“E’ una festa che non appartiene a una parte o a una forza politica. Il messaggio del presidente Mattarella ricorda che si deve lavorare insieme”. L’Ansa ha raccolto le parole della sindaca Chiara Appendino alla cerimonia della Festa della Repubblica, tenutasi questa mattina a Torino, in piazza Castello. “Ogni volta che c’è una festa costituzionale, – ha aggiunto la prima cittadina – la Città partecipa con entusiasmo ed emozione. Siamo in un momento difficile in cui il mantenimento della coesione sociale ed economica dipende dalla collaborazione, che è l’ingrediente da cui dobbiamo partire”.
(foto: il Torinese)
La sindaca: “2 giugno è festa di tutti”
“E’ una festa che non appartiene a una parte o a una forza politica. Il messaggio del presidente Mattarella ricorda che si deve lavorare insieme”. L’Ansa ha raccolto le parole della sindaca Chiara Appendino alla cerimonia della Festa della Repubblica, tenutasi questa mattina a Torino, in piazza Castello. “Ogni volta che c’è una festa costituzionale, – ha aggiunto la prima cittadina – la Città partecipa con entusiasmo ed emozione. Siamo in un momento difficile in cui il mantenimento della coesione sociale ed economica dipende dalla collaborazione, che è l’ingrediente da cui dobbiamo partire”.
(foto: il Torinese)
Donna sorprende ladro nel camper
La Polizia arresta 45enne italiano per furto aggravato
In seguito alla segnalazione della Centrale Operativa di un furto in atto, gli agenti del Commissariato di Rivoli, nel primo pomeriggio di venerdì, si sono portati immediatamente in via Genova, dove una donna aveva segnalato la presenza di un uomo all’interno del suo camper. Stava rientrando quando ha notato la porta socchiusa ed entrando ha avuto un faccia a faccia con quest’uomo, che si è immediatamente coperto il volto, utilizzando come scudo una porta recuperata sul mezzo, e si è fatto strada verso l’uscita minacciando la donna prima di allontanarsi a piedi.Poco dopo, grazie alle descrizioni fornite i poliziotti sono riusciti ad intercettare il ladro, un italiano di 45 anni, in via Ughetto, dove lo hanno fermato e tratto in arresto per tentato furto aggravato. L’uomo, con precedenti di Polizia, è stato anche denunciato all’Autorità Giudiziaria per i reati di minacce e possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli in quanto celava sotto la giacca 1 palanchino in ferro, 1 pinza a pappagallo e 2 chiavi per serratura.
FOCUS INTERNAZIONALE / STORIA Di Filippo Re
Hanno sofferto talmente tanto le invasioni e le scorrerie dei turchi che i friulani le ricordano ancora oggi, a distanza di 500 anni, con libri, convegni e rievocazioni storiche. “I turcs tal Friul”, dramma scritto in friulano da Pier Paolo Pasolini nel 1944 e pubblicato solo nel 1976, un anno dopo la morte dello scrittore e poeta, trae spunto dall’invasione dei turchi in Friuli che nel 1499 devastarono gran parte del territorio sfiorando anche Casarsa della Delizia, il paese di sua madre, in provincia di Pordenone e a poca distanza dal Tagliamento. Nel 1944, nel Friuli invaso dalle truppe tedesche e bombardato dall’aviazione anglo-americana, il giovane Pier Paolo Pasolini scrisse un dramma che ricorda l’improvvisa e sanguinosa irruzione dei turchi in Friuli, testimoniata da una lapide che lo scrittore vide in una chiesa di Casarsa. In questi giorni la Chiesa di Santa Croce di Casarsa ha fatto da cornice alla presentazione della nuova edizione del dramma teatrale “I Turcs tal Friul” (I turchi in Friuli), nel quale un Pasolini appena ventiduenne descrive il Friuli devastato dalla guerra rievocando le terribili invasioni del 1499. L’editore Quodlibet lo ha pubblicato come opera di una nuova collana dedicata alla poesia in dialetto. Pasolini scrisse i “Turcs” nel 1944 a Casarsa, dove abitava la madre, sotto le bombe che cadevano anche sul Friuli, ispirandosi a un fatto storico che aveva sconvolto questa terra alcuni secoli prima, ovvero la tragica invasione della cavalleria musulmana proveniente dai Balcani. All’interno della chiesa di Santa Croce si trova una lapide votiva realizzata nel 1529 dagli abitanti di Casarsa in segno di gratitudine per aver evitato il saccheggio dei turchi trent’anni prima. A questa iscrizione votiva è ispirato il dramma teatrale “I Turcs tal Friul”, un atto unico in dialetto friulano scritto da Pasolini negli ultimi anni della guerra. Il testo spazia dagli eventi di fine Quattrocento storicamente documentati, con Casarsa risparmiata dalla furia degli invasori forse, come recita una leggenda, per l’improvviso alzarsi di un polverone che ha impedito ai turchi il passaggio in questo paese, fino ai fatti della seconda guerra mondiale che vide anche Casarsa invasa dai tedeschi, attaccati dai partigiani e bombardati dagli alleati anglo-americani che miravano ai
ponti e alla ferrovia sul Tagliamento. È la storia di una piccola comunità agricola costretta a fare i conti con la violenza degli aggressori, la tragedia della guerra, i lutti e le sofferenze. L’incursione turca in Friuli nell’autunno del 1499 si è profondamente saldata nella memoria dei friulani, all’epoca sotto il dominio di Venezia. Camarcio, Cervignano, Strassoldo, San Giovanni, Cusano, Fiume Veneto, San Floriano, Pordenone, Cordenons, Roveredo, Aviano, Spinazzedo….è lungo l’elenco delle devastazioni e delle crudeltà compiute dai turchi che giunsero perfino a poche decine di chilometri da Treviso e Mestre dove gran parte della popolazione fuggì in preda al panico. È utile per conoscere queste vicende storiche il libro di Roberto Gargiulo “Mamma li turchi, la grande scorreria in Friuli” (edizioni Biblioteca dell’Immagine) in cui l’autore, friulano, ricostruisce quel drammatico periodo sul finire del XV secolo. L’impero dei sultani stava attraversando un periodo di grande espansione dopo la conquista di Costantinopoli bizantina nel 1453 e l’occupazione, seppure temporanea, di Otranto nel 1480 con le
armate inviate da Maometto II con l’obiettivo di risalire la penisola e prendere la capitale della Cristianità. In realtà i turchi erano già penetrati in Friuli nel 1472 e nel 1477 con distruzioni sistematiche e incendi di villaggi per poi ritirarsi con molti prigionieri. Comandati dal pascià bosniaco Iskender Beg (nulla a che vedere con Giorgio Castriota Skanderbeg) oltre 15.000 akingy, spietati incursori a cavallo, giunsero sull’Isonzo e invasero la pianura arrivando a Udine. Nel 1479 la Repubblica di Venezia stipulò un trattato di pace ventennale con i turchi. Vent’anni di tregua, poi ci fu l’invasione più terribile, nel 1499. Un flagello, con oltre 130 paesi distrutti, rasi al suolo e dati alle fiamme, chiese profanate e incendiate e migliaia di friulani uccisi o fatti prigionieri. Tra le macerie di paesi e cittadine mucchi di cadaveri maleodoranti, bambini lasciati vivi o morti per le strade, pochi i superstiti. Felice per il risultato della campagna militare, Iskender inviò al sultano 300 friulani prigionieri come regalo personale mentre la regione si presentava come sfigurata da una furiosa grandinata.
Alla Fondazione Giorgio Amendola, gli ateliers di 26 artisti piemontesi raccontati negli scatti di Marco Corongi e Stefano Greco
Sono sempre – o quasi – spazi di fortissima suggestione. Carichi di emozioni, di memorie, di segni e tracce, anche profonde, di mille vite trascorse e passate al loro interno, così come di profumi, di odori intensi e inconfondibili, che arrivano dall’aria, dai colori trattati e combinati fra loro, dalle vernici e dai materiali più strani che paiono essersi introdotti fra quelle pareti per opera di magia, non meno che da singolari e personalissimi intrugli di “pratiche alchemiche” (ognuno ha le sue), attraverso cui dare forma ai molteplici linguaggi dell’arte. Parliamo degli studi o –per essere più fini – degli ateliers d’artista. Luoghi sacrali, che in quanto tali riflettono idee, pensieri e segreti – del mestiere e dell’anima – dei loro legittimi inquilini. Spesso “tane” inviolabili, se non con parole d’ordine da spendere con assoluta parsimonia. Molte volte, spazi metafisici e improbabili, combinati o scombinati fra pennelli, vernici, tavolozze imbrattate dai colori, cavalletti, tele, disegni, bozzetti e una miriade d’objets trouvés in alcuni casi tanto strani da rendere perfino inutile un’indagine sulla loro provenienza e sul perché del loro trovarsi da quelle parti. Ebbene, una ventina di questi “luoghi dove nasce l’arte” li ritroviamo esposti, fino al prossimo 15 giugno, in una curiosa mostra fotografica ospitata nelle sale della Fondazione Giorgio Amendola di Torino e firmata da Marco
Corongi e Stefano Greco, due fotografi (ma anche architetti) torinesi, amici fin dall’epoca del liceo e che insieme hanno già prodotto importanti progetti fotografici e partecipato, entrambi, a numerose mostre in Italia e all’estero. Iniziato nel 2009, il loro progetto teso, con garbo, a “violare” le sacre mura in cui erano, o sono ancor oggi, soliti operare artisti non sempre di buon carattere e comunque di levatura internazionale, arriva a contare nel tempo una corposa lista di
ben 40 ateliers, fra i quali i 26 esposti oggi alla Fondazione di via Tollegno, presieduta da Prospero Cerabona. Compito non facile, quello di Carongi e Greco, che hanno osato, e con successo, addentrarsi “in un campo già sperimentato da molti altri – sottolinea Mauro Raffini – restituendo nelle immagini…il momento topico dell’incontro con l’artista, quello più carico di sincera umanità e di una non forzata reciproca simpatia”. Ecco allora Nino Aimone nell’ordinato disordine del suo studio, sorridente all’obiettivo con pennello e sigaretta in mano, in primo piano un grande nudo femminile riflesso allo specchio, che a oltre mezzo secolo di distanza ancora gode dei felici dettami casoratiani; a seguire le “stanze” di alcuni Maestri che hanno fatto la storia della contemporanea scena artistica torinese, da Ermanno Barovero a Enrica Borghi a Gianni Busso e a Romano Campagnoli. Un clima di rarefatto senso d’attesa nell’ordine pacato e tristemente ineluttabile delle cose, di oggetti del mestiere appesi a parete e di incompiuti gesti d’Autore, traspare negli scatti dedicati agli studi di Francesco Casorati e di Giacomo Soffiantino, entrambi scomparsi nel 2013; il primo solito a lavorare nell’ atelier di via Mazzini che fu anche prolifico laboratorio (di opere e di allievi-pittori) del celebre
padre Felice e il secondo nei visionari spazi di via Lanfranchi, poco sopra la Chiesa della Gran Madre, inseriti dal FAI nel 2016 fra i “Luoghi del Cuore” in Torino. E ancora i famosi “cieli” di Antonio Carena, appoggiati in cortile accanto a un emblematico minaccioso segnale di “lavori in corso”; a seguire i “luoghi della creatività” di Clotilde Ceriana Mayneri, Mauro Chessa, Riccardo Cordero, Loris Dadam (l’eccentrico urbanista con baffoni, già direttore scientifico della Fondazione Amendola), Marco Gastini e Massimo Ghiotti. E il percorso continua con lo “studio-feticcio”, fantastica Wunderkammer costruita ai piedi della collina torinese, del novantenne Ezio Gribaudo, di Giorgio Griffa, degli scultori Luigi Mainolfi (alle prese con la fatica delle sue opere
post-concettuali), Marina Sasso e Gilberto Zorio. Per concludersi con l’eclettico maitre-à-penser dell’arte torinese Pino Mantovani, con l’architetto – discepolo di Alvar Aalto – Leonardo Mosso, Michela Pachner, Francesco Preverino, Giorgio Ramella, Mario Surbone e il cuneese Fabio Viale. Inserita nell’ambito della kermesse “Fo-To. Fotografi a Torino”, promossa dal MEF-Museo Ettore Fico di via Cigna, la mostra prende il titolo “La finestra dell’angelo” da un’opera letteraria (“L’angelo della finestra d’Occidente”) realizzata nel 1927 dallo scrittore austriaco Gustav Meyrink, fra gli esponenti di spicco della letteratura esoterica mitteleuropea, e vuole essere un viaggio per immagini “teso a svelare i segreti – affermano gli stessi autori – di luoghi avvolti da un irresistibile fascino misterico, non di rado inaccessibili e inviolabili come l’antro di un alchimista”.
Gianni Milani
“La finestra dell’angelo. I luoghi dove nasce l’arte”
Fondazione Giorgio Amendola, via Tollegno 52, Torino; tel. 011/2482970 o www.fondazioneamendola.it
Fino al 15 giugno
Orari: dal lun. al ven. 10/12,30 e 15,30/19; sab. 10/12,30
Il Tricolore sventola sulla città
In primo piano uno dei dioscuri di piazza Castello, mentre il tricolore sventola sul grattacielo, in questa bella foto di Christian Bernardinelli
PRONTO SOCCORSO PRESIDIO OSPEDALIERO CHIEDIAMO INTERVENTI URGENTI E IMMEDIATI
Sono precarie e pericolose le condizioni di lavoro presso il pronto soccorso di Moncalieri dell’ASL TO 5 . E’ indispensabile intervenire con la massima urgenza per evitare di mettere a rischio la sicurezza dei pazienti e permettere agli operatori , infermieri, medici, oss, di poter operare con meno rischi. E’ evidente che i carichi di lavoro sono aumentati perché il numero di persone che utilizza il servizio è incrementato. Il numero di personale presente infatti, fortemente provato, non risponde pù a quelle che sono le esigenze di cura dichiara Francesco Coppolella, segretario regionale del Nursind, il sindacato degli infermieri. Le postazioni infermieristiche e oss non sono sufficienti, senza parlare della carenza di personale medico che spesso si riduce ad una sola unità, impossibilitato a far fronte a tutte le richieste. A tutto questo, già di per se motivo di grande preoccupazione aggiunge Coppolella, vanno riscontrati i gravi problemi non del tutto trascurabili della struttura e degli strumenti a disposizione. Gli spazi, ad esempio, non sono adeguati a poter gestire l’attuale afflusso di pazienti visto anche l’ aumento degli stessi in regime di OBI sparpagliati dove è possibile. La presenza di barelle inoltre, stipate nelle stanze e nei corridoi non permettono neanche di fare la necessaria pulizia. La presenza di un solo bagno all’interno del servizio, utilizzato da tutti , anche da chi è sottoposto a regime di isolamento è spesso in condizioni igieniche non adeguate visto il continuo utilizzo. Le barelle, non a norma, non permettono di ridurre il prevedibile rischio di cadute. Spesso , strumentazioni e materiali non sono sufficienti a soddisfare gli interventi necessari. Ovviamente, resta impossibile parlare di privacy e soprattutto di dignità della persona sottolinea il segretario regionale del Nursind. Lo stress, le pressioni e tutte le richiesta a cui deve far fronte il triagista inoltre aumentano di molto il rischio di errore. Chi si trova in quella importante e fondamentale posizione non può e non deve fare anche l’informatore, il viglilante, il centralinista e molto altro ancora ma concentrarsi sul suo lavoro. L’azienda, ha l’obbligo e il dovere di intervenire con estrema urgenza afferma ancora Coppolella per mettere l’infermiere nelle condizioni ottimali a salvaguardia della salute dei cittadini. Per concludere è necessario che la sala di attesa nelle ore notturne non si trasformi in un dormitorio o utilizzo di qualsiasi altra cosa. La sicurezza della struttura e degli operatori è preciso compito di chi amministra. Come Nursind chiediamo interventi urgenti e tempestivi, non si può continuare a lavorare in condizioni da terzo mondo, si è aspettato fin troppo. Segretaria Regionale NurSind Piemonte
PRONTO SOCCORSO PRESIDIO OSPEDALIERO CHIEDIAMO INTERVENTI URGENTI E IMMEDIATI
Sono precarie e pericolose le condizioni di lavoro presso il pronto soccorso di Moncalieri dell’ASL TO 5 . E’ indispensabile intervenire con la massima urgenza per evitare di mettere a rischio la sicurezza dei pazienti e permettere agli operatori , infermieri, medici, oss, di poter operare con meno rischi. E’ evidente che i carichi di lavoro sono aumentati perché il numero di persone che utilizza il servizio è incrementato. Il numero di personale presente infatti, fortemente provato, non risponde pù a quelle che sono le esigenze di cura dichiara Francesco Coppolella, segretario regionale del Nursind, il sindacato degli infermieri. Le postazioni infermieristiche e oss non sono sufficienti, senza parlare della carenza di personale medico che spesso si riduce ad una sola unità, impossibilitato a far fronte a tutte le richieste. A tutto questo, già di per se motivo di grande preoccupazione aggiunge Coppolella, vanno riscontrati i gravi problemi non del tutto trascurabili della struttura e degli strumenti a disposizione. Gli spazi, ad esempio, non sono adeguati a poter gestire l’attuale afflusso di pazienti visto anche l’ aumento degli stessi in regime di OBI sparpagliati dove è possibile. La presenza di barelle inoltre, stipate nelle stanze e nei corridoi non permettono neanche di fare la necessaria pulizia. La presenza di un solo bagno all’interno del servizio, utilizzato da tutti , anche da chi è sottoposto a regime di isolamento è spesso in condizioni igieniche non adeguate visto il continuo utilizzo. Le barelle, non a norma, non permettono di ridurre il prevedibile rischio di cadute. Spesso , strumentazioni e materiali non sono sufficienti a soddisfare gli interventi necessari. Ovviamente, resta impossibile parlare di privacy e soprattutto di dignità della persona sottolinea il segretario regionale del Nursind. Lo stress, le pressioni e tutte le richiesta a cui deve far fronte il triagista inoltre aumentano di molto il rischio di errore. Chi si trova in quella importante e fondamentale posizione non può e non deve fare anche l’informatore, il viglilante, il centralinista e molto altro ancora ma concentrarsi sul suo lavoro. L’azienda, ha l’obbligo e il dovere di intervenire con estrema urgenza afferma ancora Coppolella per mettere l’infermiere nelle condizioni ottimali a salvaguardia della salute dei cittadini. Per concludere è necessario che la sala di attesa nelle ore notturne non si trasformi in un dormitorio o utilizzo di qualsiasi altra cosa. La sicurezza della struttura e degli operatori è preciso compito di chi amministra. Come Nursind chiediamo interventi urgenti e tempestivi, non si può continuare a lavorare in condizioni da terzo mondo, si è aspettato fin troppo. Segretaria Regionale NurSind Piemonte
Treni, controlli serali e notturni della polizia
Nei giorni scorsi sono stati effettuati controlli straordinari nelle stazioni di Trofarello e di Fossano, lungo le linee ferroviarie Torino-Cuneo e Torino-Savona, interessate da un elevato transito di passeggeri. I servizi di vigilanza si sono concentrati prevalentemente nelle ore serali e notturne e con controlli estesi anche alle aree esterne ai due scali. A Fossano hanno operato in sinergia personale del Posto Polfer di Cuneo e della
Questura di Cuneo unitamente a pattuglie del Reparto Prevenzione Crimine di Torino, mentre nello scalo di Trofarello sono intervenuti anche agenti in borghese della Squadra di Polizia Giudiziaria compartimentale a fianco di personale del Settore Operativo di Torino Porta Nuova, competente per giurisdizione. Pattuglie delle Scorte Polfer hanno, inoltre, scortato i treni in andata e ritorno lungo quelle tratte. Nel corso dei numerosi interventi effettuati a tutela dei viaggiatori e del personale ferroviario, sono stati controllati tutti i treni in transito, un ventina, identificate in totale 67 persone numerosi bagagli e una decina di veicoli. Sono stati allontanati dagli scali persone non interessate al servizio ferroviario.
Si è concluso presso la sala degli stemmi di Palazzo Arsenale, sede del Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito il Master internazionale di I livello in “Cultural Property Protection in Crisis Response”
Alla cerimonia di chiusura e consegna degli attestati, hanno presenziato numerose autorità civili e militari tra cui, l’Ambasciatore Maurizio Enrico Serra, ed il Prof. Fausto Pocar, Presidente dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario di Sanremo, ospiti d’onore dell’evento, il Prof. Edoardo Greppi, Direttore Scientifico del Master, il Generale di Divisione Salvatore Cuoci, Comandante dell’Istituto di Studi Militari, ed il Generale di Brigata Fabrizio Parrulli, Comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Questa prima edizione del master, completamente in lingua inglese, organizzato dalla SUISS (Scuola Universitaria Interdipartimentale in Scienze Strategiche) dell’Università degli Studi di Torino, ha avuto una durata complessiva di un anno con una fase a “distanza” ed una “residenziale” che si è svolta presso il Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito. Durante il corso si sono studiate materie quali: il diritto internazionale, e tutti gli aspetti economici, sociologici e politici sulla cultural property protection in periodi di crisi, intesi sia durante i conflitti armati che
durante le calamità naturali, inoltre master durante si sono svolti dei seminari ambientati tra vari siti culturali della città di Torino. Il master che hanno svolto i rappresentanti dell’Esercito Italiano, dell’Arma dei Carabinieri ed i frequentatori civili, provenienti da 8 differenti nazioni, pone questa futura generazione di professionisti militari e civili come un unicum professionale nel panorama nazionale ed internazionale avendo acquisito delle approfondite competenze secondo gli standard UNESCO, nella protezione e tutela del patrimonio artistico-culturale in tempi di crisi. Il Master “Cultural Property Protection in Crisis Response” colloca sempre più a livello internazionale, il Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito in collaborazione con la SUISS, tra gli Istituti di Studi Militari con le più ampie offerte formative.