimoniare che certi miei discorsi il 25 aprile diedero fastidio all’ Anpi perché parlai di IMI. Non si riesce a risalire ai deputati proponenti, se non l’ex grillina Castelli ,perché apparve subito un unanimismo sospetto su un terreno  pur ancora altamente  divisivo. Chi non ha colto l’errore di data che oscura il XX settembre risorgimentale  è indiscutibilmente un ignorante. Lo Stato laico fondato sul separatismo cavouriano tra Stato e Chiesa nacque dalla breccia dei bersaglieri a Porta  Pia che segnò  la fine del potere temporale della Chiesa e fu l’atto sul quale poggiò la Legge delle Guarentigie che attuò il “Libera Chiesa in libero Stato“, a sua volta fondato sulle leggi Siccardi che abolirono i privilegi ecclesiastici nel regno di Sardegna nel 1850.  Che oggi l’intero parlamento dimentichi la storia d’Italia riempie di amarezza e  anche di indignazione. L’internato militare Giovannino Guareschi che amava il Risorgimento e si identificava nel vecchio tricolore con lo scudo sabaudo, sarebbe il primo ad indignarsi di una classe politica che legifera senza conoscere la storia.
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Un’Italia sempre più  illiberale
Un paese che sta vivendo certi fatti senza reagire, è  un paese che non merita rispetto e che spiega perché Giuseppe Prezzolini si definisse anti- italiano  e parlasse di “porca Italia”. Un paese in cui i professori universitari vengono aggrediti o addirittura rimossi per le loro idee politiche è un paese sudamericano.
Un paese in cui si vuole imporre a colpi di probiviri codici linguistici politicamente corretti , è un paese che allontana le donne e gli uomini liberi dalla militanza obbediente a gente ossessiva e ossessionata che è profondamente antidemocratica. Uno dei tanti motivi che ha portato a disertare il voto. Un paese in cui, a furor di popolo, si richiede la rimozione di un giudice per una sentenza che viene considerata sbagliata ed è stata  subito appellata ,e ‘ una repubblica delle banane in cui il diritto e le sue regole  più elementari sono alla mercé delle nuove tricoteuses del terzo millennio, del tutto  simili a quelle che si godevano  tra gli schiamazzi il macabro spettacolo della ghigliottina. Questo è diventato un paese illiberale  in cui bisogna  misurare le parole per poi scegliere il silenzio, imposto dalla prudenza che è cosa più grave del conformismo. Le frasi urlate  in certi cortei fanno rabbrividire e sono tutto fuorché pacifiste. Questo andazzo  è qualcosa di molto simile al fascismo con la sola differenza che il manganello non è più quello di legno , ma quello mediatico. Se pensiamo che a Cristina Seymandi c’è chi imputa, con linguaggio irridente,  come una colpa il fatto di aver subito una violenta aggressione registrata in diretta, si ha un esempio del clima irrespirabile. A tutto questo si deve aggiungere un clima che induce le persone sensate  a pensare al pericolo ineludibile di una guerra imminente. Siamo nelle mani di politicanti incapaci ed improvvisati che ci stanno portando alla catastrofe. Non escluderei nessuno perché i grandi e i piccoli della terra stanno facendo a gara nel dare il peggio di sé.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
Lettori e lettrici
Il circolo dei lettori e delle lettrici (nuova dizione in linea con la nuova parità di genere) riprende alla grande con interviste ed  articoli  prettamente politici anche sull’insediamento del ministero della cultura al suo interno. Mi sembra un segnale non da poco del nuovo Min.Cul.Pop. che sta insediandosi anche  nella cultura torinese. Il cugino del brigatista rosso  Culicchia che adesso celebra il  giovane missino ammazzato è la sintesi del nuovo corso. Il Circolo dei lettori fondato da Antonella Parigi e da Gianni Oliva  è diventato il crocevia di evidenti risvolti politici. La cultura come pluralismo è ormai  cosa lontana. La destra si rivela  faziosa come la sinistra. Vilma Giubetti
Culicchia si è appena insediato. Prima di giudicarlo, lasciamolo lavorare. Poi daremo un giudizio. Che qua e là ci sia aria da Min.Cul.Pop. mi pare un ‘osservazione non infondata: è un pericolo grave a cui sarà doveroso opporsi.
I due Franceschi
Ho letto che sia Barbero sia Cazzullo si sono cimentati con due libri su San Francesco. Cosa ne pensa?     Bianca Mastrangeli
Io mi occupo di storia contemporanea e risorgimentale , non ho fatto all’Università neppure un esame di storia medievale. Quindi non ho  la competenza per giudicare. A grandi linee le posso dire che questa volta Barbero ha scritto un libro stando nell’ambito  temporale di sua competenza . Cazzullo è un giornalista di successo  che scrive anche  di storia. Forse ambisce ad essere un nuovo Montanelli. Tutti e due gli autori sono bravi divulgatori e quindi non sono sicuramente libri noiosi. Su San Francesco lessi in passato libri autorevoli e non credo ci siano motivi per una revisione storiografica. Il nome Francesco è tornato di moda per il pontificato di Papa Bergoglio. Ed è sull’onda di Bergoglio che i due libri avranno successo.  Franco Cardini si è cimentato su San Francesco con ottimi risultati. Il pericolo è di cadere consciamente o inconsciamente nelle agiografie, una tentazione sempre in agguato per chi scriva di Santi.

Il cammeo musicale di Shreveport

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Caleidoscopio rock usa anni 60

Ciclicamente ritorniamo a parlare di grafica delle etichette discografiche, sapendo bene che nella seconda metà degli anni ‘60 negli Stati Uniti i loghi variavano incredibilmente, dalle fattezze spartane a soluzioni quasi artistiche e complesse, dalle scelte squadrate a toni perfino neoclassicheggianti e “retro”.

In quest’ultimo caso rientra pienamente l’etichetta “Paula Records” (sussidiaria di “Jewel Records”) dell’area di Shreveport (Louisiana), fondata da Stanley Lewis nel 1965; il logo è da sempre noto agli appassionati, dal momento che presentava caratteri assolutamente “retro”, con grafica quasi dai toni “liberty” e con una sorta di cammeo centrale e profilo femminile (con colori di fondo dal bianco al rosa confetto). D’altronde il nome si riferiva espressamente ad una donna, in particolare alla moglie Paula dello stesso Stanley Lewis, non di rado senza nemmeno l’indicazione “Records”. I generi coperti erano variegati (dal rock al rhythm&blues, al soul, al funk etc.) e l’attività (intensa fino almeno al 1973) si protrasse ulteriormente per decenni, finché il notevole catalogo venne rilevato nel settembre 2005 dalla compagine giapponese “P-Vine Records”, con estensione del mercato al sud-est asiatico.

Si può affermare che nell’ambito del garage rock l’etichetta “Paula Records” possa apparire marginale; tuttavia la qualità musicale delle incisioni ha fatto sì che vari 45 giri “Paula” siano tranquillamente entrati in “compilations” di garage rock, anche recenti.

Qui di seguito verranno elencati esclusivamente i 45 giri di surf, garage e psychedelic rock del lustro 1965-1970, con rilevante predominanza della produzione musicale del gruppo “The Uniques”, che con “Paula Records” vantò una solida collaborazione:

– THE UNIQUES “Not Too Long Ago / Fast Way Of Living” (219) [1965];

– THE UNIQUES feat. Joe Stampley “Too Good To Be True / Never Been In Love” (222) [1965];

– JOHN FRED “Fortune Teller / Making Love To You” (225) [1965];

– THE UNIQUES “Lady’s Man / Bolivar J” (227) [1965];

– THE UNIQUES “You Ain’t Tuff / Strange” (231) [1966];

– JOHN FRED “Sun City / Can’t I Get (A Word In)” (234) [1966];

– THE CHAPS “Forget Me / Tell Me” (236) [1966];

– TOM AND THE CATS “Walkin’ Man / Summertime Blues” (242) [1966];

– JOHN FRED “Leave Her Never / Doing The Best I Can” (244) [1966];

– THE UNIQUES “Run And Hide / Good Bye, So Long” (245) [1966];

– JOHN FRED & HIS PLAYBOYS “Outta My Head / Loves Come In Time” (247) [1966];

– THE CHAPS “Remember To Forget Her / You’ll Be Back” (250) [1966];

– TOM AND THE CATS “Nothing In This World / Good Good Lovin’” (253) [1966];

– THE BAD BOYS “Love / Black Olives” (254) [1966];

– JOHN FRED & HIS PLAYBOY BAND “Up And Down / Wind Up Doll” (259) [1967];

– FIVE BY FIVE “Shake A Tail Feather / Tell Me What To Do” (261) [1967];

– THE UNIQUES “Groovin’ Out (On Your Good Good Lovin’) / Areba” (264) [1967];

– THE SPECTRES “Psychodelic Situation / I Cried” (270) [1967];

– JOHN FRED & HIS PLAYBOY BAND “Agnes English / Sad Story” (273) [1967];

– THE UNIQUES “Every Now And Then (I Cry) / Love Is A Precious Thing” (275) [1967];

– ONE WAY STREET “Tears In My Eyes / I See The Light” (281) [1967];

– FIVE BY FIVE “You Really Got A Hold On Me / Harlem Shuffle” (283) [1967];

– FIVE BY FIVE “Fire / Hang Up” (302) [1968];

– JOHN FRED & HIS PLAYBOY BAND “Little Dum Dum / Tissue Paper” (310) [1968];

– FIVE BY FIVE “She Digs My Love / Ain’t Gonna Be Your Fool No More” (311) [1968];

– FIVE BY FIVE “Apple Cider / Fruitstand Man” (319) [1969];

– THE UNIQUES “Sha-La-Love / You Know That I Love You)” (320) [1969];

– FIVE BY FIVE “15 Going On 20 / Penthouse Pauper” (326) [1969];

– FIVE BY FIVE “Good Connection / Never” (328) [1970];

– FAMILY TREE “Electric Kangaroo / Terry Tummy” (329) [1970];

– OXFORDS “Come On Back To Beer / Your Own Way” (331) [1970];

– JOY “Get Outta My Mind / Your Mama” (341) [1970].

Gian Marchisio

Torino Spettacoli, ovvero ancora una volta “la bella abitudine di andare a teatro”

Presentata la nuova stagione del teatro Erba

“…alla Balena”, si usa dire, che il mondo sia quello teatrale o no. Ma Torino Spettacoli continua ad avere “ancora” bisogno di “quella roba lì” se anno dopo anno vede raddoppiare la propria fortuna e il successo che tocchi con le mani, i contatti con il suo pubblico, gli appuntamenti sold out che riempiono e accomunano la sala dell’Erba di corso Moncalieri come altresì gli spettacoli portati in giro nelle piazze che stanno al di là dei confini regionali – leggi dalla Calabria all’Abruzzo, dall’Emilia alla Lombardia (con la piazza milanese che non ti regala mai nulla!)? Fortuna e successo che quasi potresti farne a meno, ti verrebbe voglia di dire, tanto il terreno è stato coltivato – Gian Mesturino e Germana Erba hanno insegnato – con una tale passione e con una così alta professionalità, tanto è valido il panorama delle produzioni e delle ospitalità, tanto è efficace la “sorprendente capacità di comunicazione culturale” che si relaziona tra staff e pubblico, tanto è stato proficuo il passaggio di consegne, non soltanto familiari ma pure quelle nate e cresciute tra i compagni di lavoro che stagione dopo stagione si sono fatti conoscere, che quelli alla fine paiono del tutto scontati, verità sacrosante da buttarsi alle spalle. Per cui ritorna “la bella abitudine di andare a teatro”, e “la Balenina” di Giuseppe Erba, incancellabile mascotte, è pronta a ricominciare.

L’inizio è fissato per il sabato 4 ottobre con il Festival di Cultura Classica, stagione numero 27, efficace e seguitissimo patrimonio comico, tragico e processuale dell’antichità, autori del passato e ripropositori del presente, da Euripide a Cicerone a Plauto, da Marinelli a Mussapi a Colm Tòibin (sarà interessante vedere come, ricavando la vicenda dall’”Antigone” di Sofocle, il settantenne autore irlandese abbia raccontato con il suo “Pale Sister” la ribellione al tiranno dell’antica eroina con la prospettiva della sorella Ismene), dove il passato è lo specchio fattivo della nostra epoca, appuntamenti che vedranno la presenza della Compagnia Stabile come del Teatro Libero di Palermo e del Teatro Belli di Roma. Per tutti, attuali come non mai, “Non una di meno” dalle “Troiane” euripidee, la tragedia di donne perseguitate da una guerra feroce, là dove – oggi – Ecuba Andromaca Cassandra hanno nomi diversi e soffrono le medesime pene, mentre il versante della comicità e del divertimento sono assicurati dal “Soldato fanfarone” o dalla “Commedia delle 3 dracme” del commediografo latino per cui l’infaticabile Elia Tedesco è interprete e cura la regia con Girolamo Angione. Nomi e temi che avranno, per le repliche del mattino come serali, gli interessanti approfondimenti e la guida dei dibattiti del prof. Paolo Accossato.

Inseriti nelle differenti sezioni ospitate nella stagione di Torino Spettacoli, tra gli altri, “La scuola delle mogli” di Molière con Matilde Brandi, il Galà dei Germana Erba’s Talents (in programma al teatro Colosseo mercoledì 19 novembre alle ore 20,30), la riprese del successone “Verso l’ora zero”, a firma della regina del giallo Agatha Christie (novembre/dicembre) e dell’ormai collaudatissimo “Forbici follia”, immancabile appuntamento delle feste di fine anno, “Un giardino di aranci fatti in casa” per cui, nella veste di interprete e regista, Alessandro Marrapodi s’immerge nel mondo divertente ma altrettanto pensoso e critico della società targata a stelle e strisce di Neil Simon, ironia e sentimento ad accompagnare il rapporto padri e figli, da una parte una contagiosa vitalità e dall’altra la vita scialba di uno sceneggiatore che il pubblico pare aver dimenticato: un panorama inquieto in cui ci sarà spazio per un cambio di vita all’orizzonte. Miriam Mesturino riproporrà “La locandiera” (tra Natale e la Befana, teatro Gioiello) – in compagnia di Luciano Caratto e Marrapodi – e “Lapponia” – in compagnia di Sergio Muniz -, ovvero “una folle cena di vigilia al polo nord”, una lotta di coppie e non soltanto, aurore boreali e neve, trappole e bugie, con al centro la disastrosa affermazione rivelata a un pargolo di quattro anni che Babbo Natale non esiste! Non farlo assolutamente mai, o sono grossi guai in vista. A gennaio Paolo Triestino affronterà “Guanti bianchi” di Edoardo Erba, Max Pisu e Chiara Salerno li vedremo in “Sarto per signora” di Feydeau (febbraio) con divertimento assicurato.

Appuntamenti importanti, esempi di alta drammaturgia e di affreschi completi dell’animo e della condizione femminile, “Solo una donna, Felicia Impastato”, scritto e interpretato da Vita Villi e diretto da Miriam Mesturino, il ritratto di una donna che, nel piccolo comune siciliano di Cinisi, nel 1930, si ribella alla prepotenza dell’uomo che ha sposato, Luigi Impastato, vicino al boss Gaetano Badalamenti, “nella mia casa gli uomini di Cosa Nostra non devono entrare”, e difende il proprio figlio, il ribelle Peppino. Quando Peppino verrà ucciso e il suo assassinio verrà archiviato come un atto terroristico, Felicia userà tutta la caparbietà che le è propria per scoprire quella verità che altri le negano. E “Non fui Gentile, fui Gentileschi”, monologo interpretato da Debora Caprioglio, un assolo ambientato nello studio della pittrice seicentesca, a raccontare della perdita prematura della madre, del rapporto con il padre Orazio e il suo muoversi in un mondo d’arte dove erano esclusivamente gli uomini a farla da padrone, delle lezioni di Agostino Tassi che si tradurranno nella violenza e nel processo che coinvolgerà tutta Roma, del suo desiderio di affermarsi, imponendosi nel mondo e nella pittura (8 marzo 2026).

Giorgia Trasselli traccerà ancora un ritratto femminile, giunto all’ottavo anno di repliche sempre esaurite, “Alda Merini”, Elena Sofia Ricci metterà in scena “Mammamiabella”, un testo da lei

co-scritto, una commedia musicale intorno al tema della maternità che divertirà ogni famiglia. Franco Oppini e Pino Ammendola (anche autore e regista) sono gli interpreti di “C’eravamo tanto odiati” (28 e 29 marzo), ritornerà il successo di “Camere con crimini” con i beniamini Carlotta Iossetti, Andrea Beltramo ed Elia Tedesco (17 – 19 aprile), un triangolo amoroso e una serie di improbabili crimini, Melania Giglio proporrà un testo su “Marilyn” scritto da lei stessa. Sarà in finale di stagione interessante vedere “uno spettacolo blasfemo”, come forse potrebbe apparire “Il Protovangelo di Giacomo”, scritto e interpretato da Davide Diamanti, un avventurarsi nei vangeli apocrifi, dove “Maria è una mamma, Gesù un bambino capriccioso, Giuseppe un vecchio stanco della vita e di fare la professione del padre”. Le musiche sono di Fabrizio De André.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Sergio Muniz e Miriam Mesturino interpreti di “Lapponia”, Debora Caprioglio nel monologo si Artemisia Gentileschi, “Verso l’ora zero” giallo di Agatha Christie e il successo della scorsa stagione “Camere con crimini”, in scena Carlotta Iossetti, Andrea Beltramo ed Elia Tedesco.