CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 182

Hayez, capolavori tra ambientazione medievale e sentimenti risorgimentali

Nelle sale della GAM, sino al 1° aprile 2024

Evvabbè, non ci saremo accaparrati “Il bacio”, gelosamente custodito a Brera, quello a cui guardò pure Visconti per tramandarci in “Senso” la passione e la disfatta risorgimentali di Livia Serpieri e Franz Mahler, manifesto inequivocabile dell’arte romantica di casa nostra, ambientazione medievale in triplice versione che lascia trasparire moti e sentimenti di sapore patriottico e ottocentesco: non avrà il richiamo del collega, ma nelle sale della GAM – che sino al primo aprile del prossimo anno ospiteranno la mostra “Hayez. L’officina del pittore romantico”, organizzata e promossa da Fondazione Torino Musei, Gam Torino (un corposo terzo appuntamento, all’indomani dei Macchiaioli, 2018, e di Fattori, 2021) e 24 Ore Cultura (“Torino punto di riferimento”, sottolineano i responsabili: quindi ulteriori appuntamenti a venire) e curata con affetto e gran saggezza e lunga militanza sul campo da Fernando Mazzocca ed Elisa Lissoni, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera (ma altresì ancora nei prestiti tra gli altri il Liechtenstein. The Princely Collection, Vaduz-Vienna, l’Accademia di San Luca a Roma, la Fondazione Cariplo di Milano, gli Uffizi, il Musée Faure di Aix-les-Bains, Bologna, Pavia, Verona, Napoli, Trieste), grandioso allestimento – si mostra in una delle dieci sezioni che si snodano in successione cronologica, agguerrito, pronto a prendersi la sua bella rivincita, “L’ultimo bacio di Giulietta e Romeo”, tela realizzata nel 1823 su invito di un ricco collezionista, in una Milano in cui il pittore poco più che trentenne s’era stabilito l’anno precedente, tela composta di struggente distacco, dello sguardo di compassione verso una giovanissima coppia e verso il destino di morte che li aspetta, badando a dare corpo esatto alla ricostruzione d’ambiente, alle colonne e agli archi, alle vesti e ai colori di mantelli e braghe, al candore dell’abito di lei ricamato, alla sedia e al crocefisso sullo sfondo, al quadro votivo, alla vecchia nutrice che occhieggia di lato, alla finestra istoriata, al muro di cinta e agli alberi e alla torre antica che s’innalza poco lontano. Quasi un biglietto da visita, comunque, come biglietto da visita, e “proprietà” tutta torinese, suona quella “Sete dei Crociati” che Hayez iniziò nel 1833, per concluderla diciassette anni dopo. Commissione di re Carlo Alberto, da porsi nella Sala delle Guardie del Corpo a Palazzo Reale, dove ancora la si può ammirare: l’opera che il pittore considerava la sua più importante, il suo impegno più lungo nel tempo, pensata e ripensata a lungo, come testimoniano “le decine di disegni, i fogli tracciati a matita, gli appunti visivi”, ogni cosa messa a fuoco in un turbinio di nudi e panneggi, di atmosfere e colori “che non hanno eguali nella pittura storica del tempo”. È un continuo confronto per il visitatore, le prime idee e la resa, una gioia per gli occhi e per l’ossequio al lavoro di un Maestro. Tutto diventa perfetto, tutto – anche se a tratti insorge una certa raggelante “freddezza”, uno sguardo che non ammette implicazioni del cuore o sentimentalismi larmoyant – s’imprime nella memoria. “Nacqui in Venezia il giorno 10 febbraio 1791 nella parrocchia di Santa Maria Mater Domini” suona l’incipit delle “Memorie” che l’artista dettò tra il 1869 e il ’75 all’amica Antonietta Negroni Prati Morosini (anch’essa in mostra, in abiti di ragazzina, forzatamente sorridente, con accanto grandi presenze floreali; un impegno, quello, non direttamente suo, lui “aveva, si sa, più facile il pennello che la penna”), lui di umilissimi natali, figlio di Chiara Torcellan, donna di Murano, e di un Giovanni povero pescatore originario di Valenciennes, tempi grami con cinque figli da sfamare, lui presto inviato dalla milanese zia materna che se la passava discretamente e avrebbe potuto essere d’aiuto, sposata ad un tal Francesco Binasco, antiquario e collezionista, che ebbe il merito di intuire un talento precoce, di avviarlo ai primi studi, di fargli respirare l’aria di bottega e di mettergli sotto il naso opere di maestri, Tiziano e Veronese e Antoon Van Dyck. L’inizio di una lunga vita (se ne andò nel febbraio del 1882), fatta di avventure e di amori, di celebrazioni, di successi che abbracciavano ogni opera al proprio apparire, campione che appena diciottenne si sposta a Roma con una borsa di studi triennale e con l’interessamento di Canova che lo vedeva capace di ​ rivoluzionare la pittura come lui aveva fatto con la scultura (“oh per Dio che avremo anche noi un pittore; ma bisogna tenerlo a Roma ancora qualche tempo, e io farò di tutto perché vi rimanga”, aveva scritto il potente conte Cicognara, presidente dell’Accademia veneziana, nel 1809 all’autore della “Paolina”), baluardo dell’Arte e del mondo artistico, testimone e uno dei caposaldi del passaggio tra Neoclassicismo e Romanticismo, considerato da Stendhal che visitò il suo studio “il maggiore pittore vivente” e da Mazzini interprete delle aspirazioni nazionali, posto con Manzoni e Verdi tra i Padri della Patria. Il soggiorno romano sarà una manna per lui, perduto nelle chiese e nelle Stanze vaticane a cercare la grandezza di Raffaello, ai Capitolini come al Museo Chiaromonti a studiare la statuaria greco-romana; sarà un bel panorama di nuove conoscenze, lui che nella maturità avrebbe avuto tra gli altri come mecenati e committenti Guglielmo I di Württemberg e Metternich e Radetzky, viaggiando tra Austria e Germania, nello splendore di una carriera strepitosa che lo “ha visto dialogare con i grandi artisti del suo tempo, cultori, letterati e musicisti”, come sottolinea Mazzocca. I salotti milanesi di Cristina di Belgioioso, stupendo ritratto avvolta nel suo abito scuro, l’acconciatura ricercata, e i monili, e di Carolina Zucchi, musa e amante, altro ritratto in mostra, altro covo d’eccellenza per ogni artista e patriota, sguardo languido, due grandi occhi neri, posato tra le lenzuola (“Ritratto di Carolina Zucchi a letto” o “La malata” del 1825), erano le calamite dell’universale sentire. Altre sezioni, altre decadi sparse nel secolo, altro innamorarti del concetto altissimo di perfezione, della rappresentazione di creature femminili (il “Bagno di ninfe”, sensuali nella loro cornice contemporanea) e virili nudi maschili (“Sansone”, rimasto appeso per almeno trent’anni nello studio del pittore, capace d’affascinare i visitatori dell’epoca, punto finale anch’esso dei tanti disegni preparatori, giro di boa inaspettato dalla “critica, stupefatta dalla svolta attuata dal pittore, fino ad allora impegnato nell’esecuzione di una superba serie di figure femminili” estremamente provocanti.

La perfezione che abbraccia il privato e il pubblico e il pubblico, guardato tra le pagine della storia, che dalle vicende di un tempo ormai lontanissimo strizza l’occhio a quelle dell’epoca dell’artista: nasce nel percorso della mostra “La dimensione civile della grande pittura storica”, tra il Trenta e il Quaranta dell’Ottocento. Pittore civile, che guarda alla Storia, votato in ogni momento a immaginare e a rinsaldare il destino di una nazione – quanto ancora è lontano quel futuro! -, Hayez guarda tra gli altri esempi alla figura di Pietro l’Eremita, alla sua “Crociata dei poveri” (1827/’29), e fa di quel fatto l’immagine odierna del riscatto nazionale, eroico ed epico, dà calore all’attualità politica, occupando grandi spazi per dare ampio respiro al paesaggio, alla gente comune pronta a seguire il monaco che li avrebbe guidati al grido di “Dio lo vuole”, inconsapevoli dell’infelice esito. Poi le eroine romantiche, da Giulietta e Imelda de’ Lambertazzi, poi quelle immerse nell’antico mondo ebraico, come Tamar di Giuda, avvolta nell’ampio mantello di un vivo colore giallo (“questa figura rappresenta molto nudo, e dal suo panneggiamento ho creduto darle il carattere biblico”), il che non le impedisce di esporre un prosperoso décolleté (ma non è la sola, a testimoniare la passione e l’ammirazione di Hayez per il gentil sesso, pronto com’era a camuffare e spargere nelle tele estimatrici e amiche e amanti); e poi la ritrattistica, dall’imperatore Ferinando I d’Austria, avvolto nei suoi paramenti regali, viso emblematico, tormentato dal proprio ruolo e deciso ad abdicare in favore di Francesco Giuseppe, a Clara Maffei (1845), avvenente signora del bel mondo milanese, restituitaci “con semplicità e immediatezza”, a D’Azeglio e Manzoni e Rossini, agli autoritratti, come quello gustoso, quasi da intrepido sfidante, dinanzi a un leone e a una tigre, come quello in età avanzata, a settantun anni, nel 1862, negli anni in cui Venezia era ancora in mano straniera e l’artista non esitava a porre la propria firma, “Hayez veneziano”.

Una città, la sua Venezia, che fa da sfondo all’”Accusa segreta” e al “Consiglio alla vendetta”, una nuova interpretazione del mito della città, “una città che qui appare come il tenebroso ed enigmatico palcoscenico di intrighi politici e amorosi, dove le ragioni del cuore entrano in conflitto con la crudele ​ ragion di stato, una rappresentazione dominata da tinte fosche e da una atmosfera torbida, con cui l’artista ha contribuito all’affermazione del mito di Venezia”. Al centro del secolo (1851, fa parte del patrimonio dei Musei Civici di Verona), si staglia uno dei capolavori di Francesco Hayez, “La meditazione”, un gioco di chiaroscuri, un viso nell’ombra e un seno scoperto, un libro che ha scritto in rosso, il colore del sangue, nel dorso “Storia d’Italia” e un crocefisso nelle mani di una donna, la luce fortissima che batte sulla veste, il corpo mollemente adagiato su una sedia addossata alla parete, quasi una bambola sfatta: è l’immagine di un’Italia ancora scomposta e uscita nel 1848 dai combattimenti, dalle perdite, alla ricerca di una libertà. È una meditazione sul momento storico, sulle pene e sulle lotte, sulle inquietudini e sul futuro, sugli insuccessi, sulla patria ancora sì bella e perduta. Un capolavoro, una delle tante opere remote o sconosciute rappresentate in mostra, che valgono sole il biglietto.

Elio Rabbione

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Nelle immagini: “Il Consiglio alla Vendetta”, 1851, Liechtenstein, The Princely Collections, Vaduz-Vienna; “Ritratto di Carolina Zucchi” o “L’ammalata”, 1822, Gam Torino; “Laocoonte, figlio di Priamo e sacerdote di Apollo, vittima, coi figli, della vendetta di Minerva, per cui partirono due grossi serpenti da Tenedo per avvinghiarli a morte nelle loro spire”, 1812, Milano Accademia de Belle Arti di Brera; “La Meditazione”, 1851, Verona Musei Civici, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti.

Sul podio dell’Orchestra RAI di Torino il prodigioso Kazuki Yamada

Sul podio dell’Orchestra RAI di Torino il prodigioso Kazuki Yamada

Giovedì 23 novembre a Torino si esibirà il giovane musicista prodigio Daniel Lozakovich, nato a Stoccolma nel 2001, con il suo Stradivari, accompagnato dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, che torna a suonare alle 20:30. Il Concerto sarà replicato venerdì 24 novembre prossimo con una trasmissione in live streaming sul portale di RAI Cultura, registrato da RAI 3 e trasmesso su RAI 5.

Sul podio è impegnato Kazuki Yamada, direttore principale e consulente artistico della City of Birmingham Symphony Orchestra. In apertura di concerto proporrà la Ouverture dal Benvenuto Cellini, opera scritta nel 1838 da Hector Berlioz e ispirata al celebre scultore italiano. Di ritorno dal soggiorno romano per il Prix de Rome, sentimenti contrastanti si intrecciavano nell’animo di Berlioz: da una parte l’infatuazione per le bellezze straordinarie e la vitalità della città, dall’altra le trepidazioni di un artista irrequieto e insoddisfatto, un perenne conflitto di passioni e delusioni che incarnava alla perfezione il ritratto dell’artista romantico. L’autobiografia di Benvenuto Cellini, appena uscita in Francia nella traduzione di Fariasse, suscitò l’interesse del musicista, che si specchiava nella vita esemplare dello scultore italiano. Alla ricerca di un soggetto adatto alle scene del suo primo melodramma, pensò di averlo individuato nell’episodio della fusione del Persio, scultura molto nota del Cellini. La prima rappresentazione all’Opera di Parigi nel 1838 non fu un grande successo dal quale rimase immune l’Ouverture che aprirà il concerto al Teatro Regio. Come scrisse lo stesso Berlioz nelle sue memorie, l’Ouverture ebbe un successo strepitoso, il resto venne sonoramente fischiato con un’energia ammirevole. Il paesaggio sonoro dell’Ouverture del Cellini è ispirato al colore locale romano. L’Orchestrazione brillante è il tratto più evidente della composizione che si rifà al modello tipico delle Ouverture di Berlioz: un Allegro di grande vitalità ritmica, breve e incisivo, seguito da un Adagio cantabile e dalla ripresa molto estesa e elaborata dell’Allegro iniziale. Due temi importanti dell’opera compaiono nell’Ouverture: il tema solenne di Papa Clemente VII “ A tout péchés pleine indulgence” e quello delicato dell’”Arìette d’Arlequin”.

La serata proseguirà con il celebre Concerto n. 3 in si minore per violino e orchestra op. 61 di Camille Saint Saens, interpretato da Daniel Lozakovich, che suonerà il violino Stradivari ex Sancy del 1713. Dedicato al virtuoso spagnolo Pablo de Sarasate, il brano esalta all’estremo la tecnica violinistica e fu composto nel 1880. Sono chiare le influenze musicali gitane e popolari tipiche dell’Andalusia. Si tratta del terzo e ultimo concerto per violino composto da Camille de Saint Saens e completato nel marzo del 1880, avendo presente il talento del celebre violinista Pablo de Sarasate. Venne eseguito per la prima volta il 15 ottobre 1880 con la Filarmonica di Amburgo condotta da Adolf Georg Beer. Il Concerto si articola in tre movimenti ben distinti fra loro: Allegro non troppo, Andantino quasi Allegretto, Molto moderato e maestoso.

Concludono la serata le Variazioni su un tema originale op.36 note come Enigma Variations di Edward Elgar con le quali, secondo le parole di George Bernard Shaw, pronunciate nel 1899, secondo cui l’Inghilterra riprende il suo posto antico, dopo un intervallo di almeno due secoli, come nazione musicalmente produttiva. Prima che arrivasse Sir Edward Elgar non esisteva nulla del genere sul piano sinfonico. Bisognava andare indietro fino a Purcell. Le Variazioni su un tema originale op.36 sono comunque dette “Variazioni Enigma” (Enigma Variations) e costituiscono un’opera musicale per orchestra scritta da Edward Elgar tra il 1898 e il 1899, composta dal tema principale e dalle sue quattordici Variazioni. Elgar scrisse ogni Variazione traendo ispirazione e dedicandola a uno dei suoi familiari o amici: “To my friends pictured within” “Ai miei amici qui rappresentati”. La prima esecuzione avvenne alla Saint James Hall di Londra il 19 giugno 1899.

 

I biglietti per il concerto vanno da 9 a 30 Euro

In vendita sul sito dell’Osn RAI o presso la biglietteria dell’Auditorium RAI di Torino

Informazioni: 0118104653 – biglietteria.osn@rai.it

 

Mara Martellotta

 

Rinviato al 29 “Raffaella! Omaggio alla Carra’”

Quando la musica era “solida”

 Mercoledì 22 novembre, alle ore 18, in via Dego 6, al Centro Polivalente “Sabir” della Circoscrizione 1 Centro- Crocetta.

Un incontro- conversazione, organizzato da “Tutto quanto fa spettacolo” con lo storico della musica leggera italiana Vito Vita, intitolato “Musica solida” condotto da Igino Macagno con la partecipazione dello “chansonnier” Giangilberto Monti. Si parlerà di musica solida, ovvero la musica incisa su supporto fisico, che sia ceralacca, vinile o cd contrapposta a quella attuale, quella liquida, gassosa di oggi. Un excursus dalla storia dell’industria discografica italiana, agli anni d’oro della canzone francese, al Prévert di Trastevere, il grande Franco Califano, a dieci anni dalla sua scomparsa. / Vito Vita: giornalista e redattore del periodico “Vinile” diretto da Michele Neri e di “Progr”; Igino Macagno: appassionato e storico dello spettacolo, fondatore di “Tutto quanto fa spettacolo”; Giangilberto Monti,  “chansonnier”, autore e scrittore ed anche personaggio televisivo di “Zelig”.

Al Cinema Massimo ROMA, SANTA E DANNATA

Il documentario di Roberto D’Agostino e Marco Giusti per la regia di Daniele Ciprì 

22 novembre 2023, ore 20:30

Il Museo Nazionale del Cinema il 22 novembre 2023 alle 20:30 ospita al Cinema Massimo la proiezione di ROMA, SANTA E DANNATA, il documentario di Roberto D’Agostino e Marco Giusti con la regia e fotografia di Daniele Ciprì e Paolo Sorrentino come produttore creativo.

La proiezione sarà introdotta da Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, rispettivamente presidente e direttore del Museo Nazionale del Cinema, e da Steve Della Casa, direttore artistico del Torino Film Festival: insieme dialogheranno con Roberto D’AgostinoMarco Giusti e Daniele Ciprì.

Ingresso libero.

“ROMA, SANTA E DANNATA” è un viaggio nella notte romana dove Roberto D’Agostino racconterà all’amico Marco Giusti, ripresi da Daniele Ciprì, perché Roma è una città unica e infernale, capace di tutto, anche di trasformare Berlusconi in un premier, De Michelis in un ballerino, Renzi in uno statista, Valeria Marini in un’attrice. Dago & Giusti intraprendono il viaggio al calar delle tenebre perché è di notte che si percepisce meglio il frastuono del mondo. È di notte che il cambiamento dei costumi sociali s’impone. È la notte che racconta al meglio quello che sta succedendo alla nostra vita, più di qualsiasi saggio sociologico.  Gironzolando per le strade di Borgo Pio e navigando in barcone sul Tevere, Dago & Giusti raccontano una città misteriosa, un enigma perfetto da degradare a metafora, in un susseguirsi di citazioni, incontri surreali, in quella città eterna che è nobile e popolana, colta e grossolana, santa e dannata al tempo stesso.

Una produzione THE APARTMENT, società del gruppo FREMANTLE, e KAVAC FILM con RAI CINEMA

Creuza de mä. L’anteprima del nuovo spettacolo de Le Storie Sbagliate

Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 22 novembre, ore 21.30

Le Storie Sbagliate tornano mercoledì 22 novembre all’Osteria Rabezzana con l’anteprima del nuovo spettacolo Creuza de mäun omaggio all’imminente quarantesimo anniversario dell’uscita dell’omonimo album di Fabrizio De André (1984).

I brani ed i temi del disco, interamente in dialetto ligure, saranno i protagonisti della prima parte dello spettacolo, che continuerà poi con i più classici e noti successi del cantautore. Come sempre, la band sarà affiancata dalla voce narrante di Mario Brusa, che condurrà il pubblico all’interno del mondo di “Creuza de mä”.

Ora di inizio: 21.30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

“Periferie in movimento”, monologhi e canzoni per riflettere

“Periferie in movimento”, spettacolo di teatro – canzone realizzato e allestito da Sergio Salvi (tastiera e canto) e Silvana Mossano (monologhi e canto) si terrà domenica 26 novembre alle ore 16 nella chiesa di San Domenico di Casale Monferrato. Al mixer, Paolo Rossi. Le riflessioni conclusive sono affidate a don Desiré Azogou, vicario generale della Diocesi di Casale. Il recital è ispirato alla figura di don Tonino Bello.

L’isola del libro: Speciale Fernanda Pivano

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Fernanda Pivano fin da giovanissima è stata magnetizzata dalla passione per la letteratura nord americana. Ha tradotto e approfondito i massimi classici statunitensi; soprattutto, ha il merito di aver scoperto, studiato, valorizzato e promosso in Italia i principali esponenti della Beat Generation: Kerouac, Corso, Ginsberg….

Fernanda Pivano nasce il 18 luglio 1917 a Genova, dove il padre è direttore di banca. Cresce in una famiglia che lei stessa definisce di stampo vittoriano; il nonno era scozzese e fu tra coloro che introdussero la Berlitz School in Italia. Fin da bambina frequenta una scuola svizzera diventando ben presto poliglotta. Quando la famiglia si trasferisce a Torino, studia al Liceo classico Massimo d’Azeglio; è compagna di classe di Primo Levi, ed ha come supplente di italiano e latino nientemeno che Cesare Pavese.

Dopo la tesi di laurea su “Moby Dick” di Melville, la sua carriera prende l’avvio quando traduce “L’antologia di Spoon River” (uno dei più grandi successi editoriali al mondo), pubblicato in Italia la prima volta nel 1945.

E’ la traduttrice italiana di Ernest Hemingway. Lo incontra la prima volta nel 48, a Cortina, quando lui vuole conoscerla a tutti i costi dopo aver saputo che le SS tedesche l’avevano arrestata per il contratto di traduzione di “Addio alle armi”. Incontro epico, emozionante e soprattutto l’inizio di una grande amicizia.

Di fatto la Pivano spalanca l’orizzonte su un intero e magnifico universo letterario.

Tra le tappe più importanti della sua lunga vita c’è il matrimonio con l’architetto e designer Ettore Sottsass nel 1949 e il trasferimento a Milano. L’unione, tra alti e bassi, inizia a scricchiolare nel 1971 e si conclude nel 1990 con il divorzio.

Quella di Fernanda Pivano è stata un’avventura epica che l’ha portata a conoscere geni della letteratura e della musica americana, mentre il suo primo viaggio negli Stati Uniti è a 39 anni nel 1956. Da allora la sua vita è un continuo andirivieni e di incontri eccezionali che saranno la linfa dei suoi scritti e l’avvio di amicizie importantissime. A lei si devono traduzioni e studi delle opere dei maggiori classici statunitensi; molti li conosce di persona e con loro instaura profondi legami di amicizia. Uno su tutti, proprio Hemingway che lei chiama “Papa”.

 

Enrico Rotelli “Nanda e io” -La nave di Teseo- euro 19,00

Mentre della vita e degli incontri della Pivano si sa molto, a far luce sugli ultimi anni è il resoconto del suo giovane assistente. La Pivano è morta a 92 anni, la sera del 18 agosto 2009 in una clinica milanese, dove era ricoverata per il tumore che l’aveva aggredita negli ultimi anni. Oggi le sue ceneri sono custodite nel cimitero di Staglieno a Genova.

Se desiderate scoprire il dietro la fama di questa donna, capirne la grandezza come persona, questo è il libro giusto. Rotelli è stato il suo braccio destro a partire dal 2004; quando fresco di laurea incontra la scrittrice e lei gli chiede, quasi per caso, se vuole farle da assistente.

Da allora le loro vite lavorative si intrecciano e, anche se a dividerli c’è un gap di 47 anni, l’entusiasmo della Pivano, già segnata dalla malattia, sarà a dir poco travolgente. Lei, che da sempre aveva un immenso riguardo verso i giovani e le loro aspettative, istintivamente prende sotto la sua ala Rotelli. Gli concede la massima fiducia trascinandolo con sé nei suoi viaggi in giro per il mondo, presentandolo ai grandi scrittori che incontra e di cui è amica.

Questo libro è anche una storia di formazione: quella di Rotelli che cresce –non solo professionalmente- al fianco di un personaggio unico che tutti vorremmo aver avuto come maestro.

Rotelli diventa il braccio destro di questa donna piena di vitalità, cercando di assimilare più possibile l’immensa esperienza della Pivano. Lui ha dalla sua una travolgente passione per la letteratura americana e tanta voglia di imparare; lei la disponibilità ad insegnare con la sua esperienza straordinaria.

Scopriamo così anche il privato, l’anima, l’intelligenza, il senso dell’umorismo, i ricordi, le emozioni e il modo di affrontare la vita e la malattia di questa grande signora della letteratura. La sua vita è stata unica e Rotelli un giovane baciato dalla fortuna, perché ha potuto fare un tratto di strada con lei e conoscere grandi miti della letteratura contemporanea.

 

Dvd + libro Fernanda Pivano “A farewell to beat” -Fandango-

Forse per entrare un po’ più a fondo nel fascino che avvolge questa donna, la prima cosa da fare sarebbe vedere il Dvd accompagnato da un libro. Il filmato è straordinario ed inizia con un tuffo al cuore. L’immagine in bianco e nero è quella di una lunga e deserta strada che la Pivano sta percorrendo in macchina nello sconfinato spazio dell’Idaho, diretta verso la tomba di Ernest Hemingway.

Lei ricorda la tragedia del suicidio del grande scrittore (nato il 21 luglio 1899, morto il 2 luglio 1961) sepolto al Ketchum Cemetary; un luogo di pace e bellezza dove lapidi e stele sono disseminate con armonia estrema sulla distesa di un prato. La Pivano racconta il suo rammarico per non essere andata al funerale di Hemingway e ci commuove quando si inginocchia e abbraccia la lastra di marmo, in mezzo a tre alberi secolari che proteggono il riposo di uno dei più grandi autori mai esistiti. E suggestivo è pure che ogni sera al tramonto la tomba sia visitata da un coyote ripreso nel filmato.

Il resto è il racconto di alcuni incontri della Pivano che a San Francisco incontra lo scrittore Lawrence Ferlinghetti nella sua storica libreria. Insieme ricordano gli autori della Beat Generation e il loro motto «amare la nostra vita fino a consumarla».

Poi a New York dove incontra Erica Jong e dialoga amabilmente di letteratura con Jay McInerney e Bret Easton Ellis. Insomma un film da assaporare in tutta la sua bellezza, girato da Luca Facchini.

 

Fernanda Pivano (a cura di Guido Harari) “The Beat goes on” -Mondadori-

E’ un libro denso di foto che immortalano le fasi fondamentali della vita della Pivano. Immagini divise per periodi e che emozionano perché sono il ricordo degli incontri più importanti che hanno costellato la lunga vita della scrittrice e traduttrice.

A partire dalle foto dei nonni e dei genitori, passando da Nanda bambina nata in una famiglia benestante, poi la gioventù e gli anni di studi liceali e università. Seguono l’epoca fulgida in cui incontrò Ernest Hemingway e i primi piani intensi con intellettuali di enorme caratura: tra i quali Moravia, Elsa Morante, Piovene e Guttuso.

Ci sono le immagini del matrimonio con Ettore Sottsass nel 1949 e altre della loro vita insieme. Poi la scoperta dell’America in prima persona e gli incontri con William Faulkner, Richard Wright, Saul Bellow, Gore Vidal ed altri grandi personaggi della scena culturale. Una vita che qui scorre per immagini uniche ed emozionanti, testimonianza di esperienze eccezionali.

 

Fernanda Pivano “Diari. 1917-1973” – Classici Bompiani- euro 50,00

I Diari della Pivano sono divisi in due volumi; questo è il primo e parte dalla sua infanzia a Genova, la famiglia, la scuola e la sua educazione… solo l’inizio di un enciclopedico viaggio che è quello dell’autrice. Più di 1660 pagine fitte in cui racconta la sua incredibile vita, gli incontri con gli scrittori, i viaggi intorno al mondo e lo sconfinato amore per la letteratura americana che è stato la colonna portante del suo lavoro e delle sue passioni. Da leggere poco a poco, assaporando tutto il fascino, la cultura, l’umanità e l’intelligenza di questa notevole signora.

 

Fernanda Pivano “Leggende americane” -Bompiani- euro 15,00

Qui sono raccolte le prefazioni che la Pivano scrisse per le opere –gran parte tradotte da lei- di Edgar Lee Masters, Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Dorothy Parker e William Faulkner.

Un universo di riflessioni, saggi, articoli e aneddoti che ci permettono di ricostruire e capire più a fondo le vite di questi grandi scrittori, ma anche di assaporare la passione della Pivano per la letteratura americana.

 

Fernanda Pivano “Viaggio americano” -Bompiani- euro 15,00

In 622 pagine troviamo altri articoli, ritratti e biografie dei protagonisti di maggior peso della strepitosa vita culturale americani del Novecento. Quelli che la Pivano aveva portato in Italia con le sue traduzioni, ma anche molti altri personaggi incredibili, un viaggio nelle loro vite, anime, pensieri, grandezze e debolezze.

Edizione straordinaria di Arte alle Corti

Le Passeggiate con gli artisti e le artiste di Arte alle Corti:
Il calendario completo degli incontri per scoprire
tutte le opere dell’edizione speciale
e l’inaugurazione della nuova installazione artistica all’Accademia Albertina di Belle Arti
Prossimo appuntamento sabato 25 novembre 2023 ore 15:
inizio tour da Palazzo Chiablese e a seguire Palazzo Reale, Palazzo Carignano, Palazzo Cisterna
Palazzo Carignano
Ph. Massimo Forchino / Artuffo
Graphic Design Leandro Agostini
Torino, 14 novembre 2023 – Arte alle Corti invita a scoprire le opere d’arte che hanno invaso le corti, i giardini e i palazzi dell’edizione straordinaria 2023. Il progetto – che è un dialogo tra la Torino storica e l’arte contemporanea – sarà raccontato, sede per sede, in un programma di incontri con gli artisti, le artiste e i componenti del Comitato organizzativo per avvicinare il pubblico alla vera linfa di Arte alle Corti: l’arte come patrimonio vivo e da vivere anche nella quotidianità. Gli artisti e le artiste racconteranno le loro opere e la relazione di dialogo che esse innescano con le sedi che le ospitano. Ecco il calendario completo degli eventi:

Sabato 25 novembre 2023
ore 15inizio Tour da Palazzo Chiablese e a seguire Palazzo Reale, Palazzo Carignano, Palazzo Cisterna. Incontro con gli artisti: Marco Bagnoli, Francesco Granieri, Salvatore Astore, Paolo Grassino, Davide Rivalta, Pietro Weber, Marinella Senatore, David Reimondo.

Martedì 28 novembre 2023
ore 15: Sede Centrale – Cittadella Politecnica (c.so Castelfidardo 30 A). Incontro con gli artisti: Carlo D’Oria, Enrico Iuliano, Sergio Ragalzi, Luigi Stoisa.
Palazzina Marone Cinzano (Centro Congressi Unione Industriali). Incontro con l’artista: Fabio Viale.

Martedì 5 dicembre 2023
ore 16.30Rettorato Università degli Studi di Torino. Incontro con gli artisti: Gabriele Garbolino Rù, Michele Guaschino.
ore 18: Accademia Albertina, INAUGURAZIONE installazione artistica e incontro con l’artista Yiwen Zheng. Introduzione dei docenti: Prof.ssa Monica Saccomandi, Prof. Domenico Borrelli, Prof. Daniele Galliano, Prof. Paolo Grassino.

Mercoledì 13 dicembre 2023
ore 16Villa della Regina. Incontro con le artiste: Maura Banfo, Cristina Mandelli, Enrica Borghi, Jessica Carroll, Laura Castagno, Luisa Valentini.

sabato 25 novembre 2023 ore 15 inizio Tour:
da Palazzo Chiablese e a seguire Palazzo Reale, Palazzo Carignano, Palazzo Cisterna
Incontro con gli artisti: Marco Bagnoli, Francesco Granieri, Salvatore Astore, Paolo Grassino, Davide Rivalta, Pietro Weber, Marinella Senatore, David Reimondo

Rock Jazz e dintorni a Torino. Max Gazzè e gli Atomic Rooster

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Al cinema a Torino e nelle altre sale del Piemonte, viene proiettato per tre giorni consecutivi il documentario di Walter Veltroni “DallAmeriCaruso”. Al teatro Colosseo l’ensemble Canto Libero rende omaggio a Lucio Battisti.

Martedì. Al Peocio di Trofarello suonano gli Atomic Rooster il  gruppo leggenda del rock. Al New Cotton Club si esibisce il duo Tessarollo-Zogno. Al teatro Vittoria per l’Unione Musicale è di scena il quartetto Rebel Bit. Al Blah Blah suonano i Carnivore A.D.

Mercoledì. Alla bocciofila Rami Secchi si esibisce la cantautrice Kyoto. Al Concordia di Venaria è di scena il rapper Nayt. Al Lambic si esibisce Lastanzadigreta. Al Blah Blah suonano i Jim Jones All Stars.

Giovedì. Alla Suoneria di Settimo Simona Molinari interpreta Mercedes Sosa con lo spettacolo “El Pelusa Y La Negra”. Mag Gazzè si esibisce per 2 sere consecutive al Colosseo. Allo Spazio 211 suonano Irossa, Vespri, Stasi e Juma. Al Magazzino sul Po sono di scena i Goat.  Al Blah Blah suonano gli Amber Myst. Al Cap 10100 suonano gli Aristocrats.

Venerdì. Al Kontiki (sede dei Fridays for Future), concerto del quintetto Hard Bop Reunion del sassofonista Marco Tardito. Il concerto sarà preceduto dalla lettura di racconti a tema ambientale della collana Tutto Sotto (Neos Edizioni). Al Blah Blah suonano Scheletri e Space Paranoids. Al conservatorio si esibisce Mario Biondi. All’Hiroshima Mon Amour è di scena Alberto Bianco. Allo Ziggy sono di scena i Vexvoid. Al Folk Club arriva Mimmo Locasciulli. Al Circolo Sud hip hop con gli Ollaround. Al Magazzino sul Po suonano gli Odd Astra. A El Paso si esibiscono gli Insanity Alert.

Sabato.  Allo Spazio 211 suonano i Giant Sand. All’ Hotel Hilton suona il Parisian Quartet di Fulvio Albano. Al Blah Blah sono di scena Fango, EndorFine, e Mangiatutto.

Domenica. A Più Spazioquattro Alberto Cipolla rende omaggio a Ezio Bosso. Al teatro Concordia di Venaria si esibisce Aiello.

Pier Luigi Fuggetta