Cosa succede in città- Pagina 20

Campidoglio, il borgo torinese che riporta indietro nel tempo

 

Piccole case, il Museo di Arte Urbana, piole e piccoli negozi ricreano l’incanto di una volta con magica modernita’.

Incastonato tra Cit Turin, San Donato e Parrella, il borgo Campidoglio e’ un luogo d’altri tempi, impreziosito da contaminazioni moderne, dove il sapore di un’altra anima della citta’ e’ vivo e ben conservato.

L’origine del nome Campidoglio, riconducibile al VIX secolo, sembra che venga dalla sua antica destinazione, ovvero un’area rurale fatta di campi, e al nome dei proprietari della stessa, Doglio.

Il quartiere ebbe il suo sviluppo nel 1863 quando si creo’ una vera e propria borgata con vocazione residenziale con l’edificazione di nuove case, abitata perlopiu’ da operai e artigiani, ma anche del cinema teatro Savoia (oggi Astra) e di piccole fabbriche. Le strade, larghe non piu’ di 6 metri e a senso unico, sono caratteristiche per il loro selciato che le contrassegna come una (quasi) isola pedonale mentre le costruzioni sono le tracce piu’ significative di un luogo che si sviluppa come un paese dentro la citta’, come effettivamente era prima del 1900 quando un decreto regio lo inseri’ in un nuovo piano regolatore come quartiere di Torino all’interno, quindi, della cintura. Il borgo, con la sua struttura a scacchiera romana, negli ultimi 15 anni e’ stato riqualificato con l’obiettivo di ricostituirlo rispettando e conservando, tuttavia, le sue caratteristiche originarie: la struttura e le case basse, con bei cortili interni, che sanciscono il suo fascino e la sua unicita’.

Questo quartiere, inoltre, e’ un meraviglioso museo a cielo aperto, con opere murarie che raffigurano diversi soggetti e panchine dedicate alle donne, che vengono illuminate dal sole e omaggiate dalla luna; ad oggi ce ne sono circa 200 dipinte sulle palazzine della parte vecchia del quartiere e costituiscono il cuore del Mau, Museo d’Arte Urbana, che e’ stato il primo progetto di arte pubblica in Italia, un meraviglioso concentrato di street art che si e’ trasformato in una associazione autonoma. Dal 2001 il Mau collabora con il Centro Commerciale Artigianale Naturale che gestisce 35 opere in teca della Galleria Campidoglio, con il Museo Diffuso della Resistenza che coordina le visite al Rifugio antiaereo, sito a piazza Risorgimento, ed e’ riconosciuto dalla Citta’ di Torino, convenzionato con l’Accademia Albertina e inserito nell’Abbonamento ai Musei della citta’ e del Piemonte.

Oltre ai magnifici murales sono presenti altri siti di interesse come la chiesa di Sant’Alfonso Maria De’ Liguori, voluta nel 1880 dal teologo Domenico Bongioanni, allievo di don Giovanni Bosco; il Sacrario del Martinetto, il principale monumento di Torino dedicato alla Resistenza; Villa Arduino una bellissima costruzione in stile neo-gotico dove sembra che ci visse anche Macario; il teatro Astra, una volta Cinema Savoia, uno dei piu’ importanti edifici Art Deco’ a Torino, e Case Bocca e Comoglio.

E’ possibile fare tour guidati all’interno del borgo per approfondire e conoscere al meglio i suoi luoghi e le sue opere e inoltre, se si vuole passare una serata immergendosi in un mood d’altri tempi, sono diversi i locali caratteristici dove fare un aperitivo o una buona cena come l’Osteria Al Torchio, la Dogana o la pizzeria Oscar Wilde.

Per informazioni:

culturalway.it

museoarteurbana.it

MARIA LA BARBERA

Torino Over

Non c’è un età giusta per chiudere con l’attività lavorativa e riprendersi la vita, ma c’è un’età anagrafica che fa da barriera, quella soglia che ti fa sentire vecchio ma che ti dà anche dei vantaggi e non solo economici.
Da qui l’idea di creare una rubrica  per segnalare le opportunità per chi ha raggiunto questo traguardo e godersi oltre il vantaggio di poter dire, traguardo raggiunto, anche tutte quelle piccole soddisfazioni di poco conto ma che sembrano coccole o attenzioni e non guastano.
Nella nostra rubrica andremo a scoprire le aziende più sensibili ai cosiddetti “anziani” anche se noi preferiamo usare il termine “over”.
Andremo a caccia di consigli ed occasioni e se vorrete collaborare segnalandoci iniziative saremo ben lieti di pubblicare le vostre segnalazioni ed esperienze scrivete a Iltorinese.TorinoOver@gmail.com, per ora a nome della redazione vi auguriamo buone vacanze
L ‘appuntamento è per la prima settimana di settembre.

Gd

Bocce, spettacoli e cucina: riparte il Mossetto

martedì 20 agosto a partire dalle ore 15  ricomincia l’avventura, ogni giorno escluso il lunedì.

 

La cucina popolare è aperta per il pranzo sabato e domenica dalle ore 12:30 alle ore 14:30, a cena da martedì a domenica dalle ore 20 alle ore 22:30, potete prenotare i vostri posti al 375 5622230.

 

I campi da bocce petanque sono aperti agli associati con la tessera sportiva dalle ore 15 a mezzanotte (sabato e domenica dalle ore 12:30), mentre scacchiere, carte e giochi di società sono sempre disponibili.

 

Abbiamo approfitto di questa pausa per censire le attività svolte dal 7 luglio 2023 (giorno di apertura del nuovo Mossetto), al 31 luglio 2024, possiamo comunicare con gioia e un po’ di orgoglio di aver organizzato tantissime iniziative, esattamente 184 attività totali di cui, 48 attività sportive (bocce, scacchi), 114 spettacoli e attività musicali dal vivo, 18 workshop di danza sportiva internazionale, 2 incontri pubblici istituzionali, 1 assemblea delle associazioni con AiCS, 1 formazione per il terzo settore con AiCS. Queste sono le basi da cui partire, per proseguire con le prossime iniziative che stiamo calendarizzando.

Vi anticipiamo la ripresa di RADICI E CULTURE NEL MONDO; grazie al contributo della Circoscrizione 7, mercoledì 4 e 18 settembre, laboratori di costruzione di strumenti musicali con materiali di recupero e concerti condotti da Riccardo Esposito Abate, già ideatore insieme a Oreste Forestieri e Elvira Rita Gorga della rassegna SUD E’ MAGIA. La partecipazione è gratuita per gli associati AICS.

Il 28 settembre sarà invece occasione per assistere a un concerto di altissimo livello, appuntamento imperdibile per gli appassionati di jazz e non solo, da segnare nelle vostre agende. Modalità di partecipazione nella prossima newsletter.

Sabato 28 settembre ore 21

 

TWOforALL
Alberto Gurrisi – organo
Paolo Orlandi – batteria

feat. Fabrizio BOSSO – tromba

“TWOforALL” è un duo organo – batteria che si ispira alla grande tradizione del soul jazz ma con un occhio alla contemporaneità, con tutte le sfaccettature che il jazz attuale sa offrire.
Dopo aver condiviso alcuni percorsi formativi nella stessa città d’origine, Milano, Alberto Gurrisi e Paolo Orlandi si sono rincontrati sul palco dopo molti anni e svariate esperienze. Il feeling è stato immediato e così è nata l’idea di costituire un duo aperto a collaborazioni con diversi solisti provenienti da diversi mondi musicali.
Ospite d’eccezione il grande Fabrizio Bosso, uno dei migliori trombettisti italiani, riconosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.

A Palazzo Madama: CHANGE! Ieri, oggi, domani. Il Po

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino presenta una mostra che, insieme a un amplissimo progetto territoriale, intende approfondire il tema della crisi climatica, offrendo una visione sinottica dei cambiamenti millenari lungo il percorso del fiume Po, paradigma di quanto sta avvenendo su scala mondiale.

 

Il progetto nasce in dialogo con l’Assessorato alla Cura della città, Verde Pubblico e sponde fluviali della Città di Torino e dalla collaborazione tra Palazzo Madama e fondamentali partner nazionali, da sempre impegnati sui temi della conservazione e tutela ambientale, in primis l’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po (ABDPO) e l’Agenzia Interregionale per il fiume Po (A.I.Po) insieme alle Riserve della Biosfera del Po, oggi unite nella Riserva MaB UNESCO Po Grande. Accanto a essi gli interpreti torinesi, dal Politecnico di Torino all’Università degli Studi di Torino, allo European Research Institute che quotidianamente portano avanti la ricerca e lo studio del Po e dell’acqua in generale da prospettive disciplinari diverse, e con la media partnership di Rai Radio3.

 

Affrontando i temi essenziali del cambiamento climatico in un’esposizione che intesse un racconto visivo tutto sviluppato nell’interazione tra grande pittura e fotografia, illustrazione e infografica capaci di narrare il paesaggio italiano nella sua complessità e articolazione, dalle Alpi al mare, il progetto espositivo punta l’attenzione sul tema dell’acqua e in particolare sul nostro Grande Fiume, che da millenni determina il paesaggio e la vita della popolazione, è via di comunicazione ma anche supporto essenziale per le attività agricole e industriali, ed esplora le conseguenze e analizza le potenziali soluzioni messe in atto sul territorio dai diversi enti di ricerca e di tutela del Po.

652 chilometri di lunghezza, 141 affluenti, quasi 87.000 chilometri quadrati di bacino idrografico, 19.850.000 di abitanti, il 37% della produzione agricola italiana, il 55% dell’industria zootecnica nazionale: il Po e il bacino padano, dove si produce il 40% del PIL nazionale, costituiscono una delle aree con la più alta concentrazione di popolazione, industrie e attività commerciali a livello europeo.

Questo incredibile sviluppo è stato reso possibile grazie alla storica stabilità e abbondanza della portata delle acque del maggior fiume d’Italia, che provengono da innumerevoli fonti e processi naturali diversificati – sorgenti montane, fusione nivale, ghiacciai, grandi laghi e risorgive di pianura – ma che negli ultimi decenni hanno visto un significativo mutamento, portando a un fenomeno di crisi che si sta verificando ovunque a livello globale.

Proprio per le sue peculiarità e per il suo portato di memoria, di stratificazione storica e di paesaggi, il Po – romano e pagano, bizantino e longobardo, feudale e delle signorie, delle campagne e delle città, romantico, agricolo, industriale, turistico e cinematografico – è capace di restituire in maniera emblematica e chiaramente percepibile la crisi climatica e i suoi effetti: la fisionomia del pianeta sta cambiando più rapidamente di quanto abbia fatto negli ultimi millenni ed è ormai dimostrato il ruolo che gli esseri umani hanno esercitato in questo processo.

La mostra Change! ha l’obiettivo di descrivere questi cambiamenti, offrendo occasioni di riflessione sulla crisi e sui possibili scenari di adattamento ad essa, ma anche di esortare all’azione e alla presa di coscienza: è tempo di agire.

Dal forte impatto scenografico ed emotivo, grazie al progetto allestitivo di Emilio Alberti e Mauro Zocchetta, la mostra si apre con una formidabile installazione capace di proiettare al paesaggio di dieci milioni di anni or sono, poi narrato tramite il mondo dei fossili, stupefacenti cartografie storiche, infografiche e illustrazioni originali realizzate da Jacopo Rosati, avviando un racconto sulla nascita, storia ed evoluzione del Bacino Padano prima e del Po a seguire, con un focus sui cambiamenti caratterizzati da un andamento secolare e da un’improvvisa accelerazione durante l’Antropocene, la nostra era.

La seconda sezione illustra la vita naturale e il lavoro umano nell’area del bacino del Po attraverso fotografie e dipinti di grandi artisti in parte provenienti dalle collezioni dei Musei Civici di Torino, così da sottolineare l’eccezionalità non solo del patrimonio della GAM e di Palazzo Madama, ma anche i fondi storici dell’Archivio Fotografico: olii, acquerelli, acqueforti e tempere di Giovanni Michele Graneri, Jean Louis Daudet, Giuseppe Pietro Bagetti, Antonio Fontanesi, Carlo Pittara, Giuseppe Pellizza da Volpedo e altri grandi artisti saranno accostati a fotografie di maestri quali Vittorio Sella, Mario Gabinio, Riccardo Moncalvo, Franco Fontana, Mimmo Jodice e Bruna Biamino, per restituire frammenti di vita quotidiana, tradizioni, le attività e le relazioni delle persone che vivono lungo le sponde del fiume Po, oltre che tratteggiare i paesaggi padani attraverso i secoli.

All’Antropocene è dedicata invece la terza sezione. Attorno al 1950 l’emissione di grandi quantitativi di gas serra inverte il processo di neoglaciazione, generando una fase di riscaldamento climatico a matrice antropica, che è quanto l’attuale siccità del Po racconta: la diminuzione della sua portata, causata dall’assottigliamento dei ghiacciai alpini, causa una diminuzione dell’acqua che arriva al Delta.

Il racconto per immagini operato da Mondoserie.it è un esempio cristallino del modo in cui l’uomo ha in origine guardato alla Terra e di come questo sguardo sia diventato progressivamente meno lungimirante, fino a perdere di vista l’orizzonte complessivo che però ora si palesa con eventi dirompenti.

Le secche del Po sono il sintomo locale di un problema planetario, quello della riduzione dei ghiacciai e delle calotte polari, raccontato in mostra attraverso immagini satellitari che mostrano la mappa del bacino idrografico del Po, con le centinaia di venature azzurre che scendono dalle vallate alpine e appenniniche per poi riunirsi e dare forma, nella pianura padana, alla grande traccia blu del Po che sfocia nell’Adriatico. Un reticolo idrografico che appare come un insieme di “vasi sanguigni” che assicurano al territorio la linfa vitale dell’elemento acqueo, necessario per la sopravvivenza stessa del mondo vegetale e animale, e che, negli ultimi anni, ha subito mutamenti radicali: in alcuni periodi dell’anno il grande letto del fiume è ridotto a cumuli di ghiaia e sabbia, colonizzato da cespugli e giovani piante, gli affluenti sono in secca e il delicato ecosistema del Delta è messo a rischio dalla risalita del cuneo salino.

La siccità italiana è però un caso unico, perché deriva da uno dei tanti paradossi che caratterizzano il nostro Paese: nonostante l’Italia sia il quinto in Europa per quantità di precipitazioni dopo Croazia, Irlanda, Austria e Slovenia, siamo quello che immagazzina meno acqua in assoluto, poiché non riusciamo a stoccarla.

Di fronte a questo scenario è necessario immaginare soluzioni nuove: la mitigazione e l’adattamento devono prevedere non solo azioni che contribuiscano a ridurre la vulnerabilità degli esseri umani agli impatti attuali (o previsti) dei cambiamenti climatici, come i fenomeni meteorologici estremi e l’innalzamento del livello del mare, ma anche nuovi protocolli agricoli che garantiscano la sicurezza alimentare e suppliscano alla perdita di biodiversità, nonché la produzione e l’approvvigionamento di energia da fonti alternative a quelle esistenti, ponendo nuove basi per una più equilibrata relazione fra uomo e natura.

Le immagini di Adaptation.it invitano a riscoprire la capacità di correggere i propri errori, di mitigarli appunto, e la possibilità per l’uomo di esplorare nuove soluzioni dando spazio alla sua incredibile abilità nell’adattarsi a situazioni nuove, impreviste e spesso anche sfavorevoli, sfruttando inventiva, tradizione e semplice buon senso.

La mostra Change! si inserisce in un più ampio progetto che Palazzo Madama dedica per tutto il 2024 ai temi dei diritti dei popoli e dell’autodeterminazione, del clima e dell’Europa e rappresenta l’acme di una riflessione avviata ad aprile con la Planet Week insieme alla World Bank in occasione del G7 Clima, Energia e Ambiente e sviluppata attraverso la mostra Max Pinckers. State of Emergency e che vedrà attivarsi una esposizione collaterale Memorie d’acqua. Parole e immagini a cura dell’Atlante Linguistico Italiano; cicli di conferenze e convegni internazionali organizzati dall’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po, dall’Assessorato alla Cura della città, Verde Pubblico e sponde fluviali della Città di Torino, insieme a un fitto programma di attività, workshop, laboratori e giornate a tariffa ridotta che coinvolgeranno l’intera cittadinanza, nella riscoperta e protezione della grande arteria d’acqua.

La mostra, curata da Tiziana CasertaAnna La Ferla e Giovanni C.F. Villa, sarà accompagnata da un catalogo, edito da Silvana Editoriale, con contributi – fra gli altri – di studiosi dell’Università degli Studi di Torino, dell’Università degli Studi di Bergamo, del Politecnico di Torino, del Politecnico di Milano, dell’ENEA, di Slow Food, di Adaptation.it e di Mondoserie.it

 

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica

Sala Senato

Piazza Castello – Torino

 

27 giugno 2024 – 13 gennaio 2025

 

INFO UTILI:

 

SEDE ESPOSITIVA E DATE Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica. Piazza Castello, Torino

27 giugno 2024 – 13 gennaio 2025

ORARI Lunedì e da mercoledì a domenica: 10 – 18. Martedì chiuso
Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura
BIGLIETTI intero € 12,00 | ridotto € 10,00

Gratuito Abbonamento Musei e Torino+Piemonte card

INFORMAZIONI palazzomadama@fondazionetorinomusei.it   – t. 011 4433501                 www.palazzomadamatorino.it

 

A Torino 16 giorni di Oktoberfest!

CON BIRRA, CUCINA TIPICA, MUSICA E DIVERTIMENTO PER VIVERE A PIENO L’AUTENTICA TRADIZIONE BAVARESE

Un enorme beer garden coperto, un grande luna park, musica live, fiumi di birra e tanti piatti tipici preparati al momento nella spettacolare cucina a vista. Attese 200 mila persone. Importante l’impatto occupazione: 200 assunzioni per camerieri, aiuto cucina, accoglienza, logistica, sicurezza e altro.

«Questa è la festa che ama tutti questa è la festa in cui ognuno è protagonista».

 La tradizionale Oktoberfest tedesca arriva a Torino dal 19 ottobre al 3 novembre e porta al Parco della Pellerina l’atmosfera unica di Monaco di Baviera con fiumi di birra, cucina tipica, musica, divertimento e un grande luna park con 90 attrazioni. La prima edizione del Paulaner Oktoberfest Torino, evento ufficiale Paulaner, attende 200 mila persone in 16 giorni consecutivi di grande festa per tutta la città da vivere in famiglia, con gli amici, in coppia o con chi si preferisce.

Il Paulaner Oktoberfest Torino, organizzato da Partners Eventicon il patrocinio della Città di Torino, ricrea fedelmente in tutto e per tutto il celebre festival di Monaco, che, con i suoi 7 milioni di visitatori all’anno, è la più grande festa popolare del mondo.

L’edizione torinese è ospitata in uno spettacolare padiglione di 3.000 metri quadri con circa 2.500 posti a sedere e altri 1.000 nel Beer Garden coperto, addobbati e allestiti come nell’Oktoberfest tedesca. Qui l’ottima birra Paulaner e i gustosi piatti preparati al momento nella grande cucina a vista saranno serviti direttamente al tavolo da una nutrita squadra di oltre 70 giovani vestiti con i tipici costumi bavaresi, il ‘dindrl per le ragazze e il ‘lederhosenper i ragazzi. Non mancheranno le ‘Bretzeline, le ragazze con le ceste di vimini che passeranno tra i tavoli con bretzel e panini.

La birra, star indiscussa dell’evento, è la famosa Paulaner, prodotta dal 1634 dal Birrificio Paulaner tradizionale di Monaco di Baviera, il più grande tra i sei fornitori ufficiali della cosiddetta “Wiesn”. Il servizio della birra nel tipico Maß, il famoso boccale da birra da litro, è un vero e proprio spettacolo: basterà sedersi al tavolo, ordinare alle Kellerine (le cameriere delle cantinetedesche) e dopo pochi minuti arriveranno i Kellner (i camerieri)che faranno a gara a chi riuscirà a servire più boccali portati a grappolo con le mani. Sembra facile, ma ogni boccale pieno pesa 2,3 chili.

 

La birra accompagnerà i gustosi menù bavaresi realizzati da oltre 40 addetti guidati da esperti chef, che prepareranno nella grande cucina a vista stinchi, schnitzler, gulasch, spätzle e tante altre specialità bavaresi.

Altra grande protagonista sarà la musica. Durante la settimana tutte le serate saranno allietate da un autentico gruppo bavarese e, il venerdì e il sabatooltre a giovedì 31/10 dopo le band tedesche, si esibiranno i migliori gruppi live del momento.

«E’ un grande evento che contribuirà a rendere Torino ancor più internazionalecommenta l’assessore al Commercio della Città di Torino Paolo Chiavarino : un gemellaggio gastronomico ideale tra due importanti città, Torino e Monaco di Baviera, entrambe portatrici di cultura anche sul piano delle specialità del gusto e dell’eccellenza del bere, ciascuna con differenti e pregiate caratteristiche. Sarà sicuramente un successo la realizzazione di questa tradizionale Oktoberfest tedesca sotto la Mole: oltre due settimane di degustazioni che consentiranno di far calare i piemontesi nelle tipiche atmosfere bavaresi. Una manifestazione che arricchirà l’autunno torinese in modo originale e che coinvolgerà simpaticamente centinaia di migliaia di buongustai».

«La Paulaner Oktoberfest – sottolinea l’organizzatore Carlo Pallavicini – porterà a Torino un’esperienza unica.  Abbiamo costruito questo evento con l’obiettivo di replicare il più fedelmente possibile il format dell’evento originale di Monaco di Baviera in modo da far vivere a tutti una festa genuina, estremamente coinvolgente e sicura. Varcata la soglia di entrata, ci si sentirà immersi immediatamente in una fantastica atmosfera:questa è la festa che ama tutti, questa è la festa in cui ognuno è protagonista. Un consiglio per vivere al meglio l’Oktoberfest di Torino: prendete posto, ordinate e godetevi lo spettacolo!»

«Questo nuovo evento va ad arricchire il calendario dell’autunno torinese – dichiara la presidente di Ascom Confcommercio Torino e provincia Maria Luisa Coppa – con una proposta enogastronomica che saprà sicuramente farsi apprezzare. Sarà un piacere per i torinesi e per tutti i visitatori scoprire la cultura bavarese, che ci vede affini nel legame alle tradizioni del territorio e nella cultura dei prodotti locali. Siamo felici che a Torino arrivi una manifestazione che nel tempo ha continuato a proporre in maniera molto rispettosa la tradizione di un territorio e della sua comunità ».

Importante l’impatto occupazionale dell’evento. È infatti prevista l’assunzione di circa 200 giovani del territorio tra camerieri, personale di cucina, addetti alla vigilanza, assistenti e staff. «Non solo assumeremo un numero importante di persone – evidenzia Carlo Pallavicinima creeremo anche un indotto interessante per le strutture ricettive alberghiere, cooperative sociali, commercianti, artigiani, allestitori, servizi di trasporto, servizi di vigilanza, servizi di assistenza sanitaria, media locali e molti altri. Come accade in tutti i grandi eventi il territorio e le sue risorse sono al centro del nostro progetto».

L’inaugurazione, si svolgerà sabato 19 ottobre. Il sabato e la domenica, l’apertura del padiglione sarà alle ore 11:00 e si proseguirà fino a tarda notte, mentre dal lunedì al venerdì si inizierà alle 18:00. Il Luna Park sarà aperto dal 5 ottobre al 3 novembre.

L’ingresso è gratuito.

Tutti gli aggiornamenti sui canali social e sul sito www.oktoberfest.torino.it

Musei, boom di visitatori nel ponte di Ferragosto

Anche nel ponte di Ferragosto – da giovedì 15 a domenica 18 agosto – le proposte espositive dei Musei Reali di Torino hanno saputo attrarre un ampio pubblico di appassionati d’arte dall’Italia e dall’estero.

 

7192 sono stati i biglietti che nel lungo ponte estivo hanno consentito a residenti e turisti di ammirare i capolavori della collezione permanente e delle esposizioni temporanee: Guercino. Il mestiere del pittore, fino al 15 settembre nelle Sale Chiablese, che propone più di 100 opere del maestro emiliano e di artisti coevi provenienti da oltre 30 importanti musei e collezioni – tra cui il Prado e il Monastero dell’Escorial, e la mostra archeologica La Scandalosa e la Magnifica. 300 anni di ricerche su Industria e sul culto di Iside in Piemonte, fino al 10 novembre nello Spazio Scoperte al secondo piano della Galleria Sabauda per celebrare i 300 anni dalla nascita del Museo di Antichità.

 

Tutto esaurito anche venerdì 16 agosto per Estate Reale 2024, con l’apertura serale straordinaria e il concerto Abendlieder. Dalle pagine della biblioteca di Margherita ed Elena di Savoia, eseguito dalle Liederiste del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino nell’ambito della rassegna Torino crocevia di sonorità.

 

Prossimo appuntamento venerdì 23 agosto alle ore 21 (ingresso 5 euro, biglietti in sede e online su https://museireali.beniculturali.it/events/torino-crocevia-di-sonorita/).

 

Nel lungo ponte di Ferragosto – da giovedì 15 a domenica 18 agosto – i musei della Fondazione Torino Musei hanno accolto 9.130 visitatori, che hanno potuto visitare le mostre temporanee Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notteExpanded – I paesaggi dell’arte, Jacopo Benassi. Autoritratto criminale e Silenziosuono alla GAM, Tradu/izioni d’Eurasia Reloaded al MAO, Change! Ieri, oggi, domani. Il Po e Teatri e teatrini a Palazzo Madama, oltre alle collezioni permanenti di MAO e Palazzo Madama. Chiuse invece per riallestimento le collezioni permanenti della GAM.

In particolare, 2.813 persone hanno visitato la GAM, dove erano visitabili solo le mostre temporanee, 2.353 il MAO e 3.964 Palazzo Madama.

Il picco di ingressi si è registrato il giorno di Ferragosto, quando è stata proposta la tariffa speciale a 1 € per le collezioni permanenti + 1 € per le mostre temporanee: i visitatori della GAM sono stati 1.221, in 1.501 hanno visitato il MAO e 2.208 persone sono entrate a Palazzo Madama, per un totale di 4.930 ingre

Nei quattro giorni del Ponte di Ferragosto, da giovedì 15 a domenica 18, il Museo Nazionale dell’Automobile ha registrato un’affluenza di 6.465 visitatori. Un risultato in crescita di 1.200 accessi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Continua ad attirare tanti turisti, famiglie e appassionati di sport sia dall’Italia che dall’estero la grande mostra “AYRTON SENNA FOREVER”, che raccoglie le auto più significative guidate da Senna nel corso della sua carriera, dalla prima Formula Ford all’ultima Williams, oltre a documenti, pubblicazioni e memorabilia. Inaugurata lo scorso 24 aprile e prorogata fino al 3 novembre, la mostra dedicata a Senna ha fatto registrare fino a oggi ben 144.360 accessi.
A questo dato si aggiungono gli ottimi risultati di affluenza ai Senna Talk – gli incontri in presenza a corollario dell’esposizione che coinvolgono piloti, giornalisti, amici e collaboratori del campione paulista – e le proiezioni del GP di Formula 1 sul maxischermo nella grande Piazza del Museo. Appuntamenti che riprenderanno alla fine dell’estate con tanti ospiti e nuove storie per raccontare la leggenda del campione brasiliano. I prossimi in programma: giovedì 19 settembre e giovedì 10 ottobre, ore 18.30.

Anche quest’anno è boom di visitatori al Museo Nazionale del Cinema di Torino, che si riconferma una delle mete più gettonate della nostra città e della Regione: nel lungo weekend di Ferragosto oltre 13.000 persone provenienti da tutto il mondo hanno varcato la soglia della Mole Antonelliana, mille in più rispetto allo scorso anno.

“I dati dei primi 15 giorni di agosto sono molto buoni, in aumento rispetto a quelli dello scorso anno e confermano, come già annunciato, il trend positivo dei primi sette mesi del 2024 con oltre 500.000 visitatori, un record dall’apertura del museo – sottolineano Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, rispettivamente presidente e direttore del Museo Nazionale del Cinema. La cultura continua ad essere uno dei grandi punti di forza del nostro Paese, grazie anche a politiche culturali lungimiranti e di alto livello”.

Questa estate al Museo Nazionale del Cinema è possibile visitare due grandi mostre. Movie Icons. Oggetti dai set di Hollywood è allestita all’interno del museo e propone centoventi oggetti originali di scena, costumi e memorabilia provenienti dai set cinematografici hollywoodiani, mentre al piano di accoglienza è possibile visitare gratuitamente Tonino De Bernardi. Il cinema senza frontiere, un omaggio  al grande autore d’avanguardia torinese e alla sua influenza nel panorama del cinema sperimentale nazionale e internazionale.

“Teatri e teatrini”, curiosità e bozzetti nella Torino del ‘700 e ‘800

Sino al 9 settembre, nella Corte Medievale di palazzo Madama

Una curiosità: il ventaglio (pergamena dipinta ad acquerello e stecche in avorio) che raffigura il Teatro Regio e il Teatro Carignano (Arlecchino e Balanzone in scena), nelle sue due facce, con i palchi e i nomi degli occupanti nella stagione teatrale del 1780 – 1781, una preziosa fonte di reddito, i posti centrali, più costosi, vengono occupati stabilmente dalle famiglie aristocratiche. È uno dei quaranta oggetti che compongono, nella Corte Medievale di Palazzo Madama (sino al prossimo 9 settembre, gli appassionati di teatro dovrebbero farci la fila), la mostra “Teatri e teatrini. Le arti della scena tra Sette e Ottocento nelle collezioni di Palazzo Madama”, con l’affettuosa quanto lodevolissima cura di Clelia Arnaldi di Balme (“un’idea avuta un paio di anni fa, la ricerca nei depositi e negli archivi e la difficoltà a farmi largo in mezzo a tutto un materiale che amavamo rimettere sotto gli occhi del visitatore, le esigenze soprattutto delle scelte”), un mondo dell’arte dove non soltanto hanno trovato posto le grandi regie e i nomi di certi divi, ma quanto per lunghi decenni, per secoli, ha interessato le messe in scena degli spettacoli (vicino a noi, un ricordo per tutti, la maniacalità di un Visconti o i nudi piani inclinati di uno Svoboda) che entravano nei raffinati teatri di corte e negli apprezzati teatrini di marionette. Poi, accanto, in un generale allestimento di ampio respiro (vivaddio, felice anche per l’impiego di teche e supporti trasportabili che potrebbero essere impiegati anche in successive occasioni, in ossequio alla sacrosanta legge del finché si può non buttiamo niente alle ortiche), il dipinto di Giovanni Michele Graneri a rappresentare l’interno del Regio torinese, anno di grazia 1752, durante la rappresentazione del “Lucio Papirio”, con gli attori cantanti e l’orchestra in primo piano, un’illusione di archi di colonne di fughe incalcolabili che certo dovevano afferrare l’attenzione dei nobili e dei borghesi affacciati dai palchi e seduti nelle poltrone di platea, allietati durante la rappresentazione di camerieri che offrivano frutti e bibite: con buona pace di chi oggi storce il naso se in certe nostre sale teatrali circolano bibite o acque minerali.

Opere la cui sistemazione storica e bibliografica la si deve allo studio e alla passione e alla fatica quotidiana di Mercedes Viale Ferrero (1924 – 2019), figlia di quel Vittorio Viale, forse troppo presto dimenticato, che fu direttore del Museo Civico d’Arte Antica di Torino dal 1930 al 1965 e per il quale il direttore Giovanni Carlo Federico Villa, nel compimento del suo terzo anno di guida, facendo gli onori di casa, ha entusiastiche parole di apprezzamento: “Io non esito a definire Viale il più grande direttore di Musei Civici del suo tempo e non solo, non italiano ma a livello europeo, per cui sarebbe ora che le autorità e il pubblico torinese prendessero finalmente coscienza della grandezza di un tale studioso.” Nel 2024 si celebra il centenario della nascita di Mercedes Viale e a lei e alla sua indimenticabile passione per la storia del teatro è dedicata la mostra.

Il principe e l’impresario che agivano nel Settecento erano consapevoli che i cambi di scena, definiti “comparse”, per il maggior divertimento del pubblico dovevano essere “molte, meravigliose e varie”, e che non soltanto le musiche e i testi determinavano il successo di un’opera, le scenografie dovevano rispecchiare originalità e le macchine teatrali dovevano spingere all’ammirazione, opera di persone ingaggiate per una unica stagione, con contratti rinnovabili ma non fissi: anche se i puristi guardassero a esse come a un motivo di distrazione dall’ascolto della musica e finissero con quasi ripudiarle. Innegabile che la grandezza delle costruzioni, nel pubblico come nel privato, dovesse confrontarsi con un sempre precario sistema economico. “Nell’Ottocento – ricorda Arnaldi di Balme – gli spettacoli presero a circolare in un tessuto teatrale allargato, in cui la stessa opera veniva rappresentata contemporaneamente in sale e città diverse. I teatri non erano più privilegio di pochi, si moltiplicavano numerosi sul territorio ed erano affollatissimi. Per il carnevale del 1858 a Torino si diedero ben 28 opere in musica in cinque teatri; nel 1860 si rappresentarono 46 opere in nove sale. E la città contava allora circa 200.000 abitanti.”

Atri vastissimi, palazzi, archi di trionfo, studi di scultori e progetti di cucine, sepolcri e alcove e antri delle streghe, giardini intesi come intrattenimento, selve come luoghi di smarrimento e boschetti ad ospitare solitudini e confidenze: questo e molto altro è progettato e rappresentato nei disegni che si snodano al centro e lungo la Corte Medievale. Sono la prova della lunga attività che accompagna la preparazione della stagione che si apriva il 26 dicembre e si concludeva con la fine del Carnevale. Con la scelta dei libretti, l’ingaggio degli scenografi che tra luglio e agosto dovranno presentare al direttore di scenario i bozzetti delle tante trasformazioni richieste, la realizzazione delle scene e il montaggio in autunno: il giorno della prova è il 26 novembre, un mese esatto prima della serata inaugurale, coreografo compositore cantanti e ballerini fanno prove separate, finché tutti si ritrovano insieme tre giorni prima dello spettacolo per le prove generali: e si va in scena. Dai bozzetti di Filippo Juvarra (uno per tutti, la “veduta romana” del 1722, in occasione delle feste ideate e coordinate dallo stesso per le nozze di Carlo Emanuele III con Anna Cristina Luisa di Sultzbach, per la rappresentazione del “Ricimero” nel teatro del principe di Carignano prima e poi nel teatrino del Rondò con cinque recite riservate alla corte) ai disegni dei fratelli Galliari, Bernardino Fabrizio e Giuseppe (uniche generazioni a collaborare con il Regio per tutta la seconda metà del Settecento, di quest’ultimo il “Magnifico padiglione di Annibale”, penna e acquerello su carta del 1792, per la scena VII di “Annibale in Torino” musicato da Nicola Zingarelli, dove i Taurini sono i più moderni Sabaudi stretti attorno al loro sovrano nel timore dei recenti eventi successi in Francia), a quelli di Pietro Gonzaga e Pietro Liverani, questi soltanto quindicenne scenografo titolare del Teatro di Faenza, realizzazioni per i teatri di Torino, Milano e Parma dal 1750 a tutto il secolo successivo, dove ogni elemento è invenzione, precisione, ricerca di una bellezza che potesse poi trovare il proprio spazio in palcoscenico.

Anche il teatro di marionette era una forma di spettacolo molto amata, soprattutto nel corso del XIX secolo. In mostra cinque fondali per teatrini tra i quindici giunti a palazzo Madama nel 1984 dalla collezione di Mario Moretti, esperto d’arte, di musica e di teatro, da lui tolti dalla polvere di un deposito, acquistati e restaurati. Ancora montati sulle bacchette originali, alcuni ancora a mostrare le giunture di tela per l’adattamento a questo o a quel palcoscenico, provengono dal teatro detto di San Martiniano in via San Francesco d’Assisi a Torino (nelle vicinanze di piazza Solferino), presso la chiesa omonima oggi non più esistente, luogo d’attività della compagnia Lupi – Franco, fondali che tratteggiano attualità storica e ideali risorgimentali, rappresentazioni orientali che incontrano il gusto del pubblico, “Reggia egiziana” di Giovanni Venere o la “Reggia persiana” di Giuseppe Toselli, entrambe negli anni 1840 – 1844, anni in cui collaborano con Giuseppe Morgari in San Martiniano, spettacoli sconosciuti ma legati alla piacevolezza di un mondo favoloso e misterioso.

Elio Rabbione

didascalie:

Giovanni Michele Graneri (Torino 1708 – 1762), “Interno del teatro Regio”, 1752, olio su tela, Palazzo Madama; Bernardino (Andorno 1707 – 1791) e Fabrizio Galliari (Andorno 1709 – Treviglio 1790), “Luogo magnifico terreno nella reggia di Alessandro” (per “La vittoria d’Imeneo” rappresentato nel 1750 al Teatro Regio di Torino per le nozze di Vittorio Amedeo III di Savoia), 1750, disegno a penna, pennello e inchiostro bruno, acquerello grigio su cartoncino, Palazzo Madama; Giuseppe Toselli (Peveragno, attivo dal 1835), “Reggia Persiana”, fondale per teatrino di marionette San Martiniano di Torino, 1840 – 1844, Palazzo Madama; “Ventaglio pieghevole con interno del Teatro Carignano”, 1780, pergamena dipinta ad acquerello, avorio, Manifattura torinese, Palazzo Madama.

I primati della città / 5. Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente

 

Torino sul podio: primati e particolarità del capoluogo pedemontano

Malinconica e borghese, Torino è una cartolina daltri tempi che non accetta di piegarsi allestetica della contemporaneità.
Il grattacielo San Paolo e quello sede della Regione sbirciano dallo skyline, eppure la loro altitudine viene zittita dalla moltitudine degli edifici barocchi e liberty che continuano a testimoniare la vera essenza della città, la metropolitana viaggia sommessa e non vista, mentre larancione dei tram storici continua a brillare ancorata ai cavi elettrici, mentre le abitudini dei cittadini, segnate dalla nostalgia di un passato non così lontano, non si conformano allirruente modernità.
Torino persiste nel suo essere retrò, si preserva dalla frenesia delle metropoli e si conferma un capoluogo a misura duomo, con tutti i pro e i controche tale scelta comporta.
Il tempo trascorre ma lantica città dei Savoia si conferma unica nel suo genere, con le sue particolarità e contraddizioni, con i suoi caffè storici e le catene commerciali dei brand internazionali, con il traffico della tangenziale che la sfiora ed i pullman brulicanti di passeggeri sudaticci ma ben vestiti.
Numerosi sono gli aspetti che si possono approfondire della nostra bella Torino, molti vengono trattati spesso, altri invece rimangono argomenti meno noti, in questa serie di articoli ho deciso di soffermarmi sui primati che la città ha conquistato nel tempo, alcuni sono stati messi in dubbio, altri riconfermati ed altri ancora superati, eppure tutti hanno contribuito e lo fanno ancora- a rendere la remota Augusta Taurinorum così pregevole e singolare.

1. Torino capitale… anche del cinema!

2.La Mole e la sua altezza: quando Torino sfiorava il cielo

3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici

4. Torino e le sue mummie: il Museo egizio

5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente

6. Chi ce lha la piazza più grande dEuropa? Piazza Vittorio sotto accusa

7. Torino policulturale: Porta Palazzo

8.Torino, la città più magica

9. Il Turet: quando i simboli dissetano

10. Liberty torinese: quando leleganza si fa ferro

 

5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente

Ci si affacciava dalla palina della fermata, si osservava la strada dilungarsi verso l’orizzonte, poi si guardava l’orologio, poi ci si rivolgeva indietro, verso la tabella degli orari, ed infine si scambiavano sguardi sconsolati con gli altri astanti.
Si inventavano degli strani riti urbani nella speranza di far comparire il desiderato bus, chi camminava veloce verso la fermata successiva, chi improvvisava fantasiosi conti matematici sui possibili passaggi, c’era persino chi si accendeva una sigaretta, nella credenza che il fantomatico arrivo del mezzo avesse un fantasmagorico collegamento con il tipico gesto d’attesa.
Era ovviamente una stupidaggine, il tram non si palesava, ma si diceva così, secondo gli eterni insegnamenti della Legge di Murphy.
Sembra di parlare di un lustro addietro, quando fumare era già nocivo ma decisamente ancora troppo di moda perché la gente ci credesse sul serio. Tutto ciò succedeva prima di aver preso la patente e prima della vera indipendenza, durante quella parte di vita scandita dal passaggio dei trasporti pubblici, dalle lotte a suon di zaino sulle spalle per prendere d’assalto il bus subito dopo scuola, dalle corse forsennate per salire a bordo dell’ultimo tram serale, e poi i biglietti, la paura del controllore –e dai che è successo a tutti almeno una volta!- il posto vicino al finestrino, la deviazione del tragitto, la scusa perfetta per noi ritardatari: “perdonami, non passava il pullman”.


Una porzione di esistenza segnata dall’incertezza e dagli imprevisti, e forse è anche grazie a questo che noi, di qualche anno fa, abbiamo imparato a cavarcela!
Tuttavia, ad un tratto, a toglierci da questo impiccio è venuta in nostro soccorso la Metropolitana, effettivo segno di avanzamento tecnologico che ci pareggia alle altre megalopoli europee, un mezzo pulito, lindo, efficiente, veloce, niente più estenuanti attese allle fermate, niente più ressa nelle carrozze.
E poi ve lo ricordate? Lo stupore iniziale, quando tutti volevano provare l’ebbrezza della modernità stando seduti “ai posti davanti”, quelli “panoramici” e riservati –ahimè- ai bambini.
Un inaspettato passo in avanti verso il conformismo moderno, verso l’impagabile comodità, aspirazione che ci rende sempre un po’ più schiavi.
In quanto a grandezza e numerosità, non siamo di certo i primi dell’elenco, si pensi a Londra, con le sue dodici linee, a Milano e alle sue 4 linee e 111 stazioni – la metro di Milano è la più grande d’Italia, superando per estensione quella di Roma- alle tre linee arzigogolate di Napoli e persino alle 14 linee parigine.
Eppure le nostre due orgogliose linee metropolitane vantano un indiscusso primato tutto piemontese: la metropolitana di Torino è la prima in Italia ad essere dotata del sistema automatico VAL 208, (Veicolo automatico leggero), che non prevede conducente, con conduzione automatica gestita da una centrale, aspetto che di fatto la rende la più moderna non solo a livello italiano ma anche europeo.
Il progetto ha radici assai antiche, tutto inizia tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, grazie a personalità quali Riccardo Gualino, imprenditore e promotore piemontese e Marcello Piacentini, a cui si deve la progettazione del percorso di transito al di sotto di via Roma, piano tutt’oggi rispettato.
Tuttavia affinché l’idea si concretizzi è necessario attendere gli anni Novanta- Duemila, quando, grazie alle Olimpiadi invernali svoltesi a Torino, hanno effettivamente inizio i lavori.
Sembra un po’ la storia del “ritenta, sarai più fortunato”.
Negli anni Sessanta, nel contesto delle innovazioni apportate dalle celebrazioni di Italia ’61, si divulga un progetto ispirato alla Monorotaia, ma l’idea viene accantonata; negli anni Ottanta invece, si propone la “metropolitana leggera”, ossia cinque linee diramate in superficie con corsie preferenziali a collegamento dei vari quartieri cittadini, ma anche questa volta il proponimento non vede la luce, in questo caso per mancanza di fondi; arrivano gli ottimistici anni Novanta, si costruisce la Linea 9 in occasione dei Mondiali ’90, ma il tutto viene trasformato in una ordinaria linea tranviaria, ad eccezione della Linea 4, di fatto unica “metropolitana leggera” a tutti gli effetti e realizzata già a partire dal 1982.
Sempre negli anni Novanta, intorno al 1970, viene studiato un sistema per connettere le zone di Lingotto e Mirafiori, ma nuovamente le finanze non sono sufficienti; è ormai dicembre del 2000, quando il mondo punta gli occhi sulla minuta e borghese Torino, proprio a motivo delle Olimpiadi, e le alte sfere territoriali sono costrette a rispondere alla chiamata del Progresso.
Avviene così, il 4 febbraio del 2006, l’inaugurazione del primo tratto Collegno – Porta Susa.
Seguono poi ulteriori modifiche, altre tappe si aggiungono al percorso, le cui aperture spesso avvengono in concomitanza con avvenimenti di grande rilevanza, come il vernissage dell’ultimo tratto di percorrenza – fino a Lingotto- che ha avuto luogo durante le celebrazioni del 150° anno dell’Unità d’Italia.
Ci tengo, a nome dei miei concittadini della prima cintura –ed in particolare dei compatrioti Nichelinesi-, a sottolineare la data del 23 aprile 2021, quando, alla presenza del Sindaco Chiara Appendino, si svolge l’inaugurazione delle due fermate che prolungano la Linea 1 da Lingotto: Italia 61 e Bengasi.
Anche chi si trova nella lontana periferia può sentirsi un po’ più vicino ai privilegi del centro città.
Oltre alla questione tecnologica e di facilitazione dei trasporti, ad interessare la Metropolitana torinese vi è un discorso artistico: ogni stazione è decorata dalle opere di Ugo Nespolo, uno degli artisti italiani più importanti del panorama contemporaneo, convinto sostenitore del binomio artista-intellettuale, come dimostrano i suoi interventi in ambito di estetica e del sistema dell’arte, nonché attivo in diversi ambiti disciplinari, quali la pittura, la scultura ed il cinema.
Si chiama “Museo nel Metrò”, il progetto che interessa l’artista di Mosso e che si sviluppa parallelamente alla costruzione della linea metropolitana a partire dal 2006. Cuore dell’ideazione è il legame visivo e simbolico che si instaura, fermata dopo fermata, tra il mezzo di trasporto e la città soprastante: con tratti essenziali e ilari, nelle vetrofanie vengono raccontati, sotto forma di dirette e colorate illustrazioni impattanti, i luoghi, i personaggi e gli avvenimenti più importanti della storia civile e culturale del capoluogo piemontese, come ad esempio nella Stazione “Fermi”, all’interno della quale Nespolo compone un’opera elegante e unica, attraverso semplici elementi grafici che rimandano al celebre fisico, alle formule matematiche ed al mondo della scienza. Un ulteriore esempio è la fermata “Rivoli”, la cui vetrofania si rifà al Castello e alla raccolta di opere contemporanee contenute al suo interno, tra cui si riconoscono i riferimenti agli elaborati di Gilberto Zorio, Mario Merz, Keith Haring e Nicola De Maria. Assai particolare è anche “XIII Dicembre”, la cui decorazione riguarda la tematica del lavoro, la rimembranza
dei caduti del 18 dicembre 1922, attraverso la ripresa del quadro “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo, ridotto ad una manciata di siluette che avanzano sotto lo sguardo di esponenti della cultura torinese, tra cui Felice Casorati, Rita Levi Montalcini e Cesare Pavese.
Il tragitto non è tanto espanso, tuttavia non è nemmeno così breve da poter essere percorso in questa sede, fermata dopo fermata, per quanto ogni opera di Nespolo meriti un approfondimento adeguato.
I grandi lavori paiono a buon punto, anche se l’idea di ampliare il progetto c’è: ad oggi sono previsti diversi prolungamenti, tra cui, puntando verso ovest, la tratta Collegno – Cascine Vica -in cantiere, con tanto di lavori iniziati nel 2019-, altre tappe probabilmente riguarderanno Moncalieri, Rivoli e Rosta, San Mauro, Orbassano, con una certa attenzione verso alcuni luoghi fondamentali per la vita dei torinesi, come la FCA di Mirafiori, il Politecnico, l’ospedale San Giovanni Bosco e l’area industriale di Pescarito.
In sostanza, nessuno verrà lasciato a piedi, tanto più con l’ipotesi della Linea 3, che collegherà lo Juventus Stadium fino alla Reggia di Venaria Reale.
Insomma, cari amici ritardatari, un giorno non avremo più scuse per non essere puntuali, se non quella di essersi persi ad osservare le ipnotiche opere di Nespolo.

Alessia Cagnotto