Cosa succede in città- Pagina 58

Musei, boom di visitatori nel ponte di Ferragosto

Anche nel ponte di Ferragosto – da giovedì 15 a domenica 18 agosto – le proposte espositive dei Musei Reali di Torino hanno saputo attrarre un ampio pubblico di appassionati d’arte dall’Italia e dall’estero.

 

7192 sono stati i biglietti che nel lungo ponte estivo hanno consentito a residenti e turisti di ammirare i capolavori della collezione permanente e delle esposizioni temporanee: Guercino. Il mestiere del pittore, fino al 15 settembre nelle Sale Chiablese, che propone più di 100 opere del maestro emiliano e di artisti coevi provenienti da oltre 30 importanti musei e collezioni – tra cui il Prado e il Monastero dell’Escorial, e la mostra archeologica La Scandalosa e la Magnifica. 300 anni di ricerche su Industria e sul culto di Iside in Piemonte, fino al 10 novembre nello Spazio Scoperte al secondo piano della Galleria Sabauda per celebrare i 300 anni dalla nascita del Museo di Antichità.

 

Tutto esaurito anche venerdì 16 agosto per Estate Reale 2024, con l’apertura serale straordinaria e il concerto Abendlieder. Dalle pagine della biblioteca di Margherita ed Elena di Savoia, eseguito dalle Liederiste del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino nell’ambito della rassegna Torino crocevia di sonorità.

 

Prossimo appuntamento venerdì 23 agosto alle ore 21 (ingresso 5 euro, biglietti in sede e online su https://museireali.beniculturali.it/events/torino-crocevia-di-sonorita/).

 

Nel lungo ponte di Ferragosto – da giovedì 15 a domenica 18 agosto – i musei della Fondazione Torino Musei hanno accolto 9.130 visitatori, che hanno potuto visitare le mostre temporanee Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notteExpanded – I paesaggi dell’arte, Jacopo Benassi. Autoritratto criminale e Silenziosuono alla GAM, Tradu/izioni d’Eurasia Reloaded al MAO, Change! Ieri, oggi, domani. Il Po e Teatri e teatrini a Palazzo Madama, oltre alle collezioni permanenti di MAO e Palazzo Madama. Chiuse invece per riallestimento le collezioni permanenti della GAM.

In particolare, 2.813 persone hanno visitato la GAM, dove erano visitabili solo le mostre temporanee, 2.353 il MAO e 3.964 Palazzo Madama.

Il picco di ingressi si è registrato il giorno di Ferragosto, quando è stata proposta la tariffa speciale a 1 € per le collezioni permanenti + 1 € per le mostre temporanee: i visitatori della GAM sono stati 1.221, in 1.501 hanno visitato il MAO e 2.208 persone sono entrate a Palazzo Madama, per un totale di 4.930 ingre

Nei quattro giorni del Ponte di Ferragosto, da giovedì 15 a domenica 18, il Museo Nazionale dell’Automobile ha registrato un’affluenza di 6.465 visitatori. Un risultato in crescita di 1.200 accessi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Continua ad attirare tanti turisti, famiglie e appassionati di sport sia dall’Italia che dall’estero la grande mostra “AYRTON SENNA FOREVER”, che raccoglie le auto più significative guidate da Senna nel corso della sua carriera, dalla prima Formula Ford all’ultima Williams, oltre a documenti, pubblicazioni e memorabilia. Inaugurata lo scorso 24 aprile e prorogata fino al 3 novembre, la mostra dedicata a Senna ha fatto registrare fino a oggi ben 144.360 accessi.
A questo dato si aggiungono gli ottimi risultati di affluenza ai Senna Talk – gli incontri in presenza a corollario dell’esposizione che coinvolgono piloti, giornalisti, amici e collaboratori del campione paulista – e le proiezioni del GP di Formula 1 sul maxischermo nella grande Piazza del Museo. Appuntamenti che riprenderanno alla fine dell’estate con tanti ospiti e nuove storie per raccontare la leggenda del campione brasiliano. I prossimi in programma: giovedì 19 settembre e giovedì 10 ottobre, ore 18.30.

Anche quest’anno è boom di visitatori al Museo Nazionale del Cinema di Torino, che si riconferma una delle mete più gettonate della nostra città e della Regione: nel lungo weekend di Ferragosto oltre 13.000 persone provenienti da tutto il mondo hanno varcato la soglia della Mole Antonelliana, mille in più rispetto allo scorso anno.

“I dati dei primi 15 giorni di agosto sono molto buoni, in aumento rispetto a quelli dello scorso anno e confermano, come già annunciato, il trend positivo dei primi sette mesi del 2024 con oltre 500.000 visitatori, un record dall’apertura del museo – sottolineano Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, rispettivamente presidente e direttore del Museo Nazionale del Cinema. La cultura continua ad essere uno dei grandi punti di forza del nostro Paese, grazie anche a politiche culturali lungimiranti e di alto livello”.

Questa estate al Museo Nazionale del Cinema è possibile visitare due grandi mostre. Movie Icons. Oggetti dai set di Hollywood è allestita all’interno del museo e propone centoventi oggetti originali di scena, costumi e memorabilia provenienti dai set cinematografici hollywoodiani, mentre al piano di accoglienza è possibile visitare gratuitamente Tonino De Bernardi. Il cinema senza frontiere, un omaggio  al grande autore d’avanguardia torinese e alla sua influenza nel panorama del cinema sperimentale nazionale e internazionale.

“Teatri e teatrini”, curiosità e bozzetti nella Torino del ‘700 e ‘800

Sino al 9 settembre, nella Corte Medievale di palazzo Madama

Una curiosità: il ventaglio (pergamena dipinta ad acquerello e stecche in avorio) che raffigura il Teatro Regio e il Teatro Carignano (Arlecchino e Balanzone in scena), nelle sue due facce, con i palchi e i nomi degli occupanti nella stagione teatrale del 1780 – 1781, una preziosa fonte di reddito, i posti centrali, più costosi, vengono occupati stabilmente dalle famiglie aristocratiche. È uno dei quaranta oggetti che compongono, nella Corte Medievale di Palazzo Madama (sino al prossimo 9 settembre, gli appassionati di teatro dovrebbero farci la fila), la mostra “Teatri e teatrini. Le arti della scena tra Sette e Ottocento nelle collezioni di Palazzo Madama”, con l’affettuosa quanto lodevolissima cura di Clelia Arnaldi di Balme (“un’idea avuta un paio di anni fa, la ricerca nei depositi e negli archivi e la difficoltà a farmi largo in mezzo a tutto un materiale che amavamo rimettere sotto gli occhi del visitatore, le esigenze soprattutto delle scelte”), un mondo dell’arte dove non soltanto hanno trovato posto le grandi regie e i nomi di certi divi, ma quanto per lunghi decenni, per secoli, ha interessato le messe in scena degli spettacoli (vicino a noi, un ricordo per tutti, la maniacalità di un Visconti o i nudi piani inclinati di uno Svoboda) che entravano nei raffinati teatri di corte e negli apprezzati teatrini di marionette. Poi, accanto, in un generale allestimento di ampio respiro (vivaddio, felice anche per l’impiego di teche e supporti trasportabili che potrebbero essere impiegati anche in successive occasioni, in ossequio alla sacrosanta legge del finché si può non buttiamo niente alle ortiche), il dipinto di Giovanni Michele Graneri a rappresentare l’interno del Regio torinese, anno di grazia 1752, durante la rappresentazione del “Lucio Papirio”, con gli attori cantanti e l’orchestra in primo piano, un’illusione di archi di colonne di fughe incalcolabili che certo dovevano afferrare l’attenzione dei nobili e dei borghesi affacciati dai palchi e seduti nelle poltrone di platea, allietati durante la rappresentazione di camerieri che offrivano frutti e bibite: con buona pace di chi oggi storce il naso se in certe nostre sale teatrali circolano bibite o acque minerali.

Opere la cui sistemazione storica e bibliografica la si deve allo studio e alla passione e alla fatica quotidiana di Mercedes Viale Ferrero (1924 – 2019), figlia di quel Vittorio Viale, forse troppo presto dimenticato, che fu direttore del Museo Civico d’Arte Antica di Torino dal 1930 al 1965 e per il quale il direttore Giovanni Carlo Federico Villa, nel compimento del suo terzo anno di guida, facendo gli onori di casa, ha entusiastiche parole di apprezzamento: “Io non esito a definire Viale il più grande direttore di Musei Civici del suo tempo e non solo, non italiano ma a livello europeo, per cui sarebbe ora che le autorità e il pubblico torinese prendessero finalmente coscienza della grandezza di un tale studioso.” Nel 2024 si celebra il centenario della nascita di Mercedes Viale e a lei e alla sua indimenticabile passione per la storia del teatro è dedicata la mostra.

Il principe e l’impresario che agivano nel Settecento erano consapevoli che i cambi di scena, definiti “comparse”, per il maggior divertimento del pubblico dovevano essere “molte, meravigliose e varie”, e che non soltanto le musiche e i testi determinavano il successo di un’opera, le scenografie dovevano rispecchiare originalità e le macchine teatrali dovevano spingere all’ammirazione, opera di persone ingaggiate per una unica stagione, con contratti rinnovabili ma non fissi: anche se i puristi guardassero a esse come a un motivo di distrazione dall’ascolto della musica e finissero con quasi ripudiarle. Innegabile che la grandezza delle costruzioni, nel pubblico come nel privato, dovesse confrontarsi con un sempre precario sistema economico. “Nell’Ottocento – ricorda Arnaldi di Balme – gli spettacoli presero a circolare in un tessuto teatrale allargato, in cui la stessa opera veniva rappresentata contemporaneamente in sale e città diverse. I teatri non erano più privilegio di pochi, si moltiplicavano numerosi sul territorio ed erano affollatissimi. Per il carnevale del 1858 a Torino si diedero ben 28 opere in musica in cinque teatri; nel 1860 si rappresentarono 46 opere in nove sale. E la città contava allora circa 200.000 abitanti.”

Atri vastissimi, palazzi, archi di trionfo, studi di scultori e progetti di cucine, sepolcri e alcove e antri delle streghe, giardini intesi come intrattenimento, selve come luoghi di smarrimento e boschetti ad ospitare solitudini e confidenze: questo e molto altro è progettato e rappresentato nei disegni che si snodano al centro e lungo la Corte Medievale. Sono la prova della lunga attività che accompagna la preparazione della stagione che si apriva il 26 dicembre e si concludeva con la fine del Carnevale. Con la scelta dei libretti, l’ingaggio degli scenografi che tra luglio e agosto dovranno presentare al direttore di scenario i bozzetti delle tante trasformazioni richieste, la realizzazione delle scene e il montaggio in autunno: il giorno della prova è il 26 novembre, un mese esatto prima della serata inaugurale, coreografo compositore cantanti e ballerini fanno prove separate, finché tutti si ritrovano insieme tre giorni prima dello spettacolo per le prove generali: e si va in scena. Dai bozzetti di Filippo Juvarra (uno per tutti, la “veduta romana” del 1722, in occasione delle feste ideate e coordinate dallo stesso per le nozze di Carlo Emanuele III con Anna Cristina Luisa di Sultzbach, per la rappresentazione del “Ricimero” nel teatro del principe di Carignano prima e poi nel teatrino del Rondò con cinque recite riservate alla corte) ai disegni dei fratelli Galliari, Bernardino Fabrizio e Giuseppe (uniche generazioni a collaborare con il Regio per tutta la seconda metà del Settecento, di quest’ultimo il “Magnifico padiglione di Annibale”, penna e acquerello su carta del 1792, per la scena VII di “Annibale in Torino” musicato da Nicola Zingarelli, dove i Taurini sono i più moderni Sabaudi stretti attorno al loro sovrano nel timore dei recenti eventi successi in Francia), a quelli di Pietro Gonzaga e Pietro Liverani, questi soltanto quindicenne scenografo titolare del Teatro di Faenza, realizzazioni per i teatri di Torino, Milano e Parma dal 1750 a tutto il secolo successivo, dove ogni elemento è invenzione, precisione, ricerca di una bellezza che potesse poi trovare il proprio spazio in palcoscenico.

Anche il teatro di marionette era una forma di spettacolo molto amata, soprattutto nel corso del XIX secolo. In mostra cinque fondali per teatrini tra i quindici giunti a palazzo Madama nel 1984 dalla collezione di Mario Moretti, esperto d’arte, di musica e di teatro, da lui tolti dalla polvere di un deposito, acquistati e restaurati. Ancora montati sulle bacchette originali, alcuni ancora a mostrare le giunture di tela per l’adattamento a questo o a quel palcoscenico, provengono dal teatro detto di San Martiniano in via San Francesco d’Assisi a Torino (nelle vicinanze di piazza Solferino), presso la chiesa omonima oggi non più esistente, luogo d’attività della compagnia Lupi – Franco, fondali che tratteggiano attualità storica e ideali risorgimentali, rappresentazioni orientali che incontrano il gusto del pubblico, “Reggia egiziana” di Giovanni Venere o la “Reggia persiana” di Giuseppe Toselli, entrambe negli anni 1840 – 1844, anni in cui collaborano con Giuseppe Morgari in San Martiniano, spettacoli sconosciuti ma legati alla piacevolezza di un mondo favoloso e misterioso.

Elio Rabbione

didascalie:

Giovanni Michele Graneri (Torino 1708 – 1762), “Interno del teatro Regio”, 1752, olio su tela, Palazzo Madama; Bernardino (Andorno 1707 – 1791) e Fabrizio Galliari (Andorno 1709 – Treviglio 1790), “Luogo magnifico terreno nella reggia di Alessandro” (per “La vittoria d’Imeneo” rappresentato nel 1750 al Teatro Regio di Torino per le nozze di Vittorio Amedeo III di Savoia), 1750, disegno a penna, pennello e inchiostro bruno, acquerello grigio su cartoncino, Palazzo Madama; Giuseppe Toselli (Peveragno, attivo dal 1835), “Reggia Persiana”, fondale per teatrino di marionette San Martiniano di Torino, 1840 – 1844, Palazzo Madama; “Ventaglio pieghevole con interno del Teatro Carignano”, 1780, pergamena dipinta ad acquerello, avorio, Manifattura torinese, Palazzo Madama.

I primati della città / 5. Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente

 

Torino sul podio: primati e particolarità del capoluogo pedemontano

Malinconica e borghese, Torino è una cartolina daltri tempi che non accetta di piegarsi allestetica della contemporaneità.
Il grattacielo San Paolo e quello sede della Regione sbirciano dallo skyline, eppure la loro altitudine viene zittita dalla moltitudine degli edifici barocchi e liberty che continuano a testimoniare la vera essenza della città, la metropolitana viaggia sommessa e non vista, mentre larancione dei tram storici continua a brillare ancorata ai cavi elettrici, mentre le abitudini dei cittadini, segnate dalla nostalgia di un passato non così lontano, non si conformano allirruente modernità.
Torino persiste nel suo essere retrò, si preserva dalla frenesia delle metropoli e si conferma un capoluogo a misura duomo, con tutti i pro e i controche tale scelta comporta.
Il tempo trascorre ma lantica città dei Savoia si conferma unica nel suo genere, con le sue particolarità e contraddizioni, con i suoi caffè storici e le catene commerciali dei brand internazionali, con il traffico della tangenziale che la sfiora ed i pullman brulicanti di passeggeri sudaticci ma ben vestiti.
Numerosi sono gli aspetti che si possono approfondire della nostra bella Torino, molti vengono trattati spesso, altri invece rimangono argomenti meno noti, in questa serie di articoli ho deciso di soffermarmi sui primati che la città ha conquistato nel tempo, alcuni sono stati messi in dubbio, altri riconfermati ed altri ancora superati, eppure tutti hanno contribuito e lo fanno ancora- a rendere la remota Augusta Taurinorum così pregevole e singolare.

1. Torino capitale… anche del cinema!

2.La Mole e la sua altezza: quando Torino sfiorava il cielo

3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici

4. Torino e le sue mummie: il Museo egizio

5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente

6. Chi ce lha la piazza più grande dEuropa? Piazza Vittorio sotto accusa

7. Torino policulturale: Porta Palazzo

8.Torino, la città più magica

9. Il Turet: quando i simboli dissetano

10. Liberty torinese: quando leleganza si fa ferro

 

5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente

Ci si affacciava dalla palina della fermata, si osservava la strada dilungarsi verso l’orizzonte, poi si guardava l’orologio, poi ci si rivolgeva indietro, verso la tabella degli orari, ed infine si scambiavano sguardi sconsolati con gli altri astanti.
Si inventavano degli strani riti urbani nella speranza di far comparire il desiderato bus, chi camminava veloce verso la fermata successiva, chi improvvisava fantasiosi conti matematici sui possibili passaggi, c’era persino chi si accendeva una sigaretta, nella credenza che il fantomatico arrivo del mezzo avesse un fantasmagorico collegamento con il tipico gesto d’attesa.
Era ovviamente una stupidaggine, il tram non si palesava, ma si diceva così, secondo gli eterni insegnamenti della Legge di Murphy.
Sembra di parlare di un lustro addietro, quando fumare era già nocivo ma decisamente ancora troppo di moda perché la gente ci credesse sul serio. Tutto ciò succedeva prima di aver preso la patente e prima della vera indipendenza, durante quella parte di vita scandita dal passaggio dei trasporti pubblici, dalle lotte a suon di zaino sulle spalle per prendere d’assalto il bus subito dopo scuola, dalle corse forsennate per salire a bordo dell’ultimo tram serale, e poi i biglietti, la paura del controllore –e dai che è successo a tutti almeno una volta!- il posto vicino al finestrino, la deviazione del tragitto, la scusa perfetta per noi ritardatari: “perdonami, non passava il pullman”.


Una porzione di esistenza segnata dall’incertezza e dagli imprevisti, e forse è anche grazie a questo che noi, di qualche anno fa, abbiamo imparato a cavarcela!
Tuttavia, ad un tratto, a toglierci da questo impiccio è venuta in nostro soccorso la Metropolitana, effettivo segno di avanzamento tecnologico che ci pareggia alle altre megalopoli europee, un mezzo pulito, lindo, efficiente, veloce, niente più estenuanti attese allle fermate, niente più ressa nelle carrozze.
E poi ve lo ricordate? Lo stupore iniziale, quando tutti volevano provare l’ebbrezza della modernità stando seduti “ai posti davanti”, quelli “panoramici” e riservati –ahimè- ai bambini.
Un inaspettato passo in avanti verso il conformismo moderno, verso l’impagabile comodità, aspirazione che ci rende sempre un po’ più schiavi.
In quanto a grandezza e numerosità, non siamo di certo i primi dell’elenco, si pensi a Londra, con le sue dodici linee, a Milano e alle sue 4 linee e 111 stazioni – la metro di Milano è la più grande d’Italia, superando per estensione quella di Roma- alle tre linee arzigogolate di Napoli e persino alle 14 linee parigine.
Eppure le nostre due orgogliose linee metropolitane vantano un indiscusso primato tutto piemontese: la metropolitana di Torino è la prima in Italia ad essere dotata del sistema automatico VAL 208, (Veicolo automatico leggero), che non prevede conducente, con conduzione automatica gestita da una centrale, aspetto che di fatto la rende la più moderna non solo a livello italiano ma anche europeo.
Il progetto ha radici assai antiche, tutto inizia tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, grazie a personalità quali Riccardo Gualino, imprenditore e promotore piemontese e Marcello Piacentini, a cui si deve la progettazione del percorso di transito al di sotto di via Roma, piano tutt’oggi rispettato.
Tuttavia affinché l’idea si concretizzi è necessario attendere gli anni Novanta- Duemila, quando, grazie alle Olimpiadi invernali svoltesi a Torino, hanno effettivamente inizio i lavori.
Sembra un po’ la storia del “ritenta, sarai più fortunato”.
Negli anni Sessanta, nel contesto delle innovazioni apportate dalle celebrazioni di Italia ’61, si divulga un progetto ispirato alla Monorotaia, ma l’idea viene accantonata; negli anni Ottanta invece, si propone la “metropolitana leggera”, ossia cinque linee diramate in superficie con corsie preferenziali a collegamento dei vari quartieri cittadini, ma anche questa volta il proponimento non vede la luce, in questo caso per mancanza di fondi; arrivano gli ottimistici anni Novanta, si costruisce la Linea 9 in occasione dei Mondiali ’90, ma il tutto viene trasformato in una ordinaria linea tranviaria, ad eccezione della Linea 4, di fatto unica “metropolitana leggera” a tutti gli effetti e realizzata già a partire dal 1982.
Sempre negli anni Novanta, intorno al 1970, viene studiato un sistema per connettere le zone di Lingotto e Mirafiori, ma nuovamente le finanze non sono sufficienti; è ormai dicembre del 2000, quando il mondo punta gli occhi sulla minuta e borghese Torino, proprio a motivo delle Olimpiadi, e le alte sfere territoriali sono costrette a rispondere alla chiamata del Progresso.
Avviene così, il 4 febbraio del 2006, l’inaugurazione del primo tratto Collegno – Porta Susa.
Seguono poi ulteriori modifiche, altre tappe si aggiungono al percorso, le cui aperture spesso avvengono in concomitanza con avvenimenti di grande rilevanza, come il vernissage dell’ultimo tratto di percorrenza – fino a Lingotto- che ha avuto luogo durante le celebrazioni del 150° anno dell’Unità d’Italia.
Ci tengo, a nome dei miei concittadini della prima cintura –ed in particolare dei compatrioti Nichelinesi-, a sottolineare la data del 23 aprile 2021, quando, alla presenza del Sindaco Chiara Appendino, si svolge l’inaugurazione delle due fermate che prolungano la Linea 1 da Lingotto: Italia 61 e Bengasi.
Anche chi si trova nella lontana periferia può sentirsi un po’ più vicino ai privilegi del centro città.
Oltre alla questione tecnologica e di facilitazione dei trasporti, ad interessare la Metropolitana torinese vi è un discorso artistico: ogni stazione è decorata dalle opere di Ugo Nespolo, uno degli artisti italiani più importanti del panorama contemporaneo, convinto sostenitore del binomio artista-intellettuale, come dimostrano i suoi interventi in ambito di estetica e del sistema dell’arte, nonché attivo in diversi ambiti disciplinari, quali la pittura, la scultura ed il cinema.
Si chiama “Museo nel Metrò”, il progetto che interessa l’artista di Mosso e che si sviluppa parallelamente alla costruzione della linea metropolitana a partire dal 2006. Cuore dell’ideazione è il legame visivo e simbolico che si instaura, fermata dopo fermata, tra il mezzo di trasporto e la città soprastante: con tratti essenziali e ilari, nelle vetrofanie vengono raccontati, sotto forma di dirette e colorate illustrazioni impattanti, i luoghi, i personaggi e gli avvenimenti più importanti della storia civile e culturale del capoluogo piemontese, come ad esempio nella Stazione “Fermi”, all’interno della quale Nespolo compone un’opera elegante e unica, attraverso semplici elementi grafici che rimandano al celebre fisico, alle formule matematiche ed al mondo della scienza. Un ulteriore esempio è la fermata “Rivoli”, la cui vetrofania si rifà al Castello e alla raccolta di opere contemporanee contenute al suo interno, tra cui si riconoscono i riferimenti agli elaborati di Gilberto Zorio, Mario Merz, Keith Haring e Nicola De Maria. Assai particolare è anche “XIII Dicembre”, la cui decorazione riguarda la tematica del lavoro, la rimembranza
dei caduti del 18 dicembre 1922, attraverso la ripresa del quadro “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo, ridotto ad una manciata di siluette che avanzano sotto lo sguardo di esponenti della cultura torinese, tra cui Felice Casorati, Rita Levi Montalcini e Cesare Pavese.
Il tragitto non è tanto espanso, tuttavia non è nemmeno così breve da poter essere percorso in questa sede, fermata dopo fermata, per quanto ogni opera di Nespolo meriti un approfondimento adeguato.
I grandi lavori paiono a buon punto, anche se l’idea di ampliare il progetto c’è: ad oggi sono previsti diversi prolungamenti, tra cui, puntando verso ovest, la tratta Collegno – Cascine Vica -in cantiere, con tanto di lavori iniziati nel 2019-, altre tappe probabilmente riguarderanno Moncalieri, Rivoli e Rosta, San Mauro, Orbassano, con una certa attenzione verso alcuni luoghi fondamentali per la vita dei torinesi, come la FCA di Mirafiori, il Politecnico, l’ospedale San Giovanni Bosco e l’area industriale di Pescarito.
In sostanza, nessuno verrà lasciato a piedi, tanto più con l’ipotesi della Linea 3, che collegherà lo Juventus Stadium fino alla Reggia di Venaria Reale.
Insomma, cari amici ritardatari, un giorno non avremo più scuse per non essere puntuali, se non quella di essersi persi ad osservare le ipnotiche opere di Nespolo.

Alessia Cagnotto

 

 

Il Museo Egizio dedica un nuovo allestimento al corredo funebre della regina Nefertari

La seconda moglie di Ramesse

Ha inaugurato venerdì 9 agosto al Museo Egizio di Torino la nuova sala dedicata al corredo funerario della regina Nefertari. Si tratta di un allestimento curato da Enrico Ferraris, con la collaborazione di Cinzia Soddu e realizzato grazie al sostegno della Fondazione Crt, e che accoglie il ritorno al luogo di origine di quei reperti che per otto anni hanno viaggiato nei principali musei del mondo.

A centoventi anni dalla scoperta della tomba di Nefertari nella valle delle Regine, avvenuta nel 1904 ad opera di Ernesto Schiaparelli, allora direttore del Museo Egizio, il corredo verrà esposto nelle vetrine di inizio Novecento volute da Schiaparelli stesso.

Il riallestimento degli oggetti si accorderà ad un apparato testuale e a un video racconto, con disegni e foto d’archivio per restituire il contesto dei reperti provenienti dalla Valle delle Regine.

Per celebrare il ritorno di questo corredo il Museo Egizio ha invitato un ospite d’eccezione, Tarek Tawfik, presidente dell’Associazione Internazionale degli Egittologi e Direttore del Centro per gli Studi Archeologici e il Patrimonio Internazionale a Luxor. Alle 18 terrà una conferenza nella sala conferenze del Museo con ingresso libero, ma prenotazione obbligatoria.

MARA MARTELLOTTA

Cultura e spettacoli, tanti appuntamenti per chi resta in città

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Anche nei mesi di agosto e settembre proseguono le iniziative promosse dal Comune di Torino per chi trascorre l’estate in città. Con l’estate torna la voglia di stare all’aperto e di partecipare a occasioni di svago e socialità. Un desiderio cui la Città di Torino risponde con più di 300 appuntamenti tra giugno e settembre.

Scopri gli eventi e i luoghi in cui trascorrere l’estate 2024:

http://www.comune.torino.it/eventi/estate-2024/

Ferragosto di cultura: tanti visitatori nei musei torinesi

Nella giornata di Ferragosto i musei della Fondazione Torino Musei hanno accolto 4.930 visitatori, che hanno potuto visitare le mostre temporanee Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notte, Expanded – I paesaggi dell’arte, Jacopo Benassi. Autoritratto criminale e Silenziosuono alla GAM, Tradu/izioni d’Eurasia Reloaded al MAO, Change! Ieri, oggi, domani. Il Po e Teatri e teatrini a Palazzo Madama, oltre alle collezioni permanenti di MAO e Palazzo Madama.

In particolare, 1.221 persone hanno scelto la GAM, dove erano visitabili solo le mostre temporanee e non le collezioni, chiuse per riallestimento, 1.501 il MAO e 2.208 Palazzo Madama.

Se Caravaggio accresce lo splendore di una magnifica mostra

Capodimonte da Reggia a Museo”, alla Venaria sino al 15 settembre

Roberto Longhi scrisse che “una brutalità e una pietà infinita si dilaniano in essa” mentre due storici del Sei e Settecento la definirono “la più bell’opera che già mai fatto habbia questo illustre dipintore” e ricordarono come “la nuova maniera di quel terribile modo di ombreggiare, la verità di que’ nudi, il risentito lumeggiare senza molti riflessi, fece rimaner sorpresi, non solo i dilettanti ma Professori medisimi in buona parte.” Adesso che la “Flagellazione di Cristo” è giunta alla Reggia di Venaria a completare le sessanta opere delle collezione Farnese e Borbone portate, secondo un ben preciso asse verticale artistico Napoli-Torino, sino alle porte del capoluogo piemontese dalla Reggia di Capodimonte, ultima “ciliegina” di tutte quelle promesse da Eike Schmidt, ex direttore del museo napoletano e mancato sindaco di Firenze in questi ultimi giorni, è doveroso riprendere il discorso intorno a una delle mostre più suggestive viste in questi ultimi anni, veramente ammirata, un panorama di bellezza, “Capodimonte da Reggia a Museo. Cinque secoli di capolavori da Masaccio a Andy Warhol”, curata da Sylvain Bellenger e Andrea Merlotti, che sta entusiasmando visitatori e appassionati, riprenderlo al di là di quanto si scrisse tre mesi fa in occasione dell’inaugurazione alla presenza del ministro Sangiuliano. Un successone che sembra aumentare proprio con l’arrivo del Caravaggio, datato 1607 – tela commissionata (sappiamo di un acconto di duecento ducati, sappiamo di un completamento durante il secondo soggiorno napoletano, sappiamo di ripensamenti dei personaggi in special modo alla base della tela), commissionato da Tommaso de’ Franchis per la cappella di famiglia che Ferdinando Gonzaga gli donò nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli: in età moderna tre tentativi di furto e dal 1972 in consegna cautelativa portata a Capodimonte -, un Grande Vecchio che nei primi mesi di quest’anno ha avuto parecchi “scossoni” – il trasporto nella capitale francese per la mostra “Napoli a Parigi” con successivo ritorno, il prestito al Museo diocesano napoletano e ora il viaggio ulteriore per la mostra di casa nostra – e ha necessitato quindi di preoccupazioni e cure. Un lungo viaggio, ancora quest’ultimo, ad attraversare pressoché l’intera penisola, fatto di mille precauzioni, la continua osservazione dal satellite, un funzionario del ministero e i carabinieri del Nucleo Tutela patrimonio culturale in un accompagnamento senza sosta, un camion con la temperatura e l’umidità controllate e un rimorchio di grandi dimensioni per contenere una tela che misura 266 x 213; e ancora il parcheggio nella Citroniera e il posizionamento nella sala posta al primo piano della reggia, tramite una gru, che lo proteggerà sino al 15 settembre. La “Flagellazione” è sola nel vasto spazio, una stanza tutta per sé, a circondarsi di pubblico, a riempire gli occhi di chi guarda.

Nel periodo più tragico e combattuto della sua esistenza, fatto di risse e di processi, di un omicidio che lo costringe alla fuga da Roma, di una pena capitale che lo mette alla mercé di chiunque lo incontri, Caravaggio pensa ed esegue questo capolavoro, anche di forte natura simbolica, “quasi un passo di danza sul fondo di tenebra”, dove ferma i gesti dei tre figuri che circondano il Cristo alla colonna – già coronato di spine, la fronte bagnate da tre minuscole tracce di sangue, e chiuso nel proprio dolore fisico e in tutta la sua debolezza umana – e procura una grandissima drammaticità in quel contrasto della luce che scende da sinistra e delle ombre, che nelle opere di quegli anni reclamano insistentemente sempre più spazio, un corpo divino illuminato nel suo biancore a contrasto con la pelle brunita dei carnefici. Un corpo classicheggiante, plasticamente inteso e reso, a contrasto con la rozzezza e i grugni, con la bestialità degli aguzzini che gli sono a lato.

Per chi ama Caravaggio è un vedere e un tornare a vedere, un soffermarsi, uno studiare, uno scoprire tracce momenti particolari che appaiono nuovi, un entrare nella storia intima della tela. Ma chiaramente la mostra è La Grande Bellezza dell’arte italiana, è la scelta calibrata e necessaria e condotta con mano estremamente esperta da parte di chi offre a Torino quel percorso: anche se, nel rivedere le mostra e riandando ai viaggi fatti a Napoli, t’accorgi che un posto vuoto lo lasciano Brueghel il Vecchio (“La parabola dei ciechi”) o, allungandoci all’Ottocento, la “Luisa Sanfelice” di Toma, i Domenico Morelli e Boldini e De Nittis: si chiude con “Vesuvius” di Andy Warhol con immenso solluchero per i contemporanei.

Quel percorso ha tappe innumerevoli e importanti a cui fermarsi, “La crocifissione” di Masaccio e di Masolino la “Fondazione della chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma”, “San Gerolamo nello studio” di Colantonio (1445) per gustare i particolari di una pittura che guarda ai maestri fiamminghi e ai provenzali attivi alla corte di Renato d’Angiò, e poi Bellini con la luminosa e paesaggistica “Trasfigurazione” e Tiziano con “Danae” e “Papa Paolo III” in compagnia dei nipoti Alessandro, “Il Gran Cardinale”, e Ottavio, l’”Antea” del Parmigianino, serva o amante del pittore, forse donna sconosciuta che è l’allegoria della bellezza ideale, giustamente posta a immagine della mostra, Annibale Carracci e Guido Reni, Artemisia Gentileschi più “autobiografica” che mai nel tagliare la testa di Oloferne che con tutta probabilità ha le sembianze di Agostino Tassi, suo stupratore. Il giusto confronto da i due “Apollo e Marsia” di Jusepe de Ribera e Luca Giordano, il grandioso Solimena, l’Estasi di Santa Cecilia di Bernardo Cavallino, “La famiglia di Ferdinando IV di Borbone” firmato da Angelica Kauffmann sul finire del Settecento, al centro di un rigoglioso paesaggio, mentre i piccoli eredi accarezzano un cane, suonano l’arpa e giocano divertiti con un filo tra le mani.

Elio Rabbione

Prorogata la mostra “Palazzo Lascaris e i suoi abitanti”

La mostra storica e artistica intitolata “Palazzo Lascaris e i suoi abitanti”, allestita nelle sale del piano terreno di via Alfieri 15, è stata prorogata al 3 gennaio 2025. Orario di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17 (festivi e 16 agosto esclusi). Ingresso gratuito.

In questi mesi (la mostra è stata inaugurata il 25 marzo) centinaia di persone hanno apprezzato le ricerche storiche e gli approfondimenti legati ai quattrocento anni di vita di uno dei più sontuosi e meno noti palazzi barocchi del centro di Torino, trasformato nel tempo da residenza aristocratica in sede di uffici. La mostra ha la curatela del direttore della Fondazione Cavour di Santena Marco Fasano ed è stata allestita grazie ai numerosi prestiti di oggetti e documenti forniti dalla Camera di Commercio di Torino. Ai visitatori viene dato in omaggio il catalogo.

Il presidente Davide Nicco e l’intero Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, che si è insediato lo scorso 22 luglio, ha deciso di prorogarne l’apertura per permettere ai nuovi consiglieri di conoscere la storia del palazzo che li ospiterà per i prossimi cinque anni ed anche per riaprire le visite alle scolaresche: al link http://www.cr.piemonte.it/prenotazionevisite/scuole/scegli-data le classi possono prenotare la visita gratuita il giovedì o il venerdì mattina tra il 26 settembre e il 20 dicembre 2024.

Vigilia e Ferragosto alla Reggia

Il complesso della Venaria Reale (Reggia, Giardini e Castello della Mandria) resta aperto giovedì 15 agosto 2024, giorno di Ferragosto, dalle ore 9.30 alle 19 (con ultimo accesso alle 18).
Anche alla vigilia di
Ferragosto, mercoledì 14,
viene proposta un’apertura
speciale. In occasione della
Festa patronale di Venaria
Reale, la Reggia resterà
infatti aperta fino alle 23 con biglietto dedicato per un’edizione infrasettimanale di Sere d’Estate alla Reggia: dalle ore 18, alla Cascina Medici del Vascello, ad attendere i visitatori un ricco aperitivo con cocktail e l’incredibile musica di DJ Seba SJW. Dalle ore 21.30 la serata prosegue nel Giardino a Fiori e sotto le pergole del roseto con la possibilità di sorseggiare un cocktail al Chiosco delle Rose con selezione musicale a cura di Jazz Re:Found Selectors.
Come per magia, all’imbrunire i Giardini si illuminano con la luce di migliaia di candele: i visitatori sono invitati a passeggiare nel Giardino a Fiori e nel Giardino delle Rose per lasciarsi incantare dalla visione fiabesca della natura al lume di candela, un’esperienza davvero suggestiva ed indimenticabile, senza tralasciare la possibilità di visitare alle Sale delle Arti l’imponente mostra Capodimonte da Reggia a Museo. Cinque secoli di capolavori da Masaccio a Andy Warhol.