L’esposizione Rileggere il Risorgimento. Torino / Italia: 1884-2024, curata da Alessandro Bollo, Silvia Cavicchioli e Daniela Orta, a Palazzo Carignano vuole ricordare, a 140 anni dall’evento, il primo allestimento del Museo del Risorgimento: il Tempio del Risorgimento all’interno dell’Esposizione Generale Italiana del 1884 nel Parco del Valentino, un allestimento provvisorio, ma di respiro nazionale, preludio della successiva costituzione, nel 1901, del Museo.
Cosa resta di questi valori? Cosa significa oggi il Risorgimento? Come interpretarne le storie, i personaggi in una chiave attuale e contemporanea? Con Rileggere il Risorgimento. Torino / Italia: 1884-2024 si vuole riflettere su questi interrogativi e sulla contemporaneità di valori fortemente radicati nel passato, ma tuttora attuali.
Nel Corridoio Monumentale della Camera Italiana trovano spazio cimeli provenienti dalle istituzioni che oggi studiano e curano il Risorgimento in Italia: dipinti, oggetti – come l’imponente campana che suonò durante le Cinque Giornate di Milano, la chitarra di Giuseppe Mazzini o le pantofole di Garibaldi – e una selezione di spezzoni di film, a cura del Museo Nazionale del Cinema, che rimanda invece all’immaginario di celluloide.
La mostra Rileggere il Risorgimento. Torino / Italia: 1884-2024 ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica.
Rileggere il Risorgimento. Torino / Italia: 1884-2024 è il risultato di uno sforzo corale e nazionale che ha visto coinvolti i più importanti musei italiani del Risorgimento nella sua realizzazione. I materiali esposti arrivano infatti da: Comune di Catanzaro – Palazzo de’ Nobili; Domus Mazziniana, Pisa; Fondazione Camillo Cavour, Santena (To); Istituto Mazziniano – Museo del Risorgimento, Genova; Museo Civico del Risorgimento, Bologna; Museo del Risorgimento “Leonessa d’Italia”, Brescia; Museo del Risorgimento – Civici Musei di Udine; Museo del Risorgimento “Vittorio Emanuele Orlando” – Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo e Palazzo Moriggia – Museo del Risorgimento di Milano.
In una bella intervista inedita a Norberto Bobbio fatta dal gobettiano fedelissimo Bruno Quaranta Bobbio sostiene che Gobetti era un liberale, correggendo lo stesso Quaranta che lo definiva “anomalo”. Gobetti, che secondo Bobbio – avendo avuto un rapporto con il liberista liberale Luigi Einaudi – sarebbe stato coerentemente anti statalista e quindi antisocialista, contro Turati che fu anticomunista come Matteotti, in nome della libertà. Potrebbe essere oggetto di discussione il carattere liberale della gramsciana occupazione delle fabbriche torinesi, ma non può essere accolta l’interpretazione in chiave di “Rivoluzione liberale” della rivoluzione bolscevica sorta nel 1917 e quasi subito trasformatasi in una rivoluzione marxista – leninista che guardava al giacobinismo francese e alla Comune di Parigi oltre che ai testi di Marx . Diceva Hegel che “le teste non si tagliano come i cavoli”. Quella rivoluzione ha mietuto più teste che spighe perché il terrore giacobino e leninista insanguinò la grande Russia. Gobetti visse fino al 1926 e quindi ebbe tempo di vedere e di patire il fascismo, ma anche di conoscere sia pure indirettamente il comunismo sovietico.









