Cosa succede in città- Pagina 34

“Pittura a bocca”. Tutto è possibile

Prosegue a Torino “Oltranza Festival”, l’arte dell’incontro “contro ogni barriera”, per la totale accessibilità ai luoghi della cultura

Domenica 9 giugno, ore 16,30

“Ho capito che per non essere vittima della mia ‘disabilità’ e di una società che categorizza le persone in diversità inesistenti, bastava soltanto che mi guardassi dentro: per comprendere chi fossi davvero, quali erano le mie potenzialità e cosa avrei potuto dare al Mondo”: in queste parole di grande profondità, coraggio e verità, pronunciate da Francesco Canale, artista poliedrico (pittore, scrittore, autore teatrale/musicale nonché performer) ed imprenditore, nato senza braccia e senza gambe e promotore del “Laboratorio di Pittura a Bocca” inserito all’interno di “Oltranza Festival” (progetto delle Associazioni, affiliate Arci, “Indiependence” e “Soundset APS”), c’è tutta l’essenza di un’impresa – concretizzatasi in un vero e proprio “Laboratorio” – nata dall’idea di “focalizzarsi sulla soluzione e non sui problemi” utilizzando per dipingere, nello specifico caso, non le mani, ma la bocca. Impresa non facile. Ma fattibile, ci insegna Canale.

Dopo aver realizzato una “nuova rampa” che rende agibile a tutti lo spazio sotto palco di “Magazzino Sul Po”, “Oltranza” torna dunque domenica 9 giugnoalle 16,30, questa volta nelle “Raffinerie Sociali” di Via Fagnano 30 int. 2, con la nuova iniziativa dedicata, per l’appunto, ad un Laboratorio di Pittura a Bocca” “Usa la testa Experience”. Finalità, quella di fondere l’esperienza laboratoriale con il divertimento per permettere ai partecipanti di prendere parte non solo ad un “Laboratorio di Pittura” ma anche al “primo gioco al mondo” in cui è vietato utilizzare le mani.

Al termine dell’ “esperienza di gioco e laboratorio”, seguirà un’intervista con aperitivo in compagnia di Francesco Canale intervallata da letture, tratte dal suo libro “Le Corde dell’Anima” (Editore “Scatole Parlanti”) con accompagnamento musicale dal vivo.

Queste nuove iniziative confermano, ancora una volta, la vocazione alla “multidisciplinarietà” propria di “Oltranza Festival” che abbraccia ogni disciplina e che si caratterizza, rispetto agli altri Festival, mantenendo sempre saldo – nell’organizzazione di un evento – l’obiettivo di rendere totalmente accessibili i luoghi della cultura in città. 

Di qui anche il suo impegno nel rendere finalmente accessibile a chiunque, come detto, lo spazio sotto palco ai Murazzi di Torino di “Magazzino Sul Po”, con una nuova rampa da poco installata e ulteriore importante tappa nel lento (ancora troppo lento!) cammino verso una maggiore inclusione sociale da parte della Città.

E questo significa anche – racconta Gigi “Bandini” Cosi, presidente di ‘Indiependence’ – che il Festival non è rivolto solamente alle persone con disabilità, ma a tutte e a tutti, con la convinzione che sia l’incontro l’elemento più potente che sperimentiamo nella vita”.

In piena corsa “Oltranza”, arriverà con il suo ricco palinsesto fino al 15 settembre prossimo e toccherà il culmine nei tre concerti organizzati a “Spazio 211” (ore 19/24), in via Cigna, per domenica 7 luglio.

Il ricavato del Festival è destinato in parte al finanziamento di una “borsa di studio” in “Disability Management & Inclusive Thinking” presso la “SAA” di Torino e in parte alla realizzazione di interventi di abbattimento di barriere architettoniche in circoli culturali non ancora accessibili.

Al progetto di “Oltranza Festival” hanno anche collaborato (insieme a “Indiependence” e a “Soundset APS”) “LISten APS”, “Magazzino sul Po” ed “Anomalia Teatro”, con il sostegno di “Fondazione Time2”, di “Arci Torino” e “Apic” e con la collaborazione di “Si può Fare”, “CPD”, “SAA – School of Management” e “Quattrolinee”.

Per info, programma e biglietti: www.oltranzafestival.it

g.m.

Nelle foto: immagini di repertorio (pittura e giochi) e Francesco Canale

Al Museo del Risorgimento i cimeli della Contessa di Castiglione

 

Il Museo Nazionale del Risorgimento partecipa ad Archivissima, la Notte degli Archivi che è dedicata quest’anno alle “Passioni”, con l’esposizione di due cimeli unici appartenuti alla Contessa di Castiglione: l’album di fotografie, donatole dal diplomatico Costantino Nigra e conservato negli archivi storici del museo, e un prezioso bracciale intarsiato appena acquisito dal Museo grazie a una donazione privata, che viene per la prima volta esposto al pubblico.

La piccola exhibition “Passioni allo specchio: la Contessa di Castiglione e l’album Nigra”, allestita nella Sala Plebisciti del Museo dal 6 al 30 giugno, si propone di far conoscere la passione di Virginia Oldoini, contessa di Castiglione, per l’arte della fotografia: sia come autorappresentazione, che come espressione di una novità mondana. Raccoglie una selezione di scatti eseguiti fra il 1856 e il 1857 all’Atelier Mayer & Pierson di Parigi, riferimento dell’élite parigina del Secondo Impero.

La contessa fu una delle protagoniste segrete del Risorgimento e del processo di unificazione dell’Italia. Cugina di Cavour, si prodigò in attività di spionaggio e diplomazia, e fu al centro dei più importanti avvenimenti dell’epoca: il Congresso di Parigi del 1856 dove Cavour tessé le alleanze con Francia e Inghilterra; la seconda guerra d’indipendenza, che portò alla vittoria dell’alleanza franco – sabauda sull’Impero Asburgico, e le trattative di pace della guerra franco-prussiana.

La Castiglione, considerata fra le donne più belle della sua epoca, fu incaricata segretamente da Cavour e dal Re Vittorio Emmanuele II della missione di spingere l’imperatore di Francia Napoleone III ad allearsi con il Regno di Sardegna. Ci riuscì divenendone l’amante.

La visita all’esposizione dei due cimeli è inclusa nel biglietto del Museo. Per la Notte degli Archivi, il Museo propone diverse iniziative. Dalle 18 alle 21 (ultimo ingresso alle 20), apertura straordinaria con ingresso gratuito; alle 19.30, visita guidata tematica (su prenotazione al Museo tel. 0115621147); poi alle 21, in Sala Plebisciti, l’incontro “Passioni allo specchio: la Contessa di Castiglione e l’Album Nigra” con Roberto Coaloa, storico e scrittore, e il contributo video di Benedetta Craveri, critica letteraria e scrittrice, autrice nel 2021 della biografia “La contessa. Virginia Verasis di Castiglione”. L’ingresso all’incontro è libero fino a esaurimento posti disponibili. Prenotazione consigliata su Eventbrite.

TORINO CLICK

Mai senza l’Holga

In mostra al torinese “Spazio Eventa” le “povere”, ma più che mai suggestive, fotografie di Candido Baldacchino

Fino al 7 giugno

Di sicuro, per i non addetti ai lavori, il titolo della mostra del fotografo torinese Dario Baldacchino“TERRAMARE – Fotografie con Holga” – allestita allo “Spazio Eventa” di Torino (fino a venerdì 7 giugno) può far insorgere un interrogativo o quanto meno una curiosità. “Holga”!?. E chi mai sarà quest’Holga? La moglie, un’amica, la figlia, la Musa Ispiratrice di Baldacchino? L’arcano ci può stare, ma è arcano di facile soluzione. Basta entrare in quegli spazi, al civico 42 di via dei Mille, che ospitano i suoi scatti per dare d’immediato una risposta al quesito.

“Holga”altro non è, infatti, che una semplice, anzi semplicissima che di più non si può, macchina fotografica. La “toy camera” più famosa al mondo, la definisce Tiziana Bonomo, responsabile del progetto “ArtPhotò” e curatrice della mostra. Baldacchino, dopo aver per anni maneggiato “Reflex” e “Kodachrome” sempre alla ricerca della massima qualità, la scopre, scopre la “Holga” ed è amore a prima vista. O meglio a prima “stampa”. Correva l’anno 1996. Quasi trent’anni fa e l’amore continua alla grande con risultati estetici di tutto rispetto. Scatti “sporchi, slabbrati, vignettati, talvolta sovraimpressi e sfocati … ma veri, con un’anima!”. Pare quasi inspiegabile a Baldacchino e a tutti noi che “una fotografia fatta con la ‘Holga’, una macchina di plastica e da pochi soldi – sottolinea ancora la Bonomo – riesca a suscitare atmosfere senza confini se non quelli del nostro io più nascosto”. Fotografie in bianco e nero fuori dal tempo reale, immagini oniriche, cariche di nostalgia, memoria ed emozioni, mai voci d’attimi fuggenti ma di attente osservazioni e lunghe e mirate esposizioni: un semplice pontile che porta i segni del tempo e che avvicina come può la terra al mare, un sentiero alberato che si perde in un’inquietante voragine nebbiosa che annulla suoni voci e confini o una sgangherata finestrucola (o quanto di lei resta) dietro le cui grate s’intravedono pannelli “Kodak” (un vecchio laboratorio fotografico?) e un occhio femminile impresso su stampa che par chiedere attenzione. O aiuto.

Pressoché assente la presenza umana, Baldacchino è riuscito a trasformare, attraverso la sua “Holga 120S”, anche le scene della più ordinaria realtà in opere d’arte di intrigante poesia. Maestro della “street photography”, nel vero senso della parola”, Baldacchino è stato inizialmente artista affascinato dal colore, un “puro fotografo”dalla storia affascinante e avvincente, ossessionato perennemente dalla sperimentazione e dalla ricerca, girovago in auto o a piedi fra terre e campagne o lungo le coste d’Italia e Francia ad osservare il mare e le bizzarrie delle onde per trarne i momenti di maggior fascino e vitalità. Nel 2019, è stato insignito dell’onorificenza “IFI” dalla “FIAF”(Federazione Italiana Associazioni Fotografiche), ha inoltre partecipato al “MIA Fair” (Fiera Internazionale dedicata alla fotografia) di Milano, dal 2014 al 2023, e alla mostra “Krappy Camera” alla “Soho Gallery” di New York, nel 2023.

L’amore per la sua “Holga” (macchina fotografica inventata intorno al 1982 dai Russi per i Cinesi, dal costo bassissimo, interamente in plastica, compresa la lente, caratterizzata da innumerevoli imperfezioni che, nel tempo, sono diventate veri e propri punti di forza nel riuscire, se ben usata, a realizzare immagini di potenza retrò e di magiche metafisiche atmosfere) lo accostano di molto all’opera di Yannick Vigouroux che, nel 2005, crea in Francia il Collettivo – poco conosciuto – “Foto Povera” che raccoglie fotografi che come lui provano un incondizionato amore per la “photographie ancienne”, l’antica fotografia. Ma non solo. Molti altri, infatti, sono i fotografi che come lui hanno usato o usano macchine fotografiche “povere”,  come l’inglese Michael Kenna che per creare atmosfere insolite nei suoi paesaggi (realizzati spesso con lunghissime esposizioni) ha iniziato dall’86 ad usare, oltre alla ‘Hasselblad’, proprio la ‘Holga’. Questo spiega, altresì, il formato quadrato delle immagini.

Altro nome di grande ispirazione per molti fotografi di questa “corrente” è quello del famoso Bernard Plossu, fra i più prestigiosi fotografi francesi contemporanei. Tutti artisti, profondamente ispirati alla ricerca del momento semplice, non decisivo, che si pone in netta contrapposizione all’ideale di un grande come Henri Cartier-Bresson. “Ecco allora – conclude Tiziana Bonomo – che parole come ‘metafisica’ ‘insolito’ – che accomunano questi artisti della fotografia – ricorrono sempre più a definire quella sensazione di sogno, malinconia, assenza che percepiamo guardando le opere di Baldacchino”.

Gianni Milani

“TERRAMARE. Candido Baldacchino, fotografie con ‘HOLGA’”, via dei Mille 42, Torino; tel. 011/8138159 o www.eventaweb.it

Fino al 7 giugno

Orari: dal mart. al ven. 15/19

Nelle foto: Candido Baldacchino, alcune delle opere “Senza titolo” in mostra

Festival “Granda in Piazza” presso la Piazza dei Mestieri

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La piazza dei Mestieri di Torino, in via Duranti 13, proporrà un evento dal 7 al 9 giugno prossimo imperdibile per tutti gli appassionati di birre artigianali. Il Festival, intitolato “Granda in Piazza” e che comprenderà 12 birrifici e 108 birre internazionali, sarà teatro espositivo di alcuni dei più apprezzati birrifici europei, il tutto all’insegna della qualità, del buon cibo e del divertimento.

Tra i birrifici ospiti risultano, tra gli altri, il noto birrificio berlinese BRLO, il Moor, birrificio inglese all’insegna della tradizione e dell’innovazione per creare birre non filtrate e dal sapore unico, la Lerwing, birreria norvegese per le sue birre audaci e innovative, il Wicklow Wolf, birrificio irlandese che si distingue per la sua passione, per l’innovazione e l’uso di ingredienti di alta qualità, la birreria nostrana CANEDIGUERRA, da sempre attenta alla produzione classica e a quella creativa, e a un altro nome di spicco della scena italiana come il Brewfist, specializzato nella produzione delle IPA che hanno fatto scuola in Italia e all’estero. Non mancheranno anche marchi di birra danesi e belgi, oltre alle creazioni brassicole dei due organizzatori Granda e Birrificio La Piazza.

Dopo il successo delle scorse edizioni e .a collaborazione “Beer Heron” presentata lo scorso anno alla Beer Fest Platz a Torino, tornano con le loro etichette di punta e un grande evento nato dal desiderio di unire le forze per offrire al pubblico l’occasione unica per scoprire nuovi birrifici, storie e sapori.

Saranno anche presenti i mastri birrai per raccontare le loro creazioni al pubblico degli appassionati. Il menu è ideato dagli chef Maurizio Camilli e Marco Santelli, per un evento all’insegna della buona musica e del divertimento, in un’atmosfera senza eguali.

 

Mara Martellotta

I concerti di “Rai Orchestra Pops”: ci si ispira a Stati Uniti, Austria, Argentina e Spagna

In programma dal 7 al 20 giugno.

 

All’Auditorium Rai di Torino torna “Rai Orchestra Pops”, ciclo di concerti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, che esplora i confini tra linguaggio classico, la scrittura sinfonica, la musica etnica, il crossover e lo swing. Tre le serate, dal 7 al 20 giugno, all’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino, tutte trasmesse in live streaming, la prima e la terza trasmesse anche in diretta su Radio 3. Sul podio si alterneranno direttori di grande versatilità e aperti alle contaminazioni come Orozco-Estrada, Giménez e Greilsammer. Il primo appuntamento è atteso per venerdì 7 giugno alle 20.30 ed è intitolato “American landscapes” con protagonista il direttore d’orchestra e pianista israeliano David Greilsammer, spesso capofila di progetti innovativi, anteprime mondiali e incontri rivoluzionari tra diverse arti e culture. In programma la Mississipi Suite di Ferde Grofé, scritta nel 1926, che descrive il percorso del celebre fiume statunitense, dalla sorgente in Minnesota alla foce nel Golfo del Messico, a New Orleans. Segue un altro mitico viaggio americano, quello lungo la route 66, tradotto in musica nel 1998 da Micheal Daugherty. Chiuderanno la serata i Three places in New England di Charles Eve e la Suite Appalachian Spring di Aaron Copland.

Dai paesaggi americani si passa al folklore italiano e argentino con il secondo concerto in programma venerdì 14 giugno alle 20.30, dal titolo “Da Napoli a Buenos Aires”. Sul podio il direttore principale dell’Orchestra Rai Andrès Orozco-Estrada, che accosta la suite da concerto da Pulcinella, di Stravinskij, a due brani del compositore argentino Alberto Ginastera: le variazioni concertanti op.23 per orchestra da camera e le quattro danze dal balletto Estancia.

Ultimo appuntamento sarà quello con le Operette e Zarzuelas giovedì 20 giugno alle 20.30, per la direzione dello spagnolo David Gimènez. Al centro della serata musiche di Johann Strauss Junior : l’Ouverture da Der Zigeunerbaron, il valzer op. 410 Frühlingsstimmen, la polka schnell op.324 Unter Donner und Blitz, l’Ouverture da Die Fledermaus. A Johann Strauss sarà affiancato Joseph Strauss con la polka – schnell op.271 Ohne Sorgen! E alcuni estratti da Die Lustige Witwe di Franz Lehar. Dall’Austria si passa poi alla Spagna con il preludio dalla Zarzuela “El Bateo” di Federico Chueca, “El baile de Luis Alonso” e la “Boda de Luis Alonso” di Gerònimo Giménez, la “Danza Ritual de Fuego” da El Amor Brujo di Manuel Defalla e l’intermezzo tratto da Goyescas di Enrique Granados.

 

Biglietti: presso la biglietteria dell’Auditorium Rai, piazza Rossaro

Tel: 011 8104996

La finale di Incipit offresi con Eugenio in Via Di Gioia

Giovedì 6 giugno, ore 21

Villa La Tesoriera, corso Francia 186, Torino  

INCIPIT OFFRESI

Dopo 19 tappe in 6 regioni – Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Campania, Lazio – si conclude la nona edizione del primo talent letterario itinerante giovedì 6 giugno a La Tesoriera, in occasione dell’Evergreen Fest. L’ultima sfida a colpi di incipit sarà condotta da Eugenio Cesaro degli Eugenio in Via Di Gioia, special guest. Presentano Chiara Pacilli, giornalista e conduttrice tv e Giorgia Goldini, attrice, autrice e comica, accompagnati dalle musiche di Enrico Messina e della violinist performer Marta Pistocchi. Tra gli ospiti, il valdostano Simone Torino, classificatosi l’anno scorso al secondo posto, vincitore della XXXVII edizione del Premio Italo Calvino, assegnato martedì 4 giugno, con il romanzo “Macaco”, il cui incipit è stato presentato proprio a Incipit Offresi 2023.

Incipit Offresi è ideato e promosso dalla Fondazione ECM – Biblioteca Civica Multimediale di Settimo Torinese. In 8 anni Incipit Offresi ha scoperto più di 60 nuovi autori, pubblicato 70 libri e coinvolto più di 10mila persone, 30 case editrici e più di 50 biblioteche e centri culturali. Incipit Offresi è un vero e proprio talent della scrittura, un’occasione innovativa per diventare scrittori, una scommessa basata su poche righe, un investimento sulle potenzialità dell’autore. La vera chance dell’iniziativa è la possibilità offerta agli aspiranti scrittori di incontrare e dialogare direttamente con gli editori coinvolti nelle varie fasi del progetto, farsi conoscere e raccontare la propria idea di libro.

Gli 8 finalisti avranno 60 secondi di tempo per leggere il proprio incipit o raccontare il proprio libro. In una sfida uno contro uno, gli aspiranti scrittori saranno giudicati dal pubblico presente in sala. I concorrenti primo e secondo classificato riceveranno rispettivamente un premio in denaro di 1.500 e 750 euro; saranno inoltre messi in palio, fra tutti i partecipanti alla finale, il Premio Italo Calvino, Indice dei Libri del Mese, Golem, Leone Verde, Circolo dei Lettori ed eventuali altri premi assegnati dagli editori.

I finalisti: la 26enne Carlotta Marricco da Aosta; il 45enne Mauro Bennici di Nichelino (TO); l’imprenditrice Bianca Brotto da Manerba del Garda (BS); il 64enne Luigi Callegaro di Torino; Riccardo Nigra di 20 anni, il più giovane concorrente, da Venaria Reale (TO); il 23enne Christian Mella di Bollate (MI); Sandra Puccini da Quarrata-Pistoia (PT); Fausto Bruno Campana di Impruneta (FI).

Incipit Offresi è un’iniziativa ideata e promossa dalla Fondazione ECM – Biblioteca Archimede di Settimo Torinese, con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo e la collaborazione di Emons Edizioni, Fondazione Circolo dei lettori e FUIS – Federazione Unitario Italiana Scrittori. 

Il Premio Incipit e il campionato sono dedicati a Eugenio Pintore per la passione e la professionalità con cui ha fatto nascere e curato Incipit Offresi.

INFO

Giovedì 6 giugno, ore 21

Evergreen Fest – Villa La Tesoriera, corso Francia 186, Torino

Incipit Offresi, la finale

www.incipitoffresi.itinfo@incipitoffresi.it

Giovanna Mezzogiorno presenta “Ti racconto il mio cinema”, tra set e ricordi

Mi chiamo Giovanna, amo il cinema immensamente e tra queste pagine proverò a raccontartelo, cercando di portarti per mano in un viaggio che può essere breve o lunghissimo, istantaneo o eterno.” Dimenticate la diva, ancor più la diva capricciosa, e pensate piuttosto ad una diligente quanto appassionata allieva che sottoponga ad un pubblico di amici, e di quanti abbiano seguito sino a oggi il suo percorso, quella relazione a cui tanto tiene. E dire che con il suo David di Donatello, con i 4 Nastri d’argento, con i 3 Globi d’oro e i 2 Ciak d’oro, i due premi Flaiano, la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Venezia (grazie alla “Bestia nel cuore”, Cristina Comencini regista), con il riconoscimento prestigioso da parte del National Society of Film Critics Award, l’associazione dei critici cinematografici statunitensi, a ripassare i tanti ritratti femminili portati sullo schermo, Giovanna Mezzogiorno ne avrebbe per tirarsela. E invece niente. È lì, sorridente, unico vezzo il continuo rigirarsi all’indietro la gran massa di capelli scuri, nell’anno della scadenza dei cinquanta, a portare sotto i riflettori della saletta conferenze della Mole, questo suo lungo componimento che è il libro “Ti racconto il mio cinema”, una spiegazione più che un tranquillo racconto, edito da Mondadori, in compagnia di Gabriele Molinari, vicepresidente del Museo Nazionale del Cinema. Non è un libro autobiografico ma necessariamente i ricordi personali c’entrano, è il racconto di chi fa cinema al di qua o al di là dello schermo, della bellezza di una sceneggiatura e dell’esattezza che deve avere in sé, dell’importanza di un montaggio capace di sovvertire una storia, è il rispetto per le troupe, per quanti stanno fuori dello schermo (quei titoli di coda che nessuno si ferma mai a leggere), per gli operatori (Giovanna ne ha scelto uno ad un certo punto della vita che è il padre dei suoi due gemelli), per i costumisti, per il trucco e parrucco, per le tante comparse che a volte dall’alba aspettano di girare.

Parte da lontano Mezzogiorno, l’intento è pressoché pedagogico (“il libro me lo hanno richiesto per i ragazzi – “dagli 11 anni”, ti avvertono dalla casa editrice -, chiaro che io speri che il pubblico s’allarghi”), parla della camera oscura di Leonardo, dei dagherrotipi, della lanterna magica, delle figurine ritagliate e portate a scorrere in un movimento continuo, parla di Meliès e della luna. L’approccio non è stato facile, immediato (“mi sono messa le mani nei capelli”), poi tutto è sembrato chiarirsi. “Amo il cinema, sono andata sul mio primo set che avevo cinque anni, era il ’79, mio padre girava con Depardieu e una Nastassja Kinski di una bellezza sconvolgente. Erano gli anni della ricchezza di Cinecittà, di quegli stessi studi “rubati” poi dalla televisione ma che adesso, a poco a poco, anche se c’è ancora parecchio da fare, ci stiamo riprendendo. Erano gli anni in cui vedevo gli attrezzisti costruire con i loro spostamenti delle nuove prospettive, oggi è sufficiente uno screen e in un attimo ti ritrovi lontano chilometri e chilometri da dove eri sino a quel momento. Erano gli anni in cui esisteva la pellicola e a sera si controllava il girato del giorno, magari per cestinarne via gran parte, buttando all’aria ore e ore di impegno e fatica, pezzi di pellicola calpestati che non sarebbero serviti più a nulla. Oggi il digitale fissa in un attimo tutto quanto il girato”.

È chiaro che la nostalgia non può non farsi largo nell’ora e più di chiacchierata. “Se oggi mi mandano una sceneggiatura per mail, io vado subito dal tabaccaio a farmela stampare, voglio leggermela sul foglio di carta, sono stata abituata fin da piccola a veder girare copioni in casa mia, pile di copioni che sarebbero poi stati utilizzati o messi da parte definitivamente, ci disegnavo sopra io ai copioni di mio padre.” Torna al rispetto per le maestranze, “ricordo le tante ore di make up per la Fermina Daza dell’”Amore ai tempi del colera”, ricordo i ritmi, quella disponibilità che io mi sono sempre imposta. Certo però anch’io voglio la mia parte”. Durante la lavorazione di “Vincere”, il sofferto ruolo di Ida Dalser, amante prima e rinchiusa in manicomio con il figlio poi da Mussolini, una lunga scena e otto pagine di copione: “Non si poteva girare con campo e controcampo, ne ero sicura, come era stato deciso. Non sono andata da Bellocchio, inviperita sono andata di mattina presto dal direttore della fotografia e da quanti gli stavano intorno, prima riprendete me, mi lasciate il mio monologo dall’inizio alla fine e poi riprendete quelli che stanno in opposto a me. Così è stato fatto e Bellocchio ha accettato.”

Una diva se ne starebbe chiusa nel proprio camerino, aspettando il ciak. Mezzogiorno sembra ancora oggi preoccuparsi di quanto le sta intorno: “Ma avete in mente che cosa voglia dire girare un film in costume, come “Vincere”, proprio qui, nel centro di Torino? Eliminare le insegne, bloccare il traffico e ogni suono di macchine e ambulanze, convocare le comparse che dovranno essere vestite e truccate, un vero e proprio “formicaio”. Significa far viaggiare un intero set, una sorta di famiglia che per alcune settimane dovrà vivere insieme.” Come in ”Effetto notte” di Truffaut, con tanti alti e bassi.

Poi altri ricordi, tra le libertà che un’attrice sente di doversi prendere (“le didascalie le seguo ma sempre ci deve essere un qualcosa di cui non sono a conoscenza”), Michele Placido che “con nonchalance devastante” le viene a dire prima di girare che ha completamente cambiato la scena di “Del perduto amore”, in un momento a due essere rapita ad ascoltare le battute di Luigi Lo Cascio nella scena più importante della “Bestia nel cuore” (“perché anche in quel momento mi stava insegnando qualcosa”), il percorso fatto con Sergio Rubini, “forse il regista che mi ha dato di più”, l’esperienza americana con Los Angeles che non l’ha certamente fatta impazzire. E molto ancora. Con un’annotazione finale intorno al Tempo e la sua importanza, la responsabilità non soltanto nel non farsi mai attendere dagli altri ma soprattutto con la consapevolezza che nell’attesa di girare anche l’attore perde energie, quella concentrazione che non sarà più in grado di ritrovare.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Giovanna Mezzogiorno (foto di Saverio Ferragina) e la copertina del suo libro; scene tratte da “Vincere” di Marco Bellocchio e da “La bestia nel cuore” di Cristina Comencini.

“La Flagellazione di Cristo” di Caravaggio approda alla Reggia di Venaria

La mattina del 6 giugno

 

Il 6 giugno prossimo approderà alla Reggia di Venaria il dipinto “La Flagellazione di Cristo” di Caravaggio, custodito al Museo di Capodimonte e ritenuto uno dei più significativi della maturità dell’artista. Il dipinto giungerà all’interno di una casa climatizzata realizzata ad hoc, anche se rimane top secret il giorno dell’arrivo per motivi di sicurezza. L’opera, realizzata tra il 1607 e il 1608, sarà accompagnata da una scorta armata di Carabinieri del nucleo Tutela e Patrimonio. Il momento del suo allestimento coinciderà con una vera e propria cerimonia alla quale prenderanno parte le istituzioni locali, insieme al Presidente del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude Michele Diamonte e il Direttore Generale Guido Curto.

La Flagellazione, dipinta da Caravaggio nel 1607 per la famiglia De Franchis ( commissionato da Tommaso De Franchis per la cappella di famiglia donatagli da Ferdinando Gonzaga) e per la chiesa di San Domenico Maggiore, è uno dei quadri più forti e rappresentativi del ‘600 napoletano, italiano ed europeo, primo e folgorante approdo al sud, insieme con le sette opere di Misericordia del vicino Pio Monte, ed esempio del linguaggio di integrale naturalismo e di attento studio dei fenomeni luminosi del grande pittore lombardo. Da oltre cinquant’anni l’opera ha lasciato il centro antico di Napoli, la chiesa di San Domenico Maggiore, dove era stata visibile per 350 anni, ed è stata ricoverata per ragioni di sicurezza al Museo di Capodimonte, divenendo uno dei dipinti più iconici e motivo di grande attrazione prestata a numerose mostre nel mondo. Il quadro è tra i più veri di Caravaggio per la drammaticità che Cristo sta per affrontare. La sua sofferenza, fisica e psicologica, si deduce dai tratti del corpo, che appaiono tesi e rassegnati, come quelli del collo che lasciano cadere la testa.

Tommaso De Franchis apparteneva a un casato nobiliare di origini genovesi che aveva trovato le sue fortune economiche a Napoli.

 

Mara Martellotta

Quasi 50 mila visitatori per Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore, la guerra

Festeggiando i 46.000 visitatoriCAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino saluta la mostra Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore, la guerra che, attraverso più di 120 scatti, ha raccontato uno dei momenti cruciali della storia della fotografia del XX secolo.

 

L’appassionata seppur breve relazione professionale e affettiva tra Capa e Taro, il tema purtroppo ancora attuale della guerra, i tanti incontri, le visite guidate e le proiezioni dedicate al progetto hanno dato alla mostra il meritato successo di pubblico e critica.

 

E sempre nel solco delle grandi esposizioni dedicate alla vita e al lavoro pionieristico di importanti fotografe del Novecento, si inserisce il prossimo progetto espositivo dell’istituzione torinese, che dal 14 giugno porta nei suoi spazi un’antologica dedicata a Margaret Bourke-White, prima fotografa della leggendaria rivista LIFE.

 

Fino al 6 ottobre, le sale di CAMERA ospiteranno circa 150 fotografie in una mostra curata da Monica Poggi che racconterà il lavoro e la vita straordinaria di una delle protagoniste della fotografia del XX secolo, e l’importanza dei suoi scatti – come gli iconici ritratti a Stalin e a Gandhi – dei reportage sull’industria americana, dei servizi realizzati durante la Seconda guerra mondiale in Unione Sovietica, Nord Africa, Italia e Germania, dove documenta l’entrata delle truppe statunitensi a Berlino e gli orrori dei campi di concentramento.

 

Accanto a questo importante progetto espositivo, nella Project Roomfino al 21 luglio, il Centro ospiterà anche Il giorno dopo la notte, mostra personale di Paolo Novelli (Brescia, 1976) a cura del direttore artistico Walter Guadagnini, che riunisce due cicli di lavoro realizzati fra 2011 e 2018, centrali nell’evoluzione del suo linguaggio.

ph. Antonio Jordan

Open House 2024: il nostro viaggio alla scoperta delle case del Quartiere San Salvario

Grazie ad Open House quello appena passato è stato per Torino un weekend alla scoperta delle più belle case, palazzi e luoghi di interesse culturale della città che per due giorni hanno aperto le porte rendendoci partecipi della loro magia e bellezza. Il format internazionale, che nell’annata precedente ha coinvolto 20730 visitatori per 41170 visite, si riconferma anche per il 2024 come uno degli eventi più apprezzati dai cittadini garantendo, attraverso tour guidati e approfonditi, il vero spirito di questa iniziativa:“un invito alla scoperta, una grande festa per la curiosità e il senso di appartenenza”.

Villa Sanquirico- Quartiere San Salvario


La villa, costruita nel 1896, è un luogo di fascino da lasciar senza fiato per l’impressionante stile architettonico, il glorioso giardino, l’ecletticità delle opere intere e l’ubicazione. Affacciata sul Parco del Valentino, Villa Sanquirico ha visto l’avvicendarsi di diversi proprietari in grado di rispettare l’originale impianto dell’abitazione ma anche apportando innovazione e contemporaneità al luogo. Distribuita su due piani in pieno stile liberty, colpisce subito l’ampio ingresso arricchito dall’imponente finestra a volta che diventa subito simbolo di questo luogo magico e dal quale si dislocano saloni, sale da te, bagni, cucine, sale da ballo dal fascino malinconico di un tempo passato che sembra però vicinissimo. Ogni stanza ha un diverso stile riconoscibile da elementi più o meno evidenti che evocano emozioni e sensazioni sempre diverse: dalla sala degli gnomi, alla più intima stanza giapponese dal raffinato soffitto in blu. Grazie alla capacità e alla sapiente cultura dell’odierno proprietario, Villa Sanquirico si arricchisse di ulteriore fascino e diventa spazio espositivo di numerose installazione e opere d’arte. Durante il weekend di Open House, infatti, erano in mostra le opere dell’artista bulgaro Kiril Hadzhiev raffigurative di evocative figure di uomini “orfani del loro tempo, che stanno nella pittura come unico luogo possibile per l’intuizione di un qualche significato“. Sapientemente distribuite tra le stanze anche le affascinanti fotografie di Chiara Ferrando, caratterizzate dall’altissima qualità di scatto. L’ ultima perla di questo posto è la piscina sotterranea che rende Villa Sanquirico il perfetto connubio del sogno in grado di divenire realtà.


Coppiano Maison- Quartiere San Salvario


Marisa e Franca Coppiano sono le proprietarie dello studio e dell’abitazione ubicati in un bellissimo palazzo storico sito nel cuore pulsante di San Salvario. L’edificio, realizzato da un unico costruttore all’inizio del 900, rispecchia ancora oggi lo stile architettonico di un tempo. Al primo piano, in uno spazio coloratissimo e raffinato, è situato l’eclettico ufficio delle due sorelle che colpisce per la varietà di pezzi d’arte presenti al suo interno e nati dalla sperimentazione artistica di Marisa Coppiano la quale è stata in grado trasformare ricordi di vita in vere opere d’arte. Le stesse spaziano dalle stampe, a pezzi di interno quali piatti e oggetti fino ad arrivare alle vivaci carte da parati. Sullo stesso piano vi è anche lo studio di textile art di Franca Coppiano ricco di stoffe che l’artista ha trasformato in pregiati quadri.

Il terzo piano ospita l’abitazione che accoglie il visitatore nel suo ampio corridoio da cui si dislocano le varie stanze e al cui interno si trovano opere d’arte e pezzi di design differenti per stili e genere ma perfettamente combinati tra di loro. Un luogo caldo e accogliente in grado di dar voce all’eclettica creatività e personalità delle due sorelle Coppiano.

C’era una volta- Quartiere San Salvario


In una piccolissima abitazione di Via Saluzzo 23, lo studio
R3architetti (degli architetti Marco Pippione, Alexandru Popescu, Matteo Restagno, Gian Nicola Ricci) ha dato vita ad un progetto di recupero e restauro architettonico ripristinando un tesoro nascosto per lungo tempo.

Situato al piano nobile di un palazzo del tardo novecento, l’ appartamento è stato ristrutturato in modo funzionale tale da combinare la modernità al valore storico della piccola abitazione. La vera particolarità dell’appartamento risiede, però, nell’ incredibile volta strutturale che caratterizza tutta la zona giorno e che, grazie al sapiente lavoro di R3architetti, è stata completamente liberata da una serie di controsoffitti stratificati e restituita al suo valore originario. La zona giorno e notte sono divise da una semplice traslucido e tutte le funzioni necessarie sono ben studiate in uno spazio all’avanguardia ma funzionale. Un piccolo appartamento, unico nel suo genere, in grado di mixare perfettamente il moderno con il fascino dell’antico.

VALERIA ROMBOLA’

copyright foto: OPEN HOUSE TORINO