

All’Egizio a vita
Il ministro Sangiuliano alla scadenza di un mandato di nove anni, per cui cambiarono anche lo statuto intendeva, non potendoci più essere conferme, sostituire alla presidenza del Museo egizio la madamina amata dall’Avvocato sulla ribalta dalle Olimpiadi invernali 2006. Con più articoli e un appello si è formata una falange macedone dei conformisti a sostegno della signora per una proroga. In effetti si potrebbe pensare ad una conferma a vita della “signora delle mummie”. Forse prevedendo tra cent’anni di accogliere lei stessa in qualche sala del museo come attrazione museale?
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Brancati come davvero fu
Salvatore Vullo è appena uscito con un pregevole ed originale saggio su “Vitaliano Brancati. Scoprire e riscoprire il grande scrittore”, Morrone editore, con prefazione di Gianni Firera. Si tratta di un libro non meramente celebrativo, ma capace di ricostruire la vita e l’opera di un personaggio inquieto del primo Novecento. Si parte dalla nascita e dalla formazione in Sicilia a cui resterà sempre legato, per poi analizzare la sua passione fascista come accadde a tanti Italiani che confusero il patriottismo con il nazionalismo. Molti vissero quell’esperienza quasi senza accorgersene, mentre Brancati ne uscì a testa alta. Poi il libro pone l’accento sulla collaborazione all’ “Omnibus” di Longanesi dove Brancati conobbe Pannunzio di cui divenne collaboratore nel dopoguerra al “Mondo”. Viene ricordato il tenero e pur effimero amore che lo legò ad Anna Proclemer, il ritorno ad insegnare in Sicilia e, fatto molto importante, il rapporto ideale tra Brancati e il giovane Sciascia. Il siciliano Vullo così legato alla sua terra, ma così cosmopolita nei gusti e nelle idee, ci offre un profilo assai sottile e profondo di Brancati, ma anche della letteratura e del mondo siciliano. A me piace sottolineare come Brancati, che rimase un liberale dopo le frequentazioni romane, tornò a fare il professore a Caltanissetta senza tentare di diventare un intellettuale engagé come tanti. Soldati mi sottolineava il suo spirito libero nel contesto di una cultura che stava per essere egemonizzata manu militari dal pci di Alicata e Ingrao.
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LETTERE scrivere a quaglieni @gmail.com
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La nuova Giunta regionale
Ho visto che sono intervenuti ben due ministri per fare la Giunta regionale, decidendo gli assessori, promuovendo o punendo i candidati. Mi è sembrato un intervento da proconsoli romani o romaneschi che umilia l’autonomia della Regione e il Presidente cui spetta la scelta degli assessori. Lei cosa ne pensa? Benedetto Pianta
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Ho letto anch’io sui giornali. Una prassi davvero mai sperimentata prima. Presidenti come Ghigo, Bresso, Viglione, Calleri mai avrebbero accettato interventi così pesanti. Questa è molto più che partitocrazia e va oltre anche al famoso manuale Cencelli.
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Palazzo nuovo devastato
I contestatori filo palestinesi hanno lasciato dopo un mese di occupazione palazzo nuovo in condizioni pietose. Gli occupanti hanno anche sfregiato di scritti via Po appena ridipinta dai commercianti. A parte il fatto di non aver impedito l’occupazione o aver costretto i palestinesi a disoccupare il palazzo, qui occorre almeno fermezza da parte del rettore che ne esce molto male, e dalla Questura. I danni vanno rimborsati. Elvio Cassini
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Concordo. È mancata la fermezza e il rispetto della legge. Le autorità accademiche si sono astenute da un intervento doveroso, lasciando Palazzo nuovo in balia di se stesso. Rettori come Allara, Cavallo, Pelizzetti, Bertolino mai avrebbero ceduto così.
Il 30 giugno, alle 21, a Chieri, la Compagnia Torino Spettacoli propone la pièce di Plauto “La commedia delle tre dracme
Domenica 30 giugno, alle 21, nel piacevole contesto del Cortile del Palazzo Comunale di Chieri, nel pieno centro storico della cittadina, si terrà l’allestimento plautino “La commedia delle tre dracme”, a cura di Girolamo Angione e Gian Mesturino e realizzata dalla Compagnia Torino Spettacoli, da tempo legata a Chieri e al suo pubblico affezionato.
“La commedia delle tre dracme” si caratterizza per una venatura ironica e una comicità straripante. Appartiene al gruppo delle commedie romanzesche. Regista è Girolamo Angione, insieme a Elia Tedesco, protagonista insieme agli altri beniamini di Torino Spettacoli Stefano Fiorillo, Valentina Massafra, Enzo Montesano e ai Germana Erba’s Talents Tommaso Caldarella, Simone Marietta, Alessia Cargnin, Martina Marrucchiello. Gianni Mancini firma le coreografie.
La pièce narra la storia di un giovane scialacquatore che, tramite un benevolo raggiro, viene salvato da un vecchio amico del padre e dall’immancabile servo plautino parassita.
Plauto tocca vari temi di fondamentale importanza, quale quello dell’amicizia nella figura del fedele Callicle che, per proteggere il tesoro custodito nella casa dell’amico Carmide, è pronto ad acquistarlo a sue spese e sfidare la maldicenza della gente. Il personaggio di Lisitele ha un buon cuore ed è disposto a sposare la sorella dell’amico, anche se senza dote.
Plauto è un commediografo immenso, capace di continue sorprese e di lui si apprezza la vis comica, la battuta spassosa, la risata che proviene dal cuore. La sua maestria consiste nella capacità di una costruzione artistica finissima, in grado di mantenere il contatto con il reale e di compiere il miracolo estetico di fondare la raffinatezza dello scrittore forse più aperto della latinità, con il mondo della suburra, di scherzare, ma in modo degno di un uomo libero, come annotava Cicerone.
Torino Spettacoli: 011 6618404
Info biglietti: 011 6615447
Mara Martellotta
Marina Abramovic vola a Torino per la lectio e il diploma honoris causa in tecniche performative per le arti visive, che le sarà consegnato all’Accademia Albertina il 23 giugno. L’ Accademia Albertina ha ricevuto richieste per assistere alla cerimonia per Marina Abramovic pari ad almeno cinque volte il numero di posti disponibili. Purtroppo la capienza del salone d’onore è limitata a soli 120 posti, e non sarà possibile accettare tutte le numerose prenotazioni giunte all’ufficio comunicazione dell’Accademia. Sarà possibile seguire la cerimonia in differita su canale 20 Accademia Albertina di Facebook e sul canale youtube della stessa. È giunta la conferma che il Miur finanzierà il progetto di recupero dei luoghi aulici, la sala azzurra e il salone d’onore e del cortile interno. Sono le principali novità che riguardano l’Accademia Albertina, che annuncia iniziative in Italia e all’estero, dagli Stati Uniti fino al Giappone.
Mara Martellotta
Il ristorante Antica Trattoria della Pesa è tra i più antichi di Milano, espressione della grande tradizione gastronomica lombarda, in particolare meneghina.
Antipasto misto di salumi e sottaceti, risotto alla milanese e al salto, pasta e fagioli, bolliti, cassoeula con polenta, ossobuco e cotoletta non sfigurano accanto a piatti più raffinati. Insomma, come dire la tradizione e la qualità a tavola. Situato nel punto dove nell’Ottocento le merci giungevano da fuori città per essere pesate per il pagamento del dazio, il locale si trova a Garibaldi, poco distante dall’omonima stazione, in uno dei quartieri più vivaci di Milano, al n.10 di Viale Pasubio.
Dove un tempo c’erano i cortili degli artigiani, attorniati dalla case di ringhiera, oggi s’incontrano gli ateliers di grandi artisti e le gallerie d’arte. L’Antica Trattoria della Pesa offre un atmosfera del tutto particolare, dagli arredi al pavimento in granigliato rosso e grigio, comune a quello di molte case milanesi di inizio secolo, per non parlare delle splendide stufe in maiolica che rimandano ai tempi in cui i locali venivano riscaldati a legna. Insomma, basta uno sguardo per cogliere quel calore che apparteneva esclusivamente ai ristoranti di un tempo, in cui spesso ci si ritrovava seduti ai lunghi tavoli del secolo della borghesia e dei cambiamenti con persone mai viste prima. All’esterno della trattoria si trova la vecchia pesa rettangolare in ferro che diede il nome al locale che all’epoca si trovava sulla linea di confine tra la città e le campagne circostanti. Ma c’è anche una curiosità, testimoniata da una lapide posta sulla facciata dell’ingresso. L’epigrafe ricorda che quella stessa casa fu frequentata da Ho Chi Minh negli anni ’30, durante le sue missioni internazionali “in difesa delle libertà dei popoli”. Ma l’epigrafe pare non sia esaustiva poiché la tradizione popolare vorrebbe che il futuro presidente vietnamita lavorasse come cuoco proprio in quella trattoria. La storia narra che nel giugno del 1931 Ho Chi Minh venne arrestato a Hong Kong dalla polizia britannica per attività sovversiva e la Francia ne chiese l’estradizione. Per evitare la pressione diplomatica sul governatore della colonia inglese, i suoi amici diffusero la falsa notizia della sua morte. Scarcerato nel gennaio del 1933, riprese le sue missioni ai quattro angoli del mondo e per un certo periodo dimorò anche a Milano in una caratteristica casa popolare di ringhiera tra viale Pasubio e via Maroncelli ( prorpio nei pressi dell’Osteria della Pesa). Che Ho Chi Minh (in realtà uno pseudonimo poiché il vero nome anagrafico era Nguyen Tat Thanh) non disdegnasse di darsi da fare tra i fornelli è cosa del tutto plausibile. Nel 1912, partito per gli Stati Uniti a bordo di una nave, lavorò come cuoco. A New York visse facendo il panettiere e altri mestieri legati alla cucina e nel 1915 a Londra , all’hotel Carlton, il rivoluzionario vietnamita divenne chef pasticciere sotto la guida del famoso cuoco Auguste Escoffier , universalmente conosciuto come il cuoco dei re,il re dei cuochi“). Non si sa se il tradizionale prodotto del sud-est asiatico, cioè il riso, amava cucinarlo alla milanese, con lo zafferano, o alla Pesa si limitava alla lista dei dolci. E’ certo che alcuni anni dopo il fondatore del movimento Viet Minh, la lega per l’indipendenza del Vietnam traghettò il suo paese verso l’indipendenza e nel 1945 venne acclamato presidente della Repubblica democratica del Vietnam, guidando successivamente il Vietnam del Nord durante la guerra fino al 1969, anno in cui morì a 79 anni.
Marco Travaglini
Collisioni la guerra dei mondi abbatte le barriere attraverso la musica con un grande happening generazionale sul palco di piazza Medford ad Alba. Si tratta di un festival capace di sintonizzarsi con il pubblico dei giovani e giovanissimi per abbattere le barriere e mettersi in ascolto dei nuovi linguaggi, come è sempre stato nello spirito di Collissioni.
Questo è il senso della sedicesima rassegna che, da venerdì 5 a sabato 13 luglio, si prepara ad accogliere ad Alba, a piazza Medford, decine di migliaia di spettatori in arrivo da tutta Italia per prendere parte ad un grande happening generazionale.
L’edizione 2024 conclude un triennio che il festival ha voluto dedicare a sostegno, socialità e aggregazione giovanile, per capire come il mondo e la musica siano cambiati dopo la pandemia, che cosa abbiano perduto e che cosa di nuovo sia arrivato.
Non si tratta solo di una rassegna di concerti, ma di un vero e proprio laboratorio permanente che ha visto protagonisti, a partire dal mese di novembre, grazie al nuovo spazio del Circo di Collisioni nell’area riqualificazione del Parco Tanaro di Alba, nell’ambito di riunioni e laboratori a cadenza settimanale, centinaia di ragazzi delle scuole superiori del territorio. Si tratta di un momento formativo e creativo a cui la vecchia guardia di Collisioni si è limitata a fornire supporto, nelle community social e nelle chat di WhatsApp, come nelle riunioni in presenza al Circo, per permettere ai giovani di costruire in piena libertà una line up di artisti per la maggior parte sconosciuti a chi ha più di 25 anni.
Il percorso triennale del festival è stato prima di tutto un’esperienza umana di grande ricchezza, che invita a riflettere sul profondo scollamento generazionale cui si assiste oggi in Italia. Due mondi in collisione, incapaci di dialogare tra loro, quello di chi vive di tv, politica e giornali, e l’altro, che comunica con mezzi spesso sconosciuti e sceglie l’invisibilità silenziosa del mondo digitale per sfuggire ai pregiudizi e agli stereotipi che spesso vengono incollati addosso al mondo degli adulti. Eppure l’avversione per la loro musica rivela forse un’incapacità di ascolto e una riluttanza ad andare oltre la superficie di rabbia contenuta nel rap e nel trap, per coglierne i messaggi più avanzati, in grado di mettere in crisi gli stereotipi sul colore della pelle, l’orientamento sessuale e il modo di stare insieme. Si tratta di contenuti che si possono trovare nelle canzoni e che si ascoltano live a Collisioni, cantate da artisti che arrivano dalle periferie o che sono nati in Italia da genitori stranieri o che interpretano una femminilità lontana dagli stereotipi televisivi.
Il primo head liner estivo dell’edizione 2024, cui sarà affidata l’apertura di venerdì 5 luglio in piazza Medford ad Alba, sarà il re delle Indie italiana Calcutta per la sua unica data estiva in Piemonte e Liguria. Il cantautore, originario di Latina, unico per la sua voce e per le sue canzoni cariche di emozioni, tornerà a Collisioni per farci ascoltare i brani del suo nuovo disco intitolato “Relax”, uscito il 20 ottobre del 2023, oltre ai successi che hanno segnato la sua carriera, per rendere come sempre la nuova edizione del festival memorabile.
Sabato 6 luglio a scaldare piazza Medford sarà la musica del Club Dogo. Dopo i dieci sold out al Forum di Milano e la pubblicazione del nuovo album di inediti “Club Dogo”, i Dogo fanno tappa ad Alba per la loro unica data in Piemonte, portando sul palco di Collisioni vecchi e nuovi successi.
A completare il programma del primo weekend di Collisioni tornerà domenica 7 luglio la prima Giornata Giovani, un progetto di Collisioni e Banca d’Alba, inaugurato nel 2021 e giunto alla sua quarta edizione a celebrare la musica e la voglia di stare insieme delle migliaia di ragazzi e ragazze che ogni anno accorrono ad Alba da ogni angolo d’Italia. Il calendario si ospiti sarà ricchissimo e andrà da Nayt, il raffinato rapper molisano cresciuto a Roma e apprezzato anche dal pubblico americano per il suo ultimo album, a Silent Bob, il rapper di Pavia autore di album come “Piove ancora” e “Habitat Cielo”, a Mida, l’artista emerso nella nuova edizione di Amici, fino a giungere all’head liner Tedua, senza dubbio l’artista rivelazione di quest’anno.
Il Festiva si concluderà sabato 13 luglio con una seconda Giornata Giovani dedicata ai giovanissimi, una maratona di oltre 5 ore di concerti non stop, con alcuni degli artisti di riferimento della fascia 15-23 anni. A salire sul palco di Collisioni il rapper campione di ascolti Capo Plaza per presentare in anteprima al pubblico del festival il suo nuovo attesissimo quarto album dal titolo “Ferite”. Ci sarà anche Anna, regina della Trap italiana e con lei Artie Sive, rapper milanese classe 200 originaria della Sierra Leone, con il suo inconfondibile stile influenzato dalla scuola Drill di Detroit. Saranno anche presenti Tony Boy, il rapper di Padova segnalato da Rockit come uno dei giovani più interessanti di Italia, fresco del suo quarto album in studio dal titolo “Nostalgia” e Paky, rapper di Secondigliano trasferitosi a Rozzano all’età di dieci anni, arrivato al primo disco di platino con il singolo “Rozzi”.
“Anche quest’anno Collisioni si conferma un evento di grande livello – sottolinea Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte- capace di parlare ai giovani, di coinvolgerli e essere attrattivo per il grande pubblico, senza rinunciare alla sua forte connotazione territoriale di un festival nato per promuovere la musica, ma anche le eccellenze del nostro territorio e della sua unicità. Un evento diventato irrinunciabile nel calendario estivo di cui il Piemonte è orgoglioso”.
“Collisioni – spiega il sindaco di Alba Alberto Gatto – è diventato un punto di riferimento per la programmazione degli eventi albesi e non solo. Il Festival Agrirock da molti anni rappresenta un’istituzione della musica, della cultura e dell’intrattenimento nelle Langhe. Il parterre di ospiti dimostra il prestigio di Alba e Collisioni. In qualità di sindaco neo eletto desidero ringraziare la direzione artistica e la passata amministrazione per il lavoro di programmazione messo in campo. Un grande evento per gli albesi, capace di attrarre persone da tutta Italia. Non vediamo l’ora di goderci i concerti di quest’anno e siamo sicuri che saranno un successo”.
I biglietti di Collisioni sono disponibili online su Ticketone e sugli altri circuiti o presso punti vendita autorizzati.
Mara Martellotta
Proseguono le “Passeggiate Letterarie nel Bosco dei Pensieri” promosse dalla “Fondazione Mirafiore” di Serralunga d’Alba
Sabato 22 giugno, ore 17
Bosia (Cuneo)
Sarà passeggiata letteraria “in trasferta”, a Bosia, sempre in piena terra cuneese, quella organizzata, per il prossimo sabato 22 giugno, dalla “Fondazione Mirafiore”, nata nel 2010 per volontà di Oscar Farinetti in un edificio storico diventato “teatro dinamico e moderno” (“l’unico teatro al mondo in cui è consigliabile entrare con un bicchiere di vino in mano”) all’interno del “Bosco dei Pensieri”, l’ultimo Bosco sopravvissuto della Bassa Langa, situato nel bel mezzo del cosiddetto “Villaggio Narrante” in Fontanafredda. Per la precisione, la passeggiata di sabato sarà la sesta, annotata nella ricca agenda degli appuntamenti delle “Passeggiate Letterarie”, rappresentanti una sorta di “rito laico” (iniziato, come sempre, a maggio e che andrà a concludersi venerdì 12 luglio prossimo) che intende mettere insieme “una comunità intorno alla natura e alla letteratura”, con la proposta di letture di libri contemporanei ancora freschi di stampa e letti ad alta voce passeggiando nel bosco insieme agli autori, con i quali, al termine della passeggiata “libro alla mano”, ci si potrà anche confrontare.
Sesta tappa, come detto, in trasferta a Bosia, il “paese dipinto” dell’Alta Langa dove i muri delle case sono stati artisticamente arricchiti nel tempo da grandi murales dedicati ai più celebri personaggi di Langa, da Cesare Pavese (per citarne alcuni) a Beppe Fenoglio a Giacomo Morra (il grande ristoratore cui si deve la notorietà mondiale del tartufo bianco e il primo ad inaugurare nel ’33 l’annuale “Fiera del Tartufo di Alba”), fino a Gina Lagorio e, ultimo in ordine di tempo, al cantautore – ferroviere (il più francese dei cantanti italiani) Gianmaria Testa.
L’appuntamento è alle 16,30 presso lo “sferisterio” di Bosia, in via Rutte, con lo scrittore ligure Orso Tosco che ha ambientato il suo primo romanzo noir proprio sulle colline dell’Alta Langa.
In un percorso a tappe, che si snoderà tra le vie e i sentieri che circondano il caratteristico borgo, l’autore leggerà e racconterà alcuni estratti da “Il pinguino delle Langhe” (Nero Rizzoli, 2024). A fare da guida, il sindaco di Bosia, Ettore Secco.
Al termine della passeggiata sarà offerto a tutti i partecipanti un piccolo aperitivo.
Originario di Ospedaletti, Orso Tosco è scrittore e sceneggiatore, ha pubblicato racconti, romanzi e poesie. Questo è il suo primo romanzo per “Nero Rizzoli” e il suo primo della “serie gialla”, per il quale si è inventato un personaggio davvero unico: il commissario Gualtiero Bova detto il “Pinguino”, umanissimo nelle sue irresistibili contraddizioni, involontariamente comico (caratteristica propria di quasi tutti i commissari dei “noir” di nuova generazione), dotato di un’intelligenza sopraffina che lo guida dove nessun altro potrebbe arrivare.
Quale la storia di questo “hard boiled” in salsa langarola? Assolutamente vietata anche solo una parola (un indizio) in più. Accontentiamoci dell’“incipit”.
“Anche i lunedì speciali, quelli capaci di cambiare il corso di un’intera esistenza, iniziano come un giorno qualsiasi”. E più di tanto …!
Basti sapere che ad impararlo a proprie spese sarà il potente broker svizzero Rufus Blom, quando durante la solita corsa all’alba tra le colline delle Langhe si imbatte nel cadavere di una ragazza. Sulla schiena l’assassino le ha tracciato col sangue una svastica e un cognome, il suo: Blom. Poche tracce lì intorno e tanti problemi per il commissario Bova, pardon per il “Pinguino”, da poco trasferitosi a Mondovì.
La partecipazione alla “Passeggiata” è gratuita, ma è tassativamente obbligatoria la prenotazione tramite il sito della “Fondazione”: www.fondazionemirafiore.it
In caso di pioggia la “Passeggiata” non sarà annullata ma si svolgerà nelle cantine storiche di Fontanafredda.
Gianni Milani
Nelle foto:
– Orso Tosco
– Veduta di Bosia
Proseguono gli scambi artistico culturali tra il Museo MIIT e altre istituzioni museali e artistiche, tanto che fino al 30 giugno prossimo il MIIT ospiterà una selezione di artisti a cura di Eureka Eventi di Massimo Picchiami e una selezione di artisti del Museo MIIT a cura del direttore Guido Folco. A queste selezioni, in mostra collettiva, si affiancheranno le personali curate dal museo e dedicate alla montenegrina, ma newyorchese d’adozione Fadiljia Kajosevic, alla marocchina Laila Benhalima, agli italiani Giuseppe Oliva e Anna Rota Milani, oltre all’italo canadese, ma valdostano di origini, Adriano Savoye.
La montenegrina Kajosevic interpreta la pittura come sonno e speranza, attingendo dalla tradizione poetica, artistica e letteraria, e concentrando la sua ispirazione nella ricca iconografia della luna e del sole, degli opposti che si completano, dell’universo e dell’Essere, inteso come maschera e specchio di sensazioni, sentimenti e emozioni.
Laila Benhalima, originaria del Marocco, si rifà al genere antico della favola e della narrazione, così importante e radicata in oriente e nei paesi di cultura araba. Le sue Mille e una Notte si assemblano in tessere come un mosaico attraverso cui la narrazione procede per figure, colori, immagini e narrazioni. La realtà si trasforma in fantasia, le storie e i personaggi vagamente chagalliani, fluttuano nell’aria e nello spirito di una artista visionaria e fantastica. Il Maestro Savoje unisce colore, forma, geometrie con una capacità di creare visioni oniriche, oppure vitali rappresentazioni dal vero, osservato e interpretato con uno sguardo fortemente cromatico e vibrante. Dai paesaggi artici a quelli andini, dalla natura delle nostre Alpi ai messaggi tra il pop e il sociale, Savoje scandice il suo tempo, che diventa inevitabilmente anche il nostro, toccando tematiche profonde e attuali come l’ecologia e l’ambiente.
Un’altra artista in mostra, Anna Rosa Milani, sposa perfettamente l’idea pavesiana della contrapposizione tra città e campagna interpretando quest’ultima come mondo ancestrale e magico privo, però, dei risvolti drammatici dello scrittore.
L’infinito di Giuseppe Oliva si realizza nella sua visione originale e dinamica del mare e della luce, del riflesso e della trasparenza ottenuta con abbinamenti cromatici e di pennellate sovrapposte. L’arte, in Giuseppe Oliva, diventa strumento di confronto con l’altro, con l’osservatore che si lascia ammaliare e condurre nel suo mondo di spirito e natura. Ad affiancare queste personali anche la collettiva di Eureka Eventi, nella cui selezione fanno parte artisti del Movimento Pentastrattista italiano fondato nel 2015. Tra questi Paola ErmIni, Monica Steliana Certita e Daniela Walser.
Ad impreziosire l’evento è stata organizzata la presentazione del libro di poesie “Meditatio tempestatis- Poesie dagli abissi” di Gabriella Vai con letture interpretate dall’autrice.
19-30 giugno 2024
Museo MIIT corso Cairoli 4 Torino
Orari visite da martedì a sabato 15.30/19.30
Mara Martellotta
Giovedi 20 giugno grande successo di pubblico per l’Orchestra Polledro a Chieri nella chiesa di San Domenico, sotto la direzione del Maestro Federico Bisio. (Foto archivio)
Grande successo di pubblico anche quest’anno per l’orchestra da camera Giovanni Battista Polledro, che si è esibita a Chieri nell’ambito della seconda edizione della rassegna “Il respiro della musica” lo scorso giovedì 20 giugno alle 21 nella chiesa di San Domenico. L’orchestra è diretta dal Maestro Federico Bisio, e ha scelto per questo concerto le note di Mozart e Salieri. Gli spettatori potranno ascoltare il concerto per fagotto e orchestra per si bemolle maggiore kv 191 di W.A. Mozart, con la presenza fagotto solista di Nicolò Pallanch, e di Antonio Salieri il concerto in do maggiore per flauto, oboe e orchestra con la presenza al flauto solista di Filippo Del Noce, e all’oboe solista di MateusZurawski. Di Mozart verrà poi eseguita la Sinfonia in re maggiore n.30 kv 202. L’ingresso alla chiesa di San Domenico sarà a offerta libera.
L’orchestra da camera Giovanni Battista Polledro nasce nel 2012 per iniziativa di un gruppo di appassionati torinesi che promuove l’associazione omonima, che si propone di diffondere le arti musicali, la formazione orchestrale e il talento di giovani interpreti. Il repertorio dell’orchestra è molto ampio e si estende dai capolavori del Barocco a quelli del Novecento, con lo scopo di diffondere inedite realtà musicali, comprese le composizioni di Giovanni Battista Polledro, ultimo grande rappresentante della scuola violinistica piemontese a cui è intitolata l’orchestra. Durante la serata si potranno apprezzare i virtuosismi del Maestro Nicolò Pallanch, nato nel 1992 a Trento e diplomatici presso il Conservatorio Bonporti di Trento con lode, nella classe di Alberto Santi. Ha poi proseguito gli studi, divenendo nel giugno 2017 primo fagotto dell’orchestra del Teatro Regio di Torino, e dal 2018ricoprendo lo stesso ruolo nella Filarmonica TRT.
Il Maestro Filippo Del Noce è primo flauto dell’orchestra Sinfonica di Stettino, ha registrato numerosi dichi in Polonia e, dopo essersi diplomato con lode e menzione d’onore al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, ha proseguito gli studi presso la Kunst Universitat di Graz. È vincitore di concorsi internazionali e ha partecipato a diverse masterclass condotte da maestri di fama mondiale.
Sul podio, a dirigere l’orchestra Polledro, il celebre Maestro Federico Bisio.
Chiesa di San Domenico, via San Domenico 1, Chieri
20 giugno alle ore 21
Mara Martellotta
La “Superba” davvero fu importante per i suoi forti legami che aveva con Guido Gozzano, ma chi si è occupato di lui come poeta non ricorda che quei “genovesi”, amici e colleghi suoi, dell’età adulta. Il suo approdo marino quindi, non va considerato allo stesso modo che per quegli altri che, già adulti, dal Piemonte(via Alessandria-Novi Ligure-Ronco Scrivia) in treno raggiunsero la Riviera e, curiosi, scesero magari a Principe (se proprio vogliamo nominare una stazione ferroviaria genovese), lasciando alle loro spalle il cielo grigio-livido che pesa su Torino per tanti giorni all’anno, ed erano più sensibili al fascino, che ancora oggi suscita in noi la vista del cielo terso che si stacca sul mare azzurro di Liguria, anche nella brutta stagione.
Segnalerò allora che azzurro è detto da Guido il “color di lontananza” (così nei versi intitolati «La più bella», che ripropongo nella pagina illustrata più volte pubblicata dall’editore Viglongo), e ricorderò che, per tutto il Rinascimento, anche la linea dell’orizzonte, dipinta sullosfondo di paesaggi e ritratti, era stata azzurra … e proseguo senza altre dimore, poiché profondi erano i legami che univano a Genova Guido Gozzano!
A Genova il mazziniano poi deputato e commendatore Massimo Secondo Mautino (1816-1873) aveva sposato Rosina Origone (1829-1860), sua seconda moglie e madre di Diodata (1858-1947), oltre che nonna di Guido(1883-1916). Fu là che Diodata, orfana di entrambi i genitori, visse con i nonni materni finché,diciannovenne, non fu portata ad Agliè dal padre di Guido, che, proprio a Genova, l’aveva impalmata e fusempre là che ella scelse, a padrino di battesimo per quelsuo figlio, Davide Castelli (1847-1931), un filodrammatico del teatro genovese (il cui profilo biografico incontriamo nel: Teatro popolare e dialettale: indagine enciclopedica sul teatro Piemontese, un fortunato libro di Domenico Seren Gay pubblicato nel 1977). Castelli che, per il teatro, scrisse in genovese alcune opere (destinate al successo perfino nei teatri subalpini), è tuttora ricordato come lo scopritore del talento di Gilberto Govi.
Ma allora, dal momento che aveva certamente a vedere con Castelli, perché non ricordare che a Genova la mamma di Guido aveva calcato per le prime volte la scena! E perché poi non pensare che, sempre su invito diCastelli, anche Guido proprio là avrebbe seguito i suoi passi? Ma c’è dell’altro, che fa credere che Castelli gli abbia reso facili altri incontri favorendolo in altri contatti che poi si rivelarono importanti per Guido. Infatti, a Genova, egli si approfondì nella fotografia, fotografiache certamente – come ho potuto provare – fu oggetto dei suoi primi interessi ad Agliè, grazie al francese Paul-Gaston-James Dosne (1855-1921), amico di famigliache, oltre ad essere ingegnere chimico di fama, era unfotografo, iscritto alla Société française de photographiefin dal 1897. Allora ricordiamo ancora che fu a Genova che Gozzano sentì forte il richiamo per il cinematografo, non tanto, perché ammirato delle foto delle soubrette le cui foto erano di facile accesso a Genova – come ha affermato qualcuno – ma perché era in contatto con lo studio fotografico Sciutto e Bosella.
Che contatti e incontri fossero stati favoriti dal padrino Castelli, noi non possiamo negarlo… Sappiamo che lavori fotografici di quei fotografi furono esposti a Torino, in una mostra fotografica (tra le prime realizzate nella capitale subalpina), e che, soli, furono oggetto di una segnalazione di Gozzano per la recensione, pubblicata nel 1914, che diventò famosa perché in essa definì la fotografia «L’arte nata da un raggio e dal veleno»! Eallora potrà non essere irrilevante ricordare che il nome di quei fotografi è legato al cinema genovese degli esordi!
Ma non solo questo, infatti a Genova viveva Mario Duboin (1879-1951), il cui nonno paterno era stato quel cav. (Carlo) Felice Amato (Giuseppe) Duboin (1796-1854) che sotto il suo nome tante pagine preziose per la storia del diritto sabaudo aveva raccolto in una ricca collana di volumi (ancora oggi di notevole interesse da parte degli storici). Mario, oltre che nipote di zia Diodata, era un ufficiale del Corpo Reale dei Carabinieri e nel 1908 aveva sposato la genovese Lina Maglio. AGenova nacquero i primi figli della coppia: Olga nel 1910, e Carlo nel 1912, quindi, se Umberto, Carlo e Ada videro la luce in altre città d’Italia (come capitava nelle famiglie dei dipendenti dello Stato costretti a spostarsi da una sede all’altra), gli ultimi due, Piero e Guido, furono, di nuovo, entrambi genovesi di nascita. Così è certo che la cartolina (con il villino Meleto fotografato da Celeste Scavini), che nell’estate del 1915 la zia Diodata glie l’aveva mandata a Cagliari, dove, all’inizio di giugno di quell’anno, era nato Umberto, il padre del mio amico Mario (omonimo nipote del precedente, che qui ringrazio, perché ha messo a mia disposizione quasi tutte le immagini per queste pagine).
E allora vediamoli,quei cugini “genovesi” di Guido (anche se Mario si sentì sempre torinese perché tra noi era nato) nel bel ritrattoda sposi, che qui si affianca a quello di “zietta Diodata” con il figlio Poeta, in una fotografia che, tra le ultime di lui, sempre fu molto cara a tutti, in casa Duboin…
Quindi, in ossequio al loro comune antenato, ricordiamo in ultimo la Genova romantica, che certamente fu cara ai nonni Mautino, e, da una raccolta di vedute della Città,pubblicata negli anni Ottanta dell’Ottocento, rimaniamo fermi sullo scorcio di San Lorenzo, perché quell’angolo di Genova certamente fu caro anche al nostro Gozzano, che lo frequentò fin dai suoi primi anni!
Carlo Alfonso Maria Burdet
(Dedico queste pagine a Giovanni Abrate, mio vicino di banco degli ultimi anni di liceo, che, da sempre appassionato di fotografia e di cinema, dalla sua residenza in Florida, è intervenuto per migliorare l’apparenza del materiale iconografico che ora propongo).