“Le chiavi della Città”
Dal 24 febbraio al 10 aprile
Un inedito sguardo sulle “collezioni civiche” e la loro storia attraverso un’attenta selezione delle opere più emblematiche custodite in “Palazzo Madama” (“La casa dei secoli”, com’ebbe a definirlo Guido Gozzano), “Patrimonio mondiale dell’umanità Unesco” e sede dal 1934 del “Museo Civico d’Arte Antica”, nato il 4 giugno del 1863, proprio per “testimoniare la storia della città di Torino e la sua evoluzione nei millenni attraverso un percorso inevitabilmente intessuto sulla grande storia dell’artigianato artistico, quello che dà vita alle cosiddette arti applicate”: è questo il senso profondo del percorso proposto dal “Museo” di piazza Castello, da venerdì 24 febbraio a lunedì 10 aprile, rivolto ad accompagnare il visitatore da “La porta della Città” nella Corte Medievale a “Le chiavi della Città” (“chiavi” reali e allegoriche) nella “Sala del Senato”, secondo l’idea di sviluppo di “cittadinanza attiva”, alla base della definizione di “Museo” approvata a Praga, il 4 agosto 2022, dall’“Assemblea Generale Straordinaria di ICOM – International Council of Museums”. Viaggio intrigante e millenario, il percorso non poteva che iniziare dagli elementi – simbolo del viaggio stesso: l’esposizione delle “chiavi” e della “mazza cerimoniale” della Città. Sette gli ambienti partecipi di un racconto che “intesse capolavori paradigmatici e opere che, pur essendo di rilievo assoluto, appaiono da secoli avvolte in una sorta di cono d’ombra, poco percepite nella loro eccezionalità”: dal “Tesoro di Desana”, abitualmente conservato nella “Torre dei Tesori” di Palazzo Madama (uno dei più straordinari complessi italici di gioielli evidenzianti l’altissima qualità dell’arte europea allo spegnersi dell’epoca tardo antica, oltre che testimonianza della guerra fra Bisanzio e gli Ostrogoti) fino alle Sale del “Conservare”. consacrata all’eccezionale figura di Vittorio Viale (tra i massimi direttori museali del Novecento, giunto addirittura a salvaguardare le ringhiere cadute nei bombardamenti di Torino, capolavori esse stesse dell’arte del ferro piemontese) e quella
del “Condividere”, poiché è sulle donazioni che si è fatto il “Museo Civico”, “cui è stata data un’anima da ogni cittadino, da ogni torinese che in esso ha visto il prosieguo della propria storia, della propria memoria, della propria identità”. Preziosa tappa mediana, é la Sala dedicata al “Piacere”, in cui troviamo quel grandissimo “Ritratto d’uomo” o “Ritratto Trivulzio” realizzato nel 1476 da Antonello da Messina, opera fondamentale nella storia dell’arte italiana quattrocentesca influenzata dalla pittura nord-europea e capace di anticipare di una generazione i ritratti di Leonardo. A seguire, l’ambiente connesso al “Ricercare”, consacrato a Filippo Juvarra, artefice della trasformazione di Torino in capitale e qui protagonista attraverso una selezione, rigorosa e complessa, di 644 fogli in cui si potranno ammirare il disegno della facciata di “Palazzo Madama” e i fogli dedicati alla “Palazzina di Caccia” di Stupinigi, presentata con un magnifico modello in scala 1:500. Non meno suggestive le Sale dedicate al “Collezionare” e all’“Educare”. Nella prima,
ritroviamo l’impronta del principale artefice delle collezioni civiche, quell’Emanuele Taparelli d’Azeglio, ministro plenipotenziario italiano a Londra (che, rientrato a Torino, donerà al “Museo Civico” nel 1875, le proprie raccolte di porcellane, maioliche e vetri dipinti e dorati) accanto a quella dell’ossolano Zaverio Calpini, attraverso il quale giunge a far parte delle collezioni civiche un formidabile nucleo di opere provenienti dagli stati messicani del Veracruz e del Tabasco, culla nel periodo pre-classico della ‘cultura-madre’ di tutta la Mesoamerica, capace con la sua arte di influenzare le successive civiltà dell’area. Al centro della sezione successiva, quella dell’“Educare”, troviamo infine rappresentata l’ebanisteria piemontese del Settecento e la straordinaria fortuna delle opere di Pietro Piffetti, in cui perizia tecnica e fantasia inventiva si uniscono con risultati di estrema eleganza, mostrando quanto sia complessa l’esecuzione dei suoi capolavori e quale ruolo educativo abbia ancora la bottega. Qui si fa riferimento anche ai materiali usati dall’artista torinese, narrando la provenienza dei legni, in molti casi esotici: dalle conchiglie importate dal Golfo Persico e dal Mar Rosso alla tartaruga dell’Oceano Indiano e dei Caraibi fino alla madreperla dalla costa occidentale dell’India.
Gianni Milani
“Le chiavi della Città”
Palazzo Madama-Museo Civico d’Arte Antica, piazza Castello, Torino; tel. 011/5211788 o www.palazzomadamatorino.it
Dal 24 febbraio al 10 aprile
Orari: lun. e da merc. a dom. 10/18; mart. chiuso
Nelle foto:
– “Le chiavi della città”
– Luigi Dughet e Carlo Balbino: “Mazza cerimoniale della Città di Torino”, 1814 -1849 ca.
– Antonello da Messina: “Ritratto d’uomo”, olio su tavola, 1476
– Filippo Juvarra: “Progetto per la facciata di Palazzo Madama”, 1718


Sono contento, professò!Grazie alla scuola, grazie a te. Che pazienza avete avuto tutti, ma ne è valsa la pena! Oggi so di aver scelto la strada giusta!Aveva ragione Salvatore. Ed ora eccolo lì, con i conti della vita in ordine e la voglia di una vita semplice e normale, con una moglie, i figli, il papà che toccherà il cielo con un dito se presto gli regalerà un nipotino. Eccolo Salvatore, nella sua perfetta inappuntabile divisa da finanziere. Avrei voluto impacchettarlo e portarmelo via come un trofeo: guardate gente quello che la scuola riesce ancora a fare… anche alle Vallette, alla Falchera o a Mirafiori! Poi lo guardo fisso negli occhi: Bravo Salvatore, ce l’hai fatta. E’ proprio vero quello che allora ci dicevamo. Ricordi? Fuori di qui, spetta a voi scegliere. O con la legge o contro la legge! O ‘salvati’ o ‘sommersi’! E quante, purtroppo, le scelte sbagliate. Tante, troppe. Arrivate al capolinea di una panchina. La siringa ancora in vena. E i visi da bambino, terrei e increduli con quegli occhi sbarrati a trattenere le sagome di un piccolo mondo fatto di palazzoni infiniti e piccoli giardini, invisibili nella nebbia invernale e paesi di sedie con popolo vociante nella calura delle notti estive. Scelte. A volte terribili, senza via di ritorno. Rotolate dietro la porta di una cella dove entrare ed uscire all’infinito o dietro deliri d’onnipotenza con bottiglie di birra infilate in gola, senza uscite di sicurezza né alternative a vite da vivere così o niente. O guardie o ladri, insomma, Salvatore! E Salvatore, per grazia del cielo, aveva scelto da par suo. Era diventato “guardia”! Nel vero senso della parola.