CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 19

ll libro di Quaglieni su Matteotti presentato ad Albenga

Domenica 8 dicembre alle ore 18,30 ad Albenga, nel Salone del Podestà della Torre Medievale (piazza S. Michele), sarà presentato il libro curato da Pier Franco Quaglieni su “Matteotti”, Pedrini Edizioni, nel centenario del suo assassinio. Il libro, con un saggio introduttivo dello storico prof. Quaglieni, raccoglie l’ultimo discorso pronunciato da Matteotti alla Camera e il libro scritto da Piero Gobetti subito dopo la morte del deputato socialista. Interverrà, con l’autore, Roberto Pirino, Presidente della Fondazione G.M. Oddi.

I mondi di James Cameron prenderanno vita al Museo del Cinema

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 Dal 26 febbraio al 16 giugno 2025

Il Museo Nazionale del Cinema di Torino dedica una mostra intitolata “The Art of James Cameron” a uno dei più grandi registi, sceneggiatori, produttori e innovatori contemporanei, ideata dalla Cinémathèque Français in collaborazione con l’Avatar Allianz Foundation. Si tratta di un viaggio avvincente nel percorso creativo di uno dei più immaginifici innovatori della storia del cinema. La mostra ripercorre sei decenni di espressione creativa di James Cameron, raccogliendo una straordinaria selezione di opere rare e mai viste prima, tratte dall’archivio privato del regista. Questa esposizione, adattata alla particolare struttura verticale della Mole Antonelliana è unica nel suo genere, e mette in mostra il processo che ha portato alla creazione di classici contemporanei come “Terminator”, “Aliens”, “Titanic”, e la serie di “Avatar”.

Pur avendo creato e utilizzato tecnologie cinematografiche di altissimo livello durante la sua carriera, il processo creativo di Cameron è iniziato molto semplicemente con penna, matita e colori, prima di prendere in mano una macchina da presa. “L’arte di James Cameron” include tutto, dai suoi primi schizzi ai progetti mai realizzati, fino alle sue opere più celebri. L’affascinante universo de “L’Arte di James Cameron” è diviso in sei aree tematiche: Sognare ad occhi aperti; La macchina umana; Esplorare l’ignoto; Titanic, viaggio nel tempo; Creature: Umani e Alieni; Mondialità selvagge. I più di 300 oggetti in esposizione includono disegni, dipinti, oggetti di scena, costumi, fotografie e tecnologie 3D, realizzate e adattate dallo stesso Cameron, grande innovatore tecnologico in molteplici discipline. La ricerca instancabile di nuove tecniche per realizzare la sua visione creativa si esprime anche nell’esposizione attraverso esperienze multimediali ricche e coinvolgenti. La mostra “The Art of James Cameron” è una sorta di autobiografia attraverso l’arte, come la definisce lo stesso Cameron “un’esperienza unica del suo importante percorso e iter creativo.

Museo Nazionale del Cinema- via Montebello 20, Torino

Info e prenotazioni: prenotazioni@museocinema.it

 

Mara Martellotta

Pietro Baroni: “J’ai plus de souvenirs que si j’avais mille ans”

Alla Galleria “BI-Box Art Space” di Biella, e per la prima volta in Piemonte, una mostra personale del fotografo milanese 

Fino al 21 dicembre

Fino al 7 dicembre ancora visibile la retrospettiva di Letizia Battaglia

Biella

I suoi “attori” sono uomini e donne della porta accanto. Attori improvvisati, ma ben partecipi del compito assegnatogli. Ritratti in bianco e nero, che ti scuotono dentro, forse più di quanto, scossi, lo siano essi stessi. Immagini che ti imprigionano nella più ingarbugliata rete della comprensione e ti fanno, quasi, stare a distanza per non essere coinvolti in situazioni esistenziali quanto meno inquietanti o, al contrario, ti inducono ad avvicinarti per scorgere in quegli occhi, muti di emozioni sensazioni e passioni, le voragini in cui sono inciampati, rotolando in un fitto buio che nasconde loro vie di fuga e di salvezza. Dice l’artista: “Corpo, identità ed emozioni sono le mie parole chiave”. E qui, di quelle parole, non ne manca una. Sono perfetti, in tal senso, gli scatti del fotografo milanese Pietro Baroni(“Emerging Photographer of the Year” 2017 per “Lens Culture”), instancabile viaggiatore in Paesi e in anime di tutto il mondo, “per raccogliere e respirare – racconta – storie umane”. Scatti ospitati fino a sabato 21 dicembre – per la prima volta in Piemonte, dopo essere stati fra le tante città a New York e a Roma – negli spazi della Galleria “BI-Box Art Space” di Biella. Curata da Irene Finiguerra, la mostra mette insieme 40 opere, di cui una dozzina visibili in formato fotografico e le altre attraverso un video.

Da “I fiori del male” (1857) di Charles Baudelaire il titolo della rassegna: “J’ai plus de souvenirs que si j’avais mille ans – Ho dentro più ricordi che se avessi mill’anni”. Ricordi grevi che per il “poète maudit” si fanno “spleen”, “cupa malinconia”, specchio di uno stato d’animo che è “noia e angoscia d’esistere”. Sentimenti da cui appare ammaliato anche Baroni in foto scattate a persone sconosciute, rintracciate (pensate un po’!) tramite una “call online”.  Persone di diverse etnie, ceto sociale, età, diverse tra loro in ogni modo possibile. Al momento dello scatto, il fotografo ha chiesto loro di concentrarsi sui “loro segreti inconfessabili”, quelli che ognuno custodisce dentro di sé. Il risultato è una serie di volti sofferenti, sorpresi, melanconici, in pena, attoniti, arresi. “Queste opere – commenta Enrichetta Buchli, docente e psicoterapeuta – mostrano un grande potere psichico, quello di toccare profondamente le corde emotive dello spettatore. Impossibile rimanere indifferenti o piuttosto pronunciare il solito vago commento, bello, non bello, mi piace o non mi piace”. Sul giudizio critico non ci piove. Baroni conosce bene il suo mestiere. Baroni è un eccellente artista-fotografo.

Ma i suoi ritratti esigono pur anche un’interpretazione ed una riflessione di tipo psichico e analitico. E a ciò lo stesso Baroni non si sottrae, ben sapendo di farne cifra stilistica che, ancor più, richiama una curiosa interpretazione delle sue opere. Di quei volti “persi”, fra rughe e imperfezioni della pelle, mentalmente gracili su quelle “spalle nude”, indifese, com’è totalmente indifeso il corpo che nell’abito vede solo “apparenza e mascheramento”. Annota ancora Enrichetta Buchli: “Alcuni ritratti sembra cerchino di comunicare con un invisibile altro, ma senza successo, privi di ascolto, di comprensione. Della presenza empatica dell’altro. E’ decisamente originale l’abilità di Pietro nel far percepire questa invisibile presenza dell’altro, un amico, un partner, un collega, un genitore … magari fonte di dolore. Certo non è l’obiettivo della macchina fotografica”. Verissimo! Baroni non cerca redenzioni. Ai suoi personaggi lascia piena libertà di vivere le loro (e delle loro) impenetrabili assenze e frustrazioni.

Fino a sabato 7 dicembre, “BI-Box” ospita contemporaneamente anche un’altra mostra fotografica, dedicata alla grande, di fama internazionale,Letizia Battaglia (Palermo, 1935 – 2022), prima donna fotografa a essere assunta da un giornale italiano (“L’Ora” di Palermo), famosa per aver documentato dal ’74 gli anni di piombo della sua città, scattando foto dei delitti di mafia e di periferie preda di disperazione e criminalità. Suoi gli scatti, acquisiti al processo, all’“Hotel Zagarella”, con gli esattori mafiosi Salvo insieme a Giulio Andreotti e prima fotoreporter (6 gennaio ’80) a giungere sul luogo dell’omicidio di Piersanti Mattarella. “Fotografa della mafia”, ma non solo, come testimoniano le  ventiquattro fotografie esposte a Biella, già parte della rassega “Passione, Giustizia e Libertà” curata e voluta dalla Compagnia “Viartisti Teatro”, ospitata nel 2006 nelle sale del “Museo Diffuso della Resistenza” di Torino, e poi donate alla regista Pietra Selva.

Gianni Milani

“J’ai plus de souvenirs que si j’avais mille ans”

“BI-Box Art Space”, via Italia 38, Biella; tel. 015/3701355 o www.bi-boxartspace.com

Fino al 21 dicembre

Orari: giov. e ven. 15/19,30; sab. 10/12,30 e !5/19,30

Nelle foto: Pietro Baroni “Souvenirs” e parte dell’allestimento della mostra di Letizia Battaglia

Rassegna mensile dei libri più letti e commentati

Vi piace leggere ma non trovate il libro adatto a voi? Ecco una piccola rassegna dei titoli più commentati dalla community de Il Passaparola Dei Libri nel mese di novembre.

Al primo posto, era immaginabile, Tatà l’ultimo romanzo di Valerie Perrin: riuscirà ad interessare i lettori tanto quanto il suo precedente Cambia L’Acqua Ai Fiori? Per ora le recensioni sono favorevoli…

Il Treno Dei Bambini, di Viola Ardone: torna di grande attualità, grazie a una recente produzione televisiva e  lettori e lettrici tornano a dividersi sul suo impatto narrativo.

 

Il Cognome Delle Donne, di Aurora Tamigio: la più recente vincitrice del Premio Bancarella si sta imponendo sul pubblico della nostra community, vedremo se diventerà uno dei nostri “classici”. Per il momento chi lo ha letto ne parla benissimo.

 

Incontri con gli autori

 

In novembre conosciamo Sonia Rottichieri, autrice de La Mia Vita Con I Cani  (auto-pubblicazione, 2024) un libro che celebra l’amicizia tra uomo e animale e vuole essere, inoltre, una storia di amore e una  lezione sulla lealtà e sul valore della vita.

Torniamo volentieri a intervistare Sylvia Zanotto in occasione dell’uscita del suo primo romanzo Come Nijinskiy (Nardini, 2024) e facciamo la conoscenza con Andrea Polo, adesso in libreria col suo nuovo libro  Storie Di Padri, Storie Di Figli, (Paesi, 2024) nel quale un padre racconta ai figli un’avvincente storia di famiglia.

 

Per questo mese è tutto. Vi invitiamo a seguire Il Passaparola dei libri sui nostri canali sociali e a venirci a trovare sul nostro sito ufficiale per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Concerto dell’Avvento, “Il genio giovanile di Mozart”. Con l’Orchestra da Camera Polledro

Domenica 8 dicembre prossimo, alle 17.30, presso il teatro Fonderie Limone

Di Mozart vengono scelti la Sinfonia in Fa maggiore n.13 KV 112, il Concerto per fagotto e orchestra in Si bemolle maggiore K 191, la Sinfonia in La maggiore n.29 KV 201. Il Concerto per fagotto in Si bemolle maggiore K 191, composto nel 1774, è una delle più celebri opere solistiche scritte da Mozart per strumenti a fiato. Con una struttura in tre movimenti, il concerto è noto per la sua ricca espressione melodica, la sua tecnica virtuosistica richiesta al fagottista. Il primo movimento, intenso e brillante, si alterna con il secondo movimento lirico, mentre il terzo, vivace e pieno di spirito, mostra il talento di Mozart nel trattare il fagotto come un vero strumento solista, capace di una sorprendente varietà espressiva. Questo meraviglioso concerto sarà suonato da un solista d’eccezione, il Maestro Nicolò Pallanch, primo fagotto del Teatro Regio.

La Sinfonia in Fa maggiore n.13 KV 112 è una composizione di Mozart scritta a Milano durante il suo secondo viaggio in Italia nell’autunno del 1771. La Sinfonia il La Maggiore n.29 KV 201 rappresenta una autentica svolta all’interno della produzione sinfonica mozartiana, segnando l’ultima tappa di un lento processo di affiancamento dall’influenza dominante del gusto italiano. Questo orientamento, avviato già all’indomani del terzo viaggio in Italia e del trionfo milanese del Lucio Silla, risalente all’inverno 1772-1773, potè trovare esiti adeguati soltanto dopo il viaggio a Vienna della successiva estate 1773. I frequenti e proficui contatti avviati nella Capitale imperiale, con le più significative tendenze contemporanee, prima fra tutte quella di Joseph Haydn, spinsero Mozart ad abbandonare quella struttura in tre movimenti concisi e i cui limpidi contrasti di matrice italiana che, appresa da bambino, era rimasta un punto di riferimento fin da bambino.

Fonderie Limone-Via Pastrengo 88, Moncalieri (TO)

Ingresso gratuito

 

Mara Martellotta

Un omaggio del Conservatorio Verdi al Museo Egizio con Sinfonie d’Oriente

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Mercoledì 4 dicembre, al Conservatorio Giuseppe Verdi, alle 20.30, si terrà un omaggio speciale al bicentenario del Museo Egizio con l’appuntamento intitolato “Sinfonie d’Oriente”.

Il fascino dell’Oriente prende vita in un concerto che unisce raffinatezza, energia e un pizzico di mistero. In programma tre autentiche gemme che raccontano l’Egitto attraverso la musica di Camille Saint Saens, Giuseppe Verdi e Gioachino Rossini.

Il concerto si inserisce nel fitto programma di celebrazioni per i duecento anni del Museo Egizio di Torino, che vivrà un anno di trasformazioni e nuovi progetti. Frutto della collaborazione tra il teatro Regio di Torino e il Conservatorio Giuseppe Verdi, questa serata rappresenta un omaggio congiunto al Museo Egizio, uno dei più importanti simboli culturali della città, d’Italia e del mondo.

Ascoltare la versione della Sinfonia per Aida è un’occasione rara e preziosa. Originariamente pensata per sostituire il preludio, tuttora presente, più breve e suggestivo, questa sinfonia, ricca di temi legati ai personaggi e alle vicende dell’opera, rappresenta un esperimento audace di Verdi nel portare la musica italiana verso un sinfonismo più ampio e strutturato.

Il concerto per pianoforte n. 5 di Camille Saint Saens, conosciuto come l’Egyptien, è un viaggio musicale compiuto a Luxor, dove l’autore si lasciò ispirare dai paesaggi e dai suoni d’Africa. Tra melodie nubiane annotate sul Nilo e sonorità evocative, questo brano trasporta il pubblico in un Oriente immaginario, ricco di virtuosismo e colore.

Le danze tratte da Moise et Pharaon di Gioachino Rossini rappresentano un omaggio maestoso alla corte faraonica con quell’inconfondibile tocco rossiniano. Una musica vibrante e d’effetto, capace di incantare con la sua eleganza.

A dirigere l’orchestra del teatro Regio sarà il maestro Christopher Franklin con al pianoforte il giovane talento Pietro Verna, formatosi al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino.

Il concerto è inserito in Incanto Egizio, scoperte musicali e esplorazioni sonore del passato. Si tratta di tredici appuntamenti per i duecento anni del Museo Egizio, progetto di Sistema Musica in collaborazione con la Città di Torino, Museo Egizio e sostegno di Iren.

Mara Martellotta

“Memissima”. Il ritorno! A Torino gli “Oscar” italiani dei “meme”

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Il “Festival della cultura memetica” 

Dal 5 al 7 dicembre

In un momento storico nel quale la realtà supera quotidianamente anche il ‘meme’ più ardito, l’unico modo che abbiamo per provare ad affrontare la nostra vita senza impazzire è quello di filtrarla e interpretarla attraverso la lente della ‘memetica’. Venire a ‘Memissima’ vi salverà la vita”. Dice bene Max Magaldi, musicista e artista, dal 2021 ideatore e direttore artistico di “Memissima”, il “Festival della cultura memetica” prodotto dalla torinese “The Goodness Factory” che ospita, nella tre giorni dedicata all’evento, le migliori “agenzie di comunicazione” e le migliori “pagine meme” da tutta Italia, in arrivo quest’anno sotto la Mole da giovedì 5 (presso la “Scuola Holden” di piazza Borgo Dora, 49) a venerdì 6 e sabato 7 dicembre (presso “OFF TOPIC”, in via Pallavicino, 35).

Il termine inglese “meme” (pronuncia “mim”), penso trovi pochi (almeno fra le nuove generazioni) impreparati rispetto alla comprensione del suo significato. Tuttavia, per chi non ne fosse pienamente al corrente (e, forse, a pensarci bene, non sono poi così pochi!), meglio specificare. Neologismo creato dall’etologo, biologo e divulgatore scientifico britannico Richard Dawkins nel suo libro “Il gene egoista” (1976), dicesi “meme”, cito testualmente, “un’idea o un comportamento che si diffonde attraverso l’imitazione … e che con l’avvento di ‘internet’ si è ampiamente diffuso diventando un’immagine o un video di natura umoristica”. Insomma, detto in soldoni, i “meme” sono quelle brevi “sortite” (di solito combinate in fusione fra elemento scritto e visivo) divertenti, ironiche e bizzarre che diventano rapidamente virali nell’infinito groviglio della “rete social”. Orbene, a Torino, i bravi “mattacchioni” della “ Goodness Factory” si sono addirittura inventati (con il sostegno di “Camera di commercio” e “Fondazione CRT” e il contributo di “UNA – Azienda delle Comunicazioni Unite” e di “URMET”) un “Festival” dedicato proprio a questi benedetti “meme”, ai più gettonati, con tanto di “Meme Awards – Gli Oscar dei Meme”, che dopo il successo dell’ultima edizione con la premiazione di Gerry Scotti personaggio “più memato” dell’anno, ci terranno anche quest’anno col fiato sospeso scatenando il “toto-meme” sul web fino all’evento di premiazione finale in programma alle 21 di sabato 7 dicembre.

“Memer” e “Agenzie di Comunicazione” da tutta Italia si troveranno quindi a Torino, da giovedì 5 a sabato 7 dicembre, in occasione di “Memissima” fra “case studies” e “nuovi linguaggi” da indagare.

Il via, giovedì 5 dicembre, al “General Store” della “Scuola Holden”, che anche quest’anno ospiterà tre grandi lezioni di “scrittura memetica”, tenute da Vabe RagaA (ore 10) con “Folk-lore: vecchio e nuovissimo sono la stessa cosa” (pagina da oltre 118mila followers), Cyaomamma (ore 12) con “Textposting: scrivere in regime di infocrazia” e, attesissima, Madonnafreeeda (dalle 14,30) con “A mali estremi estremi meme: come aggirare algoritmi sensibili per raccontare realtà atroci”. A seguire, sempre alla “Scuola Holden”, dopo il talk (ore 18) “Dal cinema a Dogecoin”, si chiude in serata con “Stand Up Memedy”, show inedito rivelatore del “superpotere comico” dei “meme”.

Venerdì 6 e sabato 7 dicembre “Memissima” si sposta a “OFF TOPIC” per dare vita al format che studia il rapporto fra “meme” e comunicazione: Meme per gli acquisti’, l’incubatore sul memevertising” che ospita alcune delle migliori agenzie di comunicazione italiane, pensato per studiare il rapporto tra “meme” e “pubblicità”. Fra gli incontri da non perdere “La Grande Memezza” (sabato 7, ore 12,30), sorprendente esordio su “Tik Tok” del sindaco di Corbetta, Marco Ballarini, il talk (venerdì 6, alle 19) “Mi piace un bot! Come l’‘IA’ sta cambiando la creatività?” e, alle 22, l’incontro con Fabio Celenza, nel suo live show in band “Faffiga Experience”.

Grande chiusura con l’evento più atteso dai “memer” di tutta Italia: i “Meme Awards” “Oscar dei meme” che avverrà nel corso della serata finale sabato 7 dicembre, alle 21. Più di 200 le richieste di partecipazione ai “Meme Awards”, con oltre 400 “meme” candidati.

I “meme” candidati verranno giudicati da una “Giuria” che individuerà i “4 meme finalisti” per le diverse categorie, tra cui “Personaggio più memato dell’anno”, “Politica e Attualità”, Università e Scuola”, “Sport”, “IGP”, “Reel”, “Trash/Dank/NonsenseMusica”, “Arte e Spettacolo”. I vincitori verranno scelti dalla combinazione tra il voto della Giuria e quello dei follower della pagina dell’evento “Memissima/Meme Awards”: per votare basterà seguire la pagina “Instagram” ed esprimere la propria preferenza.

Per info e programma nel dettaglio: “The Goodness Factory”, via Faà di Bruno 2, Torino; tel. 676/630242 o www.thegoodnessfactory.it

G.m.

Nelle foto (emma@thegoodnessfactory.it): Locandina Festival e immagini di repertorio

Dalla Russia a Chieri… in nome dell’arte

Per tutto il 2025, l’artista russo Lev Nikitin sarà “in residenza” al “Museo del Tessile” chierese

Mercoledì 4 dicembre la presentazione alla Città

Chieri (Torino)

Sarà Chieri la sua seconda casa e il luogo ambientale e culturale, dove trovare nuove, sicuramente importanti, fonti di ispirazione al suo lavoro.

Pittore, scenografo teatrale e fashion designer, è all’artista russo (naturalizzato italiano) Lev Nikitin che la “Fondazione Chierese per il Tessile e Museo del Tessile” ha assegnato la “residenza d’artista”, per tutto l’arco del 2025.

Suo l’“Autoritratto”, riportato in apertura d’articolo. L’immagine è di grande forza di segno e di colore, specchio di inquietanti emozioni tracciate nella ruvida apparenza di un volto che è grido privo di voce, figlio di forti tormenti dell’anima, concretizzati in quel fastidioso “assalto” di insetti – farfalle, falene? – simbolo dell’anima immortale per il mondo greco-romano e di “Resurrezione” per i Padri della Chiesa e nell’arte cristiana dal Medioevo in poi. Lev non sembra quasi accorgersene. Le loro “carezze” o il loro fastidioso ronzare passano inosservate e paiono non attenuare la costante muta angoscia di un oscuro quotidiano.

Nato in Kazakistan nel 1985, Lev Nikitin si è laureato in “Arti Visive” all’“Università di Voronezh”, città non distante dal confine ucraino, nel 2009, per poi diventare docente di “Pittura” all’ “Accademia Tessile di Ivanovo (IGTA)”, a 300 chilometri da Mosca. Nel 2021 ha conseguito la “Laurea Magistrale in Filosofia e Teoria dell’Arte Contemporanea” all’“Istituto Baza” di Mosca. Nel corso della sua carriera ha esposto soprattutto in Russia, ma anche a Taiwan, Finlandia, Montenegro e più recentemente in Italia. Contestualmente, ha lavorato nell’ambito del costume e della scenografia teatrale oltre che nell’industria della moda.

A Chieri, Nikitin ha trovato la sua seconda casa, un rifugio dalla guerra e dalla discriminazione per orientamento sessuale, di cui ha difeso la libertà di scelta attraverso coraggiosi progetti artistici. Nel 2024, pur svolgendo alcune operazioni a titolo volontario per il “Museo del Tessile”, ha collaborato con la “Fondazione” chierese professionalmente, realizzando produzioni sartoriali di scena su commissione del “Cirko Vertigo – Accademia di Circo Contemporaneo”, con sede in Piemonte a Grugliasco e a Mondovì.

Nel 2025 esporrà l’esito di un “progetto artistico” in fieri in una mostra al “Museo del Tessile” di Chieri.

Frattanto, per presentarsi alla cittadinanza, mercoledì 4 dicembredalle ore 15 alle ore 17, terrà un workshop destinato ai bambini dai 6 ai 12 anni.

Adiuvato da Carla Pedrali (modellista e tessitrice), guiderà i più piccoli a realizzare una “corona natalizia” con materiali tessili nella sala studio della “Fondazione” (ingresso: via Giovanni Demaria, 10).

Il laboratorio è gratuito e aperto a 15 bambini fino a esaurimento posti.

Per prenotarsi, scrivere a: prenotazioni@fmtessilchieri.org

g.m.

Nelle foto:

–       Lev Nikitin “Autoritratto”

–       Lev Nikitin

–       Corona natalizia

A Torino, il gusto diventa memoria: “La pasticciera di mezzanotte”

Torino tra le righe

L’ultima magia di Desy Icardi

Oggi la rubrica Torino tra le righe celebra La pasticciera di mezzanotte, l’ultimo romanzo de La pentalogia sensoriale di Desy Icardi, un’artista poliedrica nata e cresciuta a Torino. Desy è scrittrice, attrice, cabarettista e formatrice aziendale, e i suoi romanzi hanno conquistato lettori in Spagna, Messico, Colombia, Bulgaria e Albania.
Formata artisticamente presso la scuola per attori Sergio Tofano sotto la guida di Mario Brusa, Desy ha calcato le scene con la compagnia teatrale omonima e con I lunatici. Tra il 2011 e il 2013, ha diretto la stagione del Teatro Giulia di Barolo a Torino. Conosciuta anche per il suo pseudonimo “La Desy”, dal 2006 porta in scena spettacoli di cabaret e ha fondato Patataridens, il primo blog italiano sulla comicità al femminile. Nel 2017, con URLA produzioni, ha scritto e interpretato la mini web serie comica (Quasi) scrittrice, che racconta le disavventure di un’aspirante scrittrice. Attualmente sta scrivendo un monologo tragicomico dal titolo “I diari del bastone bianco” nel quale racconta la sua esperienza di ipovedente.
Come scrittrice, ha pubblicato con Fazi Editore cinque romanzi che compongono La pentalogia sensorialeL’annusatrice di libri (olfatto, 2019), La ragazza con la macchina da scrivere (tatto, 2020), La biblioteca dei sussurri (udito, 2021), La fotografa degli spiriti (vista, 2022), e ora La pasticciera di mezzanotte (gusto, 2023).
Ogni romanzo della serie è autoconclusivo ma unito da un tema comune: celebrare uno dei cinque sensi attraverso storie uniche e protagonisti indimenticabili. Nell’ultimo capitolo, La pasticciera di mezzanotte, ritroviamo l’avvocato Ferro, il lettore centenario che misura il tempo in pagine e capitoli. Questa volta, il protagonista decide di cimentarsi nella scrittura di un romanzo proprio, un progetto che lo porterà a rivivere un passato turbolento.
La pasticciera di mezzanotte non è solo la conclusione della pentalogia sensoriale, ma anche un viaggio intenso e poetico nel legame profondo tra il gusto, i ricordi e le emozioni. Desy Icardi ci regala una storia di resilienza e riscatto, ambientata in una Torino che si intreccia magistralmente con le vite dei protagonisti, tra storia, fantasia e una dolcezza che sa di eterno.
Il libro è ambientato nel 1917, durante la Grande Guerra, sullo sfondo della rivolta del pane che sconvolse Torino. In un contesto di fame e tensioni sociali, l’avvocato Ferro si imbatte nuovamente in Jolanda, un’aristocratica decaduta con un talento segreto per la pasticceria. Jolanda vive un rapporto complesso con il cibo: è una fonte di conforto e al contempo di rifiuto nei momenti di difficoltà.
Attraverso il potere evocativo del gusto, La pasticciera di mezzanotte esplora il legame tra sapori e memoria. I dolci, preziosi e rari in tempi di guerra, diventano per Jolanda un mezzo per affrontare i fantasmi del passato e riscoprire la pace interiore.
Con questo ultimo romanzo, Desy Icardi chiude magnificamente una pentalogia che ha saputo mescolare storia, emozione e un pizzico di magia, regalando ai lettori una profonda riflessione sull’importanza dei sensi nella nostra vita quotidiana.
Marzia Estini
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Shel Shapiro, dal Mausoleo della Bela Rosin a Casale

Un fortuito, interessantissimo incontro con un grande rappresentante del beat italiano anni ’60: Shel Shapiro. Alcuni giorni fa Shel ha partecipato all’evento “Bisogna saper vivere”, intreccio tra musica e parole condotto da Renzo Sicco nel Mausoleo della Bela Rosin di Torino. L’eccellente musicista londinese nato nel 1943 naturalizzato italiano, eclettico, anticonformista e uomo di cultura, ha sviluppato con arte raffinata la sua lunga carriera di cantautore, scrittore, doppiatore e autore per interpreti come Patti Pravo e Dori Ghezzi, arrangiatore per Mia Martini, Ornella Vanoni, Raffaella Carrà, Mina e Dik Dik, produttore di album e singoli per Enrico Ruggeri, Gianni Morandi, Rino Gaetano, Luca Barbarossa e Ombretta Colli, moglie di Giorgio Gaber. Come attore cinematografico partecipò con Vittorio Gassman e Stefania Sandrelli a “Brancaleone alle Crociate” di Mario Monicelli e a “Rita, la figlia americana” di Piero Vivarelli con Totò e Rita Pavone.

Prese parte alla commedia televisiva “Non cantare spara” di Leo Chiosso (paroliere di Fred Buscaglione) con il Quartetto Cetra e allo show di Febo Conti per gli alunni delle scuole medie “Chissà chi lo sa” dove il suo gruppo fu il più votato in Italia dal sondaggio promosso dal settimanale “Giovani”. Partecipò come attore teatrale a “Shylock”, tratto da William Shakespeare con Moni Ovadia. A Torino, durante un concerto con il gruppo formato in Inghilterra negli anni ’60, i musicisti si trovarono ad eseguire il repertorio in sostituzione del solista rimasto improvvisamente senza voce e l’episodio determinò la carriera solistica di Shel che fu scritturato per altri eventi musicali. A Roma fu notato da Teddy Reno suo futuro produttore, marito e manager di Rita Pavone che inserì il gruppo dei Rokes nello spettacolo televisivo “Gian Burrasca”. Il complesso partecipò al “Festival degli Sconosciuti” di Ariccia e fu tra i migliori gruppi italiani della Beat Generation ad essere invitato nel Piper romano con Patti Pravo.
Furono definiti i Beatles italiani senza essere per nulla scalfiti dalla diversa scala di valori del grande gruppo di Liverpool. Il successo dei Rokes è rappresentato dai cinque milioni di dischi venduti nel mondo e la loro immagine si identifica con le famose chitarre a freccia Eko Rokes del marchio Eko Guitars, ancora oggi ricercate dai collezionisti per la qualità dei materiali utilizzati. A ottobre Shel è stato invitato a Mestre per i festeggiamenti della storica etichetta veneta Azzurra Music con Tony Esposito, Maurizio Vandelli e Le Orme, serata presentata da Mara Venier. Il vuoto musicale immerso nel silenzio di un profondo sonno spettrale degli ultimi decenni non ha impedito a Shel di aprirsi un varco nella barriera immobile della bonaccia contemporanea e con lo stesso impegno artistico giovanile continua a dialogare con le nuove generazioni ed accumulare esperienze. I testi musicali dei Rokes ispirati alla fratellanza e alla pace e le note distorte trasognate di tristezza rappresentarono uno splendido miraggio per la nostra generazione di adolescenti ormai assopita dal tramonto delle illusioni. Dopo aver atteso invano per oltre mezzo secolo la nascita di una nuova estetica musicale, il sogno visionario del ’68 è destinato a non ripetersi.
Jack Kerouac è ormai lontano.
Armano Luigi Gozzano