CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 134

Rock Jazz e dintorni a Torino: Edoardo Bennato e Giorgio Li Calzi

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Gli appuntamenti musicali della settimana

Lunedì. All’auditorium del Lingotto si esibisce Edoardo Bennato. Al Concordia di Venaria è di scena Willie Peyote.

Martedì. Allo Spazio 211 suonano i Protomartyr.

Mercoledì. Al Blah Blah è di scena Pierpaolo Capovilla con il violinista Nicola Manzan.

Giovedì. Al Circolo Sud si esibiscono i Pretty In Pink. All’Hiroshima Mon Amour è di scena Dub Fx. Al Concordia suonano gli Ex-Otago. Allo Ziggy si esibisce Marky Ramone. Al campus Einaudi il trombettista Giorgio Li Calzi sonorizza il documentario “La neuropatologia”. Al Cap 10100 suonano Millais Flowe Honey, Eden4all,Spore e zYp. Al Magazzino sul Po suonano gli Indianizer e Azmari. Al Comala rilettura della canzoni di Leonard Cohen eseguite da Cristina Meschia e Federico Sirianni. Al Folk Club tango argentino con Ezequiel Acosta ed Elbi Olalla.

Venerdì. Al Circolo Sud Matteo Castellani rende un tributo a Jannacci. Al Circolo della Musica di Rivoli è di scena Ermanno Giovanardi dei La Crus affiancato da Cecilia all’arpa. Al Folk Club si esibisce Cristiano Godano. Al Blah Blah è di scena Dalila Kayros. All’Hiroshima si esibisce il rapper Mecna. Allo Ziggy suona la violoncellista Jo Quail con Paul Beauchamp.

Sabato. Allo Ziggy suonano Stato d’Assedio e Fil di Ferro. Al Capodoglio suona il pianista Fabio Giachino con il trombettista Aki Himanen. Allo Spazio 211 sono di scena gli Okkervil River. Alò Folk Club flamenco con Jose Valencia voce e Juan Requena alla chitarra. Al Magazzino sul Po si esibisce Marta Del Grandi. Allo Juvarra è di scena l’Hot Swing Sextet per un gala “lindy hop”.

Pier Luigi Fuggetta

Dai lager alle Doc, le due vite di Paolo Desana

Presso la sede di via Maria Vittoria al Centro Pannunzio, dove “si ritrovano i titolari del proprio cervello” secondo il motto dello stesso Centro, è stato recentemente presentato il libro scritto da Andrea Desana dal titolo “Paolo Desana: la storia di due vite tra lager e vini DOC”.

L’evento, che si è svolto grazie alla disponibilità del Presidente professor Pier Franco Quaglieni, ha visto l’introduzione di Stefano Morelli e, a seguire, le presentazioni, ognuna per ogni vita del Senatore monferrino, ad opera dello storico dell’internamento e giornalista de La Stampa Andrea Parodi e, la seconda vita, del giornalista e scrittore Cristiano Bussola. Presente l’autore Andrea Desana, per la prima parte è stata presentata ed approfondita la grande vicenda storica, per più di settant’anni volutamente dimenticata dallo Stato e dalla storia, degli Internati Militari Italiani ( IMI ) ovvero ben 650 mila giovani militari italiani che dopo il nefasto armistizio dell”8 settembre del 1943 furono catturati e tradotti nei peggiori lager tedeschi dove purtroppo ben 55 mila di loro persero la vita. Cristiano Bussola e Andrea Desana hanno invece parlato della seconda vita di Paolo Desana che il 12 luglio del 1963 riuscì a far approvare al Senato della Repubblica la legge delle Doc vinicole italiane, ovvero il DPR 930. In sostanza la vita di Paolo Desana fu contraddistinta da due forti “NO”, il primo di resistenza nei lager nei confronti del nazifascismo e del lavoro coatto imposto dagli aguzzini e il secondo “NO” contri i vini adulterati e generici privi di ogni garanzia di origine geografica e di salubrità per il consumatore. Oggi le 408 Doc vinicole attive sul mercato, i 123 Consorzi di tutela attualmente operanti sui numerosi territori vocati della nostra penisola e i 15 milioni di enoturisti che ogni anno visitano le italiche cantine sono la prova che la strada della DOC era quella giusta non solo per il mondo della produzione vinicola ma per lo sviluppo economico e turistico di numerosi territori italiani. Al termine hanno rivolto domande all’autore e svolto importanti considerazioni Salvatore Vullo sull’operato vinicolo di Paolo Desana e sulla importante strada che ha saputo tracciare e Antonella Bartolo Colaleo anch’essa autrice di un prezioso libro sull’internamento militare “Matite sbriciolate”.

Da sinistra: Bussola, Parodi, Desana

Una domenica con Lelio Luttazzi

Domenica 12 novembre il quartetto “Voci di Corridoio” si esibirà di nuovo insieme per il Maestro Lelio Luttazzi, in occasione del concerto per il Centenario del grande artista triestino, musicista, direttore d’orchestra, pianista e tanto altro…

 

All’Auditorium della Rai di via Rossini, alle ore 18, per il Moncalieri Jazz Festival 2023, il soprano Roberto Bacciolo, il contralto Elena Bacciolo, il tenore Paolo Mosele e il basso Fulvio Albertin, ovvero le “Voci di Corridoio” saranno i protagonisti, insieme all’Orchestra Sinfonica della Rai diretta da Steven Mercurio, a Fabrizio Bosso, Nico Gori e una house band formata da ottimi musicisti piemontesi, dello spettacolo “Studio uno – il mondo di Lelio”, un ricordo dell’eclettico artista che si è affermato per oltre 50 anni in Italia nei diversi campi dello spettacolo e della cultura. Una carriera che ha percorso la storia della radio, della televisione, del cinema e della letteratura. Ma prima di tutto veniva il suo amato, inconfondibile e personale jazz. Di questo genere musicale Luttazzi è stato il pioniere in Italia e sicuramente il primo musicista ad utilizzarlo nelle produzioni cinematografiche. Nato il 27 aprile 1923, inizia come autore e direttore d’orchestra alla radio e nel 1950 a Torino dirige l’Orchestra della Rai, inventando uno stile nuovo per il nostro paese: l’Orchestra d’archi ritmica. Presenta i più importanti e seguiti programmi radiofonici e televisivi come “Studio Uno”, “Doppia coppia” ma il suo più grande successo ed il più ricordato è la “Hit Parade”, alla radio, che conduce dal 1967 per un decennio, ogni venerdì, in diretta da via Asiago in Roma. Tra i tantissimi premi ricevuti quello certamente più amato, come ricorda sempre la moglie Rossana Luttazzi che sarà presente al concerto e che segue da anni la Fondazione ed il Premio a lui dedicato, è stato nel 1991 il San Giusto d’Oro, il prestigioso riconoscimento dei cronisti giuliani. La motivazione: riconosciuta nella sua arte la vera anima di Trieste.
Igino Macagno

Santi Francesi a “Sanremo Giovani”

Subito dopo aver partecipato quest’oggi alla cerimonia di apertura degli Apt Torino 2023 in piazza d’Armi, dove hanno regalato una breve performance a tutti i fan dopo i saluti istituzionali, piemontesissimi Santi Francesi, hanno appreso dall’annuncio ufficiale del direttore artistico Amadeus, della loro partecipazione a “Sanremo Giovani”. Il duo musicale di Ivrea composto da Alessandro De Santis (voce e chitarra) e Mario Francese (tastiere e producer), già vincitore di X Factor nel 2022, è tra gli 8 finalisti che prenderanno parte alla serata di Sanremo Giovani 2023, in onda dal Teatro del Casinò di Sanremo, martedì 19 dicembre, in prima serata su Rai1, Radio2 e in streaming su Raiplay. Gli altri artisti che hanno superato le audizioni, svoltesi nei giorni scorsi, dal vivo, nella storica sede della Radiofonia di via Asiago in Roma e che si aggiungeranno ai 4 cantanti provenienti da Area Sanremo sono: Bnkr 44, Clara, Grenbaud, Lor3n, Jacopo Sol, Tancredi e Vale LP. Il 19 dicembre in 12 si contenderanno tre posti tra i Big in gara al Festival di Sanremo che si svolgerà dal 6 al 10 febbraio 2024. Il titolo del brano in gara dei giovanissimi Santi Francesi, anno di nascita 1997, è: “Occhi tristi”.                           Igino Macagno

San Martino trionfa con El Greco

L’11 novembre si festeggia San Martino, un Santo venerato dalle chiese cattolica, ortodossa e copta. Patrono di mendicanti, albergatori e cavalieri, è diventato famoso per l’episodio del mantello. Secondo la tradizione popolare, il Santo vedendo un mendicante seminudo soffrire il freddo durante un temporale gli donò metà del suo mantello e poco dopo fece la stessa cosa con un altro poveraccio offrendogli l’altra metà del manto e subito il cielo si rasserenò e la temperatura si alzò. È da questa leggenda che deriva l’espressione “l’estate di San Martino” che indica un periodo in cui in autunno, dopo le prime gelate, le temperature diventano più miti con belle giornate di sole e un clima gradevole. Quest’anno San Martino di Tours trionfa nel celebre dipinto di El Greco in mostra al Palazzo Reale di Milano nell’esposizione dedicata al pittore cretese del Rinascimento, fino all’11 febbraio 2024. El Greco dipinse “San Martino e il mendicante” a Toledo alla fine del Cinquecento. L’opera è conservata alla National Gallery of Art di Washington.  FR

Asti, la città dalla storia millenaria

A cura di piemonteitalia.eu

Adagiata sulla riva del Tanaro e sulle colline del Monferrato, Asti è una cittadina piemontese che, oltre ai suoi eccellenti vini e prodotti enogastronimici, offre ai visitatori tante sorprese, che andrebbero gustate con calma.

La città vanta una storia millenaria, fondata inizialmente dai romani, nel IV secolo divenne ducato longobardo, almeno fino al 1159, quando si trasformò in un Comune libero, diventando, da questo momento in poi, la città più potente del Piemonte…

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https://www.piemonteitalia.eu/it/esperienze/asti-la-citta-dalla-storia-millenaria

Lovisolo, “Michele lascia il segno”

Ritornano alla “TeArt” di Torino i sogni e le fantasie, cariche di colore, di Michele Lovisolo

Fino al 22 novembre

Milani! Il piacere strabordante dell’incontro. E a seguire l’immancabile (guai non ci fosse!) abbraccio. Quello suo. L’abbraccio di Michele. L’abbraccio di Michi. Timido e potente, a un tempo. Carico di tutto il bene e l’affetto di questo mondo. Sono passati alcuni anni dal nostro ultimo incontro. In mezzo vicende anche poco piacevoli, che Michi pare aver metabolizzato. Lo incontro, insieme al suo “grande” papà Davide, all’ingresso dell’Associazione Artistico-Culturale “TeArt”di via Giotto, a Torino. Qui Michele Lovisoloespone per la terza volta, dopo “Scintille di emozioni” (2012) e “Narrare con i colori”(2019). L’attuale rassegna ha per titolo “Michele lascia il segno”. Titolo quanto mai azzeccato, perché Michi “lascia sempre il segno”. E non solo attraverso i suoi dipinti, ma nella quotidianità di una vita che è puro inno al candore dei sentimenti e forte argine di difesa contro le brutalità del mondo.

 

Oggi Michele ha 41 anni. Trent’anni fa (quanto sono vecchio!) è stato mio allievo alla mitica media “Pascoli” di piazza Bernini, ex “Educatorio Duchessa Isabella” e, dal 2015, sede dell’“Ufficio Pio Compagnia di San Paolo”. Presenza indimenticabile – e indimenticata – la sua. Già allora amava disegnare. Creare forme fantastiche, “pasticciare” in piena libertà con i colori. Credo, senza peccare di immodestia, che quei tre anni trascorsi alla scuola di piazza Bernini (leggendaria preside, la Mariolina Bertinetti e il Pippo Leocata, oggi artista di meritata notorietà, capace di instillare a fondo i germi buoni della “creatività” nei nostri ragazzi) abbiano dato tanto a Michi. Ma Michi, soprattutto, ha dato tanto a tutti noi che gli stavamo intorno. Ai suoi prof., alle sue compagne e ai suoi compagni di classe. E alla scuola tutta. Perché Michele era allora presenza importante in ogni attività (non solo di classe) per tutti i “pascoliani”. “Lasciava il segno”, e ben profondo, per riprendere il titolo della sua attuale mostra alla “TeArt”. Qui, in via Giotto, presenta fino a mercoledì 22 novembre, una ventina di opere, alcune realizzate negli ultimi anni e altre di recente composizione.  Varie le tecniche: oli, tempere, acquerelli e interessantissimi collages. Dietro tutte, gli insegnamenti ormai ventennali impartitigli dalla brava Anna Maria Borgna (suo autentico “Angelo custode” artistico) nell’atelier di via Belfiore, condiviso dalla pittrice con il compagno (di vita e d’arte) Mario Bianco. “La mia presenza amichevole – sottolinea Anna Maria Borgna – è quella di stimolare la curiosità di Michi verso nuove possibilità tecniche, materiali e strumenti a disposizione, di aiutarlo nelle scelte, facendo sempre un passo indietro per permettergli di esprimersi con la maggiore libertà possibile. Ad ogni incontro nell’atelier uno accanto all’altra, siamo alleati, complici e giocosi nella ricerca di una nuova scoperta. Perché a Michele piace molto scherzare, ma al momento buono si abbandona al piacere della pennellata che stende, che sovrappone, che lavora con vari e imprevedibili interventi fino a quando non è soddisfatto”.

Paesaggi, nature morte, ritratti femminili: la base su cui Michi si cimenta è sicuramente figurativa e, giustamente, scolastica, anche se in parete non mancano composizioni astratte, libere nell’ideazione dell’impianto segnico e nella stratificazione, spesso vorticosa (senza vincolo alcuno) del colore. Sono i “fuori gioco” di un piccolo grande artista che non riesce, nei momenti di migliore creatività, a trattenere la fantasia o il gusto esuberante del colore, di una matericità cromatica, in alcune pagine paesistiche soprattutto, tipicamente e piacevolmente espressionista. E qui Michele è il Michele che “parla ad alta voce”. Sicuro e contento di sé. Che si rivolge a noi a cuore aperto. Divertito. Appagato. Permettendosi anche dotte “citazioni”. Omaggi a Picasso, a Manzù, a Goya ma soprattutto al trasognato Mirò. Al surreale, eclettico, immaginario artistico del Maestro spagnolo, affascinato da quel suo prepotente “automatismo psichico” che a Mirò faceva trascrivere in pittura i propri pensieri, i propri voli onirici, “senza il filtro della ragione”. E Michele senta sua questa strada, praticandola con risultati pittorici di indubbia piacevolezza.

Dice ancora, in proposito, Anna Maria Borgna: “Michele negli anni è divenuto più audace e disposto alle novità, più autonomo nelle scelte, e questa è una meta importante, quanto il suo benessere e piacere nell’atto di dipingere. E potersi poi specchiare nella sua opera finita. Sono tante e svariate le sue opere finora … e quante nuove ci aspettano!”. Un augurio che facciamo nostro. Al prossimo abbraccio, caro Michele. Al prossimo “tuo” abbraccio. Timido e potente. Carico di tutto il bene e l’affetto di questo mondo.

Gianni Milani

“Michele lascia il segno”

Associazione Artistico-Culturale “TeArt”, via Giotto 14, Torino; tel. 011/6966422 o www.teart.associazione@gmail.com

Fino al 22 novembre

Orari: dal mart. al sab. 17/19

Nelle foto: “Omaggio a Mirò”, “Collages”, “Da Manzù, omaggio a Picasso”, “Paesaggio”

Il Peninsulario ligure di Magliani

 

Marino Magliani è l’autore di Peninsulario, raccolta di racconti pubblicata dalle edizioni Italo Svevo.

Nato nel 1960 a Dolcedo, in provincia di Imperia, dopo aver trascorso gran parte della vita all’estero, divide la vita tra la sua Liguria e la costa olandese, dove scrive e traduce. I suoi ultimi lavori sono stati Prima che te lo dicano altri (Chiarelettere, 2018) e Il cannocchiale del tenente Dumont (L’Orma, 2021), incluso tra i candidati al Premio Strega 2022. Per Magliani e il suo Peninsulario, così come accadde per Nico Orengo, il paesaggio dell’anima dove sono racchiusi i ricordi e i più intimi sentimenti è quello del Ponente ligure, una lunga lingua di terra stretta tra il mare e le montagne che si estende a ovest di Genova fino al confine con la Francia. Un orizzonte geografico che diventa uno dei protagonisti delle vicende narrate da Magliani dove le valli diventano fenditure, microcosmi, vere e proprie penisole. In questa raccolta il lettore è accompagnato, attraverso una narrazione spesso ironica che ricorda, come sostiene Filippo Tuena nella prefazione, la prosa visionari di Italo Calvino e delle sue Città invisibili. Dai vitelloni di balera del primo racconto ( “Manico”) che scendono dalla valle Argentina e dalle località dell’interno a Taggia, a caccia di turiste con un aplomb del tutto particolare fino alla valle percorsa dalle acque del Roia che scende dalle alture austere delle Alpi Marittime fino alla foce di Ventimiglia con la strana coppia del poliziotto Zanellu e dello spacciatore Pantera nel racconto “La quota della frontiera”, complici per momentanea  necessità, nonostante i rispettivi ruoli siano contrari e opposti. C’è forse una lieve concessione a fugaci cenni autobiografici ne “L’uomo veloce” dove s’intrecciano le strade del grande editore milanese e dello scrittore ligure che ha passato gran parte della sua esistenza all’estero. Ne “Il muro di Jantje” è un olandese il protagonista del ripristino di una protezione franata in una delle valli più corte, la Val Prino dai dolci declivi, le colline terrazzate  di ulivi e vigne, i boschi di roveri e piccoli borghi alle spalle di Porto Maurizio. Una terra che Magliani conosce benissimo, raccontandola con passione usando la metafora del muro per soffermarsi  sulla Liguria pietrosa e severa dell’entroterra, dove i protagonisti – come si legge nel libro – non sono mai i turisti estivi o di un breve fine settimana ma “coloro che rimangono in ogni stagione, che vivono di solitudini a volte, spesso di nostalgie, ma soprattutto di ossessioni”. A ogni racconto, compreso “Il cuculo”, quinto e ultimo della raccolta che narra del postino di Sorba, un tale Umbertin che tra i muretti a secco e le distese di taggiasca della valle Impero chiamavano semplicemente l’U da Posta, corrispondono realtà più o meno sperdute della West Coast del ponente ligure. E’ in quelle terre che i tanti Orfeo, Gregorio, Secondo, Adele  diventano protagonisti alla pari dell’ambiente che li circonda. Sono i loro misteri, la quotidianità di un mondo che tende a non mutare e l’inconfessabile desiderio di guardare oltre, il detto e il non detto, le tradizioni che resistono ai cambiamenti e le abitudini che si dividono tra virtù e vizi, i paesi di pietra e l’aria salmastra che sale dal mare, le vecchie bocciofile e le bottiglie stappate di Pigato e Rossese, Vermentino e Ormeasco che accompagnano pagina dopo pagina in questa terra variegata, capace di stupire con le sue misteriose “penisole”.

Marco Travaglini

Stay with Me. La montagna come spazio di risonanza

 

 

Fino al 31 marzo 2024, una trilogia video e un’installazione audio-visiva site specific, firmate da Magda Drozd e Michael Höpfner, invitano a scoprire la montagna oltre ciò che è noto e razionale. La mostra è il punto di partenza di un progetto lungo un anno incentrata sul concetto di cammino.

Martedì 31 ottobre, Torino – Il Museo Nazionale della Montagna non manca all’appuntamento con la Torino Art Week di Torino e inaugura oggi Stay with Me. La montagna come spazio di risonanza, a cura di Andrea Lerda. Un progetto immersivo ed emozionale che parte dal cammino come strumento di ricerca e osservazione, praticato dalla sound artist svizzera Magda Drozd e dal walking artist austriaco Michael Höpfner, per esplorare la dimensione fisica e mentale dello “stare” nell’ambiente montano come momento di scambio emotivo tra genere umano e natura. 

 

La mostra è allestita nello spazio dedicato alle mostre temporanee ed è costituita da una trilogia video e un’installazione audiovisiva, appositamente prodotte per questo progetto. Sono state ispirate dalle camminate di Höpfner sulle Alpi e dalle registrazioni dei suoni nei territori tra Italia e Francia da parte di Drozd. Utilizzando riferimenti visivi e poetici, la narrazione invita a riscoprire spazi di lentezza, armonia e consapevolezza. Un’esperienza emozionante, che tocca le corde più profonde dell’animo umano e che propone di guardare al territorio montano non più in modo contemplativo, ma da una prospettiva di astrazione. Il risultato è un racconto visivo e sonoro dal carattere concettuale, che affascina per la sua delicatezza e per il suo invito ad andare oltre la conoscenza razionale e ad abbandonarsi alle emozioni. 

 

«L’esperienza della mostra invita gli spettatori ad accedere a una dimensione metafisica profonda, in cui essenzialità, attenzione e disincanto sono prerequisiti fondamentali per un modo diverso di vivere il tempo presente» spiega il curatore Andrea Lerda.

 

La mostra è il primo passo di un progetto ambizioso, Stay with Me. A Whole Growing Exhibition, nato nel quadro dei festeggiamenti per i 150 anni dalla fondazione del Museo Nazionale della Montagna, che cadono nel 2024. «Un traguardo importante, che, nell’ambito del Programma Sostenibilità e del Programma di Arte Contemporanea, verrà celebrato attraverso un palinsesto artistico e multidisciplinare incentrato sul tema del cammino» dice la direttrice Daniela Berta.

 

Il tema sarà analizzato da una prospettiva multifocale, con una serie di appuntamenti pubblici come panel, workshop ed eventi artistici, tra la fine del 2023 e durante il 2024, grazie al sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo. Nelle indagini di ricerca saranno coinvolte figure creative attive a Torino, in Piemonte, a livello italiano e internazionale e istituzioni storiche come l’Accademia Albertina di Belle Arti. I lavori confluiranno poi in una mostra dal titolo A Walking Mountain, che sarà presentata a novembre 2024, in occasione della settimana dell’arte contemporanea a Torino.

 

Il primo talk del progetto, Stay with Me – An opening panel with breakfast, si terrà al Museomontagna venerdì 3 novembre alle ore 11 ed esplorerà i temi della risonanza, del cammino e della relazione psico-fisica con la montagna. Interverranno gli artisti Michael Höpfner e Magda Drozd in dialogo con Paolo Costa, filosofo, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler di Trento e autore del libro L’arte dell’essenziale, Andrea Lerda, curatore della mostra, assieme alla direttrice del Museomontagna, Daniela Berta. Il talk sarà preceduto da una colazione offerta ai partecipanti alle 10.30.

 

Sabato 2 dicembre 2023 dalle 15 alle 18 è previsto Walk with Me – Walk Discover Share, un pomeriggio di ricerca rivolta al pubblico e alla comunità artistica, in collaborazione con l’Associazione Va’ Sentiero e incentrato sul cammino come pratica condivisa. L’Associazione presenterà la ricerca fotografica del lungo viaggio compiuto nel 2019 lungo il Sentiero Italia CAI. Condivisione, circolarità e sostenibilità saranno analizzati con il coinvolgimento diretto delle comunità che abitano le Terre Alte. 

 

Il 26 e 27 gennaio 2024, l’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino e il Museomontagna ospiteranno Walkscapes, due giorni di studio sul tema del cammino. Nella prima giornata, dalle 10.30 alle 16.30 presso l’Auditorium dell’Accademia è previsto un workshop con la partecipazione di artisti che operano in Piemonte, tra cui Marzia Migliora, Bepi Ghiotti, Caretto I Spagna e sulla scena italiana come Giorgio Andreotta Calò, Claudia Losi e Antonio Rovaldi.
Sabato 27 gennaio alle 16 presso il Museomontagna Hamish Fulton e Michael Höpfner dialogheranno con Andrea Lerda intorno alla pratica della Walking Art.

 

In collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, sabato 23 e domenica 24 marzo 2024 si terranno due giornate in compagnia dell’artista Luana Wojaczek Perilli, con camminate nel Bosco del Monte dei Cappuccini e nella Riserva della Biosfera Collina Po, laboratori di ceramica e contestualmente incontri e interviste con le comunità dell’Appennino per approfondire il progetto Cantalamissa di mappatura dell’Appennino e delle sue comunità montane.

 

Ad arricchire il calendario di appuntamenti, un ciclo di laboratori educativi e visite didattiche a tema “Suoni ed emozioni” e “Nel mezzo del cammino”.

 

Tutti i materiali raccolti durante gli eventi in programma saranno poi rielaborati per essere inseriti nel catalogo della già citata mostra finale A Walking Mountain

 

Stay with Me è realizzato con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo, Phileas Foundation di Vienna, Federal Ministry for Arts, Culture, the Civil Service and Sport (Austria), Kultur Niederösterreich (Austria), Pro Helvetia, Fondazione svizzera per la cultura, Fondazione Elisabeth Jenny-Stiftung (Riehen), Regione Piemonte e Camera di Commercio di Torino.

 

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STAY WITH ME 

Magda Drozd
Michael Höpfner
La montagna come spazio di risonanza

 

Museo Nazionale della Montagna – Piazzale Monte dei Cappuccini 7, Torino

 

Inaugurazione: 31 ottobre ore 18
Date di mostra: Dal 1 novembre al 31 marzo 2024

Orari: da martedì a venerdì, 10.30-18 I Sabato e domenica: 10-18

 

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Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” – CAI Torino

Piazzale Monte dei Cappuccini 7 – 10131 Torino

+39 011 6604104 – posta@museomontagna.org

 

Ivo Andrić e il piccolo Caffè di Lutvo

E’ verde, la Bosnia. Boschi, vallate, montagne e fiumi sono le gemme  di una natura sfacciatamente bella da suscitare quasi imbarazzo. Fiumi limpidi che corrono nelle gole  tra monti aspri per poi precipitare in spettacolari cascate e laghi. Come l’Una, un fiume che – s’intuisce dal nome stesso – è davvero unico con le sue isole, i canali e una vegetazione tanto ricca da trasmettere un senso di pace incredibile. Delle cascate di Kravica, lungo il fiume Trebižat, a quaranta chilometri da Mostar,  dicono un gran bene. Io non le ho viste ma mi sono fidato di Mustafà che me le ha descritte  come uno dei luoghi più incantevoli dell’Erzegovina. In una versione ridotta di quelle del Niagara, sono alte una trentina di metri e precipitano in un anfiteatro naturale, offrendo uno spettacolo che lascia senza fiato. E la Neretva, dalle gelide acque verdi smeraldo, che attraversa il paese tra strette gole verso nord-ovest per poi piegare a sud, attraversare Mostar e sfociare nell’Adriatico?

Qui, tra le montagne del nord della Bosnia, tra rupi e fitte foreste dove  gli orsi convivono con cervi e daini, dal gennaio all’aprile del 1943 si combatté la durissima battaglia della Neretva, con le formazioni di Tito che riuscirono , con una rocambolesca e geniale azione a compiere una  ritirata strategica che fece  fallire l’obiettivo dell’Asse di accerchiare e distruggere le forze partigiane. Neretva ( così in serbo-croato, altrimenti conosciuta come Narenta) “dove scorre il tempo irreale e scorre l’acqua. Acqua contro Terra. Tremante svanisce, tremante riappare”, come canta Ginevra Di Marco in una canzone dal titolo come il nome del fiume. Montagne massicce, dunque, formate dalle tre cinture parallele delle alpi Dinariche, con le principali vette bosniache della Treskavica e della Bjelašnica, del gruppo del Vlašić fino a quello del Jahorina, con l’omonimo monte e quelli bellissimi e tristemente noti del Trebević e dell’Igman, attorno a Sarajevo. Queste barriere naturali, situate a ridosso dell’Adriatico, hanno consentito la formazione di particolari microclimi caratterizzati da una grande, straordinaria biodiversità. Difficile dar conto della varietà di tesori naturali, di specie rare  di flora e fauna autoctone, difficilmente rintracciabili nel resto d’Europa. Per tanti aspetti la Bosnia è il corno dell’abbondanza, la cornucopia  d’Europa. Come definireste altrimenti  un paese di foreste e monasteri ortodossi, di chiese cristiane e antichi minareti, borghi medievali e tanti, tanti ponti ad unire e far incontrare le opposte rive dei fiumi? Un paese così non si trova in nessuna altra parte d’Europa. Nonostante tutto. Nonostante le contraddizioni e la violenza che l’ha scosso fino nel profondo dell’anima del suo popolo. Nonostante tutto continua a offrirsi agli sguardi di chi non si limita ai luoghi comuni e continua a raccontare con la sua immensa storia e di cultura. Nonostante tutto, come gli avventori del piccolo Caffè di Lutvo, a Travnik. Nel suo “La cronaca di Travnik”, Ivo Andrić scriveva: “ In fondo al mercato di Travnik, sotto la sorgente fresca e gorgogliante del fiume Šumeć, è sempre esistito, da che mondo è mondo, il piccolo Caffè di Lutvo. Ormai neanche gli anziani ricordano Lutvo, il suo proprietario; da almeno cento anni egli riposa in uno dei cimiteri intorno alla città. Tuttavia si va sempre a “prendere un caffè da Lutvo”, e così ancora oggi il suo nome ricorre spesso nelle conversazioni, mentre quello di tanti sultani, visir e bey è da tempo sepolto nell’oblio”. C’è una frase che descrive bene la sensazione che prova un viaggiatore attento nell’avvicinarsi ad un luogo d’incontro di storie, culture che si uniscono, si contaminano e, al tempo stesso, prendono strade diverse o addirittura opposte. Un luogo molto bello ma non facile  e che, in ogni caso, non lascia indifferenti. La frase, quasi fosse una chiave con cui tentare di aprire una porta o un  forziere, senza peraltro riuscirvi,  la regala ancora l’autore de “Il ponte sulla Drina”: “Nessuno può immaginare che cosa significhi nascere e vivere al confine fra due mondi, conoscerli e comprenderli ambedue e non poter fare nulla per riavvicinarli, amarli entrambi e oscillare fra l’uno e l’altro per tutta la vita, avere due patrie e non averne nessuna, essere di casa dovunque e rimanere estraneo a tutti, in una parola, vivere crocefisso ed essere carnefice e vittima nello stesso tempo”.

Marco Travaglini