STORIA TORINESE / Roberto Gremmo commenta sul giornale “La nuova Padania” il pezzo di Pier Franco Quaglieni sulla strage di Torino del 1864 pubblicato nei giorni scorsi su “il Torinese”. Vi proponiamo l’articolo di Gremmo e una replica di Quaglieni

La risposta di Quaglieni
Di Roberto Gremmo apprezzo la coerenza fin dai tempi in cui su “Repubblica” lo difesi dall’egemonia dei Lumbard che voleva cancellare il suo movimento , l’unico davvero autonomista.
E’ un uomo intero che va avanti solitario per la sua strada , dimostrando che la cultura è più importante del successo politico. E’ uno, tanto per capirci, con cui è bello discutere perché si vede che è in buona fede Detto questo, nel suo articolo in cui mi onora della sua attenzione polemica, scrive cose imprecise o infondate. Non sono il gran maestro del laicismo piemontese, perché sono un cattolico laico e liberale che ha riscoperto le ragioni della fede.
Neanche in passato sono stato gran maestro di nulla ed ogni richiamo alla massoneria mi è estraneo. Io mi occupo come studioso e docente da una vita di Risorgimento e in quella veste ho scritto. Io non sottovaluto i fatti di Torino del 1864 che condanno, ma ritengo che fosse necessario il trasloco della capitale a Firenze, prima tappa verso Roma , come volevano Cavour, Mazzini, Garibaldi. Io credo nel Risorgimento come grande pagina di storia e di riscatto nazionale.
Ho criticato il Sindaco perché non ha ritenuto di far nulla per il 150 esimo del XX settembre che reputo data importante per la storia italiana. Invito Gremmo ad una discussione amichevole e ravvicinata. Abbiamo idee molto diverse, ma il confronto ravvicinato è sempre utile per scoprire dei pezzi di verità.
Pierfranco Quaglieni
Giovedì 24 e venerdì 25 settembre la cena firmata da Mirko Pelosi
Si inizia giovedì 24 e venerdì 25 settembre con due “cene itagliane”: errore voluto visto che il protagonista è uno chef molto apprezzato all’estero. Mirko Pelosi, classe 1994, chef romagnolo doc trapiantato in Europa. Ha lavorato al Timberyard di Edimburgo, poi ad Oslo, per il ristorante tre stelle Maaemo, e, di nuovo, in Scozia, all’Edinburgh Food Studio.
Infine, i “Workshops”, laboratori manuali di una giornata dedicati alla scoperta di mondi antichi e contemporanei: panificazione, fermentazione, pasticceria. Dalla teoria alla pratica, in queste giornate ci si sporcherà le mani seguendo la filosofia dell’imparare per errori, facendo e creando, con tutti i vantaggi dello sentirsi a casa.
Quelle tragiche giornate di sangue torinesi non sono state dimenticate e sono una ferita ancora aperta. Segnano la dolorosa frattura fra un Popolo che aveva per secoli seguito con disciplina la Dinastia Sabauda, e i regnanti del ramo Carignano che indegnamente e spregiudicatamente aveva avuto la corona reale, dopo la morte dell’ultimo discendente diretto di Emanuele Filiberto che proprio Torino aveva voluto come capitale. Le ragioni della protesta popolare del 1864 sono note. Traevano motivo dal sicuro impoverimento economico della città che veniva “scippata” delle sue più importanti funzioni, ma prendevano forza dal rancore giustificato dei piemontesi che si sentivano, a giusta ragione, traditi, abbandonati e impoveriti. Di fronte al malcontento, una classe politica straniera almeno nella mentalità, capeggiata dal toscano Peruzzi e sostenuta dai politicanti nostrani già pronti a trasformarsi in “italianissimi”, aveva fatto brutalmente ricorso alla maniera forte, ordinando a poliziotti, carabinieri e soldati di sparare ad altezza d’uomo sulla folla inerme. Restarono sul selciato almeno una sessantina di morti, e nel fuggi fuggi generale diversi poveracci rimasero più o meno gravemente feriti. Senza colpa alcuna. Con loro moriva il nostro Piemonte. Ogni anno Torino commemora la strage del 1864.