Cosa succede in città- Pagina 31

Al Regio il Balletto dell’Opera di Tbilisi, uno Schiaccianoci con il libretto di Nina Ananiashvili

Titolo natalizio per eccellenza, “Lo Schiaccianoci”, sarà di scena al Teatro Regio di Torino dal 16 al 23 dicembre prossimi.

Protagonista il Balletto dell’Opera di Tbilisi, il libretto è di Nina Ananiashvili, direttrice del Balletto, e si basa sul racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann. La versione coreografica è firmata da Alexey Fadeechev e Nina Ananiashvili; l’Orchestra e Coro di voci bianche del Regio sono diretti da Papuna Ghvaberidze, il Coro di voci bianche è istruito dal Maestro Claudio Fenoglio.

In questa nuova versione del Balletto, l’azione si svolge in un ambiente georgiano presso la casa della famiglia Dadiani, e il parco Mtatsminda a Tbilisi. I bambini amici di Barbaré Elevan ballano intorno all’albero magico. Dopo la battaglia tra il Re dei topi e il Principe Schiaccianoci, nella Terra dei Dolci, le bambole spagnole, cinesi, francesi, indiane e russe si uniscono alla festa. I fiocchi di neve ballano il loro meraviglioso valzer. 

La magia del Natale brilla sulle punte della danza, in un capolavoro di luce e di grazia tradotte in musica, all’interno della quale sono presenti festa, meraviglia, sogno, fantasia, innamoramento e avventura.

Lo Schiaccianoci rappresenta il principale titolo del repertorio classico della celebre triade di Tchaikowskij, insieme alla Bella Addormentata e al Lago dei Cigni. Nato dalla collaborazione di Marius Petipa e di Tchaikowskij stesso, costituisce il balletto natalizio per eccellenza, dove si può sognare e dove il limite affascina e si può entrare in un magico mondo di fantasia e realtà.

Il compositore, che conosceva già l’esistenza di questo libretto di Hoffmann, non ne era molto entusiasta, in quanto trovava la storia non ben definita e difficile da realizzare teatralmente. Marius Petipa riuscì a dissuaderlo dalla sua idea, rimaneggiando il libretto e mettendo in scena il balletto al Teatro Marijnskij di San Pietroburgo, nel 1892, dopo numerose difficoltà tra le quali la malattia di Petipa, che fu affiancato negli ultimi mesi dal primo importante coreografo russo Lev Ivanov. 

La partitura de “Lo Schiaccianoci” è una delle più belle e raffinate che mai siano state composte per il balletto, in cui il compositore inserisce nuovi suoni e nuovi strumenti come la Celeste, per la variazione della Fata Confetto. Nel 1954, al Teatro alla Scala di Milano, veniva proposto come titolo per l’apertura della stagione del balletto 2018 – 2019, seguendo la coreografia di George Balanchine, di origine georgiana, presentata con grande clamore e aspettative dagli amanti della danza. Balanchine si è attenuto alla coreografia del Teatro Marijnskij, avendo lui stesso danzato in diversi ruoli nel balletto originale di Petipa – Ivanov. Nel 1964 egli lo rivisita con nuove scene e costumi.

Lo Schiaccianoci rappresenta una favola senza tempo, scritta nel 1816, ripresa da Dumas e trasformata in musica dal genio di Tchaikowskij.

Il testo di Hoffmann, da due secoli, continua ad affascinare grandi e piccini. Protagonisti sono Fritz e Marie che, come tutti i bambini, vivono con gioia i giorni del Natale. Un amico di famiglia regala loro uno schiaccianoci di legno, un oggetto all’apparenza innocuo, ma che darà vita alle più incredibili avventure che i due fratelli abbiano mai vissuto. Durante la notte, in camera di Marie, appare lo spietato Re dei topi, con sette teste e sette corone, alla guida di un esercito di roditori. Schiaccianoci prende vita, diventa Generale dei soldatini, dei tamburini e dei pupazzi di marzapane, e affronta il Re dei topi. I due bambini vengono trasportati in un mondo popolato da topi, fate, soldati, principi e principesse, in cui realtà e sogno sono indissolubilmente legati.

Per festeggiare il Natale, la ricorrenza che più di ogni altra si condivide con le persone care, il Regio propone alle famiglie un prezzo speciale di 5 euro dedicato agli Under 12, in occasione dell’ultima recita del 23 dicembre alle ore 20. Per i possessori della Regio Card Giovani è previsto uno sconto del 50% sul prezzo dei biglietti. Sono disponibili anche biglietti last minute a 10 euro, a partire dalle ore 13:00 del giorno precedente la recita.

I biglietti sono in vendita presso la biglietteria del Teatro Regio in piazza Castello 215

Telefono: 0118815557

info@teatroregio.torino.it

MARA MARTELLOTTA

“DEADHEAD”, il nuovo progetto dell’artista Yto Barrada

Fondazione Merz, in collaborazione con il MAO – Museo d’Arte Orientale di Torino, presenterà nei suoi spazi espositivi “DEADHEAD”, il nuovo progetto dell’artista Yto Barrada, vincitrice del Mario Merz Prize

Da mercoledì 19 febbraio a domenica 18 maggio 2025, la Fondazione Merz presenterà, in collaborazione con il MAO – Museo d’Arte Orientale di Torino, la mostra dell’artista Yto Barrada intitolata DEADHEAD, a cura di Davide Quadrio con Giulia Turconi.

Il titolo della mostra, “DEADHEAD”, rimanda alla pratica agricola di rimuovere foglie e fiori appassiti di una pianta per stimolarne la crescita. Riprendendo la metafora di un ritorno all’essenziale per liberare nuove energie, l’esposizione accoglie le opere più rappresentative della ricerca artistica di Yto Barrada, tra cui film, sculture, installazioni, tessuti e stampe, alcune delle quali appositamente realizzate per l’occasione.

Tra echi, rimandi e sperimentazioni visive presenti in mostra, Yto Barrada trae ispirazione dalla teoria del colore dell’artista, collezionista e filantropa Emily Noyes Vanderpoel (1842 – 1939), descritta nel libro “Color Problems: A Practical Manual for the Lay Student of Color” (New York, 1902). Il volume, pensato per un pubblico di donne, specialmente sarte, fioriste e decoratrici, mostrava le rivoluzionarie tavole di analisi del colore dell’autrice, dove le immagini degli oggetti sono trasformate e tradotte in griglie geometriche. Attraverso una disposizione sistematica del colore, definita “la musica della luce”, Vanderpoel ha creato dei campi relazionali in cui ogni tinta, sfumatura e ombra sono in perfetta relazione con tutte le altre.

Yto Barrada reinterpreta in maniera analoga la storia attraverso gesti contemporanei legati alla natura degli oggetti esposti. Nella serie “Color Analysis”, presentata in anteprima al MAO Museo d’Arte Orientale all’interno della mostra “Trad u/i zioni d’Eurasia” (2023-24), l’artista propone griglie di velluto tinte a mano in cui applica la tecnica di Vanderpoel per trasformare immagini che trae dalla collezione personale di antichità di Vanderpoel, dalle opere selezionate dalla collezione d’arte islamica del MAO e da un disegno di Marisa Merz. I pigmenti naturali impiegati nell’opera sono realizzati in “The Mothership”, un progetto artistico ideato da Barrada come un “eco-campus femminista” per la coltivazione, la produzione e l’apprendimento delle tinture naturali e delle tradizioni indigene radicali perdute, nel suo giardino a Tangeri in Marocco.

La mostra sarà arricchita dalla pubblicazione di un catalogo da parte della casa editrice Hopefulmonster per Fondazione Merz. La mostra “DEADHEAD” consolida il dialogo tra la Fondazione Merz e il MAO Museo d’Arte Orientale, dove il lavoro di Yto Barrada è stato presentato nell’ambito della mostra collettiva “Trad u/i zioni d’Eurasia” (2023-24).
Yto Barrada è la quarta artista a ricevere il Mario Merz Prize, premio internazionale biennale ideato con l’obiettivo di celebrare Mario Merz e individuare talenti nell’ambito artistico e musicale attraverso la commissione di un progetto espositivo e un progetto musicale inedito all’artista selezionato per ciascuna delle due categorie di concorso. La stessa edizione ha visto l’assegnazione del premio per la musica a Füsun Köksal, il cui concerto si terrà mercoledì 2 luglio 2025 negli spazi della Fondazione Merz.

19 febbraio – 18 maggio 2025
Fondazione Merz
Torino, via Limone 24

Gian Giacomo Della Porta

Al Conservatorio Giuseppe Verdi di piazza Bodoni, atteso ritorno di Ute Lemper

Mercoledì 18 dicembre, alle 20.30, presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di piazza Bodoni, atteso ritorno di Ute Lemper per l’Unione Musicale a Torino.

Ritorna all’Unione Musicale, Mercoledì 18 dicembre, alle 20.30, Ute Lemper con “Time Traveller – un viaggio nei successi di una vita”, una delle poche tappe italiane di un tour di una delle voci più complete del panorama classico internazionale.

Time Traveller, progetto del tour europeo 2024, era nato per festeggiare il sessantesimo compleanno di Ute Lemper e rappresenta un viaggio musicale e poetico che ripercorre i 45 anni della sua carriera, raccontati tramite le storie e le canzoni del suo percorso creativo.

Cantante, attrice, ballerina, per la quale Maurice Bejart ha coreografato un balletto, pittrice, attrice di cabaret e compositrice, Ute Lemper è sempre stata una figura poliedrica, che ha lasciato il segno sui palcoscenico, nei film, con i concerti dal vivo e negli album. Nel concerto di Torino accompagnerà il pubblico in una affascinante odissea musicale che attraversa epoche e continenti, un mosaico di memorie, musica e aneddoti da Weimar a Berlino, da Parigi a Londra, da New York a Buenos Aires, toccando luoghi e culture in tutto il mondo. In perfetta sintonia con i suoi musicisti, il brillante pianista Vana Gerig, il bassista Giuseppe Bassi e Mimmo Campanale alla batteria, Lemper eseguirà i classici di Kurt Weill, Astor Piazzolla e Jacques Brel, che hanno reso celebri le sue interpretazioni, ma anche alcune sue composizioni ispirate a testi di Bukowski, Neruda e Coelho, in cui si riflette con spietata onestà sul passare del tempo. Tra una canzone e l’altra non mancheranno momenti intimi, quasi confessioni sussurrate, con la caratteristica miscela di eleganza e sensualità, come la storia della telefonata di Marlene Dietrich, quando venne a sapere che Lemper veniva definita “la nuova Marlene”.

Team Traveller, che è anche un album pubblicato dalla Jazz House Records, dimostra ancora una volta che Ute Lemper non appartiene ad alcuna categoria musicale predefinita. Jazz, pop, soul, chanson …per lei i confini musicali non esistono. Grazie alla sua versalità artistica ha interpretato i brani di Kurt Weill e Bertold Brecht, cosiccome quelli di star internazionali quali Marlene Dietrich, Edith Piaf, Jacques Brel, Leo Ferrè e Jacques Prevert, Nino Rota e Astor Piazzolla, ma resta indiscutibilmente un’artista unica e indipendente.

I precedenti concerti all’Unione Musicale risalgono al 2010/2015, quest’ultimo realizzato nell’ambito del programma “Torino incontra Berlino”.

Biglietti: 25 euro intero/15 ridotto/ concerto in Conservatorio 25 euro

Si possono acquistare online sul sito www.unionemusicale.it

oppure alla biglietteria di Piazza Castello 29, a Torino

 

Mara Martellotta

Decima edizione di Xmas Comics & Games all’Oval Lingotto: Cosmic Passion

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Xmas Comics & Games ha raggiunto un grande traguardo. Il 14 e 15 dicembre 2024 l’Oval Lingotto Fiere di Torino ospita la decima edizione della grande festa natalizia per tutta la famiglia dedicata a fumetti, giochi, videogame, cosplay e cinema. Nato nel 2014 come evento di u a sola giornata riservata al mondo cosplay, Xmas Comics è diventata l’edizione invernale di Torino Comics, arrivando nel 2022 a conquistare l’Oval e raggiungendo, nel 2023, la cifra record di 25 mila visitatori, un evento che celebra non solo la cultura “nerd” ma tutto ciò che è creatività, una passione di massa che non coinvolge soltanto i giovani.

“Xmas Comics & Games è un punto di riferimento per la cultura pop – afferma Gabor Ganczer, AD di GL Events Italia, società che organizza l’appuntamento In Joint Venture con Just for Fun – il tema di quest’anno è Cosmic Passion, e incarna l’entusiasmo e la creatività che rendono questa manifestazione unica e coinvolgente per un pubblico sempre più vasto. Il manifesto ufficiale dell’evento è realizzato dal fumettista Lorenzo Pastrovicchio, in collaborazione con Luca Merli, ed è il racconto di questa grande passione universale. In un futuro immaginifico la Mole Antonelliana diventa un pianeta vivo, cuore pulsante di un universo sconfinato. Come un faro che brilla tra le stelle, la Mole irradia fasci di luce che attraversano lo spazio e invita tutti a unirsi alla grande festa natalizia. Xmas Comics diventa punto di incontro di diversi universi creativi, ognuno unico e straordinario, dai fumetti al cosplay. Le navicelle spaziali convergono verso la Mole attratte da un evento epico in cui creature provenienti da ogni angolo dell’universo si ritrovano accomunati da un appassionato cosmica e universale. Saranno due giorni di grande festa, con un’ampia area espositiva, dove trovare fumetti, gadget, oggetti da collezionare e costumi, un’area autori, dove poter incontrare fumettisti e illustratori per selfie e autografi, un palco dedicato alle competizioni cosplay e karaoke, uno spazio per gli amanti di giochi di ruolo e da tavolo e numerose postazioni d’avanguardia per il videogaming, con tornei e giochi in freeplay, e un’area entertainment, con riproduzioni di scenari e costumi da film con combattimenti con spade laser e escape room. I biglietti per la decima edizione di Xmas Comics & Games sono presenti sul sito di Vivaticket.

 

Mara Martellotta

Eugenio Battisti tra Genova e Torino

Conferenza promossa da Associazione culturale plug_in e GAM Torino

Intervengono:

Elena Volpato, conservatore collezioni GAM
Eugenia Battisti, storica dell’arte
Emanuele Piccardo, critico e storico dell’architettura / plug_in
Giorgina Bertolino, curatrice e storica dell’arte

Sabato 14 dicembre 2024, ore 11:00 – 12:30
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
Sala Incontri piano terra

Ingresso libero fino a esaurimento posti

In occasione del centenario dalla nascita, l’Associazione culturale plug_in e la GAM di Torino dedicano una conferenza a Eugenio Battisti (Torino 1924 – Roma 1989) e al suo rapporto con le città dove ha realizzato alcuni dei suoi progetti più significativi: Genova, dove nel 1963 aveva fondato la rivista “Marcatrè” e il Museo d’Arte Contemporanea, Torino, dove nel 1965 quel Museo sarebbe diventato il Museo sperimentale, sezione della GAM e importante nucleo delle sue collezioni.

La conferenza Eugenio Battisti: sperimentare l’arte tra Genova e Torino ritorna sulla figura di questo straordinario intellettuale, per riconsegnare attenzione alla sua innovativa e pioneristica visione dell’arte e della cultura contemporanee e verificarne la continuità nel presente. L’incontro, introdotto da Elena Volpato, si apre con l’intervento di Eugenia Battisti che ripercorre la biografia e il profilo culturale di Battisti, per poi focalizzarsi sui suoi progetti genovesi, approfonditi da Emanuele Piccardo, e sui loro esiti torinesi, ricostruiti da Giorgina Bertolino a partire dai documenti conservati nell’Archivio dei Musei Civici della Fondazione Torino Musei.

Storico dell’arte e dell’architettura, Eugenio Battisti si era laureato in filosofia a Torino nel 1947, aveva studiato Storia dell’arte con Anna Maria Brizio, conseguendo la specializzazione con Lionello Venturi a Roma nel 1953. Docente di Storia dell’arte all’Università di Genova, alla Pennsylvania State University e alla North Carolina University, a partire dagli anni ’70 insegna Storia dell’architettura nelle Università di Firenze, Reggio Calabria, al Politecnico di Milano e alla Facoltà di ingegneria dell’Università di Tor Vergata a Roma. Presidente, dal 1988, dell’Associazione internazionale per gli studi sulle utopie, Eugenio Battisti ha individuato proprio nell’utopia un’area di ricerca e un campo di azione: dall’“utopia storiografica” del suo volume più noto, L’antirinascimento (c.vo) pubblicato nel 1962, all’“utopia didattica” proposta nel 1963 al suo gruppo di studenti universitari con l’istituzione del Museo d’Arte Contemporanea a Genova, fino all’“utopia realizzabile” con il Museo sperimentale della Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino.

A Genova, dove risiede dal 1962 al 1964, Eugenio Battisti insegna Storia dell’arte all’Università, fonda la rivista “Marcatrè. Notiziario di cultura contemporanea” e il 23 dicembre 1963 costituisce il Museo d’Arte Contemporanea. Nato con uno scopo didattico e concepito come un vero e proprio museo universitario, promuove conferenze, mostre, incontri con gli artisti (tra i primi, Carmi, Fontana, Castellani), e lancia un appello per la donazione di opere contemporanee. Nasce così una collezione pensata a sostegno della formazione specialistica e della promozione della contemporaneità. Aperto alla città, con le prime opere donate allestite nei foyer di due teatri genovesi, il progetto del Museo si infrange per la mancata assegnazione di una sede istituzionale permanente e migra a Torino.

Il 6 dicembre 1965, mentre è negli Stati Uniti, dove insegna alla Pennsylvania State University, Battisti firma l’atto di donazione alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino delle opere raccolte per il Museo d’Arte Contemporanea di Genova, di cui è legalmente titolare. Tra il centinaio di opere che entrano nelle collezioni della Galleria, ci sono Blurosso (1961) di Carla Accardi, Bianco, Superficie bianca (1963) di Enrico Castellani, Attese (1961) di Lucio Fontana, Cemento armato n. 29 (1961) di Giuseppe Uncini. Quando Battisti riprende la parola, in un saggio sul catalogo della mostra Museo sperimentale d’arte contemporanea, nelle sale della Galleria nell’aprile 1967, il Museo sperimentale si è arricchito di nuove opere donate ed è diventato Un’utopia realizzabile.

Immagine:

Una sala della mostra Museo sperimentale d’arte contemporanea, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea 1967. Archivio Fotografico della Fondazione Torino Musei

 

L’Istituto Valsalice adotta un alloggio di UGI Odv

Per i piccoli pazienti oncologici e le loro famiglie
Venerdì 13 e sabato 14 dicembre 2024 l’Istituto Valsalice destina parte degli introiti delle sue due tradizionali serate benefiche natalizie di “Aspettando Natale” a UGI Odv, per adottare uno degli alloggi di corso Unità d’Italia.
E’ un gesto importante, perché attesta l’affetto e la vicinanza della città nei confronti di UGI Odv, realtà radicata sul territorio per la sua attività di sostegno alle famiglie dei bambini oncologici, sia durante il periodo delle cure sia successivamente nel periodo off therapy. Le novecento famiglie che frequentano il Valsalice ogni anno premiano una Associazione che si distingua sul territorio cittadino per l’attività benefica ed il supporto dato alla comunità sia locale che straniera (in casa UGI sono ospitate sia famiglie italiane che di ragazzi provenienti dai Paesi più diversi), oltre a finanziare un proprio progetto all’estero. Le vendite di beneficenza che si terranno presso l’Istituto Valsalice e la lotteria annessa sono aperte a tutti, anche alle famiglie esterne alla scuola: dalle ore 19 alle ore 22 di venerdì 13 e sabato 14 dicembre 2024, il cortile dello storico Istituto salesiano accoglierà le sue famiglie e chi volesse unirsi a questa raccolta benefica. Tutta la città si è stretta attorno a questa iniziativa, dai club calcistici (che hanno messo in palio una loro maglia autografata) ai piccoli e grandi imprenditori locali, che hanno messo in palio i più svariati premi. Momenti di riflessione, mercatini, canti e giochi per i ragazzi per riscoprire il valore della comunità e della solidarietà per chi, come UGI Odv, accanto all’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, cerca di regalare quella serenità e quella magia natalizia ogni mese dell’anno ai piccoli pazienti oncologici ed ai loro genitori.

“COMÈ?” A Torino  il nuovo “Festival Performativo Diffuso” rivolto alla “generazione Z”

Dal 14 al 22 dicembre

E’ un comune modo di dire, un’espressione convenzionale o “idiomatica” (direbbero quelli che hanno fatto le scuole lunghe): “Comè?”. Che vuol dire tutto e niente, in sostituzione del “Come stai, come ti vanno le cose?”“Coma l’è?”, direbbe un buon piemontese a un altro che, di fisso, risponderebbe “I soma si” (“Siamo qui, ancora qui per fortuna”!). Classici, sbrigativi saluti. Che nascondono significati e contenuti anche importanti ma che, per fretta o pigrizia o per scarsa volontà di raccontare i fatti nostri agli altri, faticano a venire allo scoperto. Eppure in quel “Comè?”, quante cose, quante vite, quante gioie e dolori potremmo estrapolare. Parte da questa constatazione, presuppongo, dall’esigenza di interrogarsi sul mondo odierno e sulla realtà di malessere che spesso pervade il presente, il “Festival Performativo Diffuso”, dal titolo, appunto, “Comè?” pensato e realizzato per “dare voce alla cosiddetta ‘generazione Z’” (ai giovani nati fra gli anni ’90 del secolo scorso e i primi Duemiladieci, figli dei “baby boomer”) e per interrogarsi “sulle azioni necessarie per favorirne il benessere sociale”. A spiegarlo sono gli ideatori stessi del “Festival”: “Cubo Teatro” e “Teatro della Caduta”, Compagnie teatrali piemontesi, che da anni collaborano su iniziative radicate, soprattutto, sul territorio di “Vanchiglia” e “Vanchiglietta”, sotto la consulenza scientifica di Matteo Ghisolfi – laureando in medicina con la passione per la divulgazione scientifica – coinvolto nell’ideazione e sviluppo dei talk” di approfondimento tematico.

Il via, sabato 14 dicembre (dalle 18) con un “Laboratorio di Fotografia” a “OFF TOPIC” (via Giorgio Pallavicino, 35) e con lo spettacolo “Beata Conoscenza HIV? Parliamone …” alla “Fabbrica delle ‘e’” (ore 20, corso Trapani, 91/b) in programma lunedì 16 dicembre, proseguendo fino a domenica 22 dicembre (ore 17), con lo spettacolo “Baby Miss”, di e con Marco Bianchini, di nuovo negli spazi di “OFF TOPIC”.

“’Comè?’ non è solo un Festival – spiega Girolamo Lucania, direttore artistico di ‘Cubo Teatro’ – ma un viaggio collettivo verso il benessere, la creatività e la scoperta. L’obiettivo è quello di offrire un’esperienza unica, in cui l’approccio artistico possa essere un mezzo per riflettere, interagire e affrontare le sfide contemporanee”Numerose sono infatti le tematiche che saranno affrontate nel corso del Festival attraverso spettacoli, talk e laboratori per cercare davvero un dialogo su temi presenti nelle vite di tutti e tutte, ma che hanno una cassa di risonanza più forte sulle nuove generazioni”.

“Comè” non nasce dal nulla. Nulla è improvvisato o ideato senza un’attenta riflessione sul programma e sugli ospiti partecipanti. Le molteplici attività del Festival hanno, infatti,  avuto inizio a settembre, coinvolgendo la fascia degli adolescenti con un “Laboratorio di drammaturgia” incentrato sul rapporto fra utente e algoritmi (“Anche le AI sognano milioni di followers”) a cui sono seguite attività nelle scuole: tra Elementari e Liceo è stato aperto un dialogo su temi come “ambiente” (“Il pianeta lo salvo io”di e con Francesco Giorda, “social”“algoritmi” e “depressione” (presentazione e discussione del Primo Studio di “Molly”di Girolamo Lucania con Letizia Russo, “malattie sessualmente trasmissibili” (“Beata Conoscenza! HIV? Parliamone…” di e con Francesco Giorda.

Importante è stata ed è anche la collaborazione con “FLIC Scuola Circo Torino”, che con il suo “Circo in pillole” porta esibizioni potenti che si distinguono anche come occasioni di riflessione sul corpo e sull’importanza dell’attività sportiva. E poi ancora, “residenze artistiche” che hanno permesso le restituzioni dello spettacolo “We are the war” del “BALT Collettivo” (formatosi nel 2019 con Alessandro Ballestrieri e Francesco Altilio, affiancati in seguito da Eleonora Paris) e che hanno portato a compimento lo spettacolo di Marco Bianchini in replica al termine del Festival. Infine tra novembre e inizio dicembre la “stand-up comedy” tutta al femminile “CHIPS!”, per smontare gli stereotipi di genere.

Per info e programma dettagliato: “Il Cerchio di Gesso / Cubo Teatro APS”, via F.lli Faà di Bruno 2, Torino; tel. 327/4660984 o www.cuboteatro.it

g.m.

Nelle foto:

–       Francesco Giorda: “Beata Conoscenza HIV?Parliamone …”

–       Giulia Bellucci: “La Fornarina. La Sposa segreta di Raffaello”

–       Marco Bianchini: “Baby Miss”

Tra Virginia e Vita il mutamento di “Orlando”

All’Astra, si replica sino a domenica 15 dicembre

Supponi che Orlando si riveli essere Vita e che sia tutto su di te e la lussuria della tua carne e la seduzione della tua mente… ti secca? Di’ sì o no”: e Vita Sackville-West accettava di diventare l’interlocutrice e lo specchio e l’anima di un personaggio e di un nuovo romanzo di Virginia Woolf, in un intreccio forte e duraturo di letteratura e vita, lei divenuta sua confidente e amante, al centro della esistenza dell’autrice di “Gita al fato” che si alternava tra ispirazioni e crisi depressive. Nacque “Orlando”, nel 1928, un viaggio avventuroso attraverso lunghi decenni, attraverso lo spazio e il tempo, un “libricino” lo ebbe a definire la Woolf ma considerato uno degli esempi più alti di rivendicazioni femministe, “la più lunga lettera d’amore della storia” come lo ebbe a definire Nigel Nicholson, il figlio di Vita. “Straordinaria e spericolata” la descrive Andrea De Rosa – con un nuovo progetto a cui pensare, considerata la conferma per il prossimo triennio 2027/2027 alla carica di direttore di Teatro Piemonte Europa – impaginandola nella traduzione di Nadia Fusini sul palcoscenico dell’Astra per l’attuale stagione del TPE (60’), protagonista Anna Della Rosa. Intercalando con intelligenza il racconto – la drammaturgia è dovuta a Fabrizio Sinisi – e accrescendo il gioco di specchi che non si rivela soltanto letterario ma si immerge nell’esistenza delle due donne con brani dell’epistolario a Vita, una bellezza di parole, “scrivi sempre a mezzanotte” è la parola d’ordine, giorno dopo giorno, necessità dopo necessità, sfrontatezza dopo sfrontatezza, sino a quel giorno di marzo del ’41 in cui, riempitasi le tasche di sassi, Virginia si lascerà immergere nell’acque dell’Ouse, nei pressi di casa sua, per sottrarsi in maniera definitiva a “questa terribile malattia” che non è più in grado di combattere.

La nascita nella seconda metà del Cinquecento, i suoi tratti descritti bellissimi, la famiglia agiata del protagonista in epoca elisabettiana e il suo ingresso a corte, cortigiano prediletto della regina, la sua relazione con Sasha, la figlia dell’ambasciatore russo, nel freddissimo inverno del 1603, dove anche i corpi ghiacciano ed è difficile staccare gli indumenti di dosso, e l’abbandono di lei, la settimana di sonno che lo vedrà risvegliarsi tra i minareti della Costantinopoli settecentesca “misteriosamente transitato nel Femminile”, il ritorno a Londra e la passione per la poesia, la condizione non più di comando ma di seduzione, la frequentazione dell’alta società e l’amore di un avventuriero. Una cavalcata, queste e altre le avventure che “Orlando”, essere e personaggio di “inesauribile vitalità”, descrive, e non era cosa facile uscire dalla pagina scritta per racchiuderle all’interno di un teatro. Non una lettura ma una vitale e autentica partecipazione nel gioco condotto nella nuova scrittura e nella scelta dei brani e nella regia ariosa e puntuale di parole e di frasi e di silenzi che danno vita e colore ad altre immaguni, nella esposizione di azioni e di sentimenti. Tutto armoniosamente descritto e accresciuto anche grazie alla scenografia inventata da Giuseppe Stellato, tra rintocchi di campane e la “Patetica” di Čajkovskij: un grande prato verde riquadrato e al centro un poderoso tronco d’albero, le cui fronde sono inaspettatamente sostituite dall’insieme delle luci e dai tralicci della macchina teatrale, dove le foglie nella loro caduta sono sostituite dai fogli del romanzo che vengono a ricoprire lo spazio nella sua quasi totalità, a invaderlo, natura e realtà di oggi che si confondono.

Al centro la prova eccellente di Anna Della Rosa – la rivedremo su questo stesso palcoscenico ad aprile nell’”Erodiàs + Mater strangosciàs”, seconda e terza tappa di quei “Lai” testoriani che il primo interprete Sandro Lombardi ha ora regalato a lei -, una prova di grande attrice, alla ricerca millimetrica non certo dell’effetto ma della ricchezza della lingua, del tono di voce appropriato, dolce e greve, angosciato e felice, del gesto impercettibile come di quello che occupa grande spazio, visibilissimo, la camminata e la corsa e l’abbandono a terra, gli sfinimenti e tutta l’irruenza. E la sua presenza riempie il personaggio e l’intero spettacolo, senza tregua, definisce, completa, vive. Immersa appieno dentro quella vita reale e scritta che una donna ha dedicato a un’altra donna.

Elio Rabbione

Nelle foto di Andrea Macchia alcuni momenti dello spettacolo.

Con quella faccia un po’ così: l’omaggio dell’Accademia dei Folli all’avvocato più famoso della canzone italiana

Dal 12 al 15 dicembre, al Teatro Studio Bunker

 

Si chiude la stagione 2024 del Teatro Studio Bunker curata dall’Accademia dei Folli, con in scena, dal 12 al 15 dicembre, una nuova produzione del filone Portrait, con cui la compagnia dipinge ritratti di grandi artisti della musica italiana e internazionale del Novecento.

“Con quella faccia un po’ così” è un omaggio all’avvocato più famoso della canzone italiana, Paolo Conte. Con questo portrait, i Folli cercano di stabilire un punto di contatto tra l’America sognata, quella dei film hollywoodiani e del jazz di Duke of Ellington ed Ella Fitzgerald, e le campagne astigiane.

Lo spettacolo è ambientato nel 1961 al Mocambo, il caffè di Asti narrato da Conte in più di una canzone, e a parlare è il padrone del locale, che ripercorre le proprie vicissitudini: la giovinezza in campagna, sotto un cielo bardato di stelle, la scoperta del jazz e l’amore per una ragazza che lo lascia da solo nei pomeriggi estivi e lunghi, che lo tradisce in crociera e lo fa andare alla deriva onda su onda. Il locale è aperto solo da due anni e rischia già di fallire, se ne sta occupando un avvocato dai capelli rossiccio e dalla fronte aggrottata. Di giorno svolge la professione legale, di notte canta in un quartetto jazz con quella faccia un po’ così, con quell’espressione un po’ così.

Lo spettacolo chiude dunque la stagione 2024 del Teatro Studio Bunker, la nuova stagione inizierà il 16 gennaio con “Buonasera Signor G.”, il portrait dedicato a Giorgio Gaber. L’Accademia dei Folli sarà ancora in scena dal 26 al 31 dicembre al Teatro Gobetti , all’interno della stagione del Teatro Stabile di Torino con “Don Chisciotte e Donna Aldonza”, spettacolo scritto da Tiziano Scarpa su ispirazione del celebre romanzo di Miguel de Cervantes.

Dal 12 al 15 dicembre – Teatro Studio Bunker, Via Niccolò Paganini 0/200, Torino. Giovedì e venerdì ore 21.00/sabato ore 19.30/domenica ore 16.

 

Mara Martellotta

 

 

La Fondazione Amendola inaugura la mostra dell’albese Pinot Gallizio, inventore della “pittura industriale”

La sede della Fondazione Amendola ospiterà dal 12 dicembre al 28 febbraio 2025 la mostra intitolata “Dagli esordi alla pittura industriale – 1955-1958”, dedicata alle opere di Pinot Gallizio, artista originario di Alba (1902-1964), ma noto a livello internazionale in occasione del 60esimo anniversario della sua scomparsa. L’inaugurazione si terrà giovedì 12 dicembre alle ore 18 e la mostra sarà visitabile a ingresso libero dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19, sabato dalle 9.30 alle 12.30.

L’esposizione si inserisce nel progetto della Fondazione Amendola, da sempre protagonista nei percorsi di riqualificazione urbana e nella promozione di manifestazioni artistiche e culturali nel quartiere di Barriera di Milano, di valorizzazione degli artisti piemontesi.

A partire dal 2014, nelle sale espositive si sono avvicendati artisti del calibro di Filippo Scroppo, Luigi Spazzapan, Nicola Galante, Carlo Levi, Albino Galvano, fino alla mostra del 2023 dedicata a Piero Rambaudi, dell’ astrattismo torinese tra gli anni Cinquanta egli anni Settanta. La mostra considera il periodo tra il 1955 e il 1958, un triennio di incontri e sperimentazioni artistiche in ambito nazionale e internazionale. L’esposizione è incentrata sul capolavoro di Gallizio “Antiluna”, del 1957. Una tela dipinta di sette metri, originariamente di nove metri, che inaugura la stagione di ricerca intorno alla cosiddetta “pittura industriale”. Il rotolo di “pittura industriale” del 1957 è conservato in due parti: una di sette metri nella collezione d’arte del Comune di Torre Pellice, e una seconda nella collezione permanente del Museo Reina Sofia di Madrid, che ai fini della mostra ha concesso la riproduzione dell’opera per documentarne l’interezza originaria. L’arco cronologico della mostra, come detto, comincia con il 1955, che rappresenta l’esordio espositivo dell’artista, chimico, farmacista ed erborista di professione ad Albisola Marina. Passa per l’apertura ad Alba il primo laboratorio sperimentale per un Bauhaus immaginista, e per la Fondazione dell’internazionale situazionista del 1957, movimento attivo a livello europeo per tutti gli anni Sessanta, e arriva fino ai rotoli di pittura industriale lunghi decine di metri esposti per la prima volta nel maggio del 1958 a Torino e Milano, e alla tela di 145 metri destinata a rivestire integralmente le pareti del laboratorio di Alba, secondo i principi situazionisti di superamento della dimensione chiusa e autosufficiente dell’opera. La sua ricerca artistica continuerà con varie evoluzioni, fino alla morte avvenuta nel 1964 ad Alba.

Nello stesso anno, Gallizio riceverà una celebrazione postuma alla 32esima Biennale di Venezia. Le due opere sono conservate in numerosi musei, fra cui lo Stedeljik di Amsterdam, il Centre Georges Pompidou di Parigi, il Museo Reina Sofia di Madrid, il Museum Jorn di Silkeborg, il Museo Pecci di Prato, la GAM di Torino e il Neue Galerie di Berlino.

 

Mara Martellotta