GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA
Lunedì. Al Dorado è di scena Mark Eitzel. Al Lambic si esibisce Paolo Jannacci in duo con il trombettista Daniele Moretto.
Martedì. Al Blah Blah suona Jesse Dayton. Al Vinile è di scena Alex Vaudano.
Mercoledì. All’Inalpi Arena arriva Jovanotti per 6 concerti: 9, 10, 12, 13, 15, 16. All’Osteria Rabezzana suona il quartetto di Dario Lombardo. Al Vinile si esibisce il trio Girinsoliti. Al Blah Blah suonano gli Ora Nefasta.
Giovedì. Allo Ziggy sono di scena Kill Your Boyfriend e Valerian Swing. Al Blah Blah suonano i Bittersweethearts+ Aurora Motel. Allo Spazio 211 si esibisce Massimo Silverio. Al Magazzino sul Po è di scena Cigno. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Dente. All’Osteria Rabezzana suona lo S. Rwe Quintet. Al Cap 10100 si esibiscono i Gazebo Penguins.
Venerdì. Al Texido è di scena Garbo. Al Blah Blah suonano i Monaci del Surf. All’Off Topic sono di scena gli Amore Audio. Al Folk Club si esibisce Michael McDermott. All’Hiroshima sono di scena i Les Votives. Al Circolino suona il Tokyorama Instabile Quartet.
Sabato. Al Magazzino sul PO si esibiscono i Jumpin’Quails. Al Folk Club suona Jon Gomm.
Domenica. Alla Divina Commedia sono di scena i Tramps.
Pier Luigi Fuggetta


La cosa più curiosa è la vicenda della laurea che non è stata considerata dirimente come avviene in tutti i pubblici concorsi. Sembra quasi che sia stato inconsciamente applicato il principio einaudiano che nega il valore legale dei titoli di studio, una annosa questione di cui si è discusso per decine d’anni. In questo caso avere o non avere una laurea è stato considerato indifferente. La cultura, d’altra parte, anche quella fatta da libri e da lettori (e ovviamente lettrici !, come ha voluto sottolineare il neo direttore) non può basarsi su un banale pezzo di carta.











Il baldo direttore del Centro Gobetti non finisce mai di stupire. Adesso ci dà lezioni sullo spirito del Martinetto, facendone una descrizione geografica e pseudo storica. Va bene che anche lui scriva del Martinetto perché a 81 anni dalla morte gloriosa del Gen. Giuseppe Perotti e degli uomini del Comitato Militare del CLN Piemontese è giusto che a tutti indistintamente sia garantito il diritto di scrivere liberamente. Ma due cose non dovrebbero essere permesse al direttore: ignorare in primis il racconto straordinario di Valdo Fusi “Fiori rossi al Martinetto” che esprime come nessun altro lo spirito di quel tragico evento a cui egli stesso partecipò come testimone straordinario e quasi vittima predestinata. Il libro di Fusi è uno dei più belli della Resistenza che travalica la politica e gli odi, rivelando il patriottismo senza retorica delle vittime fucilate al Poligono nel 1944. Ebbe la prefazione di Alessandro Galante Garrone e poi di Marcello Maddalena. Come curatore di quel libro sono indignato dell’oblio riservato ad esso. Il direttore evidentemente non sa o non vuol sapere, chiuso come è nel suo settarismo politichese chi sia stato Valdo Fusi morto nel 1975. Quegli uomini del Martinetto gridarono viva l’Italia, un grido geneticamente estraneo a certo culturame, come avrebbe detto Mario Scelba che conobbe da vicino il clima post resistenziale comunista.
Spiega lo stesso Macciò: “Scandire versi accompagnandoli con un suono destrutturato, che può essere una semplice vibrazione prodotta da una corda di cetra o dalla pelle di un tamburo, è un sostegno importante alla memoria, come sa bene chi ne ha fatto diretta esperienza. Si creano degli interstizi ritmici tra i versi, tra le strofe, dei grappoli di suoni e di silenzi che agganciano la memoria e preparano la pronuncia, l’intonazione del verso successivo. Ma il suono, appunto, deve essere ‘destrutturato’, così almeno mi piace definire questo profilo di note disancorate dai sistemi tonali ed eseguite a sostegno della parola poetica e allo stesso tempo capaci di fondersi con essa. Disegnare una precisa linea melodica, infatti, genererebbe confusione, sovrapponendosi alla musica che ogni poesia reca sempre con sé ed entrando inevitabilmente in conflitto con essa”.

