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Premio “Mario Soldati” 2024 nell’Aula storica di piazza Castello

 

Lunedì 12 febbraio nella storica Aula del Consiglio provinciale oggi metropolitano di Torino in piazza Castello è stato conferito il Premio Mario Soldati 2024 per la cultura, l’arte, il giornalismo.
Il riconoscimento è stato assegnato dal Centro Pannunzio a Vittorio Barosio, Elda Casetta, Laura e Fonseca, Ruggero Grio, Roberto Pirino e Bianca Vetrino.


Il vicesindaco di Città metropolitana di Torino Jacopo Suppo ha accolto gli ospiti sottolineando il valore della memoria e della cultura, dando atto del grande impegno al centro culturale e al suo direttore Pier Franco Quaglieni.

“Guercino. Il mestiere del pittore”, dal 23 marzo al 28 luglio nelle Sale Chiablese di Torino

Mentre ancora da noi – a Torino, luogo scelto e deputato – tutto tace, in attesa di un’esplosione che a suo tempo ci dia il giusto merito (“valorizzare un patrimonio che è proprio dei Musei torinesi”, “di prima fascia” è stato tra l’altro ribadito, nucleo d’eccellenza di una corte che con avveduta attenzione amava raccogliere e circondarsi di quella che era l’arte “contemporanea”), già si sono accese le luci, con le due conferenze stampa, a Roma presso il Ministero della Cultura e a Milano nelle sale di Palazzo Litta, sulla mostra intorno alla figura del “Guercino. Il mestiere del pittore” che dal 23 marzo sino al 28 luglio occuperà gli ambienti cittadini di palazzo Chiablese. Una mostra che vuol essere un giusto inserimento nella grande attenzione come negli studi sempre più approfonditi in questi ultimi anni sulla figura dell’artista nato a Cento nel 1591 (morirà a Bologna settantacinquenne), per tacere delle mostre recenti di Madrid e di Francoforte e di quella felice riscoperta che è la riapertura della Pinacoteca Civica della sua città natale. Un fermento, una figura importante dell’arte seicentesca, un “maestro” cui più di altri si deve collegare il termine “mestiere”, un omaggio che vedrà allineate più di cento opere, un preciso “affresco del sistema dell’arte”, una suggestiva proposta dei Musei Reali di Torino – con Direttore avocante Mario Turetta, Segretario Generale del Ministero della Cultura -, un’importante organizzazione dovuta (e prodotta) da CoopCulture (era presente a Milano, lo scorso venerdì, Federica Bianchi, Regional Manager Piemonte) con Villaggio Globale International (con la presenza della consigliera Nicoletta Buffon).

Più di cento opere tra le quali sono comprese alcune di artisti coevi, i Carracci, Guido Reni, il Domenichino, l’importante nucleo delle collezioni sabaude che incontra i prestiti di trenta musei e collezioni – tra cui il Prado e il Monastero di San Lorenzo dell’Escorial – e che per la prima volta, dopo 400 anni, riunifica altresì il ciclo di dipinti commissionati al pittore a Bologna da Alessandro Ludovisi, futuro papa (dal febbraio 1621 alla morte avvenuta nel luglio di due anni dopo) e squisito quanto accanito mecenate, fautore di committenze e di compensi non indifferenti. Un percorso che vuole essere un evento unico e spettacolare, curato da Annamaria Bava dei Musei Reali e da Gelsomina Spione dell’Università di Torino, in perfetta compartecipazione con un prestigioso comitato scientifico, cui partecipano Daniele Benati, David Garcìa Cueto, Barbara Ghelfi, Francesco Gonzales, Fausto Gozzi, Alessandro Morandotti, Raffaella Morselli e Sofia Villano. Tutti d’accordo nel lavorare partendo dalla figura dell’artista per allargare il panorama alla professione del pittore a quel tempo, sottolinea ancora Annamaria Bava, ovvero focalizzare lo sguardo e l’attenzione dello studioso, del visitatore e dell’appassionato alle sfide del mestiere, ai sistemi di produzione, all’organizzazione della bottega, alle dinamiche del mercato e delle committenze, ai soggetti più richiesti. Svelare la quotidianità attraverso l’epistolario e la ricca documentazione lasciata, l’importanza del suo “Libro dei conti”, gli incontri con amici e agenti e mercanti, gli intermediari che coinvolgevano l’artista e i tanti committenti pronti a riconoscere la sua arte, borghesi, nobili, pontefici e prelati, sino alle prestigiose corti europee, curiosare nel prezzario pronto a distinguere tra una figura soltanto e le molte che s’imponessero ad affollare una tela, tra una mezza figura e una piccola testa, le piccole e sempre presenti problematiche di ogni opera terminata, come l’imballaggio, l’eventuale arrotolamento della tela, i deprecabili danni, l’arrivo a destinazione.

Gran disegnatore e felicissimo coloritore: è mostro di natura e miracolo da far stupire chi vede le sue opere. Non dico nulla: ei fa rimaner stupidi li primi pittori”, ebbe a scrivere nell’ottobre del 1617 Ludovico Carracci in una lettera a Don Ferrante Carli. Questo “miracolo da far stupire” verrà confermato dalle curatrici in un approfondito percorso suddiviso in dieci sezioni: “Come si forma un pittore: il confronto con i maestri”, non soltanto l’apprendistato all’interno della bottega di un maestro più vecchio ma anche il luogo dove Giovanni Francesco Barbieri (questo il suo vero nome: il soprannome gli venne in giovanissima età, per lo strabismo dell’occhio destro colpa del gesto di un tale che, messosi a urlare all’improvviso, svegliò di soprassalto il piccolo che dormiva e che cominciò a stralunare gli occhi, finché il destro si bloccò in quell’accidente che lo avrebbe segnato per tutta la vita) viveva, quella Cento che è a metà strada tra Bologna e Ferrara, la prima con i suoi maestri, l’altra con il grande modello cinquecentesco di Dosso Dossi, habitat ampliato con il viaggio a Venezia che il pittore compì nel 1618, trovandosi a confronto con le opere della stagione cinquecentesca dei Tiziano, dei Tintoretto e dei Veronese; “Rappresentare la realtà: il paesaggio”, con gli esempi di una ricca produzione, se è vero, come attesta il biografo Cesare Malvasia, che Guercino disegnava in ogni momento della giornata, anche la sera dopo la cena, quando s’intratteneva con i familiari; “Da allievo a maestro: l’Accademia del nudo”, un’istituzione in proprio, nel 1616, due stanze messe a disposizione dall’amico Bartolomeo Fabbri, che vede la partecipazione di parecchi giovani, e “L’affermazione del pittore: viaggi, relazioni e committenze”, l’arrivo a Cento di Antonio Mirandola, eccellente promotore, i contatti con i Ludovisi e la protezione, il soggiorno a Roma, con il “Libro dei conti” a renderci conoscenza dei tanti, appartenenti alle differenti classi sociali, pronti a commissionargli opere. E poi ancora: “Nella bottega dell’artista: natura e oggetti in posa”, “Il processo creativo: L’invenzione, la riproposizione dei modelli, l’organizzazione della bottega”, uno sguardo affascinante sopra l’intero lavoro preparatorio delle varie tele (si pensi solo che il Guercino, “d’applicazione indefessa”, per la pala della “Vestizione di san Guglielmo”, oggi a Bologna, realizzò ben 23 disegni), “Il mercato e il prezzo delle opere”, dove ancora ci viene in aiuto il diario giornaliero delle entrate, una redazione che fu sino alla morte (nel 1649) compito del fratello Paolo Antonio e che poi Giovanni Francesco curò di persona sino al 1666, “Il mondo intorno al pittore: scienza vs magia”, “Il gran teatro della pittura” dove al centro si pone lo squillare del Barocco e il pieno coinvolgimento dello spettatore. “Un tema di successo: Sibille e “Femmes fortes”, infine, dove attraverso i nomi di Reni e di Domenichino, di Elisabetta Sirani e di Guercino appunto, si immortala il tema iconografico delle Sibille, coniugando con vivaci composizioni e nuove formule inventive, in un misto “di pudore e sensualità, di chiarezza e di mistero”, l’enigma della profezia e della gioventù intrecciata alla bellezza, il tema dell’arcaico a quello esotico.

Frammento non ultimo della importanza della mostra, le Giornate internazionali di studio promosse il 7 e 8 maggio dai Musei Reali e Università di Torino – Dipartimento Studi Storici, occasione necessaria per chi vorrà meglio conoscere e approfondire la figura del grande artista di Cento.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Guercino, “autoritratto”, 1630-1632, Londra, Schoeppler Collection; Guercino, “Il ritorno del figliol prodigo, Torino, Musei Reali – Galleria Sabauda; Guercino, “Susanna e i vecchioni”, Madrid, Museo del Prado; Guercino, “Sibilla Persica”, 1647, Roma, Musei Capitolini – Pinacoteca Capitolina

“L’ora del vermouth a Torino” con il Salone del Vermouth il 24 e 25 febbraio al Museo del Risorgimento

E l’Extra Vermouth presso i locali aderenti

 

Il 24 e 25 febbraio prossimi, al Museo del Risorgimento, Torino ospiterà il Salone del Vermouth 2024, prima edizione di una manifestazione interamente dedicata al famoso vino aromatizzato, nato proprio nella capitale sabauda nel lontano 1786. L’evento vuole essere un omaggio al territorio piemontese tra storia e innovazione, e si svolgerà all’interno di palazzo Carignano, uno dei luoghi simbolo della città che, da un lato, si affaccia sulla centrale piazza Carlo Alberto e, dall’altro, su piazza Carignano, ospitando il Museo Nazionale del Risorgimento italiano.

L’obiettivo del Salone è quello di fare cultura intorno a questa eccellenza italiana. Proprio per questo il pubblico avrà l’opportunità di partecipare a laboratori interattivi di miscelazione e degustazione, in cui potrà toccare con mano le mille sfumature di questo prodotto; potrà prendere parte agli appuntamenti con i produttori, ad approfondimenti sulla storia del vermouth e sulla nascita del rito dell’aperitivo, sull’uso del vermouth in miscelazione e l’abbinamento con il cibo.

Agli espositori sarà affidato il compito di raccontare, all’interno di una location storica come quella del Museo Nazionale del Risorgimento italiano, un prodotto apprezzato ovunque, in Italia e all’estero, e di cui vi è ancora molto da scoprire. I migliori produttori del territorio, e non solo, esporranno al Salone del Vermouth tutte le possibili interpretazioni del vino aromatizzato, dai classici rosso, dry e bianco fino alle versioni esotiche prodotte con erbe, spezie, fiori, cortecce e semi non comuni in Italia.

Sabato 24 febbraio, dalle 14 alle 22, con il patrocinio della Regione Piemonte e della Città di Torino, 21 produttori presenteranno il vermouth in purezza e in miscelazione. Si terranno incontri con esperti, laboratori interattivi di miscelazione e degustazione, approfondimenti sull’aperitivo e sull’utilizzo in cucina della bevanda.

Lo stesso si ripeterà domenica 25 febbraio, dalle ore 12 alle 22.

Bisogna citare la presenza di Extra Vermouth, una sorta di Salone del Vermouth “Off”, in cui alcuni locali aderenti all’iniziativa prevedono l’utilizzo esclusivo del vermouth di Torino, di cui proporranno tre marche diverse e cinque differenti tipologie, tra extra dry, dry, bianco, ambrato, rosso. Il vermouth viene servito freddo, con o senza ghiaccio, con scorze di limone o arancia non trattati e biologici. Si può decidere di degustare tre vermouth di Torino in purezza, oppure abbinarne uno in purezza a un cocktail. Al fianco del vermouth si collocano una scelta di prodotti tipici del territorio e della cucina piemontese, tra formaggi, salumi, acciughe al verde, tomini, vitello tonnato e insalata russa.

È gradita la prenotazione presso i locali aderenti all’iniziativa.

promozione@turismotorino.org, nel caso si sia un gruppo, un tour operator, un’agenzia viaggi o un CRAL.

 

Mara Martellotta

Francesco Hayez, in mostra alla GAM di Torino

Hayez. L’officina del pittore romantico”, in mostra alla GAM di Torino fino al 1° aprile 2024, è il lungo percorso espositivo composto da più di 100 opere in grado di ripercorrere la lunga e vivace carriera di uno dei più importanti pittori romantici della storia dell’arte italiana, Francesco Hayez. La mostra sviluppa, attraverso opere e dipinti sapientemente organizzati in 10 percorsi espositivi, la narrazione tra il racconto della vita personale del pittore e il panorama culturale, politico e sociale del periodo dell’epoca.

Il percorso inizia dagli anni della formazione avvenuta in prima battuta a Venezia, città a cui Hayez è sentimentalmente legatissimo ma dove non ci sono gli stimoli culturali e le condizioni sociali per un giovane talentuoso di fare carriera. Da lì la decisione di spostarsi a Roma e affinare la sua formazione neoclassica grazie alla conoscenza e alla protezione di Antonio Canova. A testimonianza di questo passaggio fondamentale nella vita dell’artista, la prima sala ospita i dipinti più importanti espressione di questo stile come il “Lacoonte” (1812), “L’educazione di Achille” e il supremo “Atleta Trionfante” (1813).

Si passa poi alla sala focus dedicata ai crociati, dove su un’amplissima parete è esposto il dipinto “La Sete dei Crociati”, capolavoro e opera principale dell’artista che lo impegnò per più di vent’anni.

Lo stile romantico trova espressione a partire dalla quarta sala dove vengono esposte le opere che segnano l’inizio della nuova era pittorica di cui Hayez diverrà massimo esponente. Dal suo trasferimento a Milano, avvenuto nel 1820, il pittore focalizza le sue opere sui moti del 1820/1821 che in quel periodo animano la città. Ne è espressione la “La Congiura dei Lampugnani” (1826) nel quale Hayez descrive gli avvenimenti storici attraverso rappresentazioni simboliche nelle quali emergono i sentimenti che animano la città. Questo stile si pone in netta antitesi al freddo neoclassico finemente perseguito fino a quel momento. Fondamentale per la realizzazione di questo passaggio è l’incontro e la conseguente influenza del Manzoni, che in ambito letterario sta compiendo la medesima impresa dando nuova voce alla rappresentazione della popolazione in chiave “eroica”. Con lo stesso ha infatti stretto ideali e valori creando un’ legame culturale che influenzano molto il suo stile pittorico.

Si passa poi ad una sezione più intima della carriera dell’artista ovvero quella dedicata ai ritratti di Carolina Zucchi. Amante e modella del pittore, la donna viene raffigurata in modo intimo e ravvicinato allo spettatore dando una prospettiva del forte legame che univa i due amanti. Ne è un esempio l’opera “Ritratto di Carolina Zucchi” (1825). Qui Hayez dimostra tutta la sua abilità nell’introspezione psicologica e nella resa dei sentimenti dell’animo umano.

Una lunga sezione è poi dedicata ai quadri legati all’impegno civile dell’artista. A partire dalla fine degli anni ’20 del 1800 lo stesso viene consacrata a “pittore interprete dei destini della Nazione” e in qualità di “pittore civile” le sue opere sono testimonianze ampie e corali degli avvenimenti del periodo. Tra le principali troviamo “I Due Apostoli” (1825-1827). Il quadro è esplicazione dello spirito patriottico dell’artista che, per mezzo della rappresentazione dei due apostoli, ha modo di riprendere per mezzo delle vesti i colori delle vesti dei personaggi i colori bandiera italiana e di esprimere così il concetto di pittore civile per eccellenza.

Le ultime sale sono in la massima espressione dello spirito romantico dell’artista, cifra caratterizzante di questo incredibile artista. Ne è un esempio la sala dei ritratti ove sono raccolte numerose rappresentazioni che esprimono al meglio la capacità di Hayez di raccontare la “dimensione interiore del personaggio”. Tra queste il “Ritratto dell’imperatore Ferdinando I” (1840) dove il protagonista è colto in tutta la contraddizione: se pur nelle vesti vi è vigore e forza, dal suo sguardo emerge la sua fragilità e l’incapacità di affrontare le situazioni.

La mostra si chiude con un’ultima ed emozionante sala dedicata a Venezia, città che l’artista non ha mai dimenticato e che riesce a raccontare attraverso un racconto artistico dal quale emergono i sentimenti che prova nei confronti della città. Tra di essi in mostra il “Trittico della Vendetta”( 1851) e “L’accusa segreta” (1847-1848).

L’ultima sala è dedicata ai dipinti degli ultimi anni di carriera dove ancora, con vivacità e fermento, Hayez si dedicò all’arte.

La GAM offre al visitatore la possibilità unica non solo di approfondire la lunga e prodigiosa carriera dell’artista, di fare esperienza nei colori, linguaggi e nelle atmosfere che Hayez, con unica raffinatezza, è riuscito a rappresentare nei suoi dipinti. Questo grande uomo, che come ricordato da Giuseppe Mazzini, “nato da parenti poveri a Venezia, né pagano, né cattolico, né eclettico, né materialista: è un pittore idealista del secolo XIX. La sua ispirazione emana direttamente dal proprio genio e l’opera è la consacrazione della vita”.

Valeria Rombolà

Foto Gam

Il Centro Pannunzio conferisce il Premio Soldati

Lunedì 12 febbraio ore 17 nella storica Aula del Consiglio Provinciale, piazza Castello 205 a Torino verrà conferito il Premio Mario Soldati 2024 a: Prof. Avv. Vittorio Barosio, Prof. Elda Casetta, Dott. Laura de Fonseca, Conte Prof . Ruggero Grio, Dott. Roberto Pirino, Dott . Bianca Vetrino.

Debutto di “Antonio e Cleopatra” di William Shakespeare al teatro Carignano

Con Valter Malosti nelle vesti di regista e interprete, il 13 febbraio prossimo 

 

Debutto al teatro Carignano, martedì 13 febbraio, alle ore 19:30, di ‘Antonio e Cleopatra’, spettacolo per la regia di Valter Malosti, che ha curato traduzione e adattamento dell’opera shakespeariana insieme a Nadia Fusini. Protagonisti dell’opera saranno Anna Della Rosa e lo stesso Malosti.

Lo spettacolo è coprodotto da Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura. Resterà in scena per la stagione d’abbonamento dello Stabile fino a domenica 18 febbraio. Le recite in programma dal 13 al 18 febbraio, al Carignano, sono accessibili attraverso sovratitolazione, audiodescrizione e materiale di approfondimento. Venerdì 16 febbraio, alle ore 18:00, è previsto un tour descrittivo e tattile sul palcoscenico.

“Antonio e Cleopatra” è un’opera disincantata e misteriosa che mescola tragico, comico, sacro e grottesco, santifica l’eros con alcuni dei versi più evocativi dell’opera shakespeariana. Valter Malosti e Anna Della Rosa sono i protagonisti della grande tragedia di Shakespeare, scritta tra il 1607 e il 1608 che, come suggerisce Gilberto Sacerdoti, è un prisma ottico: visto di fronte è la storia di amore e politica narrata da Plutarco. Visto di sbieco, ci spinge a decifrare l’infinito libro di segreti della natura.

“i due straripanti protagonisti – spiega Valter Malosti – eccedono ogni misura per affermare la loro infinita libertà. Politicamente scorretti e pericolosamente vitali, al ritmo misterioso e furente di un baccanale egiziano, vanno oltre la ragione e i giochi della politica. Inimitabili e impareggiabili, neanche la morte li può contenere”.

“Di Antonio e Cleopatra – prosegue il regista – la mia generazione ha impressa nella memoria l’immagine, ai confini con il kitsch, vista attraverso la lente di ingrandimento del grande cinema (grande davvero, vista la regia Joseph L. Mankiewicz), di Hollywood, della coppia Richard Burton/Liz Taylor. Su quest’opera disincantata e misteriosa, capace di mescolare il tragico al comico e il sacro al grottesco, su questo meraviglioso poema filosofico e mistico-alchemico, che santifica l’eros, che gioca con l’alto e il basso, aleggia, secondo più di uno studioso, l’ombra del nostro grande filosofo Giordano Bruno. Si tratterebbe di un ‘teatro della mente’”.

“Mi hanno sempre colpito, leggendo e rileggendo Antonio e Cleopatra – spiega Malosti – la prima e l’ultima scena, ma non capivo esattamente il perché. Mi sembravano due scene, stavo per dire inquadrature, non rilevanti. Nella prima scena, uno degli ambasciatori arrivati da Roma, per avere un colloquio con Antonio parla del grande Generale come fosse un vecchio demente, disordinato, libidinoso, perso dietro l’amore per la zingara Cleopatra. Nella scena che chiude la tragedia, osserviamo il vincitore Cesare Ottaviano davanti al copro esanime di Cleopatra, che incita al massimo ordine. Antonio e Cleopatra inizia quindi col massimo disordine in atto, in cui Eros vive insieme a Thanatos in un baccanale egiziano, e convive con le guerre e la Res Publica e il potere, ma tutto questo sconvolgimento svanisce con la morte dei due amanti ‘senza pari’. L’ultima scena appartiene a Cesare Ottaviano che, dopo la beffa politica del suicidio di Cleopatra, concede ai due una imperitura tomba, ed esige dai suoi il massimo ordine relativamente al rito di sepoltura, con tutto l’esercito schierato. Massimo ordine che vuole cancellare per sempre il massimo disordine, ed è istintivamente, proprio per me dall’immagine ineludibile di questa tomba-monumento, che è iniziata la nostra ricerca su Antonio e Cleopatra. Ho chiesto a Margherita Palli di creare una scena ‘tomba’ con gli strati millenari della storia visibili. Una scena tomba che potesse riprodurre un mausoleo odierno.

 

Mara Martellota

Una mostra del Consiglio regionale celebra il Giorno del Ricordo

Si intitola “I nostri stemmi” la mostra con cui quest’anno il Consiglio regionale celebra il Giorno del Ricordo, il 10 febbraio.
La mostra, esposta dall’8 febbraio al 23 febbraio 2024 nelle vetrine dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico di via Arsenale 14/G, è organizzata dalla sezione di Torino dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – ANVGD.

Durante l’inaugurazione il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia ha dichiarato: “Ringrazio gli esuli per aver organizzato questa mostra che ci ricorda fatti dolorosi avvenuti molti anni fa che non devono essere dimenticati. Queste persone ci hanno portato i valori delle loro terre di origine ed oggi fanno parte come noi del Piemonte, un territorio che allora li ha accolti e oggi vuole ricordare la loro storia”.

Il vicepresidente Daniele Valle, delegato al Comitato Resistenza e Costituzione, ha sottolineato come “il legame tra il nostro presente e la comunità degli esuli istriani, giuliani e dalmati sta diventando sempre più esile anno dopo anno, quindi è giusto cercare di non perdere la memoria di questa parte importante della storia del ‘900”.
Per l’associazione Venezia Giulia e Dalmazia sono intervenuti Nello Belci ed Egidio Rocchi, autore della maggior parte dei 46 stemmi esposti: “ho iniziato alcuni anni fa nella sede della nostra associazione a riprodurre gli stemmi perché avevo nostalgia del mare e della terra che ho lasciato a 16 anni, è un modo per ricordare i tanti piccoli comuni della nostra terra che siamo stati costretti a lasciare nel 1947”.

La mostra “I nostri stemmi” è una delle iniziative del calendario delle manifestazioni che si svolgono in questo periodo per il Giorno del Ricordo. Tra le altre ricordiamo il concerto di Simone Cristicchi che si svolgerà il 9 febbraio alla 21 al Teatro Ragazzi e Giovani di Torino (ingresso libero fino ad esaurimento posti).

Porte aperte a “Villa Chiuminatto” Sarà un anno intenso e ricco di novità

La dimora storica costruita a Torino nel cuore della “Crocetta”

Dal 23 marzo al 26 ottobre

In “Crocetta” é un’isola tutta a sé, per stile architettonico e per “vocazione sociale”, la liberty “Villa Chiuminatto”, al civico 27 di via Giuseppe Galliano. Unica Villa costruita insolitamente in travertino e con un singolare stile eclettico (in netto contrasto con tutti gli altri villini del “meglio” quartiere cittadino), la “Chiuminatto” è, dal 2021, sede della “Fondazione BuonoLopera”, che accoglie e sostiene “iniziative non profit in campo scientifico, ambientale, sociale, artistico e culturale” e che, anche quest’anno,  sarà “luogo brulicante di idee”, come  sintetizzano i due fondatori Stefano Buono, fisico e imprenditore di origine avellinese, e la moglie Maribel Lopera Sierra, origini colombiane e oggi medico nucleare, dopo aver  abbandonato la carriera di ballerina professionista. Anche per il 2024, dopo aver festeggiato l’anno scorso i suoi primi cent’anni, la dimora storica,  costruita nel 1923, dall’architetto piemontese Gottardo Gussoni, pupillo del grande architetto liberty Pietro Fenoglio, ospiterà un ricco calendario di appuntamenti aperti al pubblico: dalle visite guidate, alle aperture speciali, ai concerti e ad eventi e conferenze di vario genere fino alla tradizionale milonga d’autore e “del bene”. Per tutti, un unico comune denominatore: offrire momenti artistici di alto livello capaci di emozionare ma soprattutto di catturare l’attenzione su temi di impatto sociale “raccogliendo fondi per realtà non profit del territorio”.

“Il 2023 è stato per noi un anno davvero speciale – commenta Maribel Lopera Sierra, co-fondatrice e vicepresidente della ‘Fondazione’ – dopo aver conosciuto la storia della casa ed aver capito che è nata con la vocazione di essere vissuta, condivisa e accogliente, siamo felicissimi di continuare la tradizione. Così, l’anno scorso, anno del suo primo centenario, abbiamo avviato molte relazioni con tanti soggetti del territorio, e non solo, progettato e organizzato momenti di incontro che ci hanno permesso sia di raccogliere fondi ma soprattutto di mettere in relazione le persone, il motore essenziale di ogni dialogo. E proprio grazie agli scambi di idee e di visioni abbiamo colto il meglio per costruire il nostro calendario 2024. Otto mesi di intensa programmazione: dal 23 marzo al 26 ottobre.

A dare il via saranno le “visite guidate” alla Villa, che prende il nome da Giacomo Chiuminatto (primo proprietario ed imprenditore edilizio del Canavese) e che in un secolo di vita ha visto passare per le sue stanze nove diverse famiglie di proprietari, fino ad arrivare (dopo essere stata location anche di numerose produzioni cinematografiche) alla totale ristrutturazione odierna, dove trova pur anche spazio la sede torinese della società di ricerca sull’energia nucleare newcleo” diretta dallo stesso Stefano Buono, conosciuto nel mondo soprattutto per la sua azienda “Advanced Accelerator Applications (AAA)”, che ha brevettato diversi farmaci nell’ambito della medicina nucleare (acquisita da “Novartis”). Le “visite” e le “aperture” speciali permetteranno di visitare la Villa con l’accompagnamento di una guida che ne racconterà la storia, le curiosità e i misteri, ma anche l’origine del quartiere della “Crosëtta”.

Le visite guidate gratuite, con donazione libera, sono in programma sabato 23 marzo (orari: 15,16.30, 18) e sabato 4 maggio (orari: 15,16.30, 18). Le visite speciali tematiche, invece, sono dedicate al “cinema” (sabato 29 giugno) e all’“esoterismo” (sabato 26 ottobre) e prevedono una donazione minima obbligatoria. In dettaglio “Chiuminatto Cinema” svelerà i legami con il cinema della Villa di via Galliano, che fu anche sede di diverse produzioni cinematografiche e televisive, dal film “L’eroe della strada” del 1948 (con Erminio Macario e Delia Scala) al 2016, e casa dell’attrice felliniana Caterina Boratto. Tre i turni di visita della durata di un’ora (ore 16, 17.30 e 20.30). “Chiuminatto Esoterica” racconterà invece la Torino esoterica e i misteri della dimora, al centro nei primi anni Novanta di un piccolo giallo, con tanto di sedute spiritiche.

Per prenotare una visita, basta consultare il sito https://buonolopera.foundation, selezionare una delle date disponibili e compilare il form dedicato.

Altre iniziative in calendario. Nel mese di maggio, l’“Ets Networking Day”, la giornata dedicata e aperta agli enti del “Terzo Settore” italiani per un confronto tra realtà differenti e reciproco scambio di know how, riflessioni e idee; sabato 14 e domenica 15 settembre, la terza edizione dell’“Eclectic Festival”, che propone in due giorni quattro concerti “eterogenei e trasversali” per stile, sotto la direzione artistica del compositore umbro Federico Bonifazi. E a chiudere, ancora musica, ad ottobre con milonga e milongueros. Ospiti d’eccezione, i campioni di tango, “A Puro Tango”, accompagnati da musicisti “in live”.

Per info: Villa Chiuminatto, via Giuseppe Galliano 27, Torino; www.buonolopera.foundation

g.m.

Nelle foto: “Villa Chiuminatto” esterni, un “frame” del film “L’eroe della strada” girato a “Villa Chiuminatto”, Stefano Buono e Maribel Lopera Sierra in un interno della “Villa”

Metamorfosi: è la parola chiave della mostra ospitata a palazzo Madama “liberty. Torino capitale”

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Rimarrà aperta fino al 10 giugno prossimo l’esposizione “Liberty. Torino Capitale”, curata da Palazzo Madama e dalla Società degli Ingegneri e Architetti in Torino, con la collaborazione di Mondomostre, che vuole favorire l’ingresso di Torino nel RANN, Réseau art Nouveau network di Bruxelles e la sua candidatura a città patrimonio Mondiale UNESCO per il liberty, in questo modo valorizzando gli oltre cinquecento capolavori risalenti al quarantennio della belle Epoque e distribuiti su tutto il territorio cittadino, dalle botteghe al parco del Valentino.

La mostra, articolata in cinque sezioni vuole condurre un’analisi sulla società e cultura della seconda metà dell’Ottocento, fino al passaggio al Novecento sotto molteplici punti di vista. Lo stile liberty consiste in questa contrapposizione fra lo stile floreale, classico e decorativo, e lo stile modernista, inquieto e all’avanguardia.

A Palazzo Madama Torino riconquista il ruolo di capitale di quello “stile senza stile”, che avrebbe apportato il vero nel mondo vegetale e floreale, aggiungendovi gli elementi di una nuova modernità anti classica.

La mostra è una sorta di appendice postuma alla prima Esposizione di arte decorativa moderna del 1902, lo stesso parco in cui la fontana dei Mesi, unico elemento architettonico ancora esistente dell’apparato di edifici costruiti per l’Esposizione generale del 1898, organizzata a Torino per celebrare il cinquantenario dello Statuto Albertino, è simbolo della vitalità artistica della città. La fontana dei Mesi fu progettata da Carlo Ceppi, costruita in moderno cemento e attualizza gli elementi del rococò secondo i nuovi modelli del liberty, tanto che all’Esposizione Universale di Torino del 1902 partecipò anche la Liberty & CO, azienda specializzata nella compravendita di tessuti, ornamenti e oggetti importati dall’Estremo oriente, fondata a Londra nel 1875 e ben presto sinonimo in Italia delle nuove manifestazioni di arte applicate e di artigianato.

L’esposizione si apre con un omaggio all’eterno femminile, una celebrazione dell’immagine della donna che emerge con straordinaria forza visiva tra Ottocento e Novecento. Le opere di maestri quali Corcos, Canonica, Bistolfi e Boldini trasportano il visitatore in un’epoca di cambiamento sociale e estetico.

Presso la palazzina Turbiglio si potrà apprezzare in toto l’elemento architettonico che ha caratterizzato il panorama liberty torinese. Ci si potrà muovere tra abiti d’epoca molto eleganti, complementi d’arredo e accessori pregiati, sotto la luce dei lampadari dell’officina Mazzucotelli. Si potrà inoltre prendere coscienza dell’importanza nel liberty del ruolo della danza e del movimento, attraverso opere e immagini che comprendono il vaso portafortuna di Leonardo Bistolfi.

Fulcro della mostra è la Gran via, che narra la storia di Torino, la sua architettura e il suo ruolo cruciale per il mondo e l’Europa.

L’esposizione internazionale del 1902 viene rievocata attraverso opere originali e apparati iconografici che restituiscono la vivacità culturale del tempo e indagano profondamente l’essenza del liberty torinese.

All’interno della mostra vi è una sezione che celebra l’industria dell’arredamento e degli interni, delle pubblicazioni scolastiche, fino alla grafica pubblicitaria e alle riviste. È allora che il liberty diventa un linguaggio unificante che abbraccia l’intera società italiana, trovando in Leonardo Bistolfi il suo maggior interprete. Il centinaio di opere presenti nella Sala del Senato di palazzo Madama non bastano a definire tutto il liberty di Torino, anche se sono compresi pezzi eccellenti come il “Fuoco d’artificio” di Giovanni Boldini, il manifesto pubblicitario di Alfons Mucha, il modello in gesso per la vita nel monumento funebre Abegg di Leonardo Bistolfi.

Si può definire una mostra diffusa con tutti gli esempi architettonici che vengono fatti del liberty a Torino, dalla scuola elementare Santorre di Santarosa, ai bow window di villa Scott, protagonista del film “Profondo rosso” di Dario Argento, alle vetrine del caffè Mulassano in piazza Castello, per non parlare delle tracce in architettura come nella Bottega di Erasmo di Gabetti e Isola, edificio per abitazioni, uffici e negozi di Pietro Derossi in corso Unione Sovietica e la Casa dell’Obelisco di Sergio Iaretti ed Elio Luzi.

La parola chiave che rende conto di questa stagione europea molto feconda nel superamento del naturalismo, in nome di un simbolismo decorativo è ‘metamorfosi’, che ben indica il passaggio tra Otto e Novecento dal punto di vista estetico, sociale e geopolitico.

 

Mara Martellotta

 

Giorno del Ricordo, la celebrazione a Palazzo Civico

L’orazione ufficiale è stata affidata al direttore del Centro Pannunzio Pier Franco Quaglieni

 

La Città di Torino ha celebrato questo pomeriggio il Giorno del Ricordo, istituito nel 2004 per conservare la memoria delle vittime delle foibe e della tragedia vissuta dagli esuli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra.

Nel corso della cerimonia istituzionale nella Sala del Consiglio Comunale si sono susseguiti gli interventi del Vicepresidente del Consiglio comunale Domenico Garcea, dell’Assessore regionale Maurizio Marrone, del Prefetto Donato Giovanni Cafagna, del Presidente del Comitato Resistenza e Costituzione e Vicepresidente del Consiglio Regionale Daniele Valle, della Consigliera del Comitato di Torino dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Giulia Cnapich. L’orazione ufficiale è stata affidata al direttore del Centro Pannunzio Pier Franco Quaglieni, per poi lasciare spazio all’intervento conclusivo del Sindaco Stefano Lo Russo.

Venerdì 9 febbraio 2024
Palazzo Civico, sala Rossa: il sindaco Lo Russo interviene alla cerimonia istituzionale in occasione del Giorno del Ricordo

“Il nostro compito, oggi – ha detto il Sindaco – è di tramandare la memoria degli eventi che hanno portato agli eccidi delle foibe e all’esodo di centinaia di migliaia di italiani dall’Istria e dalla regione giuliano-dalmata. E dobbiamo farlo uscendo definitivamente da quella prospettiva che, per troppo tempo, ha fatto sì che non si guardasse in maniera corretta a questi tragici eventi, volutamente messi da parte insieme al dolore di coloro che li hanno vissuti e dei loro familiari. Il 10 febbraio non deve essere un’occasione di divisione, ma l’opportunità per ribadire l’importanza di quel percorso che può portare le persone a condividere obiettivi comuni di libertà, diritti e democrazia”.

Al termine della commemorazione sono state consegnate le onorificenze concesse con decreto del Presidente della Repubblica in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo dei cittadini italiani dall’Istria da Fiume e dalla Dalmazia, delle vicende del confine orientale italiano.

Diploma e medaglia sono stati consegnati ad Antonia e Silvana Bensa, in memoria del padre Michele. Nato a Gorizia il 31 marzo 1878, capostazione delle Ferrovie dello Stato, Michele Bensa fu catturato da partigiani slavi a San Pietro in Selve il 4 maggio 1945 e di lui non si seppe più nulla.

Il programma completo delle iniziative per il Giorno del Ricordo è disponibile al link:

http://www.comune.torino.it/nh/pdf/pieghevole_giorno_del_ricordo_2024_x_web.pdf