CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 19

Donne e vittime, perché nessuno attenti alla vita del Führer

Sugli schermi “Le assaggiatrici” di Silvio Soldini

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

 

Nell’autunno del ’43, la giovane Rosa Sauer, profuga berlinese, spinge il cancelletto che immette alla casa dei suoi suoceri, il marito è militare sul fronte russo, lei è in cerca di un rifugio, di un riparo dai continui bombardamenti della città, di qualche viso maggiormente legato a lei, di un affetto. Al di là della tranquillità del villaggio, la cornice è quella di Gross-Partsch, nella Prussia Orientale (oggi è parte della Polonia), è un vasto territorio circondato da filo spinato, oltre quello sbarramento è il quartier generale del Führer, la Tana del Lupo. Dopo poco tempo dal suo arrivo, con altre giovani donne del luogo Rosa è prelevata dai militari che senza spiegazioni la conducono nella Residenza, insieme avranno il compito di assaggiare i cibi che ad ogni pasto vengono preparati per Hitler.

Non hanno via di scampo, sono la sicurezza tra il mondo esterno e il dittatore, debbono sottostare a regole ben precise, non possono sottrarvisi. Un’intossicazione è un grido d’allarme ma non certo una interruzione. Nuove amicizie, alleanze e sospetti, confidenze, chi stravede per chi guida la Germania alla vittoria, la paura di morire e la fame, il passare dei giorni e dei mesi, l’attentato il 20 luglio dell’anno successivo da parte di von Stauffenberg, l’abbandono e il ritorno a Berlino di Hitler, il ritorno a casa delle donne. Un fatto, una passione imprevedibile, è nato in quell’anno di permanenza tra Rosa e un ufficiale tedesco, un amore che non guarderà più a chi è lontano e che si spegnerà con la rovina degli accadimenti.

Scritto con occhio femminile da un nutrito gruppo di sceneggiatrici soprattutto – Cristina Comencini, Giulia Calenda, Doriana Leondeff e Ilaria Macchia -, “Le assaggiatrici” trova le proprie radici nelle pagine omonime del romanzo di Rosella Postorino, vincitore del Campiello (e non soltanto) nel 2018 e tradotto in 32 lingue (che consiglio a chi voglia incontrare una bella scrittura). Premiatissimo ma che al tempo della lettura, a chi scrive queste note, al di là della sua importanza, della conoscenza di un episodio sconosciuto, dei ritratti femminili e del susseguirsi della profonda drammaticità della vicenda ottimamente resi, parve dividersi in due parti ben precise: la prima, decisamente la migliore, con l’obbligatorietà dell’incarico e la loro “sistemazione”, e l’altra, con l’annegamento di un ricordo e l’innamoramento che è lì a nascere e crescere, un’atmosfera alla “Suite francese” della Némirowsky, un qualcosa di déjà vu tanto da diventare a tratti debole e banale, preservando sempre meravigliosamente quell’odore di guerra invisibile su tutto e su tutti ma di certo ben presente. 

Silvio Soldini, che di ritratti femminili se ne intende da tempo, e con grandi raffinatezze (“Le acrobate” e “Pani e tulipani, “Agata e la tempesta” e “Giorni e nuvole”), tornando a girare a quattro anni da “3/19” inciampa inevitabilmente nelle doverose scelte, laddove peraltro la scrittrice si concedeva maggior spazio per ampliare quelle prime pagine. Pur tuttavia, “Le assaggiatrici” rimane un film da vedere e condividere appieno, capace di aggiungere un doveroso tassello alla Storia, guidato dal regista con ricchezza di particolari, di stati d’animo descritti con pudore e partecipazione, di angoli e di luci giuste nel chiuso di quelle stanze dove si mangia e si rischia di morire ad ogni istante, di perfetta ricreazione d’epoca, di personaggi secondari (uomini oppressori) che non scalpitano interpretativamente troppo ma che stanno nei loro giusti spazi. Cardini della storia (ricalcata su quella di Margot Wölk, che nel 2012, poco prima di morire, confessò di essere stata una delle assaggiatrici del Führer) sono un gruppo di attrici di area tedesca, perfette tutte nei ruoli, ognuna con la loro cifra ben precisa e ben resa, tutte quante, su cui spicca la berlinese Elisa Schlott nel ruolo di Rosa, trentenne, di una grande maturità espressiva.

“De Amicitia”: Gianinetti e Bartolomeoli in mostra a Moncalvo

Parafrasando la famosa opera di Cicerone con il dialogo sull’amicizia che ne esamina i valori, basata su affetto, lealtà e condivisione di intenti tra persone meritevoli, il museo civico di Moncalvo intitola la nuova mostra  “De Amicitia”.

Mettendo a confronto le opere di Roberto Gianinetti e Alfredo Bartolomeoli, si evidenzia non solo l’eccellenza artistica ma anche l’aspetto umano di grandi amici che si sono accordati nel presentare contemporaneamente i propri lavori senza che gli uni prevalgano sugli altri.

Tutta la storia dell’arte è permeata dall’amicizia tra artisti; senza scomodare le Confraternite dei Preraffaelliti e dei Nazareni, può bastare l’esempio del rapporto amichevole tra Claude Monet e Pierre Auguste Renoir, di Camille Pissarro e Paul Cezanne, di Andy Warool e Jean Michel Basquiat che hanno spesso lavorato insieme costruttivamente.

 

L’incontro  fortuito, nel 2000 a Urbino, tra Gianinetti  allora ancora studente e Bartolomeoli già noto maestro di incisione, segnò immediatamente una stima reciproca che nel tempo si intensificò in vera amicizia.

Entrambi, nutriti di studio e sperimentazioni di ogni tipo di arte incisoria,  ripristinando  il binomio artista artigiano con l’affidare l’Idea al supporto del “saper operare” della tecnica, sono approdati a eccellenti risultati in particolare attraverso la xilografia, il più antico procedimento di stampa nato in Cina per testi e immagini sacre poi, dopo secoli,  trasformatasi in disciplina autonoma.

Roberto Gianinetti, abbandonata la professione di veterinario, pur esercitata con passione, folgorato dalla bellezza della xilografia giapponese dopo un soggiorno a Tokio, iniziò un personalissimo percorso con libertà di espressione, fervido entusiasmo e rigoroso impegno, distinguendosi per l’originalità dello stile.

Come si è già constatato nella precedente mostra “Avatar-Metaverso” nello stesso museo di Moncalvo, niente in lui è scontato nell’elaborare processi mentali tra realismo e astrattismo, simbolismo e surrealismo, divertissement e profondità di pensiero.

In un percorso di singlossia egli incrocia il linguaggio verbale a quello visivo con  bipolarità della gestualità espressiva dei segni tra non senso e rigore matematico inventando arditi accostamenti di parole o semplici lettere dell’alfabeto, silouettes, labirinti, linee, bottiglie, carte da gioco, figure geometriche.

Il tutto con improbabile spaesamento ma proprio per questo così affascinanti e coinvolgenti.

A sua volta Alfredo Bartolomeoli, dopo infinite sperimentazioni che l’hanno reso famoso in campo internazionale, è giunto ad originali Concetti Spaziali di cui possiamo ammirarne otto  presenti in mostra:

A differenza di tanti emuli che imitano  i tagli e i buchi di Lucio Fontana che nel 1947 diede il nome di Spazialismo al nuovo movimento ( con l’appoggio del gallerista Carlo Cardazzo e Milena Milani, nel “Naviglio” milanese,  che credettero in lui) Bartolomeoli con lo stesso intento di abbattere le barriere bidimensionali dello spazio ne continuò il cammino in modo personale.

Se Fontana, attraverso la terza dimensione dei tagli e i buchi ispirati dalle passeggiate spaziali degli astronauti, si esprimeva con una gestualità pacata con espressione di tranquillità solenne, persino epica in alcune grandi tele, al contrario Bartolomeoli con le xilografie ispirate al paesaggio collinare urbinate,  raggiunge una spazialità improntata al dinamismo.

Ogni sua opera non rimane mai chiusa in se stessa bensì espande il movimento che si propaga senza sosta nell’opera successiva, come poeticamente l’artista sottolinea “al pari di una farfalla che passa di fiore in fiore”.

Si distingue, tra le xilografie astratte su carta di Pescia, famosa per il procedimento a mano, la “Cascata” a dimostrazione che il ricordo del figurativo e della tradizione rimane insito nel cuore di un artista anche se  aniconico e d’avanguardia.

Giuliana Romano Bussola

“Il sogno di Bottom” allo “Spazio Kairòs”

Con “Onda Larsen” é divertimento assicurato, ripensando al celebre “Sogno” shakespeariano

Venerdì 4 e sabato 5 aprile, ore 21

Scritto e diretto da Lia Tomatis, lo spettacolo è a due voci con gli attori Riccardo De Leo e Gianluca Guastella della torinese Compagnia teatrale “Onda Larsen”“Il sogno di Bottom” (già il titolo ne indica la classica derivazione), in programma venerdì 4 e sabato 5 aprile (ore 21) allo “Spazio Kairòs” di via Mottalciata, a Torino, è una divertente ma attenta riflessione sui “meccanismi burocratici” che regnano e, purtroppo, regolano ai nostri giorni, più che mai, il mondo del lavoro, mettendo alla berlina quegli aspetti che oggi sono considerati “vantaggiosi” ma che in realtà badano più alla forma che al contenuto: Quincio, uno dei due attori in scena che nella storia interpreta la parte di un arrendevole regista vive i nostri tempi e, per riuscire, dunque, ad attenersi alle richieste di un “bando” che gli permetterà solo in tal maniera di ottenere  dei finanziamenti, è costretto a mandare all’aria tutte le sue idee sull’arte e a presentare un progetto che “artistico” ormai non è più. O che di “artistico” ormai ha proprio ben poco. Così, purtroppo, è, se si vuole.

Molti lo avranno capito. Lo spettacolo è uno “spin off” di uno dei più divertenti personaggi di Shakespeare. Siamo nel 1595, nel bosco di “Sogno di una notte di mezza estate”Bottom (attore che viene trasformato in un uomo con la testa d’asino da Puck, folletto di Oberon, re delle fate) e Quince provano lo spettacolo per il Duca di Atene, Teseo. Finita la prova, Bottom si addormenta e si risveglia quattro secoli dopo davanti a un giovane regista che sta cercando di allestire uno sgangherato progetto teatrale nella speranza di ottenere qualche finanziamento pubblico. Bottom si lascerà coinvolgere nell’infelice impresa, mettendo involontariamente a nudo le contraddizioni del nostro presente, proprio a causa della sua estrema semplicità. Il testo, pur gravitando nella geniale area e temporalità shakespeariana, si presenta quindi al pubblico in tutta la sua, forse ormai inarrestabile e sgangherata, attualità.

Ci si accontenta in mancanza d’altro e purtroppo ci si abitua” viene detto in un passaggio del testo. E allora c’è da chiedersi E’ veramente così purtroppo o ci si può ribellare e cambiare qualcosa e a quali costi? A ognuno di noi l’ardua sentenza. E le posizioni, pur rischiose ma indubbiamente coraggiose, da assumere.

Scrive la regista Lia Tomatis“Lo spettacolo è scritto mescolando linguaggio ‘elisabettiano’ e linguaggio moderno, contemporaneo, così come nelle opere di Shakespeare si alternavano realtà e magia, momenti di dramma e di commedia.
È scritto in modo da essere fedele all’ordine cronologico in cui sono state scritte le opere di Shakespeare: Bottom non conosce le parole dei drammi che sono stati scritti dopo ‘Sogno di una notte di mezza estate’, gli frullano solo nella testa in maniera inconsapevole, mentre conosce ‘Romeo e Giulietta’ che risulta precedente”
. C’è dunque da rilevare che le informazioni storiche che passano, anche se solo di sfuggita, tra le parole dei personaggi sono assolutamente corrette. E, in tal senso, vista proprio la scelta “di creare una coerenza filologica drammaturgica, anche per l’impianto scenico e la regia si è scelto una pulizia che ricordasse il teatro elisabettiano”.
In scena infatti c’è un solo elemento: un “cubo” che viene utilizzato nel finale come veniva utilizzato il “balcone” nel teatro inglese a cavallo fra  Cinque e Seicento. Come nel teatro seicentesco, gli attori possono inoltre recitare quasi tra il pubblico e con il pubblico stesso interagiscono, così come i cambi di scena e di luogo sono segnalati dall’uscita degli attori da una quinta ed un rientro in palco da un’altra quinta. “Con una recitazione naturale, informale, che alterna momenti di grande poesia e momenti di comicità e dramma si è cercato – conclude la regista – di restituire un po’ di quell’anima caratteristica del teatro elisabettiano in un fraseggio pensato in chiave volutamente moderna”. E i risultati sono decisamente apprezzabili, i dialoghi serrati e divertenti e i personaggi ben caratterizzati, latori di un’ironia e di una satira che mai preclude la possibilità di una seria riflessione su alcune contraddizioni del nostro presente, assimilate nel tempo senza lasciarci quasi il tempo di accorgercene e di provvedere di conseguenza. Senza farci del tutto fagocitare. Pensiamoci su! In fondo, basta volerlo!

Per info: “Spazio Kairòs”, via Mottalciata 7, Torino; tel. 351/4607575 o www.ondalarsen.org

g.m.

Nelle foto: “Il sogno di Bottom”, immagini di scena

Per la prima volta a Torino “ALIS New World”

Per  la prima volta a Torino, “ALIS New World”.

Il family show che ha strabiliato il mondo registrando numerosi sold out in tutte le date italiane del tour invernale, verrà allestito all’interno della prestigiosa cornice dell’Inalpi Arena.

Vista l’ottima risposta di pubblico gli organizzatori hanno deciso di premiare la città, aggiungendo una quinta replica, dando inizio allo spettacolo non più di venerdì, ma già giovedì 3 aprile alle ore 21. Offrendo tra l’altro una promozione shock per la messa in vendita dei biglietti per questo giorno infrasettimanale: i primi acquirenti pagheranno l’ingresso con uno sconto del 20% sul prezzo intero.

Gianpiero Garelli, Fondatore e Presidente della compagnia “Le Cirque Top Performers” non nasconde l’entusiasmo per questa adrenalinica avventura: “Siamo orgogliosi di portare a Torino per la prima volta il nostro spettacolo che sono certo saprà emozionare sia grandi che piccini. La città ha risposto così bene che ci sembrava doveroso premiare il pubblico con una nuova replica e una super offerta. Possiamo considerare ALIS New World come la consacrazione per festeggiare il nostro primo anniversario importante: dieci anni di attività della compagnia con oltre 400.000 spettatori in tutto il mondo. Vi aspettiamo quindi per continuare a sognare, sempre più in grande, insieme a noi!”

In scena un cast stellare composto dai Top Performers dal Cirque du Soleil e dal cirque and performing arts contemporaneo. Un’élite di professionisti scelti – acrobati, giocolieri, aerialisti, equilibristi – applauditi e premiati sui palcoscenici più importanti del mondo.

Diciotto artisti provenienti da ogni angolo del globo: Stati Uniti, Argentina, Russia, Mongolia, Ucraina, Francia, Grecia, Italia. Un mix esplosivo di veri e propri atleti capaci di meravigliare il pubblico con esibizioni ai limiti delle possibilità umane.

Esilarante Maestro cerimoniere il poliedrico Pippo Crotti, entrato a far parte della famiglia WTP nel 2018 dopo essere stato protagonista di oltre 1500 repliche dello spettacolo “Totem” del Cirque du Soleil. Pippo rende lo spettacolo interattivo fin dalle prime battute coinvolgendo grandi e piccini che da semplici spettatori diventano protagonisti.

Suo contraltare una eccezionale Barbara Abbondanza, riconosciuta al primo sguardo dal pubblico avendo vestito per ben dieci anni i panni dell’Orchessa Orchidea nel format Rai per bambini “La Melevisione”. Barbara interpreta una Regina di Cuori decisamente più dolce rispetto a quella narrata nel capolavoro di Lewis Carroll. La Regina ha conosciuto Alice fin da bambina e ora la sprona a diventare grande, a trovare il coraggio di prendersi il proprio posto nel mondo sfidando tutte le paure, con una performance che terrà il pubblico col fiato sospeso.

Scenografie, luci e coreografie saranno in grado di regalare atmosfere coinvolgenti e suggestive, insieme a una colonna sonora avvincente, spesso suonata live, creata appositamente per lo spettacolo.

Un’ora e quaranta di spettacolo che diventa una esperienza per tornare a sognare e imparare di nuovo a meravigliarsi.

I PRINCIPALI PROTAGONISTI

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ASIA TROMLER (Aerial Silk) – Ha debuttato nel primo spettacolo importante a soli sedici anni e l’anno successivo – nel 2016 – è stata inserita nel cast della compagnia per il debutto di “ALIS”, risultando l’artista più giovane della compagnia. La sua formazione circense è iniziata a sei anni nel Principato di Monaco presso il rinomato Centre Jeunesse Princesse Stephanie di Monaco con O2Cirque. Proseguendo il perfezionamento prima in Québec, all’Ecole Nationale du Cirque di Montreal – fucina dei migliori artisti del Cirque du Soleil, con i quali partecipa a numerosi stage – e poi alla Kyiv Academy Circus and Variety Arts di Kiev. Tra gli attrezzi che utilizza con talento sono i tessuti aerei, che predilige. In Italia ha aperto con successo e dirige personalmente Ikigai Circus Art, attraverso la quale insegna le sue specialità, anche grazie alla grande esperienza acquisita sul palcoscenico.

DUO BAZALIY (Dance Trapeze) Le gemelle Ruslana e Taisiya dall’Ucraina.

Sono chiamate alla tenera età di quattordici anni dal Cirque du Soleil, a Montreal, dove imparano un difficilissimo numero al trapezio, cominciando a girare il mondo due anni dopo col format “Saltimbanco” e a seguire con “Joya”, sempre del CdS. Hanno preso parte anche ad importanti spettacoli europei come il Friedrichstadt Palast a Berlino e vinto la Silver Medal al Festival Mondial du Cirque du Demain.

NICO PIRES (Diabolo) – Di origine mista francese/portoghese, è professionista dal 2009.

Ha collaborato in particolare con 7 Doigts de la Main (“Duel Reality” nel 2023) e Cirque du Soleil (“Totem” dal 2017 al 2020), creando anche diversi spettacoli (“Le Cas Rapace”, “Fil ou Face, “Diabolo è un viaggio”, “Le Concert Diabolique”).

Finalista dello spettacolo “Incroyable Talent” (in Francia nel 2015 e in Portogallo nel 2022), è ideatore del progetto documentario “Planet Diabolo” (collezione di tre dvd del 2013), dove manifesta il suo primo amore: condividere i suoi mondi artistici con il grande pubblico.

DARINA TOROPOVA (Armillary Sphere) Darina è ad oggi la più giovane del gruppo con i suoi vent’anni. Si è appena diplomata alla School of Circus and Variety Art di Mosca, oltre ad essere stata da poco premiata con il “Young Talents of Russia Award” 2024.

Le Cirque Top Performers da sempre ama dare opportunità a giovani di talento e Darina ne è un esempio concreto e lampante.

GENIA TYKHONKOV (Aerial Pole) – Originario dell’Ucraina, è stato premiato con la medaglia d’argento ai festival “International Circus Festival Of Italy” e “Albacete Circus Festival”.

E’ artista di punta di rinomati circhi e spettacoli come il circo nazionale svizzero “Circus Knie” e lo spettacolo di Dubai “Billionaire”.

DUO MIRAGE (Contortionists) Degy e Mumel sono due ragazze contorsioniste della Mongolia con alle spalle dieci anni di esperienza, sempre insieme. La loro prima esibizione in Europa è avvenuta in Spagna col Circo Raluy Legacy. Nel corso degli anni hanno poi avuto l’opportunità di partecipare a tantissimi spettacoli in giro per tutto il mondo.

GROUP JUGGLERS (Giocolieri) – Gruppo composto da quattro ragazzi russi e una ragazza argentina. Nel loro percorso artistico hanno partecipato a grandi Festival internazionali in piazze prestigiose quali quelle di Montecarlo e Saint-Paul- lès-Dax. Hanno entusiasmato il pubblico dei migliori circhi della Cina, degli Stati Uniti, della Russia. Ora tocca all’Italia con Alis.

DELAI OCEAN (Cantante/Violoncellista) – Dalai è una versatile violoncellista, cantante e compositrice greco/mongola. Completati i suoi studi di musica classica con lode al “Conservatorio di Arte e Tecnologia” di Atene, è stata in tournée come solista col suo violoncello elettrico e acustico in tutto il mondo con band di fama internazionale. E’ attivamente coinvolta nell’industria della musica da film producendo, componendo e registrando musiche per i film realizzati per HBO e Netflix fino ai film d’autore internazionali.

GIORNI E ORARI SPETTACOLI

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  • Giovedì 3 aprile ore 21

  • Venerdì 4 aprile ore 21

  • Sabato 5 aprile doppio spettacolo:

ore 17 e ore 21

  • Domenica 6 aprile ore 17

I social di LE CIRQUE TOP PERFORMERS

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MODALITA’ ACQUISTO BIGLIETTI

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La prevendita biglietti per tutte le repliche all’Inalpi Arena è attiva con:

  • il sito ufficiale dello spettacolo su www.Alisticket.it

  • il circuito Ticket One su www.ticketone.it e in tutti i punti vendita affiliati

“Il seggio del peccato”, presentazione a Santhià venerdì 4 aprile

“L’unico rovello consisteva nel trovare un’occupazione che rendesse meno noiose quelle ore e qui il maresciallo calò l’asso: una bella merenda sinoira, sfruttando la vicinanza dell’osteria che era fornita di ogni ben di Dio e di una cuoca di indubbia (e positiva!) fama. L’idea venne approvata all’unanimità e, una volta coinvolto anche l’oste del Passero, messa in pratica. Spostata l’urna in un angolo, il tavolo venne coperto con una grande tovaglia a quadretti bianchi e rossi e, come d’incanto, comparirono le vivande: pane, salame, formaggio e frittate; carne e zucchine in carpione, acciughe al verde e al rosso, vitello tonnato, insalata russa e capricciosa, tomini elettrici, tome da accompagnare con il miele o la cugna”. Marco Travaglini nel nuovo libro dal titolo “Il seggio del peccato. Vite e dicerie di strapaese tra laghi, monti e vigne” da cui abbiamo tratto il brano sopra riportato, ci porta a conoscere il Piemonte, dalle valli al confine con la Svizzera ai laghi, dal Canavese fino a Torino, con la sua gente laboriosa, i suoi ambienti, le atmosfere e le tradizioni, come ad esempio la merenda sinoira di cui abbiamo appena letto. Per conoscere altre storie e curiosità legate al Piemonte segnaliamo l’incontro con l’autore, in dialogo con Simona Paonessa, che si terrà venerdì 4 aprileSANTHIA’ (VC), presso la biblioteca civica di via Dante alle ore 17,30.

Marco Travaglini

Atteso ritorno al teatro Astra di Fabrizio Gifuni, a vent’anni dal debutto

Con una pièce teatrale su Pasolini e una drammaturgia sul Memoriale di Aldo Moro

 

Al teatro Astra, il 2 e 3 aprile prossimi, atteso ritorno di Fabrizio Gifuni con “Il male dei ricci. Ragazzi di vita e altre visioni”, tratti dagli Scritti Corsari, Lettere Luterane, Ragazzi di Vita, Poesie in forma di rosa, seconda forma de La meglio gioventù di Pier Paolo Pasolini.

A quasi vent’anni dal debutto di ‘Na specie de cadavere lunghissimo” del 2004, spettacolo culto andato in scena per dieci anni consecutivi, ideato e interpretato dall’attore, con la regia di Giuseppe Bertolucci, Fabrizio Gifuni ritorna alle pagine di Pasolini con una nuova drammaturgia originale.

La rilettura di “Ragazzi di vita”, romanzo d’esordio dello scrittore, interpolata e storicizzata con altri scritti pasoliniani, poesie, lettere, interviste, editoriali, dà vita ad un racconto molto personale che l’attore-autore trasferisce in teatro, dialogando ogni sera con i ‘rappresentanti della città ‘, i cosiddetti spettatori, in un gioco di prospettive inedite e sdoppiamento vertiginosi.

L’attore si fa carico di trasportarci dentro le giornate di questi giovani ragazzi, ci restituisce la loro generosità e i loro egoismi, il comico, il tragico, il grottesco, la violenza di questo sciame umano che dai palazzoni delle periferie si muove verso il centro della città, in un percorso che è anche un rito di passaggio dall’infanzia alla prima giovinezza. Ma il corpo /voce di Gifuni ci costringe al contempo a misurarci con un fantasma poetico, una voce inquieta che continua a reclamare un ascolto. Ancor oggi in direzione ostinata e contraria.

Dal 4 al 6 aprile (orari venerdì ore 21, sabato ore 19, domenica ore 17) Fabrizio Gifuni porterà in scena la pièce teatrale dal titolo “Con il vostro irridente silenzio. Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro”. L’ideazione e la drammaturgia sono di Fabrizio Gifuni, che sarà anche in scena.

Aldo Moro durante la prigionia parla, ricorda, scrive, risponde, interroga, confessa, accusa, si congeda. Moltiplica le parole su carta. Scrive lettere, si rivolge ai familiari, ai colleghi di partito, ai rappresentanti delle istituzioni. Annota brevi disposizioni testamentarie. E insieme compone un lungo testo politico, storico, personale, il cosiddetto Memoriale.

Le lettere e il memoriale sono le ultime parole di Moro, scritte nei 55 giorni della sua prigionia, quelle ritrovate o meglio, quelle fino a noi pervenute. Un fiume di parole che si cercò di arginare, silenziare, mistificare, irridere. Moro non è Moro, veniva detto. La stampa, in maniera pressoché unanime, martellò l’opinione pubblica sconfessando le sue parole, mentre Moro urlava dal carcere il proprio sdegno per questa ulteriore tortura.

A distanza di quarant’anni il destino di queste carte non è molto cambiato. Poche persone le hanno davvero lette, molti hanno scelto di dimenticarle. Attraverso un doloroso e ostinato lavoro di drammaturgia, Fabrizio Gifuni si confronta con lo scritto più scabro e nudo della storia d’ Italia.

 

I fantasmi della nostra storia si articola in due spettacoli

2/3 aprile “Il male dei ricci. Ragazzi di vita e altre visioni”

4/5/6 aprile “Con il vostro irridente silenzio. Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro”

 

Teatro Astra, via Rosolino Pilo 6.

Info e biglietti tpeteatroastra.it e in biglietteria.

Mara Martellotta

“Da questa parte del mare”. Nel nono anniversario della scomparsa di Gianmaria Testa

Torna una nuova ristampa in “vinile” dell’album che nel 2007 gli guadagnò la “Targa Tenco”

Da venerdì 11 aprile

Prima uscita nell’autunno del 2006, a tre anni esatti da “Altre Latitudini”, suo quinto album. Prodotto dalla moglie Paola Farinetti, con la direzione artistica di Greg Cohen, “Da questa parte del mare” si guadagnò nel 2007 l’ambitissima “Targa Tenco”, come miglior album dell’anno. Un “album di svolta” sotto vari aspetti nella scrittura musicale di Gianmaria Testa (1958 – 2016), il “cantautore ferroviere” di Cavallermaggiore, che, dopo dieci anni (il 19 aprile del 2016) venne omaggiato, a pochi giorni dalla scomparsa, con la ripubblicazione, per la prima volta in “vinile”, dello stesso disco, album fondamentale della sua breve ma intensa carriera,“un’edizione nuova che permetteva – si è scritto – di entrare nel vivo del suono caldo e avvolgente che solo dai solchi di un vinile può trovare la sua massima espressione”. Non solo. Sempre il 19 aprile del 2016, in contemporanea con il “vinile”, uscì anch’esso postumo, per i tipi di “Einaudi editore”, il libro con omonimo titolo e prefazione di Erri De Luca. Ora, e veniamo all’oggi (l’attualità della “poesia in musica” di Gianmaria non finirà mai) a  diciannove anni dalla sua pubblicazione e ad un mese dall’assegnazione a Moncalieri del “V Premio Gianmaria testa Musica e Parole”, in occasione del nono anniversario (il 30 marzo scorso) dalla scomparsa del cantautore, “Da questa parte del mare”, il disco “perfetto” di Gianmaria Testa torna in una “ristampa speciale” – con una nuova raffinata e limitata edizione sempre in vinile – in uscita venerdì 11 aprile per la serie voluta da “Produzioni Fuorivia” e “Egea Music” . Un disco che non ha mai smesso di parlare all’attualità e di attualità, raccontando attraverso la musica il tema delle migrazioni con profondità di emozioni e sentimenti, delicatezza e mai una sola virgola di stucchevole retorica.

“Non ho scritto per loro. Non ne sarei capace. Ho scritto per me e per quelli che, come me, stanno da questa parte del mare”, così Testa descriveva la genesi di questo disco, un “concept album” interamente dedicato a un unico argomento (proprio come un romanzo), al “tema delle migrazioni”, alle ragioni profonde del partire, al senso di sradicamento e al confronto con l’ignoto. Disco “perfetto”, si è definito, articolato fra “poesia” e “denuncia”, l’album è una sorta di itinerario in note lungo le molte tappe di un doloroso e faticoso viaggio di corpo, anima e memoria: dalla decisione di partire ( “Seminatori di grano” ), al caos dell’imbarco ( “Rock” ), fino all’arrivo, spesso traumatico, in una terra sconosciuta ( “Tela di ragno” ). E poi le storie delle città d’arrivo, che sono il segno di una integrazione (se le cose vanno per il verso giusto) costruita giorno su giorno ( “Al mercato di Porta Palazzo” e “Ritals”).

L’album si chiude con “La nostra città” , un brano che richiama il punto di vista di chi osserva “da questa parte del mare”, ponendo interrogativi ancora oggi e sempre cruciali e più vivi che mai, “ricordandoci che il viaggio, il mare e il desiderio di una vita migliore sono esperienze che, da sempre, attraversano la storia dell’umanità”.

La nuova edizione del disco mantiene intatta la sua forza espressiva e musicale, con arrangiamenti curati da Greg Cohen e la partecipazione di musicisti straordinari come Paolo Fresu, Bill Frisell, Enzo Pietropaoli, Gabriele Mirabassi, Luciano Biondini e Philippe Garcia.

Aggiunge Paola Farinetti, moglie di Gianmaria e manager di “Produzioni Fuorivia” nel presentare la collana di ristampe: “Molti di questi (lavori) con gli anni sono diventati rari, buoni solo per un’asta su eBay, e mi è parso un peccato. Tutti conservano infatti una misura, una freschezza di musica e parole – quelle parole che Gianmaria limava e rilimava – che li rendono dei classici, resistenti all’usura del tempo”. Parole vere e sacrosante. Che ci trovano perfettamente d’accordo.

Per info: www.gianmariatesta.comwww.produzionifuorivia.itwww.egeamusic.com
g.
m.

Nelle foto: Cover “Da questa parte del mare”; Gianmaria Testa  (Ph. Alessandro Astegiano) 

Culicchia nuovo direttore del Circolo dei Lettori

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Giuseppe Culicchia è stato nominato nuovo direttore della Fondazione Circolo dei Lettori. Per il triennio 2025-2028 sarà alla guida della direzione culturale e operativa della Fondazione, gestendo le sedi del Circolo dei Lettori a Torino, Novara e Verbania, oltre al Circolo della Musica di Rivoli.
“La scelta di Giuseppe Culicchia è stata dettata dalla sua capacità di coniugare continuità e innovazione, elementi fondamentali per il futuro della Fondazione Circolo dei Lettori, un’istituzione di riferimento in Italia per la produzione culturale, la diffusione del pensiero e la promozione del libro”, sottolinea la Fondazione.
La nomina è stata deliberata dal consiglio di gestione, composto dal presidente Giulio Biino e dai consiglieri Elena D’Ambrogio Navone e Massimo Pedrana, al termine di un processo di selezione avviato con l’avviso pubblico del 2 febbraio scorso. Alla candidatura hanno risposto 40 professionisti di spicco del panorama culturale, editoriale e librario italiano

Allo Spazio Musa a Torino la fragilità e l’assenza si riflettono sulla memoria

 Le sculture astratte di Fabio Zanino dialogano con le pitture visionarie di Diego Pomarico

 

Martedì 1 aprile presso lo spazio Musa, in via della Consolata, inaugura la mostra intitolata “Frammenti di città “. Le sculture astratte di Fabio Zanino dialogano con le visionarie pitture di Diego Pomarico.

La mostra è curata da Lucrezia Nardi. Si tratta di una doppia personale che, fino al 20 aprile prossimo, si pone come un dialogo profondo e stratificato tra due artisti che provengono da ambiti diversi, ma affini, entrambi legati a Laboratorio Ventre, lo spazio di via Cervino 60, che ospita le loro ricerche e che fa parte del circuito Barriera Design District.

La mostra, allestita nelle suggestive cantine settecentesche del Quadrilatero Romano, ha come focus la città. ‘Frammenti di città’ si muove lungo un filo di una comune riflessione, quella sul frammento, inteso non soltanto come elemento fisico o formale, ma come condizione esistenziale, capace di parlare della fragilità umana e della tensione alla ricomposizione. Zanino e Pomarico costruiscono un discorso sull’antropologia della mancanza. Ogni opera è traccia di un processo di perdita e ritrovamento, ogni materiale, ogni detrito si carica del peso della memoria, del tempo e della trasformazione.

Zanino rielabora materiali di scarto trovati nell’ambiente urbano, quali cartelli stradali, detriti, frammenti, che evocano tracce di storia industriale e racconti di migrazione, abbandono, ricostruzione. I suoi interventi scultorei possono essere paragonati a una chirurgia estetica della materia, dove lo scomporre serve per ricomporre, il disfare per definire un nuovo ordine.

Le composizioni di Pomarico appaiono, invece, come città immaginate, luoghi della memoria e del sogno, create per riflettere sulla precarietà degli spazi e delle forme. Sono architetture liquide, sospese tra la figurazione e l’astrazione. Grandi strutture emergono da fondali dove il colore si deposita in velature, gocciolature, saturazione dense e trasparenti.

Un dialogo sul frammento come condizione esistenziale e come invito a osservare le crepe e a trovare inedite possibilità anche nelle imperfezioni.

Le sculture di Zanino e le pitture di Pomarico si interrogano, si rispondono e si completano in un paesaggio condiviso che parla di città invisibili, di geografie interiori, di territori prima smembrati e poi ricuciti.

 

Mara Martellotta

 

 

 

Note di Classica: Tom Borrow, Alexander Gadjiev e Rafal Blechacz le “stelle” di aprile

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Mercoledì 2 alle 20.30 al Conservatorio G. Verdi per l’Unione Musicale, Alexander Gadjiev al pianoforte eseguirà musiche di Debussy, Adès, Bartòk, Skrjabin, Rachmaninov. Giovedì 3 alle 19.30 al teatro Regio, debutto de “La dama di picche” di Cajkovskij. Opera in 3 atti e sette quadri. L’Orchestra del teatro Regio sarà diretta da Valentin Uryupin. Repliche fino a mercoledì 16. Venerdì 4 alle 20 e sabato 5 alle 20.30 all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Giulio Cilona e con Tom Borrow al pianoforte, eseguirà musiche di Rachmaninov e Beethoven. Sabato 5 alle 18 al teatro Vittoria, il Quartetto Eos eseguirà musiche di Del Corno e Mendelssohn, con un invito all’ascolto di Antonio Valentino. Domenica 6 alle alle 16.30 sempre al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, Elia Cecino al pianoforte eseguirà musiche di Mozart, Mendelssohn, Liszt, Chopin. Lunedì 7 alle 18 nell’aula Magna del politecnico per Polincontri Musica, Ivan Rabaglia violino e Alberto Miodini pianoforte, eseguiranno musiche di Beethoven e Brahms. Martedì 8 alle 20.30 nella sala 500 del Lingotto, ultimo appuntamento della stagione per “I Pianisti del Lingotto” con il concerto del pianista Rafal Blechacz, con un programma che prevede musiche di Schubert, Beethoven, Chopin.

Giovedì 10 alle 20.30 e venerdì 11 alle 20 all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Andrès Orozco-Estrada e con Maria Duenas al violino, eseguirà musiche di Lalo e Mendelssohn. Lunedì 14 alle 20 al teatro Vittoria l’Ensemble Tamuz eseguirà musiche di Boccherini e Schubert. Per Polincontri Musica al Politecnico alle 18, Leo Vertunni sitar, Manish e Madankar tabla, eseguiranno un programma dal titolo Samanway: “Musiche del Nord dell’India”.Mercoledì 16 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, Julia Hagen violoncello e Lukas Sternath pianoforte, eseguiranno musiche di Debussy, Franck e Rachmaninov. Venerdì 18 alle 20.30 all’auditorium Toscanini “Concerto di Pasqua”. L’Orchestra Rai diretta da Ottavio Dantone, eseguirà musiche di Haydn. Lunedì 28 alle al Politecnico per Polincontri Musica il Forte Trio eseguirà musiche di Rachmaninov, Sostakovic, Arenskij, Musica Kazaka.

Pier Luigi Fuggetta