Cosa succede in città

Al MAO Museo d’Arte Orientale: The Line We Follow

Intervento in mostra e workshop per famiglie dell’artista Giorgia Fincato, attività nell’ambito del public program di Rabbit Inhabits the Moon

Da venerdì 24 a domenica 26 gennaio 2025 l’artista Giorgia Fincato (Bassano del Grappa, 1982) propone al MAO un intervento aperto al pubblico all’interno della mostra Rabbit Inhabits the Moon. L’arte di Nam June Paik allo specchio del tempo, una performance meditativa e rituale che, alternata a momenti di pausa e di sospensione, si svolgerà nell’arco delle tre giornate negli orari di apertura del museo.

L’azione, incentrata sul disegno e sulla pratica gestuale che ne scaturisce, offrirà un’opportunità di riflessione sul linguaggio visivo e performativo dell’artista. L’intervento si colloca nella sezione della mostra dedicata alla poetica del movimento Fluxus, di cui Paik fu tra i membri più attivi, trasformando radicalmente la concezione di performance, opera d’arte e autorialità ed enfatizzando il gesto creativo e processuale. In particolare, nell’azione di Fincato riecheggia la performance Zen for Head, ideata da Paik nel 1961, di cui in mostra è esposto sia il filmato documentativo sia un frammento originale del rotolo inchiostrato, risultato del processo performativo. Il corpo dell’artista si trasforma in un pennello vivente, uno strumento per dipingere, tracciando una linea che in Fincato evolve in un movimento primario che diventa esso stesso oggetto e soggetto della creazione. Il gesto, al contempo liberatorio e coercitivo, sottopone l’artista a una tensione interna, una sorta di condizione obbligata che domina e struttura l’intero processo creativo.

La produzione artistica di Fincato è caratterizzata da una grande attenzione e un profondo studio del movimento sia in senso spaziale sia temporale. Per l’artista, il disegno è un atto primordiale che esiste da sempre: rappresenta, soprattutto, il gesto dell’anima quale espressione dell’energia e dei sentimenti. Il disegno e l’atto in sé diventano mezzi per sentire la propria presenza e partecipazione in un mondo non ancora del tutto compreso. Attraverso la pratica gestuale ripetitiva (quasi sempre) dello stesso soggetto e segno, l’artista crea un linguaggio comunicativo proprio, che si apre, o si chiude, sul mondo a seconda delle sue necessità.

Non è necessaria la prenotazione. Partecipazione inclusa nel biglietto di mostra.

Nella giornata di domenica 26 gennaio alle ore 16, Giorgia Fincato condurrà anche Segui il segno!, un laboratorio di disegno dedicato alle famiglie con bambini dai 6 anni in su.

Costo: €7 bambini, adulti ingresso ridotto

Prenotazione obbligatoria maodidattica@fondazionetorinomusei.it

Biografia

Giorgia Fincato ha studiato all’Accademia di Belle Arti a Venezia. Tra il 2007 e il 2009 ha vissuto a New York e si è dedicata al disegno. Nel 2009 si è trasferita a Roma e dal 2013 vive a Bassano del Grappa, sua città natale. L’artista ha collaborato con la Galleria Michela Rizzo in occasione delle mostre “Assembramenti” (2020), “Soglie e limiti” (2019) e un progetto dedicatole nella Project Room. A gennaio 2023 è stata inaugurata presso la GMR.2 di Mestre la personale dell’artista dal titolo “Diario”. Ha esposto in numerosi musei e gallerie in Italia e all’estero: Fondazione Antonio Ratti, Como; Palazzo Ducale, Genova; Galerie Margareth Otti e Universal Museum Joanneum/Neue Galerie, Graz; ApartArt Advisory, Lugano; Casa Cava, Matera; Dumbo Arts Center, New York; Explora Children Museum, MACRO, Studio Claudio Abate, Studio d’arte Pino Casagrande, Ugo Ferranti Gallery, Roma; Villa Gregoriana, Tivoli; Kunst & Handel Gallery, Vienna; Eventi collaterali 51a e 52a Biennale d’Arte, Venezia.

Ph: frame del video realizzato da www.evocastudio.it

I primi custodi della memoria al Rettorato dell’Università

La sepoltura della Dama del Caviglione, rinvenuta ai Balzi Rossi a Ventimiglia, famosa per i suoi ornamenti funerari in ocra e conchiglie e quella del “Giovane Principe” della Grotta preistorica di fama mondiale a Finale Ligure che con il suo ricco corredo rappresenta uno dei più straordinari esempi di sepolture paleolitiche europee si possono visitare in questi giorni sino al 14 marzo presso la sala Principe d’Acaia al Rettorato dell’Università di Torino di via Po.

La vasta collezione torinese di calchi di sepolture preistoriche che riproducono con precisione la situazione venuta alla luce durante vari scavi è la più importante a livello internazionale. Tutti questi tesori compresa la sepoltura doppia del Riparo del Romito, un esempio di cura ed inclusione con un individuo affetto da nanismo protetto dalla comunità del comune di Papasidero, in provincia di Cosenza, sono esposti nell’ambito della mostra “I primi custodi della memoria. Le sepolture nel Paleolitico”. Un percorso presentato dall’Università di Torino e curato da Giacomo Giacobini, Cristina Cilli e Giancarla Malerba che attraversa millenni analizzando i riti funerari, le evoluzioni sociali e le prime manifestazioni artistiche legate al culto dei morti.

Si tratta di un primo passo verso la realizzazione del futuro Museo dell’Evoluzione che avrà sede nel Palazzo degli Istituti Anatomici che oltre ad essere sede universitaria già ospita il Museo di Anatomia umana “Luigi Rolando”, il Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso” ed il Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti”, nell’isolato compreso fra corso Massimo D’Azeglio e le vie Gaetano Donizetti, Pietro Giuria e Michelangelo. Grazie alle sepolture paleolitiche che hanno protetto i resti umani dalla distruzione da parte di agenti esterni sono arrivati sino a noi scheletri completi o quasi di cui i calchi restituiscono lo stato nel momento stesso della scoperta. Un calco realizzato durante uno scavo non è difatti una semplice copia ma riproduce un contesto di rinvenimento che non esiste oramai più e che diventa testimonianza di una straordinaria importanza. Da visitare. Ecco l’orario di apertura: dal lunedì al sabato, dalle ore 10 alle18, e l’ingresso è gratuito.

Igino Macagno

Incontro silenzioso per la mostra di Alighiero Boetti allestita da Luca Beatrice

All’arte di Alighiero Boetti ha dedicato la sua ultima mostra il critico d’arte Luca Beatrice, prima della sua improvvisa scomparsa martedì 21 gennaio scorso per un infarto.

L’arte di Alighiero Boetti voleva comprendere il tutto nel tentativo di far quadrare il mondo”. Queste le parole usate da Luca Beatrice per descrivere la mostra, l’ultima da lui curata, alla galleria dell’Accademia, in via Po 39, presso l’amico e gallerista Luca Barsi.

La galleria Accademia rimarrà aperta per permettere ai visitatori che lo desidereranno di apprezzare l’allestimento della mostra di Alighiero Boetti come lo aveva pensato Luca Beatrice. Sarà un incontro silenzioso e un omaggio al noto critico d’arte. La mostra dedicata ad uno degli artisti torinesi più celebri è stata rimandata al 4 febbraio . Tra le opere in mostra alla Galleria Accademia si distinguono alcuni arazzi, tra cui un prezioso Kabul, in seta, realizzato dalle ricamatrici afghane da cui spesso si recava Boetti, e un Manifesto dell’Arte Povera, carte e disegni che dimostrano la dimensione intima dell’opera di Alighiero Boetti.

Alighiero Boetti, dopo gli anni della formazione scolastica, scelse di crearsi una cultura da autodidatta tanto in letteratura quanto in pittura e, accostandosi al mondo delle gallerie, apprese dalle opere di Fontana, Gorky, Michaux, Twombly. Dagli anni Settanta si dedicò al tema della serialità e dello sdoppiamento. Dopo le sue prime personali a New York nel ’73 e ’74, la sua produzione artistica prosegui con complessi sistemi di segni che si ripetono, si alternano e si incastrano. Gli anni Ottanta e Novanta furono all’insegna che in arte si potesse usare tutto senza gerarchie, in virtù di quell’eclettismo di tecniche che ha sempre caratterizzati Boetti, portandolo a proporre una visione del mondo sotto i più svariati punti di vista.

 

Mara Martellotta

Fattoria sociale Paideia al Mercato solidale di Eataly Torino

 

Un’interessante iniziativa a cura della Fattoria Sociale Paideia, in collaborazione con Eataly Lingotto, tesa a valorizzare i prodotti della terra realizzati dai bambini e dai giovani che versano in condizione di disabilità
 
I prodotti realizzati per il Mercato solidale
La bontà che fa rima con solidarietá: i prodotti alimentari di Fattoria Sociale Paideia trovano spazio a Eataly Torino Lingotto, dal 24 al 27 gennaio, in occasione del Mercato solidale di Eataly.
La Fattoria Sociale Paideia avrà infatti uno spazio all’interno del progetto che Eataly, in occasione del suo 18esimo compleanno, vuole dedicare alle realtà del terzo settore che favoriscono l’inclusione sociale, offrendo loro uno spazio di vendita gratuito.
Presso il banco di Fattoria Paideia i visitatori potranno trovare il miele da filiera a ciclo chiuso, cioè dalla nascita dell’ape regina e fino all’invasettamento, insieme a tanti altri prodotti alimentari artigianali: dal sugo di pomodoro alla vellutata di zucca e patate, dallo sciroppo di fiori di sambuco al nettare di more. Tutti prodotti, sono stati realizzati a Baldissero Torinese dallo staff di Fattoria Paideia con l’aiuto di giovani con disabilità che beneficiano di progetti socio-occupazionali, di avvicinamento al contesto e alle mansioni della fattoria e di inserimento lavorativo.
Gli incontri didattici per famiglie e bambini del Mercato solidale
Il Mercato Solidale prevede inoltre momenti didattici gratuiti. Il 26 gennaio alle 10.30 l’operatore della didattica di Fattoria Sociale Paideia proporrà ai piccoli visitatori e alle loro famiglie un laboratorio manuale durante il quale i partecipanti impareranno a creare una candela profumata naturale e biologica con la vera cera d’api.
(É possibile richiedere informazioni e prenotarsi all’evento, chiamando direttamente Eataly Lingotto)
Chi è e cosa fa la Fattoria Sociale Paideia: la natura che fa bene
Fondazione Paideia, nata nel 1993 per iniziativa delle famiglie torinesi Giubergia e Argentero, è un ente filantropico che opera per offrire un aiuto concreto ai bambini con disabilità e alle loro famiglie.
 Il termine ‘Paideia’, in greco, significa infanzia, crescita, educazione, formazione. L’associazione, infatti, offre accoglienza, sostegno e momenti felici ai bambini con disabilità e alle loro famiglie, prendendosi cura di genitori, fratelli, sorelle e nonni, perchè ognuno possa esprimere al meglio le proprie potenzialità.
Su impulso della Fondazione, nel 2019 nasce così la Fattoria Sociale, con l’obiettivo di sostenere la crescita dei bambini e di chi si cura di loro, partecipando alla costruzione di una società più inclusiva e responsabile.
Situata sulle colline di Baldissero Torinese, è stato creato uno spazio di ritrovo importante, fatto di benessere, dove le famiglie possano godere insieme dei profondi legami con la natura e dei suoi prodotti.
Con oltre 400 mq di struttura, la fattoria ospita animali da cortile e grandi spazi dedicati agli orti, dove si coltivano erbe aromatiche e frutti. La Fattoria Sociale Paideia promuove buone pratiche di agricoltura sociale, tra cui attività sociali e servizi per la comunità locale: infatti, attraverso l’utilizzo delle risorse dell’agricoltura promuove, accompagna e realizza percorsi volti allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa per ragazzi e giovani con disabilità.
 Qui  si possono anche acquistare i prodotti alimentari della Fattoria: confetture, miele, succhi di frutta, passata di pomodoro… tutti realizzati in loco dallo staff della Fattoria con l’aiuto di giovani con disabilità che beneficiano di progetti socio-occupazionali, di avvicinamento al contesto e alle mansioni della fattoria e di inserimento lavorativo.
Queste attività, oltre ad avere un effetto migliorativo sul tessuto sociale dei beneficiari, ne promuovono l’autonomia personale, ne favoriscono l’integrazione con gli altri, oltre a migliorarne l’autostima e la fiducia in se stessi.
CHIARA VANNINI
Fattoria Sociale Paideia
Strada Pino T.se n. 15/1
Baldissero Torinese (TO)www.fattoriasocialepaideia.it/
Per informazioni: 342 9229423

Come si lavora per allestire le grandi mostre: uno sguardo sul Museo Nazionale del Cinema di Torino

Guardare uno spazio e un tempo di Storia torinese nel suo interno, nelle sue componenti più intime, guardare chi li occupa quello spazio e quel tempo, chi vi lavora, chi fa e chi agisce. “Visioni e sfide”, nella sua presentazione al cinema Massimo, è allora sì un volo d’angelo, leggerissimo, su qualcuno degli avvenimenti che abitano nei programmi del Museo Nazionale del Cinema ma è sopratutto la conoscenza delle diverse aree di competenza e di lavoro che sono alla base della quotidianità di quegli uffici. Bella invenzione, che credo mai prima abbia visto la luce, che certo non cancella il prodotto, ovvero la mostra o la rassegna, ma lo anticipa nell’impegno della preparazione, dei contatti, della ricerca di sponsor, degli allestimenti, delle maestranze che lo abitano. Un assunto “tanto semplice quanto spesso trascurato”, sottolinea il direttore Carlo Chatrian, perché “un museo, prima di essere un luogo in cui vengono preservati, esposti e raccontati oggetti, è un insieme di persone”. Nulla di fortemente trionfalistico ma il confronto con le tante competenze maturate nel corso degli anni dalle persone, “a fornire la base su cui poi s’innestano gli eventi e le attività”. Un viaggio dietro le quinte quindi (e sarà quanto prima il direttore stesso a condurre, mensilmente, in visite guidate quanti lo vorranno per scoprire un luogo che l’intero mondo ci invidia e le sue mostre, “io ho lavorato in molte occasioni all’estero, e una realtà come il Museo del Cinema di Torino non esiste al mondo”) che non inverte soltanto le prospettive ma mostra le complessità, frugando per una volta tra quelle “aree che hanno poco da comunicare in termini di appeal ma senza di queste l’istituzione non esisterebbe”. Non un castello arroccato da qualche parte imprecisata, capace soltanto “di attirare turisti a suon di colpi d’artificio”, ma una realtà concreta e un segno – simbolico e tangibile al tempo stesso – della volontà di fare cultura da parte di “una istituzione che si sente parte di una comunità”.

Nove sezioni che sono l’anima lavorativa del Museo, nove responsabili a esporre in un susseguirsi di slide le strade da perseguire, numeri e idee, procedure e svolgimenti, dovuto omaggio anche all’ottantina di persone che vi lavorano, quote rosa più che altamente rispettate. Il Coordinamento generale in primo luogo, affidato nelle mani di Daniele Tinti, che guarda alle varie sedi in cui si divide il Museo, nelle più differenti parti di Torino e cintura, alle stesure dei contratti, alle acquisizioni di beni e servizi, alle procedure d’appalto, alla necessità di avvicinare al centro la Bibliomediateca “Mario Gromo” in modo da renderla più comodamente fruibile o di avere una nuova location per gli uffici della Fondazione, come quella del rifacimento del giardino all’esterno della Mole in modo da essere più comodo al flusso delle entrate e delle uscite dei visitatori, o di individuare la nuova sede della manifestoteca, che oggi occupa il caveau ex Unicredit di via Nizza – ultimo nato, con l’Asta Bolaffi dell’ottobre ’24, per una cifra di 37.500 euro, il rarissimo manifesto della “Corazzata Potëmkin” realizzato a Alksandr Rodčenko che fu pittore, fotografo e grafico, fra i principali artisti dell’Avanguardia russa, acquisizione che verrà esposta nell’ambito di un evento espositivo programmato nel corso del 2025, che segna i cent’anni del capolavoro di Sergej Ėjzenštejn.

Un’Amministrazione a gestire i circa 18 milioni di euro che sono il budget della Fondazione, con un 23% della spesa relativo al personale dipendente o il 19% che riporta alle prestazione di servizi, mentre tra gli altri, sul versante dei ricavi s’allineano gli ingressi alla Mole e al cinema Massimo e ai Festival, le sponsorizzazioni e gli affitti, non dimenticando i contributi dei Soci, del Ministero della Cultura e dell’Unione Europea. Claudia Gianetto guida l’Area Mole che comprende 12 dipendenti, suddivisa in “Servizi educativi”, “Servizi tecnici” e “Organizzazione mostre”, mettendo sul tavolo otto manifestazioni (suddivise tra la Sala del Tempio, la sala dell’accoglienza e la cancellata esterna) per l’anno in corso. Non soltanto l’attesissima “The Art of James Cameron” (dal 26 febbraio al 16 giugno) o la mostra dedicata a Donato Sansone, a partire dal 7 aprile: organizzata da Cinemovel in collaborazione con il Museo e il Comune di Settimo, dal 27 marzo presso l’Ecomuseo di Settimo, sarà visitabile la mostra fotografica “Una carovana per ‘Io capitano’”, dedicata al tour che l’ultimo film di Matteo Garrone ha fatto in Senegal, nei luoghi dove il film è stato girato.

Senza togliere nulla ai colleghi, porremmo l’Area Patrimoni guidata da Stefano Boni al primo posto su una personalissima scala dei valori. Venti persone coinvolte nella preservazione, restauro e valorizzazione di tutte le collezioni del Museo, alle radici quella della fondatrice Maria Adriana Prolo che negli anni s’è arricchita di lasciti e di acquisizioni per un totale di oltre tre milioni di opere (“i negativi? sono come i fagioli della Carrà, un giorno o l’altro riusciremo a sapere quanti sono esattamente”), con depositi dislocati in varie sedi laddove “la recente locazione di due nuovi depositi per la cineteca e il settore apparecchi risolverà solo in parte il problema ma permetterà un maggiore agio nello stoccaggio e messa a disposizione per ricercatori delle nostre collezioni”. Importante il settore del restauro: in occasione di una personale dedicata a Carlo Lizzani alla Cinémathèque française è prevista la digitalizzazione di “Esterina”, del 1959, in collaborazione con la Cineteca Nazionale, lavoro che ci permetterà di rigustare al meglio i volti di Carla Gravina e di un Domenico Modugno all’epoca trentenne.

Grazia Paganelli illustra quell’area Cinema (“che è veicolazione di contenuti ed espressione del nostro amore per il cinema”) che comprende la programmazione del Massimo, le sale 1 e 2 per i film in prima visione, la 3 per i film classici restaurati, gli omaggi a registi alle rassegne tematiche e alle collaborazioni con altre associazioni o realtà locali (con la GAM ci sarà venerdì 24 la presentazione del film documentario “Mary Heilmann: Waves, Roads & Hallucinations” che accompagna la mostra dell’artista attualmente nelle sale di via Magenta). Collaborazioni di grande prestigio, come quella con la Biennale veneziana a riproporre i tanti Leone d’oro, ad iniziare il 3 febbraio da “Rashomon” (1950) di Akira Kurosawa, con la presentazione di Carlo Chatrian e Alberto Barbera (secondo titolo in rassegna, 17 febbraio, “Ordet” di Carl Theodor Dreyer), o i nove titoli che andranno a formare la rassegna di Amir Naderi, regista iraniano tra i più importanti della sua ultima generazione, un percorso articolato che inizia nel suo paese poco più di cinquant’anni fa, dopo un’infanzia di strada e dopo aver lavorato per anni come fotografo di scena e assistente alla regia, e la decisione di abbandonare tutto per raggiungere gli Stati Uniti e coltivare nuovamente la propria visione di cinema. Naderi è in Italia per la preparazione di un nuovo film e il 25 gennaio sarà al Massimo per la presentazione di “Monte” (2016) che dà inizio all’omaggio (sino al 31). Il Massimo che anche quest’anno sarà l’involucro principale dei festival cinematografici torinesi: l’area è guidata da Piero Valetto, la 40a edizione del Lovers Film Festival dal 10 al 17 aprile con Vladimir Luxuria in scadenza alla direzione, la 28a edizione del CinemAmbiente dal 5 al 10 giugno e per il secondo anno guidato da Lia Furxhi, la 43a edizione del Torino Film Festival dal 21 al 23 novembre, per il secondo anno sotto la direzione artistica di Giulio Base (già in scadenza? o riconfermabile per il lavoro svolto e per quell’aria di glamour portata sotto la Mole?).

Conta cinque dipendenti il TorinoFilmLab, tutte donne tiene a precisare Mercedes Fernandez che lo dirige, un laboratorio che spazia nel settore audiovisivo internazionale, includendo tra l’altro 13 attività di formazione e sviluppo sia per film che per serie tv, 2 fondi per la coproduzione e la distribuzione e una community formata da 2400 membri in 101 paesi diversi. Con cifre di completo rispetto se si pensa che il 17 anni il TFL ha supportato lo sviluppo di oltre 800 progetti di cui 220 già realizzati e ha assegnato 6.907.000 euro, a cui s’aggiungono fondi per altri 496.00 euro stanziati da realtà partner. Idee e aiuti che guardando soltanto al tempo recente si sono concretizzati nell’enorme successo di “Vermiglio” du Maura Delpero, Leone d’Argento a Venezia e già nella shortlist come rappresentante italiano agli Oscar; come successo e premi sono andati ad “Albatros” di Wannes Destoop, progetto per una serie tv del 2018 e lanciato due anni dopo, insignita del Prix Europa Miglior Fiction TV Series Europea 2021, cui ha fatto seguito “Holy Rosita”, miglior film all’ultimo TFF. Un eccezionale “incubatore di talenti”, definisce Fernandez il suo settore, un immancabile lavoro di squadra che dà i propri frutti anche alla Berlinale in febbraio dove “Little Trouble Girls” della slovena Ursula Djukic aprirà la nuova sezione “Perspectives”, seguito da “The Settlement” di Mohamed Rashad e da “Houses”, nella sezione “Forum” con 30 film da cinque continenti, lungometraggio scritto e diretto da Veronica Tetelbaum, nel 2019 alunna del FeatureLab.

Elio Rabbione

Nelle immagini: il manifesto della “Corazzata Potëmkin”, nuova acquisizione del Museo Nazionale del Cinema di Torino; il volto di Amin Haderi e una scena tratta dal suo “Harmonica” (Iran, 1973) in programmazione al Massimo il 27 e 28 gennaio; una scena di “Little Trouble Girls” della slovena Ursula Djukic, pronto per la Berlinale.

A Torino torna l’iconico Gelato di Latte Biraghi

L’attesa è finita. Dopo aver chiuso il 2024 con oltre 250 mila vendite, venerdì 31 gennaio il Gelato di Latte Biraghi fa il suo ritorno nella storica boutique in Piazza San Carlo a Torino

A partire da venerdì 31 gennaio, il celebre Gelato di Latte Biraghi sarà nuovamente a disposizione di torinesi e turisti nel negozio di Piazza San Carlo 188.

Anche se, per le sue caratteristiche, il Gelato di Latte Biraghi viene tipicamente associato all’estate e ai mesi caldi, sono sempre di più i consumatori che negli ultimi anni hanno dimostrato di amarlo tutto l’anno, anche durante la stagione autunnale e invernale.

Per questo motivo, sarà possibile gustare di nuovo tutta la sua freschezza – e scattare l’immancabile foto che lo immortala con lo sfondo della piazza, usanza social che sta diventando ormai virale – già a partire dalla fine di gennaio.

“È tutto pronto per il ritorno del nostro storico Gelato di Latte in Piazza San Carlo” dichiara Fabio Benvenuti, Responsabile del Negozio Biraghi di Torino. Andare incontro alle richieste dei nostri consumatori, che ce lo chiedono tutti i giorni, è del resto uno dei nostri obiettivi principali. Se nel 2024 abbiamo servito più di 250 mila gelati, raggiungendo così un vero e proprio record, nel 2025 ci auguriamo di ottenere risultati ancora più sorprendenti”.

IL GELATO DI LATTE BIRAGHI

Con una storia che inizia negli anni Cinquanta presso lo storico Negozio dell’azienda a Cavallermaggiore, di fianco allo stabilimento produttivo, il Gelato di Latte Biraghi è realizzato con soli tre ingredienti – latte, panna e zucchero – e prodotto fresco ogni ora, con latte proveniente esclusivamente dalle province di Cuneo e Torino, senza emulsionanti, aromi né stabilizzanti.

Venduto presso il punto vendita nel cuore di Piazza San Carlo, vero e proprio punto di riferimento per l’acquisto di eccellenze enogastronomiche piemontesi, ormai il Gelato di Latte Biraghi è uno dei simboli del capoluogo piemontese.

IL NEGOZIO DI PIAZZA SAN CARLO

All’interno della boutique torinese, oltre all’intera gamma di prodotti Biraghi, vi sono più di 1.200 prodotti enogastronomici del territorio. Dai vini ai formaggi, passando per cioccolato e altre ghiottonerie, il Negozio Biraghi presenta una vasta gamma di opportunità per chiunque ami il buon cibo.

A Torino decolla il turismo di lusso

La compagnia aerea privata Fly Free Airways chiude un 2024 da ricordare: nel primo anno di attività a pieno regime, fatturato oltre il milione di euro

Il turismo di lusso decolla da Torino e incorona Fly Free Airways come la compagnia leader nel settore degli aerei privati. I risultati societari raggiunti nel 2024, primo anno di attività a pieno regime, hanno infatti il sapore dell’eccezionalità: la società ha registrato una crescita del fatturato del +129%, superando la soglia di 1 milione di euro. Un successo che consolida Fly Free Airways e la proietta verso un futuro d’eccellenza e come punto di riferimento assoluto per i servizi esclusivi del turismo di lusso e dell’aviazione privata.

Il 2024 è stato un anno di svolta per Fly Free Airways, trasformandola in una Pmi innovativa e riconosciuta per il suo approccio all’avanguardia nel settore aeronautico e per i requisiti ministeriali richiesti.

«Si è chiuso un anno straordinario, che ha superato ogni aspettativa – afferma Francesco D’Alessandro, ceo di e fondatore di Fly Free Airways -. Abbiamo rafforzato le nostre partnership globali e consolidato la nostra presenza come leader nel settore del lusso, grazie a 4 anni di duro lavoro dove in tanti non credevano nel nostro progetto. Eppure, con metodo e costanza, soprattutto grazie a chi ha creduto in noi, siamo qui a celebrare i risultati raggiunti. L’obiettivo adesso è ambizioso: diventare il più grande tour operator del lusso e, successivamente, la prima compagnia aerea privata in Europa».

Fly Free Airways punta, infatti, sulla professionalità dei suoi piloti e del team di lavoro, coinvolgendo importanti figure professionali che si sono aggiunte nel corso del 2024 e che stanno traghettando la compagnia torinese verso il successo: professionisti come Alice Mascherpa, esperta in scienze aeronautiche, che ha potenziato la gestione operativa, orientandola verso l’eccellenza.

La compagnia torinese è stata inoltre protagonista di importanti eventi e partnership di prestigio, tra cui il Salotto delle Celebrità di Sanremo, il campionato mondiale XCat International, il Rally Cross italiano con la vincitrice Jenny Sonzogni, il Teatro Comunale di Carpi con lo spettacolo di Max Giusti grazie alla collaborazione con il Lions Club, le gare di Golf vip e la Terrazza Vip di Montecarlo durante il GP di Formula 1.

Grazie alle partnership strategiche e ad un network consolidato di oltre 18mila operatori certificati in tutto il mondo, Fly Free Airways è ora in grado di organizzare voli privati, business travel, charter di gruppo, cargo e voli sanitari in meno di 3 ore ovunque nel mondo. Un successo che si riverbera anche sui social media, con 100mila follower attivi su Instagram e più di 30mila utenti nei vari canali social, consolidando così la presenza digitale del brand.

E ancora, grazie alle nuove agevolazioni fiscali introdotte dalla Legge 28 ottobre 2024, n. 162, e al valore in rapida crescita delle quote, Fly Free Airways rappresenta un’opportunità strategica per gli investitori interessati al settore del lusso e dell’aviazione privata.

cs

“Alpini, uomini di pietra” in mostra a Palazzo Lascaris

In occasione della Giornata regionale del Valore Alpino – che si celebra ogni anno il 16 gennaio

in memoria del sacrificio degli alpini caduti nella campagna di Russia – all’Ufficio Relazioni

con il Pubblico del Consiglio regionale del Piemonte (via Arsenale 14/G a Torino) è allestita

la mostra “Alpini, uomini di pietra“. Organizzata in collaborazione con l’Associazione Nazionale

Alpini sezione di Torino e curata nell’allestimento dal Gruppo Storico Militaria 1848-1945.

L’esposizione, che rimarrà nelle vetrine dell’Urp fino al 24 gennaio 2025, comprende alcune

uniformi storiche degli Alpini e materiale relativo al periodo compreso tra il 1872 e il 1945.

Nelle vetrine si può osservare l’evoluzione storica delle diverse uniformi militari degli Alpini,

completate dalle scarpe delle sentinelle, le ciaspole per camminare sulla neve, il mantello

usato dagli Alpini nella Grande Guerra, le uniformi usate nella campagna d’Africa del 1890,

la prima uniforme degli Alpini del 1883 con le mostrine verdi, le gavette per mangiare

sul campo e naturalmente diversi modelli dei tipici cappelli alpini con la penna nera,

compreso quello di un prigioniero di guerra a cui sono state tolte le insegne e la penna

e invece aggiunto il numero di matricola da internato.

 

Nella mostra sono ricordate anche le donne alpino: in particolare è presentata

la fotografia di Maria Predari, medico donna che prestò servizio a Ovaro (Udine)

nel 1916 – insieme a altre 45 dottoresse – e che fu autorizzata dal comandante

per i suoi meriti professionali ad indossare il cappello alpino.

Il Gruppo Storico “La patria è donna” si occupa da vent’anni di valorizzare

le figure femminili all’interno degli Alpini.

La mostra “Alpini, uomini di pietra”, è stata inaugurata il 16 gennaio all’Urp

alla presenza del presidente del Consiglio regionale Davide Nicco,

di Sebastiano Favero, presidente nazionale Ana e di Carlo Martinelli,

presidente del Gruppo Storico Militaria 1848-1945 e consigliere nazionale Ana Torino.

“Con orgoglio desidero esprimere il più profondo e sentito ringraziamento a tutti gli Alpini

e a ogni singola ‘penna nera’ che ha servito e continua a servire il nostro Paese – ha dichiarato

il presidente del Consiglio regionale del Piemonte Davide Nicco -. Gli Alpini rappresentano

un patrimonio di valori radicati nella storia d’Italia e del Piemonte: solidarietà, sacrificio,

senso del dovere e amore per la patria. Questi ideali hanno ispirato e guidato le loro azioni

tanto sui campi di battaglia quanto nelle missioni di pace e nelle innumerevoli emergenze civili

che hanno colpito il nostro territorio”.

“La giornata del valore alpino, nata su mia proposta attraverso la legge regionale 8/22

che prevede anche uno stanziamento annuale per sostenere le loro attività sociali,

è tutta per loro e permette a noi di dirgli un immenso grazie per il loro coraggio

e la loro determinazione, ma anche per la loro capacità di unire persone

e generazioni sotto l’insegna della fratellanza e del bene comune.

Quest’anno – conclude Nicco – la 96^ Adunata Nazionale degli Alpini tornerà in Piemonte,

a Biella dal 9 all’11 maggio e sarà una grandissima festa!”.

Presentati alla Fondazione Amendola i risultati di “Fiumi di culture”

Le iniziative previste per il 2025 e il patto di gestione con la città di Torino per la gestione del giardino pubblico Giorgio Amendola.

 

Sono stati presentati, presso la sede della Fondazione Amendola, i risultati della ricerca sul patrimonio culturale immateriale delle comunità asiatiche e nord africane inserite nel tessuto cittadino. Presentati anche il nuovo sito Internet, le iniziative previste per il 2025 e il patto di collaborazione con la Città di Torino per la gestione del giardino pubblico Giorgio Amendola.

Nei quartieri multietnici di Torino, quelli con la più alta concentrazione di migranti, non ci sono solo disagio, violenza e emarginazione, come pare emergere dalle pagine di cronaca cittadina, ma cultura e reciproca conoscenza sono anche mezzi di integrazione. Questo è quanto emerge dall’indagine qualitativa sul patrimonio culturale immateriale delle comunità straniere a Torino, parte del progetto intitolato “Fiumi di Culture. Affluenze- Influenze- Confluenze”, i cui risultati sono stati riportati lunedì 20 gennaio, nel corso di una conferenza stampa ospitata alla Fondazione Amendola, da sempre protagonista nei percorsi di riqualificazione urbana e nell’organizzazione di manifestazioni artistiche e culturali nel quartiere Barriera di Milano.

Il progetto “Fiumi di culture”, avviato a giugno 2024, mira a promuovere il dialogo interculturale, attraverso il coinvolgimento e la partecipazione attiva delle comunità asiatiche e nord africane presenti a livello cittadino. Lo studio, condotto e presentato dai ricercatori in Scienze Sociali Sara Bonfanti, Anas Mghar e Marco Rossi, ha analizzato il patrimonio culturale immateriale delle comunità provenienti dalle aree del Maghreb e del Mashrek, del sub continente indiano, della Cina e dei Paesi limitrofi, a partire da una mappatura delle organizzazioni di comunità, coinvolte in eventi culturali, musicali, letterari e gastronomici.

Attraverso un tavolo di coprogettazione , è stato organizzato un calendario di eventi interculturali nel corso del 2025, dal Capodanno cinese alla celebrazione del Ramadan, dal Diwali, la festa delle luci in India, al Nowruz, il Capodanno persiano.

La mappatura delle organizzazioni di comunità, materiali di studio come articoli, report, podcast, eventi che coinvolgono le comunità asiatiche e nordafricane, sono al centro della nuova pagina web, realizzata, sviluppata all’interno del portale “Vivo Interculturale” e gestita dall’associazione Piemondo, presentata in conferenza stampa.

“La rigenerazione urbana – ha sottolineato l’Assessora alle periferie e progetti di rigenerazione urbana della Città di Torino, Carlotta Salerno – esiste quando la capacità della comunità è tale da incidere sul territorio, con l’obiettivo di prendersene cura quotidianamente.

Il progetto che porta avanti la Fondazione Amendola rispecchia perfettamente il concetto di creare rigenerazione a partire da chi lo abita. Gli interventi materiali quanto quelli immateriali sono, infatti, efficaci se c’è una comunità con cui condividere tutto il percorso. La Città ha quindi finanziato con piacere la Fondazione e tutto il suo lavoro, che oggi termina la sua prima annualità, curiosi di scoprire insieme gli sviluppi dei prossimi due anni.

La ricerca confuta il luogo comune che vorrebbe le persone di origine cinese poco inclini all’uso degli spazi pubblici, preferendo riunirsi in ristoranti, negozi o abitazioni private. Dalla ricerca emergono, invece, usi dello spazio pubblico significativi, per pratiche legate al corpo e alla salute, come la danza di strada (guang chang wu) e gli esercizi di qi gong e pa duan gong. Le comunità nordafricane a Torino sono un elemento fondamentale del tessuto sociale già dagli anni Ottanta, prima con le comunità marocchine e poi tunisine, che hanno portato con sé un ricco patrimonio culturale fatto di musica, arti visive, danza, gastronomia, che ha arricchito la scena culturale torinese, offrendo nuove prospettive che meriterebbero più attenzione da parte della ricerca accademica e dalle istituzioni culturali.

La diversità interna delle varie comunità originarie dell’Asia meridionale a Torino, tra cui Afghanistan, Pakistan, India, Bangladesh, Sri Lanka e Nepal, è accentuata, ma un fattore di omogeneità si individua nel proliferare di esercizi commerciali legati alla ristorazione e vendita al dettaglio. È in forte crescita la ricerca di nuovi spazi per attività artistiche quali danze legate a circuiti religiosi induisti, pratiche legate al benessere del corpo, come bhatyaram e ayurveda, ma anche musica e sport. Luoghi di culto sorti in periferia e celebrazioni del calendario rituale sono un elemento di unificazione delle diverse culture.

 

Mara Martellotta

Facciamo Arte: l’Università di Torino promuove il benessere attraverso l’arte

 

L’Università di Torino ha recentemente avviato un progetto dedicato all’arte e al benessere di studenti e studentesse, parte del Bilancio Partecipativo di Ateneo 2024, votato dal corpo studentesco.

Facciamo arte è un progetto dell’Università di Torino che ha come obiettivo la promozione della socialità e del benessere delle studentesse e degli studenti attraverso l’arte all’interno degli spazi universitari.

 

Tra novembre 2024 e giugno 2025 vengono attivati laboratori ed eventi artistici che spaziano dal teatro, alla danza e alla musica come danza di comunità, teatro sociale, laboratori di percussione.

 

Attraverso una rielaborazione collettiva e una strumentazione artistica e psico-sociale sono narrati i vissuti dei giovani di fronte a macro-eventi scioccanti come le pandemie o le guerre.

L’ultima parte del progetto è dedicata alle azioni per il mantenimento e il potenziamento delle capacità acquisite durante i laboratori: consapevolezza e gestione delle emozioni, comunicazione, resilienza, problem solving, creatività e flessibilità.

I laboratori si svolgono all’interno degli spazi dell’università, distribuiti tra i vari poli, in modo da ripopolare luoghi familiari associati allo studio con attività extra curriculari pensate per coinvolgere la comunità universitaria in nuove esperienze artistiche.

Il primo laboratorio di Danze Popolari a Palazzo Nuovo e il primo concerto di Sassofoni, hanno avuto un buon esito.

Il prossimo evento del 2025 sarà Marimba in Suono, concerto a cura di Cesare Fornasiero del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino, che si svolgerà il 31 gennaio dalle 18 alle 19,45, nell’Auditorium del Complesso Aldo Moro, in Piazzale Aldo Moro.

Oltre al concerto, a febbraio verranno avviati altri laboratori rivolti a studenti e studentesse:

Pause4Student: Laboratorio di Danza, dal 5 febbraio al 12 marzo, ogni mercoledì dalle 13,45 alle 15,15 allo StudiumLab a Palazzo Nuovo (Via Sant’Ottavio 20, Torino).

Hearts: Workshop Artistici per il benessere dell3 student3 universitar3, laboratori di teatro che verranno attivati a Torino, dal 19 febbraio al 9 aprile ogni mercoledì e dalle 13 alle 15 in Aula Magna del Rettorato (Via Po, 17, Torino) e a Grugliasco, dal 19 febbraio al 26 marzo, ogni mercoledì dalle 16,45 alle 18,45, nella Sala Eventi della Biblioteca Diffusa (Largo P. Braccini 2, Grugliasco).

Per iscriversi al concerto e ai prossimi laboratori si prega di compilare il seguente form: https://forms.gle/naoSRox9Lua7V4HS7

 

 

I laboratori sono aperti anche a partecipanti esterni all’Università di Torino, in base alla disponibilità di posti. Il calendario è in continuo aggiornamento e vi invitiamo a tenere d’occhio la pagina web di Facciamo Arte per informazioni aggiuntive sugli orari e sui luoghi di svolgimento: https://www.unito.it/ateneo/gli-speciali/facciamo-arte-laboratori-creativi-psicosociali