CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 133

Centenario: “I mondi di Mario Lattes”

Si chiudono con un convegno e un docufilm, al “Teatro Comunale” di Monforte d’Alba, le tante iniziative organizzate per i cento anni dalla nascita del grande artista e intellettuale torinese

Sabato 18 novembre, ore 17,30

Monforte d’Alba (Cuneo)

Due mostre, un volume monografico (edito da “Silvana Editoriale”, a cura di Vincenzo Gatti e Alice Pierobon, con un saggio critico di Claudio Strinati) e vari incontri tesi a mettere in luce quali e quante fossero le diverse “anime” dell’eclettico artista e intellettuale torinese: a Mario Lattes, nel centenario della nascita (Torino, 1923 – 2001), la “Fondazione Bottari Lattes” (a lui titolata e nata nel 2009 a Monforte d’Alba per volontà della moglie Caterina Bottari Lattes) ha dedicato, nel corso dell’anno che volge al termine, svariati e importanti iniziative facendo alta memoria di una fra le figure culturali di maggior spicco del secondo dopoguerra nel campo dell’arte, dell’editoria e della letteratura. Un ricco calendario, su cui tutta la “Fondazione” di Monforte e la sua presidente, Caterina Bottari Lattes, hanno dato atto di un grande, appassionato impegno, meritevole appieno del successo ottenuto e che oggi vede avvicinarsi, con il nuovo anno in arrivo, il traguardo finale. L’ultimo appuntamento in calendario è, infatti, in programma per sabato 18 novembre (ore 17,30) al “Teatro Comunale” di Monforte d’Alba, in via della Chiesa, 3. Sul palco, a ricordare la figura di Mario Lattes in tutte le sue molteplici sfaccettature, saranno Mariarosa Masoero, docente di “Letteratura Italiana” all’Ateneo torinese, e Vincenzo Gatti, storico curatore delle mostre realizzate dalla “Fondazione Bottari Lattes”. A coordinare gli interventi sarà il professore albese Valter Boggione, anche lui docente di “Letteratura Italiana” all’Università di Torino.

L’ingresso all’incontro è libero, fino ad esaurimento posti.

L’evento costituisce anche l’occasione per proiettare, per la prima volta in pubblico, il docufilm “Lavorare non è esatto”, realizzato da Federico e Claudio Strinati (fondatori nel 2015 a Roma della “Società Dialogues”, dedicata alla divulgazione culturale di alto livello, alla produzione ed alla curatela di Mostre Nazionali ed Internazionali, alla progettazione e realizzazione di audiovisivi, opere editoriali ed allestimenti museali permanenti e temporanei) in cui si raccontano le “ramificazioni” della personalità di Mario Lattes artista e politico, “immerso in una dimensione poetica e introspettiva altrettanto forte rispetto a quella pubblica dell’editore, dell’organizzatore culturale, dell’autore di quadri e incisioni”. L’opera, impreziosita dalle interviste degli studiosi della sua produzione e di chi lo ha conosciuto, è stata proposta già la scorsa primavera, nell’ambito della mostra tenutasi alla “Reggia di Venaria” dal titolo “Mario Lattes. Teatri della memoria”.

Ricordiamo ancora che, attualmente, è in corso nella sede della “Fondazione Bottari Lattes” a Monforte d’Alba (via G. Marconi, 16), la mostra “I mondi di Mario Lattes #2”, che presenta in totale oltre quaranta opere realizzate dall’autore, alcune delle quali recenti acquisizioni e raramente esposte in pubblico. La mostra è visitabile fino al 3 dicembre, dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13, e sabato e domenica dalle 11 alle 16,30. Ingresso gratuito.

Per ulteriori info: “Fondazione Bottari Lattes”, via G. Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it

  1. m.

Nelle foto:

–       Mario Lattes: “L’incendio del Regio”, olio su carta intelata, 1983

–       Mario Lattes

–       Mario Lattes: “Nudo”, tecnica mista su carta intelata, 1991

Luciano Del Sette, fondo e archivio alla Fondazione Amendola

 

“Una terra dove il tempo non vola” è il titolo dell’incontro nel corso del quale alla Fondazione Giorgio Amendola verrà presentato il nuovo fondo e il nuovo archivio dedicato a Luciano Del Sette, giornalista, scrittore e intellettuale scomparso nel 2021 a causa del Covid 19.

L’appuntamento sarà per giovedì 16 novembre alle 18.30 presso i locali di via Tollegno 52 a Torino, sede della Fondazione Amendola. Qui verrà presentato il nuovo fondo e archivio dedicato a Luciano De Sette, archivio che conserva materiale fotografico, testuale e multimediale in buona parte inedito e sarà visitabile tutti i giorni dal lunedì al venerdì in orario 9.30-12.30, 15.30/19.30 e le mattine del sabato ( 9.30-12.30)

Durante l’incontro di giovedì verrà approfondita la sua figura di intellettuale, militante e autore, ma si conoscerà anche meglio la dimensione umana e personale di Luciano Del Sette, senza tralasciare il suo alter ego chansonnier Puccio Smith.

Luciano Del Sette era una voce originale e libera, storica firma del Manifesto e voce di Radio Tre; è stato un uomo di cultura nel senso più profondo, ampio e vero del termine. Con il fondo, con l’archivio e l’appuntamento di giovedì prossimo la Fondazione Amendola e la compagna di Luciano De Sette, Roberta Vozza, desiderano ricordare e far meglio conoscere la figura del “Leone dalla rossa criniera”.

Il Museo del Cinema presenta il podcast originale CITIZEN ROSI

 STORIA DI UN REGISTA SCOMODO

 

Dal 15 novembre 2023 su tutte le principali piattaforme audio e su InTO Cinema

Dopo il grande successo della mostra Le mani sulla verità. 100 anni di Francesco Rosi realizzata nel 2022 al piano di accoglienza della Mole Antonelliana e dedicata alla straordinaria opera del regista in occasione dei cento anni dalla nascita, il Museo Nazionale del Cinema presenta il suo primo podcast originaleCITIZEN ROSI – STORIA DI UN REGISTA SCOMODO.

Realizzato con il supporto del Ministero delle politiche giovanili, prodotto da Genio Media e scritto da Camilla Maino e Silvia Baldetti, a partire dal 15 novembre 2023 (giorno del 101° compleanno di Rosi) il podcast sarà reso disponibile gratuitamente su tutte le principali piattaforme audio e su InTO Cinema, il portale che rende disponibili on-line le attività e i contenuti del Museo Nazionale del Cinema.

Composto di 6 puntate da 30 minuti ciascuna, il podcast espande i contenuti della mostra, curata da Domenico De Gaetano, Direttore del Museo, e dall’attrice Carolina Rosi, figlia del regista, integrandoli con interviste e contributi di ospiti d’eccezione come Maura GancitanoEmiliano Morreale e Umberto Mosca.

“Con questo podcast vogliamo rendere omaggio al grande ruolo che Francesco Rosi ha avuto nella storia del cinema – sottolineano Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, rispettivamente presidente e direttore del Museo Nazionale del Cinema – con l’intento di presentare un contenuto audio di approfondimento che possa coinvolgere anche un pubblico giovane, avvicinandolo alla contemporaneità della visione cinematografica e dell’impegno civile di Rosi, attraverso un medium che offre maggiore immediatezza e familiarità alle nuove generazioni”.

“La realizzazione di questo podcast, costruito con entusiasmo e rigore, mi rende davvero felice perché attraverso questo mezzo che riesce a raggiungere le nuove generazioni, viene narrata la storia umana ed artistica di Francesco Rosi – racconta Carolina Rosi, attrice e figlia del regista. Mio padre credeva nei ragazzi e nella capacità di un film di poterli supportare nella conoscenza dell’arte e della storia del Paese. <<Il modo di vedere la vita di un regista è nei suoi film – ribadiva – è lì che esprime il suo rapporto con il mondo, con le idee e con gli uomini. È lì che si può riconoscere il suo contributo a una società nella quale abbiano un ruolo preminente valori come la libertà, la giustizia, la morale, la bellezza>>.”

Ad accompagnare l’ascoltatore alla scoperta di aneddoti, curiosità e ricordi personali, le voci di Valeria ParrellaArtem, Francesco Di Leva e Marco D’Amore, che tracceranno un percorso attraverso la produzione di Francesco Rosi, offrendo uno spaccato di storia italiana di inaspettata attualità e riflettendo su temi come l’ingiustizia sociale, la questione meridionale e la corruzione della classe politica.

“Abbiamo voluto rispondere all’esigenza crescente di transmedialità nella comunicazione culturale di oggi – dichiara Daniela Minuti, coordinatrice editoriale del podcast e co-founder di Genio Media. Il podcast è il mezzo perfetto per approfondire e coinvolgere il pubblico in modo più verticale rispetto ai social media”.

Ai seguenti link è possibile ascoltare il trailer del podcast.

Link Spotify

Link Spreaker

Link Apple Music

Link InTO Cinema

Nel lago dei leoni con i Marcido Marcidoris e Famosa Mimosa

Grande interpretazione di Maria Luisa Abate

 

‘Nel lago dei leoni’ rappresenta l’esperienza attoriale preziosa con cui si sono misurati i Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa per la regia di Marco Isidori, con Maria Luisa Abate, Paolo Oricco, Valentina Battistone, Ottavia della Porta; scene e costumi sono di Daniela dal Cin.

Una sedia sospesa in aria e sostenuta da catene di metallo in bella vista ad una struttura che funge da fondale per la scena e che appare come una sorta di grande pergamena bianca, che attende di essere scritta.

Da un lato emerge il vuoto di questa carta ideale che rappresenta un omaggio al contesto storico e letterario da cui la vicenda è tratta, dall’altro anche emblema di un personaggio, una suora del Cinquecento, prodiga di visioni, di delirio, mistiche farneticazioni, che non scrisse nulla di suo pugno, ma le cui tormentate e scandalose riflessioni sull’amore per il suo Dio furono accuratamente annotate dalle Suore, sue compagne di clausura, in un monastero a Firenze, nell’età centrale della Controriforma.

In una ideale reincarnazione l’attrice che la interpreta ne ricostruisce l’icona e il pubblico diventa testimone di un miracolo.

I colori prevalenti sono il bianco dello sfondo e del vestito di Maria Maddalena e il metallo delle catene che sostengono la scena. Due sono i piani. Uno, il principale, è quello frontale e centrato sulla sedia dell’attrice. L’altro è destinato a tre attori mascherati che fanno capolino alla struttura della Dal Cin, in coro, e scandiscono la vicenda della Santa dotandola di cronologia e contestualizzazione.

Un grande plauso va alla protagonista assoluta dello spettacolo, Maria Luisa Abate, attrice straordinaria e da sempre colonna portante della Marcido Marcidorjs. Con una grande prova attoriale, Abate, diventando un tutt’uno con la scenografia visionaria creata dalla premiata Daniela Dal Cin, ha saputo trasferire emozioni che vanno al di là del significato stesso dell’opera, facendo confluire parole e vocalità in quello che da sempre è il teatro d’arte della Compagnia Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa. Una voce poetica proprio perché, con la poesia, è possibile condividere la potenza della parola e la sua musicalità, un aspetto teatrale molto caro a Marco Isidori, fondatore della compagnia nel 1986, oltre che grande regista, attore e poeta.

Quando la musica si trasforma in significato e la parola si impregna di armonia, proprio in quel momento nasce l’emozione e la capacità di comunicare empaticamente, in teatro come nella quotidianità.

Una menzione particolare la merita, come sempre, il Coro Marcido, rappresentato per questo spettacolo dagli attori Paolo Oricco, Valentina Battistone e Ottavia della Porta. Un coro che, nel tempo, è diventato cifra stilistica della compagnia.

“Nel lago dei leoni” è uno spettacolo verticale in cui è possibile sentire la vibrazione di quel filo che lega l’Uomo al divino, in un misticismo che sfocia a tratti nel delirio (Quanti Santi furono accusati di pazzia) e in una feconda promessa di ricongiungimento e purezza vicina anche all’animo più laico.

 

Teatro MarcidoFilm

Corso Brescia 4 bis interno 2

 

Mara Martellotta

Chitarra e voce con Lodati e Cangini da Rabezzana

Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 15 novembre, ore 21.30

PLOT DUO

Un viaggio sonoro con il duo voce e chitarra formato da Rossella Cangini e Claudio Lodati tra jazz, improvvisazione, elettronica creativa

PLOT è un duo voce e chitarra formato dalla cantante Rossella Cangini e dal chitarrista Claudio Lodati. Con una lunga attività alle spalle, il Plot Duo si cimenta da sempre nella sperimentazione, alternando sonorità eteree e sospese ad atmosfere ritmicamente sferzanti.Entrambi musicisti di ricerca e instancabili sperimentatori,Rossella e Claudio condividono progetti e intenti da circa dieci anni: la loro collaborazione nasce con l’ensemble “Vocal Desires” di Claudio Lodati, dedicato alle potenzialità di un uso non convenzionale della voce. Accomunati dal desiderio di andare oltre alle forme tradizionali, la loro musica è spesso stata definita “d’avanguardia”. Nella carriera artistica di entrambi la musica si mescola in modo naturale ad altre forme espressive: la pittura, il video, il teatro. Il duo arricchisce inoltre le proprie risorse comunicative grazie all’utilizzo imprescindibile di effettistica ed elettronica.

Il nome del duo, Plot, indica l’intenzione di creare una musica narrativa, il“racconto in suoni” di un dialogo profondo e continuo tra i due musicisti: è, infatti, grazie all’affiatamento tra Claudio e Rossella che nasce una musica cangiante e introspettiva, in cui i musicisti sono liberi di esprimersi e di sperimentare senza vincoli. Altro elemento ricorrente per la formazione è quello ludico, la voglia di “non prendersi troppo sul serio” come spiega Rossella Cangini: la musica diventa così il pretesto per sorridere, giocare ed emozionarsi al tempo stesso.

Dopo il primo disco pubblicato nel 2011 dal titolo “Plot”, il duo porta avanti con il secondo lavoro, “Just Go There”, il desiderio di ampliare sempre di più il proprio potenziale espressivo, enfatizzando soprattutto la voglia di scherzare. Anche “Just Go There” è pubblicato dall’etichetta friulana Setola di Maiale, label attenta all’avanguardia musicale. L’album è composto da brani originali con l’aggiunta di canzoni che sono “standard” italiani, Volare di Modugno, 4 Marzo 1943 di Lucio Dalla e Katjusa, celebre melodia partigiana di Fischia il ventoqui proposta con il testo originale in russo. Questi brani sono l’occasione per dilatare la musica, lavorare sul testo e poi restituirne una versione personale. La title track Just Go There, evanescente ed eterea, contrasta con Baba Jaga, un sabba stregonesco dal ritmo vorticoso, così come tante sono le anime musicali che compaiono all’interno di questo lavoro discografico.

ROSSELLA CANGINI

Cantante torinese di ricerca e sperimentazione vocale, diplomata all’Accademia delle Belle Arti di Torino, si specializza in canto jazz con Ellen Christi e fa della contaminazione tra le arti la sua cifra stilistica, portando la sua voce in diversi contesti (teatro di sperimentazione, tecno/teatro, jazz d’avanguardia, free/style, rap). Numerose e disparate sono le sue collaborazioni: da Billy Cobham a Don Moye (Art Ensemble of Chicago), Bob Moses, Carlo Actis Dato a Marco Messina (99 Posse), oltre a Massimo Barbiero, Claudio Cojaniz, Salvatore Bonafede e molti altri. I suoi progetti più recenti: ”Respiro” in solo e “Ferc”, duo industrial jazz con Fabrizio Elvetico, Nero Diaspora con Fabrizio Elvetico e Gandolfo Pagano.

CLAUDIO LODATI

Nato a Torino nel ’54, all’età di vent’anni fonda l’ormai storico Art Studio insieme a Carlo Actis Dato, Enrico Fazio e Fiorenzo Sordini. Con questo gruppo incide sette dischi e suona in centinaia di concerti in Italia ed Europa. Creatore di gruppi progettuali come “Dac’Corda” basato sull’uso predominante di strumenti a corda e “Vocal Desires” sull’utilizzo della voce, ha lavorato con importanti nomi della scena internazionale, incidendo più di trenta album dal 1977 ad oggi. Ha suonato nei più importanti festival italiani ed europei e negli Stati Uniti, Canada e Senegal. Tra le sue collaborazioni Bobby Zankel, Tristan Honsinger, Louis Sclavis, Don Moye, Bob Moses, Fred Frith, Hans Reichel, Irene Robbins, Giovanni Maier, Antonello Salis, Maria Pia De Vito, Tiziana Ghiglioni e Franco Cerri.

FORMAZIONE

Rossella Cangini, voce e loops

Claudio Lodati, chitarra e live electronics

Ora di inizio: 21.30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

Debutta al Gobetti per la Stagione del Teatro Stabile “Anna dei Miracoli”

Di William Gibson,  riscosse a Broadway alla fine degli anni Cinquanta un notevole successo

 

Martedì 14 novembre, alle 19.30, debutto al teatro Gobetti dello spettacolo intitolato ‘Anna dei Miracoli’ di William Gibson con Mascia Musy nel ruolo di Anna. Insieme a lei in scena Fabrizio Coniglio, Anna Mallamaci, Laura Nardi. L’adattamento e la regia sono di Emanuela Giordano. Le luci sono di Angelo Linzalata, i costumi di Emanuela Giordano, le musiche di Carmine Juvone e Tommaso di Giulio.

La produzione è della Pirandelliana in collaborazione con la Lega Filo d’oro e sarà replicata per la Stagione del Teatro Stabile di Torino fino a domenica 19 novembre prossimo.

“Cosa succede – spiega la regista Emanuela Giordano – quando in una famiglia arriva il figlio difettato, quello che pensi nascesse solo in casa d’altri? Cosa succede ad un padre e a una madre che si confrontano quotidianamente con l’esistenza di una creatura che hanno messo al mondo ma con cui non possono comunicare? Helena non vede, non sente e non parla. I genitori non sanno dove sbattere la testa. La pietà e la rabbia si uniscono alla speranza e al senso di sconfitta, l’amore all’odio, ogni sentimento è concesso. Ogni reazione è imprevedibile. E lei Helen che cosa percepisce di quello che ha intorno? In una società dove solo il bello è vincente, solo il sano è tollerato, padre e madre non hanno scampo. Helen va allontanata, messa in un istituto, nascosta, dimenticata. Ma in casa arriva Anna, dura e inflessibile, con una storia di semi cecità alle spalle, una vita trascorsa in mezzo a creature difettate”.

Si tratta di una storia vera che racconta il passaggio epocale alla lingua dei segni, considerata tra le prime dieci grandi scoperte dell’umanità della storia moderna, una rivoluzione linguistica che ha permesso di aprire un dialogo tra chi parla e chi non parla. La lingua dei segni, in questo caso applicata sul palmo delle mani, un alfabeto tattile, che permetterà a Helen di raccontare la sua storia, di apprendere, di esprimere sentimenti e necessità, di crescere e farsi rispettare.

Anna dei Miracoli debuttò a Broadway nel 1959 e riscosse un successo straordinario. Fu replicato ininterrottamente per tre anni e oggi più che mai ci restituisce con forza il valore di chi non vuole rassegnarsi.

Le recite in programma saranno rese accessibili attraverso sopratitolazione in italiano e in italiano semplificato con descrizione dei suoni, fruibili su smrtglasses, audiointroduzione a inizio spettacolo e audiodescrizione. Venerdì 17 novembre è previsto un tour descrittivo e tattile sul palcoscenico, per consentire agli spettatori con disabilità visiva di cogliere gli elementi scenografici, toccare arredi e costumi, condividere l’esperienza con la compagnia.

 

Mara Martellotta

Taipei, la perla di Taiwan

Taipei, la capitale di Taiwan, è una città che unisce il suo lato moderno e cosmopolita a quello più tradizionale e antico. Da un lato figurano, infatti, grandi grattacieli, come la Taipei 101, centri commerciali, vie dello shopping e una movimentata vita notturna, dall’altra grandi giardini, aree verdi e templi antichi.

Una delle prime attrazioni da visitare a Taipei è il National Palace Museum, un immenso museo che custodisce una delle più grandi collezioni cinesi al mondo. Situato fuori dal centro cittadino, è circondato da giardini meravigliosi come l’Indigenous People’s Park e il Zhishan Garden.

All’interno del museo si possono trovare circa 700 mila pezzi di antichi manufatti e opere d’arte cinesi, che lo rendono uno dei musei più grandi al mondo.

Le collezioni sono tutte visibili al pubblico grazie ad un sapiente sistema di rotazione dei reperti messi in mostra nei tre piani dell’edificio.

Giochi interattivi e digitali, mostre e attività pensate per i visitatori più piccoli si trovano nel National Palace Museum Children’s Garden.

Un altro museo di cui non si può perdere assolutamente la visita, il più antico di tutta Taiwan, è il National Taiwan Museum, che si trova nel centro storico all’interno del meraviglioso 2/28 Peace Park, un parco ricco di sentieri, alberi, laghetti e monumenti.

Questo museo si concentra soprattutto sulla storia di Taiwan, permettendo di conoscere ogni aspetto della città. Le collezioni vantano numerosi reperti e fotografie, spesso vi vengono organizzate anche mostre temporanee. Il costo del biglietto d’ingresso include l’ingresso anche alla Land Bank Exhibition Hall, una sezione situata sul lato opposto della strada.

Non si può soggiornare a Taipei senza gustarsi il meraviglioso panorama dal grattacielo Taipei 101, con i suoi 508 m di altezza. È il quinto grattacielo più alto del mondo. Il nome deriva dal numero di piani al suo interno, 101, e al suo interno potrete trovare l’osservatorio panoramico, situato all’89esimo piano, e diversi ristoranti dove cenare. L’edificio è dotato di uno degli ascensori più veloci al mondo. Bastano 37 secondi per accedere dal quinto all’89esimo piano.

Poco distante dal 2/28 Peace Park è presente l’edificio alla memoria di Chiang Kai-Shek, imponente edificio dedicato all’omonimo Presidente della Repubblica. Si tratta di una struttura enorme, situata in Liberty Square, dove si trovano anche il Liberty Square Arch e la Performing Arts Library of National Theater and Concert Hall. Qui, ad ogni ora, si tiene il famoso cambio della guardia, un appuntamento imperdibile per i turisti e anche per i residenti. La grande sala commemorativa al suo interno ospita diverse mostre, è circondata da un grande parco con stagni e giardini, luogo ideale per ammirarlo in tutta la sua bellezza.

Nella parte più antica della città si può visitare il tempio buddista più antico e famoso di Taipei, il Tempio di Lungshan, in cui sono venerate sia divinità buddiste sia taoiste.

L’architettura del tempio è una fusione di elementi taoisti e buddisti, ben espressi da intagli in legno e incisioni dorate. Uno dei momenti più significativi della vita del tempio è rappresentato dalla preghiera cantata che si svolge in diverse ore del giorno, dall’alba al tramonto.

A Taipei un viaggio nel viaggio è quello che si può intraprendere nei suoi Night Market, dislocati per le strade della città, in cui si può assaggiare lo street food locale a prezzi eccezionali. Il mercato più famoso è il Shilin Market, situato a Shilin, nel Nord del centro.

Nel centro storico è presente il Nanjichwng Night Market, non molto distante dal Taipei Botanical Garden. Uno dei migliori della città è l’indiano Street Night Market, situato non distante dalla Tapei 101.

Poco fuori da Tapei si può raggiungere uno degli otto parchi nazionali di Taiwan, lo Yangminshan, che affascina i turisti per la sua natura selvaggia. È un complesso vulcanico che raggiunge un’altitudine di 1120 metri. Il miglior mezzo per raggiungere il parco è il taxi, che condurrà alla destinazione in una quarantina di minuti. Il parco merita un’escursione organizzata. Da non perdere all’interno del parco un giardino in stile cinese noto come Yangming Park, o le Datun Falls, le cascate, una delle tante qui presenti.

Si trovano anche le Liu Ku Hot Sprin, sorgenti di acqua termale naturale.

A Tapei è presente anche una funivia la Maokong Gondola, che mette a disposizione sia cabine standard sia cabine con il pavimento di vetro per ammirare un panorama a 360 gradi e lo skyline della città, le numerose piantagioni di tè. Il tratto che copre è lungo 4 km e porta a 300 metri di altezza. La partenza della Maokong Gondola si trova all’ingresso principale del Taipei Zoo e giunge fino alla Maokong Station, in cima alla collina meridionale di Taipei. La partenza della funivia è in corrispondenza dell’ingresso dello Zoo, altra attrazione da visitare assolutamente. È ben diverso dal classico Zoo che conosciamo noi occidentali, perché è immerso in una foresta e offre la possibilità di ammirare gli splendidi panda cinesi e altri animali, quali i koala, le giraffe e gli ippopotami. Le aree sono divise per zone geografiche e all’interno sono anche presenti un Education Center e servizi di ristorazione.

Un’oasi naturale all’interno della città è il Taipei Botanical Garden, che si sviluppa su circa 8 ettari e aprì le sue porte nel 1895, accogliendo fino ad oggi duemila specie di fiori e piante presenti. L’attrazione principale è rappresentata dal laghetto con i fiori di loto.

Imperdibile anche la visita a un edificio di mattoni rossi che rappresenta il primo mercato pubblico di Taiwan, che prende il nome di Red House, poi trasformato in un centro culturale e ricreativo, ricco di locali, mercatini e teatri, con molte sale da tè. The Red House si trova vicino al Ximending Walking District, il distretto dello shopping di Taipei. Proprio di fronte alla Red House si svolge tutti i giorni dalle 17 alle 22 il mercato notturno, noto come Ximending Night Market. Poco fuori del centro storico si può visitare il Mausoleo dei Martiri della Rivoluzione, un complesso eretto in omaggio ai caduti della Rivoluzione Cinese del 1911, un luogo di riflessione e raccoglimento. Il tempio si estende su di una superficie di 52 mila mq. mentre la superficie dell’edificio centrale è di 5300 mq. Imperdibile la cerimonia del cambio della guardia, che si tiene nel grande cortile antistante il tempio.

Infine la meta ideale per gli amanti del relax è rappresentata da Beitou, una stazione termale adatta a chi abbia voglia di rigenerarsi con un bagno tra i vapori delle acque incastonate nella verde natura. Qui sono presenti le Beitou Hot Springs, sorgenti termali naturali pubbliche. Tutta la zona è ricca di diversi centri termale privati e di Spa.

MARA MARTELLOTTA

Rosso Istanbul

IL LIBRO – Affacciata sullo stretto del Bosforo, Istanbul è il “portale che schiude mondi nuovi”, la città dai tanti nomi e dai tanti volti (Costantinopoli, Bisanzio, seconda capitale dell’Impero Romano). Ozpetek racconta un ritorno a casa che accende a uno a uno i ricordi

 

Ferzan Ozpetek è un grande regista. Nato ad Istanbul e naturalizzato italiano, nel giro di pochi anni è diventato una delle punte di diamante del nostro cinema. Dai suoi esordi fino alle opere della maturità si è sempre avvertita la sua urgenza nel proporre un preciso ventaglio di temi: la famiglia ( allargata e “tradizionale”), la ricerca del sé e dell’altro da sé, il potere della memoria, la separazione, l’esotismo e l’erotismo. Ma, oltre alla delicatezza e all’originalità che esprime dietro alla macchina da presa, è stata una piacevole sorpresa scoprirne il talento come scrittore. Il suo primo, e al momento unico, romanzo (“Rosso Istanbul”, 2013-Mondadori) è una straordinaria dichiarazione d’amore alla città dov’è nato. Affacciata sullo stretto del Bosforo, Istanbul è il “portale che schiude mondi nuovi”, la città dai tanti nomi e dai tanti volti (Costantinopoli, Bisanzio, seconda capitale dell’Impero Romano). Ozpetek racconta un ritorno a casa che accende a uno a uno i ricordi: della madre, donna bellissima e malinconica; del padre, misteriosamente scomparso e altrettanto misteriosamente ricomparso dieci anni dopo; della nonna, raffinata “principessa ottomana”; delle “zie”, amiche della madre, assetate di vita e di passioni; della fedele domestica Diamante. Narra del primo aquilone, del primo film, dei primi baci rubati. Del profumo intenso dei tigli e delle languide estati sul Mar di Marmara. E, ovviamente, del primo amore, proibito, struggente e perduto. Ma è Istanbul ad afferrarlo, trattenerlo, incrociando il suo destino con quello di una donna. Partiti insieme da Roma, sullo stesso aereo, seduti vicini, senza conoscersi , si incontreranno nella città della Moschea Blu e della cristiana Aya Sofya, del Topkapi , del mercato delle spezie e del Gran Bazar. Ma non è il caso di svelare oltre la trama di questo libro che, sinceramente, è tra i più belli che abbia mai letto.

 

Marco Travaglini

Il Latino? Un evergreen

Cosa vi ricorda rosa, rosaerosae? Sicuramente la scuola e le temutissime versioni di latino. Quante volte abbiamo pensato, probabilmente con sollievo, che la nostra relazione con questo antico idioma sarebbe finita lì,  che si sarebbe spenta al suono dell’ultima campanella alla fine del nostro percorso scolastico

 

Forse a quell’età non siamo in grado di comprendere l’importanza di questa lingua che ha dato voce e ispirazione a filosofi, a pensatori immensi, a personalità straordinarie che hanno segnato e lasciato tracce nella storia; o forse chi aveva il compito di farci entrare in sintonia con questa materia non è riuscito a farcela amare.

Di fatto siamo sposati con latino per tutta la vita, ci accompagna tutti i giorni ed è parte integrante delle conversazioni supportandoci nella comprensione di concetti e significati che altrimenti sarebbero troppo lunghi e complessi da spiegare.

Per capire quanto siamo legati a questa lingua, indubbiamente d’altri tempi ma evidentemente evergreen, possiamo fare un elenco, anche breve, di alcuni termini ed espressioni utilizzati quotidianamente nelle nostre conversazioni sia di carattere privato che professionale.

Agenda:  il calendario dove annotiamo le cose da fare o da ricordare e i nostri impegni, albumil raccoglitore dove teniamo le foto, bisaut aut: una scelta senza alternative, capsulacelluladatade visu: visto con i propri occhi, exferramentaformulagratisad interim: incarico provvisorio, iterlapsus: errore involontario, lavabolegendalibellulanon plus ultra: il massimo, nulla ostaopera omnia: l’insieme delle opere di un autore, pro capitepropaganda: cose da diffondere, prosit!: una forma augurale quando si brinda, raptus: un impulso improvviso,rebus: gioco enigmistico, referendumretrosolariumsosiastatussui generis: originale, supertotultrauna tantum: solamente una volta, vademecumvirus.

Che ne dite poi di parole decisamente attuali come monitorvideoaudiosponsor o tutor, inglese? No ancora latino. Il nostro latino quotidiano, un supporto linguistico, un sempreverde privo di data di scadenza che è parte viva della nostra meravigliosa lingua italiana, ma apprezzato ed utilizzato universalmente per il suo impiego nel linguaggio giuridico, medico o tecnologico.

Un amico quindi, un compagno che trasforma una parte della comunicazione in linguaggio globale ed ecumenico, un gergo immediato che innalza il tono della conversazione rendendola musicale e ricercata.

La nostra storia dunque, le nostre radici ma anche il presente e il futuro della nostra comunicazione; il latino è parte di noi  e quindi anche, e soprattutto, in questo caso Melius abundare quam deficerestudiamolo, amiamolo e usiamolo!

Maria La Barbera

L’isola de libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Emilia Hart “Weyward” -Fazi Editore- euro 20,00

E’ il bellissimo romanzo di esordio dell’anglo- australiana Emilia Hart, avvocatessa che oggi vive a Londra. Ed è stato subito un enorme successo di vendite e plausi della critica.

E’ una saga che si snoda nel tempo travalicando i secoli, attraverso tre protagoniste strettamente legate tra loro. Sono Altha nel 1619, Violet nel 1942 e Kate ai giorni nostri. Tutte Weyward, cognome di una dinastia matrilineare di donne segnate dalla loro stretta connessione con la natura, gli animali, lo spirito selvaggio e il fato.

Accomunate attraverso i secoli, una l’antenata dell’altra, chiamate dagli uomini Weyward -ovvero ostinate, caparbie e ribelli – perché non accettavano di piegarsi al loro volere e predominio. Le tre protagoniste che portano con orgoglio il loro nome, non sono solo tre donne, ma anche, simbolicamente, tre creature animali.

La prima antenata è la giovanissima Altha, “il corvo”, che dalla madre ha appreso il potere di guaritrice. Solo che nell’epoca buia in cui viveva poteva essere parecchio pericoloso. Tant’è che la giovane finisce nel buco nero delle prigioni ed imputata al centro di un processo per stregoneria.

Poi conosciamo Violet, “la damigella”, che a 16 anni vive a Orton Hall, figlia del nono visconte di Kendall; uomo spietato e duro, con parecchi scheletri nell’armadio. Della madre si intuisce subito che l’avvolge un mistero, nessuno sa che fine abbia fatto e comunque qualcosa di oscuro circa il suo destino aleggia nella magione e finirà per pesare su Violet. Quando subisce la violenza del cugino Frederick e resta incinta, il padre dimostra tutta la sua anima nera e la imprigiona nel fatiscente Weyward cottage che era appartenuto alla madre. E’ lì che Violet si ribella in un modo che non vi anticipo, ma sarà l’inizio di una catena di scoperte sul destino materno e sulla sua genealogia.

La terza eroina è Kate, “l’ape”, in fuga dal marito violento. Si rifugia nel Weyward cottage lasciatole in eredità dalla prozia Violet e lì scopre di essere incinta. Ma è proprio in quella casa in Cumbria (nel Nordovest dell’Inghilterra, quasi al confine con la Scozia) che Kate scoprirà i segreti legati alle sue antenate.

Intraprende una ricerca che le permette di ricostruire il loro passato e svelare cosa si cela dietro alle dicerie sulla zia Violet e le Wwyward in generale.

Una splendida storia di resilienza femminile trasmessa col sangue attraverso i secoli. Sappiamo che la stregoneria non esiste e proviene da superstizioni e ignoranza. Ma questa indimenticabile stirpe di donne, connesse in modo inscindibile alla natura, alle radici della terra, alle virtù delle erbe, all’alleanza con gli animali, un po’ streghe forse lo sono nel senso di custodi di un meraviglioso segreto.

 

Jenny Jackson “Pineapple Street” -Rizzoli- euro 18,00

Jenny Jackson è vicepresidente e direttore editoriale di una casa editrice newyorkese; una che di libri se ne intende. Questo romanzo è il primo in cui si cimenta come scrittrice e ci porta dritti nell’universo di una ricchissima famiglia della Big Apple: gli Stockton, grandi immobiliaristi blasonati da generazioni di denaro ed operazioni di successo.

Sono super ricchi che hanno scelto di vivere nel quartiere chic di Brooklyn Heights dove i nomi delle strade fanno riferimento alla frutta e convergono in Pineapple, Orange o Cranberry Street, configurando la toponomastica della narrazione.

Il romanzo ruota intorno a tre donne diversissime tra loro: le sorelle Stockton -Georgiana e Darley-, e Sasha che è la moglie del loro fratello Cord. Quest’ultima vive sulla sua pelle le difficoltà per essere accettata dal clan Stockton, che è parecchio snob e sospettoso nei confronti di chi non è reputato al loro livello.

Seguiamo le vicissitudini dei figli Stockton cresciuti nel lusso e nei privilegi, vacanze e hobby costosi, vestiti griffati e tutto quello che il denaro può comprare.

La primogenita Darley è sposata con il coreano-americano Malcom,

che non rientra nei canoni familiari, nonostante il prestigioso lavoro nella finanza. Per poterlo sposare Darley ha dovuto rinunciare alla sua parte di eredità e le cose si complicheranno quando Malcom verrà licenziato.

Georgiana è considerata ancora la piccola di casa nonostante i suoi 26 anni: timida, insicura e fragile, viziatissima e immatura che soffre per l’atteggiamento anaffettivo della madre Tilda, con la quale comunica solo giocando a tennis. Le cose precipitano quando poi si innamora dell’uomo sbagliato.

Sasha invece proviene da una famiglia semplice, ha sposato Cord ma viene trattata come un’intrusa. Lei e il marito abitano nella casa di famiglia a Pineapple Street, ma non può fare alcun cambiamento; per le cognate e la suocera lei non può vantare alcun diritto sulla proprietà. E patisce parecchio questo senso continuo di esclusione.

Ecco le tre prospettive femminili del romanzo, mentre il quartier generale di famiglia, la casa di Pineapple Street, è il terreno di incontro, confronto e scontro sul quale si muovono tutti i personaggi.

 

Emily St. John Mandel “Mare della tranquillità” -La nave di Teseo- euro 20,00

Potrebbe essere definito tra il filosofico e il fantascientifico questo libro della giovane scrittrice newyorkese che ha la capacità di tratteggiare un possibile mondo futuristico.

La storia attraversa molti secoli. Nel 1912 c’è il 18enne Edwin nato in una famiglia dell’alta nobiltà inglese della qual sente il peso. In rotta con la famiglia va in Canada dove lo attende un’esperienza indecifrabile che gli apre il varco su un’altra dimensione. Un portale annunciato dal suono di un violino, che poi si richiude, ma intanto l’ha sconvolto e ha impresso una nuova direzione alla sua vita.

Poi il salto di un secolo, agli albori della pandemia e due donne amiche, di cui una, Mirella, sta cercando di scoprire cosa sia successo all’altra che era morta, e quando era bambina, pare avesse avuto la stessa esperienza di Edwin.

Un altro balzo temporale, nel 2203, in cui una nota scrittrice, nata in una delle prime colonie lunari, luogo di lusso, sta facendo un tour promozionale nel momento in cui sta scoppiando un’altra pandemia.

Ancora un volo pindarico e ci troviamo nel 2400, in cui il giovane Gaspery-Jacques Robert è un detective dell’Istituto del tempo di Città Notturna (nome con cui è stata chiamata la Colonia Due), e vuole scoprire il fenomeno vissuto dagli altri personaggi.

Alla fine non resta che scoprire il mistero spazio-temporale. Una lettura che scaglia i germi di pensieri sul senso della vita e delle nostre esistenze che sembrano tendere a qualcosa…..

 

Carmen Mola “La bestia” -Salani Editore- euro 19,00

Carmen è lo pseudonimo adottato dai tre scrittori e sceneggiatori che hanno scritto a 6 mani questo thriller- fenomeno ambientato a Madrid; oltre un milione di copie vendute e 600 mila euro vinti con il Premio Pianeta.

Sono il 54enne Antonio Santos, il 61enne Jorge Díaz Cortéz e il 48enne Augustín Martínez. Sceneggiatori di serie tv di successo che un bel giorno hanno deciso di cimentarsi applicando lo stesso metodo di lavoro a un romanzo. Il nome di donna è stato scelto per focalizzare l’attenzione dei lettori sulla trama e non sul pool di autori.

La storia è di quelle che colpiscono subito duro. Il thriller storico è ambientato nella Madrid del 1834, decimata dal colera. Non lontano dal mattatoio in Calle de la Ribera de Curtidores è ambientata la prima scena, decisamente macabra: un cane gioca con la testa mozzata di una ragazzina, Bertha, una delle prime vittime della “Bestia”.

Diceria popolare o altro? A cercare di svelare il mistero dietro questa serie di efferati delitti da serial killer sono il giornalista Diego e il suo compare di bevute, il poliziotto Donoso.

A movimentare l’intreccio c’è poi la 14enne poverissima e orfana, Lucía, vergine dai capelli rossi che per sopravvivere si ritrova a lavorare in un bordello. La tenutaria è una certa Leona che nella fanciulla vede non solo la possibilità di guadagnare parecchio vendendo la sua verginità al miglior offerente, ma rivede anche se stessa e la sua lotta per la vita.

Tutto si complica quando a sparire è la sorellina di Lucia, la piccola Clara. Al centro di una serie di eventi compaiono monaci guerriglieri, uomini di chiesa, faccendieri di varia natura, politici e persino la Carboneria.