Cosa succede in città- Pagina 66

Al via il bando di Torino di AAA architetti cercasi

Una nuova sfida per i progettisti under 33.

 

Dopo il bando AAAPadova, aperto a fine 2023, al via il bando di Torino ‘AAA architetti cercasi. La casa abbordabile: rigenerazione e memoria’.

Dopo Padova è stato presentato il secondo bando della sesta edizione del concorso promosso da Confcooperative habitat sul tema della casa abbordabile e della trasformazione urbana.

Questo secondo bando della sesta edizione ingaggia progettisti under 33 con un contest di idee sui temi della rigenerazione urbana nel cuore della città di Torino. È stato presentato oggi all’Urban Lab di Torino per scoprire giovani talenti e per diffondere la cultura dell’abitare cooperativo da Confcooperative habitat, la federazione che unisce le imprese cooperative italiane e promosso con il contributo di Fondosviluppo Spa, il fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione di Confcooperative e con il patrocinio del Ministero delle infrastrutture e trasporti.

Dopo aver coinvolto dal 2008 a oggi oltre 1300 progettisti italiani e stranieri, il concorso apre una doppia sfida ad architetti e ingegneri, paesaggisti e urbanisti con meno di 33 anni alla data di consegna dei progetti sul tema della casa cooperativa a costo abbordabile, declinando in due bandi paralleli a Padova e a Torino, la proposta di elaborare nuove soluzioni abitative per promuovere la presenza in città di nuclei familiari temporanei quali, per esempio, starters e giovani che decidono di radicarsi a Torino, una volta terminati gli studi universitari.

Giovedì 18 gennaio è stato presentato a Torino il secondo bando AAA 2023/2024, con la collaborazione di Confcooperative Piemonte, il patrocinio del Comune di Torino, dell’ordine degli Architetti P.P e C. di Torino e Regione Piemonte.

I giovani progettisti sono ingaggiati in un frammento incompiuto del tessuto storico della città di Torino. L’area di interesse collettivo dell’isolato di Sant’Eligio è messa a disposizione dal Comune di Torino con un protocollo di intesa per lo svolgimento del concorso. Ai partecipanti è richiesta l’elaborazione di una proposta strategica unitaria alla scala dell’edificio, degli spazi aperti e della città, che prevede l’innesto di abitazioni abbordabili e una mix di usi collettivi e la restituzione alla città di spazi aperti pubblici a vocazione pedonale.

La giuria di Torino sarà presieduta dall’architetto Renata Codello, segretario generale della fondazione Giorgio Cini e composta da Alessandro Maggiori, presidente Confcooperative Habitat, Emanuela Canevari, rappresentante del Comune di Torino, e Gianni Gallo delle Confcooperative Piemonte Nord.

Mara Martellotta

Ugo Nespolo firma il nuovo logo della Regione Piemonte

Dal Santuario di Oropa alla Sacra di San Michele, dalla Cupola di San Gaudenzio alla Mole Antonelliana, dai canestrelli, al gianduiotto, fino ai prodotti dell’ingegno, della manualità e della tecnica. C’è tutto questo nell’Allegoria del Piemonte realizzata dal maestro Ugo Nespolo per la Sala Trasparenza del Grattacielo Piemonte.

Nell’opera si può vedere la Basilica di Sant’Andrea di Vercelli, l’Alta Langa, il Monviso, la Mole, la Sacra di San Michele, il Santuario di Oropa, la Basilica di San Gaudenzio a Novara, le Isole Borromee, la 500, il gianduiotto, il cappello Borsalino, il tessile biellese, i canestrelli, le nocciole IGP, l’oreficeria di Valenza, il Barolo, il tartufo, il patrimonio letterario e gli scrittori della regione, la macchina da scrivere simbolo di Ivrea e dell’ingegno di Olivetti, il riso, l’aerospazio.  

L’opera è stata presentata dal presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, dall’assessore al Patrimonio Andrea Tronzano e da Nespolo.

Dall’Allegoria emerge la duttilità e la versatilità di un territorio che sa reinventarsi e realizzare creazioni uniche dal punto di vista industriale ma che al tempo mette in evidenza anche la peculiarità dei suoi prodotti enogastronomici. Quest’immagine oltre a essere utilizzata come sfondo della Sala Trasparenza sarà replicata in tutti gli URP della Regione.

L’occasione è stata anche utile per tenere a battesimo il Nuovo logo della Regione Piemonte. Un logo che richiama la Nuova sede della Regione e che ne identifica la funzionalità. L’arte di Nespolo basata su forme geometriche minimaliste e colorate consegna un’identità precisa all’Istituzione puntando sui colori ufficiali, il rosso e il blu, con una veste grafica utile a definire un tono cromatico che dia colore al nuovo corso rappresentato dal Grattacielo. Lo stile è quello tradizionale di Nespolo in cui l’arte si mescola alla vita reale.

Un logo nuovo che sarà utilizzato per le comunicazioni istituzionali e per tutte le attività legate agli eventi organizzati dalla Regione su carta intestata e su tutto il materiale di promozione dell’attività istituzionale.

“E’ un grande onore per la Regione Piemonte ospitare l’opera di un grande artista come Ugo Nespolo – dichiara il Presidente della Regione Alberto Cirio – che non solo ci consegna uno splendido pannello che rappresenta tutte le eccellenze e le bellezze della nostra regione, ma ha anche voluto disegnare il nuovo logo del Grattacielo. Il Grattacielo, finalmente finito, è oggi a pieno titolo un pezzo del patrimonio di Torino e del Piemonte. Che un grande artista piemontese come Ugo Nespolo ne abbia disegnato il logo è un ulteriore attestazione di quanto questo edificio stia davvero diventando la casa di tutti i piemontesi”.

Artisti come Nespolo – commenta l’Assessore al Patrimonio Andrea Tronzano – sono in grado di rappresentare al meglio le peculiarità che contraddistinguono un territorio poliedrico come il nostro, vedere nell’allegoria del Piemonte citate insieme automotive e aerospazio conferma la bontà delle scelte fatte da questa Amministrazione. Il logo dedicato al Grattacielo poi è un altro dei tasselli che conferiscono valore a un’opera che abbiamo portato a termine.

Questa Allegoria è la dimostrazione della ricchezza della nostra Regione – commenta Ugo Nespolo – una varietà di intenti unica che abbraccia i prodotti della terra per arrivare alla tecnologia, la sua storia per arrivare alla raffinatezza dei suoi monumenti. Quest’opera però non deve essere un punto d’arrivo e noi tutti dovremmo poi contribuire in futuro affinché questa storia e questa allegoria venga implementata  

Un incontro dedicato all’unità dei cristiani

19 GENNAIO – ore 20,45 – Via Cialdini 4, Torino

Riflettere sull’ unità dei cristiani, anche perché in piena settimana di preghiera per l’unità . Si tratta di un tema molto importante per i Missionari della Consolata che in tutti i luoghi di missione vivono autenticamente l’ecumenismo ogni giorno.
“Vi aspettiamo e vi invitiamo a condividere la locandina con i vostri amici!” scrivono sulla pagina FB del CAM – Cultures And Mission.

Sold out per il Maestro Riccardo Muti e la Chicago Symphony Orchestra il 26 gennaio

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Nasce da un’iniziativa della Città di Torino e dell’Assessorato alla Cultura il concerto, già sold out, che venerdì 26 gennaio vedrà protagonisti all’Auditorium Giovanni Agnelli il Maestro Riccardo Muti e la Chicago Symphony Orchestra. Si tratta di un evento eccezionale di grande prestigio che unisce, per la prima volta, la Fondazione per la Cultura di Torino, Lingotto Musica e la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro. Promuove due tra le maggiori manifestazioni musicali torinesi, il festival MITO Settembre Musica e la rassegna dei concerti del Lingotto. L’evento, coprodotto dalla Fondazione per la Cultura di Torino e Lingotto Musica, contribuirà a sostenere le attività dell’istituto di Candiolo, una delle eccellenze italiane e punto di riferimento internazionale nel campo della ricerca e della cura oncologica.

Quella di Torino è la prima data del tour italiano, che il 27 gennaio toccherà anche la Scala di Milano e il 28 gennaio il teatro dell’Opera di Roma. La serata segna il ritorno, dopo molti anni a Torino, della Chicago Symphony Orchestra, sotto la guida di uno dei direttori più amati e celebrati del nostro tempo.

“Nell’anno in cui dirigerò a Torino un ballo in maschera di Giuseppe Verdi – afferma il Maestro Riccardo Muti – sono felice di riportare la grande Orchestra di Chicago in questa città, che ho imparato ad amare e ammirare”.

Il Maestro Muti ha concluso il suo mandato lo scorso giugno da decimo direttore musicale della blasonata compagine americana dopo tredici anni, ed è stato nominato direttore musicale emerito a vita nel settembre 2023, titolo mai assegnato prima nella storia della Chicago Symphony Orchestra.

Legata al filo doppio, alla cultura della musica mitteleuropea, tedesco di nascita era il suo fondatore Theodore Thomas, che creò l’Orchestra nel 1891, la Chicago Symphony Orchestra è stata guidata da direttori come Daniel Baremboim, Pierre Boulez, Carlo Maria Giulini e Claudio Abbado, che ne hanno ricoperta la carica di direttori ospiti principali.

“È un vero piacere accogliere di nuovo a Torino il Maestro Muti – afferma il Sindaco Stefano Lo Russo – dopo il grande successo del Don Giovanni del 2022 al teatro Regio, dove tornerà in primavera. Questo appuntamento, reso possibile dalla Fondazione per la Cultura Torino e da Lingotto Musica, sarà ancora più prestigioso grazie alla presenza di una delle orchestre più blasonate al mondo, la Chicago Symphony Orchestra. Un concerto di livello internazionale che avrà la finalità, altrettanto importante, di favorire le attività di fundraising di un’altra eccellenza che ha sede sul nostro territorio, la Fondazione Piemontese per la Ricerca sul cancro.”

“Ringraziamo la città e la Fondazione per la Cultura Torino per aver proposto a Lingotto Musica – afferma il Presidente Giuseppe Proto – di essere partner musicale di questo progetto, che testimonia una volta di più come la musica sia non solo nutrimento dell’anima ma anche uno strumento efficace per finalità filantropiche”.

Il programma impaginato dal Maestro Muti per la tappa torinese della Chicago Symphony Orchestra è un florilegio tutto mediterraneo. È affidato alla Sinfonia n. 4 in La maggiore op. 90 di Felix Mendelssohn, detta “Italiana” perché ispirata all’esuberanza di colori e di vita che l’animo dell’artista riportò dal soggiorno in Italia durato dal 1830 al 1832, e alla fantasia sinfonica “Aus Italien” op. 16, che il ventiduenne Richard Strauss compose nel 1886 per rievocare le impressioni riportate dal suo primo viaggio nel Bel Paese. Ad aprire la serata la prima esecuzione italiana di “The triumph of the Octagon”, di Philip Glass, commissionato nel 2023 dalla Chicago Symphony Orchestra. Dedicato alla pianta ottagonale della famosa fortezza federiciana di Castel del Monte, in Puglia, il nuovo lavoro del grande compositore minimalista è un omaggio al Maestro Muti e alla sua terra d’origine.

“Il mistero che avvolge questo antico maniero e l’unicità delle sue forme geometriche sono stati dei catalizzatori formidabili -afferma il compositore Philip Glass – anche se ho scritto musica su persone, luoghi e culture non ricordo mai di avere composto un pezzo su un edificio storico. Era chiaro che non stavo scrivendo un brano su Castel del Monte, ma sulle suggestioni simboliche che offre un luogo così enigmatico”.

 

Mara Martellotta

L’ibrida bottega “Dialoghi al Quarto di Luna”

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Conversazioni a ruota libera su passato, presente e futuro di Torino per il ciclo di incontri “Dialoghi al Quarto di Luna” ospitati dalla libreria Librida bottega, che è il rifugio prediletto di ostinati lettori da 12 anni ai piedi della collina e affacciata sul Po.

 

Il programma prevede 9 incontri (ingresso libero, ma su prenotazione) fino al 3 giugno. Tutti altamente conviviali, in piena libertà, a ruota libera e più voci per declinare i mille volti della città.

Così “L’ibrida bottega” si riconferma libreria indipendente capace di fare comunità; e grazie alla collaborazione e all’interazione di un pool di amici ha messo a punto la scaletta degli appuntamenti. Il titolo di ognuno si ispira a un romanzo e prevede una coppia di relatori che si confrontano anche con il pubblico.

Il primo è stato un successo, il tema era “Lettere da Torino: sulle tracce antiche e future della città”. Protagonisti sono stati Walter Barberis, storico e presidente della casa editrice Einaudi e Adrea Malaguti, neo direttore della Stampa, (quotidiano torinese che collabora all’iniziativa).

L’analisi di Malaguti è partita dalla situazione delloscacchiere mondiale: tra guerre in corso e profonda crisi dei valori condivisi dalle collettività occidentali.

Torino è una delle città che (insieme a Roma e Napoli) ha visto il moltiplicarsi delle disuguaglianze e sta pagando maggiormente la crisi economica. Soprattutto deve trovare una sua nuova identità, visto che sono venuti meno i punti di riferimento del passato. Le potenzialità ci sarebbero, però occorre reinventarsi, affinare l’abilità di farsi conoscere, capire e autopromuoversi.

Barberis ha sottolineato lo sbandamento culturale degli ultimi anni e il frantumarsi della solidarietà. I grandi padroni oggi sono le multinazionali con sedi all’estero, e interloquire è complicato; mentre i contratti di lavoro dei giovani sono effimeri e li fanno sentire ininfluenti e facilmente sostituibili.

Le risorse ci sarebbero, Torino ha ingenti patrimoni che però restano immobilizzati. Barberis si augura un nuovo Rinascimento della classe imprenditoriale, un’alleanza tra le persone che hanno le possibilità di dare una svolta.Perché Torino non può vivere solo di turismo; ma deve inventare il suo nuovo futuro in un’Italia e in un Europa che sono sempre più marginali nel mondo. Questi alcuni dei nodi del primo incontro.

 

E last but not least.

“L’ibrida bottega” è sempre più una sorta di Shakespeare and Company subalpina (per energia e lungimiranza intellettuale ricorda quella fondata nel 1919 a Parigi da Sylvia Beach); le cui anime sono quelle di Federico Bena e sua moglie Cristina.

Da luglio si è trasferita nella nuova location in via Casale 10, sempre a Borgo Po (prima era in via Felice Romani). Nuova sede, lo stesso fascino di quella precedente, anzi accresciuto e molto più in grande.

Un’oasi di pace e cultura che ha guadagnato preziosi metri quadrati, sempre pronta ad ospitare novità, iniziative, autori e un pubblico affezionato in costante crescita.

Qui si entra e ci si ritrova accolti dall’abbraccio dei titolari che si alternano nell’orario continuato fino alle 20 di sera. Federico e Cristina di libri vivono: li respirano, li leggono e consigliano, e qualsiasi titolo andiate cercando loro si attivano per trovarvelo.  Scusate se è poco…soprattutto per chi rimpiange un bene oggi raro, ovvero l’antico rapporto con il libraio-amico col quale commentare e scambiare emozioni e pensieri.

 

Il prossimo incontro sarà il 5 Febbraio  “Il mestiere di vivere: la città e la fabbrica, ricordi e speranze”  con Sergio Chiamparino e Giorgio Marsiai, moderati dal giornalista Paolo Griseri.

E a seguire, tra i vari argomenti: la città e lo sport, la storia politica del capoluogo subalpino, la solidarietà, il cinema e passeggiare a Torino.

Per il programma completo scrivere a info@libridabottega.it .

LAURA GORIA

A.L.B.A, la prima carrozzina che migliora l’autonomia del paziente parte da Torino per un tour internazionale

Si tratta di un progetto rivoluzionario, pensato per migliorare l’autonomia dei pazienti con mobilità ridotta, partito da Torino per essere presentato a livello internazionale. Quella creata da A.L.B.A ( acronimo di Advanced Light body Assistants) è una carrozzina di nuova generazione che permette al paziente di muoversi in maniera più autonoma grazie anche alla tecnologia a disposizione rappresentata dai comandi vocali e dai comandi da remoto.

Un progetto all’avanguardia quello di A.L.B.A che può muoversi non solo orizzontalmente, ma anche verticalmente tra i piani dell’edificio, comunicando direttamente con gli ascensori. Si tratta di un progetto che interagisce direttamente con le infrastrutture, nato dalla collaborazione di aziende leader nei rispettivi settori. La carrozzina creata da A.L.B.A soddisfa tutti i criteri di sicurezza, non supera i 6 km orari e può evitare gli ostacoli grazie al sistema di sensori di cui è dotata. Oggi in fase di espansione internazionale e pronta per essere presentata a Parigi  e a Dubai, oltre che all’interno di importanti fiere come, ad esempio, la Gulf Information Technology Exhibition, è nata nel 2019 grazie alla sperimentazione avvenuta all’interno del Presidio Sanitario San Camillo, un ospedale specializzato in riabilitazione, pensata per muoversi in contesti non solo ospedalieri ma anche all’interno di spazi di diversa natura. L’obiettivo di A.L.B.A è stato quello, infatti, di rivoluzionare la mobilità e la qualità di vita del paziente, garantendo spostamenti efficienti e comodi.

“Nel 2016 mia nonna – spiega l’ingegnere Andrea Segato, ideatore di A.L.B.A – ha dovuto incominciare a muoversi in carrozzella per un’artrosi al ginocchio. Ho cercato di capire come aiutarla, sul mercato non c’era moltissimo anche se l’1 % della popolazione mondiale ha bisogno di questo supporto. La nostra è una soluzione nata grazie all’incontro con aziende importanti e che ci proponiamo essere concorrenziale nel prezzo e con una tecnologia che aiuti tutti”.

“Il San Camillo è stato scelto per le sperimentazioni di A.L.B.A. per la sua lunga esperienza nel campo della riabilitazione e per l’alto numero di pazienti che segue – spiega il Direttore Generale Marco Salza – è un progetto importante poiché sancisce il connubio tecnologia – salute che ben si sposa con la riabilitazione: A.L.B.A. è importante per tre motivi: dà maggiore autonomia a chi ha disabilità importanti, tutela i lavoratori che mobilizzano le persone malate, controlla da remoto dove si trovano le carrozzine.

 

Mara Martellotta

 GiovedìScienza: “Il male detto. Che cosa chiamiamo dolore”

IL MALE DETTO. CHE COSA CHIAMIAMO DOLORE

Con Roberta Fulci, giornalista di Radio 3 Scienza

Giovedì 18 gennaio ore 17. 45

In presenza al Polo del ‘900 (Piazzetta F. Antonicelli – Via del Carmine, 14 Torino) e in diretta streaming su www.giovediscienza.it

Sappiamo definire il dolore? Sicuramente sappiamo dire se lo proviamo o no, ma spiegare cosa sia è tutta un’altra cosa. Medici, scienziati e filosofi hanno passato secoli a cercare di riconoscerlo, misurarlo, interpretarlo.

Giovedì 18 gennaio Roberta Fulci, giornalista di Radio 3 Scienza, guiderà un nuovo incontro di GiovedìScienza dal titolo Il male detto. Che cosa chiamiamo dolore.

Tra punture e arti fantasma, sale parto ed evoluzione, peperoncino e acqua frizzante, si proverà a ricostruire la storia di un’impresa apparentemente impossibile, indagando il concetto di dolore e il suo significato.

La conferenza è in programma in presenza al Polo del ‘900 di Torino e sarà trasmessa anche in diretta streaming sul sito www.giovediscienza.it

Ingresso libero fino ad esaurimento posti.

Per info: Tel. 0118394913 – WhatsApp 375 6266090 – gs@centroscienza.it

Roberta Fulci

Redattrice e conduttrice a Radio3 Scienza, il quotidiano scientifico di RAI – Radio3. Collabora con Feltrinelli, Sanoma, Il Tascabile e la Heidelberg Laureate Forum Foundation. Insegna al Master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico” della SISSA di Trieste e al Master “La scienza nella pratica giornalistica” della Sapienza Università di Roma. Il suo ultimo libro, Il male detto (Codice, 2023) si è classificato secondo al premio Science Book of the Year 2023.

“Camera” propone Robert Capa e Gerda Taro 

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Mentre sono gli ultimi giorni per visitare la mostra dedicata a Andrea Kertèsz, Camera si prepara alle nuove esposizioni dedicate ai grandi protagonisti della storia della fotografia Robert Capa e Gerda Taro, con i graffiti di Saul Steinberg fotografati da Ugo Mulas, promossi a Milano, e la mostra che racconta l’opera di Michele Pellegrino, a partire dal 14 febbraio fino al 2 giugno.

Dopo le esposizioni dedicate all’opera di Dorothea Lange e di André Kertèsz approda a Camera un’altra grande mostra che racconta in 120 fotografie il rapporto professionale e affettivo tra Robert Capa e Gerda Taro, tragicamente interrottosi con la morte della fotografa in Spagna nel 1937. L’intensa stagione di guerra, amore e fotografia è narrata attraverso le fotografie dei due artisti e dalla riproduzione di alcuni provini della celebre valigia messicana, contenente 4500 negativi scattati in Spagna dai due protagonisti e dal loro amico e sodale David Seymour, detto “Chim”.

La mostra è curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi, attraverso le fotografie e la celebre valigia messicana, di cui si persero le tracce nel 1939, quando Capa la affidò a un amico per evitare che i materiali venissero requisiti e distrutti dalle truppe tedesche, ed è stata ritrovata soltanto nel 2007 a Mexico City, permettendo di attribuire correttamente una serie di immagini di cui fino ad allora non era chiaro chi fosse l’autore o l’autrice. Fuggita dalla Germania nazista lei, emigrato dall’Ungheria lui, Gerta Pohorylle e Endre , poi francesizzato André Friedmann si incontrano a Parigi nel 1934 e l’anno successivo si innamorano, stringendo un sodalizio artistico e sentimentale che li avrebbe portati a frequentare i café del QuartoereQuartiere latino ma anche a impegnarsi nella fotografia e nella lotta politica.

Per cercare di allettare gli editori Gerda si inventa il nome di Robert Capa, ricco e famoso fotografo americano arrivato da poco nel continente, alter ego con il quale si identificherà per il resto della sua vita. Anche lei cambia nome e assume quello di Gerda Taro. L’anno decisivo per entrambi è il 1936, quando in agosto si muovono verso la Spagna per documentare la guerra civile tra repubblicani e fascisti. Il mese dopo Robert Capa realizzerà il leggendario scatto del miliziano colpito a morte, mentre Gerda Taro scatterà la sua immagine più iconica, una miliziana in addestramento , pistola puntata e scarpe con i tacchi, da un punto di vista inedito di una guerra fatta e rappresentata da donne.

La mostra di Michele Pellegrino (1967-2023) promossa da Camera e Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, con la curatela di Barbara Bergaglio e un testo di Mario Calabresi, si compone di oltre 50 immagini del fotografo Michele Pellegrino, nato a Chiusa Pesio nel 1924.

Si tratta di una sintetica antologica dell’intero suo percorso creativo, tra montagne, ritualità, volti e momenti del mondo contadino, che narrano la passione dell’artista per la fotografia e la sua terra. Insieme a queste è stato condotto uno studio del paesaggio botanico e una selezione digitale dell’archivio.

La mostra si basa, infatti, sulla catalogazione e digitalizzazione effettuate da Camera sull’archivio del fotografo, acquisito dalla fondazione CRC nell’ambito del progetto Donare.

Mara Martellotta

“Fame – Saranno famosi”, il musical che continua ad appassionare intere generazioni

Da giovedì 18 gennaio, sul palcoscenico del teatro Alfieri

Il film, in primo luogo, del 1980, una ricca stagione cinematografica dentro cui ritagliarono i propri spazi titoli prestigiosi, il luciferino “Shining” e “Toro scatenato”, il tormentato “Cancelli del cielo”, in cui Redford volava verso gli Oscar con la sua opera prima “Gente comune” e Fellini consegnava un’imperfetta “Città delle donne”, “Il grande uno rosso” di Samuel Fuller e Truffaut con “L’ultimo metrò”, in cui esordiva Almodovar e Richard Gere squadernava le voglie delle signore bene di Los Angeles con “American Gigolo”; e ancora David Lynch, Scola, Woody Allen, Verdone. E parecchi altri. Epoca di successi, di capolavori e di botteghini e produttori soddisfatti, nella quale un record economico non spingeva ad aprire dibattiti e intonare alleluja di ringraziamento. Nell’area dei successi s’inseriva a ragione, acclamato e seguitissimo, “Fame”, dilatato da noi con “Saranno famosi”, alla regia un ispirato Alan Parker – regista pronto a passare dalla tragedia del giovane Billy Hayes rinchiuso nelle carceri turche in “Fuga di mezzanotte” a “Birdy” e i traumi che la guerra in Vietnam ha lasciato in certi ragazzi, dall’odio razziale nel profondo Sud di “Mississipi Burning” al musical “Evita” con Madonna – ad impaginare le audizioni e i sogni e le grandi aspirazioni, i dolori e gli amori e i fallimenti di un gruppo di ragazzi, ballerini cantanti e attori, ritratti nei quattro anni di percorso nelle aule della prestigiosa High School of Performing Arts di Manhattan, a mostrare la grinta e la fatica di ogni giorno, a descrivere anche tra le aule della scuola quanto di “american dream” c’era in quei ragazzi che con ogni mezzo aspiravano ad un futuro. Una formidabile colonna sonora di Michael Gore e una canzone cardine, “Fame” appunto, cantata da Irene Cara, che abbracciarono due statuette agli Oscar (sei le nomination, tra cui quella per un’altra canzone, “Out Here on My Own”). Era difficile non portarsi a casa i sentimenti di Leroy Johnson, infanzia difficile e solitaria e rapporti disastrosi con gli insegnanti, di Coco Hernandez vero esempio di caparbietà, di Bruno Martelli e della sua voglia di esibirsi al pianoforte, dell’aspirante attrice insicura, Doris, e del talentuoso Montgomery. I ritmi nella sala prove e la musica che si riversa nelle strade, il saggio di fine corso che prende le mosse dal precedente “A Chorus Line”.

Quell’immenso successo spinse i produttori a dar vita alla serie che avrebbe occupato le tivù per 136 episodi, lunga sei stagioni tra il 1982 e l’87 (da noi, sull’antica Rai 2, tra il gennaio 1983 e il gennaio 1989, inizialmente la domenica sera, poi in estate, nella fascia del dopo pranzo), qualcuno dei ragazzi a mantenere il proprio ruolo (Lee Curreri fu ancora Martelli, Gene Anthony Ray ancora Leroy) e altri a dire basta, come Irene Cara che cercò altre strade, come il cinema o i concerti, o una soap opera lunga cinque anni, che era più o meno lo specchio della sua vita, come il successo mondiale del brano “Flashdance… What a Feeling” che nel 1984 la portò ancora all’Oscar per la miglior canzone. Nuove facce, nuove voci, nuove problematiche in un mondo che stava cambiando tremendamente in fretta, nuovi successi cercati: anche una certa Louise Veronica Ciccone si presentò un giorno per entrare a far parte della serie e fu scartata. Curreri non ha mai smesso di creare note, qualcuno si perse, la rabbia di Gene Anthony Ray (Leroy) si riversò nella droga, nell’incostanza, nella ribellione, nei falsi progetti, nonostante un rifugio e l’interessamento di molti trovati in Italia.

Fame” continuava ad essere un fenomeno leggendario, un monumento, un’eccellente macchina dello spettacolo, un esempio da seguire per i molti che intraprendevano quella strada. Ecco che, nel 1988, a Miami, quello che già era stato il produttore del film, David De Silva, pensò di portare la propria creatura in palcoscenico: ne avrebbe decretato il successo in tutto il mondo e per sempre. Ultima tappa di un così lungo percorso artistico, ecco che, oggi, una grande produzione debutta a Torino, al teatro Alfieri – confermandosi in tal modo le promesse fatte da Fabrizio De Biase ad inizio stagione, di portare a Torino le eccellenze e le migliori produzioni, “Cabaret” d’inizio stagione non era stato che il biglietto da visita – da giovedì 18 gennaio (sino a domenica 28, per intraprendere poi una lunga tournée in giro per tutta l’Italia, da Milano a Cosenza a Trieste, da Trento a Napoli a Bari, da Bologna a Firenze a Roma, numerose alzate di sipario sino al maggio prossimo), “Fame” nella versione firmata da Luciano Cannito, che riunisce la lunga esperienza di regista e coreografo (lo affianca Fabrizio Prolli) internazionale, uno spettacolo dove in un ritmo travolgente, capace di coinvolgere con qualche minimo aggiornamento ogni generazione (quelli che con intensità si lasceranno nella memoria accompagnare dalle immagini conosciute un tempo sullo schermo, come quelli che per la prima volta non potranno non essere toccati dalla storia e dal suo ritmo indiavolato), in una colonna sonora arricchita di nuovi brani, si alterneranno canto, danza, recitazione, musica.

Le scene sono firmate da Italo Grassi e i costumi vedono la firma di Veronica Iozzi, la direzione musicale è di Giovanni Maria Lori (una lunghissima carriera di direttore e supervisore musicale, direttore d’orchestra, autore interno Mediaset e insegnante di canto ad “Amici” di Maria De Filippi, arrangia tra gli altri per Francesco Sarcina e i Maneskin, nel 2017 ha arrangiato il medley cantato da Robbie Williams per “XFactor”), gli arrangiamenti musicali sono di Raffaele Minale, Franco Poggiali, Angelo Nigro e Maurizio Sansone, tutte figure di spicco nell’universo del musical, del teatro e degli show pop internazionali. Le liriche sono di Jacques Lévy e le musiche di Steve Margoshes, la canzone dell’Oscar la si deve al duo Dean Pitchford e Michael Gore. Ad incanalare come insegnanti i ragazzi nelle varie discipline, sul palcoscenico ecco gli apprezzatissimi Barbara Cola (Miss Sherman), Lorenza Mario (Miss Bell), Stefano Bontempi (Mr. Sheinkopf) e Garrison Rochelle (Mr. Myers), uomo di spettacolo a tutti noto che trasporta con grande simpatia il proprio ruolo dalla televisione al palcoscenico. E poi ci sono i ragazzi, quelli che sera dopo sera esploderanno in quella bravura che è nella speranza di tutti possa manifestarsi in questo come in cento altri spettacoli che dovranno affrontare: c’è Alice Borghetti (Carmen), Flavio Gismondi (Nick), Ginevra Da Soller (Serena), Alfredo Simeone (Joe), Michelle Perera (Mabel), Raymond Ogbogbo (Tyrone), Giuseppe Menozzi (Shlomo), Greta Arditi (Iris), Arianna Massobrio (Grace) e Claudio Carlucci (Goody). Ognuno a percorrere, tappa dopo tappa, la strada verso un beneaugurante “saranno famosi”. E per chi voglia applaudirli al di fuori del teatro, è in programma ancora un flash mob, entusiasmante come il precedente in piazza Castello, sabato 20 gennaio, tra le 15,30 e le 16, presso il Centro Commerciale Lingotto. Buon (assicurato) divertimento!

Elio Rabbione

Nelle immagini: il manifesto dello spettacolo, momenti del film di Alan Parker e “gli insegnanti” della “High School Performing Arts di Manhattan” (da sinistra, Stefano Bontempi, Barbara Cola, Garrison Rochelle e Lorenza Mario, con al centro Luciano Cannito).

Tre concerti per non dimenticare: celebrazioni del giorno della Memoria, del giorno del Ricordo e del 25 Aprile

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Tante le iniziative per celebrare il giorno della memoria, del ricordo e della Liberazione

Tra le tante iniziative per celebrare il giorno della memoria, il giorno del ricordo e l’anniversario della liberazione vi saranno tre concerti, un’iniziativa congiunta di città di Torino, Consiglio regionale del Piemonte, Polo del Novecento, Fondazione per la Cultura Torino, fondazione TGR, Teatro Stabile di Torino e Torino jazz festival per onorare la memoria storica e promuovere la riflessione attraverso la musica.

All’Auditorium Giovanni Agnelli sabato 27 gennaio prossimo Luca Barbarossa tornerà a Torino per un live organizzato in occasione della Giornata della memoria. Accompagnato dalla social band, il cantautore ripercorrerà i suoi più grandi successi, fino a quelli più recenti contenuti nell’ultimo album “la verità sull’amore”. L’ evento è organizzato dal Polo del ‘900, nell’ambito di oltre trenta appuntamenti tra mostre, presentazioni di libri, spettacoli teatrali, proiezioni webinar, posa di nuove pietre d’inciampo e tante attività per scuole e famiglie, organizzate in collaborazione con i numerosi soggetti del territorio impegnati nella conservazione della memoria storica.

Venerdì 9 febbraio alle 20.45 la Casa del teatro ragazzi e giovani ospiterà ESODO, di e con Simone Cristicchi.

Lo spettacolo, proposto da Fondazione TRG con il sostegno del comitato per la resistenza e costituzione del consiglio regionale, racconta una triste pagina della storia italiana, attraverso parole e immagini, quando, a seguito del trattato di pace del 1947, 300 mila persone decisero di lasciare le proprie case nei territori istriani e della fascia costiera, che l’Italia dovette cedere alla Jugoslavia. L’ingresso è gratuito, fino a esaurimento dei posto disponibili, con prenotazione obbligatoria a partire da lunedì 29 gennaio. Per informazioni biglietteria@casateatroragazzi.it.

La dodicesima edizione del Torino Jazz festival, quest’anno dal 20 al 30 aprile, si unirà alle celebrazioni per la festa della liberazione con il concerto della cantante Fatoumata Diawara, che si esibirà al teatro regio giovedì 25 aprile alle ore 21, in uno spettacolo idealmente dedicato alla gioventù resistente e, in particolare, a Dante di Nanni, a 80 anni dalla sua morte.

La presenza di fatturata Diawara vuole ricordare la centralità della musica d’oggi nell’esaltazione dei valori della Resistenza. La grande cantante del Mali, paladina dei diritti delle donne, maestra nella fusione di stili suggestioni senza confini, chiuderà la giornata di appuntamenti per l’anniversario della Liberazione in un clima di festa, danza e comunione sociale, aperto a tutta la cittadinanza.

Il concerto è organizzato da Fondazione per la cultura Torino, a ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria dal 17 aprile sul sito www.torinojazzfestival.it.

Sabato 27aprile proseguiranno le celebrazioni per l’anniversario della liberazione con uno spettacolo che andrà in scena al teatro Gobetti alle 15, dal titolo “Un Gramsci mai visto”. A partire dal libro “Gramsci una nuova biografia”di Angelo d’Orsi l’autore ha deciso di far conoscere quella vita in forma teatrale, con un Gramsci che si racconta in prima persona.

L’appassionata narrazione della sua vita, nella forma di sette monologhi concatenati, dialoga con momenti di musica e canti popolari di lotta e di lavoro, tratti dalla tradizione orale operaia e contadina coeva a Gramsci. Lo spettacolo, organizzato dalla fondazione per la Cultura Torino in collaborazione con il teatro Stabile di Torino, è a ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria dal 22 aprile al sito www.fpct.it

“La memoria è fondamentale- spiega il sindaco Stefano Lo Russo- su di essa si fonda la costruzione di un domani migliore. Oggi, mentre ci accostiamo al ricordo di drammatiche pagine della storia, dobbiamo farlo con ancora maggiore consapevolezza anche per evitare di ricadere negli stessi errori. Il 27 gennaio ricordiamo milioni di vittime Innocenti e di vite spezzate e lo facciamo per un senso di doveroso rispetto verso il loro sacrificio, per il nostro futuro e, ancor più importante, per quello delle generazioni che verranno. Un ringraziamento al comitato resistenza e costituzione e ai partner istituzionali che hanno collaborato per rendere possibile questo ricco calendario di appuntamenti, cui invito tutti i torinesi e le torinesi a prendere parte”.

Mara Martellotta