Cosa succede in città- Pagina 20

Per il triennio 2025-2028 al teatro Astra le Persone al centro

Un viaggio nell’identità e nelle sue trasformazioni. Tre le tematiche scelte, Mostri per il 2025-2026, Guerra e Amore per gli anni successivi

Il Teatro Astra svela il triennio 2025-2028 che sarà  intitolato “Persone, un viaggio nell’identità e nelle sue trasformazioni”. Di fronte ad un’epoca in cui le certezze vacillano e la realtà ci costringe a riflettere su chi siamo, il direttore artistico del TPE Teatro Astra, Andrea De Rosa, ha scelto per il triennio di esplorare le sfaccettature più intime e complesse del concetto di identità, attraverso le tre tematiche dei Mostri, della Guerra e dell’Amore.

“La Fondazione TPE- Teatro Piemonte Europa- si distingue per l’importanza e la rilevanza all’interno del panorama culturale italiano e internazionale.  Il progetto culturale consolida il TPE nella dimensione di un  teatro regionale- afferma il Presidente Giulio Graglia – ma posizionandolo anche come attore chiave nella scena culturale del Paese, ruolo comprovato dalle tantissime recite fuori sede delle produzioni in tournée.  Il suo fondamento istituzionale vanta soci fondatori di rilievo quali la Regione Piemonte, la Città di Torino e l’Associazione Teatro Europeo e sostenitori multistrato,  quali il MIC, la Regione Piemonte, la Città di Torino, la Fondazione Compagnia di Sanpaolo,  la Fondazione CRT, Intesa Sanpaolo, che evidenziano la stabilità della fondazione, stabilità confermata anche in termini numerici.  La stagione 2024-2025  ha visto la crescita degli abbonati del 10%. Un dato che vogliamo sottolineare è quello dell’incremento dei fruitori under 30 che registra un significativo +19%. Ciò significa che il TPE non è semplicemente un teatro, ma un bene culturale riconosciuto”.

“Il teatro- spiega il direttore artistico Andrea De Rosa – ci permetterà  di giocare e di indossare una maschera, ma il gioco funzionerà  solo se, al calare delle luci in sala, saremo disposti ad ammettere  che, dietro quella maschera, ci sono persone, che potremmo essere anche noi”.

“Nell’etimologia della parola latina- aggiunge Andrea De Rosa – mònstrum è colui che rivela qualità buone o cattive che oltrepassano i limiti della normalità, uomini e donne che si ritrovano, per scelta o per necessità, a diventare qualcosa che non rientra  nei parametri prestabiliti, eroi, assassini, geni, squilibrati, artisti, maghi, maniaci… creature straordinarie, ma pur sempre umane ( fin troppo umane). Il mostro appare all’improvviso nelle nostre vite e le sconvolge perché altera il fluire quotidiano degli eventi . Ci fa paura, ma non lo possiamo ignorare perché ci costringe a guardare come in uno specchio l’immagine di cosa potremmo diventare  e ci pone davanti a un bivio, tra luce e oscurità.

Chi sono le persone che si trasformano in mostri? Dalle leggende più antiche fino ai racconti della cronaca contemporanea,  ogni spettacolo offre una prospettiva unica, trasformando il palcoscenico in uno specchio delle nostre ombre più profonde.

Abbiamo domandato a registe e registi chi fosse il mostro nel loro spettacolo ed essi hanno risposto dandoci  un punto di vista inedito sul loro lavoro. Ci sono mostri inequivocabili come il leggendario Dracula di Bram Stocker per la regia di Andrea De Rosa e quelli reali, come il Charles Manson in “Fanny & Alexander”, ci sono fatti mostruosi come quelli narrati da Nicola Lagioia in “La città dei vivi”, per la regia di Ivonne Capece, e quelli descritti da Günther Anders dal pilota che sganciò la bomba atomica su Hiroshima, in “Atomica” dei Muta Imago. Quindi ci sono “Gli Angeli dello sterminio” di Testori, per la regia di Antonio Latella, “Antigone” , per la regia di Roberto Latini, Macbeth e lady Macbeth protagonisti di “Anatomia di un assassinio”, un progetto di Chiara Muti in collaborazione con il teatro Regio di Torino; Sesto Tarquinio, l’orrido violentatore di Lucrezia  nei Poemetti di Shakespeare di Walter Malosti, Shakespeare stesso per Lucilla Giagnoni nella piéce intitolata “A pelle nuda sul palco”, il Cancro, l’animale mitologico inteso come simbolo di un femminile orgogliosamente mostruoso in “iGirl” di Marina Carr, per la regia di Federica Rosellini. Infine vi sono le mostruosità della realtà,  individuale e collettiva, contenute  nei 26 spettacoli in cartellone: il decadimento ( come in Enrico IV, per la regia di Giorgia Cerruti), la natura umana ( “Improvvisamente l’estate scorsa” per la regia  di Stefano  Cordella), la marginalità ( come in “Bloomsville”, per la regia di Valentina Renna), i regimi ( LUI di Ashkan Khatibi), la normalità ( “Pinocchio” di Davide Iodice), i limiti ( “Biancaneve”, per la regia di Andrea Lucchetta), il Mediterraneo  ( “A place of safety” di Enrico Baraldi  e Nicola Borghesi). Perché in fondo il mostro siamo noi, come dimostra il testo shakespeariano de “La Tempesta” per la regia di Alfredo Arias”.

Dopo una stagione in tournée con la produzione di Edipo Re di Andrea De Rosa e Wonder Woman di Antonio Latella, che ha toccato le principali città italiane, la nuova produzione in circolazione nei teatri sarà  Orlando da Virginia Woolf, con Anna Della Rosa, per la regia di Andrea De Rosa, che partirà da Torino per un’attesissima ripresa. A grande richiesta continuerà il suo tour Wonder Woman di Antonio Latella, la cui delicatissima tematica, la storia di uno stupro di gruppo ai danni di una ragazza di Ancona che ha dovuto lottare per ottenere giustizia, ha riscontrato urgenza di discussione e visione.

Nella stagione del TPE si inserisce la rassegna di Palcoscenico Danza, diretta da Paolo Mohovich, che ha voluto anch’egli imprimere quest’anno la programmazione di creature mostruose: i due vulcani Fuji e Etna dello spettacolo di Roberto Zappalà intitolato “Brother to Brother” in programma il prossimo 25 gennaio,  i “Divine Monsters”, mostruose divinità proposte dalla Hung Dance Taiwan dal 28 febbraio 2026 al 1 aprile 2026, il mostro sacro Maria Callas interpretato da Roberto Tedesco, Adriano Bolognino, Carlo Massari per l’Opus Ballet in “Callas, Callas, Callas” del 5 febbraio 2026; le figure umane deformate grazie all’arte libera di Emanuela Tagliavia, in “Short Cuts” il 24 marzo; le donne insetto create dal trio guidato da Cristiana Casadio  dal titolo “Of restless nature”, cui si aggiungono Interplay link e Made4you di Eko Dance Project il 22 e 23 aprile, giunto alla sua decima edizione.

È giunto alla sua trentesima edizione il Festival delle Colline Torinesi, la cui gestione e realizzazione dal 2018 fa capo al TPE. La riapertura del teatro Astra spetterà proprio al Festival delle Colline e punto di condivisione artistica  sarà “iGirl” di Marina Carr per la regia di Federica Rosellini. Il festival si terrà dall’8 ottobre al 3 novembre prossimo e si snoderà come location tra teatro Astra, Fondazione Merz, Palazzo degli Istituti Anatomici, Fonderie Limone, Museo del Risorgimento,  San Pietro in Vincoli e Le Roi Music Hall

Mara Martellotta

MusicaTo: la musica classica per tutti!

/

THE PASSWORD Oltre gli asterischi

Il 21 giugno prossimo, nella splendida cornice di piazza Carlo Alberto, Omnibus ETS porterà la musica classica fuori da teatri e serate di gala. Come si legge nel motto dell’associazione culturale, “ogni nota risveglia un cittadino”. Il repertorio, molto variegato, accompagnerà spettatori e semplici curiosi alla scoperta della musica classica.

Per la rubrica The Password: Torino oltre gli asterischi”, in collaborazione con Il Torinese, il nostro Vincenzo Mastrocinque ha incontrato Carlotta Petruccioli, vicepresidente e direttrice artistica di Omnibus, e Matilde Della Beffa, violinista dell’orchestra, per scoprire di più sull’evento.

Ciao Carlotta, che bello riaverti qui con noi! Ti andrebbe di spiegare ai nostri lettori che cos’è MusicaTo?

Assolutamente! Il 21 giugno ci troverete dall’una alle sette di sera in piazza Carlo Alberto. Il pubblico sarà composto dai tanti passanti, stile busking. La nostra idea è quella di riportare alla cittadinanza la musica classica, da considerarsi come una forma di intrattenimento adatta a tutti. Per quanto riguarda il programma, il festival si aprirà con un laboratorio, in occasione del quale noi di Omnibus suoneremo brani successivamente commentati insieme al pubblico; si proseguirà poi con una replica dell’evento “Raccontare i suoni”, curato dalla nostra associazione e seguito dall’esibizione del gruppo di strumenti a fiato Miraflowers Girls Band. Chiuderemo infine la giornata con il concerto della nostra orchestra, non mancate!

Dato che il 21 giugno si festeggia la Giornata europea della musica, abbiamo voluto coinvolgere anche altre associazioni, le quali avranno a disposizione diversi banchetti per presentare le loro attività durante il festival. Troverete una band con fiati, percussioni e chitarre elettriche, ma anche un’orchestra da camera e la banda di Pianezza… Insomma, sarà davvero un evento per tutti i gusti! Ci tengo a ringraziare il Comune di Torino, che ci ha concesso il patrocinio con servizi, l’Accademia di Liuteria Piemontese, con sede proprio vicino piazza Carlo Alberto, e i nostri sponsor, AdriLog, Syllotips e Scavino.

Il motto di Omnibus è: “Ogni nota risveglia un cittadino”. Questo è vero anche in riferimento al festival del 21?

Certo. La musica ha un enorme valore sociale, non è solo intrattenimento. Aiuta i cittadini a migliorare, a lavorare sullo stare insieme, crea un contatto con culture nuove. Questo per noi è essenziale. Il festival sarà rivolto a tutti e non ci sarà bisogno di biglietti o abiti eleganti. La musica classica è fatta, certo, di (giuste) convenzioni, ma è anche tanto divertimento. Durante i nostri concerti, è capitato di vedere bambini osservare incuriositi gli strumenti musicali o imitare il direttore d’orchestra dopo averlo ammirato per mezz’ora. L’essenza della musica è proprio questa e il nostro intento è di far scoprire (o riscoprire) il repertorio classico tanto al musicologo, quanto a chi Mozart non l’ha mai neanche sentito nominare.

A tal proposito, come vedi il rapporto tra le nuove generazioni e la musica classica?

Noi Gen Z, come anche i più piccoli, viviamo immersi nella musica. Pensiamo a TikTok, che nasce come social network fondato sulla musica; spesso si tratta di musica pop, è vero. Intorno a noi c’è tantissima musica classica: nelle pubblicità, sui social, nei film… Si tratta però di un ascolto passivo. A noi preme far sviluppare l’ascolto attivo. I giovanissimi sono (uso un brutto termine) un target per lo sviluppo culturale perché più permeabili, ma bisogna sempre ricordare che si può iniziare a suonare a ogni età. Certo, per diventare professionisti, prima si comincia e meglio è, ma la musica non può e non deve essere solo professionale.

L’orchestra di Omnibus è aperta a tutti, giusto? Hai un messaggio per gli aspiranti musicisti in cerca di un’associazione che li accolga?

Non abbiamo requisiti minimi o un’età richiesta. Facciamo musica classica, quindi bisogna avere delle competenze di base, però se ci sono difficoltà (ed è capitato), si trova sempre una soluzione. Abbiamo creato intere produzioni a tale scopo, come “Raccontare Suoni”. Accogliamo chiunque bussi alla nostra porta. Ci sono progetti, festival, per permettere a chiunque di esprimere la propria passione. Venite a trovarci!

Grazie mille per il tempo che ci hai dedicato e tanti auguri sia a te sia a Omnibus! Come convincere dunque i nostri lettori a partecipare a MusicaTo?

Se vi va di prendervi un gelato in centro il 21 giugno, passate a trovarci… Suoneremo con tutta la passione che abbiamo! E venite anche il 15 giugno, alle ore 21, in corso Einaudi 23: suoneremo in anteprima parte del programma, con qualche brano bonus. Non vediamo l’ora di mostrarvi quanto possa essere divertente la musica classica. Vi aspettiamo!

Ciao, Matilde, grazie per essere qui! Ci parli un po’ di te e del tuo percorso musicale? Come hai conosciuto Omnibus?

Grazie a voi! Suono il violino dalle medie, per interesse personale. Mio fratello suona il piano, ma nessuno in famiglia ha mai suonato il violino. Sono la prima! (ride, n.d.r.) Ho preso lezioni private a lungo, ma per tanto tempo non ho incontrato realtà stimolanti. Due anni fa mi sono infortunata e ho smesso. A Capodanno del 2024 ho deciso di riprendere, ma senza sapere bene come essere costante nel tempo. Cambiando strategia, ecco la risposta. Ho dato degli esami di certificazione per spronarmi, poi la mia insegnante mi ha parlato di Omnibus, un’orchestra giovane, con molti ragazzi della mia età, così ho partecipato al progetto “Adotta un orchestrale”, in cui è possibile affiancare i membri dell’orchestra anche senza dover suonare. All’inizio ero timorosa, ma mi sono subito resa conto che era l’ambiente ideale. Così a gennaio sono entrata e mi sono sentita subito molto motivata. Posso dire che Omnibus mi ha davvero fatto riscoprire l’amore per il mio strumento.

Deve essere stato bello trovare una realtà stimolante dove poter suonare…

Bellissimo, soprattutto per la varietà. Ci sono ragazzini più piccoli di me che suonano meglio di me (ride, n.d.r.), mi sento sempre spinta a dare il massimo. Ho avuto anche il piacere di parlare con un clarinettista sull’ottantina, che mi ha detto essersi messo a suonare a sessant’anni e ora fa parte dell’orchestra. Mi ha fatto capire che non è mai troppo tardi.

Visto che sei molto giovane, volevo chiederti: tu come ti sei avvicinata alla musica classica?

Merito di mia mamma. Lei è di Roma e alla mia età non aveva modo di andare a concerti ed eventi così facilmente, poi è venuta a Torino e qui ha avuto modo di apprezzare la musica classica in modo più semplice, più accessibile. Tramite una violinista del Regio, nostra cara amica di famiglia, ha sempre fatto in modo di farci avere biglietti, ingressi, e in generale ci ha trasmesso l’amore per la musica, quindi sì, devo molto alla mia mamma!

MusicaTo si terrà in centro a Torino. È la prima volta che suoni di fronte a un pubblico così ampio? Come ti senti all’idea?

Non ho mai suonato in piazza e non facevo concerti da tanti anni, dai tempi della scuola di musica. C’è un po’ d’ansia da prestazione ovviamente, quella non ci abbandona mai, come agli esami! (ride, n.d.r.) Però mi sento bene, credo molto nel nostro gruppo e nel suo potenziale. C’è sempre tanto supporto e un infinito rispetto per la musica. Si respira sempre amore, sia verso la musica sia tra di noi.

Ogni nota risveglia un cittadino”. Che cosa ne pensi?

È un motto coraggioso! Non è un progetto per una cerchia ristretta, come invece può sembrare di primo acchito. La varietà del programma permette di coinvolgere un pubblico davvero grande. Una mia amica, che ha partecipato al progetto “Adotta un orchestrale” di Omnibus come “adottanda”, è un’ultras della Juve e non ascolta musica classica… Insomma, siamo diversissime, ma ha partecipato a due edizioni di “Adotta un orchestrale”, verrà a tutti i concerti e ha coinvolto anche la sua famiglia, in cui nessuno ascolta o fa musica classica. Se ha avuto successo persino con lei, così distante da questo mondo, vuol dire che si tratta di un’idea davvero valida!

Buona fortuna allora, per il concerto e per il futuro! Ti andrebbe di invitare i nostri lettori a partecipare al festival?

Come vi ha spiegato Carlotta, vi aspetta un festival davvero molto vario. Ci sarà anche un laboratorio in cui vi mostreremo il “dietro le quinte” del lavoro di noi musicisti, mettendo in risalto quegli aspetti del far musica normalmente noti solo agli “addetti ai lavori”. Pensate che bello, ci confronteremo e risponderemo a tutte le vostre domande! Sarà sicuramente una bella esperienza, per voi e per noi. Non mancate!

Vincenzo Ferreri Mastrocinque

Facebook: The Password UniTo

Instagram: @thepasswordunito

E-mail: thepasswordunito@outlook.it

 

Grande festa per i venti anni della Fondazione Merz e opening della collettiva del Mario Merz Prize

La Fondazione Merz presenta da mercoledì 11 giugno a domenica 21 settembre  la mostra collettiva dei finalisti della quinta edizione del Mario Merz Prize, settore arte, a cura di Giulia Turconi. Mercoledì 11 giugno prossimo, in occasione dei venti anni della Fondazione Merz, vi saranno un opening e festa dalle 18 alle 24.

Protagonisti dell’esposizione sono Elena Bellantoni ( Vibo Valentia, 1975), Mohamed Bourouissa ( Algeria 1978), Anna Franceschini ( Pavia 1979), Voluspa Jarpa ( Rancagua, Cile, 1971) e Agnes Questionmark ( Roma, 1995).

La mostra si sviluppa in un percorso che spazia tra I differenti lavori presentati dai cinque finalisti, che si distinguono  nella ricerca artistica e nella scelta dei materiali, condividendo, tra i vari temi, l’attenzione al corpo e a importanti questioni sociali attuali. I lavori presentati offrono un’immersione totalizzante da parte del visitatore, che viene invitato  a mettersi in gioco alla ricerca di una propria interpretazione della società contemporanea, che per ogni artista si concentra su un specifico aspetto e sfumatura diversa.

L’esplorazione parte dall’installazione video di Elena Bellantoni , ‘199The Breadline’ , del 2019, un progetto itinerante che ripercorre la “strada del pane” attraverso quattro Paesi, Italia, Grecia, Serbia e Turchia. La breadline che l’artista segue fa riferimento alla linea di povertà  che collega storie e narrazioni dei Paesi in cui hanno trovato spazio le “rivolte del pane”. Il pane non rappresenta soltanto il momento del convivio e del confronto tra genti diverse, ma è legato alle rivolte popolari, movimenti di protesta che hanno unito popolazioni diverse nel nome della giustizia e dell’eguaglianza sociale. La farina, la polvere di grano, sono, infatti, un valore e rappresentano culture millenarie e tradizioni diverse.  Esalta e completa il lavoro una performance corale in cui viene vocalizzato il canto di protesta Bread & Roses, il cui testo, tradotto in lingua per ognuno dei quattro Paesi, trae origine dal discorso del 1912 di Rose Schneiderman, leader femminista, socialista statunitense, declamato durante un importante sciopero di lavoratrici. Il coro e il pane costituiscono due elementi essenziali, divenendo lo strumento attraverso cui vengono raccontate le rivolte sociali e politiche che appartengono a ogni Paese, soprattutto in quelli legati storicamente e geograficamente al Mediterraneo.

La mostra prosegue con l’installazione di Agnes Questionmark, in cui l’artista si presenta come un nuovo essere ibrido, la cui genesi è  ancora da definire. CHM13TERT è  una linea cellulare  che ha permesso di assemblare la prima sequenza del genoma umano in laboratorio. Per la prima volta  gli esseri umani sono in grado di leggere e modificare la propria componente genetica, attraverso tecniche di editing genomico, che consentirebbe di effettuare specifiche alterazioni al genoma di una cellula. Sospesa e sostenuta da una struttura metallica tramite una serie di cavi e di cinghie mediche, il suo corpo diventa un veicolo politico che sfida i rapporti di potere inerenti alle nostre attuali strutture socioeconomico normative.

Voluspa Jarpa conduce il pubblico a scoprire i diversi elementi del suo lavoro in cui la vista, insieme all’udito, evocano gli eventi e il riverberare tra passato, presente e futuro. The Extiction project del 2025 è una continuazione del lavoro Sindemia (2022-24) che esplorava i conflitti sociali della America Latina, dovuti al deterioramento delle istituzioni democratiche compromesse da politiche legate allo sfruttamento delle risorse e dagli effetti sociali conseguenti. Da questo progetto è  nata una riflessione in cui gli eventi testimoniano come alcuni processi del passato continuino a risuonare nel presente. L’opera invita a considerare i problemi nella loro complessità, non separandoli ma considerando le loro connessioni. Il lavoro si struttura in tre momenti storici: estinzione dei popoli originari (XVI XVII secolo), dittature e interventi politici ( anni ’50-’80) e  conflitti legati all’estrattivismo in tempi recenti.

Anna Franceschini presenta una installazione composta da sette macchine per la stiratura automatica  definite dressmen che, modif9cate e rieducate grazie a un algoritmo, eseguono ciclicamente una partitura attraverso l’aria. Il titolo “All those Stuffed Shirts” del 2023, allude anche modo di dire anglosassone che indica qualcuno pieno di sé, presuntuoso,  conservatore e reazionario, ponendo l’accento sull’abito per denigrare chi lo indossa.

Queste  macchine, con i loro movimenti , riunite in una danza senza fine, si impossessano dello spazio espositivo e suggeriscono una riflessione sulla capacità di divenire dell’immagine dell’oggetto tecnico, collegandosi all’illusione cinematografica.

Il robot da stiro produce l’illusione della vita.  L’installazione conduce a riflettere sul rapporto tra la macchina e i suoi  creatori, tra umano e artificiale. L’aria spinge i sacchi di tessuto sintetico e li fa quasi esplodere prima di un arresto cardiaco che li porta al collasso , rifacendosi alla tecnologia di sopravvivenza del corpo umano.

Nel video “What time is love?” del 2017 le macchine esaminano giocattoli e prodotti per l’infanzia sottoposti a test di resistenza. Il concetto di idoneità fa riflettere su quanto sia alto il prezzo per essere accettati da una comunità.

Infine Mohamed Bourouissa nell’opera video “Généalogy de la Violence” del 2024 l’artista esplora la nozione di controllo, l’espropriazione del corpo e le relazioni di dominio all’interno dello Stato. È un film che riflette sulla brutalità della polizia, la rappresentazione di una violenza invisibile mascherata da umiliazione legale. L’artista, fermato costantemente dalla polizia per “controlli di identità casuali” ha voluto raccontare una storia molto personale. Un ragazzo seduto in auto con un’amica viene fermato per un controllo e perquisito da un agente. Le immagini restituiscono l’esperienza di disconnessione dal proprio corpo: non siamo più soggetti ma oggetti pericolosi. L’artista, attraverso le sculture in alluminio fuso, cerca di trasmettere le sensazioni e le tracce che una pratica giudiziaria sistematica può lasciare sia sulla superficie del corpo sia dentro di esso. Le sculture vogliono sottolineare i momenti di palpazione durante le perquisizioni corporee che rivelano un punto di contatto tra i corpi sociali e il corpo dello Stato.

Bourouissa non solo rappresenta la dinamica emotiva coinvolta, ma anche le dinamiche di potere e la dominazione di un corpo sull’altro.

Mara  Martellotta

L’ultimo libro di Travaglini al Centro Pannunzio venerdì 13 giugno

Vite e dicerie di strapaese tra laghi, monti e vigne, l’ultimo libro di Marco Travaglini, verrà presentato venerdì 13 giugno alle 18 al Centro Pannunzio di Torino. Con l’autore dialogherà Laura Pompeo. La narrativa dell’autore, nato sulla sponda piemontese del lago Maggiore e torinese d’adozione, è intesa a dare voce soprattutto alla gente comune, a quel mondo piccolo ma non minore col quale ha sempre amato convivere, assimilandone i problemi, le speranze, le gioie e i dolori. Una scrittura la sua che nasce dal cuore e arriva al cuore, che sa cogliere con passione e slancio poetico la vita delle strade, dei piccoli paesi tra i laghi e le montagne così come delle vie di Torino o della campagna canavesana, con attenzione particolare – è il caso de Il seggio del peccato come di gran parte dei suoi libri di racconti – al passato, a tempi meno facili, ma più ricchi di semplicità, di saggezza antica, di rapporto umano. Erano gli anni delle case di ringhiera e dei circoli operai, dei grandi prati non ancora invasi dal cemento; delle quattro stagioni; degli inverni dalle abbondanti nevicate e delle primavere verdi punteggiate di rondini e maggiolini.  Storie che si ritrovano ne Il seggio del peccato, attraverso ventisette racconti, guidando il lettore in un itinerario emozionale che abbraccia città, campagne, laghi e montagne. Come scrive nell’introduzione Sergio Chiamparino, già sindaco di Torino, “sono racconti ricchi di riferimenti storici, di notizie su luoghi, edifici storici, di curiosità, ricostruzioni di antiche tradizioni e motti popolari, molte cose che si ignorano o almeno io ignoravo”.

Nuova stagione e compleanno per gli 80 anni dell’Unione Musicale

 

L’Unione Musicale compie 80 anni di attività nel 2026. Associazione fondata nel 1946. Alla presentazione della nuova stagione, era ben visibile una carrellata di foto dei più prestigiosi musicisti che hanno suonato per l’Unione Musicale in tutti questi anni. La Stagione intitolata “Classica Viva” dal 15 ottobre 2025 al 20 maggio 2026, prevede 53 appuntamenti tra il Conservatorio e il Teatro Vittoria con 154 musicisti di cui 82 ospiti per la prima volta all’Unione Musicale e 76 musicisti under 35.

Per festeggiare gli 80 anni di attività è previsto un concerto straordinario gratuito  per gli abbonati mercoledì 25 marzo 2026 al Conservatorio alle 20.30, con un pianista fantastico : Arcadi Volodos. Inaugurazione il 15 ottobre con 2 violoncellisti acclamati dal pubblico dell’Unione Musicale : Mario Brunello e Giovanni Sollima, con un originale programma  per duo di violoncelli. Tanti e prestigiosi i musicisti che si alterneranno sul palco del Conservatorio :  Maria Joao Pires,  Elisabeth Leonskaja,  Alexander Gadjiev, il violinista Renaud Capucon ( con Guillaume Bellom), il Quartetto Kuss, Sayaka Shoji al violino con Gianluca Cascioli al pianoforte. Si esibirà una nuova generazione di pianisti come Sophia Liu (di appena 17 anni!), il pluripremiato Seong-Jin Cho (vincitore del concorso Chopin di Varsavia nel 2015 e l’ecclettico Hayato Sumino. Al Teatro Vittoria avranno luogo le serie : L’altro suono, Didomenica, Discovery, Solo per le tue orecchie, e Note tra noi, oltre alla programmazione rivolta ai bambini alle scuole e alle famiglie.

Da segnalare “Note Di Storia”, la prima serie di podcast originali dell’Unine Musicale. Dieci puntate con cadenza quindicinale dal 28 maggio al primo ottobre 2025 con il direttore artistico Antonio Valentino, che accompagna gli ascoltatori a scoprire la vita e le opere dei grandi compositori ( da Chopin, a Schubert, da Mozart a Faurè). Note di storia  è disponibile gratuitamente sulle piattaforme Spotify, Apple Music, Amazon Music e You Tube.

Pier Luigi Fuggetta

Al Teatro Regio “Andrea Chénier” di Umberto Giordano

Direttore d’orchestra Andrea Battistoni, regista Giancarlo del Monaco

 

In scena dal 18 al 29 giugno prossimo, al Teatro Regio di Torino, un grande dramma d’amore e ideali reso celebre da arie immortali, l’André Chénier, capolavoro di Umberto Giordano, che chiuderà la stagione d’opera del Regio 2024-2025. Sul podio dell’Orchestra e del Coro del Teatro Regio vi sarà Andrea Battistoni, al suo primo impegno in veste di direttore musicale, dopo oltre un decennio di collaborazioni con i complessi artistici del teatro. Il nuovo allestimento risulta di forte impatto scenico ed emotivo, ed è firmato da Giancarlo del Monaco. Protagonisti Gregory Kunde, Maria Agresta e Franco Vassallo. Il Coro è istruito come al solito dal Maestro Ulisse Trabacchin. Il libretto di Luigi Illica, rielaborato in modo sostanziale dal compositore, trasforma la biografia del poeta André Chénier, realmente esistito e ghigliottinato durante il Terrore, in una tragedia di amore e ideali. Chénier, travolto dalla violenza rivoluzionaria, è innamorato della nobile Maddalena, che lo seguirà fino alla morte. Accanto a loro il personaggio complesso di Gérard, ex servitore diventato accusatore, ma segnato da umanità e passione. L’ambientazione è nella Parigi rivoluzionaria, e permette a Illica e Giordano di riflettere sul valore dell’ideale dell’amore come slancio vitale. L’opera diventa così una meditazione anche sulla giovinezza, sull’evoluzione individuale attraverso le prove della storia e dei sentimenti. In questo senso André Chénier, titolo che chiude la stagione 2024-2025, si inserisce naturalmente nella narrazione de “La meglio gioventù”, ponendo al centro la forza trasformativa dell’età giovane, capace di scegliere, amare, ribellarsi e sacrificarsi.

L’André Chénier è un dramma di ambientazione storica ispirato alla vita del poeta Chénier all’epoca della Rivoluzione Francese. Il personaggio di Gérard trova il suo modello, invece, nel rivoluzionario Jean Lambert Taglien. Il 28 aprile 1896 avvenne la prima assoluta al Teatro alla Scala di Milano, diretta da Rodolfo Ferrari, con Giuseppe Borgatti, che sostituì il tenore designato Alfonso Garulli. Grazie a lui, al soprano Evelina Carrera e al baritono Mario Sammarco il successo fu trionfale.

“Come nel pop – afferma Andrea Battistoni, direttore musicale – anche nella musica colta e nell’opera non mancano i compositori ricordati quasi esclusivamente per un unico capolavoro, tanto celebre da eclissare il resto della loro produzione: ‘è il destino che accomuna gli A-AH di Take on Me ad autori del verismo come Cilea o Leoncavallo, e lo stesso Giordano con Chénier: gioiello splendente di una corona che comprende anche Fedora, Siveria e Malavita’”.

“André Chénier è un’opera incandescente, da riscoprire per la sua raffinatezza musicale e la sua forza emotiva – prosegue Battistoni – una partitura lussureggiante attraversata da passioni ardenti, in cui l’Orchestra non accompagna soltanto i cantanti, ma diventa un personaggio a sé, amplificando l’azione scenica. Il protagonista emerge come una forza generativa che innesca cambiamenti intorno a sé. Nella sua figura, Giordano sembra aver colto il simbolo dell’artista puro, mosso da un’stanza interiore di verità e bellezza: l’amore assoluto che i due protagonisti invocano nel duetto finale, diventa un gesto di resistenza lirico e civile più che mai attuale”.

“Opera di ‘Cappa e Spada? – conclude Andrea Battistoni – l’André Chénier alterna duelli, scene corali, spettacolari e momenti di intimità struggente in un susseguirsi di emozioni che conquistano al primo ascolto”.

“André Chénier – confìda Giancarlo del Monaco, intervistato da Susanna Franchi – è un’opera che amo profondamente; mio padre la cantò accanto a Callas e Tebaldi, e la studiò direttamente con Giordano. E’ un’opera vocale e potente che richiede un grande cast. Nella mia carriera ho firmato molti Chénier, tra cui la prima francese al Théatre de la Bastille. Ciò che più mi interessa oggi è guardare alla figura del poeta rivoluzionario come punto di partenza per una riflessione sulle rivoluzioni, sul sogno utopico che si trasforma in incubo. Le utopie non funzionano perché generano mostri. La Rivoluzione Francese ha aperto la strada a Napoleone, alle guerre, alla repressione e al terrore. Da Marx a Mao, la storia ci insegna che l’idea di un mondo migliore può trasformarsi in tragedia. La parabola di Gérard è il cuore di questo crollo ideale, da servo carnefice, poi a uomo distrutto dalla consapevolezza. In questa storia l’amore ha un valore salvifico. Chénier, come un Assange ante litteram, viene ucciso per aver detto la verità. Maddalena, da ragazza frivola diventa eroina. Morire insieme, stretti in un ultimo abbraccio, rappresenta la loro apoteosi: in quel momento l’amore diventa l’unica rivoluzione possibile”.

 

Mara Martellotta

 

 

 

È la magia il tema del Festival Nazionale Luigi Pirandello e del ‘900

Ideato da Giulio Graglia con la direzione artistica di Mario Brusa

Ritorna dal 9 giugno fino al 12 settembre, dopo il successo degli anni passati, la XIX edizione del Festival Nazionale Luigi Pirandello e del ‘900, che ha quest’anno come suo direttore artistico la figura di Mario Brusa. Presentato al Circolo dei Lettori, luogo di elezione che accolse la presentazione della prima edizione del Festival, nel 2007, con Gianni Oliva come Assessore alla Cultura, quest’anno il Festival presenta un tema particolare, quello della “magia”. Proprio la magia in Pirandello è spesso rappresentata come una forza che trasforma l’immaginazione in realtà, un modo diverso di interpretarla, che supera la razionalità. L’immaginazione, nell’opera dello scrittore, viene utilizzata per creare storie e protagonisti che oltrepassano la realtà e il linguaggio. Se da un lato la fantasia è una forza creativa che dà forma a sentimenti spesso impossibili da esprimere, dall’altro la realtà viene letta da Pirandello come un movimento continuo e in perenne trasformazione. Il poeta assume i connotati di un mago che dialoga con il lettore, entrambi immersi nella finzione. Un tema che riporta persino a una grande opera di Shakespeare, uno dei grandi testi dell’umanità, “La Tempesta”, in cui la magia si fa poesia attraverso i poteri di Prospero e del suo fido Ariel, che lo riporterà, alla fine, a riconquistare l’umanità perduta. Se la fantasia si spegne, l’uomo impazzisce. Nel programma di quest’anno, infatti, non manca la rappresentazione di “Sei personaggi in cerca d’autore”, che avverrà il 18 giugno, alle 20.45, curata da Giulio Graglia, con gli attori under 25 dell’Accademia Mario Brusa. L’appuntamento sarà al castello di Lucento per la Fondazione AIEF, in via Pianezza 123. Sarà replicato il 27 giugno, alle 20.45, per AmMira Festival Punto13, in via Farinelli 36/9, a Torino. Si tratta del dramma più famoso e senz’altro uno di quelli più amati dello scrittore siciliano. Si cerca di svelare il meccanismo della magia e della creazione artistica, e il passaggio dalle persone ai personaggi, dall’aver forma all’essere forma. La magia significa anche avere Arturo Brachetti come ospite nello spettacolo in programma il 26 luglio, alle 20.45, dal titolo “Arturo racconta Brachetti”, presso Villa Tosco Prever, a Coazze.

“Ogni anno – dichiara l’Assessora alla Cultura della Città di Torino Rosanna Purchia – il fascino dell’opera di Luigi Pirandello e degli autori del Novecento, rivive nel Festival Pirandello tra spettacoli, passeggiate letterarie e incontri di approfondimento. La capacità di creare legami con le diverse realtà territoriali è un tratto distintivo della manifestazione, in grado di coinvolgere istituzioni, associazioni culturali, compagnie teatrali, e che da questa edizione si apre anche al mondo dello sport. Un ringraziamento sentito va all’ideatore e anima del Festival Giulio Graglia, e un caloroso augurio di buon lavoro al direttore artistico Mario Brusa che, per la prima volta, guiderà con competenza e dedizione verso il futuro questa importante rassegna culturale”.

“Luigi Pirandello è un punto di riferimento per il teatro – afferma il direttore artistico Mario Brusa – quanti testi scritti da lui hanno fatto parte della mia vita di attore e di regista. Un’emozione quando mi è stato chiesto di assumere questo ruolo per il Festival, fondato nel 2007 dall’amico Giulio Graglia, perché dopo tante esperienze acquisite in campo teatrale, televisivo e come direttore di doppiaggio, mi mancava di occuparmi di un Festival dedicato al grande drammaturgo siciliano. Nella vita accadono magie inaspettate, e non è un caso che il tema di quest’anno sia proprio dedicato alla magia, un termine forse un po’ abusato, ma molto amato da chi è abituato a respirare il palcoscenico, perché il teatro è magia. Ogni sera, quando si spengono le luci e si dà vita a un testo, si entra nella finzione, in un’altra dimensione. Immaginazione e realtà si fondono, e rapiscono il pubblico. Si torna indietro nel tempo oppure si va avanti oppure, usando un titolo caro a Pirandello, si recita “a soggetto”. Magia è scoprire nuovi talenti, come gli studenti dell’Accademia che dirigo, e che per il Festival hanno preparato ‘Sei personaggi in cerca d’autore’. Magia è ammirare anche il grande Arturo Brachetti. Anche i temi più leggeri sono magici, come il ricordo dell’avanspettacolo in ‘Così ridevamo’, previsto il 7 luglio, alle ore 20.45, in collaborazione con Evergreen Fest, al Parco della Tesoriera. Saranno presenti Franco Barbero, Rosalba Bongiovanni, Margherita Fumero, oltre a me stesso, e sarà una produzione Linguadoc”.

È poi intervenuto anche Giampiero Leo, consigliere di indirizzo della Fondazione CRT, di cui è presidente della Commissione arte, cultura, welfare e territorio, che ha sottolineato il ruolo del Festival nel suo legame con il Piemonte e il ruolo che, da sempre, ha rivestito la Fondazione CRT nel supportare economicamente il Festival Luigi Pirandello e nel renderlo possibile.

Lo spunto della creazione del Festival, avvenuta nel 2007, è legato al soggiorno che Luigi Pirandello fece nel 1901 a Coazze, ospite della sorella Lina, viaggiando in treno da Roma a Torino, e quindi, sempre in treno, da Torino a Giaveno, e giungendo in calesse a Coazze.

Torino, con i suoi teatri Alfieri e Carignano, ha giocato un ruolo fondamentale per Pirandello, nonostante il pubblico sabaudo e la critica non siano mai stati così benevoli nei suoi confronti, ma ciò che ha particolarmente influenzato la creatività del Premio Nobel per la Letteratura sono stati gli abitanti e il paesaggio della Valsangone. A Coazze Pirandello si è fermato per due mesi, e questi sono i luoghi gli hanno ispirato la stesura de “Il taccuino di Coazze”, della commedia “Ciascuno a suo modo”, di due novelle, “Gioventù” e “La Messa di quest’anno” e la stessa del romanzo “Giustino Roncella nato Boggiolo”.

Il Festival ospita anche il Premio Letterario Giovanni Graglia, dedicato al padre di Giulio Graglia, nato nel 2005 e presieduto dalla scrittrice Sabrina Gonzatto, previsto per il 12 settembre, alle ore 18, presso il Circolo della Stampa Sporting Torino. Nella medesima location si terrà il 16 giugno, alle ore 18, una partita di calcio solidale, “Pirandello Vs Soriano”, a cura di Linguadoc, in collaborazione con Pirandello Contemporaneo (Brasile), NIC (Nazionale Italiana Cantanti) e ASL Città di Torino. Un altro momento particolarmente interessante della rassegna è quello delle Passeggiate Pirandelliane a Coazze, accompagnate dal professor Piero Leonardi, previste il 13 e 20 luglio prossimo alle ore 18, in collaborazione con il Comune di Coazze, a cura di Linguadoc, nata nel 1997 grazie all’intuizione di Giulio Graglia. Negli anni Linguadoc ha organizzato eventi culturali per enti pubblici e privati in Italia e all’estero, confermandosi per continuità e innovazione.

L’edizione 2025 del Festival Nazionale Luigi Pirandello e del ‘900 ricorda tre anniversari importanti, quello di Carlo Levi, per il quale il 9 giugno si terranno le proiezioni “In ricordo di Carlo Levi” con RAI TECHE, a cura di Linguadoc, nel palazzo della Radio di via Verdi 31 a Torino.

Il secondo anniversario ricorderà i cinquant’anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini e presso il Circolo dei Lettori andrà in scena “Affabulazione e altre narrazioni” il 20 giugno alle ore 18.

Terzo anniversario è quello per gli ottanta anni della Liberazione con “Festa grande di aprile”, in ricordo di Franco Antonicelli. L’evento si terrà il13 giugno alle ore 18 presso il Circolo dei Lettori, produzione di Linguadoc, in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte.

Carlo Levi sarà  inoltre ricordato insieme a Cesare Pavese durante l’incontro dal titolo “I confinati” il 25 giugno alle ore 20.45 presso piazza della Confraternita a Santo Stefano Belbo, in collaborazione con il Pavese Festival.

Per informazioni info@linguadoc.it

Tel 3356299996

Mara Martellotta

“Essere umani”: buon compleanno, Teatro Stabile!

Presentata la 70ma stagione dello Stabile torinese

Buon Compleanno, Teatro Stabile! Perché sono settanta da quella sera del 3 novembre 1955 che Anna Maria Rimoaldi – non avrebbe poi fatto lunga strada nel mondo teatrale ma avrebbe affiancato dalla metà degli anni Sessanta Maria Bellonci alla conduzione dello Strega, che poi guiderà alla scomparsa nel 1986 dell’autrice di “Rinascimento privato” – mise in scena “Gli innamorati” goldoniani in coppia con un atto unico di De Musset, “Non si può pensare a tutto”. Con questo compleanno s’arriva alla stagione che ha per titolo “Essere umani”, un simbolo grafico che è un Pinocchio vestito di un abito e di un cappello a cono rossi. “Un bel traguardo per un teatro – ci tiene a sottolineare il direttore artistico Valerio Binasco presentando quasi in solitaria i circa novanta appuntamenti – mentre per ciascuno di noi sarebbe un fatto destabilizzante, un passaggio bellissimo al technicolor provenendo da un’epoca antica in bianco e nero. E poi l’immagine felice di quel burattino di legno che per divenire un essere umano è desideroso di trasformarsi in un bambino, portandosi inevitabilmente appresso quel che di fanciullesco è in quella età: vale a dire la fantasia e le bugie e i travestimenti, quanto anche i teatranti portano con sé, chi fa il teatro e chi lo guarda, allo stesso modo. Proprio in virtù di una grande magia che ci riporta indietro nel tempo.” Non nascondendoci che “essere umani” vuole anche essere, in questa nostra epoca di sconvolgimento non soltanto morale, un invito a crescere e a riscoprire quella umanità che stiamo sempre più perdendo: e a questo, con le parole di Natalia Ginzburg, Binasco dedicherà la suggestiva quanto “tempestosa” chiusura della conferenza stampa di presentazione, tra le poltrone blu del Gobetti.

L’identità sconcertata di “Amleto” – anche ospitalità di “attori” nel gioco di ragnatele del principe – è stata scelta ad aprire la stagione il prossimo 6 ottobre, Mario Pirrello protagonista e Leonardo Lidi (regista residente del TST e direttore della scuola di recitazione) pronto a metterlo in scena (“non esiste sfida più grande che quella di interpretare o dirigere la storia del principe di Elsinore”, parole che mettono le mani avanti), un testo fatto di domande e di immancabili risposte, testo profondo e difficile da far sì tremare le vene e i polsi, perché “Amleto è tutti noi, perché il suo dubitare rappresenta l’essenza stessa dell’umanità”. Titolo d’apertura di un cartellone che vede 14 produzioni esecutive – tra cui le riprese di “Pinocchio” diretto in due parti da Marta Cortellazzo Weil, di “Come nei giorni migliori” (per il terzo anno) della accoppiata Pleuteri/Lidi, di “Novecento” di Gabriele Vacis da Baricco, di “Festa grande d’aprile” che Giulio Graglia ha messo in scena sulle parole di Franco Antonicelli, della convincente “Gatta” di Tennessee Williams con una lunga tournée – e 10 coproduzioni.

Tra le prime, il direttore Binasco, regista e interprete con Pamela Villoresi, propone nell’aprile ’26 ancora un esempio di teatro nel teatro, “Circle Mirror Trasformation” di Annie Baker – un testo suggeritogli dalla traduttrice e “scopritrice” Monica Capuani -, una delle voci più originali della nuova drammaturgia americana, già premiata con il Pulitzer, una commedia brillante dove cinque sconosciuti si ritrovano in un’anonima sala prove di provincia per un corso di teatro, sei settimane di esercizi teatrali in cui si scoprono legami inattesi, tra momenti di fragilità e la scoperta di desideri nascosti di ogni animo umano. Il New York Times ha definito la commedia “coinvolgente, implacabile e acutamente divertente”. Mentre il signor Shakespeare s’affiderà per il prossimo “Prato inglese” alle regie “al femminile” di Marta Cortellazzo Wiel e di Giulia Odetto per rispettivamente “Le allegre comari di Windsor” e “Come vi piace” e Jurij Ferrini guarda alla “Mandragola” di Machiavelli ieri come oggi intrisa di avidità, manipolazione e finzioni sociali, Liv Ferracchiati sarà alle prese con le “Tre sorelle” cecoviane (Giordana Faggiano tra le interpreti) e accentuerà “la modernità dell’opera, mettendo in luce la nostra precarietà emotiva e rivelando le fratture interiori dei personaggi e le loro aspirazioni irrisolte” (dal 17 marzo). Il nuovo drammaturgo residente, “Diego – interferisce Binasco – che ha anche un cognome, Pleuteri” considerando la familiarità con cui s’approcciano al nuovo enfant prodige alcuni altri seduti in palcoscenico, si carica di ben tre importanti appuntamenti della stagione: oltre la ripresa di “Come nei giorni migliori”, dà alle scene “Tutto in me è amore” (regia di Marco Lorenzi), con al centro la figura di Piero Gobetti, l’anno prossimo ne sarà l’anniversario della morte, diviso tra passione politica e amore per il teatro, nell’intento drammaturgico di riscoprirne tutta l’eredità umana e sociale (nel teatro che da lui prende il nome dal 27 gennaio) e “Resteremo sempre qui buone ad aspettarti” (regia di Leonardo Lidi), ovvero Briciola, Luna e Wanda, ovvero un cane, un gatto e un pesce rosso di sesso femminile, sole nella casa dove i padroni le hanno abbandonate, metafora della sopraffazione a cui si è quotidianamente sottoposti (ancora al Gobetti, dal 14 aprile).

Tra le coproduzioni, spicca un titolo che non ti aspetteresti mai nel cartellone di uno Stabile, quel “Chicago” di John Kander e Fred Webb, acclamato musical, frequentato dal cinema e dai palcoscenici di tutto il mondo, “raffinata rilettura” firmata da una degli artisti associati del TST, Kriszta Székely, e interpretata dagli attori del Katona di Budapest, ancora una volta esempio di realtà e rappresentazione, in un alto alternarsi di spettacolo, potere e sistema giudiziario. Curiosi di vedere quel che uscirà dalla realizzazione della regista ungherese. Poi ancora Cechov, con “Il gabbiano” nelle mani di Filippo Dini, anche in scena con Giuliana De Sio, uno dei successi di Eduardo, “Sabato, domenica e lunedì” con Teresa Saponangelo e la regia di Luca De Fusco, “Mirra” di Alfieri con cui si confronta il giovane Giovanni Ortoleva, dramma d’incesto costruito su una lingua antica di perfezione che dovrà essere avvicinata al pubblico di oggi per saggiarne tutta la modernità, “Guarda le luci amore mio”, un testo del Nobel per la Letteratura 2022 Annie Ernaux, dalla scrittura “asciutta e penetrante”, messo in scena da Michela Cescon, interpreti Valeria Solarino e Silvia Gallerano.

Innumerevoli e importanti le ospitalità, impossibile citarle tutte. Citeremo almeno Franco Branciaroli (“Sior Todero Brontolon”), Ascanio Celestini e Milena Vukotic, Giorgio Colangeli e Mariano Rigillo a riproporre le loro ormai collaudate figure papali e Lino Guanciale a Torino con un altro testo di Davide Sacco, “Napoleone. La morte di Dio”, nell’abbuffata shakespeariana il “Re Lear” di Lavia e il “Riccardo III” di un sempre stuzzicante Antonio Latella con Vinicio Marchioni interprete e “Otello” dove, con la drammaturgia di Dacia Maraini, Giorgio Pasotti sarà regista e perfido Iago mentre l’interprete del titolo lo ha catturato Giacomo Giorgio, giovane speranza – che speriamo non sdruccioli davanti a tanto peso – uscita da “Mare fuori”. Massimiliano Gallo ripropone a teatro l’avvocato Malinconico di radici televisive, Davide Livermore torna a Torino con “Il lutto si addice ad Elettra” di O’Neill, produzione dello Stabile genovese, Elisabetta Pozzi e Tommaso Ragno tra gli interpreti, Luca Marinelli, dopo il grande successo di “M”, visita “Le Cosmicomiche” di Italo Calvino e Silvio Orlando è il pirandelliano Ciampa del “Berretto a sonagli”, maschera grandiosa di un’intera filosofia, mentre Umberto Orsini vive con l’aiuto di Massimo Popolizio un vecchio attore che attende di entrare in scena, prima di recitare “Il temporale” di Strindberg.

Elio Rabbione

Nelle immagini: momenti di “Pinocchio” e di “Novecento” da Alessandro Baricco (ph di Luigi De Palma), Teresa Saponangelo futura interprete dell’eduardiano “Sabato, domenica e lunedì” (ph di Carol Levico) e “Festa grande d’aprile” messo in scena da Giulio Graglia (ph di Andrea Macchia)

Atteso ritorno di Open House Torino

Torna Open House Torino, nella sua ottava edizione, sabato 7 e domenica 8 giugno prossimi con un weekend dedicato all’architettura e alla scoperta urbana. Per due giorni si apriranno ai visitatori le porte di residenze private, spazi pubblici, edifici d’autore, interni di design normalmente inaccessibili, offrendo un’occasione e unica per esplorare Torino da una nuova prospettiva. Più di 100 edifici privati saranno aperti al pubblico gratuitamente. Le prime edizioni hanno superato le aspettative, entusiasmato i torinesi nonostante le code. Queste meraviglie nascoste valgono l’attesa. Dopo oltre 60 mila visite Open House Torino si prepara a riproporre il suo fine settimana di visite.

Tra i luoghi che meritano una visita sono in centro la Casa del Pingone, Suite 33, Residenza Universitaria Giovanna d’Arco, Galleria Persano e Palazzo Scaglia di Verrua, Palazzo Chiablese e il ristorante del Cambio. Alla Crocetta saranno aperte la Palazzina Federici e la Casa Crescente, a Borgo San Paolo merita una visita Palazzo Lancia, a Cit Turin il Ranch Urbano, a San Donato il villino Raby e il campanile di Santa Zita, a Madonna di Campagna il Dancing Le Roi e a Borgo Dora Aurora il Sermig, Arsenale della Pace, Combo, Film Commission Torino e Piemonte, Villa Rei a Madonna del Pilone, sede dell’AutoMoto Club Storico italiano, Casa Luzi, Villa d’Agliè, a Borgo Po e Cavoretto il parco Europa e la stazione Ovovia, la chiesetta della libreria Borgo Po, la biblioteca Geisser, al Lingotto la Casa Moi, a San Salvario la Sinagoga, il Consolato della Repubblica Socialista del Vietnam, l’Orto Botanico di Torino, la Casa tra gli alberi, Villa San Quirico e The Heat Garden.

Mara Martellotta