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Al via il secondo tempo del Caleidoscopio dello Spazio Flic, il cartellone di spettacoli circensi che la Flic, scuola di Circo di Torino propone presso lo spazio Flic Centro Internazionale per le Arti Circensi, che ha sede in via Nicolò Paganini 0/200
Dal 18 gennaio al 29 giugno 2025 andrà in scena il secondo tempo del Caleidoscopio con ben 11 spettacoli in 16 appuntamenti e il grande finale dal 27 al 29 giugno con la terza edizione del Festival Oscillante.
La programmazione dello spazio Flic prevede due appuntamenti che vedono compagnie ospiti di livello internazionale. Il 18 e 19 gennaio 2025 sarà la volta di Akri, spettacolo del catalano Rosés Moretó, che viene presentato in prima nazionale. Questo assolo acrobatico esplora il concetto di confine attraverso l’uso di una scala, che diventa strumento circense e metafora di vita. Si tratta di un viaggio profondo che affianca tra loro discipline diverse quali il teatro, la manipolazione di oggetti e il movimento acrobatico, accompagnato da un’elegante colonna sonora e un sofisticato disegno di luci. Manél Roses Moretó è nato a Barcellona e, dopo la laurea presso l’Università di danza e Circo di Stoccolma, ha lavorato in varie compagnie, tra le quali il Cirque du Soleil.
L’8 febbraio 2025 approderà al Flic La Burla, presentato dalla compagnia Madame Rebiné. Si tratta di uno spettacolo di Circo contemporaneo che combina poesia e magia, con tre personaggi anziani che raccontano l’epilogo di un negozio di giocattoli, evocando un mondo sospeso tra nostalgia e modernità. Si pone all’interno di quella che è definibile la magie nouvelle, una corrente artistica che ha fatto della magia un linguaggio drammaturgico e che ha la volontà di utilizzare l’effetto come mezzo e non come fine. La compagnia Madame Rebiné è nata nel 2011 a Tolosa maturando un progetto iniziato alla Flic dall’incontro di Andrea Brunetto, Massimo Pederzoli e Alessio Pollutri.
Tre gli appuntamenti della rassegna Circo in Pillole tra febbraio e marzo.
Il primo febbraio, per la regia di François Juliot, con “La grande avventura” gli allievi del corso Mise a Niveau e dell’Anno tecnico metteranno in scena un’intensa esplorazione del tema della crescita e dell’avventura.
Il 22 febbraio il Circo in Pillole, Frammenti del futuro, diretto da Francesco Sgrò, si inserirà nell’ambito del ‘World Anthropology Day’, Antropologia pubblica a Torino e Milano. Si tratta di un progetto coordinato dall’Università di Milano Bicocca e realizzato in collaborazione con i Dipartimenti di Culture, Politica, Società e Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino, in collaborazione con le università milanesi partner dello IULM e Statale e la Società di Antropologia Applicata, che cofinanzia l’iniziativa.
Lo spettacolo avrà come protagonisti nuovamente gli allievi del corso Mise à Niveau e dell’Anno Tecnico, unendo discipline circensi a temi antropologici in un racconto collettivo fatto di emozioni e gesti.
Il 9 marzo Florent Bergal guiderà gli allievi del secondo anno in un viaggio alla riscoperta della parte più istintiva e animale dell’essere umano, in “Zoography”.
Momento speciale della stagione sarà il 23 marzo, con la presentazione dei progetti work in progress vincitori dell’edizione 2024 di ‘Surreale’, la call internazionale per artisti di Circo under 35 promossa dalla Flic con il sostegno della Regione Piemonte e Ministero italiano per la Cultura. Durante la serata il pubblico potrà assistere a Failles del Collectif Desfoules, che invita a riflettere sull’equilibrio e la caduta attraverso un intreccio di corpi e pensieri, e ‘Abel’ della Cie del Caravaggio, un racconto teatrale che mette a nudo il vuoto dietro l’apparente pienezza della vita.
Mara Martellotta
ph. Matteo Ziglioli
Leggi l’articolo su Alessandria Sarà:
Vecchioni, Luci a San Siro e il concerto al Music Hall di Casale del 1977 nei ricordi di un liceale
Preparativi al via, nella Città Ducale, per la seconda edizione di “Mi prendo il mondo”. Fra gli ospiti, grande attesa per Cecilia Sala
Dal 23 al 26 gennaio. Anteprima giovedì 16 gennaio
Parma
“Non c’è niente come un sogno per creare il futuro”. E i sogni e il futuro appartengono, devono appartenere in modo speciale, alle giovani generazioni. Non a caso, dunque, parte proprio da queste parole di Victor Hugo, forte del successo ottenuto nell’anno da poco conclusosi e sempre più fiera del “protagonismo giovanile” che la guida, la seconda edizione dell’iniziativa “Mi prendo il mondo” che si terrà in terra emiliana, a Parma, città riconosciuta quale “European Youth Capital 2027” (e dal 2015 “Città Creativa UNESCO”), da giovedì 23 a domenica 26 gennaio al “Paganini Congressi” (via Toscana 5/a) e in altri spazi cittadini, con un’anteprima giovedì 16 gennaio al “Ridotto” del “Teatro Regio” cittadino.

Ideata dal “Salone Internazionale del Libro di Torino” (che, nella sua XXXVII edizione si terrà al subalpino “Lingotto Fiere”, da giovedì 15 a lunedì 19 maggio prossimi), insieme con i giovani riuniti in “Direzione Futura 2025” (in collaborazione con la “Città di Parma”, il sostegno di “Fondazione Cariparma” e il patrocinio dell’ “Università” parmense), l’iniziativa prevede una programmazione particolarmente ricca e quanto mai multiforme fatta di grandi lezioni, incontri, dialoghi aperti sulla “contemporaneità” e dibattiti: preziose occasioni di confronto per le nuove generazioni con illustri “ospiti” (oltre trenta) in arrivo da tutt’Italia e non solo, al fine di condividere storie ed esperienze “che possano essere di ispirazione – dicono gli organizzatori – per ragazze e ragazzi, come bussola per le scelte del loro futuro”. Incontri con scrittrici e scrittori, divulgatrici e divulgatori, artiste e artisti diventeranno eventi “ispirazionali”, capaci di “stimolare idee e dare impulso alla vitalità innata dei giovani di oggi per accompagnarli nel loro cammino verso gli orizzonti che più sentono propri, in un mondo che sta vivendo impressionanti cambiamenti culturali e di approccio al lavoro”.
Al centro e loro stessi “conduttori” di molti degli eventi programmati (aperti non solo ai ragazzi, ma a tutto il pubblico di lettrici e lettori), gli stessi giovani di “Direzione Futura 2025”, gruppo composto da circa 30 studentesse e studenti di Parma e del territorio parmense, di età compresa tra i 15 e i 23 anni, selezionati attraverso una call lanciata sui social del “Salone del Libro” nel mese di settembre. Giovani che, attraverso riunioni costanti hanno dato voce ai propri dubbi e alle proprie passioni, proposto i temi degli incontri, valutato i nomi degli ospiti, costruito la scaletta delle domande e degli argomenti che saranno discussi sui palcoscenici del “Paganini Congressi”.

Oltre 30, si è detto, gli “ospiti” attesi nell’“Atene d’Italia”, come Parma, per il suo fervore culturale ed artistico, venne significativamente designata nel ‘700. In anteprima, giovedì 16 gennaio, lo scrittore, fumettista e conduttore radiofonico Matteo Bussola che presenterà il secondo volume della serie “manga” “Zeroventi” edito da “Einaudi”, dedicato ai temi della “fragilità” e della “disabilità”; particolarmente attesa, dopo l’inquietante ancora poco chiara vicenda, da poco felicemente conclusasi, dell’arresto in Iran, sabato 25 gennaio (ore 18,30) sarà la giornalista di guerra, autrice del podcast “Storie” per “Chora Media”, Cecilia Sala che parlerà de “Gli incendi che bruciano il mondo” e, sicuramente, della sua personale e recente esperienza iraniana; a chiudere la lunga carrellata, domenica 26 gennaio, sarà la scrittrice e conduttrice radiotelevisiva Daria Bignardi, insieme allo scrittore best-seller Gianrico Carofiglio. In mezzo, tanti altri nomi e date. Per dovere di cronaca, citiamo solo l’incontro di venerdì 24 gennaio (ore 15 – In collaborazione con “CAPAS Università di Parma”) che vedrà a confronto Annalena Benini, direttrice del “Salone Internazionale del Libro di Torino”, Barbara Stefanelli, direttrice di “Sette – Corriere della Sera” e Paola Peduzzi, redattrice Esteri de “Il Foglio”. In “Allenare lo sguardo: il mestiere del giornalismo”, le tre racconteranno il lavoro nella redazione di un “giornale di carta”, in una stagione in cui l’informazione corre molto veloce e spesso senza controlli, affrontando gli aspetti della selezione delle notizie, della professione, delle nuove sfide, dei rischi tra intelligenza artificiale e fake news e dell’attenzione verso un linguaggio che ha da essere sempre più inclusivo.
Il programma delle grandi lezioni sarà anche arricchito da workshop, laboratori, attività e presentazioni, mentre per meglio orientarsi attraverso i percorsi proposti gli “incontri” saranno articolati in due aree: “Voci dal Mondo” (al “Paganini Congressi”, dove sarà anche presente il Bookshop “Mi prendo il mondo” organizzato da sette librerie della Città) e “Il mondo in città” (con le “Associazioni cittadine” sempre al “Paganini Congressi” e in altri spazi cittadini). L’ingresso alla manifestazione è gratuito. Info e programma aggiornato su www.salonelibro.it.
Gianni Milani
Nelle foto: Manifesto “Mi prendo il mondo”; Cecilia Sala; Matteo Bussola; Annalena Benini
“Ieri nel corso dell’assemblea dei soci del Centro sono stato eletto per acclamazione presidente. Un grande onore. Grazie per il voto unanime sulla mia persona che mi impegna a resistere, cercando di tenere alto, insieme a tutti Voi, il nome del Centro Pannunzio. In questo momento mi torna alla mente Aldo Viglione che amò il Piemonte come io amo il Centro Pannunzio. Aiutatemi! Non vi dico di pregare per me perché siamo laici e io non sono stato eletto Papa”.

IL CENTRO PANNUNZIO
Laico ed apartitico il Centro, fondato nel 1968 da Arrigo Olivetti, Mario Soldati, Pier Franco Quaglieni ed altri, si richiama alla tradizione culturale de “Il Mondo” di Mario Pannunzio.
Da quell’anno è un’associazione di libera cultura, indipendente ed anticonformista costituita ai sensi dell’art. 36 del Codice Civile.
L’Associazione culturale è stata insignita dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini con decreto presidenziale in data 2 Giugno 1979 della Medaglia d’Oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell’arte.
L’attività del Centro Pannunzio si fonda sul volontariato ed è svolta senza fini di lucro.
Il Centro è innanzi tutto un gruppo di persone che si ritrova per un costante scambio di esperienze e per un arricchimento della propria cultura personale nel più assoluto rispetto di tutte le opinioni.
Il suo motto: “I titolari del proprio cervello si ritrovano al Centro Pannunzio” sintetizza bene lo spirito del Centro.

Ogni anno a partire dal 1982 viene conferito il Premio “Pannunzio” (consistente in un’artistica incisione su argento di Mino Maccari) a personalità italiane della cultura, del giornalismo e dell’arte che si siano distinte per il loro spirito libero.

Hanno ricevuto il Premio “Pannunzio”, tra gli altri: Nicola Abbagnano, Piero Angela, Pierluigi Battista, Enzo Bettiza, Giorgio Bocca, Furio Colombo, Paolo Conte, Giorgio Forattini, Claudio Magris, Igor Man, Paolo Mieli, Massimo Mila, Indro Montanelli, Enrico Paulucci , Marcello Pera, Mario Rigoni Stern, Sergio Romano Alberto Ronchey, Giovanni Spadolini, Barbara Spinelli, Gianpaolo Pansa, Antonio Ricci, Stefano Zecchi, Piero Ostellino, Antonio Zichichi, Arrigo Cipriani, Allegra Agnelli, Alan Friedman, Alberto Angela, Alain Elkann, Dacia Maraini, Gianfranco Ravasi, Ernesto Ferrero, Ugo Nespolo, Giordano Bruno Guerri, Francesco Paolo Figliuolo.

Nel 2009 è stato creato il Premio Pannunzio Alassio, espressione della sezione ligure del Centro “Pannunzio”.
Per la rubrica “Il cinema ritrovato al cinema”, organizzata dalla Cineteca di Bologna e che verrà proposta dall’11 al 25 gennaio 2025, il Cinema Massimo propone 4 titoli dedicati al grande regista Akira Kurosawa, considerato colui che ha aperto le porte dell’Occidente al cinema nipponico, e che compongono un perfetto ritratto del suo genio creativo. Sono “I sette samurai”, Leone d’Argento a Venezia nella sua versione integrale, il dolente “Vivere”, il noir “Cane randagio” di ispirazione da Georges Simenon e l’epopea di Sanjuro.
Federico Fellini aveva dichiarato che in Kurosawa sentiva grande spettacolo, fiaba, storia, racconto, apologo, messaggio. Sentiva il cinema usato in ogni suo modo espressivo, l’entusiasmo e la salute del vero artista, una generosità narrativa da far invidia a Balzac. Considera il cinema di Kurosawa un miracolo espressivo.
“I sette samurai” verranno proiettati sabato 11, lunedì 13, mercoledì 22, sabato 25 alle ore 16. Ambientato nel XVI secolo, narra la storia dei contadini che mentre imperversano le guerre civili convincono sette samurai a difenderli contro una banda di predoni. In realtà i samurai sono soltanto sei, poiché il settimo, Toshiro Mifune, è un contadino. Personaggio chiave della dialettica sociale del film, che si snoda tra la casta nobile dei guerrieri e il popolo umiliato. Questo aspetto fu quasi cancellato dai tagli imposti dalla produzione, 40 minuti per l’edizione giapponese e 70 per quella internazionale, che impoverirono la complessità integrale del film, che è di 207 minuti. Sarà proposto in versione originale con sottotitoli italiani.
“Sanjuro”, del 1962, verrà proiettato sabato 11 alle ore 20.30, martedì 14 e 21 alle ore 16.
Il Ronin Sanjuro offre rifugio a nove uomini seguiti dai soldati di alcuni prepotenti signorotti, che hanno rapito un funzionario a conoscenza di tutti i soprusi. Sanjuro libererà il funzionario e libererà i feudatari riportando pace nella zona. Raffinata favola sui pericoli della violenza, è un film d’iniziazione.
“Vivere”, del 1942, verrà proiettato domenica 12 alle 15.30, lunedì 20 alle 20.30 e martedì 21 alle 18. Trent’anni di lavoro in un ufficio municipale hanno reso Watanabe un burocrate indifferente che si trascina in inutili giornate, ma quando scopre di avere un cancro fatale che gli lascia pochi mesi di vita sprofonda nella disperazione, poi si abbandona una notte di piacere e infine si consacra in una causa civile riscattando la sua esistenza.
Infine verrà proiettato “Cane randagio” (Nora Inu) del 1949, domenica 12 alle 20.30, martedì 14 alle 18.15 e venerdì 24 alle ore 16. Con un realismo simenoniano, siamo di fronte a un grande noir che trascende il genere. Akira Kurosawa affermava che Inoshiro Honda dirigeva la seconda unità. Ogni mattina gli diceva cos gli servisse e lui andava a filmarlo tra le rovine della Tokyo postbellica. Si dice che in “Cane randagio” Kurosawa abbia individuato molto bene l’atmosfera postbellica del Giappone, e se è così lo deve per buona parte proprio a Honda.
Mara Martellotta
Dopo la pausa per le festività natalizie, Flashback Habitat prosegue la sua programmazione culturale che vive tutto l’anno. Dal giovedì alla domenica si potranno vedere le mostre allestite e partecipare a mostre e eventi organizzati al Circolino, lo spazio ricreativo di Flashback. Torna sulle scene tutti i venerdì, alle ore 21, la rassegna musicale “Sta cosa del Jazz”, in cui gli spettatori avranno la possibilità di ascoltare buona musica circondati dalla bellezza.
Gli appuntamenti del mese di gennaio sono venerdì 10 gennaio, alle ore 21, con il Luca Biggio Quartet, composto da Luca Biggio al sax tenore, Fabio Gorlier al pianoforte, Davide Liberti al contrabbasso e Gaetano Fasano alla batteria.
Venerdì 17 gennaio, alle ore 21, si esibirà l’Ensamble Oiseaux Trio, costituito da Marco Tardito al clarinetto, Pietro Ballestrero alla chitarra, Riccardo Conti alle percussioni. Con un repertorio completamente originale basato su composizioni scritte appositamente per l’ensemble, il clarinetto, la chitarra utilizzata con accordatura aperta che si rifà alla sonorità del sitar, la marimba e le percussioni si intersecano in un fitto gioco di scambio di ruoli che più che all’interplay jazzistico si rifà alle procedure contrappuntistiche della musica classica e alla successione temporale della musica indiana. Lontano però dall’organizzazione di quest’ultima, sempre improvvisata dentro le regole del “raga” e qui di legata a un solo ambito tonale, la musica dell’Ensamble ne adotta il graduale svilupparsi dentro un crescendo energetico. La ricerca di un suono originale ha indotto la scelta di musicisti con un background che fosse il più ampio possibile e con un’alta capacità di interpretare il rigore di una scrittura musicale complessa.
Venerdì 24 gennaio si esibirà la Distilleria Manouche, costituita dalla voce di Alessandro Fiore, dal contrabbasso di Elia Lasorsa, dalla batteria acustica di Giulio Arfinengo, dalla chitarra di Federico Fiore e dal violino di Stefano Ivaldi. La Distilleria Manouche è un ensemble di talentuosi musicisti che interpretano brani classici del repertorio swing e jazz degli anni Trenta e Quaranta, creando una atmosfera coinvolgente e festosa. La loro musica è adatta per ambienti retrò, feste a tema, eventi di cultura vintage o semplicemente per chi ama ballare a ritmo di jazz. Il progetto si propone di conservare e realizzare il patrimonio musicale di quell’epoca offrendo al pubblico un’esperienza sonora autentica e evocativa. I musicisti del gruppo, oltre ad essere tecnicamente preparati, sono anche in grado di interagire tra di loro creando momenti di magia musicale attraverso l’improvvisazione di dialogo tra strumenti.
Venerdì 31 gennaio si esibirà il trio Nicolò Di Pasqua, costituita appunta da Nicolò Di Pasqua al pianoforte, Andrea Amato al contrabbasso, Luca Guarino alla batteria.
I nuovi orari di Falshback Habitat sono:
Il Circolino: giovedi dalle 18 alle 00 – venerdì, sabato e domenica dalle 11 alle 00
Per le mostre si ripropongono gli stessi orari.
Mara Martellotta
Alla Galleria Pirra, sino al 26 gennaio
Si chiuderà il prossimo 26 gennaio la mostra “Quando il colore si fa luce” alla Galleria Pirra laddove “l’intimo dialogo tra la luce e il colore, come due forze che si alimentano a vicenda, è il filo conduttore”. In un alternarsi di tenui pennellate e robuste, concrete. Potremmo parlare, nella trentina circa di tele esposte, di trionfo della luce che alimenta l’evoluzione del colore, creando atmosfere e ponendo chi guarda in stretto rapporto con il risultato dell’opera. Un percorso pressoché continuo quello che la luminosità ha intrapreso tra i tanti autori, spesso risaltato altresì da quelle ombre che si facevano strada sulla tela. Pirra guarda soprattutto al proprio patrimonio e mette in campo gli autori del postimpressionismo russo delle scuole di Mosca e San Pietroburgo, “per i quali la luce è viva per definizione, scolpisce i volumi, modula i colori, trasporta l’osservatore in un mondo che non è solo visibile, ma percepibile emotivamente.” Negli artisti di cui Pirra fu il nume tutelare in casa nostra a cominciare dagli anni Sessanta, la luminosità che invade i boschi o l’interno di una stanza o una pianta di girasoli, che colpisce il tramonto di una giornata invernale o l’alba che si focalizza su un sole che sta salendo all’orizzonte, è la rivincita sul rigore e sul buio di quelle distese, sulle distese innevate che in tanta parte dell’anno le occupano.

Georgij Moroz ci lascia il gruppo di girasoli fissati contro un cielo azzurro e quei pini che si perdono “Ai bordi della foresta” o già nel verde degli aghi solitari in qualche podere della campagna russa, splendenti e pieni d’energia, Dmitrij Kosmin con la sua simbolica “Alba”, Piotr Stolerenko che lascia intravedere tra i piccoli tronchi di un albero la casa del “Piccolo cortile” colpita dalla brillantezza di una giornata di sole e Maya Kopitzeva tratteggia con piena delicatezza i suoi “Fiori sulla finestra” mentre Olga Bogaevskaja la pareggia con un “Mazzo di fiori”, vera e propria macchia impressionista, che confonde e quasi si annulla con un bianco accecante all’interno del paesaggio che lo circonda.

Non soltanto dall’est arrivano le opere che rendono veramente apprezzabile questa mostra. Si ritrovano quasi con devozione i panorami del francese Henry Maurice Cahours (1889 – 1974), definito dalla critica “il poeta della luce”, amplifica il comunicato stampa “per la sua capacità di giocare con le sfumature, di creare atmosfere fatte di sottili armonie e di fermare la luce, impercettibilmente, sulla tela.” Sono sufficienti il grande cielo e la parete a strapiombo della Baia in Bretagna” o le case arroccate sul fondo delle “Petites Dalles” per ricordarci la poesia che ha determinato la grandezza dell’artista: in altre occasioni e in altre mostre ci era capitato di ammirare certi angoli delle coste bretoni con tutta la luce sapientemente colta, con i sentieri che attraversano i villaggi, le barche addormentate nella tranquillità di una baia, le basse maree e i fienili nell’aia assolata, le visioni della Senna e gli affollati mercati di un porto. Inoltre, la danese Birgitte Lykke Madsen e la torinese Luisa Albert (“Esercizio in bianco e giallo”, tenue nei suoi vetri e nei tendaggi che costruiscono un ambiente), le montagne di Enrico Reycend e i ricordi (ad esempio, “Donne in lettura”) che occupano le piccole dimensione delle tele del milanese Luigi Bracchi – frequentatore di personalità come Carrà e Annigoni e Savinio, definito da Edoardo Persico di “esemplare modernità” -, fatte di piccoli dettagli a tratti quasi nascosti che arricchiscono la tranquillità dei differenti momenti, “stillanti di colore” sarebbero stati definiti. In ognuno degli autori emozioni che superano la rappresentazione della realtà, di un paesaggio e di un interno, la volontà di dare a vita a suggestioni, a sensazioni fortemente creative, a storie personali che hanno riempito una vita.
Elio Rabbione
Nelle immagini, Piotr Stolerenko, “Il piccolo cortile”, olio; Dmitrij Kosmin, “Alba”, olio, 1992; Henry Maurice Cahours, “Plage – Petites Dalles”, olio.
La prima didattica a distanza di più di 60 anni fa, in tv/ La “buona scuola” del maestro Manzi, dove non era “mai troppo tardi” per imparare
Di Alberto Manzi la mia generazione ha un ricordo in bianco e nero. Era il maestro dell’aula in tv, quello di “Non è mai troppo tardi” che, tra il 1960 e il 1968, insegnò a leggere e scrivere a milioni di italiani. Anch’io, grazie a lui e prima delle elementari, ho imparato la magia lieve dei segni sulla carta con un pennino che intingevo nella boccetta dell’inchiostro. La trasmissione – pensata per contrastare l’analfabetismo – andava in onda nel tardo pomeriggio, prima di cena, e la Tv appariva come una scatola magica e misteriosa. Manzi utilizzava un grosso blocco di carta montato su cavalletto sul quale scriveva e disegnava, con un carboncino, parole e lettere. E si faceva capire benissimo. Manzi, di cui si è tornati a parlare un paio d’anni fa grazie alla fiction trasmessa su Rai Uno, iniziò insegnando nel carcere minorile Gabelli di Roma e per vent’anni, ogni estate, impiegò le sue vacanze per viaggiare in America Latina e fare scuola ai contadini dell’Ecuador e del Perù. Apparteneva alla stessa generazione che espresse educatori come Mario Lodi, Danilo Dolci, Gianni Rodari, don Lorenzo Milani. Tutti nati negli anni Venti del secolo scorso, e non a caso. Tutti convinti che la didattica non è solo trasmettere una serie di contenuti e saperi già fatti, ma offrire una testimonianza personale di etica, di cultura. E stimolare una tensione continua alla curiosità e alla ricerca. Alberto Manzi era un educatore che insegnava prima di tutto se stesso. Fece scalpore, nel 1981, quando si rifiutò di redigere le appena introdotte “schede di valutazione“, con le quali si sostituiva la pagella. Manzi si rifiutò di scriverle perché non intendeva “ bollare un ragazzo con un giudizio, perché il ragazzo cambia, è in movimento; se il prossimo anno uno legge il giudizio che ho dato quest’anno, l’abbiamo bollato per i prossimi anni”. Quella “disobbedienza” gli costò la sospensione dall’insegnamento e dalla paga. L’anno dopo il Ministero della Pubblica Istruzione fece pressione su di lui per convincerlo a scrivere le attese valutazioni. Manzi fece intendere di non avere cambiato opinione, ma si mostrò disponibile a redigere una valutazione riepilogativa uguale per tutti tramite un timbro; il giudizio era: “fa quel che può, quel che non può non fa“. Il Ministero si mostrò contrario alla valutazione timbrata, al che Manzi ribattè: “Non c’è problema, posso scriverlo anche a penna”.. Scrisse anche diversi libri: dal più famoso (Orzowei, del 1955), fu tratta l’omonima serie per la Tv dei ragazzi. Ma il ricordo che abbiamo di lui resta legato a “Non è mai troppo tardi”, protagonista di una tv “buona maestra” che portava la cultura di base nelle case.
Marco Travaglini