CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 140

L’“Indipendent Book Tour” a cura del Salone del Libro

Ad Asti, la prossima tappa del progetto ideato dal “Salone Internazionale del Libro di Torino” e dalla Regione a favore dell’Editoria indipendente piemontese

Sabato 28 ottobre, ore 17,30

Asti

Quinta tappa. Dopo Verbania, Torino, Novara ed Alessandria, sosterà ad Asti l’“Indipendent Book Tour”, il viaggio nei capoluoghi del Piemonte, ideato dal “Salone Internazionale del Libro di Torino” e “Hangar del Libro”(Regione Piemonte), in collaborazione con la “Fondazione Circolo dei Lettori”, per raccontare la ricchezza, eccellenza a livello nazionale, dell’Editoria indipendente piemontese. L’appuntamento è per sabato 28 ottobre, ore 17,30, negli spazi di “FuoriLuogo”, in via Enrico Toti 18/20, ad Asti. Protagoniste nella tappa astigiana, saranno quattro case editrici, tra le 28 partecipanti al tour, che racconteranno al pubblico la propria storia, i propri progetti e un proprio libro scelto per l’occasione, tra i tanti pubblicati (ingresso libero): “Buendia Books” presenterà il romanzo “Saluteremo il signor padrone” di Stefano Valerio, “Yume Edizioni” racconterà il libro “Teen generation” di Beatrice Varetto, “Be strong Edizioni” illustrerà il romanzo per ragazzi “Un destino su misura” di Fulvio Drigani e “Edizioni del Capricorno” parlerà del “noir” “Anatomia di una rapina” diMaurizio Blini. Sono nel complesso otto le tappe, una in ciascun capoluogo piemontese, messe in agenda per l’edizione 2023 dell’iniziativa.

A ogni appuntamento le case editrici, selezionate a giugno attraverso la “call Hangar del Libro”, presenteranno il loro libro del momento, accompagnate da brani musicali e azioni teatrali curate da “B-Teatro”. Per il secondo anno, grazie al progetto “#Booklovers” della rivista digitale “exlibris20”, saranno nuovamente coinvolti 28 lettrici e lettori, anch’essi selezionati a giugno grazie ad una “call” dedicata, che ha visto partecipare ben 267 appassionati di libri e lettura di ogni età.

A ogni tappa i “booklovers”affiancheranno una casa editrice ciascuno per raccontare il loro punto di vista sul libro, trasmettendo così al pubblico anche le emozioni e le riflessioni del lettore che pubblicheranno poi sui propri profili social, con recensioni e interviste.

E il viaggio continua.

Sabato 11 novembre la tappa sarà Vercellicon l’appuntamento alle 17.30 alla “Biblioteca Civica”, in via A. G. Cagna, 8. Ultimi incontri: sabato 18 novembre alle 17.30, alla “Cassa di Risparmio (Villa Poma) di Biella, in via Fratelli Rosselli 116 e sabato 25 novembre a Cuneo, alla “Biblioteca Civica” (Palazzo Audifreddi), in via Cacciatori delle Alpi 9, alle 17.30.

Da segnalare che, per ogni edizione, “Independent Book Tour” prevede la “vetrina virtuale online” su www.hangardellibro.it , uno strumento informativo che illustra tutti i titoli delle case editrici presentati nel viaggio letterario, per aiutare lettrici e lettori nella scelta dei libri che più incontrano i loro interessi, le loro passioni, i loro gusti. Dice Carola Messina, project manager dell’evento: “L’‘Independent Book Tour’ ha il preciso obiettivo di raccontare e dare visibilità alla capacità delle case editrici indipendenti piemontesi di sperimentare, innovare e ampliare gli orizzonti di lettori e lettrici grazie alla presentazione delle loro proposte di punta. Rafforzare il prezioso ruolo dell’editoria indipendente è uno degli scopi principali del progetto ‘Hangar’, al fine di preservare l’importante valore della bibliodiversità portata nel panorama culturale regionale e nazionale”.

Per info su programma nel dettaglio: www.hangardellibro.it o www.salonelibro.it

g.m.

Nelle foto: Immagine guida “Indipendent Book Tour” e cover di “Anatomia di una rapina” (Edizioni de Capricorno), “Saluteremo il signor padrone” (Buendia Books) e “Teen generation” (Yume Edizioni).

Ultima occasione dell’anno per visitare il castello di Marchierù

Domenica 29 ottobre sarà l’ultima occasione dell’anno per visitare il castello di Marchierù, a Villafranca Piemonte, giacchè poi ne saranno chiusi i cancelli in attesa della primavera prossima per la nuova stagione 2024.

CASTELLO DI MARCHIERU ( Villafranca Piemonte * via S.Giovanni 77)

Visite guidate dai proprietari delle sale del castello, del parco, della cappella gentilizia e delle scuderie settecentesche ( ore 10/11/12*15/16/17 )

Alle ore 15/16/17 in collaborazione con la GALUP, divenuta riferimento nel mondo delle galuperie e del celebre panettone, gli Allievi dell’ Istituto alberghiero Prever di Pinerolo serviranno agli ospiti prenotati la MERENDA REALE, una “ cioccolata calda all’uso antico”

Prenotazione obbligatoria al 3394105153 /3480468636 (visita e cioccolata)

Contributo visita € 8 / bimbi fino a 10 anni gratis * visita + cioccolata € 15 / bimbi € 5

 

Torino ed il Piemonte tuttora costituiscono punto di riferimento per gli amanti del cioccolato in tutto il mondo. Qui all’inizio dell’ ottocento si dette vita ai cioccolatini di ogni tipo, e nel 1865, unendo al cacao la nocciola delle Langhe, nacque il “gianduiotto”, così chiamato dal nome della maschera torinese Gianduja, perché messo sul mercato in occasione del Carnevale.

Numerose sono le grandi aziende produttrici nate in questo territorio, ed accanto ad esse esistono in città ottimi artigiani, facendo sì che la provincia di Torino si configuri come il maggior centro italiano di lavorazione del cioccolato.

Fra questi grandi marchi industriali e artigianali spicca la pluripremiata GALUP con sede a Pinerolo, conosciuta ormai in ambito internazionale, che ora ha aggiunto alla lavorazione dei celebri panettoni anche quella dei “gianduiotti” assieme alle tradizionali “galuperie”

Ad essa ed agli esperti Allievi dell’ Istituto Alberghiero Prever dobbiamo la possibilità di offrire ai visitatori del castello una tazza di cioccolata calda, un tempo riservata esclusivamente ai più fortunati, che a tal fine utilizzavano preziose tazze e stoviglie come quelle che si potranno ammirare in esposizione.

 

Che fatica nascondere il morto: ma che risate!

“C’è un cadavere in giardino” sino a domenica al Gioiello

Prolifico scrittore, Norm Foster è considerato a ragione l’erede del (forse) più celebre Neil Simon, spunti indovinati e ricca di sorpresa, scrittura vivacissima, personaggi che spremono sino in fondo tutta l’allegria – come anche le confessioni amare – con cui lo scrittore li ha costruiti. Nella versione di Pino Tierno e Consuelo Versace, arriva oggi da noi “C’è un cadavere in giardino”, per la regia tutta sprazzi e divertimento di Silvio Giordani, fino a domani al Gioiello (stasera alle ore 21, domenica alle ore 16).

Con un titolo che avrebbe fatto la felicità della maestra Agatha Christie, è la storia di una coppia di attori cresciuti nella mediocrità che un giorno ha fatto il gran salto del successo e del benessere. Come? Improvvisandosi, ma accalappiando un numero più che consistente di pubblico, guru dell’”auto-aiuto” (“Self Help” suona il titolo originale), ovvero come scrivere manuali di poco conto, spandere consigli da quattro soldi, mantenere quel tenore di vita, grandi alberghi limousine conferenze e vendite, che fa gridare subito al miracolo. Ma la dabbenaggine di troppi, cronache neppur troppo antiche ce lo hanno raccontato, non aspetta altro. Tutto procede a gonfie vele e in una traballante serenità, se si escludono gli improvvisi furori erotici della signora: che un bel giorno coinvolgono l’appetitoso giardiniere di casa. Sino al decesso di costui. C’è da sbarazzarsi del cadavere, mentre in casa circolano una cameriera che ha fatto dei loro insegnamenti la propria ragione di vita, eccentrica, tutta precisina, leggermente fuori di testa; una press agent a cui non pare vero di scorgere, all’occasione, un certo realistico riavvicinamento tra i padroni di casa, lui ha subodorato tradimenti e per un bel periodo ha perso ogni interesse verso la consorte; un giornalista d’assalto dedito alle inchieste e desideroso più di ogni altro di svelare i tanti lati oscuri della coppia; un tenente della polizia distrattamente alla ricerca del morto.

Il cadavere che “passeggia” per il palcoscenico nascosto in un tappeto e raggiunge le stanze come nascondiglio, il giardino come ultimo, sempiterno rifugio, porte che s’aprono e si chiudono (scena di Mario Amodio gustosamente alla Feydeau), ficcanasi impenitenti, tutto ha bisogno di ritmo e soprattutto di veder mantenuto quel marchingegno a orologeria, senza se e senza ma, che l’autore gli ha impresso, tra l’inquietante e il divertente, veloce e quasi ossessivo.

 

Le promesse sono mantenute, la girandola di situazioni e di battute (i temi sessuali sono imperanti) che strappano la risata, i doppi sensi a manciate che rallegrano, i campanelli e gli squilli dei citofoni di  casa, le incursioni satiriche, il clima di complicità che si stabilisce tra il pubblico e gli attori, ogni cosa fa bene alla serata. Se s’intravede qualcosa di scontato o di ripetitivo qua e là, tutto è prontamente rimesso in riga dal gran mestiere di tutti gli attori in scena, da Miriam Mesturino, fiammeggiante padrona di casa, tutta ardori e terrori, solo per un attimo pronta a rifugiarsi nella scalcagnata quanto tranquilla vita di un tempo, a Sergio Muniz, marito troppo comprensivo e sonnacchioso, affaccendato a ristabilire equilibri e abituale trantran, eccellente dispensatore d’ironia, da Valentina Maselli a Luca Negroni a Giuseppe Renzo, alla divertentissima, applauditissima Maria Cristina Gionta, cameriera dei signori. Un successone.

Elio Rabbione

Agostino Bonalumi alla galleria Mazzoleni

La galleria d’arte Mazzoleni dedica una personale, nella sua sede torinese, dal 1 novembre 2023 ad Agostino Bonalumi, il Teatro delle Forze ( ovvero The Theatre of the Forces), aperta fino al 4 febbraio 2024.

La mostra, curata da Marco Scotini e organizzata insieme all’archivio Bonalumi di Milano, si concentrerà su una delle più significative fasi dell’attività creativa di Bonalumi, dalla fine degli anni Sessanta attraverso gli anni Settanta, e inizierà presentando due dei meno conosciuti lavori di Bonalumi che richiedono un approccio multidisciplinare per la loro comprensione.

‘Agostino Bonalumi: il teatro delle forze’ mette in luce sculture e costumi creati per il musical di Goffredo Petrassi e per la Composizione Partita, per l’azione coreografica Rot di Domenico Gueccero, che si svolsero rispettivamente al teatro Romano a Verona e al teatro dell’Opera di Roma nel 1973.

Il titolo della mostra si riferisce alla macchina teatrale come oggetto, alludendo alle forme plastiche, una delle quali è incarnata in uno dei primi lavori di Bonalumi, nei quali è evidente una forza che nasce all’interno del lavoro, rovesciandone la superficie. Ogni lavoro nasce da un dialogo tra la pressione interna del corpo e la resistenza esterna che la superficie del canvas oppone.

Agostino Bonalumi nasce il 10 luglio 1930 a Vimercate, in provincia di Milano, compie studi di disegno tecnico e giovanissimo inizia a esporre da pittore autodidatta. Nel 1958 nasce il gruppo Bonalumi Castellani con una mostra alla galleria Pater di Milano, alla quale seguiranno altre mostre a Roma, Milano e Losanna. Nel 1961 alla galleria Kasper è tra i soci fondatori del gruppo Nuova Scuola Europea. Nel 1965 Bonalumi presenta le sue opere in una mostra personale nella sua galleria di Milano, con catalogo di Gillo Dorfles e dal ’66 prende avvio la collaborazione con la galleria del Naviglio di Milano, che lo rappresenterà in esclusiva, pubblicando nel 1973 un’ampia monografia per le edizioni del Naviglio, a cura di Gillo Dorfles.

Nel 1966 è invitato alla Biennale di Milano con un gruppo di opere e nel 1970 con una sala personale. Dopo un periodo di studi nei Paesi dell’Africa mediterranea e negli Stati Uniti, si presenterà con una personale alla galleria Bonino di New York.

Realizza opere di pittura ambientale quali “Blu abitabile” per la mostra ‘Lo spazio nell’immagine’ a Foligno, nel 1968 il Grande Nero per una mostra personale al Museum am Ostwall di Dortmund, nel 1979 nell’ambito della pittura Ambiente a palazzo Reale di Milano l’opera ‘Dal giallo al bianco e dal bianco al giallo’ Qui l’ambiente è considerato attività dell’uomo, analizzato come attività primaria e psicologica, come nell’opera “Ambiente Bianco. Spazio trattenuto e spazio invaso” realizzato nel 2002 per la fondazione Guggenheim di Venezia.

Si è occupato di scenografia realizzando nel 1970, per il teatro Romano di Verona, scene e costumi per il balletto Partita, per la musica di Goffredo Petrassi e coreografie di Susanna Egri. Nel 1973 per il teatro dell’Opera di Roma ha realizzato scene e i costumi di “Rot”, musica di Domenico Guacceri, coreografie di Amedeo Amodio.

Nonostante la malattia con cui conviveva da tempo, Bonalumi ha proseguito con assiduità sviluppando la sua ricerca fino agli esiti degli ultimi anni e portando a compimento la realizzazione di un ciclo di sculture in bronzo su progetti risalenti alla fine degli anni Sessanta. Bruxelles, Mosca, New York e Singapore sono alcune delle capitali che hanno ospitato sue personali.

La mostra si sviluppa dal 1 novembre al 3 febbraio 2024 presso la galleria d’arte Mazzoleni a Torino in piazza Solferino 2

Mara Martellotta

 

Con Don Gallo (e De André), osando la speranza

Sono passati dieci anni da quando il cuore generoso di Don Gallo ha cessato di battere. Don Andrea, partigiano e “prete di strada” si spense nel suo letto della Comunità genovese da lui fondata a San Benedetto al Porto, assistito dai suoi ragazzi.

Il suo ricordo fa affiorare le memorie degli incontri con il Don, gli insegnamenti della sua straordinaria umanità. Don Andrea Gallo, angelicamente anarchico, ha sempre lottato dalla parte giusta: quella degli sconfitti, dei respinti e dei disperati, di chi non ha voce e potere ed è stato relegato ai margini di una società sempre più spietata e genuflessa davanti alle logiche delle banche e dell’economia. Dalla comunità di San Benedetto al Porto Don Gallo guardava il mondo, coinvolgeva tutti e non escludeva mai nessuno. Sapeva dare forza e speranza. “Bisogna sempre osare la speranza”, ripeteva spesso, e spronava a non smettere mai di “sperare l’impossibile”, di inseguire l’utopia. Citava l’uruguaiano Eduardo Galeano (il giornalista che scrisse un libro meraviglioso, Le vene aperte dell’America Latina) dicendo: “L’utopia sta all’orizzonte, mi avvicino di due passi, lei si allontana dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungo mai. Quindi, a che serve l’utopia? Serve a questo: a camminare”. E in fondo questo era lo spirito del Don. Mettersi in cammino e non rassegnarsi, attraversare il nostro tempo adoperandoci, nonostante tutto, per costruire un altro mondo possibile, più libero e più solidale. Lui camminava con il Vangelo in una mano e la Costituzione repubblicana nell’altra. Come il suo grande amico Fabrizio De André, trasmetteva con passione e concretezza la sua umanissima e libertaria buona novella. Erano entrambi mossi dall’amore per gli ultimi, i reietti. Negli anni del liceo Fabrizio era l’alunno del cugino di Don Gallo, Giacomino Piana, che insegnava religione mentre il Don era viceparroco nella chiesa della Madonna del Carmine, a poche decine di metri dalla famosa Via del Campo. Il 14 gennaio del 1999, tre giorni dopo la morte di De André, Don Gallo scrisse una lettera aperta all’amico di sempre che vale la pena leggere per intero: “ Caro Faber,da tanti anni canto con te, per dare voce agli ultimi, ai vinti, ai fragili, ai perdenti. Canto con te e con tanti ragazzi in Comunità. Quanti «Geordie» o «Michè», «Marinella» o «Bocca di Rosa» vivono accanto a me, nella mia città di mare che è anche la tua. Anch’io ogni giorno, come prete, «verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e fame». Tu, Faber, mi hai insegnato a distribuirlo, non solo tra le mura del Tempio, ma per le strade, nei vicoli più oscuri, nell’esclusione. E ho scoperto con te, camminando in via del Campo, che «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior». La tua morte ci ha migliorati, Faber, come sa fare l’intelligenza. Abbiamo riscoperto tutta la tua «antologia dell’amore», una profonda inquietudine dello spirito che coincide con l’aspirazione alla libertà. E soprattutto, il tuo ricordo, le tue canzoni, ci stimolano ad andare avanti. Caro Faber, tu non ci sei più ma restano gli emarginati, i pregiudizi, i diversi, restano l’ignoranza, l’arroganza, il potere, l’indifferenza. La Comunità di san Benedetto ha aperto una porta in città. Nel 1971, mentre ascoltavamo il tuo album, Tutti morimmo a stento, in Comunità bussavano tanti personaggi derelitti e abbandonati: impiccati, migranti, tossicomani, suicidi, adolescenti traviate, bimbi impazziti per l’esplosione atomica. Il tuo album ci lasciò una traccia indelebile. In quel tuo racconto crudo e dolente (che era ed è la nostra vita quotidiana) abbiamo intravisto una tenue parola di speranza, perché, come dicevi nella canzone, alla solitudine può seguire l’amore, come a ogni inverno segue la primavera [«Ma tu che vai, ma tu rimani / anche la neve morirà domani / l’amore ancora ci passerà vicino / nella stagione del biancospino», da L’amore, ndr]. È vero, Faber, di loro, degli esclusi, dei loro «occhi troppo belli», la mia Comunità si sente parte. Loro sanno essere i nostri occhi belli. Caro Faber, grazie! Ti abbiamo lasciato cantando Storia di un impiegato, Canzone di Maggio. Ci sembrano troppo attuali. Ti sentiamo oggi così vicino, così stretto a noi. Grazie. E se credete ora che tutto sia come prima perché avete votato ancora la sicurezza, la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti. Caro Faber, parli all’uomo, amando l’uomo. Stringi la mano al cuore e svegli il dubbio che Dio esista. Grazie. Le ragazze e i ragazzi con don Andrea Gallo, prete da marciapiede”. Rileggendola ora, cinque lustri dopo, mantiene intatta l’attualità e la carica di denuncia morale. E a noi, cosa resta? Non ci resta altro da fare che continuare a camminare, ognuno per come sa e per come può, in direzione ostinata e contraria. Don Andrea Gallo ha costruito ponti nella chiarezza dei fondamenti della Costituzione italiana che ha sempre difeso con passione, e nella linearità ideale del  Vangelo che ha vissuto come vita donata e ricevuta senza avere in cambio nulla. Nei miei ricordi di famiglia, grazie al nonno, si rammentava la storia di un italiano caduto sul finire degli anni trenta in difesa della Repubblica spagnola sull’Ebro. L’epigrafe sulla sua tomba, nella sua essenziale semplicità e dignità, diceva tutto di lui: “Aquì esta un hombre”. Qui c’è un uomo. Anche per Don Gallo varrebbero le stesse parole, ascoltando la sua voce che invitava a costruire un futuro, a proseguire il cammino, senza scordare che “chi sceglie un’ideologia può anche sbagliare; chi sceglie i poveracci, i senza voce, i fragili, non sbaglia mai”.

Marco Travaglini

“Incipit Offresi” ai blocchi di partenza

Parte da Cuorgné la nona edizione del primo talent letterario itinerante per aspiranti scrittori

Venerdì 27 ottobre, ore 21

Cuorgné (Torino)

Sarà l’attrice – autrice Giorgia Goldini a fare da starter, venerdì 27 ottobre, alle 21, alla prima tappa in Piemonte della nona edizione di “Incipit Offresi”, il primo talent letterario itinerante dedicato agli aspiranti scrittori, ideato e promosso dalla “Fondazione ECM – Biblioteca Archimede” di Settimo Torinese, in sinergia con Regione Piemonte,  con il sostegno di “Fondazione Compagnia di San Paolo” e la collaborazione di “Emons Edizioni”, “Fondazione Circolo dei lettori” e “FUIS – Federazione Unitario Italiana Scrittori”. L’appuntamento è a Cuorgné (Torino), presso la “Sala Conferenze Trinità” (ex Chiesa della SS. Trinità) di via Milite Ignoto. Format a tappe e vero e proprio talent della scrittura” (spazio dove tutti gli aspiranti scrittori possono presentare la propria idea di libro agli editori coinvolti nelle varie fasi del progetto), la sfida si giocherà a “colpi di incipit” all’interno delle biblioteche e dei luoghi di cultura, ma anche attraverso gare di scrittura e letture animate nei mercati. L’obiettivo non è premiare il romanzo inedito migliore, mascovare nuovi talenti. In 8 anni “Incipit Offresi” ha scoperto più di 60 nuovi autori, pubblicato 70 libri e coinvolto più di 10mila persone, 30 case editrici e più di 50 biblioteche e centri culturali. I partecipanti, in una sfida uno contro uno, avranno 60 secondi di tempo per leggere il proprio “incipit” o raccontare il proprio libro. Chi, secondo il giudizio del pubblico in sala, avrà ottenuto più voti, passerà alla fase successiva, dove avrà ancora 30 secondi di tempo per la lettura del proprio “incipit” prima del giudizio della “giuria tecnica” che assegnerà un voto da 0 a 10. Una volta designato il vincitore o la vincitrice di tappa, si aprirà il voto del pubblico per il secondo classificato. Chi otterrà più voti potrà partecipare alla gara di ballottaggio. I primi classificati di ogni tappa e gli eventuali ripescaggi potranno accedere alle semifinali per giocarsi la possibilità di approdare alla finale, in programma a giugno 2024.

I concorrenti primo e secondo classificato riceveranno rispettivamente un premio in denaro di 1.500 e 750 euro. Saranno inoltre messi in palio, fra tutti i partecipanti alla finale, il “Premio Italo Calvino”, “Indice dei Libri del Mese”, “Golem”, “Leone Verde”, “Circolo dei Lettori” ed eventuali altri premi assegnati dagli editori.

La partecipazione è gratuita e aperta agli scrittori, esordienti e non, maggiorenni, di tutte le nazionalità. I candidati dovranno presentare le prime righe della propria opera, l’“incipit”, appunto, per un massimo di mille battute con le quali catturare l’attenzione dei lettori e una descrizione dei contenuti dell’opera (massimo, 1.800 battute). L’“incipit”deve essere inedito (le opere autopubblicate sono parificate alle inedite poiché prive di regolare distribuzione). La gara si svolgerà in lingua italiana. La possibilità di partecipare alle tappe è garantita fino ad esaurimento dei posti disponibili.

Il “Premio Incipit” e il “campionato” sono dedicati alla memoria di Eugenio Pintore(Bonorva – Ss, 1956 – Gassino-To, 2019), uno dei massimi bibliofili e cultori dell’“arte bibliotecaria”, già direttore della Biblioteca di Settimo Torinese, dal 2003 dirigente della “Regione Piemonte” con l’incarico di riorganizzare tutta la rete dei sistemi bibliotecari e di dare avvio al “Sistema Bibliotecario Area Metropolitana” di Torino (con la partecipazione di circa settanta Comuni della prima e della seconda cintura torinese), fino al 2008 quando assunse l’incarico di Dirigente del “Settore Regionale Biblioteche, Archivi e Istituti Culturali”, con la responsabilità sul patrimonio archivistico, gli istituti della cultura e l’editoria. A lui si devono anche i progetti “Nati per leggere” e “Lingua Madre” ( introdotto al “Salone Internazionale del Libro” di Torino), nonché l’attuazione della “Legge per la Piccola Editoria piemontese”, tesa a favorire la promozione e la diffusione delle opere degli editori locali, anche attraverso il sostegno alle traduzioni e la loro partecipazione alle principali “Fiere” nazionali ed internazionali.

Per info: “Incipit Offresi”, tel. 339/5214819 owww.incipitoffresi.it

g.m.

Un torinese cura la mostra per il secolo di Jacovitti

Debutta al Maxxi di Roma la mostra dedicata a Jacovitti curata dal piemontese Dino Aloi.
Sarà visitabile fino a febbraio.
L’  allestimento è spettacolare,  un’esplosione di colori,un viaggio fantastico nel mondo dell’ umorismo e della satira, quella vera,quella sana ed irriverente.

Oltre 450 pezzi esposti nei 400  mq nella cittadella dell’ arte moderna romana.
Tavole originali, giornali, libri, fumetti, pubblicità provenienti dalla collezione personale della figlia Silvia, orgogliosamente concessa per mantenere alto il nome e il ricordo della penna del padre a cento anni dalla nascita ( 9.3.1923)
La mostra si sviluppa in un percorso a spirale con nove sezioni, dagli Esordi del 1939 ,alle uscite settimanali sul settimanale di satira  Il Brivido. Dalle storie di Cocco Bill per il Giorno, a Cocco Bill sui cartelloni  dei gelati Eldorado e in  Carosello. La pubblicità dell’ Esselunga che ne è anche sponsor. Decine e decine  di personaggi nati dalla  matita di Jaco che hanno accompagnato intere generazioni di raga zz, tutti ricordiamo il diario , per finire all’ard una satira a luci rosse, scostumata per i tempi.
L allestimento è talmente allegro e colorato che fa tornare tutti un po’ bambini, in un mondo di fantasia , leggerezza e consapevolezza.

GABRIELLA DAGHERO

Caterina Boratto, una bellezza altera, molto torinese

Ecco in anteprima la targa che la Città di Torino dedica all’attrice Caterina Boratto; verrà scoperta venerdì 27 ottobre, alle ore 11, in piazza Statuto, nell’aiuola, anch’essa dedicata a lei,  di fronte ai portici dell’ultimo tratto di via Garibaldi. 

La più eterea stella del cinema italiano, l’altera e sognante Caterina Boratto, torinese, classe 1915, nata in un edificio Liberty in corso Francia, è sempre stata una donna di una bellezza classica, di un’eleganza innata, altera, un pò malinconica, e con lo sguardo da regina; per il grande regista Federico Fellini, “una donna dalla regalità completa”. Dopo aver frequentato il liceo musicale, su segnalazione di Evelina Paoli, una delle maggiori attrici teatrali del primo Novecento, cliente della pellicceria della mamma, nel 1937 esordisce inaspettatamente a soli 22 anni nel cinema come protagonista del film “Vivere!” di Guido Brignone, nella parte della figlia del celebre tenore Tito Schipa. Un successo nazionale e internazionale che le spiana la strada per Hollywood, dove frequenta Joan Crawford, Lana Turner, Spencer Tracy, Judy Garland e persino il grande scrittore Francis Scott Fitzgerald. Ma il suo debutto viene continuamente rinviato. E come tutti i sogni, allo scoppio della guerra, dopo tre anni di lavoro preparatorio negli studios per il debutto, il sogno s’infrange e con un viaggio di ritorno per mare, durante il quale Caterina viene scambiata per una spia, a causa dei timbri tedeschi di Berlino dove era andata a presentare “Vivere!”, rientra in Italia, a Torino. Sposa nel 1944 Armando Ceratto, uomo della Resistenza che riunisce il  Comitato di Liberazione Nazionale nella sua clinica privata, la Sanatrix, una delle più importanti d’Europa per l’eccellenza di medici come Achille Mario Dogliotti, il chirurgo torinese dei casi disperati. E per circa una decina di anni la Boratto si ritira a vita privata e riprende a dare concerti come soprano. A ripescarla negli anni Sessanta è Federico Fellini che aveva  conosciuto nel 1943 sul set di “Campo de’ Fiori”, il film con Aldo Fabrizi e Anna Magnani, l’ultimo girato prima del suo lungo distacco dal mondo del cinema. L’incontro avviene a Roma, Fellini la nota casualmente per strada mentre lei sta uscendo da un grande magazzino in una traversa di via della Croce. Caterina su suggerimento del regista Guido Sacerdote indossa un grande cappello marrone perché a Roma nessuna donna portava il cappello. Fellini, la nota, la riconosce, si fermano a parlare e l’istinto, così spesso decisivo, lo porta a chiederle di interpretare la parte della misteriosa ed elegante signora che appare in più di una scena del capolavoro “8½”. Nel 1974 avviene il folgorante incontro con Pier Paolo Pasolini che vuole la Boratto a tutti i costi in “Salò, le 100 giornate di Sodoma”; si dedica diretta da Filippo Crivelli anche all’affascinante esperienza dell’Operetta; interpreta Madama Pace in “Questa sera si recita a soggetto” per la regia di Giuseppe Patroni Griffi; nel 1987 partecipa al film di Luciano De Crescenzo “32 dicembre” e nel 1990 arriva l’incontro con Gigi Proietti per la realizzazione della situation-comedy “Villa Arzilla”. Un periodo di grande allegria, serenità e spensieratezza per il suo ritorno a Torino, dove negli 800 metri dello Studio 1 del Centro di Produzione Rai di via Verdi, il regista ricostruisce quattro ambienti ed un salone dove gli arzilli, sorridenti e vivaci protagonisti, i grandi Ernesto Calindri, Giustino Durano, Marisa Merlini e Fiorenzo Fiorentini si incontrano e scontrano per il divertimento dei telespettatori. La Boratto è la Greta Garbo di “Villa Arzilla”, un’ex attrice che non abbandona mai i suoi atteggiamenti da Diva.

Igino Macagno  

 

Parlare d’arte al Castello di Rivoli

 

Un programma del Castello di Rivoli in collaborazione con Gallerie d’Italia – Torino
Da giovedì 26 ottobre 2023, ore 13-14
Gallerie d’Italia – Torino, Arena
Piazza San Carlo 156, Torino

Dopo il successo della prima edizione, dal 26 ottobre 2023 tornano i Lunch Talks @ GDI – Torino. Parlare d’Arte. Grandi artisti, grandi mostre, grandi temi, un nuovo programma di incontri a cura del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea in collaborazione con le Gallerie d’Italia – Torino.

Lunch Talks @ GDI – Torino. Parlare d’Arte. Grandi artisti, grandi mostre, grandi temi offre l’opportunità di avvicinarsi all’arte contemporanea. Con un’attenzione particolare alla fotografia, alla sua nascita ed evoluzione, e al rapporto che la lega indissolubilmente alle altre forme di arte, le tematiche che saranno affrontate durante questa edizione dei Lunch Talks sono l’occasione per conoscere le opere di alcuni tra i più importanti artisti contemporanei, approfondire mostre epocali che hanno ridefinito il concetto di arte, ed esplorare i nodi tematici che animano il dibattito culturale contemporaneo.

Gli incontri sono tenuti da Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore del Castello di Rivoli, Marcella Beccaria, Vice Direttore, Capo Curatore e Curatore delle Collezioni, e Marianna Vecellio, Curatore, che accompagneranno il pubblico in un affascinante viaggio nell’arte dei nostri giorni, condividendo le loro dirette esperienze e il loro continuo lavoro di ricerca.

I Lunch Talks propongono una nuova forma di “pausa pranzo”. Gli incontri avverranno, dalle ore 13 alle ore 14, negli spazi dell’Arena delle Gallerie d’Italia di Torino, in un ambiente rilassato e informale. I partecipanti riceveranno un lunch box a cura di Costardi Bros e potranno concludere l’esperienza con una visita alle mostre allestite alle Gallerie d’Italia di Torino.

Il programma è a cura del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea in collaborazione con Gallerie d’Italia – Torino.

Lunch Talks @ GDI – Torino
Parlare d’Arte.2
Grandi artisti, grandi mostre, grandi temi
a cura del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
in collaborazione con Gallerie d’Italia – Torino

26 OTTOBRE 2023 (h. 13-14)
Carolyn Christov-Bakargiev, Lee Miller e Artisti in guerra
Il lunch talk esamina le fotografie scattate da Lee Miller durante la Seconda Guerra Mondiale e presenta ulteriori artisti che hanno vissuto contesti bellici e che hanno decantato testimonianze anche fotografiche della guerra.

9 NOVEMBRE 2023 (h. 13-14)
Marcella Beccaria, Otobong Nkanga
L’incontro approfondisce l’arte di Otobong Nkanga e i modi in cui l’artista, a partire dai suoi primi lavori fotografici, affronta importanti tematiche quali lo sfruttamento delle risorse naturali e la distanza che in molti casi separa gli esseri umani dal pianeta che li ospita.

16 NOVEMBRE 2023 (h. 13-14)
Marianna Vecellio, Fabio Mauri
L’appuntamento è dedicato all’artista e intellettuale romano Fabio Mauri e approfondisce il suo rapporto con il cinema, e l’uso e il riuso di foto e film per raccontare la storia e la memoria dell’essere umano.

30 NOVEMBRE 2023 (h. 13-14)
Carolyn Christov-Bakargiev, Pensieri Atlantici sulla Biennale di São Paolo 2023
Pensieri Atlantici su Coreografie dell’impossibile, 35esima edizione della Biennale di São Paolo, a cura di Diane Lima, Grada Kilomba, Hélio Menezes e Manuel Borja-Villel e attualmente in corso. La storia e lo sviluppo dei punti di vista decoloniali da Okwui Enwezor a oggi.

7 DICEMBRE 2023 (h. 13-14)
Marianna Vecellio, Giuseppe Penone / Paolo Pellion di Persano, Jannis Kounellis / Claudio Abate, Giovanni Anselmo / Paolo Mussat Sartor e Marisa Merz / fotografi diversi. Per un’immagine della vita dell’arte, la fotografia nell’arte a cavallo fra gli anni sessanta e settanta
Il lunch talk affronta l’uso della fotografia nell’Arte povera, nell’Arte concettuale e nella Land art, a cavallo fra gli anni sessanta e settanta.

14 DICEMBRE 2023 (h. 13-14)
Marcella Beccaria, La luce nell’arte
Da Caravaggio in poi, un viaggio alla scoperta della luce nella storia dell’arte, senza dimenticare la nascita della fotografia quale originale forma di “scrittura di luce”.

Prenotazione obbligatoria: torino@gallerieditalia.com

Il costo dell’attività è di € 22 e include un lunch box a cura di Costardi Bros e il biglietto d’ingresso al museo.

‘Il respiro della musica’: l’Orchestra Polledro a Chieri

Sul podio il direttore stabile Federico Bisio

 

L’Orchestra Polledro integra i primi dieci anni di attività 2012-2022 con la rassegna 2023 dal titolo “Il respiro della musica “, con il patrocinio della Città di Chieri. Sul podio Federico Bisio, direttore stabile dell’Orchestra, primo oboe il maestro Carlo Romano, già primo oboe dell’Orchestra RAI, contrabbasso il maestro Davide Vittone dell’Orchestra des Champs Elysées e Balthasar Neumann Ensemble.

Nella sala della Conceria in via Conceria 2 a Chieri, alle 21 verrà eseguito venerdì 27 ottobre prossimo di Gioachino Rossini Il Barbiere di Siviglia nella versione per due oboi, due clarinetti, due fagotti, due corni, due trombe e il contrabbasso di Wenzel Sedlak (1776-1851).

L’età dell’oro dell’harmoniemusik iniziò a fiorire quando l’imperatore Giuseppe II d’Austria istituì un ensemble, la Kaiserlich-Konigliche Harmonie nel1782, che impiegava gli oboisti e arrangiatori Johann Nepomuk Wendt e Joseph Triebensee. Essendo musicisti del Teatro Nazionale e della Hofkapelle ebbero l’opportunità di scrivere gli arrangiamenti delle opere che stavano rappresentando. Le melodie operistiche venivano rapidamente arrangiate per concerti formali, eventi conviviali, banchetti e persino per ballare.

Un’attività che pare accomunare tutti i trascrittori di armonie era il loro coinvolgimento diretto come esecutori. Sedlak, abile clarinettista e ultimo importante arrangiatore di armonie, nato in Boemia nel 1776 e morto a Vienna nel 1851, fu autore di circa 70 arrangiamenti di opere liriche, opere sinfoniche e balletti.

Sedlak era anche un solista di clarinetto a Vienna e si esibiva con il suo quintetto di fiati Sedlatzek’s Harmonie-Quintette e c’è motivo di credere che l’ imperatore gli chiedesse di scrivere degli arrangiamenti per la Kaiserlich Konigliche Harmonie, soprattutto dopo la partenza di Went e di Triebensee intorno al 1800.

In questi periodo altamente produttivo Sedlak trascrisse non solo molte opere di Rossini, ma anche opere liriche, sinfoniche e balletti di Bellini, Donizetti, Mayerbeer, con Weber e altri.

MARA MARTELLOTTA