ilTorinese

La Fondazione 1563 della Compagnia di San Paolo al Salone del Libro con il progetto REMEMBR-HOUSE

 

Lunedì 22 maggio, alle 16,30, la Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo presenterà al Salone del Libro di Torino (Sala Gialla, Padiglione 2) il progetto REMEMBR-HOUSE, realizzato in collaborazione con il MEIS, il Museo nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, di Ferrara.

REMEMBR-HOUSE, sostenuto dall’Unione Europea all’interno del programma CERV – Citizens, Equality, Rights and Value Programme, è un progetto incentrato sulla memoria della Shoah ed è rivolto a docenti, educatori, operatori culturali e studenti e ad un pubblico internazionale.

Il tema centrale del progetto è la casa, nella sua dimensione di spazio fisico ed emotivo al tempo stesso. L’obiettivo è quello di incentivare un lavoro creativo a partire dalle carte del Fondo EGELI, custodite dalla Fondazione 1563, che consentono di recuperare dettagliate liste dei beni sequestrati agli ebrei in Piemonte e Liguria dopo l’emanazione delle leggi razziali fasciste nel 1938 e negli anni successivi. La casa si trasforma così in un mezzo straordinario per avvicinare alla storia della Shoah: far rivivere la memoria di stanze e oggetti perduti stabilisce un legame con il passato e con storie individuali che diventano simboli per riflettere sul presente e sui diritti umani fondamentali.

Al Salone del Libro di Torino i ragazzi delle scuole potranno sperimentare i laboratori didattici di REMEMBR-HOUSE, lavorare sulle fonti e ricostruire, in scala e con una loro personale rielaborazione, le case degli ebrei perseguitati durante il nazifascismo.

L’attività al Salone proseguirà con Sara Gomel, filosofa, educatrice e scrittrice, che introdurrà il tema della casa dal punto di vista della filosofia per ragazzi in un incontro indirizzato ad insegnanti ed operatori culturali.

Dopo Torino, la prossima tappa del progetto sarà il 30 maggio online sulla piattaforma Zoom per lanciare il concorso a premi internazionale di REMEMBR-HOUSE, che metterà alla prova studenti, istituzioni e centri di aggregazione giovanile di tutta Europa.

Sulle colline di Torino torna l’antica coltivazione dello zafferano grazie a Sofràn

 

Il progetto è dell’imprenditrice Giulia Abbruzzese e il prodotto è già disponibile presso il negozio Biraghi di Piazza San Carlo a Torino

 Il cuore e l’idea dell’azienda Sofràn sono dell’imprenditrice Giulia Abbruzzese che ha deciso di investire in una delle spezie più antiche e preziose, lo zafferano, portandone la coltivazione a Torino. Per farlo, l’imprenditrice ha scelto un contesto unico, la storica villa ottocentesca del Conte Zanetti, fino a pochi decenni fa sede della celebre clinica Villa Salus, trasformando una tradizione millenaria in un’occasione di cambiamento utile a valorizzare un luogo carico di storia. Oggi lo zafferano Sofràn ha trovato una collocazione d’eccellenza: il negozio Biraghi di Piazza San Carlo che dal 2019 raccoglie al suo interno il meglio dell’enogastronomia del Piemonte nel salotto di Torino, raccogliendo il testimone dello storico emporio Paissa.

 

Sofràn, espressione dialettale piemontese utilizzata per identificare la spezia, nasce con il desiderio di promuovere un prodotto dalle molteplici proprietà, riportandone la coltivazione in Piemonte, un tempo celebre nel mondo anche per il suo zafferano di grande qualità. Da alcuni antichi trattati storici del XV secolo si evince infatti che questa regione in passato era un punto di riferimento mondiale – in particolare per le corti parigine – per quanto riguarda la coltivazione di questa spezia. Sofràn trova, quindi, il suo ambiente ideale sulle colline sabaude, dove un giusto clima e le piogge giocano un ruolo fondamentale nella coltura di questa pianta che raggiunge il suo equilibrio perfetto.

 

Lo zafferano Sofràn viene ricavato dai filamenti del fiore (Crocus Sativus), detti stimmi, manualmente essiccati e confezionati interi, per garantire la massima purezza e qualità. Dalle analisi eseguite sul prodotto, tutti i parametri risultano conformi alla prima categoria della norma ISO/TS 3632-1:2011, tanto da classificare Sofràn come “eccellente”. Il prezioso prodotto, inoltre, si presenta in un packaging unico ed elegante nel quale la spezia è conservata all’interno di una botticina di vetro per conservarne inalterate tutte le sue caratteristiche organolettiche. La spezia oltre che per il suo aroma intenso, è ricca di vitamine, proteine, e antiossidanti ed è utilizzata anche per scopi terapeutici come regolatore dell’umore o per favorire le funzioni digestive.

 

Il progetto di Giulia Abbruzzese unisce l’imprenditoria femminilel’amore per la propria terra e l‘eccellenza di un prodotto dai molteplici benefici. «Con Sofràn ho voluto realizzare un sogno: portare sulle colline torinesi un’antica spezia di cui da sempre sono innamorata», ha dichiarato l’imprenditrice Giulia Abbruzzese. «Sono molti anni che lavoro a questo progetto e mi rende orgogliosa vedere le prime confezioni in vendita in una location unica come Piazza San Carlo a Torino, nel negozio di Biraghi, che ben si sposa con l’esclusività di questo prodotto».

 

«Siamo lieti di ospitare un’altra eccellenza piemontese all’interno del negozio Biraghi in Piazza San Carlo a Torino», ha affermato Gabriele Bolle, Direttore Marketing di Biraghi S.p.A. «Il nostro impegno è sempre volto a selezionare le primizie locali e il progetto di Giulia Abbruzzese ci ha colpito fin da subito per la sua unicità e il suo legame con il territorio: uno zafferano 100% torinese che siamo sicuri incuriosirà i turisti che sempre di più frequentano la città».

 

Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito al link: www.sofran.it

Lo zafferano Sofràn è anche acquistabile online su www.biraghiacasa.it

 

Peso del prodotto: 0,5 g

Prezzo di lancio: € 9,90

Gratteri e Nicaso, conferenza sulla ‘Ndrangheta

IL 19 maggio si e´tenuta a Palazzo Arsenale, presso il Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito, la conferenza “Multinazionale ‘ndrangheta. L’Organizzazione criminale piu´ramificata del mondo” con Nicola Gratteri e Antonio Nicaso,  in un dialogo con Paolo Di Giannantonio e Germana Zuffanti, preceduta dai saluti del Comandante, il Generale di Divisione Stefano Mannino.

Sono almeno 34 i Paesi in cui la presenza della ‘ndrangheta e´confermata e dove costituisce una minaccia grave al pari dei cartelli messicani, delle triadi cinesi o delle mafie postsovietiche; in Italia le ramificazioni sono arrivate in molte regioni, la primaper  infiltrazioni e´la Lombardia, a seguire ci sono il Piemonte, la Liguria, il Veneto, la Valle D’Aosta, il Trentino Alto Adige e il Lazio. Questa multinazionale criminale e´sempre piu´globale e interconnessa, in grado di creare macrostrategie, infiltrarsi nel territorio e governarlo, capace di penetrare le istituzioni e contaminare l’economia. La ‘ndrangheta possiede una nuova identita´ che si e´ adattata ai tempi e con il suo “sguardo presbite” conta sempre di piu´ sullo smaltimento dei rifiuti tossici, sul gioco d’azzardo online e sulle droghe sintetiche (che hanno un livello superiore di tossicita´ e inducono piu´ rapidamente la dipendenza)senza rinunciare, comunque, a tutte quelle attivita´ come il traffico di armi, la prostituzione e la contraffazione che, oltre a rendere economicamente, consolidano una posizione di potere stabilita nel tempo attraverso la creazione di una forte rete relazionale e “traffico di influenze”. Questa nuova versione della mafia calabrese ha compiuto lunghi passi  verso il business del futuro, si avvale delle nuove tecnologie, mantiene un profilo basso, centellina la violenza e punta alla “normalizzazione” della propria immagine anche mediante l’uso dei social network che vengono utilizzati non solo per inviare messaggi criptati, e quindi poco intercettabili, ai narcotrafficanti messicani, brasiliani ocolombiani, ma anche con l’obiettivo di creare “forme di inter-realta´” che guadagnano centinaia di like e visualizzazioni.

La neo ‘ndrangheta, non piu´ predatoria ma “avanguardista”, continua ad esplorare oltre confine e, con grande fiuto e  spiccata attitudine a sfruttare ogni occasione per fare affari, ha intuito gia´da diverso tempo quanto l’Africa possa essere redditizia sia per il suo smisurato serbatoio di risorse, ma anche per il terribilescenario di poverta´e disperazione, fonte di caos e quindi dibusiness. Diamanti grezzi, macchiati del sangue di bambini, donne e uomini “dallo sguardo spento”, pagati con  armi destinate agruppi ribelli ma anche a Stati, eserciti e corpi di polizia. Il coltan, un minerale nero metallico necessario per la produzione di apparecchi tecnologici, il tantalio utilizzato nell’industria aerospaziale e nel nucleare, detenuti in una alta percentuale in Congo, sono alcune tra le materie prime di cui la   ‘ndrangheta va a caccia e che baratta con  l’artiglieria destinata ai “signori della guerra” africani, indispensabile per loro guerriglie. Purtroppo anche le risorse umane rappresentano merce di scambio per la criminalita’ organizzata, disperati alla ricerca illusoria di una vita migliore partono in massa verso le nostre coste e una volta arrivativengono impegnati in lavori sottopagati e spesso indegni. E poi ci sono i rifiuti tossici che in questo continente, martoriato e sfruttato, arrivano in grande quantita´ e quasi tutti provenienti dall’industria hi-tech e farmaceutica mondiale, tonnellate di veleni e vecchi dispositivi elettronici vengono scaricati in mare o in aree naturali africane.

E l’Ucraina? La ‘ndrangheta sara´ gia´pronta ad approfittare di questa “tavola imbandita” su cui c’e´di tutto: business edilizio, armi, traffico di esseri umani, mercato nero e fondi europei? Si parla gia’ di 600 miliardi di danni, senza contare le infrastrutture, un affare ghiotto per chi guadagna dove ci sono catastrofi. D’altronde tutto cio’ e´ gia´ capitato durante il Covid-19, un’emergenza che ha fatto arricchire le organizzazioni criminali prima con il “welfare di prossimita´ “ e poi rilevando le aziende che durante la pandemia rischiavano di chiudere, il tutto con la pretesa di mascherare tali azioni speculative per azioni filantropiche a sostegno di famiglie e aziende in sofferenza, innescando, invece, un meccanismo di dipendenza da cui difficilmente si esce. Tutto questo Nicola Gratteri e Antonio Nicaso ce lo raccontano in maniera approfondita  nel libro “Fuori dai confini”, ci spiegano che “le mafie sono come i virus, mutano in continuazione per adattarsi ai cambiamenti dell’organismo sociale che le ospita”. La ‘ndrangheta oggi e’ una azienda moderna al passo con i tempi,  che fa affari anche in tempo di guerra, “la mafia calabrese d’altronde gli affari li ha sempre fatti”.

MARIA LA BARBERA

Basket: Torino chiude la serie e vola in semifinale!

21 mag 2023

Si chiude in Gara 4 la serie dei Quarti di Finale per la Reale Mutua Basket Torino che esce vittoriosa dall’Allianz Cloud con il punteggio di 89-87 al termine di una partita intensa e vibrante. Ora, in semifinale, l’avversaria dei gialloblù sarà la Gruppo Mascio Treviglio. In Gara 4, quattro uomini in doppia cifra per coach Ciani, con Jackson il migliore con 16 punti a referto.

Parte forte l’Urania in questa Gara 4 che si porta subito in vantaggio 4-0. Jackson con la schiacciata sblocca la Reale Mutua dopo quasi 3’ di gioco (4-2). Montano segna la tripla, Milano va in vantaggio 9-2 e coach Ciani è costretto a fermare la partita con il time-out. Dopo la sospensione capitan De Vico segna la tripla che riavvicina Torino (9-5). Mayfield si sblocca e segna cinque punti in fila (11-10 a 3’30” dalla prima pausa). Il primo vantaggio torinese arriva poco dopo grazie a quattro punti consecutivi di Jackson (14-11) e questa volta è la panchina milanese a fermare la partita. Si entra nell’ultimo minuto di primo periodo sul 17-13 in favore di Torino. Il primo quarto si chiude in perfetta parità a quota 19.

Il secondo quarto si apre con la tripla di Schina che riporta Torino avanti (22-19), ma Montano dall’altra parte risponde con la stessa moneta. Viene fischiato un antisportivo a Piunti che la Reale Mutua sfrutta mettendo a segno quattro punti (26-22 dopo 2’30” di gioco). Il solito Montano con la tripla riavvicina l’Urania (28-27), ma De Vico segna dall’angolo (31-27) e coach Villa decide di fermare la partita con il time-out. Piunti segna a rimbalzo d’attacco e l’Urania torna a -4 (35-31). Sul 38-34 (1’50” all’intervallo lungo) in favore della Reale Mutua coach Franco Ciani decide di spendere il suo ultimo time-out di questo primo tempo. Al rientro in campo Guariglia segna con il tap-in e Torino resta sul +5 (40-35 a 1’ dalla pausa lunga). Il canestro di Guariglia chiude il primo tempo sul 44-39 in favore della Reale Mutua.

Al rientro in campo dopo la pausa lunga la partita riprende con la tripla di Mayfield che mette a referto il +7 torinese (47-40). Il canestro di Jackson in contropiede vale il massimo vantaggio gialloblù sul +9 (51-42). Cavallero segna da tre punti e l’Urania torna a -6 (53-47 dopo 3’ di gioco). Hill segna quattro punti in fila prima della tripla di Vencato che vale il 58-51. Cinque punti in fila di capitan De Vico valgono il nuovo +9 torinese (63-54) e coach Villa è obbligato a fermare la partita con il time-out. Ancora Hill segna quattro punti in fila e riavvicina Milano sul -5 (63-58 a 3’ dall’ultima pausa) e questa volta è coach Ciani a fermare la partita con il time-out. Pepe segna da tre punti dopo la sospensione, imitato da Piunti (66-62). Il canestro di Zanotti vale il nuovo +7 torinese (71-64) che è anche il punteggio con cui si chiude il terzo quarto.

L’ultimo quarto si apre con i liberi di Pepe da una parte e la tripla di Ebeling dall’altra (73-67). Anche Mayfield segna da tre punti e Torino torna sul +9 (76-67 dopo 1’30” di gioco). Piunti segna per Milano e Guariglia segna dall’altra parte (78-69 a 6’30” dalla fine) e coach Villa ferma la partita utilizzando il suo secondo time-out. Milano si scuote e segna due triple consecutive che la riportano a -3 (78-75), ma Jackson dall’altra parte risponde con la stessa moneta (81-75). Si entra negli ultimi 4’ di partita con il tabellone che recita 83-79 in favore della Reale Mutua. Hill pareggia la contesa a quota 84 e coach Ciani ferma la partita con il time-out. Al rientro in campo sempre Hill trova il canestro del vantaggio milanese, ma Jackson trova subito il pareggio (86-86). Mayfield ruba palla e segna in contropiede il +2 torinese a 50” dalla sirena finale (88-86). Hill realizza un solo libero così come Guariglia (89-87 a 2” dalla fine). L’ultimo tiro di Pullazi non va: Torino vince la serie e vola in semifinale.

Urania Milano – Reale Mutua Basket Torino 87-89 (19-19, 39-44, 64-71)

Urania Milano: Potts 7, Piunti 10, Ebeling 3, Valsecchi 2, Hill 22, Amato NE, Montano 22, Ciccarelli NE, Marra NE, Pezzola NE, Pullazi 18, Cavallero 3. All.: Davide Villa.

Reale Mutua Torino: Mayfield 17, Fea NE, Vencato 5, Schina 6, Jackson JR. 16, Poser 3, Guariglia 12, De Vico 11, Beltramino NE, Pepe 13, Zanotti 6. All.: Franco Ciani.

Il commento di coach Franco Ciani: “Complimenti a Urania perché oggi sotto diversi aspetti ci sono stati superiori in vari tratti della partita nonostante fossero rimaneggiati. Non siamo stati lucidi nel gestire il vantaggio che avevamo creato ma abbiamo avuto la capacità di fare un ultima difesa che ci consente di sorridere e guardare alla semifinale. Ora abbiamo cinque-sei giorni per preparare una serie difficile senza fattore campo”.

CEV Super Finals, al Pala Alpitour la Volley Champions League regala grande spettacolo

Grande spettacolo e un Pala Alpitour gremito per le CEV Super Finals che hanno visto il VakıfBank Spor Kulübü e Grupa Azoty ZAKSA Kędzierzyn-Koźle laurearsi le migliori squadre d’Europa.

Particolare soddisfazione per il successo della squadra turca, a trazione italiana, guidata in panchina da Giovanni Guidetti che ha battuto le concittadine dell’Eczacibasi Istanbul 3 a 1 aggiudicandosi la Coppa per la sesta volta grazie anche a una grande prestazione Paola Egonu, autrice di una partita davvero straordinaria.

Il derby polacco che valeva il titolo maschile è andato invece al termina di una partita entusiasmante al Grupa Azoty ZAKSA. La squadra di Kędzierzyn-Koźle, seguita a Torino dalla Sindaca Sabina Nowosielka ricevuta venerdì a Palazzo Civico e ieri sera sulle tribune a tifare insieme alle migliaia di polacchi arrivati a Torino che per tutta la gara hanno sostenuto a gran voce i propri beniamini ha superato al tiebreak lo Jastrzębski Węgiel.

Torino Soprannaturale. Tra sensitivi, faccendieri della magia e il Santone delle Vallette

«Torino Soprannaturale. Tra sensitivi, faccendieri della magia e il Santone delle Vallette» (Intermedia Edizioni), scritto dai torinesi Andrea Biscàro, saggista, e Livio Cepollina, giornalista e autore radiotelevisivo, consente l’accesso a una Camera del Tempo squisitamente subalpina, dagli anni Trenta ai Novanta del Novecento, con atmosfere in bilico tra realtà e fascinazione. Un percorso insolito lungo vie, portici, appartamenti, personaggi noti e meno noti legati alla magia, alla chiromanzia, alla sensitività. Il tutto condito con qualche storiella “esoterica” collaterale, non di rado ai limiti della legalità, in grado di trasmetterci profumi e battiti d’antan.

In questa inedita corsa nelle notti torinesi, l’accenno a Rol è intenzionalmente fugace, tant’è la sua fama all’ombra della Mole. Di Rol si è detto e scritto ampiamente. In «Torino Soprannaturale»è invece presente il resto di una Torino notturna – in penombra anche quando il sole è allo zenit – che gli autori hanno recuperatoda vecchi e polverosi articoli di giornale e da una serie di interviste esclusive ai protagonisti di quegli anni.

I Lettori scopriranno che un certo Carlo Bustico è stato fra noi, sui divani della buona società subalpina in cerca di mistero. Su di lui poco sappiamo, malgrado le tracce recuperate qua e là dal baule del Tempo, incluso il rapporto intercorrente tra il nostro e la Torino occulta dagli anni Quaranta ai Settanta, attirato com’era dal mondo salottiero che strizzava l’occhio all’esoterismo.

Dopo l’incontro iniziale con Bustico, il viaggio prosegue con una serie di personaggi un tempo noti e sui quali non può calare il sipario: Germana Grosso, Giorgio Pontiglio, Maria Pia Daleth, Luciano Proverbio, il pittore Alessandri, Giuseppe Trappo e altri ancora.

Ciò che emerge da questo saggio sulla Torino esoterica del tempo che fu, va in controtendenza con l’immagine stereotipata che vuole il capoluogo subalpino come opaco. Torino è stata una fucina di umanità tutt’altro che fredda, men che meno grigia seppur caratterizzata da tratti sfuggenti che l’hanno resa una città crepuscolare che sapeva sorprendere senza far baccano.

In chiusura, una storia mai raccontata: la biografia del Mago Gabriel, al secolo Salvatore Gulisano. Con lui si accede a una dimensione unica, bizzarra e magica. Il mago Gabriel è stato un personaggio unico nel panorama televisivo, inizialmente sulle emittenti locali torinesi, poi nazionali grazie a Mai dire TV, dove veniva preso di mira dalla Gialappa’s Band per via del suoitaliano sconquassato, per non parlare degli improbabili esperimenti Eso e Terici. Ma Gabriel non è stato soltanto questo: prima del successo televisivo, Torino lo ricorda come il Santone delle Vallette, popolare quartiere cittadino, dove il mago ha saputo raccordare, a modo suo, tradizioni della terra d’origine, superstizione e magia. Grazie ai ricordi familiari si è andati oltre il personaggio, così da incontrare l’uomo nella sua storia di vita.

Croce Rossa in campo per l’allerta meteo

Volontari, operatori e Sale Operative della CRIPiemonte sono tutti operativi per l’emergenza maltempo. Ecco una immagine del territorio piemontese dove la CroceRossa sta svolgendo attività di monitoraggio e di supporto al sistema di ProtezioneCivile

 

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Tove Ditlevsen “Dipendenza” -Fazi Editore- euro 15,00

E’ l’ultimo tassello dell’opera autobiografica di Tove Ditlevsen, l’importante poetessa e scrittrice danese nata nel 1917 e morta suicida nel 1976. Autrice della Trilogia di Copenaghen in cui ripercorre le tappe principali della sua perigliosa esistenza: “Infanzia” (primo volume, pubblicato in patria nel 1967), seguito da “Gioventù” ed ora concluso con lo struggente “Dipendenza”.

Anche in questo capitolo finale il suo sguardo sulla vita è amaro e disincantato; ci trascina nel suo mondo, nel suo sentire e nella sua sofferenza con parole che ci afferrano e non ci lasciano più.

Dopo un’infanzia difficile («… lunga e stretta come una bara ….» così la descrisse) e una giovinezza altrettanto stentata, alla ricerca della realizzazione di quel talento innato per la scrittura, ora Tove è una donna adulta.

Ha appena 20 anni, ma si sente pesantemente sposata da una vita con l’editore 53enne Viggo Frederik Møller; e non è certo un matrimonio d’amore, pilotato più che altro dalla madre di lei.

Viggo è freddo, supponente e distante. Ma lei gli è grata per averla sposata e per avere pubblicato la sua prima poesia sulla sua rivista.

Adesso Tove sta cercando di scrivere il suo primo romanzo, a mano su carta protocollo gialla e in silenzio, senza usare la macchina da scrivere per non disturbare col rumore il marito.

Poi nella sua vita irrompe il 25enne studente di economia Ebbe, che assomiglia a Leslie Howard e la incanta fin dal primo incontro. Per lui lascia il marito, e lo sposa in seconde nozze. Un amore passionale e travolgente che si assopisce di colpo dopo la nascita della figlia Helle. Poi di nuovo un rapporto sempre più difficile, con in mezzo un sofferto aborto clandestino e tante incomprensioni.

Infine entra in scena il medico Carl, che lei non ama affatto, ma dipende da lui dal momento in cui per procurarle un altro aborto illegale le ha somministrato la Petidina. Un potente analgesico che propaga nel suo corpo una beatitudine mai provata prima. E’ l’inizio della vorticosa discesa negli inferi della tossicodipendenza.

Tove lascia anche il secondo marito, pur di avere costantemente libero accesso a quel pericoloso liquido che la «…eleva all’unico piano di esistenza al quale mi interessa vivere».

La sua esistenza deraglia, lei peggiora a vista d’occhio e si isola da tutti, scivolando sempre più nell’abisso al quale seguirà il ricovero e la faticosa disintossicazione …..

Come andrà a finire la vita della scrittrice lo sappiamo.

Lei, che era uno spirito creativo e libero, non riuscirà mai a venire a patti con la vita; si sentirà sempre fuori posto ed affogherà il suo male di vivere in alcol e droghe. Fino al tragico epilogo: la morte per un’overdose di sonniferi che fermò la sua vita a soli 58 anni.

E questo libro ci fa comprendere a fondo il suo male di vivere.

 

Norman Mailer “Un sogno americano” -La nave di Teseo- euro 20,00

Mailer, di cui ricorre il centenario della nascita, per alcuni è stato uno dei maggiori autori americani; per altri invece troppo dedito ad eccessi, violenza, sesso e misoginia.

Nato nel New Jersey il 31 gennaio 1923 e morto a New York nel 2007, fu più cose. Presunto boxeur, candidato 2 volte come sindaco della Grande Mela, inanellò 6 mogli ed ebbe 9 figli. Incontrò la fama come scrittore nel 1948 con “Il nudo e il morto”. Autore di 40 libri, vincitore di 2 Premi Pulitzer; ma anche poeta, giornalista, sceneggiatore e regista.

Un sogno americano”, quarto romanzo di Mailer, uscì nel 1965, in 8 puntate su “Esquire” in piena epoca beat, e suscitò parecchio scalpore. Narra una torbida storia che si consuma nell’arco di 32 ore vertiginose ed è anche una meditazione sul male.

Il protagonista è Steven Rojack: laureato ad Harvard, eroe di guerra, amico di J.F. Kennedy, professore di psicologia esistenziale, personalità televisiva, attore e figura pubblica. E alcuni tratti della sua vicenda richiamano la vita vera di Mailer che negli anni Sessanta accoltellò la seconda moglie Adele (che però non sporse denuncia).

Invece il protagonista 45enne, mezzo ebreo, Steven Rojack, sposato per interesse con l’ereditiera Deborah, ora sta affrontando il divorzio che si trascina per le lunghe. Una sera va a trovarla, i due bevono e discutono, lui ubriaco perso in un accesso incontrollato d’ira la strangola, poi la lascia riversa sul pavimento e si infila nel letto della cameriera di lei, come se niente fosse.

In un secondo tempo torna nella stanza del delitto e scaraventa il cadavere dalla finestra per simulare un suicidio. Un volo nel vuoto e un’auto che passa sopra la vittima aumentano lo scempio del suo corpo.

Ovvio che i sospetti ricadano subito su Rojack, che però se la gioca abilmente: tra fughe nei bassifondi newyorkesi e jazz club, mafiosi, scambi erotici bollenti, sesso con la cantante di night – club Cherry della quale forse si innamora, vincite inaspettate a Las Vegas e continue pressioni della polizia affinché confessi il delitto.

E’ un’anima nera quella del protagonista: ambiguo moralmente e sospeso tra continui riferimenti al bene e al male, accenni al diavolo, un torbido cocktail di sesso, violenza e ambiguità morale.

Dal romanzo fu tratto anche il film nel 1966 diretto da Robert Gist, “An american dream”, in italiano tradotto “Vivi e lascia morire”, con Eleanor Parker nel ruolo di Deborah.

 

Elisa Fuksas “Non fiori ma opere di bene” -Marsilio- euro 19,00

E’ il secondo romanzo della scrittrice e regista nata a Roma nel 1981 e racconta la sua perigliosa ricerca della tomba del nonno paterno, che tutti erano convinti riposasse al Cimitero del Verano a Roma. Invece scoprirà che non è così. Elisa Fuksas è la figlia dei fondatori dell’omonimo famoso studio di architettura cosmopolita e visionaria.

Questo libro è affascinante, un intelligente e profondo viaggio tra vita e morte, tra il regno dei vivi e quello dell’eterno riposo di chi non c’è più. Un peregrinare tra senso della vita e ineluttabilità della fine, ma anche nelle radici del proprio passato, non sempre facile da rintracciare e ricostruire.

La protagonista -autrice inizia il suo percorso a ritroso, partendo da suo padre, Massimiliano Fuksas rimasto orfano a soli 6 anni nell’Italia del dopoguerra. Del nonno, Elisa sa pochissimo e annaspa tra scarne informazioni.

E’ come una fantasma che aleggia nella vita di Elisa; sa che si chiamava Raimundas o Raimondo, era lituano italianizzato, medico e in un certo senso ebreo. Aveva conosciuto la moglie all’università dove studiava filosofia e lui medicina; si erano sposati contro il volere della famiglia di lei, andando a vivere in un misero monolocale. Raimondo era sempre elegante e abituato a fare colazione in giacca e cravatta; ben diverso dai familiari romani e caciaroni della sposa.

Raimondo era morto giovane il 15 ottobre del 1950, non si sa bene di cosa: ictus, ischemia, embolo. L’unica testimonianza a cui aggrapparsi era stata quella della nonna, rimasta vedova prestissimo, ma campata fino alle 100 candeline e morta da pochi anni.

Lei ricordava che il marito era spirato in casa, al Gianicolo, all’improvviso una notte, vomitando acqua.

Il loro era stato un grande amore, tranciato troppo presto dal destino; e dopo 20 anni di vedovanza la moglie si era risposata con un italiano. Ora le loro ceneri riposavano in due urne vicine, nel loculo di un cimitero di campagna.

Invece Raimundus dove era sepolto solo solingo? Secondo il padre della scrittrice le spoglie riposano nella tomba di famiglia della nonna, insieme a quei parenti acquisiti ma invisi. Lui non ci va da 60 anni ma ricorda che la tomba era la 132, nona a destra dell’ingresso principale del Verano….

E’ così che la protagonista intraprende il complicato viaggio nel monumentale cimitero capitolino. Una vasta città dei morti edificata in seguito all’editto di Saint Cloud del 1804 che imponeva le sepolture fuori dalle mura cittadine, nei secoli cresciuta fino a coprire la superficie immensa di oltre 83 ettari.

Elisa che non frequentava volentieri i camposanti, ora invece vi si addentra con il fiuto del segugio, andando così anche alla ricerca delle sue origini nella lontana Lituania che non ha mai neanche visitato. Ed è un ‘avventura- metafora di tutte le morti, le sparizioni.

Una continua riflessione sulla vita e la morte; su tutto quello che sta intorno al morire, tra riti, sepolture e tantissimo altro. Un libro che induce a meditare….

 

 

Maria Castellitto “Menodramma” -Marsilio- euro 16,00

Questo è l’esordio letterario della 25enne figlia del regista Sergio Castellitto e della scrittrice Margaret Mazzantini, sorella di Pietro che a sua volta è attore, regista e scrittore con al suo attivo il romanzo “Iperborei”.

Maria in realtà ha sempre scritto fin da bambina, ma senza mai farne parola in famiglia; poi a 20 anni ha iniziato a pubblicare articoli su un giornale. Ma lo scatto è avvenuto mentre studiava in Inghilterra e sul computer annoverava vari inizi di possibili storie, oltre alle materie di studio.

Il resto è venuto da sé, incoraggiata dai genitori ai quali aveva fatto leggere parti del romanzo.

E in parte l’esperienza londinese traspare nel libro, la cui protagonista è la quasi 24enne Duna, romana laureata in Filosofia che vive a Londra dove si mantiene leggendo sceneggiature.

Duna non è un personaggio autobiografico, ma in alcune interviste Maria Castellito ha chiarito che certi pensieri e stati d’animo della sua protagonista li ha vissuti anche lei.

La storia racconta anfratti delle nuove generazioni. Parla di confusione, disperazione, delusioni; sostanzialmente della difficoltà di incasellarsi nel mondo secondo la propria natura più autentica e profonda. In un certo senso è un romanzo generazionale, in cui a dubbi e insicurezze fa da contraltare la costante ricerca di risposte e soluzioni.

Intorno a Duna si muovono suoi coetanei con problematiche simili, senso di inadeguatezza in generale, ma soluzione diverse. Per esempio il miglior amico, il problematico Alexander, alla fine finisce in una clinica psichiatrica.

Potremmo dire che il romanzo parla di quel male del vivere e senso della fine che attanaglia ogni processo di crescita, ma che in gioventù appare spesso molto arduo.

Nelle pagine scorre un senso della fine che sembra stia per arrivare e coincide con la fine della giovinezza che ha già nostalgia di se stessa.

Ma è una sorta di morte simbolica, e anche se il pensiero del suicidio sfiora Duna, alla fine la vita fa sempre uno scatto.