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Il mistero del Triangolo delle Bermuda, 5 dicembre 1945

ACCADDE OGGI

Forti tempeste, errori nella navigazione, problemi tecnici, addirittura forze paranormali o extraterrestri presenti in quella zona colpita da violenti e improvvisi uragani che sconvolgono mare e cielo e poi si disperdono rapidamente. Si è detto di tutto, lasciando spazio, anche troppo, all’immaginazione e fantasticando sulle possibili cause di quella tragedia. E se ne parla ancora, ogni anno, il giorno dell’anniversario. Sta di fatto che cinque aerei con 14 aviatori della Marina degli Stati Uniti scompaiono nel famoso Triangolo delle Bermuda, nell’Oceano Atlantico, durante un’esercitazione e non vengono mai più ritrovati. È passato quasi un secolo, era il 5 dicembre 1945. Come è potuto accadere? I racconti emersi in questi decenni sono tra i più svariati e alcuni anche molto strampalati. Si parla di onde gigantesche che emergono all’improvviso dagli abissi proiettando in aria le barche con una forza impressionante ma si narra anche di eruzioni di metano dalle profondità in grado di alterare la densità dell’acqua rendendo impossibile la navigazione. O perfino di attacchi di mostri marini e di calamari giganti che inghiottono i velivoli. Più realisticamente potrebbe invece trattarsi di un errore umano o di un difetto nella progettazione. È vero inoltre che nell’area specifica si trovano alcune delle fosse sottomarine più profonde al mondo e i relitti potrebbero trovarsi a molti chilometri dalla superficie dell’oceano. Il fondale marino si trova infatti a 6000-8000 metri sotto il livello del mare. Per le imbarcazioni il rischio di naufragio c’è sempre stato ma come è possibile far sparire anche gli aerei?
Le ipotesi sulle cause della scomparsa di aeroplani e navi nel Triangolo delle Bermuda sono molte ma cosa abbia causato queste sparizioni resta un mistero. Quasi 80 anni fa cinque aerei americani, conosciuti come Volo 19, decollarono dalla loro base in Florida per un normale addestramento e scomparvero inspiegabilmente nel Triangolo delle Bermuda. Né i velivoli né l’equipaggio furono mai più ritrovati. Quel giorno nacque la leggenda su cui si discute ancora oggi. Il Triangolo delle Bermuda è un’area oceanica di un milione di chilometri quadrati compresa tra Miami, l’arcipelago delle Bermuda e l’isola di Porto Rico. C’è da dire che si tratta di una zona dove spesso il meteo desta allarme e le condizioni del tempo sono pessime perché la corrente del Golfo crea vaste masse d’aria calda che generano onde alte parecchi metri e vere e proprie tempeste e bisogna aggiungere che molte di queste sparizioni misteriose sono avvenute in un periodo in cui le operazioni di salvataggio erano antiquate e poco efficaci. Sulla carta geografica quel triangolo è diventato il “triangolo maledetto”, un mistero che continua tra leggenda e realtà e che ha ispirato film, romanzi e serie televisive a non finire. All’interno di questo braccio di mare nel Novecento numerosi aerei e navi sono scomparsi senza lasciare traccia. Non è però un fenomeno solo novecentesco: gli storici ricordano che proprio in quest’area già Cristoforo Colombo annotò sul suo diario di bordo “strani e insoliti fenomeni” durante la navigazione.
I piloti degli aerei in volo sull’oceano potevano affidarsi esclusivamente alla bussola ma pare che quel giorno le bussole non funzionassero bene e le condizioni del tempo stavano peggiorando. Tanto è vero che il tenente istruttore Charles Taylor, a capo della missione, si perse un’ora dopo il decollo. Tragedia nella tragedia, anche uno degli idrovolanti di soccorso scomparve insieme ai 13 membri dell’equipaggio. Fu un disastro, relitti e corpi non furono mai trovati. Si trattò di un errore di valutazione del pilota secondo la Marina americana ma in seguito il verdetto fu cambiato in “cause sconosciute”. La Guardia Costiera ha comunque sempre fatto presente che il problema più grande in quell’area sono gli uragani con onde alte diversi metri. Le tempeste tra i Caraibi e l’Atlantico sono improvvise e possono dar vita a trombe d’acqua con effetti tragici per piloti e marinai. La sorte della Squadriglia 19 resta uno dei più grandi enigmi nella storia dell’aviazione.     Filippo Re

Piano Aria, discussione in Regione

Aggiornamento del Piano regionale di qualità dell’aria: il Consiglio regionale, dopo la presentazione del provvedimento dell’assessore all’Ambiente Matteo Marnati, ha svolto ieri la discussione generale e sono stati presentanti i primi emendamenti, a firma dei consiglieri Unia (M5s) e Conticelli (Pd). I lavori su questa delibera proseguiranno nella prossima seduta di Consiglio.
Marnati ha introdotto la proposta di deliberazione di Giunta: “Questo aggiornamento del Piano – ha detto – costituisce l’occasione per inserire misure innovative e formulare indicazioni normative per attivare le misure necessarie che ci consentano di rientrare nei valori limite, come richiesto dalla Corte di Giustizia Europea per gli inquinanti che ad oggi superano i limiti”.
L’assessore ha presentato la situazione attuale, in vista della programmazione del Piano per il periodo 2025-2030: “Come anno base è stato preso il 2023 che, dai dati forniti da Arpa Piemonte, è stato l’anno migliore in assoluto per quanto riguarda la diminuzione della concentrazione delle polveri sottili nell’aria. Tutti i capoluoghi di provincia rientrano nei parametri previsti dai limiti di legge: 35 giornate di sforamento all’anno, tranne Torino, che segna un importante miglioramento. Su 32 centraline di rilevamento presenti sul territorio piemontese, nel 2021 le centraline che avevano superato i 35 giorni di sforamento delle polveri sottili nell’aria erano state 13; nel 2022 12 e nel 2023, con una riduzione di circa l’84%, il superamento si è registrato solo in 2 centraline. L’aggiornamento del Piano – ha concluso l’assessore – prevede un insieme di azioni per il rientro nei limiti della qualità dell’aria nel 2025 e per migliorare in modo consistente in vista del 2030”.

Durante il dibattito generale sono intervenuti numerosi consiglieri di opposizione.
I consiglieri del Pd intervenuti: Nadia Conticelli, Gianna Pentenero, Mauro Calderoni, Simona Paonessa, Emanuela Verzella, Fabio Isnardi, Alberto Avetta, Mimmo Rossi, Daniele Valle, Monica Canalis, hanno sottolineato la notevole complessità del Piano e l’assenza di coraggio nell’affrontare il cambiamento climatico, la mancanza di dati sull’impatto delle misure dei Piani degli anni precedenti, la necessità di azioni concrete che rendano i trasporti pubblici preferibili rispetto all’uso dell’auto privata, le misure in campo zootecnico e agricolo. Al termine della discussione la presidente del gruppo Pd Pentenero ha chiesto che il provvedimento ritornasse in Commissione per approfondimenti. La richiesta è stata respinta dall’Aula.
Alice Ravinale (Avs) ha affermato: “nel 2021 l’Agenzia europea per l’ambiente ha certificato 4635 morti premature dovute all’inquinamento, abbiamo avuto una procedura di infrazione dalla UE e adesso pretendiamo addirittura le deroghe. In questo Piano inoltre le azioni impopolari vengono affidate ai Comuni, alle imprese e ai privati”.
Per il Movimento 5 Stelle sono intervenuti Alberto Unia, Sarah Disabato, Pasquale Coluccio che hanno messo in risalto come da anni si tengono tavoli sulla qualità dell’aria anche nei piccoli Comuni fuori dalla grande città perché l’aria non ha confini e i provvedimenti devono essere presi su larga scala. Hanno parlato dei problemi del traffico, della mobilità sostenibile, delle energie rinnovabili, delle emissioni di ammoniaca in campo zootecnico e dei necessari aiuti alle imprese. “Ci vogliono risorse economiche ingenti per portare a compimento la transizione ecologica”, hanno concluso.

Il consigliere Roberto Ravello (Fdi) ha invece sottolineato: “Noi rivendichiamo con orgoglio l’approccio scientifico utilizzato nella predisposizione dell’aggiornamento al Piano regionale per la qualità dell’aria. Una recente direttiva europea ha evidenziato le particolari caratteristiche del nostro bacino padano, aprendo alla possibilità di deroghe fino al 2040, per il rispetto dei nuovi e più stringenti parametri. Si tratta di un’opportunità da cogliere senza indugi”.

Ufficio Stampa Crp

Il Presepe Mondiale di Anja Längst

Informazione promozionale

L’artista bavarese Anja Längst partecipa alla manifestazione dei Presepi a Bardonecchia con il suo “Presepe Mondiale – Dal mistero della Natività al volo degli Angeli”, in mostra presso il suo spazio espositivo “Anja’s Atelier”

 

All’interno della manifestazione diffusa dal titolo “Bardonecchia paese dei Presepi”, che si svolgerà dal 7 dicembre 2024 al 26 gennaio 2025, in cui cento Presepi illumineranno le frazioni di Rochemolles, Millaures, Le Gleise, Les Arnauds e Melezet, oltre che Borgo Vecchio, inaugura la mostra “Il Presepe Mondiale- Dal mistero della Natività al volo degli Angeli” dell’artista bavarese Anja Längst. La mostra sarà visitabile per tutto il periodo della manifestazione e inaugurerà presso l’Anja’s Atelier, in piazza Europa 18 interno cortile, a Bardonecchia. L’orario di visita sarà tutti i giorni dalle 15 alle 19.

L’esposizione, proposta già nel 2003 a Torino nell’atrio della Stazione di Porta Nuova, nell’ambito della quarta edizione di “Piazza dei Presepi”, si rinnova a Bardonecchia mantenendo lo stile e i contenuti cari all’artista.

Oltre a un piccolo presepe in cartapesta, una capanna origami, due presepi in terracotta non dell’artista, un piccolo presepe dipinto con colori acrilici e lo sfondo di un altro Presepe realizzato con una foglia d’oro, l’esposizione vede protagonista un Presepe di maggiori dimensioni alto circa 1,50 metri e largo 2,30 metri, realizzato in legno compensato, dipinto con colori acrilici e che riporta disegni a inchiostro di china e figure in materiale plastico. Il colore rappresentativo dell’opera è il blu, simbolo cromatico che nell’artista richiama sentimenti di pace, di silenzio, di spiritualità, armonia, fiducia e mistero infinito. Inoltre il blu rappresenta il colore delle sue origini, essendo nativa della Baviera, nei pressi del lago Tegernsee.

Il colore blu, nell’ambito della cromoterapia, è una tinta che ha il potere di rallentare il battito cardiaco e di abbassare la pressione ottenendo un rilassamento di tutto il corpo. I simboli all’interno dell’opera sono molteplici e si sovrappongono in un’idea di amore e pace tra gli uomini.

La sfera disegnata che rappresenta il mondo vuole essere il simbolo della convivenza pacifica, oppure la Natività, che rappresenta la possibilità di salvezza per tutta l’umanità, e ancora il veliero che, disegnato in cielo, sembra affrontare il suo mare, l’universo, il desiderio e la sfida di tutti coloro che si lasciano alle spalle il passato alla ricerca di un nuovo inizio.

La mostra di Anja prosegue il percorso che l’artista ha iniziato trent’anni fa, finalizzato ad unire arte e artigianato con quel senso di humour, serenità e un tocco di serietà che sono la cifra stilistica dell’artista bavarese. Dal 1993 Anja ha spalancato le porte del suo Atelier prima in via Des Geneys, vicino alla parrocchia di Sant’Ippolito, a Bardonecchia, e da qui si è spostata al quartiere multietnico di San Salvario, a Torino, in via Belfiore 18. Tanti i bambini, i ragazzi e gli adulti che hanno varcato la soglia del suo inspiratorio per imparare a dipingere e decorare.

Dal 2002 al 2023 ha partecipato anche suo marito Benny Naselli, caricaturista e ritrattista. Dal 2010 si stabilisce nella centrale piazza Europa, a Bardonecchia, e di tanto in tanto si sposta a Torino e nel mondo per esporre le sue opere e i suoi “omini” realizzati su carta e tela.

Anja tiene, presso il suo Atelier, lezioni di pittura su appuntamento.

Per ulteriori informazioni: 349 1256344

 

Mara Martellotta

Lo Stradivari di Ferràndez sul podio dell’OSN Rai insieme al direttore Andrés Orozco – Estrada

Giovedì 5 dicembre, alle 20.30, all’Auditorium RAI Arturo Toscanini, si terrà il concerto che vedrà protagonista Pablo Ferràndez, uni dei violoncellisti definito da Le Figaro “il nuovo genio del violoncello”. Suona il preziosissimo Stradivari “Archinto” del 1689, prestato da un Maestro della Stretton Society. Pablo Ferràndez torna a suonare con l’OSN Rai, giovedì 5 dicembre, in un concerto che sarà trasmesso in diretta su Radio 3 e in live streaming sul portale di Rai Cultura. In replica venerdì 6 dicembre alle ore 20. Per il suo ritorno con l’OSN Rai, con la quale aveva debuttato giovanissimo nel 2017, propone il Concerto per violoncello n.2 in si minore op.104 di Antonin Dvořák, pagina fra le più note del compositore boemo, scritta intorno al 1895, verso la fine del suo soggiorno americano. Capolavoro della letteratura violoncellistica, è amato dai grandi solisti per l’esuberante virtuosismo e l’immediata presa emotiva dei temi di ascendenza folklorica tra Vecchio e Nuovo mondo. La sua prima esecuzione fu a Londra nel 1896, con lo stesso Dvořák sul podio e Leo Stern come solista.

Sul podio dell’Orchestra Rai è chiamato il direttore principale Andrès Orozco-Estrada. Nato a Medellin, in Colombia, nel 1977, ha debuttato con l’OSN nel maggio 2022, e nell’ottobre 2023 ha iniziato la sua collaborazione come direttore principale. Nella seconda parte della serata Orozco-Estrada propone il poema sinfonico di Richard Strauss “Tod und verklärung” (morte e trasfigurazione), che illustra i temi dell’agonia umana e della salvezza ultraterrena, muovendosi tra l’esasperazione materialistica di stampo decadente e l’eterna aspirazione romantica.

La scena finale dell’opera, il canto di Isolde sul corpo di Tristano, cerca la soluzione al conflitto tra amore e morte nella trascendenza, nel passaggio a una forma altra, diversa da quella umana, di concepire quel desiderio di vita che costituisce la fonte inesauribile dell’eros. Mahler e Strauss concepiscono il proprio mondo in sintonia con la cultura del loro tempo, in cui le voci moderne sono Shopenhauer, Wagner e Nietzsche. “Morte e trasfigurazione” op.24 è un breve poema per grande orchestra di Richard Strauss, che iniziò a comporre nella tarda estate del 1888, e completò il 18 novembre 1889, dedicandola all’amico Friedrich Rosch.

In chiusura un’altra pagina di Strauss, ma all’insegna del divertimento, il poema sinfonico “Till Eulenspiegels lustige Streiche” ( I tiri burloni di Till Eulenspiegel), definito dallo stesso autore molto allegro e spavaldo. Fu composto tra il 1894 e il 1895, ha avuto la prima assoluta a Colonia il 5 novembre 1895 sotto la direzione di Franz Wüllner. Racconta gli scherzi e le avventure di un personaggio di fantasia molto popolare in Germania, Till Eulenspiegel. I due temi che rappresentano Till sono interpretati dal corno e dal clarinetto; il tema del primo è una melodia che procede cadenzata fino al suo culmine, per poi ricadere e terminare in tre note lunghe e forti, decrescenti in scala. Il tema del clarinetto è più complesso, come a suggerire un burlone intento a preparare i suoi scherzi.

Biglietteria: biglietteria.osn@rai.it e online sul sito dell’OSN Rai

 

Mara Martellotta

 

Titolare di caf si faceva pagare per i permessi di soggiorno

La titolare di un Caf nel Cuneese si sarebbe fatta pagare per i permessi di soggiorno. È stata scoperta dalla Squadra mobile della Questura di Cuneo. La donna, ora ai domiciliari,  è indagata per favoreggiamento all’immigrazione clandestina. I documenti illeciti che avrebbe rilasciato a decine di immigrati, a fronte di somme superiori di alcune migliaia di euro,  consentivano loro la permanenza temporanea in Italia.

Sarajevo, una sera alla casa del dispetto

Una sera Goran volle a tutti i costi portarmi a cena all’Inat Kuca. Diceva che non si poteva immaginare quant’è bella e accogliente Sarajevo senza passare almeno una serata bevendo birra Sarajevsko e scoprendo le delizie della cucina bosniaca. Quindi, cosa poteva offrire di meglio la città di quel ristorante che i sarajevesi considerano una vera e propria istituzione? L’atmosfera di questa costruzione in stile turco affacciata sulla Miljacka con un superbo dehors sul fiume, è sempre speciale. Il menù propone piatti tipici della tradizione bosniaca, non facili da trovare negli altri ristoranti del centro della città. Anche a tavola Sarajevo esprime quel suo carattere orgogliosamente meticcio, multiculturale nonostante tutto, influenzato tanto dalle tradizioni ottomane e balcaniche quanto da quelle mitteleuropee e mediterranee. Del resto non può essere diversamente per una città il cui nome trae origine dal turco antico “saraj”, cioè il palazzo ma anche luogo d’incontro e scambio. Se spesso ci sedevamo davanti a un chiosco della Bascarsija, rimpinzandoci di birra, Ćevápčići e burek, secondo il tradizionale rito del fast food balcanico, quella sera cenammo su tavoli di legno antico, con tovaglie ricamate e una infinità di proposte interessanti a base di zuppe, carni, verdure e legumi. Intendiamoci: a me è sempre piaciuto pranzare nel locale spartano di Zeljko o nei chioschi affollati e vocianti delle vie attorno al bazar. Vado matto per i Ćevápčići, quelle deliziose polpette un poco allungate di carne di agnello arricchita di spezie e cipolla e cucinate sulla brace. E il burek? Quella specie di torta salata dalla sfoglia sottile ripiena di carne (o verdure e formaggio, nella versione vegetariana) e cotta  ricoprendola interamente con le braci ardenti, è gustosissima. All’Inat Kuca, volendo, ci sono gli stessi cibi della cucina povera bosniaca. Ero tentato di restare sul già sperimentato ma Goran insisteva perché assaggiassi il bosanski lonac (“bosnian pot” sul menù in inglese, ovvero pentola bosniaca),piatto molto saporito che consiste di verdure assortire, carne, pomodoro e spezie, fatte cuocere a lungo in casseruola. E poi una particolarissima pita fatta di sottilissima pasta fillo arrotolata ripiena di carne o verdure.

 

Preparata dentro a dei grandi tegami rotondi chiusi con un coperchio e infilati sotto una coltre di brace ardente. Ci venne servita caldissima con kíselo mlijèko , lo yogurt casalingo, spalmato sullo stesso piatto. Goran non si tirava mai indietro quando sedeva a tavola. Si divorò anche un piatto di súdžukice, gustosa salsiccia arrostita sempre sulla pietra. Per giustificarsi mi disse che si trattava di una mala pórcija, la porzione piccola (tanto per darvi un’idea erano tre salsicce) e non una ben più robusta e impegnativa vèlika pórcija, cioè la porzione grande da cinque salsicce. Che dovevo dirgli? Salute, Goran. E complimenti per il tuo stomaco di ferro. Io ero sazio e non riuscivo  a mandar giù più niente. Lo convinsi a rinunciare (anche se dall’espressione del suo volto direi che lo fece a malincuore) ai dolci. Terminammo con una bella tazza di bósanska kafail caffè bosniaco non filtrato,  preparato e servito nelle caffettiere in rame e un giro di rákija, la grappa nazionale  ( in ragione del distillato di frutta fermentata cambia il nome e quella era la dúnjevača, uno straordinario e profumato liquore di mela cotogna. Goran raccontò la storia dell’originale nome di quella casa che da tempo ospitava il ristorante. Mi disse che attorno al XIX secolo si trovava sulla riva opposta del fiume quando ne venne disposto l’abbattimento da parte delle autorità austroungariche per fare posto alla biblioteca nazionale, l’imponente Vijećnica. Il proprietario non intendeva ragioni e, pressato dalle autorità dell’Impero viennese, si intestardì fino a sfidarle, pretendendo che la abitazione venisse trasferita, pietra su pietra, dall’altro lato del fiume. Pensava che la cosa fosse impossibile e invece il suo capriccio venne esaudito in poco tempo e nel breve di due anni venne costruito al suo posto l’imponente edificio. Così oggi l’Inat Kuca, la casa del Dispetto, sorge sulla sponda opposta della Miljacka proprio di fronte all’imponente mole della biblioteca che, dopo il rogo provocato dalle granate dei nazionalisti serbi il 25 agosto del 1992, è stata ristrutturata e oggi ospita il municipio. Pagato l’onestissimo conto, uscimmo e ci incamminammo verso la Bascarsija, alzando lo sguardo sui minareti che parevano voler fare il solletico a un cielo notturno ricamato da milioni di stelle. C’era in giro ancora parecchia gente per le vie attorno alla moschea del Bey , la Begova Dzamija, uno dei più notevoli monumenti turchi in Europa. Era un buon segno, a riprova che l’anima della città, nonostante il dolore e le rovine di quel fine secolo di conflitti e violenze, era viva.

Marco Travaglini

Padel Open Palavillage, chiusa la seconda edizione

Si è conclusa domenica 1° dicembre la seconda edizione dell’Open Palavillage, il torneo dedicato ai giocatori di padel agonisti tesserati dalla quarta alla prima fascia.

1 settimana  dal 24 novembre al 1° dicembre – 174 partecipanti, 100 partite disputate, 11.000 € di montepremi e un grande pubblico per il torneo evento di Palavillage che ha richiamato presso la struttura di Grugliasco (Torino) centinaia di appassionati e curiosi per assistere alle partite.

A trionfare per l’open maschile Santino Giuliani e Fabian Oviedo; per l’open femminile primo gradino del podio per Alba Izquierdo e Marta Porras.

Dei 174 atleti partecipanti, 15 sono i giocatori stranieri e 11 le presenze di prima categoria italiana. Ben 25 giocatori sono invece allievi della scuola padel di Palavillage, tra i quali si è distinto con il miglior risultato Lorenzo Romano – tra i primi iscritti della scuola e oggi maestro accreditato FITP e membro dello staff di Palavillage – uscito sconfitto ai quarti di finale perdendo al terzo set contro i vincitori del torneo.

 

L’Open Palavillage è stato realizzato grazie al contribuito dei main sponsor AMC Dezzani e Busiceti e grazie alla collaborazione di Ceresa Mori, EcoMec Impianti, EcoMan e Gino Auto.

Un successo importante reso possibile anche grazie al contributo tecnico dello studio Fisio&Funzione e della Dottoressa Armeni, che hanno assistito gli atleti pre, durante e post gara.

 

Palavillage

Viale Lucio Battisti 10, Grugliasco (TO)

Telefono: 011 1947 5700 | www.palavillage.com

Mario Odasso, ufficiale alpino in Albania e Russia

Giorgio Ferraris, maestro elementare in pensione, da tanti anni sindaco di Ormea in alta Val Tanaro, al confine con la Liguria, autore di libri importanti sugli alpini al fronte russo tra il 1942 e il 1943 (Alpini dal Tanaro al Don, In prima linea a Nowo Postojalowka, Le ultime tradotte per la Russia), ha pubblicato per l’editore Araba Fenice un interessante profilo dell’ufficiale delle penne nere Mario Odasso. Nato a Garessio il 7 dicembre del 1898, Odasso prese parte come giovane ufficiale di complemento al primo conflitto mondiale e ricoprì un ruolo di grande rilevanza su tutti i fronti dove vennero impegnate le truppe alpine nella Seconda Guerra mondiale. Con il grado di maggiore  comandò il Battaglione Intra, inviato in Albania con la Cuneense dopo il fallito tentativo di occupazione della Grecia. In quella circostanza condusse personalmente una delle poche operazioni militari dell’esercito italiano coronate da successo di quella guerra, prima dell’intervento delle truppe germaniche. Il comando del Battaglione degli alpini Intra fu un esperienza importante considerato che rappresentava, nella storia delle penne nere, il più antico corpo di fanteria da montagna attivo nel mondo, quasi una leggenda. Costituitosi nel 1908 con il nome di Pallanza, assunse un anno più tardi la denominazione che lo rese famoso tra gli alpini. La nappina che distingueva questi alpini era verde e il loro motto era tutto un programma: “O u roump o u moeur !”, “O rompo, o muoio”. Odasso, promosso tenente colonnello, prese successivamente parte alla campagna di Russia come Capo dell’Ufficio Operazioni del Corpo d’Armata Alpino e, all’inizio della ritirata, svolse una delicata e fortunosa missione speciale. Nominato Capo di Stato Maggiore del Corpo Alpino, dopo aver organizzato il rientro in patria dei soldati italiani sopravvissuti alla disastrosa ritirata, venne gravemente ferito da un bombardamento aereo russo e i postumi della ferita lo costrinsero al ritiro dalla vita militare, conclusa con il grado di generale. A guerra finita, il Battaglione Intra, a quel tempo inquadrato nel 4° Reggimento Alpini della Divisione Taurinense, non venne più ricostituito, restando così nei ricordi di coloro che ne fecero parte, in pace come in guerra. Va sottolineato che al rientro in Italia, nella sua casa a Intra, Mario Odasso non solo non aderì alla Repubblica di Salò ma avviò i contatti con il Cln clandestino di Verbania e con le formazioni della Resistenza, preparando la calata al piano dei partigiani e assumendo il comando della piazza militare verbanese. Quando si costituì la prima amministrazione comunale di Verbania dopo la Liberazione fu chiamato dal sindaco socialista Andreani a far parte della giunta in qualità di vicesindaco, incarico che ricoprì fino alla primavera del 1946. Il libro di Giorgio Ferraris, arricchito da una importante documentazione fotografica sulla campagna greco-albanese del Battaglione Intra, ricostruisce la vita di questo alpino di poche parole e di forte tempra, apprezzato e rispettato dai suoi uomini, che seppe fare scelte importanti a testa alta, dimostrando grandi capacità militari e una forte umanità. Ferraris mette in rilievo, infine i valori che hanno ispirato la vita di quest’uomo tutto d’un pezzo: l’onestà e lo spirito di libertà.

Marco Travaglini

L’Albero di Natale di Victoria’s Secret illumina la Galleria San Federico 

Torino si prepara a vivere una serata di magia e atmosfera natalizia con l’accensione dell’albero di Natale firmato Victoria’s Secret, in galleria San Federico. L’evento si terrà il 5 dicembre  alle ore 18.30 e darà ufficialmente il via alle festività natalizie alla presenza di Matteo Ortolina, general manager di Victoria’s Secret, e dell’Assessore al Commercio e ai Mercati del Comune di Torino, Paolo Chiavarino.

A rendere unica la serata, lo store Victoria’s Secret in via Roma accoglierà la musica dal vivo del Giuliano Ligabue Trio che, con un repertorio di classici natalizi, scalderà cuori e atmosfera.

Victoria’s Secret è il maggiore rivenditore al dettaglio nel mondo di intimo.

 

Mara Martellotta