Cosa succede in città- Pagina 22

Nuovi punti luce, il Comune rinnova l’illuminazione pubblica

Vandalizzati, con una luce troppo debole o energivori, alcuni impianti di illuminazione pubblica cittadini saranno interessati da interventi di rinnovo e potenziamento.

Tra questi la passerella olimpica del Lingotto, dove è prevista l’installazione di 25 nuovi apparecchi di illuminazione e Borgata Lesna. Qui, in via Brissogne, nel tratto tra le vie Bard e Bionaz, un primo lotto di lavori consentirà la sostituzione del vecchio impianto con uno nuovo con lampade a tecnologia led e la  riqualificazione delle linee di alimentazione. Un intervento con le medesime caratteristiche è in programma anche in corso Einaudi, tra i corsi Mediterraneo e Duca degli Abruzzi.  Con i lavori in programma all’altezza del chiosco di corso Casale in direzione corso Moncalieri, all’ angolo con il ponte Vittorio Emanuele, di fronte Gran Madre, verrà incrementata l’illuminazione della  zona pedonale.  Infine verranno sostituite le delle torri faro in Piazza Costantino il Grande e in via Pianezza.

La delibera con il progetto esecutivo degli interventi di manutenzione straordinaria, adeguamento e rinnovo degli impianti è stata approvata  dalla Giunta Comunale su proposta dell’assessora Chiara Foglietta.

“Con questi lavori – commenta l’assessora – diamo una risposta alle esigenze raccolte attraverso vari confronti con i cittadini delle diverse zone. Si tratta solo di una prima tranche degli interventi  di manutenzione straordinaria, adeguamento e rinnovo degli impianti di illuminazione pubblica individuati come prioritari. I nuovi impianti saranno più moderni, sicuri, in grado di garantire un’illuminazione più efficiente e sostenibile, contenendo i consumi energetici e le emissioni di CO2  e oltre a garantire una migliore illuminazione pubblica accresceranno la vivibilità dello spazio urbano”.

La spesa prevista per i lavori è di 317mila euro.

C’era una volta l’orto Botanico del Re, tre secoli di storia

Vi riproponiamo un nostro articolo dedicato all’Orto botanico di Torino andato distrutto dalla recente grandinata. Occorreranno mesi e mesi di lavoro per poterlo riallestire e riaprire.

Ha quasi tre secoli di vita ma pochi lo hanno visto. È il giardino meno conosciuto dai torinesi ma merita davvero una visita. È l’Orto Botanico dell’Università di Torino immerso nel parco del Valentino, a pochi passi dalle rive del Po, accanto al Castello del Valentino, sede dell’Università di Architettura.
Fu creato da Re Vittorio Amedeo II all’inizio del Settecento e fu collocato vicino al palazzo della Madama Reale Cristina di Francia (oggi il Castello del Valentino), che lo ricevette come dono di nozze dal marito Vittorio Amedeo I. Fu subito ben accolto dai torinesi che alla fine del Settecento chiesero di portarlo dentro le mura della città ma fu poi deciso di lasciarlo vicino al grande fiume. A metà Ottocento fu ingrandito e furono aggiunte le serre fredde, le serre calde per le coltivazioni tropicali, le arancere e altri alberi che oggi formano la zona chiamata “boschetto”. Verso la fine dell’Ottocento furono aggiunti i laboratori e la grande aula semicircolare.
È stato aperto al pubblico nel 1997 e ogni anno accoglie più di 10.000 visitatori e studiosi. All’interno si possono vedere, oltre al boschetto, l’alpineto con le aiuole rocciose che riproducono l’ambiente di montagna, il giardino con alberi monumentali e tanti esemplari di fiori, la serra tropicale con le orchidee, la serra delle succulente con piante che privilegiano il clima arido e la serra delle piante del Sud Africa con centinaia di specie importate dal continente africano.
Ultimi weekend per vederlo prima della chiusura invernale. L’Orto Botanico è aperto in Viale Mattioli 25, al Valentino, solo sabato e domenica, fino a domenica 5 novembre, sabato dalle 15.00 alle 18.00, domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18. Per conoscere meglio piante e fiori è possibile prenotare visite guidate. Il biglietto costa 5 euro, ridotto 3, gratis con l’Abbonamento Musei. Ecco alcune foto dell’Orto Botanico..           Filippo Re

Ambulatori pediatrici nelle biblioteche civiche

Due pediatre di libera scelta hanno trasferito i loro ambulatori negli spazi delle biblioteche civiche Carluccio e Primo Levi. Il progetto, realizzato da Fondazione per l’architettura / Torino – sviluppando una linea di indirizzo della Fondazione Compagnia di San Paolo – in collaborazione con il sistema delle Biblioteche civiche torinesi, la Città di Torino e la Regione Piemonte, permetterà ai piccoli pazienti di ricevere le cure di cui hanno bisogno in spazi accoglienti e stimolanti.

L’obiettivo è quello di depotenziare lo stress dell’attesa, migliorare il benessere psico-fisico e offrire un’opportunità di crescita culturale. Lo studio medico è, solitamente, luogo caratterizzato da attesa, contatto e relazione, ma che spesso non è progettato, bensì adattato alle esigenze del medico a partire da funzioni abitative. “Cultura di base nelle biblioteche” sposta l’esperienza dell’attesa e della visita ambulatoriale dai luoghi consueti, per renderla parte di un percorso educativo-culturale sullo spazio architettonico e sui contenuti dei luoghi, le biblioteche, considerando l’esperienza multisensoriale dello spazio come componente di benessere psicologico.

Si assume che lo spazio progettato possa essere veicolo di sensazioni positive riconducibili al più ampio concetto di salute: la cultura, qui intesa come anche cultura del progetto, diventa ingrediente del percorso di cura. La localizzazione delle funzioni ambulatoriali in luoghi “altri” innesca modalità relazionali inedite tra pazienti e medici. Durante la sperimentazione, sarà possibile mitigare lo stress della visita dei piccoli pazienti e dei loro accompagnatori, aumentando il loro benessere e migliorando la relazione con la pediatra.

“Gli spazi delle nostre biblioteche civiche, inclusivi, accessibili e frequentati quotidianamente dalla comunità, offriranno un’atmosfera rilassante e confortevole che renderà molto più piacevole per le bambine e i bambini il momento della visita e della cura – ha dichiarato Rosanna Purchia, assessora alla Cultura della Città di Torino. – Questo progetto rappresenta un passo avanti verso l’integrazione tra salute e cultura, che arricchisce l’offerta di servizi della nostra comunità e offre ai pazienti e alle loro famiglie la possibilità di scoprire il ricco patrimonio culturale della nostra Città”.

“La sinergia tra salute e cultura – ha sottolineato Marina Chiarelli, assessore regionale alla Cultura, Turismo e Sport, – rappresenta un passo avanti significativo nella concezione degli spazi medici, offrendo un modello che potrà essere replicato in altre realtà. Ringraziamo tutte le istituzioni e i professionisti coinvolti per aver reso possibile questa iniziativa che mette al centro il benessere dei bambini e il loro sviluppo culturale”.

Il progetto è stato avviato il 23 maggio alla biblioteca civica Luigi Carluccio di Via Monte Ortigara, 95 (Circoscrizione 3) e nella prima metà di giugno alla biblioteca civica Primo Levi di via Ruggero Leoncavallo 17 (Circoscrizione 6) e durerà fino a maggio 2025, con due turni a settimana per ogni biblioteca.

Nel 2022 una prima sperimentazione aveva portato, per un periodo di sei mesi, sette ambulatori di medici di famiglia in cinque luoghi di cultura della Città: Museo Egizio, Parco Arte Vivente, Polo del ‘900, Museo dell’Automobile e la biblioteca civica Primo Levi.

“La Fondazione per l’architettura / Torino– sostiene la presidente Gabriella Gedda – è da sempre attenta alla valorizzazione di progetti che investono nel concetto di “umanizzazione dei luoghi attraverso l’architettura”, in quanto l’architettura, come la cultura stessa, è apportatrice di bellezza e di benessere e concorre alla cura, diventando parte integrante di un percorso terapeutico, permettendo infine un miglioramento qualitativo della vita delle persone e di intere comunità”.

Il progetto ‘Cultura di base nelle biblioteche’ rientra nell’ambito della collaborazione, per l’anno 2022 e 2023, tra la Regione Piemonte, il Comune di Alba, il Comune di Biella e il Comune di Torino per valorizzare le Città creative UNESCO del Piemonte.

“ChronoSynth”, nella notte di San Lorenzo ai Musei Reali di Torino

Un viaggio “virtuale” alla scoperta del “Sistema Solare” con l’artista multidisciplinare Alessio Alonne (Buildenberg)

Sabato 10 agosto, dalle 19

Il momento è quello giusto: sabato 10 agosto, durante la magica “notte di San Lorenzo”, a partire dalle 19, ai “Musei Reali” di Torino. E l’iniziativa promette emozioni non da poco. Dietro, c’é sempre lo “zampino” (provvidenziale) di “Club Silencio” – associazione culturale torinese impegnata a coinvolgere i giovani under 35 nella vita artistico-culturale e sociale del territorio – che, in collaborazione con l’artista multidisciplinare, specializzato nella sociologia della tecnologia, Alessio Alonne (Buildenberg), presenta “ChronoSynth”, un “progetto innovativo di realtà virtuale” che verrà lanciato durante l’evento “Una notte al Museo”, format ideato sempre da “Club Silencio” e sempre ai “Musei Reali”, nella notte di San Lorenzo

Curato da Daniela Carrabs, responsabile per “Club Silencio” del dipartimento di “servizi didattici e gamification”, il progetto “trasforma – spiegano gli organizzatori- la percezione del nostro sistema solare attraverso un’esperienza immersiva di realtà virtuale che combina arte, scienza e tecnologia. Utilizzando l’avanzato “Unreal Engine 5” (motore grafico d’avanguardia ideato per l’uso di interazioni fisiche e caratterizzato da una capacità grafica senza precedenti), gli utenti saranno trasportati, in un surreale gioco di autentica magia, al centro del “sistema solare”, circondati da pianeti, lune e stelle – riprodotti con straordinaria fedeltà visiva e sonora – sulle ali di un’esperienza multisensoriale assolutamente nuova e capace di sfidare l’idea comune dello spazio come luogo silenzioso, introducendo al contrario suoni e frequenze emessi da ogni corpo celeste. “ChronoSynth” propone un universo dove “tempo” e “musica” sono elementi fondamentali e dove gli utenti “possono osservare i pianeti in uno stato di quiete che produce una melodia armonica o interagire con essi per creare nuove sonorità e ritmi, riscrivendo la ‘lore’ dell’universo”.

L’esperienza è davvero unica e diversi i livelli di interazione permessi: dall’inserimento di asteroidi nella rotta dei pianeti che permette di creare interruzioni e ritmi differenti modificando il flusso e il comportamento dei corpi celesti alla trasformazione della collisione di due pianeti in elementi musicali unici; dall’alterazione dell’asse terrestre con il quale è possibile cambiare il “pitch”(gradazione di tonalità) dei suoni e creare disegni con le traiettorie dei pianeti, fino a un vero e proprio controllo creativo sull’ambiente sonoro che permette di manipolare i suoni in modo interattivo alterando la velocità e il “pitch” dei campioni audio.

“ChronoSynth” si presenta “come un prodotto in grado di offrire la perfetta combinazione per un apprendimento divertente e stimolante”.

La dimensione dei pianeti è stata alterata per garantire una maggiore “giocabilità” e “immersione”, offrendo agli utenti “una prospettiva narrativa che, pur rompendo con la precisione scientifica, valorizza l’esperienza sonora e visiva, consentendo loro di navigare agevolmente e di interagire con l’ambiente in modo intuitivo e coinvolgente”.

Per partecipare è necessario accreditarsi sul sito di “Club Silencio”: https://clubsilencio.it/next-event/

g.m.

Nelle foto (Credit Federico Masini Studio): “ChronoSynth” e “Musei Reali”

Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici

Torino sul podio: primati e particolarità del capoluogo pedemontano

Malinconica e borghese, Torino è una cartolina d’altri tempi che non accetta di piegarsi all’estetica della contemporaneità.
Il grattacielo San Paolo e quello sede della Regione sbirciano dallo skyline, eppure la loro altitudine viene zittita dalla moltitudine degli edifici barocchi e liberty che continuano a testimoniare la vera essenza della città, la metropolitana viaggia sommessa e non vista, mentre l’arancione dei tram storici continua a brillare ancorata ai cavi elettrici, mentre le abitudini dei cittadini, segnate dalla nostalgia di un passato non così lontano, non si conformano all’irruente modernità.
Torino persiste nel suo essere retrò, si preserva dalla frenesia delle metropoli e si conferma un capoluogo “a misura d’uomo”, con tutti i “pro e i contro” che tale scelta comporta.
Il tempo trascorre ma l’antica città dei Savoia si conferma unica nel suo genere, con le sue particolarità e contraddizioni, con i suoi caffè storici e le catene commerciali dei brand internazionali, con il traffico della tangenziale che la sfiora ed i pullman brulicanti di passeggeri “sudaticci” ma ben vestiti.
Numerosi sono gli aspetti che si possono approfondire della nostra bella Torino, molti vengono trattati spesso, altri invece rimangono argomenti meno noti, in questa serie di articoli ho deciso di soffermarmi sui primati che la città ha conquistato nel tempo, alcuni sono stati messi in dubbio, altri riconfermati ed altri ancora superati, eppure tutti hanno contribuito – e lo fanno ancora- a rendere la remota Augusta Taurinorum così pregevole e singolare.

 

1. Torino capitale… anche del cinema!

2.La Mole e la sua altezza: quando Torino sfiorava il cielo

3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici

4. Torino e le sue mummie: il Museo egizio

5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente

6. Chi ce l’ha la piazza più grande d’Europa? Piazza Vittorio sotto accusa

7. Torino policulturale: Portapalazzo

8.Torino, la città più magica

9. Il Turet: quando i simboli dissetano

10. Liberty torinese: quando l’eleganza si fa ferro

3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici

Le persone che sintravedono al di là delle vetrine, intente nelle loro faccende mangerecce, paiono Tableaux vivantsimprovvisati, quadri incorniciati dal legno o dalla ferraglia dei locali, soggetti colpiti furtivamente dalla luce che sintrufola sotto i portici. Gioco spesso a sbirciare, non vista, i film muti che si svolgono dentro bar e ristoranti, provo a soffermarmi sui tipi più eccentrici o sui solitari, è un buon esercizio creativo, fantasticare sulle vite degli altri, pensare agli individui come personaggi di libri e storie poliziesche, chissà se tra quei divoratori di coppe di gelato non via sia qualche fuggiasco, oppure se dietro occhiali da sole e tazze schiumate di caffè non vi si nascondino degli amanti segreti.
Ecco la Torino ghiotta e stuzzicante, ecco latmosfera che resta tutta gozzaniana!
La moda cambia, le donne non alzano più la veletta per mangiare i dolcetti, né si preoccupano dei guanti mentre la panna cola vulcanica dal foro del cannolo, eppure la bellezza della scena rimane intonsa: giovani fanciulle passeggiano con i loro coni gelato Ganduja e crema uscite da Fiorio, signore altezzose sorseggiano caffè shakerato al Caffè Torino, mentre i facoltosi ridono fragorosamente tra i tavoli di Baratti e Milano, certamente meno charmantsdei loro antenati e un popiù “yuppie, ma non meno adocchiati da chi sogna un facile cambio di categoria, e nel frattempo gli intellettuali della precollina sconfinano oltre il Po, non di certo per amalgamarsi alla folla, ma in cerca di leccornie e prelibatezze non sempre da condividere con le amiche di pelliccia.
Torino ha un lato snob, lo si sa, così come è noto che allinterno del suo perimetro ogni quartiere tiene alla propria identità, giudicando goliardicamente i vicini di casa, prendendoli in giro su usi e costumi che variano notevolmente da zona a zona come giustamente ci fa notare il comico Davide DUrso-.

Eppure una cosa fa cedere ogni barriera: la golosità.
Infatti il capoluogo pedemontano non vanta solo primati culturali ed artistici, ma anche diverse vittorie culinarie che rendono tuttoggi la nostra bella città un punto di riferimento anche per quel che riguarda il turismo dei golosi.
Numerosi sono i Food Festivalche si svolgono a Torino, così come sono diversi gli eventi che si incentrano sul wine tasting, suicocktail contest, o le food experiencese via discorrendo, tra questi avvenimenti spicca di certo la celebre kermessedel cioccolato artigianale che ogni anno, dal 2003, si svolge nel centro della città,CioccolaTò”.
Lantica Augusta Taurinorum è sempre stata attenta ai palati dei suoi cittadini, tant’è che proprio qui, nel 1780, presso il Caffè Fiorio, luogo di ritrovo di intellettuali e politici, soprattutto durante il Risorgimento, pare sia nato il cono gelato da passeggio” –anche se il brevetto sarà poi conseguito da altri-.
Diversa invece è la storia del Giandujotto, prodotto inventato dalla Caffarel: quando Napoleone – nel 1806- bandisce tutti i prodotti provenienti dalla Gran Bretagna e dalle sue colonie, i cioccolatai torinesi devono trovare unalternativa al cacao, sempre più difficile da reperire, e finiscono per scegliere la nocciola delle Langhe, oggi prodotto IGP. La prima azienda a passare dalla crema al cioccolatino è stata proprio la Caffarel, che presenta il suo nuovo prodotto durante il Carnevale del 1865, motivo per cui il nome della squisitezza deriva dalla tipica maschera torinese, che, in quellevento particolare, lo distribuiva alla folla: il Signor Gianduja.

Rimanendo in tema dolci, pare che Ferdinando Baratti ed Edoardo Milano siano i genitori del succulento cremino, mentre per i sostenitori del salato” è bene ricordare alcuni piatti tipici della tradizione, come il vitello tonnato, i tajarin, gli agnolotti del plin, il gran bollito misto, il fritto misto alla piemontese, nonché la temutissima Bagna Caoda, letteralmente traducibile con salsa calda, che però è composta da aglio, acciughe e olio. Com’è altrettanto caratteristico, le dispute non mancano quando si tratta di tradizioni e ricette, il gusto per il bon-ton contemporaneo vuole che laglio possa anche essere eliminato dalla preparazione, ma, dallaltra parte, i puristi sinfervorano, precisando che sia necessaria una fiasca maleodorante per ogni partecipante al banchetto.
Il mio consiglio è di tentare con loriginale, almeno una volta nella vita, basta tenere sottocchio il calendario e organizzare una mini clausura di sicurezza, per salvaguardare le amicizie ed i rapporti sociali.
Ma c’è tempo per organizzarsi in tal senso, la Bagna Caoda resta comunque un piatto invernale, nel frattempo concentriamoci sulla ghiottoneria estiva per eccellenza, il gelato.
Ancora una volta gli Stati Uniti tentano di sottrarci il primo premio, additando allinvenzione dell’Eskimo Pie, brevettato nel 1922, prodotto che tuttavia si scontra con il noto Pinguino, lo stecco che permette di mangiare il gelato senza sporcarsi le mani, ideato e brevettato dalla Gelateria Pepino, fondata da Domenico Pepino, maestro gelataio napoletano immigrato a Torino, che, nel 1916, aveva ceduto l’attività al commendatore Giuseppe Cavagnino e al suocero, Giuseppe Feletti (già affermato imprenditore dolciario).
Il Pinguino è uninnovazione senza precedenti, porta con sé una nuova modalità di consumo e una piccola rivoluzione tra gli intenditori di gelato: ora si tratta di un prodotto da passeggio.
Già una svolta di notevole impatto era stata data dallintroduzione delluso del ghiaccio secco per trasportare i prodotti freddi e conservarli, scoperta che contribuisce ad aumentare la notorietà della gelateria preferita di Cavour, anche se la vera svolta avviene proprio nel 1938, con il lancio sul mercato del cremoso gelato alla vaniglia ricoperto di cioccolato e messo su stecco. Loriginale è costituito da uno stecco in legno con sopra un fior di latte alla vaniglia e una sottile copertura di cacao che, oltre a rendere croccante e appetitoso il gelato, è anche funzionale a mantenere intatto il prodotto, evitando che si sciolga troppo velocemente. È un successo indiscusso, che porta lazienda a ottenere il brevetto numero 58033, ossia il primo gelato su stecco al mondo. Il passare del tempo vede la realizzazione di diverse varianti, ripiene di menta o gianduja, senza contare poi le collaborazioni con altre case produttrici, come la Leone (Pinguino alla violetta), la Costadoro (Pinguino al caffè), o le tanto modaiole edizioni limiatatecon tanto di packagingcreativi predisposti alloccorrenza, come quello con la squadra di calcio del Torino o per il compleanno dei 60 anni della Mini Cooper.

Ma se sugli stecchinisi può giocare a cavillare, resta però impossibile battibeccare sulle Cri-cri, le tonde caramelle composte di cacao, nocciole e zucchero, ma unite in un modo decisamente diverso, con la nocciola tostata avvolta nel cacao e poi la copertura di minuscole praline di zucchero. Non si conosce il nome dellinventore del dolciume, tuttavia ad esso è legata una leggenda altrettanto zuccherina: il fidanzato della bella Cristina era solito comprare dolcetti come pegno damore, questultimo una volta era entrato con lamata in pasticceria e laveva chiamata Cri, alla commessa era piaciuto quel vezzeggiativo e lo ripropose al ragazzo Cri?, il quale controrispose Cri!. Da quel frivolo scambio di battute, il doppio Cridiviene una sorta di consuetudine tra il ragazzo e la pasticcera, che decide di battezzare in quel modo la pralina.
Infine perché non citare una bevanda, altrettanto nota tra turisti e torinesi doc, il Bicerìn. Si tratta di un liquore già in voga nellOttocento, soprattutto tra intellettuali e politici, servito allepoca principalmente nel bar della Consolata, poiché lì, un giorno, qualcuno pensò di cambiare la bavareisa” – il solito elisir messo in tavola per i consumatori- servendo cioccolato, latte e caffè in tre contenitori distinti, gli ingredienti venivano poi mescolati con uno sciroppo segreto e versati in un piccolo bicchiere con supporto e manico di metallo, et voilà”, ecco il nuovo trenddel Bicerìn.
Bene, cari lettori, non so a voi, ma a me è venuta una certa acquolina in boccae direi di chiuderla qui, per questa volta.
Mi accingerei, se non vi spiace, a ritornare bambina, intanto che mi appresto a gustare la mia pasta nella confetteria che più mi aggrada: Bon appétit!a tutti!