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Cia agricoltori, da Vercelli il messaggio forte del riso

«Il riso non è solo una coltura, ma un presidio economico, culturale e ambientale del nostro Paese, che oggi rischia di essere sacrificato sull’altare di scelte politiche miopi e accordi internazionali squilibrati. Serve un cambio di passo, ora»: con queste parole Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia Agricoltori italiani, ha concluso i lavori del convegno “La filiera del riso tra cambiamento climatico e commerciale”, tenutosi sabato 13 settembre, nella suggestiva Cripta della Basilica di Sant’Andrea a Vercelli.

Un’occasione di confronto ad altissimo livello, che ha riunito i protagonisti dell’intera filiera risicola – dalla produzione alla distribuzione, passando per le istituzioni nazionali e locali – in un momento cruciale per il comparto. L’Italia, leader europea con oltre 226 mila ettari coltivati e una produzione di 1,4 milioni di tonnellate (90% tra Piemonte e Lombardia), si trova oggi ad affrontare una tempesta perfetta: aumento dei costi di produzione, calo dei prezzi, importazioni incontrollate (+17% da Paesi terzi), crollo dell’export e norme UE ambientali ritenute eccessivamente penalizzanti.

Nel suo intervento conclusivo, Fini ha delineato una roadmap in quattro punti per salvare il settore: aggiornamento dei dazi, fermi dal 2004; introduzione di una clausola di salvaguardia automatica e snellaper fermare le importazioni incontrollate; applicazione effettiva del principio di reciprocità negli scambi internazionali; una PAC riformata, più vicina alle imprese, che investa in innovazione e nuove tecnologie (incluse le TEA).

«La clausola di salvaguardia attuale è lenta e inefficace. Serve un meccanismo rapido e automatico per un prodotto sensibile come il riso. E i nostri agricoltori non possono più subire una concorrenza sleale da chi produce con regole diverse e spesso inaccettabili – ha ribadito Fini –. Non chiediamo protezionismo, ma equità e buon senso». E ha lanciato un appello: «Dall’Italia deve partire una strategia europea condivisa per il riso. Non possiamo più aspettare».

A dare il benvenuto è stato Gabriele Carenini, presidente di Cia Piemonte e Valle d’Aosta, che ha sottolineato la centralità del territorio nel panorama europeo. «Oggi, da Vercelli, capitale europea del riso, parte un confronto concreto, con relatori che rappresentano tutta la filiera, dalla produzione alla grande distribuzione. Un’occasione per leggere con chiarezza l’andamento dei mercati, l’evoluzione dei consumi e il pericolo delle importazioni senza regole», ha detto Carenini, evidenziando l’urgenza di scelte politiche in grado di tutelare la qualità e il reddito degli agricoltori.

Decisamente pragmatico l’intervento dell’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Paolo Bongioanni, che ha puntato tutto su innovazione e ricerca: «Senza questi due pilastri, le nostre aziende non riusciranno a vulnerare i mercati e affrontare i cambiamenti climatici e le fitopatie. Lo abbiamo già visto con la Tonda Gentile, che ha subito un tracollo perché non abbiamo saputo rinnovare e prevenire».

Importanti gli annunci dell’assessore: dalla firma del primo protocollo di ricerca congiunto con la Lombardia sul riso, che avverrà nei prossimi giorni a Cheese, alla presentazione – entro novembre – della riforma del sistema di gestione irrigua, ferma da decenni. Inoltre, Bongioanni ha annunciato l’apertura, nel 2026, di una nuova sede della fondazione Agrion a Vercelli, dedicata proprio alla ricerca sul riso.

Sulla questione dei pagamenti agricoli, l’assessore ha promesso una svolta: «Abbiamo dato mandato ad Arpea di collaborare con Agea per velocizzare le erogazioni, troppo lente in passato».

Tra i saluti istituzionali, anche il sindaco di Vercelli Roberto Scheda e il presidente della Provincia Davide Gilardino.

Nella relazione introduttiva, Roberto Magnaghi, direttore generale dell’Ente nazionale Risi, ha tracciato un quadro dettagliato: «Dal 2010 ad oggi, l’Ue ha perso 80.000 ettari coltivati e 350.000 tonnellate di produzione, mentre i consumi sono saliti di 400.000 tonnellate e l’import di 750.000 tonnellate. I dati ci dicono che il mercato c’è, ma manca una politica commerciale che tuteli davvero la produzione europea».

Magnaghi ha anche evidenziato le gravi distorsioni del mercato: «Il riso importato dal Myanmar, ad esempio, arriva oggi a 346 €/t CIF Nord Europa, con un crollo di oltre 340 euro rispetto al 2024. Ma da quei Paesi importiamo prodotti ottenuti con fitofarmaci vietati in Ue e con pratiche non sostenibili. Non chiediamo barriere, ma condizioni di concorrenza eque».

Infine, ha ricordato come nel 2025 si attenda una produzione nazionale record da 1,5 milioni di tonnellate, a fronte però di stock crescenti (+64.000 t nell’industria, +62.000 t nei campi), a dimostrazione della difficoltà nel collocamento.

La tavola rotonda ha visto una partecipazione di altissimo livello, con la presenza del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, e del sottosegretario all’Agricoltura, Patrizio Giacomo La Pietra, oltre ai rappresentanti dell’intera filiera: Natalia Bobba (Ente Risi), Mario Francese(Associazione Industrie Risiere Italiane), Alessandro Neri (Coop Italia) e Giovanni Daghetta (responsabile nazionale Settore riso di Cia).

Nel corso del dibattito, moderato dal giornalista Osvaldo Bellino, sono stati toccati tutti i temi chiave del comparto: il ministro Pichetto Fratin ha affrontato i temi del deflusso ecologico e della normativa sul fotovoltaico in agricoltura, su cui il suo Ministero è pronto a confrontarsi per evitare danni alla produzione; il sottosegretario La Pietra ha raccolto le richieste emerse dal documento unitario della filiera, sottolineando la necessità di una nuova politica commerciale europea basata su dazi equi e sul rispetto delle normative sanitarie e ambientali; il rappresentante dell’industria, Francese, ha evidenziato il rischio di un nuovo calo dei prezzi a causa delle alte rimanenze e si è interrogato sulla necessità di una maggiore organizzazione dell’offerta produttiva; Neri, in rappresentanza della grande distribuzione, ha posto l’accento sull’attenzione crescente del consumatore per l’ambiente, ma anche sulla necessità di comunicare meglio il valore del riso italiano; la presidente di Ente Risi, Bobba, ha descritto lo stato di salute della filiera e le iniziative dell’Ente Risi per affrontare il climate change e i nuovi consumi; Daghetta ha infine ribadito le priorità della produzione agricola, ponendo interrogativi sulla tenuta dell’attuale struttura di mercato del riso in un contesto profondamente cambiato.

Il convegno si è chiuso con un segnale forte e condiviso: la necessità di un patto tra politica, istituzioni e filieraper salvaguardare la risicoltura italiana ed europea. Un settore che, come ha ricordato il presidente Fini, “non chiede protezioni, ma regole giuste, investimenti in ricerca e rispetto per chi produce qualità nel rispetto dell’ambiente”.

 

A Torino la giornata Europea della cultura ebraica

La giornata Europea della cultura ebraica – svoltasi domenica 14 settembre – ha rivestito quest’anno una particolare importanza e significato, in ragione della cupa e tragica situazione politica internazionale, a partire dalla questione Israelo – Palestinese.

La celebrazione è stata condotta con grande serietà, equilibrio e garbo dalla Vice Presidente della Comunità ebraica dott.ssa Anna Segre

Nelle parole della rappresentante della Comunità sono emerse chiaramente la preoccupazione e il timore per l’ esponenziale aumento dell’odio nella nostra società. Per contrastarlo ha auspicato il maggior impegno comune possibile e, in questo senso, ha più volte sottolineato l’importanza vitale di iniziative di dialogo e fraternità come la nascita “Tavolo della Speranza”.

Su questa iniziativa e su i suoi sviluppi nazionali si sono soffermati il rappresentante della Coreis Idris Bergia, il Presidente del Comitato Interfedi Valentino Castellani e il Vice Presidente del Comitato per i diritti umani Giampiero Leo, intervenuto in rappresentanza del Presidente dello stesso, Davide Nicco e della Presidente della Fondazione CRT prof.ssa Anna Poggi. Leo nel suo intervento ha ripreso il concetto – espresso anche dall’assessore comunale Rosanna Purchia e dalla consigliera regionale Monica Canalis – della assoluta necessità di un grande lavoro a livello culturale e di formazione, per educare al rispetto dell’altro, alla coesistenza, alla collaborazione e alla costruzione di un più grande Bene Comune.

Giampiero Leo

Concetti questi espressi con grande forza sia dal documento unitario delle confessioni religiose a livello piemontese, che dall’appello rivolto a tutto il Paese dai vertici nazionali della chiesa cattolica, delle comunità ebraiche e dei più importanti e significativi filoni religiosi del mondo islamico. Specificamente in questo appello viene rivolto un auspicio e un messaggio che recita testualmente: “auspichiamo che le nostre comunità religiose possano promuovere, in questo senso, attività locali e nazionali, culturali e formative, con l’attivo coinvolgimento delle istituzioni nazionali e delle amministrazioni locali”.

Rispetto a questa specifica e concreta richiesta, il Consigliere Leo ha potuto concludere il suo intervento con una notizia positiva e di speranza. Ovvero, che tanto il Comitato per i diritti umani e civili della Regione Piemonte, quanto la Fondazione CRT – grazie ad una speciale sensibilità della presidente prof.ssa Poggi e della segretaria generale avv. Polliotto – hanno già approvato e autorizzato una serie di iniziative ad Hoc, che prederanno il via ai primi di ottobre del corrente anno, per proseguire poi per tutto il 2026.

Doppio MITO al Grattacielo Intesa Sanpaolo e al Le Roi Music Hall

Lunedì 15 settembre MITO SettembreMusica offre due appuntamenti: il primo alle 18 presso l’Auditorium del Grattacielo Intesa Sanpaolo, all’interno del percorso “Mitja”, e il secondo alle ore 22 a Le Roi Music Hall, all’interno del percorso “Ascoltare con gli occhi”. Nel primo dei due concerti, che ha già fatto registrare il tutto esaurito, l’Elliot Quartet eseguirà di Dmitrij Šostakovič il Quartetto n.6 in sol maggiore op.101, il Quartetto n.11 in fa minore op.122 e il Quartetto n.8 in do minore op.110. L’Elliot Quartet è formato da Maryana Osipova e Alexander Sachs al violino, Dmitry Haline alla viola e Michael Preuɓ al violoncello, in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Fondato a Francoforte sul Meno nel 2014, nel corso dei suoi dieci anni di attività l’Elliot Quartet si è affermato come uno degli ensemble di punta nella scena dei quartetti d’archi. Dopo aver ottenuto riconoscimenti in concorsi internazionali, come il secondo premio al concorso Mozart di Salisburgo e il secondo premio al concorso di musica da camera di Melbourne, tre premi speciali al concorso di musica tedesca e un premio speciale per la migliore interpretazione di un’opera di Szymanowski al concorso omonimo, è stato invitato a esibirsi in molte sale da concerto in Europa, come il Mozarteum di Salisburgo, il Gewandhaus di Lipsia, l’Alte oper di Francoforte e la Filarmonica di Berlino.

Alle ore 22, Le Roi Music Hall ospiterà il concerto per pianoforte di Francesco Tristano all’interno del percorso “Ascoltare con gli occhi”. Eseguirà di Matteo Franceschini “Gravity”; di Domenico Scarlatti la Sonata in re minore K 32”, la Sonata in sol minore K 450 e la Sonata in re minore K 141; di Luciano Berio verrà eseguito Rounds, e dello stesso compositore Francesco Tristano dall’album Tokyo Stories i brani Hotel Meguro, Città al neon, Chi non ha l’auto, Il terzo ponte a Nakameguro, Insonnia, Nagizaka. A suo agio tanto nelle sale da concerto quanto nei club, il pianista e compositore lussemburghese Francesco Tristano è un virtuoso anche nell’andare contro ogni convenzione. Il programma Piano 2.0 riflette la sua personalità d’artista, capace di spaziare dalla musica barocca alla techno, rompendo ogni vincolo e barriere stilistiche in nome della musica. Tristano, classe 1981, è un pianista e compositore che fa parte di una generazione che collega senza sforzi i mondi della musica classica e della tecnologia moderna. Conosciuto per il suo suono caratteristico, radicato nel pianoforte classico con l’elettronica, il suo lavoro affascina gli ascoltatori di tutto il mondo. Le sue performance espressive e le sue composizioni innovative si ritagliano un’identità distinta nella musica contemporanea, dove precisione e creatività si incontrano. Il suo stile è caratterizzato da un paesaggio sonoro ricco e dinamico che fonde l’intimità tattile del pianoforte con le  aste potenzialità dell’elettronica, creando esibizioni emozionanti contemporaneamente. L’impegno di Tristano nella musica barocca e contemporanea lo pone in prima linea nel panorama della musica classica. Le sue origini italiane sono centrali nella sua identità artistica e nell’approccio alla musica, riflettendoci in un programma tutto italiano, dove dialogano i temi della tradizione, dell’innovazione e della profondità emotiva. Questa è la sua prima apparizione a MITO SettembreMusica.

MARA MARTELLOTTA

Automotive, Torino e Piemonte tra crisi e rilancio: il futuro di Mirafiori nella transizione verso ibrido ed elettrico

L’industria automobilistica italiana si trova in una fase di forte cambiamento, segnata dalla transizione verso l’elettrico e l’ibrido, dalla volatilità della domanda e dalla necessità per i grandi gruppi di ripensare i propri piani industriali. Questa dinamica è particolarmente evidente a Torino e in Piemonte, territori che da decenni rappresentano il cuore del settore e che oggi devono affrontare le sfide di un mercato in trasformazione. I numeri recenti raccontano di una produzione in calo: nel primo semestre del 2025 in Italia sono usciti dagli stabilimenti poco più di 270 mila veicoli, con una contrazione di circa il 26% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre nel solo mese di giugno la produzione di auto non ha superato le 24 mila unità. Anche le immatricolazioni vivono una fase complessa, con alti e bassi legati alla congiuntura economica e alle politiche di incentivo; si registra comunque una crescita delle alimentazioni alternative, con ibride ed elettriche che guadagnano spazio, seppur senza compensare del tutto la flessione complessiva della domanda.

In questo contesto il Piemonte mantiene una filiera ricca di competenze, con stabilimenti produttivi, centri di ricerca e una rete di fornitori che continuano a rappresentare un punto di forza. Tuttavia, la difficoltà di tenere il passo con gli investimenti necessari e il ricorso frequente agli ammortizzatori sociali rischiano di indebolire il tessuto industriale, soprattutto nelle aree più legate alle produzioni storiche. Un simbolo di questa situazione è lo stabilimento di Mirafiori, dove Stellantis ha annunciato il rilancio della Fiat 500 in versione ibrida e interventi per adeguare le linee produttive, mentre la 500 elettrica ha subito negli ultimi mesi fermate e rallentamenti dovuti a una domanda europea altalenante. Accanto a questo la direzione del gruppo ha introdotto piani di uscite volontarie per diverse centinaia di lavoratori, con l’obiettivo di ridimensionare l’organico e favorire l’ingresso di nuove figure con competenze più adatte alla produzione elettrificata.

I sindacati, dal canto loro, esprimono forti preoccupazioni: denunciano il rischio di impoverimento occupazionale e chiedono piani industriali più chiari e vincolanti, sottolineando la contraddizione tra gli utili generati dal gruppo a livello globale e la situazione di incertezza che vivono i lavoratori sul territorio. L’attenzione è puntata sulle garanzie occupazionali, sul ricorso limitato e non strutturale agli ammortizzatori sociali e sulla necessità di accordi che coinvolgano anche le istituzioni locali e il governo centrale.

Le prospettive per Torino e il Piemonte dipenderanno dalla capacità di conciliare esigenze industriali e tutele sociali. Il lancio di modelli ibridi come passaggio intermedio verso una più ampia diffusione dell’elettrico potrebbe consentire di mantenere volumi produttivi, ma richiederà investimenti consistenti e una decisa politica di riqualificazione dei lavoratori. Allo stesso tempo sarà fondamentale diversificare il ruolo del territorio, puntando non solo sulla produzione di serie ma anche su ricerca, sviluppo e servizi tecnologici legati a software, connettività, batterie e sistemi di guida assistita. Solo un equilibrio tra investimenti concreti delle imprese, dialogo sindacale costruttivo e sostegno pubblico potrà garantire che la transizione non si traduca in una perdita di centralità per Torino, ma in una nuova fase di rilancio.

Lo sciatore Franzoso è morto dopo una caduta in Cile

Durante un allenamento sulle Ande cilene, il 25enne sciatore azzurro Matteo Franzoso è rimasto vittima di una grave caduta: dopo un salto ha perso il controllo, scivolando sotto una rete di protezione e andando a sbattere violentemente contro una barriera frangivento.

Il velocista, tesserato con le Fiamme Gialle, ha riportato un serio trauma cranico ed è stato trasportato in elicottero a Santiago, dove e’ deceduto dopo un ricovero in terapia intensiva in coma farmacologico. I genitori lo hanno raggiunto in ospedale.

Franzoso, nato a Genova il 16 settembre 1999 e cresciuto sciisticamente a Sestriere, ha debuttato in Coppa del Mondo nel superG della Val Gardena il 17 dicembre 2021. Vanta 17 presenze nel circuito maggiore, una vittoria in Coppa Europa (superG a Zinal nel 2021) e un recente successo nel superG Fis di Orcieres Merlette, lo scorso febbraio.

Cani e gatti non sono pacchi di contrabbando

FRECCIATE

Si dice “il cane è il miglior amico dell’uomo”. Già. Ma troppo spesso l’uomo si conferma il peggior nemico del cane. La cronaca ci racconta dei cuccioli di labrador venduti in provincia di Torino come merce da contrabbando: senza pedigree, senza microchip, senza garanzie sanitarie. In pratica: pacchi da sballare, non esseri viventi.

Ora, la questione non è soltanto legale, ma culturale. Finché gli animali saranno trattati come oggetti da esibire, status symbol da pagare a peso d’oro, ci sarà sempre chi se ne approfitterà, lucrando sulla pelle – è il caso di dirlo – di creature indifese. La verità è che chi vuole davvero un cane o un gatto non ha bisogno di mercati grigi e allevatori improvvisati: basta varcare la soglia di un canile o di un gattile. Lì, dietro le sbarre, decine di occhi aspettano da anni qualcuno da amare, senza chiedere pedigree o certificazioni.

C’è chi obietta che un quattrzampe preso in adozione “non è di razza”, come se l’amore avesse etichette. È un’illusione borghese che fa più male agli animali che bene all’uomo.

Ecco allora l’importanza di leggi come quella voluta da Michela Vittoria Brambilla, che finalmente riconoscono gli animali come esseri senzienti e non come beni di consumo. Pene più severe per chi maltratta, traffica o abbandona non sono vendetta: sono giustizia minima, è la società che si ricorda di avere una coscienza.

Perché se non siamo capaci di rispettare chi non ha voce, difficilmente riusciremo a rispettare anche noi stessi.

Iago Antonelli

Investire nei crediti deteriorati: il ponte tra finanza e immobiliare

di Massimiliano Valdini

Negli ultimi anni il tema dei crediti deteriorati, i cosiddetti NPL e UTP, è diventato centrale non solo per gli operatori finanziari, ma anche per chi si occupa di immobiliare.

 

Si tratta di un mondo che all’apparenza sembra lontano dal mattone, ma che in realtà ne è intimamente connesso. Dietro un credito problematico, infatti, vi è quasi sempre un immobile che funge da garanzia: conoscere e saper valorizzare questo asset diventa la chiave per trasformare un problema bancario in un’opportunità di investimento redditizia.
Gli NPL, Non Performing Loans, sono crediti in sofferenza, cioè prestiti che il debitore non riesce più a rimborsare. Gli UTP, Unlikely to Pay, sono invece posizioni per le quali la banca valuta improbabile un rimborso regolare, ma che non sono ancora giunte al default totale. Accanto a queste situazioni troviamo i cosiddetti Past Due, crediti scaduti da oltre 90 giorni. Negli ultimi anni, sotto la spinta della BCE, le banche italiane hanno ceduto enormi portafogli di crediti deteriorati, generando un mercato secondario che offre occasioni straordinarie a chi sa leggere dietro i numeri e riconoscere il potenziale immobiliare che vi è nascosto.

Il legame tra credito deteriorato e mattone è strettissimo: mutui ipotecari non rimborsati, finanziamenti garantiti da immobili, aziende con patrimoni edilizi che finiscono in difficoltà. Ogni volta che un credito di questo tipo viene ceduto, dietro di esso si cela un bene reale da analizzare, stimare e, quando possibile, riportare sul mercato. Qui l’esperienza immobiliare fa la differenza: saper valutare uno stabile, comprenderne le criticità urbanistiche, prevederne le potenzialità di rivendita o locazione significa distinguere tra un affare e un insuccesso.
Il mio percorso personale nasce oltre vent’anni fa nel mondo dell’intermediazione immobiliare. Partito come agente, ho imparato a conoscere ogni sfaccettatura del mercato torinese, sviluppando la capacità di ascoltare i bisogni dei clienti e tradurli in soluzioni concrete. Con il tempo ho assunto incarichi di responsabilità come CTU del Tribunale di Torino e Perito della Camera di Commercio, attività che mi hanno portato a confrontarmi con situazioni complesse: perizie su immobili pignorati, valutazioni per esecuzioni giudiziarie, stime tecniche fondamentali per le aste. Da lì la transizione è stata naturale: non limitarmi più ad osservare e descrivere, ma entrare in prima persona nelle operazioni di investimento immobiliare e di gestione di crediti deteriorati.
Una tipica operazione inizia dall’identificazione del credito giusto: non ogni posizione è interessante, bisogna selezionare quelle legate a immobili situati in aree conosciute e dinamiche. Poi arriva l’analisi tecnica e legale, che consente di capire il reale valore di ciò che si ha di fronte. L’acquisizione del credito avviene a prezzi fortemente ridotti rispetto al nominale. Da lì parte la gestione, che può includere aste, accordi diretti con i debitori o percorsi di ristrutturazione. Infine, l’uscita: vendita o locazione dell’immobile, oppure chiusura della posizione con un margine significativo. In media, le operazioni di trading immobiliare garantiscono un ritorno del 12–15%, mentre quelle legate ai crediti deteriorati arrivano anche al 22–24%.

Ho seguito diversi casi che testimoniano il potenziale di questo settore. Un appartamento a Torino, legato a un credito nominale di 150.000 euro, è stato acquisito per 40.000 e rivenduto dopo gestione legale e ristrutturazione per 110.000. Un capannone industriale di un’azienda UTP è stato riconvertito a magazzino logistico, con un ROI superiore al 20%.
Naturalmente esistono rischi: tempi giudiziari lunghi, costi legali imprevisti, difficoltà nel rapporto con i debitori. Ma con esperienza, metodo e una rete di professionisti — notai, avvocati, geometri — questi rischi possono essere mitigati e trasformati in opportunità. La chiave è unire la visione imprenditoriale alla competenza tecnica, perché solo così il credito deteriorato diventa un’occasione e non un peso.
L’Italia resta uno dei paesi europei con il più ampio patrimonio immobiliare e con miliardi di euro ancora bloccati nei bilanci bancari sotto forma di sofferenze. Questo mercato continuerà a offrire opportunità, soprattutto a chi saprà unire la gestione finanziaria con la valorizzazione immobiliare. In questo senso, l’investitore non diventa solo un operatore alla ricerca di profitto, ma anche un attore della riqualificazione urbana e della rinascita di immobili che altrimenti resterebbero fermi.
Investire in crediti deteriorati non significa solo generare rendimento, ma contribuire a ridare vita a patrimoni sottoutilizzati. La mia visione è quella di costruire un ponte tra finanza e immobiliare, offrendo a investitori e partner un approccio trasparente e metodico. Se desideri conoscere meglio queste opportunità, contattami direttamente: metterò a disposizione la mia esperienza e il mio network per valutare insieme progetti concreti e collaborazioni possibili.

 

Massimiliano Valdini

3482280464

valdinimassimiliano@gmail.com

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Quando i “muri” tornano a rianimarsi

Sei artisti negli spazi dell’Officina ADhoc

Negli spazi dell’Officina ADhoc (via Cervino 24, sino al 14 ottobre), fondata in Barriera di Milano da Enrico Fabbri sette anni fa, luogo di lavoro e di comunicazione, studio fascinoso modernamente inteso (appunti, schizzi e fogli sparsi, tavoli che raccolgono progetti, manifesti e libri, una affettuosa e laboriosa quantità di libri sparsi, spazio per formativi scambi d’idee e riflessioni), sei artisti – sotto la guida, preziosa, di Elena Radovix – che tra fotografia, pittura, collage, incisione, installazione sovvertono e annullano la convinzione antica che i muri altro non siano che il foglio di carta bianco per perdigiorno e imbecilli. Riuniti in fantasioso quanto spericolato gruppo, sono Laura Berruto, Raffaella Brusaglino, Claudio Cravero, Bahar Heiderzade, Guido Pigni e Michele Rigoni. “Muri” è la mostra che essi compongono. Muri solidi e sostanziali, muri che sono pronti a imbrigliare ricordi, che lasciano nella memoria di ciascuno e nelle loro memorie personali una ragnatela di tracce, una ricostruzione d’identità, muri che fanno intravedere vite ed esistenze di un tempo, testimonianze di oggetti e di affetti abbandonati, oggi appannate o forse del tutto distrutte; muri che sono manifesto politico e memento bellico ma pure, con sguardo ben più ampio e quasi affannosamente legati alla parola speranza, angolo di poesia, spazi di rifugio per uomini di pace e di cultura, di nuovi amplificati ambienti, di reinvenzioni, di nuove appartenenze come di rapporti con epoche lasciate in bilico. “Ogni artista, seppur con linguaggi diversi, apre una prospettiva sul rapporto tra luoghi e persone, tra segni individuali, intimi e memorie collettive condivise”, sottolinea la curatrice. Ogni proposta, ogni intento all’insegna di quei “muri”, che umanamente, tra le grandi fragilità che tocchiamo giorno dopo giorno, tra simbologia e realismo, guardando alla realtà contemporanea, richiamano alla “chiusura e apertura, separazione e incontro, allontanamento e vicinanza”.

Tra questi “luoghi che parlano” spinge allo sguardo, in primo luogo, con prepotenza, il “Muro di Memoria” realizzato site specific per la mostra dall’artista iraniana Bahar Heidarzade, che già avevamo conosciuto e apprezzato lo scorso anno in una galleria del centro. Un’artista che ha abbandonato il proprio paese a ventisei anni, quell’Iran in cui non può esprimere la propria opinione, in cui vede cancellata ogni traccia di trucco o ogni desiderio di studiare musica, come di ballare o cantare, dove le è proibito togliere l’hijab, dove più volte è arrestata per il modo in cui lo indossa. Qui e oggi, un muro di mattoni, sul lato lungo di essi differenti scritte in lingua araba, un simbolo di collettività, tanti individui allineati, uno accanto all’altro, proprio come quei mattoni; ma pure un simbolo di separazione, il ricordo di confini invalicabili, di terre e di culture. Prevale il ricordo dell’abbandono, “questo muro è come uno scudo. Tutti i dittatori usano questo tipo di scudo per proteggersi”, ripete Bahar: e all’ombra di quel muro è ancora fisso il ricordo di quanti hanno tentato di attraversarlo.

Claudio Cravero, le radici nella grafica pubblicitaria e da sempre appassionato di fotografia, instancabile viaggiatore, presenta un gruppo di immagini che appartengono alla serie “Fantasmi”, nata nel 1996 e che ancora oggi viaggia in progress, la volontà affettuosa di “documentare i luoghi svuotati dalla presenza umana ma ancora intrisi di memoria.” L’autore va alla ricerca di tracce, del tempo perduto, forse anche lui del profumo delle mdeleines, attraverso la sospensione della luce naturale (e con quella rimanda chi guarda a certi nomi della pittura antica) grazie alla quale sembra voler esplorare, più da vicino, le crepe allineate sui muri, l’ombra di un quadro che lì è stato tante volte guardato, piccoli oggetti dimenticati e testimonianze suggerite, “archivi di vite”, muri che non sono barriere ma presenze che hanno raccolto e protetto innumerevoli vite umane. Guido Pigni “è da sempre attratto dai luoghi dismessi, di cui rimangono solo tracce.” Ancora spazi che avvolgono conflitti e memorie, simbologie, squarci urbani, giocati nelle incisioni e nelle acquetinte che diventano palcoscenici per una vita quotidiana. “È per me una metafora del deterioramento sociale di questi anni, della precarietà costante che ha sostituito le certezze e le sicurezze cui eravamo abituati, del senso di comunità che è venuto a mancare”, spiega l’artista. Un lavoro che vede inizialmente l’uso di lastre di ferro dismesse, scarti di lavorazione industriale che già abbiano in sé segni rugginosi: ma è la creazione di altre vite, ancora tracce di memoria e memorie urbane, con la nascita di esempi di devozione popolare, tra una Vergine accogliente e crocefissi e quadretti con il Cristo che stanno nella cucina di casa, oppure un solitario crocevia di un paese straniero: il diritto a preservare, “prima che il tempo o le trasformazioni della città li cancellino o li sovrascrivano.”

Uno sfondo e un primo piano sono il focus delle opere di Michele Rigoni. Dapprima, un ventaglio amplissimo di cartoline, bianconero o seppia, cartoline antiche “che hanno viaggiato”, ricevute o rintracciate qua e là, nei mercatini o in qualche cassetto, cartoline che hanno raccolto sentimenti e saluti e impressioni di viaggio; poi immagini di famiglia, chiuse negli album e riportate alla luce e indietro dal tempo. L’autore accomuna entrambe, le sovrappone, le intercala, le ricama con interventi tutti personali, stralci di memorie inserite elegantemente in strutture e in panorami dove la vita trascorsa mai aveva avuto accesso. Nuove composizioni, inserimenti che non ti aspetti: “Per me il muro è una soglia: un confine tra ciò che può svanire e ciò che potrebbe diventare.”

Da sempre chi scrive ama la pittura antica di Raffaella Brusaglino, quella di personaggi rinascimentali riportati davanti a noi, i visi e le posture di Piero che si fanno nuovi affreschi. Ama anche le opere della serie “Mappa Mundi”, ancora l’immissione delle rilucenti parti dorate e dei vari strati di pittura che nella mostra vedono gli inserimenti di memorie familiari. Gesso, sabbia, ossidazioni, pigmenti a costruire stratificazioni, la foglia oro e argento che ci ridona tutta l’antichità sino alla tradizione bizantina: stratificazione e luce che abbracciano nell’occasione frammenti dei progetti tecnici realizzati dal padre, ingegnere aeronautico. Piccoli precisi tratti, sezioni e raggiere che paiono quasi antichi fossili, macchie azzurroverdi, studi di un tempo e vitalismo di oggi, arte e tecnica preziosa in un dialogo che non è più soltanto il depositarsi sulla tela ma appropriarsi di un rapporto tra figlia e padre. Appropriata anche l’installazione “Pioniera”, scultura in alluminio con inserti di piccole piante, una figura femminile intenta a osservare, credo, quanto sia potuto nascere dopo la sparizione di un muro preesistente.

Per le fotografie di Laura Berruto, la curatrice parla di “un pellegrinaggio silenzioso tra le vie urbane” alla scoperta di immagini che vanno scomparendo, che hanno raccontato vite, hanno raccolto pensieri e impressioni, inviti all’acquisto, reclamizzazione di prodotti, i più svariati. Manifesti strappati, che secondo la lezione di Mimmo Rotella assumono un futuro e se lo rivestono, in piena autonomia: una fotografia potrà suggerire una fenditura del muro pronta a evocare la forma di un busto classico, un albero ben ramificato potrà mescolarsi alle maiuscole di una pubblicità o a quelle colorate che qualcuno ha disegnato; scritte con date e orari di qualche manifestazione ridaranno nuova vita al muso di una leonessa che ha probabilmente suggerito al pubblico una visita al vecchio circo che qualche mese fa metteva le tende nel quartiere. E il muro torna a rianimarsi.

Elio Rabbione

Nelle immagini, nell’ordine, un’opera di Claudio Cravero, la stratificazione “pubblicitaria” di Laura Berruto, “Mappa Mundi” e “Pioniera” di Raffaella Brusaglino.

“Sogno, realtà, stupore”: la stagione del teatro Corcordia di Venaria

Tra commedie , spettacoli impegnati, classici, concerti e balletti

Si intitola “Sogno, realtà, stupore” la nuova stagione 2025-2026 del teatro Concordia di Venaria, che offrirà agli spettatori, dal 21 settembre prossimo fino al 10 maggio 2026, oltre sessanta tra spettacoli e concerti. Reduce dal successo della scorsa stagione, in cui si è  parlato di ben 80 mila biglietti staccati, il teatro Concordia punta sulla muldisciplinarietà, dando vita ad un cartellone capace di emozionare, far riflettere, intrecciare  nomi di rilievo e linguaggi diversi, proponendo storie al femminile, storie letterarie, teatro civile.

Il 25 ottobre salirà sul palco Alessandro Bergonzoni con la pièce” Arrivano i Dunque” ( “Avannotti, sole blu, e la storia della giovane Saracinesca”), su testo dello stesso Bergonzoni , iĺ 21 novembre andrà in scena “Storia di un cinghiale. Qualcosa su Riccardo III”, scritto e diretto da Gabriele Calderón con Francesco Montanari, il 28 novembre “ Una stanza tutta per noi” di e con Carlotta Vagnoli. Diverse saranno le protagoniste, infatti,  di storie al femminile, tra  cui Cristiana Capotondi, che affronterà il bombardamento di Firenze del ’43, Amanda Sandrelli nel ruolo di Caterina ne “La bisbetica domata” di William Shakespeare, Maria Grazia Cucinotta sarà  “ La moglie fantasma”, mentre Annagaia Marchiaro interpreterà il ruolo di ‘Fulminata’ nel monologo scritto con Teresa Mannino.

Dopo due classici della letteratura, Amleto di Filippo Timi, e lo spettacolo liberamente ispirato alla Storia di Elsa Morante, il registro diventa più  leggero con l’esecuzione della commedia “Rumori fuori scena” di Micheal Frayn  e “ Un ponte per due” di e con Antonello Costa.
La satira e la comicità saranno affidati a Enzo Iacchetti, Federico Bassi e Giueppe Giacobazzi. Il Gran Galà di Capodanno vedrà  la partecipazione dei Lucchettino.
Non mancheranno i classici appuntamenti con la danza,  “Lo Schiaccianoci “ della International Classical Ballet of Ukraine e “Il lago dei cigni” con i danzatori del Balletto dell’Opera Nazionale di Stato rumena. Il 18 gennaio l’atteso appuntamento con la pièce “Il mare nel cassetto – la via di Franco Battiato” raccontato dalla brava giornalista di RAI Radio 2 Silvia Boschero con l’accompagnamento sonoro di Giua e Anaïs Drago. Il 6 marzo 2026 reciterà Alessio Boni in ‘Uomini si diventa. Nella mente del femminicida’.
Il programma è realizzato in collaborazione con Piemonte dal Vivo.

Mara Martellotta

Sul palco dell’entroterra Concordia salirà anche il Sunshine Gospel Choir. Vi saranno anche spettacoli rivolti alle famiglie e esempi di teatro civile come la pièce intitolata “Viaggio adAuschwitz”.

Una petizione per ripulire Torino dai graffiti

Caro direttore,

Torino è una città dal patrimonio storico, artistico e culturale unico.
Le sue strade, i palazzi, le piazze e i portici raccontano secoli di storia e di bellezza.
Oggi, però, questa bellezza è sempre più minacciata da graffiti e scritte vandaliche che, partendo dalle vie del centro, si estendono in quasi tutti i quartieri.

Questi interventi non autorizzati non sono “arte di strada” ma atti di vandalismo che rovinano il decoro urbano, svalutano gli edifici, trasmettono un senso di degrado sociale e incidono negativamente sul benessere dei cittadini e sull’immagine turistica della città.
Chi visita Torino – ma anche chi la vive ogni giorno – trova muri sporchi, serrande imbrattate e monumenti sfregiati, segno di una città che appare trascurata.

Più graffiti illegali rimangono in giro, più i vandali si sentono autorizzati a vandalizzare ulteriormente: è l’“effetto contagio” del degrado.
Invertire questa tendenza è possibile e necessario, per ridare a Torino l’antico prestigio e il rispetto che merita.

Con questa petizione https://chng.it/9KH5JxxrLK chiediamo formalmente al Comune di Torino di:

  • Avviare un piano straordinario di pulizia e rimozione dei graffiti vandalici da edifici pubblici e privati (con eventuali incentivi o contributi ai proprietari).
  • Rafforzare il controllo e la prevenzione contro i nuovi atti vandalici (sorveglianza, sanzioni, campagne educative).
  • Promuovere, parallelamente, spazi autorizzati e regolamentati per l’espressione artistica dei writers, distinguendo l’arte dalla vandalizzazione.

Ridare decoro significa migliorare la qualità della vita, attrarre turismo e investimenti, e restituire ai torinesi l’orgoglio della propria città.

Firma anche tu questa petizione per chiedere al Comune di Torino di agire subito: insieme possiamo riportare Torino alla sua bellezza originaria.

Paolo Succo 

Promotore