redazione il torinese

Miracolo di capodanno alle Molinette, "rinasce" una bambina di 5 mesi

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La piccola è malata fin dalla nascita da una atresia delle vie biliari

 

La prima nata del 2015 è la piccola Anita e l’ultima del 2014 si chiama Virginia (leggi articolo nella rubrica Cosa succede in città, qui a fianco). Sono le bambine le protagoniste di questo nuovo anno a Torino. E ha solo 5 mesi  un’altra bambina sulla quale è stato è stato eseguito alle Molinette un trapianto di fegato. La piccola è affetta fin dalla nascita da una atresia delle vie biliari.

 

L’intervento chirurgico, iniziato all’alba del 1° gennaio e perfezionato in serata, è stato effettuato dall’equipe del professor Mauro Salizzoni. Il celebre chirurgo ha dichiarato che si tratta di interventi “quasi di routine” data la sua esperienza, ma si tratterà di una sorta di “rinascita” per la bambina.  Il donatore è un piccolo della stessa età morto a Palermo per le conseguenze di un trauma.

 

I suoi genitori hanno donato gli organi e così alle 4,30 del mattino, una squadra di prelievo è volata nel capoluogo siciliano per una corsa contro il tempo che ha dato esito positivo. La bambina trascorrerà un  periodo in terapia intensiva alle Molinette e poi sarà trasferita all’ospedale infantile Regina Margherita.

 

(Foto: il Torinese)

Polvere di stelle all'Alfateatro

SPETTACOLI

La parte comica è affidata a Marco Grilli, la soubrette è Laura Lafòrge

 

La famiglia Grilli presenta “Polvere di stelle”, rivista comico musicale: la parte comica è affidata a Marco Grilli, la soubrette è Laura Lafòrge, le coreografie sono di Anita Cedroni e la regia è di Augusto Grilli. Il prezzo dei biglietti è di 15 euro, ridotto 10 euro. Info: 0118399929, 3342617947, www.alfateatro.com. L’appuntamento è in Via Casalborgone 16 alle ore 21.

Anita è la prima bimba del 2015, Virginia l'ultima del 2014

sant'anna ospedali

E’ nata all’1,40 del primo gennaio al Sant’Anna

 

E’ una bella bambina di 2 chili e 930 grammi il primo nato del 2015. Il suo nome è Anita, figlia di Maria Teresa e Oscar, due impiegati di 38 e 37 anni. E’ nata all’1,40 del primo gennaio al Sant’Anna (nella foto). L’ospedale torinese – informa l’Ansa – è al primo posto in Europa nel 2014 per numero di parti: sono stati 7.232. L’ultimo nato dell’anno è stata invece un’altra bambina, Virginia, venuta alla luce alle 21, 33 del 31 dicembre, figlia dei romeni Doina e Andrei, casalinga di 28 anni lei e autista di 27 lui.

 

(Foto: il Torinese)

La Provincia è morta, nasce la Grande Torino metropolitana

cielo sopra torino

castello piazzaNei giorni scorsi si è svolta l’ultima seduta della Giunta presieduta dal vicepresidente della Provincia Alberto Avetta e dal primo gennaio il Sindaco di Torino Piero Fassino sarà anche alla guida del Consiglio Metropolitano

 

Oggi nasce ufficialmente la Città metropolitana di Torino. In molti si chiedono se quello che sostituirà la defunta Provincia sarà un nuovo carrozzone burocratico. Ma non è il solo interrogativo. Nonostante le rassicurazioni del Governo ci si chiede pure che fine faranno i dipendenti provinciali in esubero. La Città metropolitana “è un ente territoriale di area vasta, di secondo livello”, recita la legge “Delrio”, la n. 56 del 2014.Ma nella sostanza si dovrà vedere come funzionerà.

 

Nei giorni scorsi si è svolta l’ultima seduta della Giunta presieduta dal vicepresidente della Provincia Alberto Avetta e dal primo gennaio il Sindaco di Torino Piero Fassino sarà anche alla guida del Consiglio Metropolitano. Cambia anche l’immagine esterna dell’ente, che disporrà di un suo nuovo logo caratterizzato da un segno grafico che si identifica con la scritta “Torino metropoli”.

 

E’ già attivo il sito www.cittametropolitana.torino.it anche in versione per smartphone e tablet. Il vecchio sito della Provincia resterà all’interno di quello nuovo ma solo come archivio dagli anni Novanta a ieri.La partenza ufficiale dell’ente slitterà in realtà di una settimana, visto che per risparmiare le giornate del 2 e del 5 gennaio saranno di ponte obbligato in tutte le pubbliche amministrazioni. Gli uffici apriranno i battenti il 7 e il Consiglio dovrà predisporre il nuovo Statuto, alla cui stesura collaboreranno gli amministratori locali, le associazioni e gli stessi cittadini.

 

(Foto: il Torinese)

"…E la Lippa roteava nell’aria”

Mai capitato di sentirvi dire, in varie forme dialettali, “…ma vai a giocare a lippa ! “, che era poi – spesso – un modo come un altro per esprimere una scarsa considerazione nei mezzi e nelle qualità del prossimo ?

Riordinando i ricordi dei giochi d’infanzia, da “praticare” all’aperto, nei prati ( dove non c’erano vetri da rompere e, di conseguenza, non c’erano nemmeno botte da prendere..), un posto di tutti rispetto va assegnato – per simpatia e particolarità – alla “Lippa”. Mai capitato di sentirvi dire, in varie forme dialettali, “..ma vai a giocare a lippa ! “, che era poi – spesso – un modo come un altro per esprimere una scarsa considerazione nei mezzi e nelle qualità del prossimo ? Un modo, a dire il vero, piuttosto improprio ed ingeneroso vista la discreta abilità che era richiesta ai praticanti della “lippa”, vera antesignana – secondo alcuni – del baseball. Ma, tralasciando l’aspetto storico sul quale ritorneremo dopo, vediamo in che cosa consiste il gioco. Si comincia dagli attrezzi, che sono due: il bastone e la “lippa” vera e propria, entrambi di legno, non di rado ricavati da un manico di scopa o, in mancanza, da qualsiasi ramo purché diritto ( era molto diffuso l’uso del nocciolo, flessibile, sinuoso e robusto ). La “lippa”, di solito lunga una spanna e mezza, aveva due punte che permettevano – colpendone una con il bastone – di alzarla e batterla al volo per “tirarla” il più lontano possibile. E la “lippa”, roteando nell’aria, tesseva la fitta trama del gioco. Il bastone – lungo più o meno un metro – aveva due funzioni: da una parte quella, già detta, di “battere” la lippa e dall’altra quella di fungere da unità di misura nella determinazione dei punti. Il gioco era aperto a tutti, da due ragazzi in su, e ci si accordava innanzitutto sulla scelta del campo, sulla direzione del tiro e sul numero dei punti necessari a vincere la partita.

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Prima di dare il via alla sfida bisognava “segnare” la base, cioè un cerchio di circa 150 centimetri di diametro, da tracciare “grattando” il terreno con il bastone, muovendosi su se stessi in senso rotatorio come in una sorta di “compasso vivente”. Sorteggiato l’ordine di battuta dei giocatori, la “lippa” poteva cominciare, ovviamente rispettando le regole che non erano poche.Vediamole, nella successione dei “gesti”. Il battitore si poneva dentro la base con lippa e bastone in mano, gli avversari si disponevano ad una distanza – ritenuta dagli stessi “giusta” – per poter valutare direzione e lunghezza del tiro. Il battitore, che disponeva di un solo tiro, chiedeva l’apertura del gioco pronunciando una parola convenzionale ( da noi diceva “lippa” ) e gli altri gli esprimevano il loro consenso rispondendo con un’altra parola ( nel caso che ricordo era “dàgla”, cioè dagliela.. intendendo la bastonata ), ma potevano anche rispondere diversamente, per ingannare il battitore e – secondo le regole – eliminarlo qualora questo avesse iniziato ugualmente il gioco. Tuttavia il battitore, a scanso di spiacevoli sorprese, sventava le insidie mettendosi al riparo con la formula liberatoria ed universale del ” Tutto vale! “. Sgombrato il gioco da preliminari e trabocchetti, avveniva il lancio della “lippa” che, colpendola a mezz’aria, si voleva mandare il più lontano possibile dalla base. Se sbagliava il tiro lo si dichiarava “cotto” e doveva lasciare il passo a chi seguiva. Se il tiro era valido, gli avversari tentavano di acchiappare al volo la “lippa” e se l’operazione aveva successo il battitore era “cotto”. Nel caso che la presa al volo falliva bisognava recuperare la “lippa” dal punto di caduta e rispedirla al battitore che doveva , a sua volta, ribatterla al volo e mandarla il più lontano possibile per “difendere” la base e poter avere ancora in mano gioco e battuta. Scontato che, se non riusciva, la cosa si faceva più complessa: se la “lippa” cadeva entro il perimetro della base o entro la misura di un bastone dalla medesima, il battitore era “cotto”; se cadeva oltre queste misure il battitore aveva diritto a tentare tre tiri alzando e battendo al volo la “lippa” dal punto in cui era caduta. I punti venivano calcolati in modo piuttosto singolare. Se il battitore andava a segno, proponeva lui stesso un numero di punti equivalente ( a sua valutazione ) a tante misure di bastone quante ne intercorrevano tra la base ed il punto di caduta della “lippa”. Gli avversari accettavano la proposta ? I punti venivano assegnati.

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Gli avversari però potevano fare una controproposta ( ovviamente inferiore.. ) : se il battitore l’accettava quella diventava legge, se la rifiutava si arrivava alla misurazione. Se la distanza risultava più vicina a quella proposta dal battitore i punti che aveva richiesto venivano raddoppiati, se viceversa era più giusta la controproposta il battitore restava con un palmo di naso e all’asciutto. Un bel regolamento, vero? In realtà il gioco della “lippa” offriva tre varianti: quella soltanto “battuta”, in cui si cercava di far arrivare la “lippa” in un certo punto o alla massima distanza – con delle gare molto semplici in cui ognuno giocava per se – , la versione della “lippa” in cui un giocatore la tirava e l’altro doveva afferrarla al volo ed infine la “lippa” tirata, afferrata e rilanciata, la più complessa ed anche la più bella, che abbiamo prima descritto. Ed è lei, per tornare al punto di partenza, la probabile antenata del baseball. Il gioco più famoso d’America – che in origine venne chiamato Town-ball, successivamente New York Game e dal 1839 con l’attuale Baseball – deriva dal Cricket portato in America ( come il Bowling… ) dai coloni inglesi. E se il “nobile Cricket ” discendesse dalla popolare “lippa”? Il cerchio sarebbe chiuso. E tutto torna, com’è successo per il Baseball. Dall’Europa si trasferì in America dove si rifece un nome per poi tornare nella terra d’origine. In Italia l’americano Max Ott ( forse una modifica anglofona di Massimo Ottino.. ), nel 1919, a Torino, organizzò la prima squadra italiana di Baseball. Una prova della “capacità migratoria” della lippa ? Di quella lippa che in Italia aveva molti nomi a seconda delle regioni ( dall’Aré Brusé fiorentino alla Bricca canavesana ) ed una comune radice antica ? Non saprei rispondere. So però che mentre mister Ott organizzava il Baseball tricolore con più o meno le stesse regole della “lippa”, i nostri bisnonni ed i nostri nonni ( allora ragazzini ) almeno qualche volta provavano la battuta al volo. E non è detto che non riuscissero a fare anche un bel po’ di punti.

Marco Travaglini