CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 212

Mughini, il “rompicazzi” come categoria dello spirito

È il polemista italiano più attenzionato dai retequattristi in fascia preserale. Siamo tutti o quasi sintonizzati lì, a sentire i dati sull’audience.
Situazionismo, smorfie narcise e torture alla sedia. E’ Giampiero Mughini, opinionista di vecchia scuola. Analogico per anagrafe. Dotato di profonda cultura e vasta bibliofilia. Un passato in gioventù, nel radicalismo politico marxista di Lotta Continua, subito lasciato alle spalle, per manifesto odore di bruciato. Il suo ultimo libro:”I rompicazzi del Novecento, piccola guida eterodossa al pensiero pericoloso” ( Marsilio, collana gli specchi, 2022, 248 pagg., €. 19) è la rivelazione letteraria di un “altro” Mughini. Scrittore di vaglia.
Inizia la narrazione, trattando estesamente della Romania sotto il feroce regime fascista e antisemita di Corneliu Codreanu. Nei primi decenni del secolo scorso. Attraverso le storie di vita, di tre intellettuali di punta di quel periodo, Emil Cioran, Mircea Eliade e Eugène Jonesco, spiega la natura dell’oppositore, nelle pieghe più sottili del suo comportamento e della sua psicologia. Esistenze vagliate e analizzate ai raggi x. Prosegue su questa falsariga, a raccontare dell’Italia in guerra di Giovanni Ansaldo, Giaime Pintor e Giuseppe Prezzolini. Degli “estremisti moderati” li avrebbe definiti Mario Pannunzio. Vissuti tra la pratica prudente del dissenso e l’anelito insopprimibile alla libertà. Sempre, purtroppo, sotto lo sguardo vigile della dittatura mussoliniana. E non si poteva nascere altrove.
Il “rompicazzi” come categoria dello spirito, rifiuta il tutto che lo ingloba. Il tutto conforme. Una spallata a destra e una a sinistra. Rischiando il carcere e a volte perdendo la vita. La dove la linea di demarcazione tra l’ ‘onore’ e la ‘vergogna’ diviene sempre più sottile e indecifrabile. Il nostro poi, uscendo dalla storia politica, ci porta dentro l’anticonformismo rompicazzista ravvisato nel costume del dopoguerra. Attraverso le vite dello scrittore Giovanni Celati, della band inglese dei Rolling Stones e della regina degli scandali mondani capitolini Marina Ripa di Meana. E poi la sua vita da “rompicazzi orgoglioso di esserlo”, come si autodefinisce al calar del sipario testuale, Mughini Giampiero. Tra licenziamenti e congedi dai giornali di ogni colore, sempre in direzione ostinata e contraria. Sia che fossero “lib” oppure “lab”. Senza compromessi volti a sacrificare il suo libero pensiero critico. Pagando sempre di persona. Mai utilizzando il “come dire” tanto in voga oggi, nel parlato intercalare del linguaggio radio-televisivo. “Come dire” virgola e poi niente. Un unicum di cui hanno buttato via lo stampo. Irreplicabile, se non da se. Chi vuole se lo perda. In video, su carta. Lui non fa una grinza.

ALDO COLONNA

Il bacio nell’arte, romanticismo e passione

“Il bacio è immortale. Viaggia da un labbro all’altro, da secolo a secolo, di età in età” diceva Guy de Maupassant, da tela a tela potremmo aggiungere, per mano di quegli artisti che hanno voluto ritrarre la magia, la passione e l’incanto del gesto più romantico di sempre. Nella vita di ognuno di noi il bacio rappresenta il suggello di una passione desiderata, di un amore sognato e sofferto, il momento in cui tutto si avvera e la storia ha inizio. Nei musei di tutto il mondo possiamo ammirare opere d’arte famose che raccontano il bacio attraverso immagini e forme, colori e ombre facendoci rivivere così le emozioni   degli innamorati ritratti, degli amanti dipinti, dei corpi raffigurati che si sfiorano appena. Tra i più famosi Il Bacio di Gustav Klimt, dipinto nel 1907 ed esposto a Vienna presso l’Osterreichische Galerie. Colori, mosaici, fiori e il corpo dei due amanti diventano una cosa unica, una fusione multicromatica. Gli Amanti di Magritte, dipinto nel 1928, è stato realizzato in duplice copia, uno si può contemplare alla National Gallery of  Australia e l’altro al MOMA di New York. Quest’opera parla di amore fisico puro, il panno bianco sui volti racconta di un amore a cui non servono molte parole, ma paventa, allo stesso tempo, la mancanza di comunicazione nella coppia. L’autore esprime   un interesse in ciò che è nascosto, ciò che il visibile non ci mostra. Francesco Hayez ha dipinto probabilmente, nel 1859, il quadro più famoso dedicato al bacio. Esposto a Milano alla Pinacoteca Brera, fu il simbolo del romanticismo nell’800. Morbido e teneramente appassionato, racchiude l’attimo di una effusione lieta ma anche di sofferenza per un imminente distacco, l’uomo ha un piede sul gradino, sta per andare via. Il Compleanno di Marc Chagall, dipinto nel 1915, racconta un gesto di quotidianità allegra e festosa di due giovani che festeggiano il compleanno di lei. Un mazzo di fiori, due corpi che lievitano, un bacio, la sorpresa ma anche la normalità, romantica e lieve. Il quadro è a New York al Museum of Modern Art. Due ragazzi che si baciano, una storia tragica, un amore contrastato, due famosi protagonisti: Romeo e Giulietta sono ritratti invece, nel 1844, da Sir Francis Bernard Dicksee. L’autore invita all’armonia e alle cose che ci fanno stare bene, l’amore è una di queste. Al National Museet for Kunst di Oslo troviamo l’opera di Munch Il Bacio con la Finestra, del 1892. I corpi sono fusi ma non c’è tenerezza né gioia, si esprime forte il dubbio tra il desiderio di amare e la paura dell’amore. Come non citare inoltre i famosi Ettore e Andromaca di De Chirico , la passione cubista nel Bacio di Picasso, Bacio a Venezia di Depero, A letto di Toulouse-Lautrec e inoltre le bellissime sculture di Canova Amore e Psiche e Il Bacio di Rodin.

 

Maria La Barbera

 

 

 

 

 

 

L’Abbazia e i Cavalieri del fuoco sacro

Indossavano una tunica e un lungo manto nero con una croce azzurra cucita sopra il cuore e li chiamavano i Cavalieri del fuoco sacro. Anche se il nome incuteva a prima vista un certo timore non erano guerrieri armati in partenza per la Terra Santa ma pacifici e scaltri monaci che sul finire del XII secolo all’imbocco della Valle di Susa misero in piedi un complesso religioso-ospedaliero per assistere i pellegrini sulla Via Francigena e per curare i malati di herpes zoster, il terribile “fuoco di Sant’Antonio”, che cercavano aiuto e conforto nei santuari di Sant’Antonio Abate. Erano i canonici ospedalieri dell’Ordine medioevale di Sant’Antonio di Vienne, noti come Antoniani, chiamati anche “i cavalieri del Tau”, che nel 1188 crearono la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso a Buttigliera Alta, a una ventina di chilometri da Torino tra boschi e antiche cascine agricole. Le Precettorie erano domus medievali composte dalla chiesa con chiostro, le camerette dei monaci, l’ospedale, i magazzini per gli alimenti, fattorie e terreni agricoli. Il suono delle campane di Ranverso accoglieva pellegrini e mercanti che dai valichi del Moncenisio e del Monginevro, lungo il sentiero della Via Francigena, tra l’Abbazia di Novalesa e la Sacra di San Michele, scendevano verso Rivoli e Torino. In questo luogo di sosta, di riposo e di spiritualità c’era anche la foresteria per i viandanti e un piccolo ospedale di cui resta solo la facciata a capanna del ‘400 decorata con intarsi in terracotta, una sorta di lazzaretto per chi veniva colpito dal “fuoco” che, a quei tempi, mieteva molte vittime non esistendo una cura, un po’ come quando dilagava la peste. Fu il conte Umberto III di Savoia, nato nel castello di Avigliana, a donare ai monaci antoniani il terreno su cui costruire il complesso monastico. La Precettoria godette per secoli della protezione dei Savoia e, quando l’Ordine ospedaliero Antoniano fu soppresso e assorbito dall’Ordine di Malta nel 1775, passò all’Ordine Mauriziano cui appartiene ancora oggi. Sant’Antonio abate nacque in Egitto nel III secolo da genitori cristiani copti, ricchi mercanti, abbandonò ogni ricchezza per vivere da eremita dedicando la sua vita alla cura dei sofferenti. Morì a 105 anni. Gli Antoniani fondarono ospedali che si diffusero velocemente in tutta l’Europa grazie a rendite, elemosine e all’allevamento dei maiali. Nel Quattrocento assistevano migliaia di pazienti, oltre 4000, in centinaia di ospedali sparsi nel Continente. Nei dipinti Sant’Antonio viene sovente raffigurato vicino a un maiale il cui grasso veniva usato per tentare di bloccare l’herpes zoster. Negli stessi ospedali vennero isolati gli ammalati di peste quando il morbo si diffuse nella seconda metà del Trecento. La chiesa a Buttigliera Alta, costruita all’inizio del Duecento in stile romanico, assunse in seguito forme gotiche e fu ampliata e modificata nei secoli successivi. L’edificio religioso, così come l’Ospedaletto, fu dotato di una facciata a ghimberghe in cotto con pinnacoli per volontà del priore del tempo mentre il campanile gotico risale al XIV secolo. All’interno spiccano gli affreschi del torinese Giacomo Jaquerio, attivo nella prima metà del Quattrocento e ideatore del gotico internazionale in Piemonte e il Polittico della Natività con i Santi Rocco, Sebastiano, Antonio abate e Bernardino da Siena realizzato nel 1531 dal chivassese Defendente Ferrari come voto per volere di Moncalieri durante l’epidemia di peste di quell’anno. La Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso è un luogo di notevole interesse storico e artistico: quando si transita da queste parti è consigliabile fare una tappa qui, lungo la statale per Avigliana. È aperta da mercoledì alla domenica con orario 9,30 -13,00 e 14 -17,30.                    Filippo Re
nelle foto:
Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso (Buttigliera Alta)
Cavaliere del fuoco sacro o cavaliere del Tau
interno Abbazia con Polittico di Defendente Ferrari
facciata Ospedaletto

Castellamonte, torna la mostra della ceramica

Da sabato 19 agosto

 

L’Amministrazione Comunale, insieme al curatore Giuseppe Bertero, già responsabile delle precedenti mostre, ha stabilito di dedicare la sessantaduesima edizione della Mostra della Ceramica alla Città di Faenza, a tutti i nostri amici faentini e a quelli dell’intera l’Emilia e Romagna colpiti dalla recente, devastante e tragica alluvione. Un atto dovuto come concreto segno di solidarietà.

La Città di Castellamonte, il Canavese, la Città Metropolitana di Torino e la Regione Piemonte attendono ogni anno, con grande curiosità e interesse questa Mostra della Ceramica, una manifestazione unica nel suo genere, caratterizzata da molteplici ed articolate esposizioni distribuite su tutto il territorio. Esposizioni che spaziano dalle famose stufe in ceramica, passando dalla scultura e dal design per arrivare all’artigianato tradizionale.

Fra le molte iniziative si torna a proporre il progetto “ritorno alla rotonda antonelliana” che nelle passate edizioni ha riscosso un grandissimo successo durante tutto il periodo dell’esposizione ma anche ben oltre il termine della mostra. In questo spazio suggestivo è prevista l’esposizione di grandi e medie opere realizzate dagli artisti di Castellamonte, Faenza, della “Baia della Ceramica” (Savona, Albissola Marina, Albisola Superiore e Celle Ligure), Lucca, Roma, Montelupo Fiorentino e dalla Francia. Un’occasione prestigiosa per gettare uno “sguardo” aggiornato sulla contemporaneità della scultura in ceramica.

Fra le arcate del Palazzo Antonelli, sede del Comune, saranno esposte le famose stufe di Castellamonte sia quelle della tradizione che quelle contemporanee di squisita fattura e sempre più famose nel mondo, che si confermano uno dei simboli della Città.

Al piano terra del prestigioso Palazzo Botton, recentemente restaurato, la mostra si apre con una particolare dedica a “Castellamonte: terra, arte, vita”. Per l’arte un particolare omaggio è rivolto ad un artista molto noto ed ammirato, Angelo Pusterla, le cui opere riprendono il tema della terracotta nel suo naturale colore appena ravvivato da patinature trasparenti.

Su questo stesso piano è allestita la mostra delle opere selezionate per il concorso internazionale “ceramics in love 2023”. Il concorso, che giunge quest’anno alla sua quinta edizione, raccoglie un insieme di opere di grandissimo interesse estetico, 130 il numero delle opere provenienti dall’Italia e da ben 22 diverse nazioni del mondo.

Fin dalle sue origini il concorso si è posto l’obiettivo di accogliere e consentire ad un nutrito numero di artisti italiani e stranieri di poter mostrare la loro creatività sulla ribalta del prestigioso palcoscenico della Mostra di Castellamonte.

Al piano nobile del Palazzo Botton, è allestita la mostra dell’artista faentino Mirco Denicolò con le sue particolarissime “ceramiche” frutto del suo soggiorno a Castellamonte. Le opere sono commentate da 16 disegni. Nella medesima sala anche le opere degli studenti del Liceo Artistico Statale “Felice “Faccio” realizzate durante uno stage condotto dallo stesso Mirco Denicolò insieme ai docenti della sezione design della ceramica nell’anno scolastico 2019/2020.

Sul medesimo piano si trova la mostra omaggio al Marocco, alla sua splendida e sfavillante ceramica. Un omaggio caldeggiato dall’Amministrazione della Città, con il patrocinio dell’Ambasciata del Marocco a Roma dal suo Ambasciatore S.E. Youssef BALLA. Un omaggio rivolto alla numerosa comunità marocchina presente sul territorio castellamontese e canavesano.

Ancora al piano nobile:

Nell’ambito della collaborazione nata fra le Tre terre Canavesane e la città di Matera, l’installazione di Damiana Spoto e Raffaele Pentasuglia  “Attraversamento meridiano”.

Un’opera dal carattere fortemente identitario della Basilicata, pensata per evocare il concetto di ponte. Una terra attraversata ogni anno da grandi carovane di mucche podoliche che collegano territori molto diversicome i calanchi o l’altopiano della Murgia che richiamano paesaggi nordafricani. Le stampe dei tessuti racconteranno di questo territorio e dei suoi cambiamenti insieme ai bovini grandi e bianchi che lo attraversano. Sculture in terraglia terracotta patinata e teli in fibra di latte stampati.

La scuola di Castellamonte dall’infanzia al liceo artistico sarà presente con i lavori in ceramica realizzati dai bambini e dagli studenti delle diverse classi con la terra rossa che tanto identifica il nostro territorio.

Al secondo piano del Centro Congressi Piero Martinetti, sarà ospitata la Collezione permanente delle “ceramiche sonore”, ovvero i fischietti in terracotta provenienti da tutte le parti del mondo raccolti dal grande ceramista Mario Giani noto a tutti come CLIZIA e da lui donati alla città. Nella medesima Collezione sono esposti altresì i fischietti del primo concorso “Ceramiche Sonore”2022.

Nella stessa sede espositiva faranno bella mostra i fischietti in terracotta del recente concorso “Ceramiche sonore” 2023, con opere provenienti da tutta Italia e anche dalla Polonia, 50 gli artisti con ottanta opere.

Al primo piano è esposto l’ampio e articolato progetto di restyling della rotonda antonelliana realizzato dagli studenti della Facoltà di architettura di Torino, già allievi del Liceo Artistico Statale “Renato Cottini”. Un progetto volto al futuro per una maggior fruibilità dello spazio visto soprattutto come luogo d’incontro, ma anche per sostare all’ombra degli alberi e ammirare opere d’arte.

Al piano terra del Centro Congressi Martinetti, come buona consuetudine, il CNA propone le sue ceramiche da “indossare”.

Per questa 62aEdizione della Mostra il manifesto è stato creato da Guglielmo Marthyn con immagini molto colorate e fluttuanti nello spazio.

Anche per l’edizione di quest’anno sono confermati i punti espositivi privati che da sempre accompagnano il percorso ufficiale della mostra.

La storica Fornace Pagliero 1814 vede tra le sue mura la presenza della mostra Kéramos della Galleria Gulli di Savona, una personale dell’artista Nino Ventura e un’esposizione delle opere dell’Associazione Artisti della Ceramica in Castellamonte.

Al Cantiere delle Arti si potranno ammirare le ceramiche artistiche di Sandra Baruzzi, Guglielmo Marthyne Davide Quagliolo, raccolte nelle collezioni “Sussurro della Terra” e “Sinfonie”.

La Casa della Musica ospita invece una personale di Brenno Pesci, dal titolo “Musicanti”.

Saranno ovviamente aperte e visitabili le aziende e le botteghe dei ceramisti castellamontesi, quali la ditta “La Castellamonte” di Roberto Perino, le “Ceramiche Castellamonte” di Elisa Giampietro, le “Ceramiche Camerlo”, di Corrado Camerlo e le “Ceramiche Grandinetti”, di Maurizio Grandinetti, luoghi dove si potranno approfondire le tecniche di realizzazione dei manufatti in ceramica e acquistare oggetti e opere dalle più svariate fattezze.

LA 62MOSTRA DELLA CERAMICA DI CASTELLAMONTE SARÀ INAUGURATA SABATO 19 AGOSTO ALLE ORE 17 IN PIAZZA MARTIRI DELLA LIBERTÀ.

Orari della mostra dal martedì al venerdì ore 16, 00 – 20,00; sabato e domenica dalle ore 10,00 alle 20,00. Ingresso libero.

MANIFESTAZIONI COLLATERALI ALLA MOSTRA 2023

Come per la precedente edizione, nei giorni prefestivi e festivi, è prevista una navetta per un sopralluogo ai suggestivi “castelletti”, da dove si ricava la famosa argilla rossa di Castellamonte.

Ad arricchire la rassegna ceramica vi saranno molteplici iniziative di intrattenimento, che l’Amministrazione e le associazioni locali offriranno ai visitatori e ai loro concittadini per far vivere al meglio l’evento mostra e per valorizzare tutto il territorio.

Ad Andora “Diario italiano” e un ricordo di Beppe Sangiorgio

Lunedì 21 agosto alle ore 21,30 ad Andora nell’Anfiteatro dei Giardini di Palazzo Tagliaferro, Largo Milano , per il ciclo “Sguardi laterali”, avrà luogo la presentazione dell’ultimo libro di Pier Franco Quaglieni “Diario italiano. Figure del nostro tempo”, Pedrini Edizioni 2023. Interverranno Maria Luisa Alberico e Bruna Bertolo. Introduzione e coordinamento  di Christine Enrile.
L’incontro sarà anche occasione per presentare il libro “Torino. Declino e rilancio”, raccolta degli articoli del giornalista Giuseppe Sangiorgio su “La Stampa” a cura di Luciana Ponsetto Sangiorgio.

Un anno di eventi raccontati attraverso gli scatti dei fotografi dell’“Agenzia Ansa”

“PHOTOANSA 2022” Dal 1° luglio al 22 ottobre

In mostra al valdostano “Forte di Bard”

Bard (Aosta)

Ecco tutto il 2022, raccontato nei suoi momenti di “storica” rilevanza in Italia e nel mondo, attraverso le immagini realizzate dai fotografi dell’“Ansa”, prima Agenzia multimediale in Italia e tra le prime a livello internazionale. Scatti di grande resa visiva nonché di formidabile “confezione” tecnica contenuti nell’edizione 2022 (la XVIII) del volume fotografico “PHOTOANSA” e che, in base ad un accordo fra la stessa “Ansa” ed il “Forte di Bard”, possiamo ammirare, all’interno dell’ “Opera Mortai” della Fortezza, da sabato 1° luglio a domenica 22 ottobre.

Tema di primissimo piano, ovviamente (e purtroppo), il sanguinoso conflitto in Ucraina che continua a tenere l’Europa e il mondo con il fiato sospeso, con il racconto della distruzione e della morte portata dall’aggressione russa. Scatti che raccontano anche la fuga dei profughi, mentre dall’altra parte del confine, ma anche nella stessa capitale ucraina, la vita va avanti comunque. A seguire, altre immagini che cristallizzeranno, in modo indelebile, un anno che, per quanto concerne il nostro Paese, ha visto la nascita del governo di centro – destra guidato da Giorgia Meloni,  primo “esecutivo” guidato da una donna nella storia d’Italia. E poi le immagini del lungo addio della Regina Elisabetta II ai suoi sudditi dopo aver festeggiato il 2 giugno i suoi 70 anni di regno e, con lo sfarzo frenato dell’antico cerimoniale, la salita al trono di suo figlio primogenito, con il nome di Carlo III.

Cento le immagini complessivamente esposte. Accanto ai temi legati alla Politica e al Sociale, non mancano pur anche narrazioni di quanto il 2022 ci lascerà nei campi della Cultura e della Musica, così come nello Sport e nella Scienza.

Ecco allora il ritorno sul palco di tanti artisti dopo i due anni di pandemia, con l’esplosione del fenomeno dei “Maneskin” e le emozioni e le lacrime per i concerti di Vasco RossiJovanottiLigabueGianna NanniniCesare Cremonini e per la vittoria della “Kalush Orchestra” – gruppo musicale ucraino formatosi nel 2019 -all’“Eurovision Song Contest”. E, accanto alla Musica, il riesplodere della grande Cultura, con la riapertura al pubblico dei  Musei e delle Gallerie che tornano a proporre e ad esporre opere di inestimabile valore. E poi lo Sport. Con il delirio dei giocatori e dei tifosi rossoneri per lo scudetto al Milan, il diciannovesimo della sua storia, e la gioia per i trionfi degli atleti azzurri agli “Europei di nuoto”, ai “Mondiali di ginnastica” e alla “Coppa del mondo” di pallavolo.

Uno spazio, in mostra, è anche dedicato al tema della “grande sete”, la siccità che per mesi ha piegato tante regioni italiane, in particolare nel Centro Nord del Paese.

Per finire, di grande interesse, il “tema dell’innovazione” con le immagini straordinarie del telescopio spaziale “James Webb” a raggi infrarossi (successore del telescopio “Hubble”), il principale osservatorio scientifico nello spazio, orbitante intorno al Sole ad una distanza di 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, cui si deve l’individuazione di quello che, ad oggi, risulta essere il “buco nero” più antico mai osservato dall’uomo: uno strumento all’avanguardia, risultato della collaborazione tra le eccellenze mondiali dell’ingegneria e della tecnologia, tra l’“Agenzia Spaziale Statunitense (NASA)”, l’“Agenzia Spaziale Europea (ESA”) e l’“Agenzia Spaziale Canadese (CSA)”.

Gianni Milani

“PHOTOANSA 2022”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Ao); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Dal 1° luglio al 22 ottobre

Orari: feriali 10/18; sab. dom. e festivi 10/19

Nelle foto:

–       Sergey Dolzhenko/EPA/ANSA: “15 settembre, Kiev, Ucraina. L’incontro fra la presidente della ‘Commissione Europea’ Ursula von der Leyen e il presidente ucraino Zelensky”

–       Ettore Ferrari/ANSA: “23 ottobre, Roma, Italia. Giorgia Meloni al termine della cerimonia della campanella a Palazzo Chigi”

–       Rebecca Brown/EPA/ANSA: “19 settembre, Londra, Regno Unito. Il corteo funebre accompagna la regina Elisabetta dopo la cerimonia all’Abbazia di Westminster”

Le librerie più belle e singolari

Le librerie sono luoghi incantati, posti meravigliosi, pianeti magici che ci coinvolgono in storie avvincenti, dove sogno e realtà si incontrano, dove il peso e l’importanza di avvenimenti del passato dimorano testimoniando di fatti ed eventi che ancora oggi ci influenzano, dove la fantasia e l’immaginazione di racconti incredibili ci fa volare via dalla realtà creando per noi un rifugio dall’oggettività del vita di tutti i giorni.

La libreria è un territorio sacro, non solo un posto dove i libri vengono venduti, ma una località dalle proprietà terapeutiche. Diceva Montesquieu “Non ho avuto mai un dolore che un’ora di lettura non abbia dissipato”. Le librerie sono luoghi di culto dunque, ma anche vere e proprie attrazioni che per la loro struttura, per la loro storia, per gli arredi e lo stile richiamano molti visitatori, turisti e appassionati di lettura. Girando per l’Italia ma anche per il mondo intero ne troviamo di bellissime e storiche ma anche molte dal design moderno e d’avanguardia. Vediamone alcune davvero particolari.
libreria
Partiamo dalla nostra bellissima Torino che ospita, tra le altre, una meravigliosa e storica libreria, sofisticata e ricercata: La Luxemburg. E’ la più antica di Torino, fondata nel 1872 ed è considerata una tra le più belle del mondo. Catalogo molto fornito, libri in molteplici lingue, riviste internazionali, questo elegante negozio si fa promotore di importanti eventi culturali ed è un punto di riferimento per i lettori della città e non solo.
El Ateneo, a Buenos Aires, era un bellissimo teatro progettato nel lontano 1919. Dopo ben 80 anni cambiò destinazione d’uso divenendo una meravigliosa libreria, un posto unico e scenografico. Il palco è ora un accogliente bar e le tribune laterali delle accoglienti sale di lettura.
A Roma, a Palazzo delle Esposizioni, troviamo il Bookabar. Bianca, minimal e dagli spazi molto ampi. Il catalogo è davvero fornito e i locali molto grandi permettono una mostra dei libri molto estesa con uno ottimo risalto per i titoli. All’interno della libreria, come si evince dal nome, si trova un bar moderno e piuttosto modaiolo.

Nella romanticissima capitale francese troviamo Shakespeare & Company. In questo luogo storico si incontravano i maggiori scrittori della Beat Generation e ad oggi rappresenta un vero e proprio fondamento della vita letteraria parigina. Vengono organizzati importanti eventi settimanali come il sunday tea, presentazioni di libri e letture di poesia.
Spostandoci in un altro continente, nella vivacissima Città del Messico troviamo la libreria più grande del mondo El Péndulo: un giardino e un ristorante in mezzo a migliaia di libri. Grandi piante ornamentali e sedie in vimini. Una riserva del pensiero e della lettura.libreria 2
Atlantis Books si trova a Santorini. Un paesaggio meraviglioso e incomparabile: mare cristallino e cielo azzurro mentre, seduti in terrazza, si legge un libro. Nata nel 2002 dall’idea di alcuni ragazzi che erano nell’isola in vacanza, oggi ospita vari eventi e festival, un cane ed un gatto. Un posto davvero unico.Tornando a casa nostra non possiamo non citare Acqua Alta a Venezia. Un negozio incredibile che, come tutta la città combatte appunto,con l’acqua che spesso diventa invadente e inopportuna. Non ci sono scaffali posizionati in basso, i libri si trovano all’interno di gondole e canoe. Un concentrato di cultura, di amore per i libri e di tenacia. Niente catalogo in digitale, unico supporto un sorridente e gentilissimo proprietario che accompagna nella ricerca del libro desiderato.

libreria 3La Città dei libri di Powell, Portland in Oregon è una delle librerie che vende libri usati più grandi del mondo. Gli avventori vengono accolti con una mappa che li aiuta ad orientarsi all’interno dell’edificio. 1 milione di libri, 200 impiegati, 10.000 visitatori al giorno. La formula vincente? Mettere un libro in vendita nuovo vicino ad uno usato e a bassissimo costo.
Altre bellissime librerie degne di nota ma soprattutto di visita sono: City Lights Books a San Francisco in California, Livraria Lello & Irmão a Porto in Portogallo, dove per entrare è necessario acquistare il biglietto, Daikanyama T-Site a Tokyo, Giappone, meraviglioso luogo tra il verde degli alberi, The Last Bookstore, Los Angeles in California, scaffali particolarissimi in una ex-banca abbandonata, Caverne aux Livres, nei pressi di Auvers-sur-Oise in Francia, allestita all’interno di un treno dismesso e Polare a Maastricht, in Olanda, nell’intimità di una sobria e spiritualissima chiesa domenicana, migliaia di scaffali ospitano altrettanti libri e nell’abside è possibile gustarsi un buon caffè.

Maria La Barbera

 

Dall’amaranto ai Conquistadores

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

 

In precedenti articoli avevamo toccato l’argomento a volte problematico dell’assetto grafico  delle etichette dei 45 giri del garage rock nordamericano degli anni Sessanta. L’aggettivo “problematico” non è casuale; infatti si è visto come, anche indipendentemente dal contenuto musicale, già allora un’etichetta dai colori adeguati, con una grafica ben leggibile, con un carattere di stampa ben decifrabile rispetto al colore di sfondo e ai margini del campo circolare dedicato, potesse fare la differenza già solo al primo sguardo o alla prima occhiata anche distratta. Va da sé che un accostamento di colori chiari e scuri fosse consigliabile, mentre si è visto che in parecchi casi etichette dalle scelte tonali “assurde” finivano per essere quasi del tutto illeggibili finanche a breve distanza, magari perfino con caratteri del testo stampati in modo dozzinale o talvolta con errori grossolani. Oltre a questi problemi “di concetto” vi sono casi di etichette medio-piccole che nel giro di pochi anni mutarono del tutto il proprio aspetto e i propri colori (e a volte pure lo stile musicale…), tanto che svariati studi sulla discografia del rock americano anni ‘60 sono stati “insidiati” da problemi di omogeneità nella stesura delle serie discografiche, col rischio di errori involontari. Un esempio di etichetta che mutò notevolmente la propria veste fu la texana Coronado Records di El Paso, attiva dal 1964 a probabilmente inizio 1969. Il colore originale era nel tono amaranto/granata (con varianti anche sul rosso intenso o prugna) con testo grigio chiaro o argento e coprì sostanzialmente il quadriennio 1964-1967. Con il passaggio al 1968 tutto mutò e l’etichetta prese i toni del giallo intenso con testo rosso vivo o amaranto; ai lati campeggiavano due grandi teste di conquistadores con tanto di elmi e cimieri. A quanto risulta, l’etichetta si estinguerà proprio con questa veste grafica nei toni del giallo con i profili ispanici.

Si riporta qui di seguito la discografia Coronado Records allo stato delle conoscenze attuali:

–  David Hayes “Meet Me Here (In New Orleans)” / The Pawns “Lonely” (127);

–  [Eddie Williams “You Left Your Happiness (Here In My Room) / I Just Can’t Help Myself” – etichetta celeste CM-112];

–  The Beach Nuts “The Last Ride / Surf Beat ‘65” (131);

–  David Hayes and The Pawns “What Do The Voices Say? / Lonely Weekends”  (132);

–  The Celtics “Man That’s Gone Mad / Wondering Why”  (133);

–  The Starving Cats Combo “I’m Hungry / Mi Amor Se Fue”  (135);

–  Danny & The Counts “You Need Love / Ode To The Wind”  (136);

–  Gene Willis & The Aggregation “We Got It / Shing-A-Ling’s The Thing”  (45-139);

–  The El Paso Drifters “Could This Be Love / For Your Love”  (140);

 

[etichetta passa al colore giallo con teste di conquistadores]

–  The Motivaters “Ode To Loneliness / Heart Of Blue”  (141);

–  Doug Adams with The Early Morning Traffic “I Can’t Wait To See You / Hontusharaya”  (142);

–  The El Paso Drifters “All In My Mind / In The Midnight Hour”  (143);

–  Mitch ‘n Gary “Do I Ever Cross Your Mind? / Mi Juarez Rita”  (145);

–  Donald Ray & The El Paso Chessmen “Shake / I Love You”  (146);

–  Donald Ray & The El Paso Chessmen “Can’t You see I Love You / Cry Like A Baby”  (147);

–  Charlie Russell & The Jones Hatband “Love Gone Bad / Sometimes I Wonder”  (148);

–  Larry and The Knightsmen “A New Acquaintance / Selva”  (150).

Gian Marchisio

Elsa Martinetti. Peintre

(Verres, 11.12.1921 – Torino, 18.08.2018)

Amava la montagna e, quando, costretta a lasciare Saint Vincent,dove i piromani appiccavano il fuoco sempre più vicino a casasua, si trasferì a Torino, in un palazzo di quella Porta Palazzo che la penna di Gozzano ebbe a definire la gran cuoca della città continuò contenta di avere conservato intorno a sé l’arco alpinoperché non aveva perso quel riferimento importante per lei.

L’avevo incontrata, forse nei primi anni Novanta, a una cena, a casa della sorella che abitava nel suo stesso palazzo, al piano superiore al suo … e, subito, con simpatia e cordialità, si presentòin tutta l’ampiezza dei suoi interessi e la profondità delle sue vedute, con parole semplici che fluivano in una conversazione piacevole che sapeva guidare, perché, pur aprendola acaleidoscopio su mille argomenti, la indirizzare abilmente ora suuno, ora sull’altro.


Elsa
Martinetti aveva radici piemontesi, infatti suo padre,muratore quindi impresario, era Luigi Giovanni, figlio di Giacomotroviamo un suo omonimo tra le maestranze occupate al castello di Agliè a metà Ottocento e orfano di Angela Borghi che, pur senato a Caltignaga in provincia di Novara il 12 dicembre 1894, si diceva imparentato con il filosofo canavesano Piero Martinetti, mentre la madre Cristina (Catarina) Peracca, canavesana la era, in quanto nata a Nomaglio il 24 luglio 1895. Orfana del padre,(Gioanni Battista) Ferdinando, quella giovane aveva lasciato la madre, Gioanna Maria Allamanno, per passare a vivere a Borgofranco di Ivrea, dove avrebbe incontrato l’uomo da lei poi sposato a Nomaglio, il 25 febbraio 1920, quando riconobbero loroTeresina, la figlia nata fin dal 25 aprile 1915.

In seguito si trasferirono a Verres, ed Elsa fu la prima dei figli venuti alla luce in Vallée.

Quei natali montanari furono sempre motivo d’orgoglio per leiche si sentiva un frutto genuino di quella Terra e che, essendouna persona semplice, di quelle che non rinnegherebbero mai le loro origini, le riconosceva fondamentali per essere state le costanti, a monte di ogni suo interesse e di ogni sua indagine.Autodidatta dichiarata, Elsa Martinetti era profonda nel pensiero. Dalle prime indagini, alle ultime conclusioni, infatti vaste e obiettive erano le une e felici le altre, che, con naturale savoirfaire, sapeva esporre con chiarezza, suscitando in tutti immediata simpatia. Discreta per educazione e anche per sensibilità, non era priva di arguzia, e questo la rendeva sempre un’ospite gradita,proprio come la bagna caoda con le noci che aveva cucinato quella sera…

Nel turbinoso guazzabuglio che ha connotato il mio ventennio fin de siècle, tra i tanti intoppi e tutti gli acciacchi che neanche in seguito, non mi hanno lasciato, più ebbi occasione di rivederlaancora una prima volta, non ricordo in che occasione, né quando, né come, e altre volte ancora e subito mi stupiva per lanaturalezza con cui mi chiedeva notizie di cose mie, delle qualinon potevo averle fatto cenno mai. Capii che era così per natura,perché era una sensitiva! Allora decisi che le avrei raccontato io, prima che ritornasse a stupirmi dicendomi ancora lei di cose mie.Molto presto però, cambiavo ancora di atteggiamento e, quando la incontravo o la sentivo, dopo i saluti, spontaneo le domandavo: tu cos’hai da dirmi oggi? certamente non alludevo a questioni frivole ma al quotidiano, alle cose serie e ai tanti problemi che mi assillavano, e, su tutto, lei qualcosa da dirmi aveva sempre

Un forte legante per noi era l’arte, e, pur se nessuno dei due partecipava p a mostre, era naturale che parlassimo di esposizioni, ambienti artistici e artisti, che avevamo incontrato e anche frequentato nei nostri diversi, rispettivi passati. Allora le veniva facile mostrarmi qualche lavoro, non solo suo, o unapubblicazione che dicesse qualcosa della sua arte, o le foto di qualcuno dei suoi, o della casa che aveva lasciato a Saint Vincente che, da sola, aveva costruito e tutti i percorsi evocativi li compiva volentieri, senza risparmiava mai i suoi commenti.

Della casa che aveva fatto in Valle andava molto orgogliosa: mi aveva raccontato come, pezzo per pezzo, avesse acquistato l’intero lotto, sul quale aveva poi costruito, andando alla ricerca dei singoli proprietari che vivevano sparsi per ogni dove in Arpitaniae raccontava tutto, con innata modestia e somma discrezione, mentre accennava al suo vissuto, conscia, prima di tutto, dei limiti che aveva avuto, per essere donna e montagnina, ancorché autodidatta Perché si era fatta tutta da sola, e così, a pezzetti o, come preferiva dire, a bocconi, si era fatta una cultura(che non era così poca e nemmeno piccola), perciò era davvero quello che si può dire una studiosa seria e dedicata, che, nel suo piccolo, aveva affrontato argomenti impegnativi anche molto diversi tra loro. Ma era anche cosciente di essersi spesso trovata tra personaggi presuntuosi, che ‘grandi’ si erano fatti per le loro pose e che, anche se erano riusciti ad imporsi, non erano affattointelligenze migliori ma mediocri. Comunque, lei andava fieradel diploma che attestava la sua appartenenza all’Accademia di Sant’Anselmo, ne parlava sempre con un sorriso, scherzandoci su, con ironia… e poteva farlo perché conosceva davvero le debolezze umane! era psicologa, non solo per natura, ma per aver frequentato alcuni corsi, come quello di grafologia, che aveva interrotto ai primi livelli, perché si teneva a Torino, mentre lei abitava ancora in Valle ...

 

Aveva interessi molto diversi tra loro: dall’arte alla letteratura,dall’ipnosi alla radioestesia, dalla simbologia alla linguistica, dal folclore alla storia, dalla magia alla religione, dai colori alle forme. Tutto la interessava e, soprattutto, tutto quello che era espressione di pensiero e di cultura l’appassionava. Non si arrestava mai, neppure davanti agli sforzi più notevoli. Lei, che, guidata da intuito e sensibilità, era una lettrice onnivora e vorace,bene informata su ogni cosa, perché, se suo padre non mancava mai di leggere ogni giorno il suo giornale, lei era abituata a vederne sempre più di uno e a mettere da parte almeno le pagine che le sembravano più importanti. Le piaceva tanto la cartastampata dei quotidiani che ne ammucchiava dappertutto per la casa… ma era così, e spesso mi confessò di essere andata a rivedere fogli vecchi, anche di anni, e di avervi ritrovatoargomenti importanti, ancora attuali

Da sola aveva imparato il francese, quando, giovanissima, aveva cercato lavoro in Confederazione, poi, al ritorno in Valle, aveva voluto appropriarsi anche del patois, e aveva approfondito i temi relativi all’autonomia, e aveva conosciuto personalmente non solo gli esponenti del movimento valdostano, ma i documenti, come la Carta di Chivasso, che hanno segnato la sua epoca.

Amante sincera della libertà, era sensibile alle tradizioni e, ad Aosta, dove si era trasferita, aveva finito per conoscere anche tantiartigiani presenti alla Fiera di Sant’Orso e, visitandoli nelle loro abitazioni, sparse per i monti, aveva apprezzato le loro creazioniche riteneva autentiche opere d’arte, ed era diventata una appassionata collezionista di quei lavori.

Grazie alla sua naturale intraprendenza, partecipava, addirittura, ai rallies e finì persino per compiere un giro di pista con la sua utilitaria all’autodromo di Monza: nulla poteva scoraggiarla o impedirle di fare quanto si prefiggeva: era una lottatrice, una donna di razza! Ebbe pure occasione di viaggiare, e fu in America,e anche nel Giappone, e si avvicinò all’inglese, che avrebbe continuato a studiare per tutta la vita. In realtà era affascinata da tutte le lingue e a tutte le lingue si accostava, sempre con passione ed entusiasmo. In questo modo aveva ampliato gli orizzonti del suo sapere e, siccome sentiva forte la necessità di partecipare agli altri le sue emozioni, cercava di coinvolgerli dicendo ora una parola in una lingua, ora in un’altra, poi invitava chi le era più vicino a fare lo stesso e, così facendo, riusciva a contagiare, se non tutti, tanti!

Provate voi, a lasciare insoddisfatte richieste come quelle sue

Capìto quali argomenti storici io andassi studiando e da quantotempo, e temendo che non avrei mai reso pubblici gli esiti di nessuna mia ricerca, fece di tutto perché scrivessi e pubblicassi la biografia di Carlo Antonio Napione e, poi, perché continuassi a scrivere altri libri. Sapeva come chiedere perché le sue richieste avessero seguito: insisteva come fanno i bambini, e lo faceva addirittura perché scrivessi apposta per lei anche dei versi….

Vale la pena qui ricordare come richiamasse la mia attenzione suitemi gozzaniani... siccome, come ho riferito, amava suggerirmi qualche lettura, era arrivata a prepararmi le fotocopie degli articoli o dei volumi che voleva proprio che leggessi. Fu così che mi fece trovare l’epistolario di Guido Gozzano con Amalia Guglielminettie, nel darmelo, disse convinta: vedrai quanto ti sarà utile, più avanti (Per chiudere, almeno per ora, l’argomento disoltanto che fu, quasi sempre per sua sollecitazione, se negli ultimi vent’anni ho dedicato a temi gozzaniani tanta attenzione, non solo ma va pure ricordato che, quando, preso dallo sconforto perché mi sembrava di poter riuscire ad affrontare un impegno così grande,per tre volte almeno, quando interruppi i miei studi, fu lei ainsistere perché assolutamente dovevo concluderli…) Questo soloper accennare a miei lavori di saggistica, ma Elsa Martinetti ebbe il merito di farmi scrivere quasi tutti i volumi che ho pubblicatonegli ultimi vent’anni. Mi persuadeva perché sapeva davvero essere convincente ….

Qui rileverò una sola coincidenza, per me esemplare, che riguarda lei… La sua cerimonia funebre avvenne a Torino, nella chiesa diSan Gioacchino (che era la sua parrocchia) e poiché non penso che si sappia io ricorderò che, con lo stesso nome dell’avo di Cristo, lei aveva uno zio, (Gioanni) Gioacchino Peracca (fratello maggiore di sua madre, nato a Nomaglio il 5 settembre 1885 e là, il 27 gennaio 1910, unito in matrimonio a Serafina Guglielmetti), perché, da me interrogata, mi aveva detto che quell’uomo, che doveva essere un maestro elementare, era anche lui un sensitivo, efu proprio grazie a lui, nella semplicità del vivere quotidiano inmontagna, i nipoti si erano abituati ai prodigi!

Lascerò che altri approfondiscano la sua biografia, e terminerò soffermandomi su quattro che oltre ad essere emblematici della sua produzione, sono innegabili e autentiche espressioni artistiche. Sembra quasi impossibile credere che Italo Mus fosse l’unico suo maestro! I suoi lavori, per essenzialità e sintesi, si impongono come frutto della sua ricerca e, nello specifico i soggetti ritratti – un fiore (reale e nel suo concetto metafisico) e un volto umano (abbozzato secondo gli stilemi della maschera antropica primitiva, e nella percezione ectoplasmatica) – hanno un contenutofortemente spirituale perciò si può dire che il processo creativo della sua pittura è la sintesi del suo pensiero e l’espressione della sua cultura. Questo potessere verificato anche per le altre sue opere, nelle quali tutte si evidenzia l’importanza che, nel processo creativo, ebbe per lei il parco, e tutt’altro che banale, uso del colore. Un colore talora ridotto a traccia, cangiante, come quelladi una chiocciola, e forse anche troppo allusiva, ma che riveladavvero grande sensibilità, affidandola appena a reminiscenze cromatiche. Questo si percepisce dal vago insistere sui toni rossi everdi, che sono resi pallidi, prima che, quasi per incanto, la superficie esploda, in un gioco di cromismi – cromosomi? – consegnando la sua tela all’informale – infernale? e lasciando al bruno o al grigio ogni reminiscenza coloristica

En haut, dunque, cara Elsa, e, dall’alto continua ad approfondire il rapporto tra effimero e Eterno, tu che, sulle tracce del divino,memore sempre della pochezza umana, eri costantemente alla ricerca del bello: motiva ancora i passi di chi risale la valle, quasia ricercare, in un processo storicamente inverso, l’eterno senso delpassato. Aiuta ancora, indicando un migliore cammino, l’umanaprogenie di queste Valli et merci bien encore!

Carlo A. M. Burdet

Concerto per Bardonecchia a Sauze di Cesana

MA.MA with Luca Aquino

Venerdì 18 agosto 2023 – ore 21
Chiesa di San Restituto – Sauze di Cesana
L’appuntamento clou del programma estivo di Sauze di Cesana, ossia il concerto del trio
composto da Sade Mangiaracina (pianoforte), Luca Aquino (tromba) e Salvatore
Maltana (contrabbasso) previsto per venerdì 18 agosto alle 21 nella Chiesa di San
Restituto, avrà un risvolto benefico.
In virtù di quello spirito che lega i Comuni protagonisti delle Olimpiadi del 2006 il Sindaco
di Sauze di Cesana – Maurizio Beria d’Argentina – e quello di Bardonecchia – Chiara
Rossetti – hanno deciso, durante il concerto, a ingresso libero, di raccogliere fondi per
ricostruire il monumento con i cerchi olimpici distrutto dall’alluvione che ha
sconvolto Bardonecchia il 13 agosto scorso.
Un piccolo segno per manifestare la vicinanza di Sauze di Cesana a Bardonecchia, in
questo non facile momento.
Un concerto acustico, quello dei tre musicisti protagonisti di diverse edizioni del Berchidda
Jazz Festival di cui Sade Mangiaracina ha composto la sigla rivisitando la canzone Futura
di Lucio Dalla, in una delle più belle chiese della Valsusa: un tesoro del XIII secolo che si
staglia nel cuore dell’alta valle Susa.
Una chiesa, quella di san Restituto, dove nel 2021 si è tenuto il concerto del duo Paolo
Fresu e Daniele di Bonaventura e nel 2022 quello di Giorgio Conte.
BIOGRAFIA ARTISTI
Sade Mangiaracina nasce a Castelvetrano nel 1986. A sei anni inizia lo studio del
pianoforte classico che prosegue fino ai 18, vincendo in questi anni diversi concorsi
nazionali e internazionali, compreso un importante riconoscimento da parte di UNESCO
dopo un concerto ad Atene. Dopo la maturità classica si trasferisce a Roma per studiare
jazz presso la scuola Percentomusica diretta da Massimo Moriconi dove si diploma nel
2007 con il massimo dei voti, proseguendo successivamente gli studi jazz al conservatorio
di Santa Cecilia con il maestro Danilo Rea.
In questi anni ha preso parte a molti progetti musicali, incidendo diversi dischi anche a suo
nome. Dal 2013 inizia a collaborare anche in ambito pop con Simona Molinari (festival del
Cinema di Cannes, Premio Tenco, Umbria Jazz), Amara (Sanremo) e Dionne Warwick per
la quale apre i concerti del suo tour italiano continuando a lavorare con diversi jazzisti di
fama internazionale quali Greg Osby, Fabrizio Bosso, Giovanni Tommaso, Massimo
Moriconi, Luca Aquino, K.J.Denhert, Francesco Bearzatti e altri.
Comune di Sauze diCesana
UNIONE MONTANA COMUNI OLIMPICI VIA LATTEA
Il presente della pianista parla comunque di un sempre maggiore successo pubblico
anche grazie ad un fortunato suggerimento di Paolo Fresu ad Ornella Vanoni che l’ha
voluta accanto a sé a suonare e ad occuparsi degli arrangiamenti e della produzione del
suo spettacolo “Le donne e la musica”, ospitato nei maggiori teatri italiani nella stagione
autunno-inverno 2022/2023.
Salvatore Maltana è da tempo uno dei nomi di primo piano della scena jazzistica sarda.
Direttore artistico dei Seminari jazz di Nuoro, dopo esserne stato prima allievo e poi
docente, il contrabbassista algherese ha suonato con musicisti come Enrico Rava, Paolo
Fresu, Flavio Boltro, Peter Bernstein, Roberto Gatto, Django Bates, Pierre Favre, David
Linx, Daniele di Bonaventura e tanti altri.
Luca Aquino, tra i musicisti jazz italiani più apprezzati nel panorama internazionale, inizia
a suonare all’età di diciannove anni da autodidatta. Per due anni abbandona la pratica
dello strumento per completare gli studi universitari in Economia e Commercio. L’amore
per il suono di Miles Davis e Chet Baker lo riconduce allo studio della tromba e lo porta a
dedicarsi completamente alla musica.
La passione per la sperimentazione sonora e le registrazioni in luoghi insoliti sono tra gli
aspetti più sottolineati dalla stampa di settore che lo descrive come “l’esploratore sonoro
contemporaneo”, analogamente la critica estera riconosce in lui quel particolare tratto
italiano che nell’immaginario internazionale richiama il viaggio, la creatività, l’estro
visionario e la bellezza. Il luogo e la storia assumono un valore speciale e sono al centro di
alcuni tra i suoi migliori progetti e del festival da lui ideato e diretto, “Riverberi” che utilizza
l’acustica naturale di luoghi storici come elemento centrale della performance.