Una raccolta di racconti di Andrea Nicolussi Golo. Un libro che tenta, riuscendovi bene, di ridare voce, con una capacità narrativa sorprendente, all’antica cultura dei Cimbri, gli “tzimbar”, i boscaioli
“Alle volte ci capita di leggere dei libri che sotto l’aspetto formale sono perfetti, ma, appena chiuse le pagine, non ci importa niente di quello che abbiamo letto e niente conserva la memoria. Non è questo il caso, perché pagina dopo pagina provi emozioni e partecipi ai fatti con ricordi di vita passata che non è poi tanto lontana nel tempo ma che sembra, invece, nei fatti, mille anni lontana”. Con queste parole, Mario Rigoni Stern , in una delle sue ultime riflessioni prima di morire, introdusse “Guardiano di stelle e di vacche” (Edizioni Biblioteca dell’Immagine), raccolta di racconti di Andrea Nicolussi Golo. Un libro che tenta, riuscendovi bene, di ridare voce, con una capacità narrativa sorprendente, all’antica cultura dei Cimbri, gli “tzimbar”, i boscaioli, del suo piccolo paese di Lucerna, dove si parla questa lingua antica, oggi ridotto a poche centinaia di abitanti sul versante trentino dell’altipiano di Asiago. L’autore, un racconto dopo l’altro, accompagna chi legge lungo i vicoli acciottolati e tra le antiche case con le travi in larice di questo paese per ascoltare l’antica lingua dei Cimbri, piccola minoranza etnica-linguistica , orgogliosamente gelosa della propria storia e cultura antica. Quindici racconti, quindici storie che scaturiscono dai ricordi di Nicolussi Golo e scorrono via con personaggi come Katerj , nata donna e vissuta uomo, donna libera e forte che coinvolge particolarmente l’autore; oppure Franze, donna delicata, umile, generosa eppure risoluta, finita vittima del comune pensare di un tempo; e Pirminio Pompeo, nonno materno dell’autore, generoso come i galantuomini di un tempo nel l’essere protagonista di una storia di solidarietà. Lo zio Amando, l’ultimo dei cacciatori, a suo modo ecologista, e Monsù che infranse l’undicesimo comandamento (“non desiderare la legna d’altri”) rubandola al prete perché era l’unico che non se la sudava nei boschi. Storie semplici di quando il poco era tutto ed il centro del mondo era la comunità del paese, da leggere una per sera. E’ un libro che aiuta a conoscere, aiuta ad amare realtà marginali, realtà dimenticate: aiuta a capire, come scriveva Mario Rigoni Stern “che cose importanti per vivere bene ci sono anche fuori delle grandi città”.
Marco Travaglini